Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di Montebelluna

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Un Progetto di Marketing Territoriale per il Distretto di Montebelluna
Un Progetto di Marketing Territoriale
per il Distretto di Montebelluna
Offerta del territorio, contesti competitivi e possibili
strategie di rilancio
Profili economici 5
Un Progetto di Marketing Territoriale
per il Distretto di Montebelluna
Offerta del territorio, contesti competitivi e possibili
strategie di rilancio
Convegno del 16 dicembre 1998
E' consentito l'utilizzo, anche parziale, del contenuto degli interventi riportati,
purchè venga fatto riferimento alla fonte ed al Convegno.
MERCOLEDI’ 16 DICEMBRE 1998
Sala Conferenze Camera di Commercio di Treviso
PROGRAMMA DELLA GIORNATA
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Apertura dei lavori da parte del Presidente della Camera di Commercio
Giuseppe Zanini
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Luca Zaia – Presidente Amministrazione Provinciale di Treviso
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Marco Zanetti – Direzione Industria della Regione Veneto
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Renato Chahinian – Segretario Generale Camera di Commercio di Treviso
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Presentazione del lavoro svolto da Progetto Europa - Roma
"Il sistema territoriale e la competizione: un'analisi sul posizionamento competitivo del distretto industriale di Montebelluna"
- Rapporto conclusivo
- Livio Barnabò - Amministratore Delegato di Progetto Europa
- Slides
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"Quali "azioni" per il distretto …"
Loredana Ligabue – Partner di Workfare Carpi (MO)
Interventi:
Gianpietro Breda – Unindustria Treviso
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Luigi Gallinaro – Confartigianato Provinciale Treviso
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Aldo Durante – Direttore del Museo dello Scarpone di Montebelluna
(TV)
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Donato Bedin – Direttore dell'azienda speciale Treviso Tecnologia
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Gilberto Graziottin – Segretario UST - CISL Treviso
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Pierluigi Cacco – Segretario Provinciale CGIL Treviso
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Ubaldo Fanton – Assessore alla Formazione Amministrazione Provinciale
di Treviso
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Antonio Confortin – Segretario Provinciale UIL
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Silverio Zaffaina – Sindaco di Montebelluna
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Aldo Brullo – Ricercatore Università di Firenze
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Ugo Girardi – Vice Segretario Generale Unioncamere Nazionale
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Conclusioni:
Paolo Gurisatti – Presidente P.O.S.TER. e Direttore Parco Tecnologico“Galileo”
di Padova
Introduzione del Presidente della Camera di Commercio
Giuseppe Zanini
Buonasera e benvenuti a tutti. Apro volentieri i lavori di questo convegno che credo rivesta particolari attese: esso infatti conclude un cammino di analisi particolarmente innovativo e approfondito che, come
Camera di Commercio, d'intesa con le associazioni imprenditoriali, in
particolare Unindustria Treviso, abbiamo voluto applicare per la prima
volta al Distretto delle calzature sportive di Montebelluna, per capire, in
dettaglio, l'offerta di un territorio nonché la sua potenziale capacità di
attrarre investimenti.
Ci terrei però a fugare da subito una possibilità di confusione: negli
ultimi mesi, proprio in concomitanza con la realizzazione dell'analisi, si
è assistito ad un infittirsi di incontri sulla crisi del settore calzaturiero a
Montebelluna.
Per valorizzare al meglio l'essenza del marketing territoriale, io vi inviterei a non sovrapporre il piano della contingenza, dell'emergenza che non neghiamo vi sia - con quello della trasformazione strutturale,
del mutamento: che è il vero livello di intervento del marketing territoriale.
Certamente la crisi è espressione anch'essa della trasformazione in atto: la testimoniamo con la rassegna stampa che trovate in cartellina e vedrete che l'affronteremo per i temi di fondo che essa evidenzia in modo
ancor più netto.
Ma il marketing territoriale ci spinge a riflettere non tanto sulle soluzioni-tampone, quanto sulle strategie, sulle visioni di lungo periodo attorno alle quali convergere: per porre in atto azioni di reale sostegno per
le componenti sociali ed economiche a più elevato potenziale del distretto.
Non perdiamo di vista, nel corso del convegno e del dibattito, questo
quadro di riferimento: perché è in questo quadro, delle strategie, dei percorsi a lunga distanza che oggi siamo chiamati a discutere.
E non a caso abbiamo invitato oggi un'ampia rappresentanza di soggetti istituzionali, pubblici e privati: innanzitutto le istituzioni, la Regione, la Provincia, i Comuni del Distretto, a cui credo venga naturale affiancare il Museo dello Scarpone diretto dal professore Aldo Durante,
cuore del Distretto.
Poi le associazioni degli imprenditori e degli artigiani, ovviamente; i
sindacati, coinvolti dal problema degli esuberi; ma a questi soggetti ab11
biamo affiancato le scuole, gli istituti di credito, alcune cooperative di servizio, perché -vedrete- l'approccio del marketing territoriale mette in gioco
tutte queste componenti, chiama a lavorare in squadra. Ma non mi dilungo
ulteriormente.
Vorrei invece sentitamente ringraziare il gruppo di lavoro che ha lavorato
in questi mesi per arrivare ai risultati che oggi vi esporremo.
Innanzitutto Progetto Europa, società di consulenza strategica di Roma,
oggi qui rappresentata da Livio Barnabò e da Domenico Nevoso, che ha coordinato l'intera iniziativa, e che - nei diversi incontri preliminari a questo
convegno - ci ha messo di fronte ad illuminanti metodologie di analisi dell'offerta del territorio e della potenziale domanda di investitori.
Quindi ringrazio Loredana Ligabue, consulente di politiche industriali,
partner di Workfare, tra i promotori del CITER di Carpi, con esperienza di
manager della Regione Emilia-Romagna, alla quale abbiamo affidato il delicato compito di tracciare un quadro di possibili azioni strategiche e di possibili strumenti, coerenti con l'analisi dell'offerta territoriale condotta da
Progetto Europa.
Infine, tra i consulenti, un ringraziamento a Paolo Gurisatti, qui nella duplice veste di Presidente dell'Istituto di ricerca P.O.S.TER. di Vicenza, assiduo osservatore della realtà trevigiana oltre che docente all'Università di
Commercio Estero, che ha assunto di recente la direzione del Parco Scientifico "Galileo" di Padova. A lui abbiamo chiesto in prima istanza l'analisi
dei segmenti produttivi presenti nel distretto. Oggi inoltre gli chiediamo anche di ascoltare attentamente quanto verrà qui discusso, per trarre delle prime conclusioni - assieme al Vice Segretario dell'Unioncamere nazionale,
dr. Girardi, e per far sì insomma che il convegno lasci importante traccia di
sé.
La sintesi dei percorsi di analisi e dei ragionamenti dei tre consulenti li
trovate in forma di "slide report" in cartellina.
Ma i miei ringraziamenti vanno anche agli altri componenti del gruppo di
lavoro. Vorrei ricordare che i risultati che man mano venivano illustrati da
Progetto Europa sono stati discussi in più riprese con Unindustria Treviso,
che ripeto è stata la promotrice del progetto di marketing su Montebelluna,
sensibile al problema di come attrarre nel territorio attività ad alto valore
aggiunto in compensazione alle attività che il mercato sta rendendo marginali, con Confartigianato, che nel Distretto ha invece il problema
"contingente ma di valenza strutturale" dei terzisti da non perdere per strada
ma da aiutare, dove possibile, nella riconversione qualitativa.
Con il prof. Durante del Museo dello Scarpone, che ci ha portato nelle
discussioni i "nervi scoperti" del distretto, le sensazioni vissute a diretto
contatto con gli imprenditori. Facendoci selezionare quelle strategie che,
pur di lungo periodo, potessero avere già da subito un impatto credibile con
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gli operatori.
Nell'ambito della vasta gamma degli interventi proposti dai relatori e da
quanti vorranno dare un contributo al dibattito, sarà compito poi della Camera di Commercio e delle istituzioni pubbliche e private competenti, scegliere quelli ritenuti prioritari, per una loro realizzazione in grado di incidere apprezzabilmente sui nodi cruciali che attualmente affliggono il nostro
Distretto. Ma certamente dovremo coordinarci e trovare il consenso su pochi e fondamentali obiettivi in un quadro coordinato di iniziative reciprocamente collegate e sinergiche. Se riusciremo in questo intento, costituiremo
comunque di fatto un patto territoriale denso di effetti concreti, indipendentemente da ulteriori possibilità di formalizzazione e da eventuali aiuti esterni che potranno essere ottenuti.
Grazie della partecipazione, buon lavoro a tutti.
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Luca Zaia – Presidente Amministrazione Provinciale di Treviso.
Buonasera a tutti e un ringraziamento doveroso al Presidente della Camera di Commercio, per il cortese invito e per la cortese ospitalità.
Sono accompagnato dal mio Assessore alle Attività Produttive, Piovesan e dall'Assessore alla Formazione, Ubaldo Fanton. Devo anche portare, Presidente Zanini, i saluti e la giustificazione dell'onorevole Dossi, (il
quale mi ha chiamato perché è bloccato alla Camera) che già si è interessato di queste problematiche.
Noi come Provincia siamo stati contattati per la prima volta, in assoluto, nella prima assemblea di Montebelluna. Successivamente ci hanno
raggiunto fisicamente per una discussione sul problema, i sindacati di
categoria, che anche oggi vedo qui tra il pubblico.
Emerge, sicuramente, la necessità di occuparsi di Montebelluna, del distretto dello sport system, (che poi è quello che ci interessa), che, però, è
"uno" dei nostri distretti industriali. I sindacati ci dicono, Signor Presidente, che "potrebbe" - e usiamo ancora il condizionale - potrebbe essere
a rischio un migliaio di posti di lavoro, nel distretto industriale dello
sport system. È anche vero che la delocalizzazione delle produzioni ci
porterà inevitabilmente, alla recessione e questo è un sistema positivo
per affrontare i problemi. Inevitabilmente le produzioni verranno trasferite e sono già, di fatto, eguali anche negli altri distretti industriali.
In occasione dell'incontro con i sindacati, loro stessi ebbero a chiedere
un tavolo comune di concertazione. Non una concertazione sul costo del
lavoro o su problematiche sindacali, ma per risolvere il problema del distretto di Montebelluna. Io penso, come diceva Zanini nell'introduzione,
è necessario che ci sia un unico interlocutore. Questo lo dissi anch'io in
quell'occasione. E allora parta finalmente questo tavolo comune, dove
tutti possono portare esperienze, know-how ma dove si possano, però,
allocare anche funzioni, cioè, allocare responsabilità, in modo tale che,
poi, queste responsabilità siano messe in rete. A questo proposito ricordo che la Provincia, oltre alla formazione, dovrà gestire tutto il mercato
del lavoro, cosa non indifferente, per risolvere questi problemi.
In quell'occasione ebbi a parlare dell'incontro con i Sindacati , non come boutade, ma come atto concreto, di Patti Territoriali. Qualcuno, poi,
subito dopo ha reagito dicendo: "Zaia parla di Patti Territoriali ... Manfredonia: subito si va là". Beh!, va ricordato che c'è una legge specifica,
che parla dei Patti Territoriali, una legge che, fra l'altro, vede come interlocutore principale la Regione. Patti Territoriali per i Distretti Industriali. C'è una delibera del CIPE. pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
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21 marzo del '97. Ci sono anche, obiettivamente, le condizioni per applicarla. Leggo una frase sola "Il patto territoriale è finalizzato allo sviluppo del
Territorio, che parte da una fase di concertazione locale - e qua ci siamo e che ha come obiettivo la realizzazione e gestione di un insieme di progetti
imprenditoriali ed infrastrutturali, a valenza prettamente locale" Questo è
un Distretto Industriale. E il Patto Territoriale prevede una concertazione,
quindi, la firma di un accordo di programma. Con chi? Con i Comuni, le
Comunità Montane, la Provincia, la Regione, che deve essere capofila, le
Associazioni Sindacali, le associazioni di categoria, la Camera di Commercio e tutte le realtà. Io dico, quindi: I Patti Territoriali non vogliono essere
una risposta a Manfredonia, ma uno dei tanti apporti, spero positivi, per risolvere il problema. La Provincia, quindi, Presidente Zanini, è pronta ed è
presente. Io spero che qualcuno prenda seriamente questo fatto dei Patti
Territoriali, anche perché in Veneto i Patti Territoriali sono già applicati in
molte zone: Polesine, il Rovigoto, e potremmo elencare tutte le zone che
sono state oggetto di interventi di questo tipo.
Certo è che serve, anche, un progetto di marketing, un progetto complessivo. Sono d'accordo con te Presidente Zanini, che, se ci sovrapponiamo
nelle iniziative, chi ci rimette, poi, è il calzaturiero. Quindi, piena disponibilità da parte nostra. Non a caso, qua, rimarranno i due Assessori per raccogliere i risultati del Convegno ... Io spero, anche che parta il tavolo di
concertazione , qui, in Camera di Commercio e veda come partner principale un'istituzione come la Provincia, che è l'istituzione che mette veramente delle risorse proprie con cura e volontà diretta.
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Marco Zanetti – Direzione Industria della Regione Veneto.
Vi porto, naturalmente, in primo luogo, i saluti dell'Assessore regionale all’economia, Floriano Pra, che avendo un impegno non è potuto
intervenire. Chiedo anche scusa per aver sconvolto l'ordine degli interventi: è che, a mia volta, ho un altro impegno dopo.
Voglio sottolineare innanzitutto che, dalle prime battute degli interventi, mi sembra che, effettivamente, siamo sulla buona strada, nel senso
che qualsiasi linea di finanziamento, qualsiasi legge è inutile se non trova un terreno fertile, quale invece esiste nel nostro caso.
Come Regione ci siamo mossi, a suo tempo, sulla spinta della legge
317 del '91, che ha tutti i limiti, che gli addetti ai lavori sanno, che prevede cioè un'individuazione dei distretti industriali abbastanza meccanica, con criteri statistici, ma che doveva servire per individuare i Distretti
in tutta Italia. Quindi, non prevedeva dei criteri ad hoc per ogni territorio, per ogni tipo di specializzazione produttiva. Ma, soprattutto, la legge
ed il successivo decreto ministeriale di attuazione non avevano gli strumenti finanziari e anche normativi di intervento. Ci si augura ora che,
con l'aggiornamento della legge Bersani, finalmente siano disponibili
anche finanziamenti e concrete possibilità di intervento da parte delle regioni in favore dei distretti industriali. Una politica dei distretti industriali sarebbe certamente una delle risorse più significative da poter
mettere in campo per sostenere lo sviluppo della regione del Veneto.
E’ all'esame del Consiglio Regionale, dal marzo scorso, la proposta
della Giunta di individuazione dei territori interessati nel Veneto dalla
presenza di Distretti Industriali, ai sensi della legge 317/91. Naturalmente, tra questi, vi è quello di Montebelluna, della calzatura. Devo sottolineare che questa è, semplicemente, una ricognizione dello stato di fatto
e che, nell’elaborazione tecnica della proposta si è cercato di allargare al
massimo le “maglie” del decreto ministeriale di attuazione della 317 in
modo da comprendere un maggior numero di comuni, di aree.
Nel frattempo, la Regione si sta dando anche altri strumenti di intervento che si possono affiancare a quelli della legge 317. È recente l'adozione della legge regionale sulla subfornitura che, tra i diversi interventi,
prevede anche delle linee di finanziamento per la messa in rete delle potenzialità locali. Sicuramente, penso che sia il caso di utilizzarla anche
per iniziative nel distretto di Montebelluna. C’è anche un disegno di legge per instaurare una procedura di intervento per i Patti Territoriali, anche questi strumento utilissimo per intervenire in aree con forte specificità e in proposito va ricordato che già ora circa 180 comuni del Veneto
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sono interessati nei diversi patti già riconosciuti. Il distretto industriale di
Montebelluna ha, sicuramente, tutte le caratteristiche di base per essere terreno, campo d'azione per un Patto Territoriale. Ritengo dunque che la Regione sarà sicuramente attenta a qualsiasi sollecitazione e richiesta in questo senso.
Quindi, penso che si debba dare atto alla Camera di Commercio di Treviso di aver fatto benissimo a promuovere questa riunione e l'augurio è che si
possa andare avanti in questa direzione verso una concreta e fattiva concertazione.
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Renato Chahinian – Segretario Generale Camera di Commercio di Treviso.
A me spetta il compito di introdurre, brevemente, questo studio sul
marketing territoriale.
E’ un'iniziativa che è partita alla fine dello scorso anno su sollecitazione di Unindustria che, assieme alla Camera di Commercio, ha pensato di sperimentare un'azione di marketing territoriale per la valorizzazione del nostro territorio e, quindi, anche per attrarre nuovi investimenti
dall'esterno o per meglio proporsi sui mercati internazionali a livello di
sistema.
In un primo tempo, avevamo pensato di approfondire l’analisi
sull’intero territorio provinciale, ma, poi, abbiamo tralasciato questa ipotesi, perché, data l'eterogeneità della nostra provincia, questo avrebbe
comportato uno studio molto esteso e, quindi, si sarebbe dovuti arrivare
a delle proposte troppo diversificate tra loro. Allora, si è pensato, invece,
di focalizzare l'attenzione sui distretti industriali e, tra questi, la scelta è
andata al distretto di Montebelluna, ovviamente, per sole ragioni di priorità, ma con l'intento anche, successivamente, di analizzare gli altri distretti.
Prima di intraprendere una qualsiasi attività di marketing territoriale, è
necessario attuare uno studio propedeutico, proprio per capire “cosa bisogna fare prima” e “quali sono le cose più importanti da fare”. Ecco
che, allora, abbiamo impostato uno studio di fattibilità, che porta ad individuare, più che singole iniziative, dei gruppi di iniziative concrete,
che siano in grado di soddisfare almeno tre tipi di scopo.
Il primo tipo è rivolto ad accrescere lo sviluppo dell'area e, quindi ad
ottenere un rafforzamento della competitività del distretto attraverso l'esaltazione dei punti di forza e, ovviamente, la riduzione o l'attenuazione
dei punti di debolezza.
Il secondo scopo è quello di accrescere l'immagine del distretto all'esterno, sia in Italia che all'estero, per presentare, quindi, non solo un settore - il settore calzaturiero o della calzatura sportiva o i settori collegati - ma anche un'area, perché un'area dà, crea un punto di identità, di visibilità e di eccellenza, che può costituire in punto di attrazione molto
più di un singolo settore sia in termini economici che commerciali.
Infine, il terzo scopo è quello di favorire gli insediamenti dall’esterno;
non certo insediamenti concorrenziali ma insediamenti che facciano leva
sull'attrattività dell'area e che siano selezionati in relazione al contributo
offerto per integrare quelle attività di cui l'area ha bisogno. Di conse19
guenza si dovrebbe trattare di attività di diversificazione della produzione,
attività in produzioni complementari a quelle esistenti e attività di servizio
(cioè di integrazione per tutti quei servizi di cui l'area necessita e di cui, ora, ancora non dispone, dovendoli spesso ricercare anche in territori lontani).
Le fasi dello studio si sono rivolte dapprima ad un'analisi multifattoriale
del territorio, appunto per scoprire i punti di forza e di debolezza; poi hanno
riguardato un'analisi sul posizionamento competitivo dell'offerta produttiva,
e quindi per esaminare le attuali filiere e vedere come possono essere migliorate; infine si è pervenuti all’individuazione degli interventi di miglioramento sia del distretto, sia delle filiere, ai fini, appunto, degli scopi di cui
abbiamo parlato prima.
