“Le due torri” di Peter Jackson Ho fatto finta di
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“Le due torri” di Peter Jackson Ho fatto finta di
14 gennaio2003 GRANDESCHERMO vitamine recensioniletterarie,cinematograficheemusicali acuradiPaoloBoschi t LIBRI R. Montanari - A. Nove - T. Scarpa, Nelle galassie oggi come oggi. Covers (Einaudi) Un libro come Nelle galassie oggi come oggi. Covers, opera del trio dautori Montanari-Nove-Scarpa, nasce per dare una risposta ad un quesito che ha caratterizzato buona parte del primo secolo di storia del rock, ovvero se alcune canzoni possano essere considerate alla stregua di poesie in musica. È anche vero che quasi mai oggi qualcuno suole chiedersi se la poesia contemporanea abbia lo stesso impatto e sia in grado di regalare le stesse suggestioni che molta musica popolare non manca mai di offrire. La risposta Raul Montanari, Aldo Nove e Tiziano Scarpa lhanno individuata in un sottogenere del rock come la cover, prassi molto frequente in tale ambito e consistente nella reinterpretazione di un brano portato al successo da un determinato gruppo - magari divenuto un classico - da parte di unaltra band o di un cantante solista. Gli autori di Nelle galassie oggi come oggi. Covers sono tre scrittori legati da amicizia che, da ormai oltre un anno, sono soliti viaggiare su e giù per lItalia presentando in qualunque spazio possibile (librerie, centri sociali, teatri) la loro lettura spettacolo Covers, un gioco decisamente intrigante sotto il versante letterario: partendo dalle loro canzoni preferite qualche esempio: If dei Pink Floyd, Sgt. Pepper and Lonely Hearts Club Band dei Beatles, The bed’s too big without you o Heroin di Lou Reed i tre autori hanno infatti composto una serie di testi poetici ad esse ispirate, di metro vario (endecasillabi, ottonari, sonetti, terzine dantesche). Le loro esibizioni, basate sulle riletture dei brani storici scelti per loccasione, sono assolutamente sorprendenti sotto il versante prettamente spettacolare. E si è rivelato un successo a sorpresa anche questo libro che raccoglie le composizioni del trio, pubblicato nellalgida collana della Collezione di poesia Einaudi. Un piccolo miracolo di rilettura contaminazionistica... t FILM L’amore infedele - Unfaithful, regia di Adrian Lyne, con Richard Gere, Diane Lane, Olivier Martinez; drammatico/thriller; Usa; 2002; C. Per L’amore infedele - Unfaithful, ennesimo thriller piccante che Lyne ha deciso di giocare su un adulterio centrale dopo Attrazione fatale e Proposta indecente, Adrian Lyne ha optato nuovamente per la carta del remake già servita con il recente Lolita, stavolta ispirandosi a Stéphane. Una moglie infedele, diretto da Claude Chabrol nel lontano 1968, quando un simile soggetto godeva di un maggior tasso aggiunto di provocazione. I due coniugi protagonisti de L’amore infedele si chiamano Edward e Connie Sumner: sposati da undici anni e genitori di un simpatico figlioletto, i due conducono una vita serena ed agiata in una bella magione sita in una delle migliori zone residenziali suburbane di New York. Edward ha una piccola ma fiorente azienda di trasporti ed ha la famiglia come idea fissa, Connie si alterna tra il figlio ed opere di beneficenza, ma in fondo è terribilmente annoiata della sua vita dorata, e lamore per il marito si è ormai stemperato in una tranquilla routine. Lincontro casuale con Paul, giovane venditore di libri usati, bello, colto, affascinante ed anche esotico, convince Connie ad avviare una rischio- sa e torrida relazione clandestina che, curiosamente, contribuirà al contempo a riaccendere il rapporto col marito. Edward nel frattempo ha scoperto lintreccio adulterino della gentil consorte e, tormentato dalla gelosia, si è deciso ad affrontare Paul vis à vis: le conseguenze dellincontro tra il marito tradito ed il giovane amante rischieranno di frantumare il matrimonio dei Sumner, travolto da inganni in serie, sensi di colpa ed indagini degli inquirenti. L’amore infedele è un thriller dove la tensione latita, marcato dallo stile patinato e piccante ad intermittenza cui Lyne ha abituato il suo pubblico, a tratti perfino eccitante ma mai trasgressivo come loriginale. Nel cast spicca lottima prova di una splendida Diane Lane. Sognando Beckham, regia di Gurinder Chadha, con Parminder Nagra, Keira Knightley, Jonathan Rhys-Meyers; commedia; Gran Bret./Germ.; 2002; C. Con puntualità allarmante ogni anno il cinema britannico sforna un piccolo film destinato ad un sorprendente successo di pubblico, spesso