Marcello Zavatta ALLA RISCOPERTA DELL`UVA PELLEGRINA: UN

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Marcello Zavatta ALLA RISCOPERTA DELL`UVA PELLEGRINA: UN
Marcello Zavatta
ALLA RISCOPERTA DELL’UVA PELLEGRINA: UN ANTICO SEMPRE VERDE
Il passato
La storia dell’Uva Pellegrina si perde nel tempo: l’abbiamo ritrovata, di recente, in
un vigneto “maritato”, al confine tra le terre del Bondenese e del Finalese, in un fondo che
è stato, in passato, di proprietà dell’antica famiglia modenese dei Rangoni. Le viti sono su
piede franco, non innestate, in quanto piantumate in un terreno sabbioso che ha
ostacolato l’avanzata della fillossera e sono state mantenute attraverso propagazione.
E’ suggestivo pensare che questo sistema di coltivazione ci abbia consegnato un
vitigno dalla storia molto antica e che il leggero vino, che si ottiene dai suoi grappoli,
conservi intatti profumi e sapori di tempi lontani che vorremmo riscoprire e valorizzare.
La ricerca storica su questo vitigno ci riporta al 1644: data in cui un agronomo
bolognese, Vincenzo Tanara, pubblica L’Economia del cittadino in villa, dove è citata
anche l’uva pellegrina:
“L’uva Chiocca, Angela, Paradisa, sono le megliori che siano per serbarsi sopra le stuoie,
pel Verno, e la Primauera, che viene, e di questa se ne manda quantità a Venezia, & altre
parti, la quale si come la Vernazza, lo Schiauone e la Lugliatichella, che patisce di
malume, fanno Vino buono, che ha del dolce, ma non vogliono molt’acqua. [...] La
Pomoria, ouer Peregrina fa Vino brusco piccolo, e dura assai.” … (V. Tanara, L’economia
del cittadino in villa, p. 42). Il fatto che compaia in una rassegna di vitigni noti, fa pensare
che, già nella prima metà del ‘600 la varietà “pellegrina” dovesse essere diffusa e
considerata al pari di altre varietà coltivate nella pianura Emiliana, terra di nobili vini. Più
avanti nel testo, l’agronomo bolognese precisa: “Se bene ho detto, e nominato di molte
Uve, mi dichiaro, che non ho avuto in pensiero di raccontarle tutte, sapendo, che è un
impossibile come cantò Virgilio a quel proposito.”, quasi a sottolineare di aver citato
solamente uve note e diffuse.
Curiosando negli antichi trattati agronomici troviamo che Lorenzo Crico, nell’opera
Istruzione di agricoltura per i contadini (Edizione del 1820), suggerisce di coltivare
nell’”ortale” qualche bella vigna d’uva pellegrina e anzi di adornare con essa gli archi del
“porticale”, “ornamento che vi varrà meglio che il più bell’ordine di architettura” (p. 227).
C. Roncaglia, nel volume Statistica generale degli Stati Estensi (1850), annovera tra le
uve bianche comuni dei territori Cispennini l’Uva Pissotta che il Conte di Rovasenda, nel
suo Saggio di una ampelografia universale (1877), ritiene sinonimo della Pellegrina,
coltivata a Mirandola e anche L. Malavasi, nel suo Contributo nell’Ampelografia modenese
(1879), cita la Pellegrina.
Nel Catalogo descrittivo delle principali varietà di uve coltivate presso il cav. Avv.
Francesco Aggazzotti del Colombaro (Modena, 1867) l’uva pellegrina (segnalata anche
come San Pelgrina e Pissotta) è descritta come un’uva di copiosa produzione ma “di poco
merito per la vinificazione”, il vino che se ne ricava è “svoto e di poco sapore, però ben
secco”, ha il pregio di conservarsi a lungo senza avvizzire; Aggazzotti la definisce adatta
“alle basse pianure, né tanto si risenta delle perniciose nebbie, tanto esiziali a qualità più
fine” (n. 27, pp. 20-21) e ciò ne conferma la vocazione per territori come quelli della bassa
modenese dove, tuttora, permane in qualche azienda.
Nel nostro viaggio alla ricerca del vitigno “perduto”, ci siamo imbattuti anche nel
“Catalogo alfabetico di quasi tutte le uve coltivate nella provincia di Modena e Reggio”, del
1851, in cui testualmente viene riportato:
“Uva pellegrina, v. pissotta [...]; è dolce e tenera, [...] è insipida e fa vino debole, ma però
dolce”. Anche nel Bollettino ampelografico del 1885, fasc. XIX, del “Ministero di Industria e
Commercio” viene ripreso il nome di questa varietà:
“Provincia di Modena- Si portano uve sul mercato allo scopo speciale di venderle come
uve da tavola, principalmente in Modena, capoluogo della provincia, poi in Mirandola,
Carpi, Finale e Sassuolo. Infine in tutti i paesucoli ove tengonsi fiere e mercati.