Inoltre, prima di stendere le conclusioni, abbiamo preferito tenere alcuni
incontri, sia con gli operatori economici che con le organizzazioni sindacali
ed economiche, nonché con le istituzioni, per tarare meglio il contenuto degli interventi individuati alla luce delle esperienze di chi è addetto ai lavori
e, quindi, già dispone di quella pratica necessaria per poter valutare se una
certa iniziativa che, teoricamente, può essere proposta, possa poi essere realizzata con benefici effetti concreti.
Naturalmente, quando siamo partiti con lo studio non sapevamo che il distretto di Montebelluna, di lì a pochi mesi, avrebbe manifestato evidenti
sintomi di crisi. Eravamo, ancora, in un periodo congiunturale in cui, per lo
meno in linea generale, la situazione sembrava favorevole. Poi, man mano
che il lavoro progrediva, si sono scoperti tutti sintomi della crisi e, quindi,
si sono progressivamente raccolte tutte quelle notizie che hanno permesso
di proporre iniziative concrete adeguate all’attuale situazione. Ovviamente
però si tratta di iniziative che, anche se effettivamente possono assumere una incidenza, anche molto rilevante, sul tessuto economico, chiaramente,
non possono essere di breve termine, ma manifesteranno i loro effetti favorevoli nel medio e lungo termine.
Quindi, lo studio diventa ora una base di discussione, per individuare le
iniziative migliori che tutti gli “attori” competenti - sia istituzionali che associativi, che le singole imprese - potranno valutare, per poi dar vita ad azioni concrete, che, ovviamente, dovranno essere coordinate e concertate
tra gli stessi attori.
Il Presidente ha già illustrato lo spirito dello studio ed il bagaglio tecnico
e professionale dei relatori. Aggiungo soltanto che gli illustri esperti sono
sempre stati assistiti, durante la ricerca da un gruppo di lavoro, formato da
funzionari camerali, tra cui, soprattutto, ringrazio il dott. Rossato e il dott.
Callegari, da funzionari di Unindustria, di cui ringrazio il dott. Pedron e il
dott. Dalla Riva, da funzionari della Confartigianato, di cui ringrazio il sig.
Gallinaro.
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Ora diamo la parola agli esperti, perché ci illustrino concretamente lo
studio.
Giuseppe Zanini.
Grazie dottor Chahinian.
Volevo dare il benvenuto anche a Lino De Stefani, presidente di Confartigianato.
E, una cosa, prima di cedere la parola a Barnabò, che mi viene, ad esempio sulla riconversione di Montebelluna. Scusate, non vorrei dire una stupidaggine, ma proprio il marketing, e l'analisi del marketing in proiezione,
porta ad avere riflessioni di questo genere.
Sapevate, ad esempio, che, nel mondo, ci sono circa cento milioni di giocatori di golf? E che la Foot Joy, da sola, produce dieci milioni di scarpe da
golf all'anno? Con le tecnologie che abbiamo a Montebelluna, sarebbe un
filone da guardare, quello. E le scarpe da golf si vendono più care di un
paio di scarponi, perché il costo medio è trecento mila lire. Non parlo, perché sono golfista, ma così ... per aguzzare il Vostro ingegno.
Cedo la parola a Livio Barnabò, che è uno dei consulenti di Progetto Europa e ci parlerà, appunto, delle strategie. Prego.
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ILSISTEMATERRITORIALEELA
COMPETIZIONE:
UN’ANALISI SULPOSIZIONAMENTO
COMPETITIVODEL
DISTRETTOINDUSTRIALEDI MONTEBELLUNA
© Copyright 1998 Progetto Europa S.r.l.
1. LO SVILUPPO DELL’ANALISI
1.1. Gli obiettivi del lavoro
Nel presente documento vengono illustrati i risultati dell’analisi sul posizionamento competitivo del Distretto di Montebelluna rispetto alla capacità del sistema territoriale di attrarre/trattenere investimenti produttivi. In particolare il lavoro è stato indirizzato e finalizzato:
*
a rilevare ed analizzare le potenzialità competitive del territorio rispetto alle esigenze degli investitori che operano
nelle filiere produttive presenti nel Distretto;
*
ad analizzare le correlazioni esistenti tra l’offerta del territorio e le diverse esigenze che gli investitori hanno rispetto
alle diverse attività produttive;
*
ad ipotizzare uno scenario evolutivo di riferimento del posizionamento competitivo del Distretto rispetto all’attuale
struttura produttiva;
*
a tracciare alcune ipotesi di lavoro per indirizzare e sostenere le capacità competitive del sistema territoriale.
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1.2. L’impostazione dell’analisi
Come è noto, gli effetti dei processi di globalizzazione dell’economia
mondiale hanno messo in competizione oltre che i prodotti e la fornitura
dei servizi anche i vantaggi che possono creare i luoghi di produzione.
Un territorio che vuole sostenere il proprio sviluppo deve essere in grado di offrire convenienze competitive agli investitori che sono e intendono localizzarsi nelle proprie aree.
Le analisi sul posizionamento competitivo dei territori vengono condotte per rilevare quali sono le convenienze competitive che un territorio
può offrire agli investitori in relazione alla tipologia di investimento che
questi devono realizzare.
Dall’analisi delle relazioni di convergenza/divergenza esistenti tra domanda d’investimento ed offerta del territorio vengono tracciati i profili
competitivi di un sistema territoriale rilevando le sue capacità potenziali per trattenere ed attrarre le diverse tipologie di investimenti produttivi rispetto ai livelli delle convenienze e delle sostenibilità che il territorio medesimo è in grado di offrire agli investitori.
Nello specifico, per quanto ha riguardato l’analisi svolta sul potenziale
competitivo del Distretto di Montebelluna, questa è stata centrata sulle tipologie di investimento più significative già presenti sul territorio con lo scopo evidente di rilevare le attuali convenienze e la sostenibilità che il sistema territoriale ha per soddisfare le esigenze degli
investitori del settore dello sport system.
I motivi di tale scelta sono quelli di rilevare e comprendere quali sono
oggi i vantaggi competitivi che il sistema territoriale è in grado di fornire alla propria struttura produttiva di riferimento.
Il Distretto di Montebelluna si caratterizza per la sua ampia ed articolata
gamma di prodotti che richiedono approcci e modalità di lavoro molto
differenziati.
Tentare una rappresentazione significativa e fedele dei profili competitivi che guidano i diversi contesti produttivi del Distretto di Montebelluna
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è un’operazione articolata e complessa che richiede specifiche modalità
d’approccio. Il rischio maggiore che si può correre è quello di produrre un
quadro d’insieme troppo disperso, frammentato e poco utile per rilevare e
comprendere i profili competitivi dell’offerta del territorio.
Per evitare questi rischi è stato predisposto ed utilizzato un approccio mirato ad analizzare in modo selettivo:
∗ la struttura delle filiere produttive più significative
che potessero nell’insieme coprire tutte le problematiche più importanti presenti nel Distretto;
∗ le tipologie delle aziende che operano nei segmenti
che formano le principali filiere produttive.
Lo scopo di incrociare queste due linee d’analisi è stato quello di voler fornire un quadro diagnostico d’insieme più chiaro sia sulle specificità delle
singole filiere esaminate e sia sul quadro generale di tendenza che le diverse tipologie d’azienda hanno rispetto alla loro possibilità di permanenza nel
Distretto.
L’operazione dell’individuazione delle filiere più significative è stata realizzata orientando i criteri di selezione e valutazione principalmente su tre
fattori d’impatto:
A. l’innovazione presente e la tecnologia utilizzata;
B. i volumi dimensionali di produzione;
C. i processi di delocalizzazione in atto.
Le filiere selezionate sono state quelle dello sci, del trekking e dell’outdoor
in quanto:
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A. rispetto all’innovazione presente e alla tecnologia utilizzata:
∗ la filiera dello sci presenta un alto contenuto tecnologico con un processo produttivo sofisticato e con lavorazioni complesse,
∗ le filiere dell’outdoor e del trekking si caratterizzano
per l’utilizzo di tecnologie più semplici e con processi produttivi di tipo tradizionale (labour intensive).
Le tre filiere in questo contesto consentono di coprire la gamma dei livelli
degli assets tecnologici e la distribuzione delle principali competenze critiche presenti nel Distretto.
B. rispetto ai volumi dimensionali di produzione:
∗ la filiera dello sci si caratterizza per i volumi di produzione limitati, per le caratteristiche prodotto che
viene venduto come “attrezzo sportivo” e per un
mercato altamente stagionale;
∗ la filiera del trekking si caratterizza per volumi di
produzione medi, per un prodotto che viene venduto
principalmente come un attrezzo sportivo di tipo elementare destinato ad un mercato di consumatori abbastanza ampio;
∗ la filiera dell’outdoor si caratterizza per grandi volumi di produzione, per un prodotto che viene venduto
principalmente come capo sportivo per il tempo libero e per un mercato di riferimento molto ampio.
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Le tre filiere propongono un’ampia distribuzione delle problematiche più
tipiche presenti nel Distretto relative sia agli impatti organizzativi ed economici prodotti dalle diverse casistiche derivanti dai diversi volumi di produzioni (bassi nel caso della filiera dello sci, medi per il trekking, alti per
l’outdoor) e sia per i periodi di vendita dei prodotti (concentrato in pochi
mesi per lo sci, per un periodo più ampio per il trekking e per tutto l’anno
per l’outdoor).
C. rispetto ai processi di delocalizzazione in atto:
∗ la filiera dello sci si caratterizza per il fatto che è
quella che fino ad oggi ha meno subito fenomeni di
delocalizzazione produttiva;
∗ la filiera del trekking si caratterizza per un processo
avanzato di delocalizzazione;
∗ la filiera dell’outdoor si caratterizza per quella che
ha avuto negli anni il maggiore processo di delocalizzazione.
Le dinamiche legate alla delocalizzazione analizzata in tre diverse stadi di
sviluppo aiutano a comprendere e spiegare i processi in atto nel Distretto
sia sul possibile sviluppo economico futuro, sia sugli effetti che si potranno
avere a livello di ricadute sull’organizzazione della produzione, nel sociale
e nei livelli occupazionali.
L’individuazione delle tipologie d’aziende caratteristiche in grado di evidenziare la gamma delle competenze e dei fabbisogni presenti nel Distretto
è stata invece realizzata procedendo ad una macro-segmentazione per fasi
produttive delle tre filiere selezionate.
La macro-segmentazione realizzata sulle tre filiere ha portato ad evidenzia29
re 5 macro-raggruppamenti di attività produttive di riferimento:
∗ ideazione dei prodotti;
∗ progettazione dei prodotti;
∗ stampi e stampaggi (per la filiera outdoor questa fase
non esiste);
∗ produzione e montaggio;
∗ logistica e distribuzione.
1.3. Gli strumenti metodologici
L’analisi relativa al posizionamento competitivo del Distretto di Montebelluna è stata realizzata utilizzando il secondo modulo della metodologia EuroratinG© elaborata da Progetto Europa per fornire assistenza consulenziale alle iniziative per la promozione e lo sviluppo economico dei sistemi territoriali.
Al fine di migliorare la lettura dei risultati dell’analisi condotta, nel presente paragrafo vengono illustrati, in forma semplificata, gli aspetti salienti del
modello d’analisi del posizionamento competitivo del sistema territoriale
applicato al Distretto di Montebelluna.
La caratteristica principale del modello è quella di fornire un sistema interpretativo del posizionamento di un territorio rispetto alla propria capacità di
attrarre/trattenere investimenti localizzativi e sostenere lo sviluppo economico che questi generano correlando:
∗ le dinamiche della domanda di investimento;
∗ con le caratteristiche dell’offerta dei sistemi territoriali.
A. L’analisi della domanda di investimento
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L’analisi della domanda degli investitori è stata impostata fondendo alcuni
paradigmi interpretativi del modello porteriano sulla competitività delle imprese nel modello elaborato da Progetto Europa sulle scelte di localizzazione produttiva.
I paradigmi di riferimento che sono alla base della formazione della domanda di investimento sono sintetizzabili in tre punti:
∗ ogni investimento viene deciso con l’obiettivo di realizzare dei vantaggi competitivi differenziali rispetto
ai propri competitor attuali e potenziali;
∗ i vantaggi competitivi differenziali si sostanziano nel
conseguimento costante di produttività incrementale
tramite:
- il miglioramento delle economie sui costi;
- lo sviluppo della differenziazione del prodotto;
Questi due fattori acquistano maggiore o minore
rilevanza relativa in relazione alle specificità del
business in cui si opera;
∗ per conseguire sempre maggiore produttività incrementale le scelte di localizzazione produttiva sono
sempre più importanti e la domanda di localizzazione è sempre più esigente, specifica ed attenta a valutare i territori in termini di vantaggi che possono offrire rispetto alle proprie necessità.
La costruzione all’analisi della domanda di investimento viene invece realizzata rilevando i fabbisogni che gli investitori hanno nell’ambito dei singoli segmenti produttivi. In relazione all’importanza relativa per ciascuna
tipologia di investitore, i fabbisogni vengono classificati in:
* fattori marginali, quelli che hanno un' importanza
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limitata;
* fattori contributivi, quelli che vengono considerati
non rilevanti ma di sostegno alle attività da svolgere;
* fattori di sostegno, quelli che hanno una rilevanza discriminante;
* fattori driver, quelli che hanno una rilevanza essenziale ed irrinunciabile.
Questi fattori vengono a loro volta valutati in relazione:
* al livello di qualità media che l’investitore richiede
specificatamente rispetto al tipo di investimento che
deve realizzare;
* al livello di costo medio che l’investitore può sostenere per il tipo di investimento che deve realizzare.
Dal mix di valutazione di questi due elementi viene formalizzato un giudizio su una scala di 5 livelli di qualità: molto-alto, alto, medio-alto, medio,
medio-basso, basso, molto basso.
B. L’analisi dell’offerta del territorio
32
La costruzione dell’offerta del territorio viene realizzata sulla base dei risultati avuti dall’analisi del potenziale del territorio (il rating) effettuata col
primo modulo della metodologia EuroratinG.
I risultati del potenziale del territorio vengono rielaborati in modo che possano essere correlati con la domanda di investimento delle diverse tipologie
di investimento.
C. La correlazione tra domanda d’investimento ed offerta del territorio
Questa fase di lavoro viene realizzata per verificare il livello di convergenza dei fattori tra fabbisogni degli investitori ed offerta del territorio.
L’attività consiste nel confrontare fattore per fattore le attese degli investitori e le risposte che è in grado di dare il territorio.
I risultati del confronto consentono di classificare i fattori del territorio in:
* fattori sovradimensionati, nel caso in cui il territorio abbia da offrire più di quanto richiesto o atteso dagli investitori;
* fattori convergenti, qualora domanda di investimento e offerta del territorio siano perfettamente allineati,
per cui il territorio risulta competitivo e in grado di
attrarre investimenti;
* fattori carenti, se il territorio presenta alcune carenze rispetto alle attese degli investitori su cui però è
33
possibile intervenire;
* fattori critici, se il territorio non è in grado di soddisfare le attese degli investitori;
* fattori altamente critici, nel caso di un completo disallineamento tra domanda e offerta, per cui il territorio è assolutamente inadeguato a dare risposta alle esigenze degli investitori.
Gli output dei risultati forniti sono di due tipi:
∗ il primo output, è una tabella che riporta in modo analitico i risultati del confronto tra domanda
d’investimento ed offerta del territorio per evidenziare in modo puntuale il grado di soddisfazione che il
territorio è in grado di dare rispetto ai fabbisogni degli investitori;
∗ il secondo output, è una matrice che rappresenta in
forma grafica i risultati analitici.
La matrice, che viene riportata di seguito in fac-simile, riporta sulle ascisse
i valori della domanda di investimento (espressa con la classificazione dei
fattori marginali, contributivi, di sostegno o driver) e sulle ordinate i valori
dell’offerta del territorio (espressa con un giudizio qualitativo che va da
molto alto a molto basso).
34
Offerta del territorio
Posizionamento dei fattori di O/T e D/I
molto alto
alto
E
medio alto
A
medio
medio basso
B
C
basso
D
molto basso
marg
contrib
sostegno
driver
Domanda d’investimento
La matrice identifica 5 aree di analisi:
1. Area A: le coordinate fra domanda di investimento e
offerta del territorio che rientrano nell’area A della matrice identificano i fattori convergenti, cioè fattori per i
quali vi è assoluta compatibilità tra le caratteristiche del
territorio e le esigenze degli investitori;
2. Area B: le coordinate fra domanda di investimento e
offerta del territorio che rientrano nell’area B della matrice identificano i fattori carenti, cioè fattori per i quali l’offerta del territorio non è adeguata rispetto alle esigenze degli investitori ma può tuttavia essere migliorata;
3. Area C: le coordinate fra domanda di investimento e
35
offerta del territorio che rientrano nell’area C della matrice identificano i fattori critici: il territorio presenta in
questo caso alcuni elementi di debolezza su cui occorre
intervenire in modo mirato;
4. Area D: le coordinate fra domanda di investimento e
offerta del territorio che rientrano nell’area D della matrice identificano i fattori altamente critici: l’offerta
del territorio è profondamente inadeguata rispetto alle
attese degli investitori e il territorio presenta aspetti
strutturali di debolezza che rendono difficile soddisfare
la domanda di investimento;
5. Area E: le coordinate fra domanda di investimento e
offerta del territorio che rientrano nell’area A della matrice identificano i fattori sovradimensionati: il territorio in questo caso risulta sovradimensionato rispetto alle
attese degli investitori e presenta uno standard di qualità
superiore rispetto alle necessità della domanda di investimento.
36
2. I RISULTATI
DEL POSIZIONAMENTO COMPETITIVO DEL DI-
STRETTO
2.1. Il punto di partenza: il sistema competitivo del Distretto di
Montebelluna
Le modifiche strutturali della domanda dei beni di consumo ed i fenomeni di delocalizzazione produttiva sempre più consistenti stanno modificando profondamente l’articolazione del sistema produttivo del Distretto di Montebelluna.
I cambiamenti in atto evidenziano la necessità di rifocalizzare
l’attenzione sulle leve competitive che possono essere utilizzate per sostenere lo sviluppo del Distretto.
Per intervenire in modo efficace occorre conoscere bene come si articola
la domanda di investimento e come si posiziona l’offerta del territorio
rispetto agli attuali fabbisogni degli investitori.
Il risultato dell’analisi condotta ha evidenziato con chiarezza la fase di
delicato passaggio che si trova ad attraversare il sistema produttivo del
Distretto. Passaggio che cerca nuovi equilibri:
∗ espellendo nella sostanza quelle attività produttive
il cui valore aggiunto prodotto non è adeguato a
sostenere i costi di produzione che esprime il sistema (costo del lavoro, incentivazione, ecc.) e
trova altri territori che per quelle specifiche produzioni offrono maggiori vantaggi competitivi;
∗ tentando di rafforzarsi in quei segmenti produt37
tivi dove le peculiarità, le abilità presenti nel sistema territoriale offrono e rinnovano dei vantaggi
competitivi in termini di creazione di valore aggiunto e godono ancora di una relativa posizione
di vantaggio dovuta alla minore disponibilità di
offerte alternative da altri territori.