e volentieri basato su una sola idea, ma originale ed efficace, come è successo per Full Monty o Billy Elliot. Nel 2002 il colpo fortunato è riuscito alla regista Gurinder Chadha con il suo Sognando Beckham, che mal traduce il senso del titolo originale, che equivale più o meno a tirala come Beckham, alludendo allincomparabile stile ad effetto col quale il biondo capitano della nazionale inglese coniugato Posh Spice usa calciare il pallone. David Beckham appare però solo fugacemente, la storia è invece incentrata sulla diciottenne Jess, che vive in Inghilterra ed ha tappezzato la sua camera di poster che ritraggono la stella del Manchester United, il suo campione del cuore, il suo mito di riferimento. Ovviamente Jess sogna di giocare a pallone e, appena espletati gli studi, corre nel parco a tirare due calci con i ragazzi del suo quartiere. Le cose cambiano quando Jess incontra Jules, una bionda coetanea che le propone di entrare in una squadra locale di calcio femminile: la giovane anglo-indiana accetta con entusiasmo ed in breve diventa unamica inseparabile di Jules, che spera di diventare una vera professionista e trasferirsi in America a giocare nella lega femminile. Nel frattempo, tra un dribbling ed una punizione alla Beckham, Jess diventa una stella della sua squadra e comincia ad essere attratta dal suo giovane allenatore irlandese, Joe. Sognando Beckham però, più che un film sul calcio in senso lato, è una storia dintegrazione razziale e contrasto generazionale: la passione di Jess è destinata ben presto a scontrarsi con le tradizioni indiane di famiglia, in ossequio alle quali la ragazza dovrebbe studiare legge, imparare a cucinare un buon chapatti, trovarsi un buon partito, sistemarsi e sfornare bambini. Da provare. t DISCHI David Bowie, Heathen [ISO/Columbia 2002] I momenti di stanca capitano a tutti, anche ai migliori: non fa eccezione David Bowie, che con lennesimo album della sua lunga e brillante carriera non ha scritto una pagina indimenticabile della medesima. E la cosa non è strettamente connessa alletà, nonostante le primavere del Duca Bianco ammontino ormai a cinquantacinque, dato che il recente ...Hours al contrario costituiva una pietra miliare della discografia bowiana. Non così le dodici tracce di Heathen, decisamente squilibrate quanto ad ispirazione, confezionate come un prodotto di una freddezza siderale. Viatico ideale dellalbum è lapripista Sunday, marcata da una rigidità quasi liturgica, tanto che allarrivo della batteria a trenta secondi dalla fine si tira un respiro di sollievo. Per fortuna David Bowie decide di offrirci a parziale compenso un po di sano rock con Cactus, una cover dei Pixies ottimamente interpretata, e quindi la splendida Slip away, malinconica e struggente, classica tanto da sembrare un pezzo dannata. A ruota arriva Slow burn, il primo singolo estratto dallalbum, una bella rock ballad che sembra estrapolata di sana pianta dal repertorio del Bowie anni Ottanta, con la special guest Pete Townshend alla chitarra. Discreto ma non indimenticabile anche il rock sporco ed oscuro della successiva Afraid. Altra cover, altro gioiellino, e ben scelto, dato che I’ve been waiting for you non è esattamente il brano più noto del reper- torio di Neil Young: la chitarra di Dave Grohl dei Foo Fighters nobilita lesecuzione di Bowie. Non male neanche I would be your slave, marcata da unatmosfera pregnante e suggestiva. La coda di Heathen però sembra concepita al fine di rianimare lascoltatore non troppo convinto: Everyone says ‘hi’ e A better future sono due canzoni di sapore pop che esalano leggerezza ed armonia. La chiusa è affidata invece alla title track, densa, intensa, quasi granitica. Attendendo fiduciosi la prossima prova... Red Hot Chili Peppers, By the way [Wea 2002] I Red Hot Chili Peppers sono tornati: uguali e diversi come in passato, per fortuna, perché il quartetto californiano ama cambiare restando fedele a se stesso, ha una predilezione per gli ossimori a sorpresa e, soprattutto, è legato ad una concezione antica del rock, quando il rock, almeno qualche volta, metteva a segno significative microrivoluzioni. E così, dopo Californication, il disco in cui la chitarra di John Frusciante era rientrata nel gruppo, non poteva che esserci un album come By the way che, rispetto al precedente, è una fotocopia a tonalità invertite. Si potrebbe obiettare che in pratica risulta pur sempre una fotocopia, ma lescamotage dellinversione tonale è un atto indubbiamente creativo, ed anche ricco