[...] Sono le più importanti come uve mangerecce, le seguenti:
Lugliatica,Moscatello giallo, Zibibbo, Gradigiana, Pellegrina, [...] Quasi tutte le uve
nominate si adoprano promiscuamente per vino e per la tavola. [...] E’ notevole che la
Gradigiana e la Pellegrina hanno inoltre la proprietà di conservarsi fino a primavera e non
è raro trovarne in commercio anche nell’aprile.”
Le Pellegrina dava uva da pasto e un vino che non doveva risultare molto differente da
quello descritto dal Tanara:
“[… ] Il vin brusco ha moderato calore, s’usa ne’ gran caldi, perchè estingue la sete, e
restringe i porri … nel quale vi si sente un’acidità gustosa, e grata, che risveglia l’appetito,
e non lascia ascendere i vapori al capo, e facendo orinare, netta le reni. “: come non
correre con il pensiero al nome “Pissotta”, con cui è altrimenti nota la nostra Pellegrina?
“[…] e io non solo ho veduto praticare, ma prouato col Vino picciolo brusco, e fatto con
poca, o senz’acqua, lauare gli occhi la mattina, o di poco leuato, con facoltà di liberarli da
infiammagioni, e da asciugare li cattari, e distillazioni, circa quelli: onde Nesiteo hebbe à
dire, ò presidente della sanità, & in vero se con rimedij ancora s’adopra il Vino, causa la
loro virtù più efficace; E chi non sa, che l’odore solo del Vino ricrea, e ritorna le forze?”
(Ibid. p. 68 e ss.).
Le proprietà dissetanti e curative del vino sono evidenti e non possiamo non cogliere il
nesso tra tali proprietà, caratteristiche della Pellegrina ed il suo nome (Peregrina/San
Pelgrina/Pellegrina) che farebbero di tale vino uno dei più adatti ad accompagnare i
pellegrini nei loro viaggi devozionali: affidiamo ad ulteriori ricerche la conferma di tale
suggestiva ipotesi.
Il presente
Oggi la Pellegrina è presente in pochissimi vigneti di piccola estensione della Bassa
Modenese. La “Cantina Vita” , nel 2010, ha deciso di impiantare un vigneto di Pellegrina di
circa mezzo ettaro che abbiamo preso in esame.
I terreni adatti
I terreni adatti per questo vitigno sono di medio impasto tendenti all’argilloso, di origine
alluvionale, freschi e profondi, con struttura sciolta e buona porosità che scongiura
fenomeni di asfissia radicale. Il terreno dell’azienda “Vita” ha una percentuale di argilla del
51%.
L’impianto del vigneto
Ormai sono rari gli impianti propagati per propaggine: si inclina fin sottoterra un tralcio di
vite, facendolo sporgere almeno per una gemma; sul tralcio interrato spunteranno le radici
e, dopo un paio d'anni, si reciderà il tralcio dalla pianta "madre", ottenendo un nuovo
individuo. Altrettanto rari sono i vigneti propagati per talea; per "creare" una talea si usa un
tralcio di un anno ottenendo una talea ordinaria; se invece alla base del tralcio di un anno
si lascia un tratto di tralcio di due anni si ha il magliuolo.
Nella seconda metà del XIX secolo, giunsero in Europa i grandi mali della vite: Oidio,
Peronospora e Fillossera; per contrastare quest’ultima si diffuse l'utilizzo di viti di origine
americana come portinnesto, per la loro resistenza al parassita e ancora oggi si segue
quest'impostazione.
Tecnicamente l'innesto è la concrescenza di una gemma sopra un ramo di un altro
individuo e le due parti aderenti si uniscono e crescono insieme.
Esistono varie tipologie di innesto anche in funzione del periodo di esecuzione e l'innesto
può avvenire "in pieno campo" o "al tavolo".
Portinnesti consigliati per l’uva Pellegrina
I portinnesti vanno individuati sulla base della natura del terreno, cercando di risolvere con
la loro scelta anche eventuali problemi nutrizionali o di eccezionale vigoria, per creare un
perfetto equilibrio vegeto-produttivo con il vitigno e la forma di allevamento prescelti,
condizione necessaria a determinare un buon risultato dal punto di vista quantitativo e
qualitativo. Per effettuare una corretta scelta il terreno va studiato in rapporto alla
tessitura, alla capacità di ritenzione idrica e alla presenza di fattori limitanti (salinità,
calcare ecc.).