Per dare un quadro d’insieme della situazione è stata realizzata una SWOT
analysis (analisi sui fattori di forza, di debolezza, di opportunità e di rischio) sui 5 macro-contesti produttivi evidenziando la situazione che viene
riportata nello schema seguente:
Posizionamento competitivo
dei segmenti produttivi
Forza
Stampisti
Logistica
Produzione
Ideazione
Opportunità
Rischio
Progettazione
Debolezza
Il quadro d’insieme evidenzia con chiarezza i problemi e le opportunità attualmente presenti nel Distretto che viene confermato dall’analisi di correlazione tra il profilo di qualità delle risorse richiesto e del costo del lavoro sostenibile per operare nei 5 macro-comparti produttivi.
38
Analisi relazione qualità/costi risorse umane
Alto
Costo del Lavoro
Progettazione
Stampisti
Ideazione
OFFERTA DEL
TERRITORIO
Logistica e
Distribuzione
Produzione
Basso
Bassa
Qualità delle
Risorse
Alta
Le opportunità di sviluppo più evidenti dal punto di vista dell’offerta
del territorio sono nella direzione dei comparti produttivi dell’ideazione
e della progettazione mentre appare in evidente declino (con probabili
eccezioni in particolari nicchie funzionali alla progettazione) il comparto della produzione.
Per quanto riguarda lo sviluppo dei comparti della logistica e distribuzione nel territorio le risposte appaiono più articolate. I due aspetti che
pesano negativamente sono le note carenze infrastrutturali ed il fatto
che, con la delocalizzazione delle produzioni, i problemi tradizionali
della logistica perdono di centralità. Il comparto potrebbe recuperare
ruolo solo ridefinendo le proprie funzioni di servizio puntando nella gestione e coordinamento della distribuzione dei materiali, semilavorati e
prodotti finiti.
39
Un discorso a parte invece merita il comparto degli stampisti, il problema centrale è che il rapporto tra valore prodotto (livello di sofisticazione
dei tipi di stampi richiesto dal mercato delle filiere dello sport system) e
costi è in fase critica (peggiorata dalla riduzione dei volumi delle commesse che appesantiscono l’incidenza dei costi di struttura delle aziende).
Il comparto degli stampisti si trova in una situazione delicata in bilico
tra rischi di regressione ed opportunità di rilancio che non potrà durare
ancora per molto se non si interverrà opportunamente.
2.2. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbisogni degli investitori: l’analisi dei fattori
Di seguito viene riportato uno schema generale che evidenzia i livelli di
convergenza/divergenza tra offerta e domanda al fine di dare il quadro
d’insieme del profilo competitivo del Distretto rispetto alle tipologie di
investimento esaminate.
Dallo schema appare evidente come, per tutte e tre le filiere (con leggere
differenze), il confronto tra offerta del territorio e domanda
d’investimento conferma:
∗ per i segmenti produttivi legati all’ideazione e
progettazione dei prodotti una salda convergenza;
∗ per il segmento degli stampi e stampaggi un ridotto livello di convergenza;
∗ per i segmenti della produzione e logistica e distribuzione delle carenze importanti.
40
FATTORI
sovradimen- conversionati
genti
FILIERA DELLO SCI
Ideazione
Progettazione
Stampistampaggi
Produzione
Logistica
FILIERA DEL
TREKKING
Ideazione
Progettazione
Stampistampaggi
Produzione
Logistica
FILIERA DELL'OUTDOOR
Ideazione
Progettazione
Stampistampaggi
Produzione
Logistica
SEGMENTI
PRODUTTIVI
Ideazione
Progettazione
Stampistampaggi
Produzione
Logistica
carenti
critici
altamente
critici
9
9
4
13
12
14
2
4
6
1
0
1
0
0
0
7
8
11
8
3
5
2
2
2
2
10
10
7
14
15
11
1
0
5
0
0
2
0
0
0
12
10
6
8
2
2
2
3
3
2
9
10
-
16
15
-
0
0
-
0
0
-
0
0
-
11
10
8
7
1
3
2
2
3
3
9
10
5
15
15
13
1
0
5
0
0
2
0
0
0
11
8
7
8
2
4
2
3
3
2
41
In particolare si evince la seguente situazione:
A. ideazione e progettazione dei prodotti
La sostanziale convergenza tra offerta del territorio e domanda di investimento nei segmenti dell’ideazione e della progettazione dei prodotti
conferma la situazione di fatto che vede la presenza dei maggiori investitori del settore dello sport system nel Distretto di Montebelluna.
Le differenze rilevate nella domanda d’investimento nelle tre filiere, oltre che ad evidenziare esigenze diverse, potrebbero anche essere lette in
modo più generale come un punto di attenzione su alcuni fattori chiave
che già si esprimono ad alto livello ma su cui si deve investire ulteriormente (es. le infrastrutture di ricerca e sviluppo) per mantenere il vantaggio competitivo.
B. stampi e stampaggi
I risultati evidenziano una serie di carenze di sistema che riducono la capacità competitiva del sistema territoriale. La situazione si presenta abbastanza articolata e diversificata per una serie di motivi tra i quali vanno ricordate le seguenti situazioni:
*
l’esistenza di una domanda di servizi da parte del comparto
dello sport system non in grado di fornire un adeguato fatturato per gli stampisti del distretto;
*
l’avvio di processi di delocalizzazione anche per la filiera
dello scarpone da sci che inizialmente sembrava per motivi
specifici (limitati volumi di produzione, specifica competenza su un attrezzo tecnico, concentrazione della produ-
42
zione all’interno del distretto, ecc.) che non avrebbe seguito le
vie degli altri prodotti dello sport system;
*
la necessità di elevare i contenuti tecnici di complessità realizzativa per riuscire a coprire i costi di produzione e poter diversificare (come stanno già operando le aziende più evolute) in
altre filiere che richiedono prodotti più sofisticati.
C. produzione e montaggio
Come anticipato, la produzione e montaggio costituiscono il segmento in
assoluto più critico. Alcuni fattori (in particolare il costo del lavoro) non sono più compatibili con le esigenze del mercato ed il processo di delocalizzazione non potrà non continuare fino alla quasi scomparsa di questi segmenti (probabilmente solo lo scarpone da sci potrà resistere per un periodo
più lungo) all’interno del Distretto.
Il disallineamento tra offerta del territorio e domanda d’investimento comporta le conseguenze che sono già all’evidenza di tutti: la crisi dei terzisti
che operano nel Distretto.
Questa situazione sta portando/porterà un cambiamento profondo
all’interno del sistema produttivo distrettuale (amplificato dalla riduzione
strutturale della domanda di consumo) con evidenti problemi economicosociali. Il sistema produttivo si trova paradossalmente ad espellere una larga parte dei terzisti che sono stati una delle componenti storiche più importanti che hanno fatto la fortuna fino ad oggi del Distretto stesso.
Il problema centrale che si pone non è la ricerca della difendibilità di questo
segmento all’interno del Distretto quanto invece riuscire a realizzare la riconduzione all’interno del sistema produttivo delle risorse che vengono espulse sia dai processi di delocalizzazione che per effetto la contrazione del
43
comparto produttivo dello sport system.
D. logistica e distribuzione
Gli aspetti che si sovrappongono in questo segmento produttivo sono principalmente due:
*
il primo, che le carenze storiche presenti (le infrastrutture) non
rendono competitiva l’offerta del territorio;
*
il secondo, con i problemi presenti nel segmento della produzione e montaggio tutto il discorso della logistica e distribuzione deve essere rivisto globalmente per non rischiare di investire in iniziative che in qualche modo potrebbero essere superate dal contesto che si va delineando.
3. ALCUNE IPOTESI DI INTERVENTO
3.1. Gli ambiti di un riposizionamento competitivo possibile
L’analisi di segmentazione delle filiere e del loro posizionamento competitivo rispetto all’offerta del territorio ha evidenziato sia situazioni di convergenza che di criticità che possono diventare degli utili elementi di base per
iniziare a ragionare sulle iniziative più idonee da avviare per migliorare
sempre più le potenzialità competitive del sistema distrettuale.
A questa prima parte dell’analisi devono essere ancora aggiunti alcuni aspetti di tipo dimensionale (es. n. risorse coinvolte nei diversi segmenti produttivi, ecc.) che devono aiutare a completare il quadro d’insieme per poter
rilevare gli effetti economico-quantitativi che i cambiamenti prospettati avranno sul sistema produttivo del Distretto.
44
Dall’insieme di tutti questi elementi conoscitivi si potrà iniziare a predisporre sulla base delle priorità un piano operativo di intervento che realizzi
attività in modo mirato, coerente ed organizzato.
* * *
Ritornando ai contenuti specifici dell’analisi di posizionamento competitivo
le risultanze in termini di fabbisogni che tengano conto anche degli effetti
derivanti dalla contrazione in atto del settore dello sport system possono essere riassunte nei punti seguenti:
A. Probabilmente una delle trasformazioni più profonde che si potranno realizzare sarà quella che il Distretto di Montebelluna diventerà sempre
meno distretto produttivo e sempre più distretto di servizi. Questo cambiamento come è facilmente intuibile modificherà tutta una serie di paradigmi culturali e organizzativi con un impatto diretto sui fabbisogni di nuove professionalità (e di conseguenza di riprogettazione dei sistemi formativi) e sull’avvio di nuovi tipi di attività.
B. L’offerta del territorio sui segmenti di ideazione e progettazione dei
prodotti può migliorare solo se viene favorita la crescita delle core competence presenti nel sistema produttivo su due linee di sviluppo:
*
continuare ad investire in eccellenza sulle filiere tradizionali
(logica dello sviluppo in autonomia);
*
entrare nella catena del valore di altre filiere produttive in una
logica di fornitore di competenza specifica che rielabora e/o
sviluppa conoscenze presenti nel territorio per applicazioni in
altri contesti (logica dello sviluppo di service; es. progettazio45
ne di componenti di plastica che devono essere esposti in ambienti con condizioni a forte variabilità climatica, ecc.).
C. Nel segmento degli stampi e stampaggi la sfida si gioca
sull’incremento del know-how per riuscire a svolgere lavori a sempre maggiore valore aggiunto in grado di giustificare al mercato i costi di produzione del Distretto. Il supporto del territorio può essere soprattutto di due tipi:
*
incentivando investimenti in acquisizione di know-how (es.
appropriarsi delle conoscenze per realizzare stampi speciali);
*
favorendo la formazione di joint con altri operatori esterni al
territorio che dispongono di conoscenze specifiche e correlabili con quelle presenti nel Distretto.
D. Nel segmento della produzione e montaggio il problema principale è il
recupero della risorsa dei terzisti. La delocalizzazione produttiva per l’area
è un fenomeno irreversibile ed il vero problema è come realizzare la riconversione
di
una
tipologia
di
risorsa
cresciuta
con
il
valore
dell’iperspecializzazione e che oggi potrebbe non avere gli strumenti culturali necessari per avviare il cambiamento che gli richiede il mercato.
E. Il segmento della logistica e distribuzione si trova in qualche modo a
subire gli effetti del processo di delocalizzazione della produzione e montaggio. Appare evidente che l’analisi dello sviluppo del segmento debba essere ripreso in considerazione e riesaminato approfonditamente.
In collegamento alle ipotesi di lavoro proposte di riposizionamento del profilo di una parte dei terzisti verso una professionalità rivolta a gestire i processi produttivi potrebbe divenire un ulteriore plus competitivo riuscire a
gestire in modo integrato anche la distribuzione dei semilavorati e dei prodotti.
46
3.2. Il riposizionamento competitivo dei terzisti
Il problema più rilevante che si pone probabilmente in questo momento sia
per le dimensione del fenomeno e sia per l’urgenza di trovare delle soluzioni è quello della gestione dei terzisti che sono e/o stanno per uscire dai circuiti della produzione.
Tralasciando per il momento eventuali soluzioni tattiche che possono servire a gestire la situazione ed a predisporre le condizioni per realizzare il
cambiamento che porti al recupero produttivo di queste risorse (che, non va
mai dimenticato, sono di altissimo pregio) si propone in questa sede un ipotesi di lavoro che se accolta potrebbe essere sviluppata nell’ultima fase del
progetto.
L’idea base è che il focus di attenzione del sistema distrettuale dovrebbe
mirare a non perdere la leadership di controllo sulle filiere. Questo può essere realizzato a nostro parere solo se il Distretto riesce a mantenere la gestione operativa dei cicli produttivi.
A questo proposito i fattori positivi che potrebbero aiutare a raggiungere
questi obiettivi sono principalmente due:
*
gli effetti derivanti dal processo di globalizzazione in atto che
distribuisce le fasi di produzione tra paesi spesso molto distanti tra loro e l’atteggiamento delle aziende (soprattutto multinazionali) che tendono sempre più a presidiare le sole funzioni
commerciali e di marketing e dare in outsorcing produzione e
servizi fanno si che si manifesta sempre più l’esigenza di trovare dei soggetti in grado di operare come integratori di processi che abbiano il compito specifico di ricomporre con efficienza i cicli di produzione fino alla gestione della distribuzione in una logica di lean production;
47
*
la perfetta conoscenza dei contenuti dei cicli produttivi delle
risorse che operano nel Distretto ed il fatto che nel Distretto
stesso si stanno rendendo disponibili sempre più un maggiore
numero di queste risorse, potrebbe far si che quest’area potrebbe divenire un luogo di riferimento per la ricerca di personale in grado di sostenere il ruolo di gestori dei processi produttivi.
Naturalmente questi passaggi non sono immediati e queste considerazioni
esemplificano i contenuti del problema. Si può già immaginare ad esempio
che il numero dei terzisti che potrebbero sostenere il ruolo di integratore di
processo quasi sicuramente sarà un numero limitato rispetto al totale (anche
se poi si dovrebbe prendere in considerazione il fatto che mantenere il controllo operativo delle attività produttive potrebbe aiutare a lasciare spazio
per inserimenti nella catena del valore ad operatori del Distretto che offrono
altri servizi iperspecialistici).
Di sicuro, con i dovuti approfondimenti, quest’impostazione potrebbe avere
il merito di aiutare a ribaltare i termini del problema dando una prospettiva
sia economica che di sviluppo nell’ambito di un’ulteriore metamorfosi dei
contenuti del sistema produttivo che il Distretto potrebbe realizzare.
Nell’ambito di questo quadro di riferimento si potrebbe tentare di trovare
dei sistemi per:
*
guidare e gestire la delocalizzazione sia produttiva che delle
competenze in essa contenute,
*
acquisire e sviluppare nuovi tipi di competenza che possano integrare/sostituire il know-how che viene ceduto ai nuovi soggetti che
lavoreranno nel segmento della produzione e montaggio.
48
Livio Barnabò -Amministratore Delegato di Progetto Europa - Roma
Permettetemi di fare due brevi considerazioni sul momento che
viviamo, prima di iniziare l’esposizione dei risultati del nostro lavoro.
In Italia, da un decennio a questa parte, sono state prese pochissime iniziative di riposizionamento competitivo dell'economia nazionale. Questi dieci anni sono stati segnati da due eventi: la crisi
della politica, con Tangentopoli, e le politiche per l'Euro. Questi
due fatti hanno neutralizzato, per un lunghissimo periodo, tutte le
iniziative di carattere politico o politico-istituzionale orientate alle procedure e ai processi di riposizionamento e di investimento.
Entrambe le cose - la prima, possiamo dire che ci è capitata addosso, l'altra, ovviamente, è stata un obbligo - hanno accentuato
tanto la forchetta dello sviluppo tra il Nord e il Sud quanto la forchetta dello sviluppo fra l'Italia e gli altri Paesi nostri diretti competitori. Vale a dire: il ritardo competitivo dell'Italia, nell'ambito
europeo e nell'ambito mondiale, si è accentuato.
Col primo di gennaio del 1999 usciamo da questo tunnel: da
quel momento non avremo più l’alibi delle politiche restrittive
per l'Euro e dovremo, finalmente, occuparci di sviluppo. Lo faremo, lo diciamo subito, con una inquietante povertà di strumenti.
Non povertà di risorse economiche, ma povertà di strumenti. Personalmente, non prevedo che avremo una immediata accelerazione del processo di sviluppo, in Italia. Questo è il primo dato con il
quale dobbiamo misurarci.
Veniamo alla seconda considerazione: si parla molto di marketing territoriale, motivando questo slogan con il fatto che il Paese
ha bisogno di investimenti aggiuntivi, che provengano dal mercato internazionale dei capitali. Questo è sicuramente vero per aree
come il Centro-Sud, soprattutto, e anche per alcune aree del Centro e del Nord-Ovest del Paese, dove c'è scarsità di iniziativa imprenditoriale, rispetto ai fabbisogni di sviluppo di quelle aree.
Parlare di marketing territoriale per il Nord-Est rischia di essere, in realtà, un po' fuorviante. Abbiamo usato questa terminologia solo perché è ricorrente nella pubblicistica economica. Invece
siamo convinti che l'obiettivo vero del Nord-Est (del Veneto e anche di Montebelluna), non debba essere solo quello di attrarre in49
vestimenti aggiuntivi a quelli esistenti. L’obiettivo principale di
quest’area è quello di immaginare, e poi concretizzare, un complesso
di attività di riposizionamento competitivo, non tanto e non solo delle singole imprese o dei Distretti, ma del Territorio nel suo complesso.
Quest'area, come è ormai acclarato dalle analisi fatte da molti analisti, è un “Territorio-Impresa”; l’attività economica, l’attività di impresa è talmente legata col Territorio, al punto che diventa difficile
vedere dove sia il confine fra l’uno e l’altra. Per questo motivo, parlare di riposizionamento competitivo dell'economia veneta, significa
parlare del riposizionamento competitivo del Veneto nel suo complesso.
Dobbiamo pensare che oggi gli amministratori pubblici - il Presidente della Provincia, il Presidente della Regione, il Presidente della
Camera di Commercio - non sono solo i rappresentanti di strutture
politico-amministrative: sono gli imprenditori collettivi di questo
Territorio e debbono lavorare insieme agli imprenditori singoli, condividendone i problemi e gli orientamenti.
Vediamo ora di applicare il nostro ragionamento al Distretto di
Montebelluna, scelto perché fra i Distretti di questa Provincia era
quello più “disegnato”, più identificabile, più chiaro nei suoi confini.
Cosa fanno i consulenti, quando entrano in un'impresa? Non fanno
lunghi e ponderosi studi, non fanno analisi teoriche, che servono solo per discutere nei dibattiti. Lavorano accanto al manager del Territorio - in questo caso insieme a Unindustria, alla Camera di Commercio, ed alle organizzazioni di rappresentanza - per focalizzare i
problemi e disegnare percorsi operativi di soluzione. Ed è quello che
abbiamo cercato di fare, anche in questo caso. Abbiamo puntato la
nostra attenzione sul sistema competitivo del distretto di Montebelluna, cercando di mettere in evidenza le sue leve competitive e abbiamo selezionato i punti sui quali intervenire, per non disperdere le
energie e, quindi, massimizzare le possibilità di successo.
Abbiamo poi misurato il potenziale competitivo del Territorio collocandolo all'interno di una matrice di “competizione sugli investimenti”, per vedere qual è il suo valore. Abbiamo ipotizzato una direzione di sviluppo e abbiamo, infine, cercato di identificare dei punti
precisi di attacco di questo percorso.