dispirazione, stando alla qualità ed alla verve che emergono dai sedici pezzi in scaletta. I Red Hot Chili Peppers sono stati da sempre una band con due anime simbioticamente distinte, il funk rock ed il pop rock melodico: questultima componente finora è stata in sottordine, presente ma mai percorsa fino in fondo, almeno fino a By the way, nel quale la band ha allestito una variegata galleria di intense ballate, con sprazzi occasionali di funk che emergono a colorare i pezzi qua e là. Un titolo calzante per esemplificare questa attitudine dei RHCP è indubbiamente la canzone apripista, nonché titletrack, in sottofondo una ballata che a tratti accelera improvvisamente sullonda dei riff di chitarra che si accendono. Da segnalare in tale ambito anche la delicata Universally speaking, lintrigante Dosed, loscura Don’t forget me, la contagiosa Can’t stop (aperta a contaminazioni in serie), la malinconica I could die for you, latmosfera avvolgente di Midnight e lombrosa Venice Queen. Lanima più rutilante del gruppo si affaccia a più riprese nella seconda parte di By the way con le contaminazioni in serie di Throw away your television, il pimpante tex-mex di Cabron e le verticalizzazioni di basso di Oh mercury. Un gran bel disco, non memorabile ma davvero piacevole da ascoltare. I libri sono cortesemente offerti dalla libreria SEEBER, Via Tornabuoni 70/r, Firenze Tel. 055215697 I dischi sono gentilmente offerti da GHOST, Piazza delle Cure 16/r, Firenze Tel. 055570040 OSSERVATORIOMUSICALE Le note che girano intorno Iniziamo la nostra escursione per le charts mondiali dalla classifica americana degli album dove, almeno al vertice, nel 2003 nulla è cambiato rispetto ad un mese fa: lalbum più gettonato negli States continua infatti ad essere 8 mile, la colonna sonora del film ispirato alla vita di Eminem, il gangstarapper bianco di Detroit, e da lui stesso interpretato. La vera grande sorpresa arriva subito dopo, dato che Come away with me, il notevole album di Norah Jones, è risalito fino alla seconda piazza. In top ten seguono a ruota Let go della giovanissima rivelazione Avril Lavigne, Home dei Dixie Chicks, Stripped di Christina Aguilera, This Is Me...Then di Jennifer J.Lo Lopez, Justified di Justin Timberlake, Up! di Shanya Twain, I Care 4 U di Aaliyah, la giovane artista di colore prematuramente scomparsa in un tragico incidente, ed infine la compilation di artisti vari Now 11. Anche per quanto riguarda la chart americana dei singoli la stella di Eminem brilla sovrana: il suo Lose Yourself figura infatti al numero uno, davanti a Work it di Missy Misdemeanor Elliott, indi- pagina precedente scussa profetessa dellhip hop femminile a stelle e strisce e Air Force Ones di Nelly featuring Kyjuan, Ali & Murphy Lee. Molte le novità al vertice anche nella vecchia Inghilterra, a cominciare dalla chart degli album: il più gettonato è Let go di Avril Lavigne, davanti al long seller Missundaztood di Pink, allultimo Robbie Williams di Escapology, Gotta get thru this di Daniel Bedingfield, By the way dei Red Hot Chili Peppers, A rush of blood to the head dei Coldplay, One love dei Blue, Justified di Justin Timberlake, Angels with dirty faces dei Sugababes e Unbreakable, lantologia dei successi dei Westlife. Passando alla classifica inglese dei singoli, è da rilevare che il più venduto è Sound of the underground di Girls Aloud, davanti a Danger high voltage di Electric Six e Love yourself di Eminem. Sul fronte continentale è Escapology di Robbie Williams lalbum protagonista dinizio 2003, davanti a Testify del vecchio Phil Collins, Let Go di Avril Lavigne, This Is Me ... Then di Jennifer Lopez ed alla seconda antologia dei successi degli U2, ovvero The Best of 1990-2000. Per quanto concerne la classifica europea dei singoli, continua il tormentone The Ketchup Song (Asereje) delle Las Ketchup, che guida le danze inseguito da Lose Yourself di Eminem, Feel di Robbie Williams, Dilemma di Nelly (featuring Kelly Rowland) e Jenny From The Block di Jennifer Lopez. Concludiamo come di consueto con lItalia, partendo dalla classifica nazionale degli album: dietro Tracks di Vasco Rossi figurano rispettivamente Per sempre di Adriano Celentano, la tripla antologia Platinum Collection dei Queen, lultimo Robbie Williams, il secondo best of degli U2, la raccolta di Giorgia, Love Life degli 883, Semplicemente di Alex Baroni, In Tour del quartetto Daniele/De Gregori/Ron/Mannoia e Bagus esordio solista dellex Lùnapop Cesare Cremonini. I tre singoli più in voga nel Belpaese sono nellordine