I portinnesti utilizzabili per l’uva Pellegrina sono riportati nella Tabella:
PORTINNESTI CARATTERISTICHE TIPI DI TERRENI
DI VIGORIA
VANTAGGI
K5BB
elevata
tendenzialmente freschi
mediamente fertili
SO4
medio elevata
freschi
fertili
induce buon
equilibrio
anticipa
maturazione
1103P
elevata
compatti
siccitosi
salini
ritarda maturazione
420A
media
siccitosi
mediamente fertili
inadatto al ristoppio
140 R
elevata
poveri
calcarei
siccitosi
ritarda maturazione
110 R
media
tendenzialmente
siccitosi
mediamente calcarei
Limitatamente all’area del litorale ferrarese, data l’elevata presenza di sabbia, si possono
consigliare varietà franche di piede (per zone e terreni composti da sabbia per almeno il
90-95%). La Cantina Vita ha utilizzato il Kober 5BB.
Le forme di allevamento
Le forme di allevamento possono essere a tralcio rinnovato o a cordone permanente. Una
forma di allevamento adatta per questo vitigno è il Silvoz, cordone permanente
orizzontale, con capi a frutto di 8-10 gemme. I tralci fruttiferi sono piegati ad archetto. Con
questa forma di allevamento non è possibile effettuare la potatura meccanica e richiede
dalle 90 alle 140 ore di potature per ettaro.
La vendemmia può essere sia manuale che meccanizzata.
La Cantina Vita ha adottato come forma di allevamento il doppio capovolto, con interfila di
3 metri e distanza sulla fila di 1 metro.
La gestione del vigneto
La gestione del vigneto riguarda tutte le operazioni che seguono all'impianto delle viti.
Per i primi due anni il terreno viene lavorato per favorire lo sviluppo vegetativo delle
barbatelle, negli anni successivi si lascia inerbire l’interfila e si lavora o diserba la fila.
La concimazione
L’azienda aderisce ai programmi di produzione integrata della Regione Emilia Romagna e
ne adotta le linee guida per la concimazione. Il terreno della Cantina Vita è povero di
sostanza organica ma sufficientemente dotato di P2O5 e ben dotato di K2O.
All’impianto è stata fatta una buona letamazione. In fase di allevamento si usa solfato
ammonico. Durante la produzione viene distribuito il complesso 20-10-10 e, in settembre,
dopo la raccolta, un concime misto organico.
La vendemmia: tempi e metodi
L’uva Pellegrina è raccolta quando il rapporto acidi / zuccheri è ½.
La produzione si aggira sulle 15 t/ha con una resa in mosto del 70%.
La vendemmia può essere manuale o meccanizzata. La Cantina VITA si è dotata di una
vendemmiatrice trainata a scuotimento orizzontale.
La vinificazione
La Cantina Vita ha adottato come metodo di vinificazione quello in bianco, si è quindi
equipaggiata con una pigiadiraspatrice e una pressa soffice. Il vigneto, non ancora in fase
di produzione, permette di lavorare solamente 25 ettolitri di mosto di Pellegrina.
Dati analitici:
DATA
ACIDITA’ PH
07/09/2014
PIGIATURA
14,79 g/L
22/09/2014
12,56 g/L
DOPO PRIMA
FERMENTAZIONE
GLUCOSIO E FRUTTOSIO
ALCOOL
3.02 126,52 g/L
basso ma in linea con l’annata
3,05
Alcool 8,95%
La Pellegrina è un vino fermo, noto per la sua acidità e di basso grado alcolico. Fino alla
metà degli anni ‘50 del secolo scorso veniva usato nelle campagne della Bassa Modenese
per dissetare gli operai, in quanto vino dalla boccata molto fresca. La Cantina Vita
propone al mercato due tipi di vino Pellegrina, noti però per le loro bollicine. Da una
produzione di poco più di 3000 bottiglie, 200 vengono rifermentate con il metodo
“Champenoise”, produzione riservata quasi esclusivamente ad un ristorante poco distante
dalla Cantina. Le bottiglie restanti invece sono rifermentate con il metodo “Martinotti”.
Marcello Zavatta
Classe VB indirizzo Viticoltura ed Enologia
ISTITUTO TECNICO STATALE “I. CALVI”
VIA DIGIONE, 20, FINALE EMILIA (MO)