Partiamo dal potenziale del Territorio. Come si valuta il potenziale di un
Territorio-Impresa? Il nostro metodo, Eurorating©, si basa su una lunga e
articolata serie di indicatori quantitativi e qualitativi, che sintetizziamo poi
50
in sei fattori-chiave
(1° slide):
1) il sistema produttivo;
2) il sistema di supporto al sistema produttivo
(incentivazioni, facilitazioni, provvidenze che l’attore
pubblico mette a disposizione del sistema produttivo,
per consentirgli di operare meglio);
3) le infrastrutture e i servizi;
4) le risorse umane;
5) il potenziale innovativo delle imprese - ma anche del
Territorio 6) il sistema socio-politico e politico-amministrativo.
La scala di misura che abbiamo adottato è tarata a livello europeo e comprende anche l'Europa dell'Est (quindi i territori a più basso tasso di sviluppo dell'Europa). Montebelluna si colloca nell’area che noi chiamiamo a
“medio-alta potenzialità competitiva” che è caratteristica, in Europa, dei
territori a sviluppo maturo.
Questo è un risultato “medio”. Come tutti i risultati medi va scomposto e
capito. Prendiamo i sei punti che abbiamo visto prima (le sei componenti
dello sviluppo) e vediamo come collaborano a creare questo dato medio.
Partiamo dal sistema produttivo, descritto dal punteggio del fattore 1.
Il sistema produttivo di Montebelluna sta dentro la fascia che noi consideriamo ad “alta potenzialità competitiva”; è sicuramente un sistema che
produce in maniera eccellente. Se però prendiamo i due dati sintetizzati nel
fattore 3 (infrastrutture e servizi) e nel fattore 5 (il potenziale innovativo del
Territorio), troviamo che la capacità di produrre è come “zavorrata” da questi due fattori, che marcano punteggi più bassi.
La capacità locale di innovazione è più bassa della capacità locale di produrre in maniera competitiva. Questo ci fa ritenere che la permanenza del
sistema produttivo nella fascia ad alta potenzialità competitiva non possa
essere data per scontata.
Prendiamo in considerazione altri due fattori, il 4 e il 6: qualità e costo
delle risorse umane e sistema socio-politico e amministrativo. La qualità
complessiva delle risorse professionali, misurata in senso comparativo rispetto a territori ad alto potenziale competitivo (alcuni territori della Francia, per esempio, o della Germania), rimane al confine fra i valori che noi
chiamiamo "medio-bassa” e “medio alta” potenzialità competitiva. Sono,
comunque, valori molto più bassi degli altri Paesi diretti concorrenti.
Abbiamo, dunque, un problema di inadeguatezza delle risorse professio51
nali nel supportare la permanenza del sistema nelle fasce ad alta potenzialità competitiva. E il sistema politico-amministrativo sta ancora più in basso:
la capacità di programmazione e di pianificazione che il sistema politicoamministrativo esprime oggi, è insufficiente rispetto al fabbisogno reale determinato dalla capacità produttiva. Dobbiamo anche dire che questo dato è
comune a tutto il Paese. Abbiamo territori italiani che sono molto, molto
più indietro di questo. Veniamo da un decennio nel quale le strutture pubbliche - Regioni, Provincie, grandi Comuni - hanno perso quasi totalmente
la capacità di orientare e pianificare lo sviluppo. Dobbiamo anche dire che
le policy di decentramento in corso oggi, in Italia, per quanto rappresentino
una scelta assolutamente necessaria, vanno a impattare su strutture amministrative che fanno e faranno molta fatica a sfruttare le opportunità di autonomia che gli vengono offerte.
Non preoccupa, invece, il dato - molto basso - del fattore 2, cioè il sistema di supporto al sistema produttivo. Le leggi di incentivazione, che pesano molto nel determinare il punteggio di questo fattore, sono dedicate soprattutto ai territori a basso potenziale competitivo per supportare lo sviluppo delle imprese locali. A Montebelluna registriamo un dato basso perché
siamo in un Territorio che ha una sua consistente forza economica ed un
grado elevato di benessere diffuso.
Sta di fatto che siamo di fronte ad una situazione di rischio. I segnali che
sono arrivati dall’analisi (e di cui è ben consapevole la Camera di Commercio) non sono altro che lo specchio di questa situazione: il sistema produttivo è sicuramente ancora posizionato in una fascia di capacità competitiva
molto alta, ma si presentano alcuni elementi di rischio che si possono misurare con precisione.
Passiamo ora a ragionare sul posizionamento competitivo del Distretto.
Nel Distretto di Montebelluna sono presenti tre filiere produttive principali:
sono quelle dello scarpone da sci, della scarpa da trekking e delle scarpe da
outdoor. Per capire bene cosa contengono i dati e cosa ci dicono, dobbiamo
scomporre le filiere stesse nelle diverse fasi produttive: l'ideazione dei prodotti, la progettazione, stampi e stampaggi, la logistica e, infine, la produzione. Ragionando sui problemi specifici delle fasi produttive possiamo identificare con chiarezza le zone di rischio.
Nel Territorio non sono presenti grandi kombinat produttivi. C’è un reticolo fitto di medie e piccole imprese, fortemente integrate nella gestione
del processo, ma sostanzialmente indipendenti dal punto di vista della gestione imprenditoriale. Questo denota grande elasticità e grande flessibilità
che, come vedremo, ci semplificheranno la gestione del riposizionamento
competitivo, così come hanno permesso e permettono di ricombinare il prodotto con maggiore velocità rispetto ai concorrenti.
Vediamo ora come sono posizionati i vari segmenti delle filiere, misu52
randoli lungo gli assi del rapporto forza/debolezza e rischio/opportunità (2°
slide).
Due segmenti della filiera produttiva - la fase di ideazione e quella di
progettazione - sono, sicuramente, in posizione di grande forza e, quindi,
hanno ampie opportunità di crescita. Li possiamo considerare assolutamente fuori dal rischio di crisi.
Nell'area degli stampisti, ci troviamo però in una situazione meno tranquilla. Siamo in quel punto che, nel linguaggio analitico, si dice "l'origine
degli assi": a metà fra forza e debolezza, fra rischio e opportunità.
Sicuramente in una situazione non positiva stanno la logistica e le attività
più tipicamente produttive, anche se per motivi assolutamente diversi. La
logistica è in crisi perché, cambiando il modello produttivo attraverso processi di delocalizzazione, si è trasformato radicalmente il concept stesso
della logistica. E qui abbiamo invece una logistica molto tarata sul vecchio
modo di produrre. Manca un approccio adatto a gestire quelle che vengono
chiamate le "reti lunghe" o "reti ampie”, fortemente estese a livello internazionale.
La produzione ha invece problemi legati, essenzialmente, a fattori di costo. Facciamo ora una zoomata dentro la matrice generale e vediamo in dettaglio la relazione tra qualità e costo, tra qualità della produzione e costi
delle risorse umane. Nella matrice il primo asse misura la qualità della risorsa umana, della risorsa professionale , bassa o alta; il secondo ne misura
il costo, basso o alto (3° slide).
Nelle fasi di ideazione e di progettazione dei prodotti abbiamo bisogno di
risorse di qualità eccellente e, ovviamente, il loro costo sarà elevato; sono
risorse rare, difficili da formare e difficili da reperire. Normalmente, gli imprenditori più lungimiranti le catturano puntando al meglio del mercato internazionale.
Gli stampisti stanno nell’area intermedia, dove abbiamo qualità delle risorse media o medio-alta e un costo che, sostanzialmente, sta a metà tra il
basso e il medio-alto. Invece, le aree della logistica e della produzione hanno bisogno di qualità più diversificate.
Per essere fortemente competitivi dovremmo poter pagare
(relativamente) poco e avere persone eccellenti nella logistica e poter pagare pochissimo persone con skill buoni, ma elementari, nella fase produttiva.
Se incrociamo questa situazione con la situazione reale dell'area di Montebelluna, ci rendiamo conto che le due situazioni sono disallineate. Vale a
dire: la capacità del Territorio di offrire al sistema produttivo risorse eccellenti, anche da pagare care, è limitata. Questo Territorio non offre ai segmenti di filiera di qualità più pregiata sufficienti garanzie di offerta di professionalità adeguate.
53
D'altra parte, offre risorse che, rispetto agli altri segmenti della filiera
produttiva, sono persino troppo specializzate e, quindi, troppo costose. Il
disallineamento fra la capacità di offerta di risorse adeguate a costi adeguati
e la tipologia della domanda è molto rilevante.
Da qui, uno dei principali elementi di crisi. Per fortuna, questo è un Territorio animato da imprenditori intelligenti e veloci. Il fatto che il Presidente Zanini, prima di darmi la parola, sia intervenuto sul tema del “come si reagisce”, vuol dire che qui il passaggio dall’identificazione del problema al
pensare alla soluzione è un fatto istintivo, sta nella cultura locale del fare
impresa.
Dove va il Distretto? Prendiamo ancora una volta in analisi i singoli pezzi della filiera produttiva, iniziando dalla fase di ideazione e progettazione
dei prodotti. Nella fase di ideazione c’è anche tutta la attività di marketing
strategico e lo sviluppo di nuovi prodotti. Prendiamo l'esempio della scarpa
da golf (ma ce ne potrebbero essere mille altri). Per realizzare al meglio
questo prodotto, di cosa abbiamo bisogno? Di alcune competenze specifiche, quelle che ci possono portare rapidamente ai livelli di eccellenza. Abbiamo bisogno di investire nell'eccellenza della funzione e di trovare sul
mercato internazionale personalità di livello eccellente.
Uno dei rischi maggiori è che le funzioni eccellenti vengano concentrate
a livello di holding: infatti le funzioni di holding rischiano di uscire da questo Territorio, man mano che le imprese di riferimento entrano nell'ambito
di sistemi produttivi più vasti (attraverso processi di M&A o di ampliamento del panorama degli investitori). Il Territorio rischia di non riuscire a
mantenere qui queste funzioni, o perderne alcune particolarmente pregiate.
Ed è un rischio che non si deve correre.
Passiamo ora al secondo step della filiera: stampi e stampaggi. Questa
parte della filiera sta in una specie di “terra di nessuno”. Non si trova nel
quadrante in basso a sinistra, dove stanno i segmenti di produzione, evidentemente disassati rispetto al Territorio, ma non sta neanche nel quadrante in
alto a destra. L'opzione che noi facciamo è quella di fare il possibile per
mantenere nell’area questo segmento della filiera, incrementandone il valore. Per ottenere questo risultato sarà però necessario migliorare il know-how
e implementare il valore aggiunto di questo segmento produttivo. Qui bisogna fare un'operazione dedicata, con investimenti innovativi e incentivi alle
joint-venture, fra le aziende locali e con aziende esterne.
Diverso è il ragionamento per la logistica. Il sistema produttivo, dopo essere stato (fino a non molto tempo fa) fortemente concentrato nell'area, oggi è un sistema distribuito, nel quale alcune funzioni di produzione non
stanno necessariamente a Treviso, non stanno nemmeno in Italia; siamo
passati a quella che si chiama "rete lunga" o "rete larga". La logistica di cui
abbiamo bisogno, è la logistica del governo della rete. Non può più essere
54
una logistica tutta interna al Territorio, dal momento che dovrà gestire transazioni che per il Territorio non passano neppure. Ci vuole molta
“intelligenza logistica”, più software e meno gestione dei camion. Avendo
attraversato un processo di delocalizzazione produttiva (che, per fortuna,
ancora governiamo), dobbiamo governare la trasformazione della logistica
in misura adeguata a questo processo. Quindi, crisi della logistica significa
che abbiamo strumenti non adeguati al Distretto come vogliamo che diventi: un Distretto esteso al di fuori del Territorio di Montebelluna e di Treviso. Dobbiamo disegnare una nuova strategia, per fare questo passaggio, cercando ed adottando tecnologie specifiche, più avanzate rispetto a quelle oggi in uso.
Problema più grave, francamente, è quello delle fasi di produzione e di
montaggio. In questo caso, dobbiamo pensare che questo Territorio può
mantenere il governo della filiera se accetta e gestisce, in maniera organizzata, i processi di delocalizzazione, se li governa. Non molti anni fa si
"minacciava" il Governo di Roma, dicendo: "Se non ci aiutate, noi ci delocalizziamo". La verità è che non c’è alternativa alla delocalizzazione, per
molti segmenti della produzione. L'alternativa è impoverire l'offerta di lavoro di questo Territorio: impoverirla dal punto di vista della qualità professionale, ma anche dei costi.
E’ più semplice delocalizzare produzioni dove i costi sono già adeguati e
bisogna farlo con molta attenzione, perché non c’è una sola scelta di delocalizzazione. Ce ne sono tante. Per scegliere fra un Territorio del Sud Italia
(come può essere l'esempio di Manfredonia) o un Territorio della Romania
(Timisoara o dintorni) o altri ancora, è necessario dominare la segmentazione del processo, perché ci sono condizioni di qualità-costo diversificate, a
seconda dei territori che andiamo a scegliere. Questo processo, finora, è
stato guidato con molta intelligenza tattica da parte degli imprenditori di
quest'area. Va probabilmente guidato con più strategia e visione di insieme.
Sicuramente il tema deve essere affrontato con alcuni strumenti di supporto, che sono esattamente l'opposto di quello che, nel nostro Paese, viene
chiamato marketing territoriale, che serve ad attrarre investimenti.
Il sistema locale ha bisogno di supporti alla delocalizzazione, perché, se
non delocalizziamo in maniera accorta, corriamo il rischio di perdere il
controllo della fase di produzione. Invece abbiamo bisogno di delocalizzare
controllando, mantenendo la proprietà, mantenendo il valore aggiunto che
ne deriva, mantenendo anche la capacità di investimento che questo valore
aggiunto genera, e la capacità di governo dell’intera filiera. Quindi, non bisogna demonizzare la delocalizzazione ma, al contrario, aiutarla perché
possa avvenire in maniera ottimale.
Lavorando in questa direzione, si verificheranno alcuni contraccolpi. Da
una parte, ci sarà sicuramente un problema di terzisti in esubero, di piccole55
medie unità produttive o di singole persone che lavorano nella catena produttiva in logica di terzismo, che rischiano di rimanere fuori dalla filiera.
Dall'altra parte, siccome l‘obiettivo è quello di riposizionare il Distretto,
bisognerà lavorare sulla riqualificazione delle fasi alte e recuperare, a monte del processo, a monte della filiera, nicchie di competenza tecnica eccellente che vadano a sostituire, almeno in parte, quella quota di produzione
che si perde - dal punto di vista territoriale - attraverso i processi di delocalizzazione.
Questo comporta la necessità di ricombinare la filiera produttiva. Il fatto
che qui agisca una filiera produttiva organizzata per piccole e medie unità
produttive, fra loro collegate da rapporti di “coproduzione” ma sostanzialmente indipendenti e flessibili, facilita enormemente il processo. Il problema, a breve, è quello del recupero dei terzisti in esubero. In questo caso abbiamo bisogno di operare in logiche di riconversione produttiva, attraverso
strumenti di formazione e altri strumenti di tipo culturale. Vale a dire che,
all'interno della logica di riposizionamento competitivo delle filiere produttive, bisognerà identificare nicchie di attività specifiche verso le quali reindirizzare, in maniera assolutamente precisa, gli esuberi. Bisogna identificare obiettivi veri, attraverso strumenti che siano, naturalmente, gestiti dal
Territorio. Le Provincie hanno la competenza verso la formazione. Bene.
Usiamola anche in questa direzione.
Il problema dei terzisti è il problema a breve, quello più sentito, quello
che genererà più ansia ed incertezza nelle persone. Ma abbiamo un obiettivo di medio termine. Il presidente Zanini diceva: "Attenzione a separare logicamente le crisi congiunturali dai fattori di tipo strutturale, perché, se si
mettono insieme, non si capisce più niente”. Ora, la crisi del terzismo è un
fatto di tipo congiunturale. Il secondo elemento che voglio prendere in considerazione, invece, è più tipicamente strategico: mantenere la gestione operativa integrata dei cicli produttivi. Questo è quello che garantisce, nel
futuro, di essere ancora leader sui mercati mondiali.
Gurisatti, nella sua analisi, dice cose assolutamente sagge sul come si riposizionano i Distretti. Non bisogna perdersi dentro il processo di globalizzazione; bisogna capirlo, interpretarlo, anticiparlo mantenendo il più possibile il governo integrato. Altrimenti, saremo un'isola di gestione di fasi eccellenti del processo, ma, perdendo il governo del processo, avremo meno
possibilità di mantenerci sul mercato. E‘ chiaro che il Distretto, il Territorio-Impresa deve agire come un integratore di processi, un luogo di intelligenza strategica.
Già il Presidente della Provincia diceva: "Qui c’è bisogno di un tavolo di
concertazione". La verità è che abbiamo bisogno di coordinamento, qualcosa che abbiamo disimparato a fare, avendo perso di vista come si gestiscono, dal punto di vista collettivo, i processi di sviluppo. Coordinamento de56
gli attori vuol dire avere un processo definito, avere responsabilità assegnate e un luogo dove i processi vengono gestiti in maniera integrata.
Si è parlato di Patto Territoriale. Non voglio esprimere un giudizio sui
suoi contenuti. Ma, di nuovo, quando si parla di Patto Territoriale, si indica
in realtà il bisogno di coordinamento. Noi abbiamo molte parole- slogan:
sviluppo, concertazione, eccetera, che indicano la volontà di cercare soluzioni. Ma di soluzioni vere ed efficaci ne abbiamo pochissime a disposizione. Personalmente ritengo che quest’area, per la sua storia e per la sua intelligenza diffusa, sia un'area dove, invece, questo tipo di processo può realmente accadere.
E’ chiaro che in questo processo di coordinamento bisognerà fare alcune
cose molto specifiche. Possiamo, innanzitutto, diventare il luogo dove si elaborano e si forniscono al sistema le competenze per la gestione dei processi produttivi e logistici globalizzati (che vuol dire distribuiti su un Territorio molto vasto): perché non sono distribuiti solo i nostri pezzi di produzione, ma anche i nostri consumatori, ma anche i nostri clienti.
Abbiamo spesso in molti settori, anche qui a Montebelluna, scarsissima
dotazione di strumenti analitici del mercato. Una delle prime cose che dobbiamo fare è integrare anche la capacità anticipatoria dei trend del mercato.
Gurisatti diceva che il mercato interno italiano, per una serie di fatti che
non stiamo qui a dire, ha smesso di essere il luogo dove si sperimenta in
maniera anticipata l'innovazione nel consumo. Per una impresa è fondamentale avere un mercato interno che anticipi i cicli ed i trend, perché si
impara molto dai propri mercati interni. Noi non impariamo più dai nostri
mercati interni o, meglio: impariamo sempre meno. Dobbiamo imparare dai
mercati andando là dove questi si evolvono in maniera innovativa. Non
dobbiamo andarci solo perché vendiamo, dobbiamo andarci anche perché lì
impariamo. Abbiamo bisogno di intelligenza di sistema. E, qui, di nuovo, il
Territorio deve elaborare questa intelligenza, e lo deve fare al suo interno.
Concludendo, voglio ringraziare, innanzitutto, il sistema camerale. Nella
Camera di Commercio di Treviso abbiamo trovato un partner attento, con il
quale abbiamo potuto ragionare in modo non tradizionale. Il processo di
marketing territoriale o di sviluppo territoriale, in questo Paese, deve ancora partire. Molti guardano con molta attenzione ai modelli di altri Paesi.