Feel di Robbie Williams, Die Another Day di Madonna e Per me è importante dei Tiromancino. Alla prossima... Le due torri di Peter Jackson Il primo grande titolo in uscita nei cinema italiani nel 2003 è sicuramente Il Signore degli Anelli - Le due torri, seconda parte della ciclopica traslazione sul grande schermo del capolavoro tolkieniano firmata da Peter Jackson, giusto ad un anno di distanza dai record messi a segno dal capitolo primo, campione dincassi in tutto il mondo, e poco dopo luscita de La compagnia dell’anello in videocassetta e Dvd. In ossequio al principio di fedeltà filologica alla fonte letteraria più volte professato da Jackson, anche Le due torri nessuna allusione alla tragedia dell11 settembre 2001: il titolo è dautore ed era stato confermato in tempi non sospetti si profilano come unaccurata messinscena filmica della parte seconda della trilogia, girata in ununica soluzione di continuità in Nuova Zelanda e programmata in tre uscite a cadenza annuale. La storia prende avvio senza riassunti di sorta della puntata desordio la cui visione, negli auspici di Jackson, è fortemente consigliata se non obbligatoria rispetto alla quale, esattamente come avveniva nella saga fantasy letteraria, si entra nel vivo dellazione dopo un attacco più distensivo a livello narrativo, peraltro necessario viatico per sviscerare lo scenario fantasy della Terra di Mezzo in tutta la sua straordinaria complessità. La prima avventura sera interrotta con la traumatica scomparsa del mago Gandalf e la divisione della Compagnia dellAnello in tre gruppi e tre saranno infatti le linee direttrici del plot , e da qui la storia riprende avvio: gli hobbit Frodo Baggins e Sam Gangee, vaganti per le colline di Emyn Muil, si accorgono dessere seguiti dallenigmatico Gollum, un essere alato rimasto storpio dopo essere entrato in contatto con lanello unico. Lambigua creatura, elaborata in computer graphic, promette ai due hobbit contrastati tra la diffidenza e la compassione nei suoi confronti di condurli alle porte oscure di Mordor. Nel frattempo Aragorn approda al regno di Rohan, sotto assedio, e comincia a avvertire il fascino della splendida Eowyn, la nipote del re, senza dimenticare la promessa damore resa allaltrettanto splendida principessa elfica Arwen. Lobiettivo di Jackson segue infine le peripezie degli hobbit Merry e Pipino, in fuga per la foresta di Fangorn, sotto la guida di un albero dotato di mobilità. Punto culminante de Le due torri è la lunghissima sequenza della leggendaria battaglia dei buoni contro linfinita orda malvagia di Sauron a Helms Deep, un conflitto altamente spettacolare che, si mormora, pare sia costato a Jackson ben tre mesi di riprese. Il secondo capitolo cinematografico de Il Signore degli Anelli ovviamente semplifica, nei limiti del possibile, lintricata architettura narrativa della saga di Tolkien, ricca di trame principali e sottotrame in serie. Da segnalare, nel già strepitoso cast, le new entries di Ian Holm e Miranda Otto. Lavventura continua, dunque, promette nuovi record dincassi e secondo programma dovrebbe concludersi il prossimo Natale, con luscita americana de Il ritorno del re. P.B. Il Signore degli Anelli - Le Due Torri (The Lord of the Rings: The Two Towers), regia di Peter Jackson, con Elijah Wood, Ian McKellen, Viggo Mortensen, Liv Tyler, Ian Holm, Cate Blanchett, Christopher Lee, Sean Astin, Miranda Otto; fantastico; Nuova Zel./Usa; 2002; C.; dur. 2h e 59 GRAFFICATODICI Ho fatto finta di dormire Nel numero scorso avrei dovuto fare gli auguri di rito per le solite festività, ma vi confesso che ho preferito far finta di dormire. Non sono affatto uno spirito religioso e in questo Paese anche una festa poetica come il Natale non mi piace proprio per nulla: oltre al consumismo materiale cè un vero e proprio consumismo di tradizioni ormai logore e strascicate, di buoni sentimenti ridotti semplicemente a una sottile mano di vernice per la facciata (faccende che diventano tanto più vere quanto più si sale socialmente; vedi certi tipi di governo nazionale, che io non esito a definire atei clericali ). Sarei stata più disponibile a festeggiare ma con tranquillità il Capodanno se non fossi stata sola come il littizzettiano gambo di sedano e, per di più, col telefax in tilt. Mi era restata la Tv, ma di quella parlerò a Carnevale (sono così poco brava e importante da ritenere che la censura prossima ventura non si accorgerà di me). Bastiana Contraria pagina successiva
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