Credo che, in questo Paese, ben pochi non abbiano approfittato per fare un
salto in Galles. Il Galles, detto tra noi, non è affatto un modello di riferimento. Nessuno dovrebbe pensare (né tantomeno dire) che si possa fare
marketing territoriale in Italia come si è fatto in Galles o in Francia, presumendo di adottarne il modello. Una delle prime cose che si imparano girando per il mondo e lavorando con le agenzie che fanno marketing territoriale, è proprio che non c’è un modello. Ognuno, di fatto, si è creato i propri
strumenti a partire dalla propria specificità.
57
Anche in Italia non abbiamo bisogno di un solo strumento, di una sola
metodologia, di una modalità “obbligata” di fare sviluppo del Territorio e
marketing territoriale. Abbiamo bisogno di più modi. Il modo che a noi necessita qui, nel Nord-Est, qui a Treviso e a Montebelluna, è una metodologia che punta al riposizionamento competitivo delle filiere produttive e dell'offerta integrata dei servizi territoriali che si combinano con le filiere. Si
tratta un processo assolutamente originale, per il quale non ci sono precedenti né modelli, che dobbiamo pensare, progettare e disegnare in modo autonomo. D'altronde lo abbiamo anche fatto in altri campi. Credo che ce la
faremo anche questa volta.
Vi ringrazio.
58
REPORT
SLIDE
61
7. Una prima ipotesi di lavoro sul riposizionamento competitivo dei terzisti all’interno del Distretto
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
luppo per attrarre-trattenere investimenti produttivi
5. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbisogni degli investitori: le opportunità di svi-
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del sistema territoriale
3. Gli obiettivi: il focus dell’intervento
2. La rifocalizzazione sulle leve competitive: la domanda d’investimento e l’offerta del territorio
1. Il punto di partenza: il sistema competitivo del Distretto di Montebelluna
Il percorso della presentazione
62
possono essere utilizzate per sostenere lo sviluppo del Distretto.
§ I cambiamenti in atto evidenziano la necessità di rifocalizzare l’attenzione sulle leve competitive che
stretto.
sempre più consistenti stanno modificando profondamente l’articolazione del sistema produttivo del Di-
§ Le modifiche strutturali della domanda dei beni di consumo ed i fenomeni di delocalizzazione produttiva
1. Il punto di partenza: il sistema competitivo del Distretto di Montebelluna
63
come si posiziona l’offerta del territorio rispetto ai fabbisogni degli investitori.
§ Per intervenire in modo efficace occorre conoscere bene come si articola la domanda di investimento e
tive agli investitori che sono e intendono localizzarsi nelle proprie aree.
§ Un territorio che vuole sostenere il proprio sviluppo deve essere in grado di offrire convenienze competi-
zione oltre che i prodotti e la fornitura dei servizi anche i luoghi di produzione.
§ Gli effetti dei processi di globalizzazione dell’economia mondiale come è noto hanno messo in competi-
2. La rifocalizzazione sulle leve competitive: la domanda d’investimento e
l’offerta del territorio
64
presente nel Distretto.
* quali sono le necessità di riposizionamento competitivo del sistema produttivo
dell’offerta del territorio),
mano le filiere produttive presenti nel Distretto (il posizionamento competitivo
* dove e come è competitivo un territorio rispetto alle tipologie di aziende che for-
stretto (analisi del potenziale del sistema territoriale);
* l’articolazione della domanda di investimento e l’offerta del territorio del Di-
§ L’intervento realizzato ha analizzato:
3. Gli obiettivi: il focus dell’intervento
65
e l’utilizzo di 160 indicatori di valutazione.
6. il sistema socio-politico-amministrativo;
5. il potenziale innovativo;
4. la qualità ed il costo delle risorse umane;
3. le infrastrutturazioni ed i servizi;
2. il sistema di supporto allo sviluppo produttivo;
1. il sistema produttivo;
§ Il sistema territoriale è stato valutato rispetto a 6 contesti d’analisi:
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del
sistema territoriale
arretrati
5.
6.
4.
3.
2.
1.
22,9%
© Copyright 1998 Progetto Europa S.r.l.
regressione
bassa
potenzialità
competitiva
150
sottosviluppo
0
41,7%
stallo
medio-bassa
potenzialità
competitiva
300
600
49,3%
sviluppo
maturo
medio-alta
potenzialità
competitiva
47,0%
468,6
58,0%
sviluppo
avanzato
alta
potenzialità
competitiva
62,0%
Distretto di
Montebelluna
450
il valore del territorio del Distretto
di Montebelluna
eccellenza
altissima
potenzialità
competitiva
750
1000
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del
sistema territoriale
contesti di analisi
cla
t s
e
rr sific
ito a
ri
t
e
nd
en
za
66
67
20,7
19,2
34,0
32,0
struttura produttiva
internazionalizzazione
1.B
1.C
assi ferroviari ed infrastrutture
interporti di servizio all'area
aeroporti pax/merci
porti commerciali di servizio all'area
efficienza allaccio e qualità delle utilities
servizi ambientali (presenza e efficienza)
istituti di credito a b/m termine attivi nell'area
3.B
3.C
3.D
3.E
3.F
3.G
3.H
© Copyright 1998 Progetto Europa S.r.l.
18,7
44,0
strade e caselli autostradali di servizio all'area
3.A
18,1
17,6
21,2
42,0
42,0
40,0
30,4
21,0
42,0
38,0
17,6
18,0
42,0
40,0
8,8
330,0
SISTEMA INFRASTRUTTURAZ. E DEI SERVIZI
3.
44,0
qualità disponibilità e costo di aree attrezzate
2.C
10,1
46,0
incentivazione e sostegno all'industria
2.B
10,8
strutture di supporto allo sviluppo
40,0
SIST.SUPPORTO ALLO SVILUPPO PRODUTTIVO
2.
2.A
130
22,1
100,0
34,0
SISTEMA PRODUTTIVO
liv.1
indice di sviluppo
liv.2
II VALORI DI
162,7
29,7
62,0
liv.2
MONEBELLUNA
1.
Liv.1
I PESI DEL MODELLO
1.A
I DESCRITTORI DEL RATING DEL DISTRETTO DI MONTEBELLUNA
53,0%
42,0%
43,0%
80,0%
50,0%
45,0%
42,0%
42,5%
20,0%
22,0%
27,0%
60,0%
61,0%
65,0%
liv.1
49,3%
22,9%
62%
liv.2
RAPPORTO %
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del
sistema territoriale
68
© Copyright 1998 Progetto Europa S.r.l.
468,6
1000,0
9,0
23,8
29,6
22,4
17,6
13,3
20,2
21,4
23,9
19,8
liv.1
468,6
45,9
69,6
98,7
liv.2
MONEBELLUNA
13,1
1000,0
110,0
120,0
210,0
liv.2
II VALORI DI
38,0
36,0
40,0
pianificazione (impostazione ed utilizzazione)
attività di ricerca e sviluppo prodotti/processi
5.C
40,0
40,0
efficienza dei servizi amministrativi
caratteristiche della ricerca innovativa nel distretto
5.B
6.B
infrastrut. di ricerca di servizio al territorio provinciale
5.A
6.C
SISTEMA DEL POTENZIALE INNOVATIVO
5.
44,0
46,0
36,0
costo medio risorse per profilo professionale
4.E
SISTEMA SOCIO-POLITICO-AMMINISTRATIVO
qualità delle risorse ed analisi dei fabbisogni
4.D
42,0
criminalità
distribuzione dei saperi e delle competenze
4.C
36,0
42,0
6.
sistema di istruzione e formazione
4.B
liv.1
I PESI DEL MODELLO
6.A
popolazione e distribuzione dei livelli di istruzione
4.A
SISTEMA QUALITA’ E COSTO RISORSE UMANE
I DESCRITTORI DEL RATING DEL DISTRETTO DI MONTEBELLUNA
46,9%
34,5%
25,0%
66,0%
74,0%
56,0%
44,0%
29,0%
46,0%
51,0%
57,0%
55,0%
liv.1
46,9%
41,7%
58,0%
47%
liv.2
RAPPORTO %
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del
sistema territoriale
69
rio).
no delle evidenti carenze (soprattutto nella capacità di organizzazione del territo-
* il sistema politico-amministrativo e il sistema di supporto allo sviluppo presenta-
nel secondo);
delle criticità (carenze nel primo e problemi di costo del lavoro e bassa scolarità
* il sistema delle infrastrutture e le risorse umane per ragioni diverse presentano
Distretto;
* il sistema produttivo ed il potenziale innovativo si confermano i fattori forti del
§ I risultati del valore d’insieme:
4. Il valore del potenziale del territorio del Distretto: il rating dell’offerta del
sistema territoriale
70
* identificare alcune ipotesi di lavoro per gestire i cambiamenti in atto e sostenere
* ipotizzare uno scenario evolutivo di riferimento;
le capacità di attrattività del territorio;
* individuare i fattori critici di successo di ogni segmento produttivo per sostenere
investitori;
* comprendere le dinamiche competitive del territorio rispetto alle esigenze degli
§ Gli obiettivi posti dall’analisi sono stati quelli di:
5. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbisogni degli investitori: le opportunità di sviluppo per attrarre-trattenere investimenti produttivi
71
* logistica.
* produzione.
* ideazione prodotti;
* progettazione prodotti;
* stampi e stampaggi (con esclusione dell’outdoor);
E sulle fasi produttive che le compongono:
* la filiera dello scarpone da sci;
* la filiera delle scarpe da trekking;
* la filiera delle scarpe dell’outdoor.
§ L’analisi dei contesti competitivi è stata realizzata focalizzando l’attenzione su 3 filiere produttive tipiche
e rappresentative del Distretto:
5. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbisogni degli investitori: le opportunità di sviluppo per attrarre-trattenere investimenti produttivi
72
tanti.
* per i segmenti della produzione e logistica e distribuzione delle carenze impor-
* per i segmenti degli stampi e stampaggi un ridotto livello di convergenza;
da convergenza;
* per i segmenti produttivi legati all’ideazione e progettazione dei prodotti una sal-
§ I risultati d’insieme hanno evidenziato:
5. Il posizionamento competitivo del Distretto rispetto ai fabbisogni degli investitori: le opportunità di sviluppo per attrarre-trattenere investimenti produttivi
73
rio.
* opportunità specifiche anche per gli altri segmenti produttivi presenti nel territo-
* sviluppo nuovi prodotti,
tive di riferimento per la promozione dello sviluppo produttivo del distretto:
§ I segmenti relativi all’ideazione e alla progettazione dei prodotti possono rappresentare le leve competi-
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
74
competenze specifiche.
* entrare nella catena del valore di altre filiere produttive in una logica di fornitore di
autonomia);
* continuare ad investire in eccellenza sulle filiere tradizionali (logica dello sviluppo in
favorita la crescita delle core competence presenti nel sistema produttivo su due linee di sviluppo:
L’offerta del territorio sui segmenti di ideazione e progettazione dei prodotti può migliorare solo se viene
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
75
di conoscenze specifiche e correlabili con quelle presenti nel Distretto.
* favorendo la formazione di joint con altri operatori esterni al territorio che dispongono
scenze per realizzare stampi speciali);
* incentivando investimenti in acquisizione di know-how (es. appropriarsi delle cono-
del Distretto. Il supporto del territorio può essere soprattutto di due tipi:
svolgere lavori a sempre maggiore valore aggiunto in grado di giustificare al mercato i costi di produzione
§ Nel segmento degli stampi e stampaggi la sfida si gioca sull’incremento del know-how per riuscire a
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
76
vere gli strumenti culturali necessari per avviare il cambiamento che gli richiede il mercato.
zare la riconversione di risorse cresciute con il valore dell’iperspecializzazione e che oggi potrebbe non a-
§ La delocalizzazione produttiva per l’area è un fenomeno irreversibile ed il vero problema è come realiz-
in esubero e puntare su nicchie di lavorazione che richiedono elevate competenze tecniche.
§ Nel segmento della produzione e montaggio il problema principale è il recupero della risorsa dei terzisti
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
77
debba essere ripreso in considerazione e riesaminato approfonditamente.
localizzazione della produzione e montaggio. Appare evidente che l’analisi dello sviluppo del segmento
§ Il segmento della logistica e distribuzione si trova in qualche modo a subire gli effetti del processo di de-
nomeno (la numerosità dei terzisti) e sia per l’urgenza di trovare delle soluzioni.
§ Il problema che si pone probabilmente è in questo momento il più rilevante sia per le dimensione del fe-
6. Ipotesi di scenario: dove va il Distretto
78
tra paesi spesso molto distanti tra loro;
*gli effetti derivanti dal processo di globalizzazione che distribuisce le fasi di produzione
tivi che potrebbero aiutare a raggiungere questi obiettivi sono principalmente due:
§ Il Distretto deve mantenere la gestione operativa dei cicli produttivi. A questo proposito i fattori posi-
leadership di controllo sulle filiere.
§ L’idea base è che il focus di attenzione del sistema distrettuale dovrebbe mirare a non perdere la
7. Una prima ipotesi di lavoro sul riposizionamento competitivo dei terzisti
all’interno del Distretto
79
di sostenere il ruolo di gestori dei processi produttivi e logistici.
potrebbe far si che quest’area potrebbe divenire un luogo di riferimento per la ricerca di personale in grado
che nel Distretto stesso si stanno rendendo disponibili sempre più un maggiore numero di queste risorse,
§ La perfetta conoscenza dei contenuti dei cicli produttivi delle risorse che operano nel Distretto ed il fatto
production;
efficienza i cicli di produzione fino alla gestione della distribuzione in una logica di lean
operare come integratori di processi che abbiano il compito specifico di ricomporre con
servizi fanno si che si manifesta sempre più l’esigenza di trovare dei soggetti in grado di
presidiare le sole funzioni commerciali e di marketing e dare in outsorcing produzione e
*l’atteggiamento delle aziende (soprattutto multinazionali) che tendono sempre più a
7. Una prima ipotesi di lavoro sul riposizionamento competitivo dei terzisti
all’interno del Distretto
80
zione e montaggio.
know-how che viene ceduto ai nuovi soggetti che lavoreranno nel segmento della produ-
* acquisire e sviluppare nuovi tipi di competenza che possano integrare/sostituire il
essa contenute,
* guidare e gestire gli effetti della delocalizzazione sia produttiva che delle competenze in
Nell’ambito di questo quadro di riferimento si potrebbe tentare di trovare dei sistemi per:
7. Una prima ipotesi di lavoro sul riposizionamento competitivo dei terzisti
all’interno del Distretto
"Quali
"azioni" per il distretto …"
Loredana Ligabue – Partner di Workfare Carpi (MO)
Barnabò ha detto: "Per dieci anni l'Italia è stata bloccata da Tangentopoli". Io ritorno su questo. Appuntiamolo con forza. Mentre il nostro Paese era fermo su questo, andavano avanti, al galoppo, i processi di globalizzazione, processi di apertura dei mercati, di delocalizzazione delle
produzioni. Processi che hanno impattato pesantemente su una realtà come quella italiana, come i Distretti, che hanno saputo, in un primo momento, trovare meccanismi di reazione, giocare fortemente sulla loro capacità di fare economia di scala, economia di scopo, di essere flessibili,
ma che, oggi, hanno necessità di avere dei supporti, degli strumenti, delle modalità di intervento, che aiutino a fare un salto di qualità, rispetto a
quello che è il contesto generale in cui si collocano, caratterizzato da
competizione fortissima, da vantaggi comparati, in cui non basta più,
semplicemente, l'intuizione, la capacità immediata di reagire e di rispondere, in chiave imprenditoriale.
Occorre fare un passo importante, un passo chiave, per dare complessivamente al Paese, ai territori, la capacità di riposizionarsi. Di riposizionarsi nel contesto della globalizzazione. Non subendo la globalizzazione, ma riuscendo, con la piena consapevolezza di dove si è e di chi si
è, a trarre vantaggio dalla globalizzazione, a trarre da questo dei nuovi
punti di forza, che consentano di essere gestori di processi competitivi
più complessi, più avanzati. In questa direzione, per il nostro Paese si apre una sfida grande e in questa sfida grande, il rapporto tra Nord e Sud,
su cui il Vostro Territorio ha accettato un percorso importante come
quello della collaborazione con il contratto d'area di Manfredonia, è un'opportunità per ridisegnare il posizionamento competitivo.
Il Territorio, necessariamente, quindi, si apre. Il Territorio, con l'impatto della globalizzazione, entra in crisi su aspetti-chiave. Entra in crisi
la coesione del Territorio, perché si diversificano gli interessi. Si diversificano gli interessi anche in funzione della capacità culturale complessiva dei soggetti del Territorio, di avere consapevolezza del contesto in
cui si opera. Dentro a questo, si passa a rapporti aperti, a reti più lunghe.
Il Territorio è chiamato a giocare una sfida importante: trasformarsi in
un sistema aperto, in grado di competere, facendo leva sulla innovazione. La parola "innovazione", portata a livello di Territorio, significa, necessariamente, sviluppare delle capacità di governance, delle capacità di
81
esprimere un'imprenditorialità collettiva, che opera e agisce per creare le
opportunità per lo sviluppo, per il cambiamento, per la crescita. Trovare una visione comune, un'aggregazione in quelli che sono i nuovi interessi, in
un contesto di globalizzazione, è uno degli aspetti-chiave, che dovremo discutere e affrontare, pensando e ragionando sul nuovo posizionamento di
Montebelluna.
Possibili percorsi per trasformare un Territorio da un Territorio distrettuale, così come Montebelluna è storicamente definito, ed è stato nei fatti
con le sue capacità di "essere" sui mercati internazionali, a un Territorio capace di essere "area-sistema", in grado di alimentare e produrre innovazione. Andare in questa direzione significa molte cose. Qui elenchiamo soltanto alcuni possibili percorsi, per dare il quadro di come questo cambiamento,
questa trasformazione porti con sé delle esigenze, che non possono essere
unicamente affrontate dal singolo imprenditore (pur rimanendo "chiave" il
ruolo dell'imprenditore) ma che possono essere affrontati attraverso la capacità del singolo imprenditore di mettersi in rapporto con altri soggetti imprenditoriali, di fare "rete" con altre imprese, di fare "reti lunghe", di trovare opportunità di ottimizzazione e vantaggi ad essere sui mercati, a gestirli,
ad essere integratore di processi intelligente sui mercati internazionali. Ma,
dentro a tutto questo, sta la necessità, per l'imprenditore singolo e per l'imprenditore in rete, di avere un Territorio (in cui si colloca, in cui agisce, in
cui ha le sue radici) che sappia fornirgli quelle infrastrutture, di carattere
materiale e immateriale, che sono necessarie per alimentare questa capacità
competitiva.
Un elemento "chiave", sottolineato da Barnabò, è quello delle risorse umane.
Il capitale umano è quello più difficile da costruire. Non a caso è quello
che, da sempre, fa elemento distintivo nei Distretti. È quello che richiede
tempi medio-lunghi per essere modificato, incrementato, riprodotto. Non a
caso, quindi, quando si parla di percorsi strategie-innovazione si mette in
primo luogo l'enfasi sul fatto che l'investimento primo va portato sulle persone, sulle risorse umane, cercando di valorizzare e riprodurre quelle che
sono competenze distintive del Territorio, figure professionali chiave, che
nascono dal fatto che il Distretto di Montebelluna è una espressione di eccellenza, nel proprio ambito specifico, e che, in questa direzione, la sua capacità di tenere, sino ad oggi, mercati internazionali, ha fatto sì che qui si
formasse un'atmosfera complessiva di riproduzione di queste figure, tale da
consentire di avere in questo degli elementi di forza, degli elementi di capacità di differenziazione, rispetto ad altri Territori.
Ma non basta mantenere ciò che si ha e qualificare ciò che si è. Occorre,
anche su questo versante - poiché ci si vuole riposizionare e, quindi, si vuole andare in una logica di cambiamento, di evoluzione - rapportare le com82
petenze e le professionalità a questo nuovo traguardo verso cui si vuole andare. Ecco, quindi, l'importanza di agire, per la formazione anche di nuove
figure professionali. Figure professionali in grado di essere, davvero, nei
fatti, nell'operare, degli integratori di processo. Ma anche l'importanza di
agire, in termini di formazione di competenze, sugli aspetti che riguardano
elementi di eccellenza del Territorio, come la progettazione, come il design.
L'importanza di lavorare per la progettazione congiunta e cooperativa, che
è connessa all'uso di nuove tecnologie, alla prototipizzazione rapida, agli
aspetti che riguardano la gestione complessiva della qualità. Ambiti su cui
singole strutture del Territorio stanno già lavorando; stanno lavorando con
buoni risultati, ma l'importanza su questo è che il Territorio abbia, complessivamente, consapevolezza dell’esigenza di formare, portare in impresa,
connettere con le strategie questo capitale che sta formando e su cui è chiamato ad investire. Fortunatamente, nella formazione professionale, con un
ambito di competenza che è delle Provincie e, quindi, con la possibilità di
un rapporto diretto tra imprese ed enti che ha la possibilità di essere molto
stretto, molto ravvicinato.
Nell’ambito delle politiche mirate al riposizionamento competitivo è altresì importante per favorire dei processi di "clusterizzazione", favorire,
quindi, delle politiche di parternariato tra imprese, dare possibilità di fare
rete, di lavorare insieme. Lavorare insieme nel senso cooperativo di essere
in grado, insieme, di produrre dei risultati maggiori rispetto all'agire individuale. Anche questo è un percorso che non può essere lasciato all'informalità, che ha bisogno, per poter fare balzi in avanti in tempi brevi, di essere
supportato da politiche, da incentivi, da comportamenti, da atteggiamenti
culturali. Fare partnership è difficile! Non è solo un atteggiamento! Questo
è il primo elemento. Il primo ostacolo da superare è quello di avere disponibilità al rapporto con altri imprenditori, con altri operatori. Ma su questo,
poi, bisogna avere delle metodologie, delle tecniche: tutto un armamentario, una cassetta degli attrezzi, che consenta di gestire le politiche, di definire le strategie, che sono alla base di un lavorare congiunto tra imprese.
Per fare lavoro insieme, occorre, anche, alimentare dei circuiti di fiducia.
Circuiti di fiducia, che sono stati alla base dello sviluppo dei Distretti nel
nostro Paese, che oggi, necessariamente, hanno bisogno di muoversi e di
essere alimentati da nuovi fattori, perché il livello della sfida è diverso. Non
basta più guardarsi, conoscersi, stringersi la mano. Occorre avere - poiché il
rischio è sempre più elevato e sempre di più bisogna investire, alle spalle
elementi chiari, che consentano di fare impresa assieme. In questa direzione, ad esempio, sistemi di assicurazione qualità, l'operare in una logica di
gestione integrata dei processi di impresa in chiave di qualità sono aspetti
importanti, perché danno possibilità di rendere le imprese più trasparenti
nei rapporti tra sé e i propri clienti, i propri fornitori, il sistema bancario,
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che, sempre di più, in questo percorso di costruzione di un nuovo circuito di
fiducia, è chiamato a ragionare in un'ottica di tipo imprenditoriale nuovo,
che valuti le possibilità di successo di un progetto imprenditoriale, non solamente di quelle che sono le risorse di carattere patrimoniale.
Altro elemento importante, sottolineato da Barnabò riguarda il sistema
dei servizi integrati. Troppo spesso, in Italia, si è parlato di "servizi", a prescindere dalle strategie che quel territorio, quel settore o quella filiera perseguivano. È assolutamente necessario che questi due elementi siano insieme. Se sono staccati, tendono ad essere autoreferenziati e, quindi, le strutture di servizi a muoversi con delle logiche che sono autoalimentate al proprio interno non hanno un chiaro riferimento, in un soggetto collettivo, che
misuri la capacità di produrre risultati. Quindi, riposizionare il Distretto,
sviluppare un'offerta di servizi coerente con questo, un'offerta di servizi a
partire, il più possibile, dalle strutture date, creando e andando a trovare,
dove ci sono, come diceva Barnabò - io sono perfettamente d'accordo - le
competenze e le culture necessarie per raggiungere lo scopo che ci si è prefissi. In questa direzione, i servizi comuni sono uno strumento importante,
nell'ottica del perseguimento di una strategia, per ampliare le opportunità.
Per dare, quindi, più elementi agli imprenditori, che operano in modo singolo o in modo consorziato, per conseguire risultati competitivi di eccellenza. Sono, ad es., servizi, che riguardano l'informazione sui mercati: fare analisi di trends, del cambiamento del consumatore, dei suoi rapidi spostamenti, nell'ambito di un sistema di valori che sta mutando pelle. Fare analisi di questo tipo richiede risorse ingenti, richiede antenne ampie, che siano
in grado, rapidamente, di muoversi su una globalità di mercati, su una diversità complessa di consumatori, che si muovono a matrice variabile. È
questo un percorso che, se deve trovare l'imprenditore come il soggetto che
traduce le informazioni di mercato in una strategia di impresa, in un rapporto prodotto-mercato specifico, alle spalle, però, occorre, sempre di più, avere tutto un lavoro preliminare, precompetitivo, fatto da soggetti che non lavorano per il singolo, ma lavorano, complessivamente, per una collettività,
per un distretto, per una filiera.
Analisi sui mercati. Analisi sulle tendenze moda. Disponibilità di informazioni su tutte le possibili forme di incentivazione, di finanziamento. Non
mi dilungo su esemplificazioni di servizi commerciali. Avremo modo anche nella discussione, di ritornare su questi aspetti. Il concetto che voglio
sottolineare è proprio questo: servizio comune, come ampliamento delle
opportunità. Non come ambito che sostituisce ruoli imprenditoriali o azioni
specifiche delle singole imprese.
Ovviamente, se occorre investire sul capitale umano, se è importante favorire la partnership, se è importante favorire un percorso complessivo di
qualità, se è importante attivare servizi comuni, non certo ultimo è l'aspetto
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che riguarda la dotazione, infrastrutturale del Territorio. Una dotazione infrastrutturale che è stata richiamata come aspetto-chiave, innovativo, ad es.,
per quanto riguarda la logistica. Quindi, vedere tutto nell'ottica
"globalizzazione", "reti lunghe", "nuovo posizionamento del Distretto".
Ma, certamente, anche, tutta quella nuova rete di infrastrutture, reti di comunicazione che sono quanto mai necessarie per poter consentire alle imprese di essere "qui", in termini di gestione del processo, ma di essere
"ovunque" è necessario essere, per essere - come risultato finale - competitive e in grado di posizionare i propri prodotti sul mercato.
"L'essere ovunque", è un elemento che può indurre anche timori, preoccupazioni, perché questo, certamente, è un percorso che non è per tutti. Il
portare l'enfasi sulle intelligenze, sulle intelligenze strategiche, può, indubbiamente, portare gli anelli finali del processo a temere di essere out da
questo cambiamento, da questo processo.
Io credo che ci si debba parlare con molta franchezza, nel senso di dire
che, indubbiamente, se si va verso un cambiamento, per definizione, le cose
cambiano, si trasformano e, quindi, nelle trasformazioni e nel cambiamento, c'è chi riesce ad essere sull'onda. C'è chi questa onda non riesce a coglierla e ad essere, quindi, protagonista di questo tipo di percorso. Ma questo non è un fatto passivo. Questo è un risultato di comportamenti attivi.
Quindi, quanto più vi è consapevolezza della trasformazione, capacità del
Territorio di creare le opportunità per il numero maggiore possibile di soggetti, per cogliere queste opportunità, tanto più difficile sarà “essere fuori”.
Quindi, l'enfasi sulle azioni complessive di governo del Territorio, sono
quanto mai un elemento a tutela della possibilità, per tutti, di mettere in pista, tutto ciò che è la propria capacità di essere all'interno di questo processo di cambiamento.
Elevare l'efficienza e l'efficacia amministrativa.
È vero, abbiamo sottolineato che "marketing Territoriale" non è soltanto
attrarre capitali. È, prima di tutto, creare le condizioni perché, chi è sul Territorio, possa esserci e possa esserci con tutte le proprie potenzialità. E anche vero che è un elemento che, sempre di più, distingue i Territori nella
competizione, l'uno rispetto all'altro, e che porta gli imprenditori che, per
definizione, ricercano le condizioni ottimali del loro vivere, come persone e
come soggetti che fanno impresa. L'efficienza amministrativa è un aspetto
fondamentale. Quindi, è indubbio che alle istituzioni - intese in senso lato è richiesto uno sforzo grande, uno sforzo forte, per fare un balzo che consenta di avere delle certezze per l'imprenditore. Sino ad oggi, l’enfasi sull'aspetto formale e burocratico, rispetto al risultato, ha creato condizioni di penalizzazione per la realtà delle nostre imprese. In questo lucido sono richiamate, semplicemente, l'importanza dell'attivazione degli sportelli unici.
Molti stanno dicendo che hanno aperto gli sportelli unici. Non è vero: sono
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affermazioni, non fatti! C'è bisogno in questo ambito, di creare davvero, in
modo rapido, una diffusione di quelle informazioni di base, che sono essenziali all’imprenditore che vuole qualificare la sua impresa e sono quanto
mai importanti per fare nuova impresa. Cosa vuol dire essere territorio maturo? La parola "maturo" non va vista come era negli anni '70, (che portava
con sé il concetto della "sparizione"), ma come necessità di portare al proprio interno dei processi di trasformazione, significa sempre di più fare enfasi sulle filiera di eccellenza, avere anche consapevolezza dell'importanza
che, se si innescano dei circuiti di innovazione, si può fare fertilizzazione
incrociata, si possono far nascere nuove imprese ad alto contenuto innovativo, che possono inserire nuovi business, nuove opportunità per il Territorio
e sugli aspetti del manifatturiero e sui servizi alla produzione e anche su
nuovi ambiti che hanno più come consumatore di riferimento, il benessere
collettivo.
In questa direzione si collocano i parchi scientifici - e su questo, certamente, Gurisatti, nelle sue conclusioni, riprenderà anche i ruoli e il significato che queste strutture si propongono di avere in questo processo di innovazione. Non va poi dimenticato che, per la filiera del tessileabbigliamento-calzaturiero è aperto anche un ragionamento nazionale, che
ha portato a sottoscrivere un documento di politiche, che, proprio la settimana scorsa, venerdì, ha visto, per la prima volta, riunirsi la Segreteria Operativa, per iniziare un percorso di individuazione puntuale di strumenti,
di opportunità da offrire a questo settore che, globalmente, è un settorechiave, strategico per l'economia nazionale.
Abbiamo parlato dell'importanza della diversificazione. Non mi dilungo,
avendo già richiamato l'importanza di questo concetto e di come il puntare
sull'innovazione può creare queste opportunità e può anche valorizzare un
percorso nuovo per le risorse umane del Vostro Territorio, risorse umane
che, sempre di più, occorre valorizzare, qualificare, scolarizzare. L'aspetto
della scolarizzazione, che vede questo Territorio non certo tra i primi in
ambito nazionale, è un aspetto importantissimo. Aumentare la scolarizzazione significa aumentare le potenzialità culturali dei soggetti in un mondo
sempre più difficile, sempre più complesso. Qui richiamo, esclusivamente,
alcuni ambiti che sono prioritari, per la Comunità Europea, come nuovi giacimenti occupazionali in grado di migliorare la qualità di vita del Territorio.
Veniamo, rispetto a questo quadro, a ragionamenti puntuali, che fanno riferimento a quella che è stata definita la contingenza (per sottolinearne la differenza di fondo, rispetto agli aspetti di carattere strutturale) e che ha anche
connotazioni di emergenza. Nell'ambito delle riflessioni condotte nel gruppo di lavoro e anche nei confronti con i soggetti istituzionali, con gli ambiti
associativi, abbiamo sottolineato la proposta di una task force, di un tavolo
unico, che non sia soltanto un tavolo di riflessione, ma un tavolo di valenza
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decisionale, che abbia anche i supporti operativi necessari per poter realizzare le decisioni. Quindi, un tavolo che, nella chiarezza di ciò che distingue
contingenza da cambiamento strutturale, sappia affrontare la problematica
specifica che, nel breve, è prioritaria per questo Territorio per innescare un
percorso di fiducia.
In questa direzione, ci è sembrato importante sottolineare che questa contingenza va, prima di tutto, definita con chiarezza. Capire esattamente di
che cosa stiamo parlando: quanti sono, effettivamente, i posti che già sono
perdita occupazionale, quali sono quelli a rischio, che figure coinvolgono,
con che caratteristiche di competenza, di conoscenza, di possibilità di riqualificazione e, quindi, di riconversione di competenze, in funzione del reale posizionamento di cui abbiamo parlato. O, invece: quali sono persone,
competenze, professionalità non coerenti e non, diciamo, funzionali a questo tipo di percorso il Territorio ha la necessità, ha l'obbligo, il dovere di
valutare altri terreni, altre strade, altre opportunità e di avere, quindi, su
questo, una capacità di governo complessiva. In questa direzione, mi sembra importante dire che, rispetto all'elencazione che qui ho espresso, che
comprende anche le valutazioni di potenziale imprenditivo, la possibilità di
attivare azioni su settori non profit, azioni di interesse collettivo per il Territorio, può esserci in collaborazione con l'Agenzia Regionale per l'Impiego
un ruolo importante di un organismo come "Italia Lavoro", un organismo
nazionale che può mettere in campo competenze, strumenti, capacità di intervento, estremamente importanti e utili, rispetto alla funzione del tavolo
locale.
Dalla contingenza ritorniamo, però, al percorso di carattere più strategico
di medio e lungo periodo: fare perno sull'obiettivo dell'innovazione e valorizzazione delle competenze distintive. Secondo importante elemento: definire un piano di sviluppo locale. Patto Territoriale o non Patto Territoriale?
Cerchiamo di capirci, nei linguaggio, nel significato. Quello che è, a nostro
parere, assolutamente fondamentale è che questo Territorio, attraverso i
suoi attori, istituzionali e non, sappia mettersi intorno ad un tavolo, ragionare, definire degli elementi di strategia comune, definire delle responsabilità,
dei compiti, delle priorità. Questo, normalmente, viene definito un piano di
sviluppo locale a prescindere dal fatto che esso sia oppure no predisposto ai
sensi della delibera CIPE del 3/3/97 che disciplina le forme di programmazione negoziata.
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Interventi:
Gianpietro Breda - Unindustria Treviso
Questo incontro ci offre l’occasione di apprezzare l’opportunità e
l’utilità della ricerca sul posizionamento competitivo del distretto di
Montebelluna che, grazie al metodo applicato e alle quantità delle informazioni fornite, offre molti suggerimenti e stimoli, anche operativi..
A mio avviso se oggi ci limitassimo a parlare della crisi del calzaturiero -questione sulla quale io stesso mi ero preparato in occasione di questo incontro- rischieremmo di perdere l’opportunità di imparare ad utilizzare uno “strumento” che assume importanza fondamentale per affrontare tutti insieme proprio la situazione del calzaturiero nella sua
complessità.
Basti ricordare, ad esempio, che la ricerca è iniziata un anno fa e che
conseguentemente è stata decisa ed ideata ancora alcuni mesi prima, vale a dire in epoca nella quale non erano ancora presenti tutti i fattori ed i
fenomeni che caratterizzano l’attuale situazione congiunturale del Montebellunese.
Penso che la raccolta dei dati sia stata una operazione non facile per le
difficoltà che abbiamo avuto tutti nel ricercare fornire proprio “quei dati” specifici che a ciascuno di noi sono stati richiesti. Ciononostante il
risultato del lavoro ci dà la possibilità di capire, di conoscere veramente
cos’è un distretto e le sue logiche intrinseche. Nel nostro caso si tratta di
quello di Montebelluna, del calzaturiero, che naturalmente per la sua unicità si può considerare un distretto industriale mondiale, prima ancora
che italiano, e ne sono stati individuati bene i punti di forza e debolezza.
La validità della ricerca va sottolineata proprio perché può essere applicata in qualsiasi settore e Treviso, insieme ad un tessuto industriale
diffuso di piccole imprese, è caratterizzato dalla presenza di alcuni distretti industriali che posso definire naturali, cioè non ancora
“certificati”: basti pensare a quello dell’occhiale condiviso con Belluno,
a quello del legno-arredamento condiviso con Pordenone, a tutta l’area
di Conegliano che abbiamo definito a suo tempo Inoxvalley.
Quindi proprio per l’aiuto che questa ricerca può offrire, esprimo a
nome di Unindustria Treviso un forte ringraziamento alla Camera di
Commercio di Treviso, al Presidente, al Direttore e a tutti i funzionari
che vi hanno lavorato per aver fatto propria questa iniziativa che noi avevamo a suo tempo proposto e di averla portata fino in fondo.
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Un plauso va anche -e lo ho già anticipato nei richiami alla validità della
ricerca- ai coordinatori ed esecutori del progetto: al Dr. Livio Barnabò di
‘Progetto Europa’ sia per la completezza del lavoro sia per la semplicità
con la quale hanno reso comprensibile e fruibile dati e valutazioni.
Innanzitutto cosa colpisce di questo settore letto attraverso la citata ricerca ? Una analisi puntuale sui fattori di forza e sui fattori di debolezza,
che si mescolano in modo davvero incredibile.
Questo è l’elemento che va al di là di ogni altro fattore: numeri, macchine, occupati, mercati, trasformazione del settore, ecc.
Ci sono 6 o 7 punti -basta rivedere la scheda presentata dal Dr. Barnabòche ci danno la conferma di dove siamo forti -e questo dobbiamo sottolinearlo con un pizzico di orgoglio quantomeno per non continuare a pensare
sempre in negativo- e dove invece siamo deboli.
Proprio da qui devono partire le considerazioni su ciò che si deve fare da
subito in questo settore per superare la crisi dove oggi si presenta e per prevenirla negli altri comparti.
Sarebbe utile commentare tutti gli elementi che l’analisi ci ha fornito ma
il tempo non ce lo consente per cui dovremo definire sicuramente altre occasioni di incontro e confronto; però alcune riflessioni a caldo non possono
mancare.
Tutti sostengono che questo settore ha bisogno di innovazioni ! Ebbene
io devo spezzare una lancia proprio a favore di questo comparto perché se
finora è riuscito a conquistare importanti traguardi e a superare altre grosse
crisi è perché ha saputo realizzare grandi innovazioni.
Alcuni sono stati di tipo duraturo, rivoluzionari; altri magari non hanno
trovato continuità e sostegno nel tempo.
Quando si parla di innovazione di prodotti o di prodotti alternativi viene
da pensare, come ha ricordato poco fa il Prof. Aldo Durante, a cosa ha rappresentato, per esempio, il pattino a ruote in linea.
In questo caso ci troviamo di fronte ad un esempio in cui la
“innovazione” ha trovato adeguato sostegno da parte di tutti i soggetti che
concorrono alla realizzazione del prodotto mentre non c’è altrettanto sostegno esterno per consentire al prodotto di durare nel tempo.
In altri termini, ricordando una battuta usata alcuni anni fa, le imprese ed
il sindacato hanno saputo creare le condizioni per riportare a Montebelluna
la produzione del pattino conquistandola ai paesi del basso costo del lavoro;
poi però sono mancate adeguate azioni per mantenere nel tempo l’utilizzo
di questi prodotti, come ad esempio attività sportive competitive e non, o
comunque legate al tempo libero, inserimento tra gli sport scolastici, spazi
dedicati, quali ad esempio piste ad utilizzo promiscuo di cicli e pattini,
ecc. (in America il pattino è un normale mezzo di locomozione, mentre in
Italia lo si può usare solo in strada e con e con limiti di vario tipo).
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Oggi si è parlato anche della ineluttabilità di alcuni processi: se ciò è vero, è altrettanto vero però che con i comportamenti di tutti i soggetti questi
processi possono essere governati.
Mi riferisco ad esempio, alla delocalizzazione. Gli addetti ai lavori si misurano quotidianamente con l’impossibilità di mantenere in Italia alcune lavorazioni.
Dobbiamo però chiederci in che misura possiamo contenere questo fenomeno; in che misura possiamo rinviare la dismissione e lo spostamento di
intere produzioni, di interi settori.
Penso ad esempio al costo del lavoro; sottolineo costo del lavoro e non
retribuzione del dipendente. E’ pacifico che nessuno pensa di avere costi
competitivi con quelli della Croazia e della Romania; si deve però riflettere
su cosa grava ancora sul costo del lavoro, sull’entità del prelievo da parte
dello Stato che mantiene ancora il più grande divario del mondo tra costo
per l’impresa e netto per il dipendente.
Penso al livello di tassazione per le imprese, anche in questo caso il più
alto del mondo ! E penso, per contro, al freno ed ai costi derivanti dalla rigidità ed inadeguatezza di tutto il sistema burocratico e amministrativo
pubblico, dalla endemica carenza di infrastrutture e servizi. Mi riferisco
cioè a tutti quei fattori che hanno relegato l’Italia al ventiduesimo posto per
grado di attrattività degli investimenti.
Non si deve incorrere nell’errore di limitarsi ad elencare tutti i fattori negativi per farne solo un “quaderno” delle lamentazioni imputando tutte le
cause agli altri.
Ci sono delle risposte che possiamo, anzi, abbiamo il dovere di trovare
subito per mantenere ancora alcune lavorazioni in Montebelluna.
Approfittando della presenza in sala delle Organizzazioni Sindacali vorrei “provocare” alcune riflessioni: senza toccare la retribuzione del dipendente, perché non si trovano gestioni diversificate dell’orario di lavoro che
consentano di rispondere all’andamento del mercato ?
Il calzaturiero rappresenta proprio il caso in cui al dipendente non si
chiede di lavorare di più ma di lavorare in tempi diversi; senza parlare in
questo momento di utilizzo impianti, punte e flessioni della produzione, di
commesse eccezionali, ecc., viene da chiedersi, ad esempio, se possiamo
continuare a chiudere la produzione per ferie in agosto proprio nel momento di massima concentrazione dell’attività e delle produzioni.
Ho ricordato solo un’area in cui si può intervenire. Tutti i soggetti insieme possono senz’altro individuarne altre.
Oggi tra l’altro la ricerca ha messo in luce un aspetto: l’azienda da sola
non ce la può fare ! Anche mettendo insieme tutte le Aziende, da sole non
ce la possono fare !
Alla globalizzazione e alle conseguenti strategie di internazionalizzazio90
ne devono concorrere tutti i soggetti.
Al di là della formula, di quale strumento tecnico giuridico utilizzare, oggi abbiamo una opportunità-necessità: quella di operare in un settore in
“crisi”, vale a dire in un settore che si sta trasformando ampiamente.
E’ l’occasione per mettere insieme le Organizzazioni Imprenditoriali, il
Sindacato, la Camera di Commercio, la Provincia, la Regione, altri soggetti
che possono portare contributi utili per trovare metodo di confronto, soluzioni, mezzi per il calzaturiero ma che al tempo stesso possono essere utili
anche per altri settori e produzioni dato che la “crisi” diventerà sempre più
una costante con cui confrontarci con necessaria creatività.
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Luigi Gallinaro - Confartigianato Provinciale Treviso
L'analisi che ci è stata proposta sulla situazione del distretto di Montebelluna è stata puntuale e pertanto ritengo che su questo piano non ci sia
molto altro da aggiungere.
Volevo invece dire qualcosa per quanto riguarda le cose da fare. L'urgenza dei problemi e quindi l'esigenza delle imprese, in particolare delle
piccole imprese, è quella di passare al più presto dall'analisi della situazione a fare qualcosa in concreto.
Condivido quindi anche il suggerimento dato dai relatori, che a questo
punto dovrebbe anche diventare un impegno, sull'opportunità di avviare
un coordinamento tra quanti operano nel distretto, tra tutti i soggetti,
pubblici e privati, che svolgono un qualche ruolo nell'economia del territorio.
Un coordinamento però che deve portare a qualcosa di concreto. Se
l'analisi è stata condivisa ora bisogna sedersi attorno ad un tavolo per
valutare ed approfondire le iniziative possibili, dandoci delle priorità e
avviando concretamente alcune iniziative.
Come Associazioni Artigiane abbiamo già iniziato un confronto con
le organizzazioni sindacali, a seguito delle difficoltà che sta incontrando
in questo momento il comparto della calzatura sportiva, per vedere come sia possibile affrontare e risolvere alcuni problemi che coinvolgono
imprenditori e lavoratori.
Voglio soffermarmi su alcune questioni che, a mio avviso, sono tra le
prioritarie da affrontare, quattro di contenuto e una di metodo:
1.
2.
3.
4.
5.
l'innovazione e la ricerca;
la formazione;
la consulenza per l'internazionalizzazione;
gli aiuti per la riconversione;
il rapporto con le imprese.
Innovazione e ricerca
La calzatura sportiva è un prodotto che si presta, sicuramente ancora,
ad essere innovato. Pensiamo appunto all'evoluzione che ha avuto negli
ultimi anni, per quanto riguarda l'utilizzo di nuovi materiali. Per proseguire su questa strada servono però anche strutture di supporto, soprattutto per le piccole aziende.
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Sarebbe quindi importante avere in zona un laboratorio per poter effettuare prove e test sui materiali e verificare la rispondenza alle normative.
Voglio in proposito ricordare un'altra esperienza che stiamo portando avanti su un altro settore. Venerdì prossimo viene inaugurato presso l'ITIS
Max Planck di Lancenigo un laboratorio per prove e test su prodotti e componenti elettrici ed elettronici.
Un laboratorio che dovrebbe servire non solo per fare le prove sui prodotti previste dalle direttive europee, Bassa Tensione e Compatibilità Elettromagnetica, ma anche per aiutare le piccole aziende nello sviluppo dei
prodotti.
Le grandi aziende i laboratori se li sono fatti in casa, sono però investimenti di centinaia di milioni che i piccoli evidentemente non possono permettersi.
Per poter avviare una iniziativa simile anche nel calzaturiero ci sono però
due ordini di problemi da risolvere: uno sono le conoscenze sedimentate
che servono l'altro sono i tempi. Nel caso specifico del Max Planck di Lancenigo abbiamo un istituto tecnico che da anni diploma ragazzi nei settori
elettrico ed elettronico.
A Montebelluna per quanto riguarda la calzatura siamo sicuramente in
una situazione più difficile, solo di recente è partito presso l'IPSIA il corso
per calzaturieri ma soprattutto servirebbero conoscenze nel campo della
chimica, dei materiali, che sono presenti solo in parte. Il successo della Geox o della Stonefly sono lì a dimostrare che evidentemente queste conoscenze ci sono ma sono appunto limitate ad alcune aziende.
Su questo punto: ricerca, nuovi materiali, laboratorio, ecc. un ruolo importante potrebbe svolgerlo in prospettiva Tecnologia & Design che sta già
portando avanti a Montebelluna alcune esperienze interessanti.
L'altro problema è il tempo che serve per avviare iniziative di questo tipo.
Per mettere in piedi il laboratorio presso il Max Planck ci abbiamo messo
quasi tre anni e solo per avviarlo ma poi c'è anche il problema dell'esperienza che deve essere fatta che è una delle risorse principali che deve avere un
laboratorio. Questi sono però tempi che sono incompatibili con i problemi
che abbiamo nel distretto e con le necessità delle aziende.
Scusatemi se mi ripeto ma penso che Tecnologia & Design possa sul serio svolgere un ruolo importante su questo campo.
Formazione
Sulla formazione post scolastica nel distretto di Montebelluna ci sono già
molti attori che intervengono: le Associazioni Imprenditoriali, il Museo
dello Scarpone, Tecnologia & Design.
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Una sintesi delle varie iniziative che sono state avviate nel territorio ed
un confronto tra i protagonisti probabilmente sarebbero opportuni proprio
per valutare lo stato della domanda e dell'offerta in fatto di formazione.
Un'esigenza che riscontriamo in questo momento tra i piccoli imprenditori, più precisamente tra i figli che in questi anni si sono affiancati all'attività dei genitori, e che lavorano in genere come subfornitori, è quella di approfondire le conoscenze, le competenze per quanto riguarda lo sviluppo
dei prodotti. C'è quasi una necessità di ritornare, in un certo senso, a quelle
che erano le competenze dei padri. Non dimentichiamo che i laboratori artigianali sono per lo più nati e poi si sono sviluppati sulle competenze di persone che prima lavoravano all'interno della grossa azienda, dalla quale sono
uscite per avviare una attività in proprio. Lavoratori che avevano competenze professionali notevoli e che, poi, una volta usciti dall'industria, hanno
continuato a lavorare come fornitori per quanto riguarda la preparazione dei
campionari, lo sviluppo di nuovi prodotti, eccetera. Queste competenze sono spesso rimaste ai padri, che hanno avviato le piccole aziende artigiane.
Sarebbe evidentemente opportuno che queste conoscenze, queste capacità,
passassero anche ai figli.
Un corso di modellistica rivolto ai piccoli imprenditori lo riteniamo quindi necessario in collaborazione magari con la Scuola di Strà che da anni
funziona da punto di riferimento, per iniziative di questo tipo, anche per il
nostro distretto.
Consulenza per l'internazionalizzazione
Se condividiamo quanto è già stato detto dai relatori sulla globalizzazione del mercato e sulla ineluttabilità della delocalizzazione, per quanto riguarda alcune produzioni, dobbiamo anche riconoscere che il problema a
questo punto non riguarda più solo le grandi aziende. La delocalizzazione
può essere una opportunità perché può indirettamente tutelare alcuni prodotti più tecnici e di qualità che necessariamente devono continuare a essere fatti in loco e perché può favorire le sinergie tra il lavoro fatto all'estero e
quello fatto in Italia, dobbiamo però mettere anche i piccoli produttori in
grado di poter valutare e fare scelte coerenti su questo piano.
Alcuni piccoli imprenditori hanno già cominciato a delocalizzare però è
chiaro che le difficoltà incontrate sono notevoli perché quando si allargano
gli orizzonti del mercato è evidente che uno più è piccolo e più difficoltà
incontra.
Avviare un servizio di consulenza qualificato e specializzato sui problemi
della internazionalizzazione delle imprese sarebbe quindi opportuno.
Aiuti per la riconversione
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La delocalizzazione ha fatto saltare nel 1998 tutti i budget di produzione,
i costi in alcuni Paesi dell'Est erano talmente bassi e il potenziale produttivo
talmente alto che tutto il resto è passato in secondo piano. Risultato: magazzini pieni e mercato sballato, almeno per un anno, se basta.
Alcune piccole aziende si stanno ponendo il problema della riconversione cioè di spostarsi verso attività che solo in parte possono avere qualche
affinità con la calzatura, come per esempio la confezione di abbigliamento
sportivo o lo stampaggio di materie plastiche. Però, riconvertire vuol dire
quasi sempre dover fare investimenti e, spesso, investimenti consistenti. Avere in questi casi la possibilità di accedere al credito agevolato diventa
quindi fondamentale. La scorsa settimana è stata approvata dalla Regione
una legge a sostegno delle piccole aziende che lavorano in qualità di subfornitori denominata "Interventi a favore del sistema della subfornitura veneta", potrebbe essere uno strumento importante in quanto tra le finalità
della legge rientra proprio il sostegno alla diversificazione o riconversione
produttiva.
Questa legge però deve diventare operativa al più presto. Non è la prima
volta che viene fatta una legge però poi passano anni prima che diventi operativa. Questa legge deve poter essere effettivamente utilizzata dalle imprese nel giro di qualche mese. Non può essere diversamente. Lo sappiamo,
spesso le imprese hanno tempi che fanno un po' a pugni con quelli delle istituzioni, credo che, in questo caso, dovremmo impegnarci un po' tutti, per
accelerare su questo versante.
Rapporto con le imprese
Un'ultima osservazione su una questione di metodo: il rapporto con le
imprese. Anche in altre occasioni è stato osservato come le imprese diffidino un po' di tutte le iniziative che vengono proposte dal pubblico, dalle istituzioni. E' una diffidenza che cogliamo anche noi, come Associazione, tutti
i giorni, muovendoci sul territorio e avendo un rapporto costante con gli
imprenditori.
Dobbiamo quindi fare attenzione non solo alle proposte, ai contenuti ma
anche al metodo, a come ci rapportiamo con le imprese, in quanto le iniziative non basta pensarle, proporle e via. Bisogna anche cercare un rapporto
diretto con le imprese, direi quasi sul piano personale, per riuscire a coinvolgerle. Ritengo che questo sia un aspetto fondamentale, se vogliamo che
quanto riusciremo ad avviare sia effettivamente colto dagli interessati e
produca poi dei risultati concreti.
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Aldo Durante – Direttore del Museo dello Scarpone Montebelluna
(TV)
Imprenditori lungimiranti l’avevano annunciata. in occasione di convegni, nelle tesi di laurea ( più di sessanta in pochi anni) cui hanno collaborato docenti universitari di chiara fama...una crisi incombente era regolarmente evocata. Abbiamo prodotto montagne di parole, incapaci di
passare dalla diagnosi alla terapia.
A dir il vero negli ultimi tempi qualcosa si è mosso; le iniziative di
Tecnologia & Design e del Museo dello Scarpone dimostrano che la volontà di reagire esiste, ma non sempre le proposte vengono accolte con
la giusta convinzione dagli imprenditori.
Ecco alcune riflessioni .
La memoria storica.
Una battuta sentita qualche minuto fa: perché i montebellunesi non
fabbricano scarpe da golf? Risposta: a Montebelluna, nel 1939, si producevano scarpe da golf . I montebellunesi l’hanno dimenticato. Le scarpe
tipo Mefisto venivano realizzate a Montebelluna sessanta fa. I montebellunesi l’hanno dimenticato.
La Dolomite produceva scarpe da calcio nel 1930!, Gli "scarperi" del
distretto l’hanno dimenticato, Abbiamo dimenticato troppe cose del passato, tesi ad inseguire l'ultima moda, quasi timorosi di non essere
all’avanguardia. Conserviamo al Museo cataloghi antecedenti la seconda
guerra mondiale con scarpe che sembrano disegnate oggi! ma un tempo
nessuno a Montebelluna si preoccupava di brevettare.
Ecco l’importanza della memoria storica: il Museo non è un luogo dove mettere le cose ammuffite, in attesa di rispolverarle come medaglie
da appuntare al petto in occasioni da Festa Nazionale. Il Museo è il custode del nostro design, della nostra tecnologia, del nostra cultura calzaturiera.
La moda passa e ripassa e in questo ciclo continuo, dove niente può
dirsi definitivamente scaduto, la lungimiranza sta nel riscoprire ciò che è
già stato fatto. Le novità sono spesso cose vecchie che abbiamo dimenticato.
Seconda riflessione: la formazione. Formazione non significa soltanto
organizzare corsi per giovani disoccupati, bensì offrire costantemente la
possibilità, a chi già lavora, di riqualificarsi, per restare competitivo sul
mercato. Montebelluna può vantare delle risorse preziose: negli ultimi
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anni siamo riusciti a convincere le aziende a “prestarci”, almeno per un po'
di tempo, i loro tecnici, i loro manager, i loro operai per fare scuola ai giovani. Ne è scaturito un interessante scenario di personaggi, che avevano
molte cose. Mi rivolgo agli industriali e agli artigiani: abbiate il coraggio di
dedicare più tempo ai giovani; il compito di trasmettere la conoscenza da
una generazione all'altra, è ti tutti, non solo della scuola
Terza riflessione.
E’ essenziale monitorare costantemente il territorio: conoscere le figure
professionali richieste, le esigenze immediate e quelle a medio-lungo termine... Un esempio: solo quest'anno il Museo, su suggerimento delle aziende,
ha organizzato un corso di tecnico per la logistica, quando il discorso della
logistica, avrebbe forse dovuto essere affrontato già qualche anno fa.
Stiamo attraversando un momento di grande trasformazione: vediamo
come riusciamo a reagire, cerchiamo di capire quali strumenti, quali strategie adottare, per essere utili anche in futuro.
Quarta riflessione: la conoscenza globale.
Dove va il mercato? Su questo campo le nostre conoscenze sono fortemente limitate. E’ necessario possedere uno strumento che permetta di capire dove vanno i consumi, dove vanno le mode.
Ultima riflessione: la collaborazione.
Immaginate che in questa sala ci siano duecento suonatori: alcuni sono
provetti maestri, hanno studiato al conservatorio e suonano musica classica.
Poi, c'è l'orchestrina che va a suonare nelle balere. Infine, c'è il solista, che
non sa neanche leggere le note, ma è geniale, ha imparato a suonare a orecchio.
I repertori ovviamente sono molto diversi: chi suona la musica tradizionale, chi quella molto innovativa, ma tutti quanti dovrebbero concertare
nella stessa sala.
E’ la condizione in cui si lavora nel nostro distretto.
Una volta un certo modus vivendi si creava in modo informale: il bravo
suonatore dell'orchestrina andava a suonare nella grande orchestra perché
veniva selezionato. Tutto accadeva in modo spontaneo. Ora, il bisogno di
formalizzare, sia la cultura che l'organizzazione del lavoro, richiede che ci
siano nuovi strumenti e una reale concertazione.
Il nostro distretto è una realtà molto articolata e composita: i problemi
della grande azienda non sono gli stessi né della media azienda con mar97
chio né dei terzisti né degli artigiani. Spesso le esigenze sono tra di loro in
conflitto.
Le rappresentazioni del distretto Montebellunese tendono a far percepire
all'esterno un'uniformità fittizia, inesistente. Così l'artigiano, l'industriale o
il terzista non riconoscono in esse la propria specificità.
Non riuscire a farsi capire è un gravissimo problema: molti e brillanti
convegni del passato sono rimasti documentazione per tesi, per giornalisti,
per esperti, ma non sono riusciti ad incidere sulla realtà, proprio perché è
mancata un’efficace azione di divulgazione.
Bisogna trasformare le dotte e raffinate analisi in soluzioni concrete, che
siano attuate in tempi ragionevolmente rapidi.
Certo è sacrosanto prendere in considerazione i tempi medi e medio lunghi, però a un malato grave non si può solo offrire, in una bella cornice, la
diagnosi della sua malattia, con un vocabolario, perché lui possa esprimere
il suo dolore in modo più formalmente corretto. Il malato ha bisogno di un
intervento concreto, immediato ed efficace.
Soprattutto le aziende piccole e gli artigiani hanno bisogno di sentire le
istituzioni vicine, oggi.
Quindi nel complimentarmi con gli organizzatori per questa iniziativa,
con i relatori per i loro interventi, mi preme sottolineare il rischio che questa risorsa non venga valorizzata appieno.
La Camera di Commercio si è scoperta: è lì, sul palcoscenico, e non può
chiudere il sipario con la battuta: "La commedia è finita".
Lo spettacolo deve continuare. Il distretto di Montebelluna si aspetta che
questo discorso si traduca in fatti: una efficace concertazione fra le parti sociali e le istituzioni, progetti concreti che offrano risposte ai problemi delle
imprese, sia industriali che artigiane.
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Donato Bedin – Direttore dell'azienda speciale Treviso Tecnologia
E’ importante ed è ora necessario guardare ai fatti e soprattutto guardare anche gli aspetti positivi che hanno caratterizzato alcune iniziative
svolte sul territorio dei distretti.
A Montebelluna è nata, per esempio, una nuova azienda, Tecnologia
& Design, derivata da un'organizzazione pubblica, l’Azienda Speciale
della Camera di Commercio di Treviso. Questa è una realtà positiva. È
un'azienda in più nel territorio. Facciamo che ne nascano altre sei di questo tipo. Ecco allora che l’impatto comincia a diventare significativo.
Questo per sottolineare che del piccolo marketing territoriale è già in atto.
Sempre rimanendo nei fatti concreti, Treviso Tecnologia, con altri
quattro partner (ENEA, Studio POSTER, Steinbeis Foundation di Stoccarda, Cluster Competitiveness e Ascamm di Barcellona, Centimfe di
Marinha Grande – Portogallo), è risultata assegnataria da parte della DG
XIII di un progetto chiamato Club RP per la promozione della diffusione di tecniche TCE – Time Compression Engineering – in un contesto di
co-design e co-engineering.
Tale progetto dovrebbe consentire, nel corso di due anni, di migliorare
ed incentivare l’accesso delle PMI del distretto di Montebelluna verso
queste nuove tecniche TCE, e al tempo stesso di far emergere i loro punti di forza in un contesto internazionale con visibilità sui mercati europei.
Anche questo è uno sforzo di marketing territoriale, che se imitato da
altre dieci iniziative simili diventa un fenomeno di rilievo.
Ciò ci fa capire che per fare marketing territoriale, bisogna sì procedere in maniera organizzata, ma non bisogna sempre aspettarsi un intervento “dall’alto”, ma si può fare ricorso anche alle forze interne al territorio ed accedere alle incentivazioni offerte dai progetti comunitari.
La Camera di Commercio ha stanziato per l'anno prossimo una certa
quantità di risorse per l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo.
E’ pochissimo, è irrilevante di fronte alla massa complessiva dei bisogni. Se mettiamo però insieme questa risorsa con quella del Parco Scientifico Galileo, con quelle delle Associazioni degli imprenditori, con
quelle di singoli imprenditori illuminati, si possono reperire energie per
un altro paio di iniziative significative. Guardiamo quindi con fiducia e
caparbietà al dover promuovere ed attivare iniziative di marketing territoriale, sia all’interno che all’esterno dei contesti locali, essendo questa
l’unica via per una riqualificazione delle capacità imprenditoriali del ter99
Gilberto Graziottin - Segretario UST-CISL Treviso
Due battute perché, gli ultimi due interventi hanno riportato nella concretezza e nello spirito giusto anche, credo, la riunione di questa sera e
credo sia doveroso dar atto alla Camera di Commercio che ha riproposto
un tema su cui si è discusso molto anche nel passato. Però, forse per la
prima volta, lo ripropone con un taglio diverso, che ci consente di passare dalla "convegnistica" alla capacità di governo della situazione.
La difficoltà di governo dello sviluppo è il vero problema, che abbiamo, all'interno nella nostra provincia. Non è il problema della scarpa
sportiva oggi o del Distretto di Montebelluna: è il problema della provincia di Treviso. Noi abbiamo una situazione di grande sviluppo economico, di grande capacità imprenditoriale, però tutto questo sviluppo economico e questa capacità imprenditoriale vivono da soli. Fanno fatica a
mettersi insieme, a mettersi in rete, a fare squadra. E, soprattutto, fanno
fatica ad accettare delle forme di governo, cosa che noi abbiamo tentato,
in qualche maniera, non per imbrigliare, ma per contribuire ad un orientamento. Anche nei primi anni Novanta, con Protocolli di intesa con Unindustria, con ragionamenti fatti con gli Artigiani, quindi con tutta una
serie di iniziative che andavano o tentavano di portare in questa direzione lo sviluppo economico. Non ci siamo riusciti molto bene, perché,
molto spesso, abbiamo visto gli attori imprenditoriali, nei momenti di
positività della congiuntura, spostarsi dall'attenzione al governo, al progetto, all'attenzione alla propria soggettività, al proprio interesse specifico e, quindi, un ritornare a chiudersi all'interno delle imprese o ritornare
a considerarsi autosufficienti, capaci di far da soli, propositori di un modello che vedeva la separatezza tra le parti e metteva il sindacato da una
parte, la Camera di Commercio dall'altra, le Istituzioni da un'altra ancora. Ecco, noi, oggi, siamo qua a discutere di questo. Cioè, a lanciare tra
di noi una sfida, che è per il futuro e che deve essere la sfida per dire:
"Siamo capaci, in provincia di Treviso, di fare tutti un passo indietro, rispetto a quella che è la nostra soggettività e anche la nostra autoreferenzialità e vedere se, mettendo insieme tutte queste grandi energie che abbiamo, riusciamo a fare ancora di meglio di quanto non siamo riusciti a
fare in questi ultimi trent'anni di grande sviluppo della nostra provincia.
Perché, poi, se andassimo a vedere, di meriti ne abbiamo un po' tutti.
Come sindacato, sicuramente, abbiamo consentito, anche con la partecipazione all'interno delle imprese, a far sì che il lavoro non diventasse una rigidità nella organizzazione e che il conflitto non fosse la regola, al100
l'interno dell'azienda. Abbiamo gestito rapporti molto partecipativi, le aziende sono molto flessibili, abbiamo molta disponibilità nell'ambito del
mondo del lavoro. Gli industriali hanno fatto bene il loro mestiere, la Camera di Commercio vediamo che lo fa. Le istituzioni, anche la stessa Provincia si dichiara disponibile a progetti, a proposte innovative. Adesso dobbiamo entrare nel concreto. Durante diceva prima: "Abbiamo alcuni problemi contingenti". Sperimentiamoci su questi. Dobbiamo dare risposte, ad esempio, alle persone che vengono espulse dal processo produttivo calzaturiero e che non possono trovare una ricollocazione con i metodi tradizionali, cioè del cercarsi un altro lavoro, dell'inventarsi un altro mestiere. Oppure, possono essere aiutate e orientate verso qualcosa di nuovo e magari di
più qualificato di prima. Quanto tempo ci vuole per impostare un progetto
di questo genere? Se è più di sei mesi, vuol dire che arriveremo in ritardo.
Arriveremo quando le persone, già da sole, avranno dato una risposta.
Quindi, dobbiamo anche accelerare.
Possiamo ragionare con i tempi dei quattro o dei cinque anni? No. Bisogna che ragioniamo con tempi molto più stretti e, quindi, oggi dobbiamo
lanciarci, reciprocamente, una sfida, che deve essere una sfida per un innalzamento culturale del nostro agire, ma anche la sfida di cercare una sede
dove far convergere e far arrivare a sintesi tutte le proposte che ognuno di
noi ha elaborato, ha costruito, ma che convergono tutte in una direzione che
mi sembra comune. Perché c'è un filone comune: è la volontà di far crescere e dar continuità a questo sviluppo che abbiamo costruito. Quindi, la base
di partenza comune c'è.
Poi, è chiaro che, quando interviene Breda e ci spiega che il costo del lavoro è sempre troppo elevato e noi, invece, riteniamo che le retribuzioni
siano sempre insufficienti per consentire una dignitosa condizione di vita,
è, anche, perché ognuno deve anche svolgere il proprio ruolo e difendere la
propria parte. Però, avendo degli obiettivi strategicamente elevati comuni,
possiamo, credo, lavorare insieme. Diamoci qualche mese di tempo, cerchiamo una sede comune e su questo verifichiamo se, partendo da un momento di difficoltà o di trasformazione di un'area territoriale, riusciamo a
costruire un modello di intervento, da riproporre agli altri Distretti. Perché
il Distretto del mobile ha molte positività, è in sviluppo, però, anche là, se
andiamo a fare un'analisi approfondita, vediamo dei punti di debolezza dati
da quell'individualismo che ha caratterizzato l'area calzaturiera negli anni
passati. Se andiamo nella Inox Valley, i problemi sono ancora più complessi
e, quindi, avremo da fare ulteriori convegni come questo, ulteriore cultura
da produrre, all'interno della nostra provincia.
Grazie.
101
Pierluigi Cacco – Segretario Provinciale CGIL Treviso
Penso che il lavoro della Camera di Commercio di Treviso e il Convegno di oggi siano un utile contributo alle questioni che stiamo dibattendo. Ringrazio il Presidente e i tecnici che si sono impegnati per
l’ottima riuscita.
I lavori di oggi ai quali Unindustria e Associazione Artigianato hanno
collaborato attivamente, mi sembra recuperino un lavoro di straordinaria
importanza cioè il libro sui Distretti curato da Corò e Rullani: "Percorsi
locali di internazionalizzazione", proposto da CGIL CISL UIL e prodotto dalla Camera di Commercio. Ritengo sia stato un lavoro straordinario,
che c’è richiesto da tutta l'Italia. E’ un'analisi approfondita su tutta la
partita dei Distretti dell'area provinciale, che non vorrei fosse dimenticata soprattutto in questa sede, visto che al convegno di presentazione fatto
a Montebelluna si è notato, purtroppo, il disimpegno di autorevoli associazioni imprenditoriali.
Condivido molto l’intervento del professor Durante, ma permettetemi
di aggiungere solo due o tre cose, visti anche i tempi da rispettare.
Si tratta di capirci su cosa si intende per crisi del settore calzaturiero
del Montebellunese. Sono assolutamente in disaccordo con chi pensa alla crisi ripercorrendo i modelli degli anni passati. Il termine "crisi" significava allora “assistenzialismo “ di un certo tipo cioè licenziamenti e
cassa integrazione. Oggi non credo si debba parlare di crisi così intesa,
non possiamo più pensare, come nel passato, che il modo di porci di
fronte ai nuovi scenari sia quello di ricercare soluzioni di basso profilo.
Siamo in un sistema in cui si sta attuando una grande riorganizzazione,
che non riguarda solo il settore, e l’area in discussione oggi, ma anche
altri settori industriali della Provincia, ovviamente in termini temporali,
alcuni sono più esposti. Sono d'accordo con le preoccupazioni esposte
per quanto riguarda la “mondializzazione”. Mi sembra assolutamente
condivisibile l'analisi e la ricerca, va dato senz’altro merito di tutto il lavoro fatto. Il problema è come affrontare il futuro. E proprio sul come e
cosa fare e su quali soluzioni adottare che ho qualche difficoltà di comprensione negli interventi che ho ascoltato. La Camera di Commercio, il
suo Presidente. propongono di cogliere le opportunità, di elaborare analisi complesse, di ricercare soluzioni condivise, di rilanciare lo sviluppo
attraversa le tecnologie, la ricerca e la formazione e di chiamare tutti i
soggetti a collaborare. Tutto questo è un fatto importante e condivisibile.
Discutiamo quale sarà il soggetto che porterà avanti, questo tavolo di incontro per attivare quanto analizzato e discusso e proposto oggi. In que102
sta sede sono state presentate diverse idee. La confusione, però, rischia di
prendere il sopravvento, quando si parla di "patto territoriale" a Treviso. Mi
spiace non sia più qui il Presidente della Provincia il quale sembrava, dai
giornali, avesse confuso il “Patto Territoriale” con il "Contratto D'area". Mi
diceva, prima, che sono stati i giornalisti…ed io ci credo. Basta capirci: un
conto è Manfredonia e altra cosa è Treviso.
Per carità, non facciamoci ridere dietro, già ci deridono per come si presenta all’esterno la città non possiamo divenire lo zimbello anche per questo. Quindi, sul patto territoriale, che Voi proponete, si devono ben riconoscere gli obiettivi e i soggetti interessati. Da subito dobbiamo chiarirci perché vogliamo iniziare la strada di un patto territoriale. Il patto territoriale –
sia chiaro - è stabilito dalle norme di legge e da accordi precisi. Non voglio
qui dilungarmi, ma è pensato per le aree cosiddette "deboli". Voglio capire
quale sarà il percorso visto che per le aree sviluppate come le nostre ad oggi, non sono previsti finanziamenti statali, salvo che non ci vogliamo collegare ad altri strumenti legislativi. Non mi soffermerei sull'aspetto
“nominativo”, perché crea solo confusione. Noi non possiamo utilizzare il
patto territoriale riferito ai finanziamenti pubblici. Questo fatto deve essere
chiaro per tutti. Ma possiamo con le nostre forze attivare un tavolo per ricercare strumenti e risorse per lo sviluppo qualitativo della nostra provincia. Spero che ci sia nel prossimi giorni un confronto su questi temi in cui
chiariremo i contenuti di questi passaggi Non essendo noi contrari ad un
patto territoriale che abbia i presupposti dello sviluppo innovativo, esso va
riempito di contenuti per affrontare i problemi che, qui, sono stati sollevati.
Dobbiamo confrontarci e chiarirci, in primo luogo, come parti sociali. Nel
dibattito è stato citato che abbiamo iniziato a discutere. Sia ben chiaro iniziato a discutere e non concluso. Se l'inizio della discussione è quella che
diceva nel suo intervento il dottor Breda, credo che tutto finirà nel giro di
poche battute. Perché, se il problema è ulteriore flessibilità, ulteriori disponibilità di orario, ulteriore precarietà, riduzione del costo del lavoro a carico
dei lavoratori trevigiani, non si discute nemmeno. Il problema va impostato
in tutt’altri termini. Dobbiamo qualificare i lavoratori e le nostre lavorazioni e non ricercare la concorrenza su manovalanza e prodotti marginali. La
questione è: come utilizzare e valorizzare le risorse, che già abbiamo per attrarne altre. Discutiamo come trasformare le risorse sulla mobilità e sulla
cassa integrazione, da “assistenzialismo” in percorsi di investimento, attraverso la “formazione vera", per ricollocare i lavoratori in un nuovo lavoro,
certo e professionalizzato.
Sotto il profilo del mercato del lavoro, non dimentichiamo che a Treviso
già un primo lavoro si è fatto con la costituzione “dell’Osservatorio Economico Trevigiano", ripreso e rilanciato in questi giorni, grazie ancora alla
Camera di Commercio e alla Provincia, che sta collaborando, agli Artigiani
103
e ad altri soggetti.
Perché non facciamo un lavoro di analisi straordinaria del Territorio in
cui analizziamo il mercato del lavoro e tutta una serie di dati utili ai ragionamenti di oggi? Fra l’altro, abbiamo richiesto di poter aderire agli investimenti della Regione, con un nostro progetto di orientamento al lavoro, legato alla scuola, agli istituti professionali e all’impresa. Certo, il nostro è un
piccolo osservatorio, ma è una risorsa che va utilizzata e sviluppata
Ho comunque una preoccupazione. Bisogna ricordare che quel accordo,
(nato tra CGIL CISL UIL e Unindustria successivamente integrato da Comitato della Piccola Impresa) sull'osservatorio, aveva anche previsto delle
Commissioni di lavoro tra Sindacati, e Imprenditori. Purtroppo, questo tavolo di incontro non ha funzionato. Si è anche scritto un documento con Unindustria, per la qualità dello sviluppo della Provincia di Treviso che non è
mai partito per colpa delle associazioni Imprenditoriali che hanno dimostrato difficoltà nel far spiccare un salto di qualità ai loro aderenti.
Cari signori caro Presidente il “nodo” era ed è attorno a queste questioni.
Se le parti sociali sono in grado di mettere su questo tavolo, le loro idee le
loro proposte e portarle avanti discutendole e sostenendole. Noi siamo in
grado di farlo da subito. Siamo in grado di andare dai lavoratori e dire loro:
"Cari lavoratori, per la Vostre prospettive future, per mantenere e sviluppare il livello di vita attuale, per una prospettiva più sicura e qualificata, noi
Vi chiediamo di mettere a disposizione le risorse, tipo la mobilità, di mettere a disposizione la Vostra volontà, la Vostra capacità lavorativa, per lo sviluppo. Lo abbiamo fatto in altre occasioni, CGIL, CISL e UIL hanno preso
anche i bulloni, andando dai lavoratori, dicendo loro cose che non piacevano, ma noi, eravamo e a ragione convinti della bontà della nostra proposta.
Siamo andati nelle assemblee dei lavoratori, negli attivi dei delegati ad informare a sostenere le nostre ragioni confrontandoci e discutendo. Ora chiediamo anche agli imprenditori di fare altrettanto.
Noto una sostanziale differenza tra l’impostazione del lavoro fatto dalla
Camera di commercio e i segnali che mandano le associazioni degli imprenditori. C'è il rischio vero di dare fiato a chi pensa di “arrangiarsi” e vivere alla giornata guardando solo all'immediato senza costruire prospettive.
Sono anche convinto che non ci sia un problema di informazione, ma di volontà delle associazioni di scendere in campo su temi che non siano i soliti
propagandati, che trovano consenso immediato, ma non affrontano la prospettiva di collocazione che la “Treviso sviluppata” deve avere nel mercato
mondiale. A questi imprenditori “sordi” noi chiediamo: siete in grado di garantirci quello che assieme vogliamo costruire?
Un’ulteriore complicazione è la rappresentanza delle multinazionali proprietarie di diverse aziende trevigiane. Dove sono gli imprenditori? Cosa
faranno? Cosa vogliono?
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Noi auspichiamo che le associazioni imprenditoriali siano rappresentative che gli imprenditori siano in grado di affrontare i nuovi scenari che siano
capaci di progettualità, che abbiano la disponibilità ad investire risorse per
lo sviluppo dell’impresa e della società fattori oggi inscindibili per valorizzare il lavoratore che deve essere impegnato nelle nuove tecnologie con le
incertezze del nuovo mercato del lavoro.
Vogliamo far nostra la conclusione del libro il dottor Rullani e sostenere
che, oggi, è necessario lavorare sui Distretti attraverso dei progetti mirati.
Gli imprenditori devono essere coinvolti in prima persona disponibili ad investire risorse da aggiungere a quelle pubbliche e in tal senso direttamente
responsabilizzati.
Quando si inizierà a parlare seriamente di questi argomenti si dovrà affrontare anche il welfare locale perché come dicevo per affrontare la mondializzazione la nostra forza sta nel sistema sociale. E’ stata la carta vincente del passato ma oggi non regge più e va ripensato inserito nelle nuove sfide dei mercati
Siamo una realtà privilegiata, di fatto con la occupazione, ma con contraddizioni palesi, non possiamo dimenticare i 30.000 iscritti al collocamento di Treviso, che per la grande maggioranza, sono persone laureate e diplomate. C'è una riflessione amara da fare: la “disoccupazione” da noi serpeggia soprattutto tra i giovani e donne laureati e diplomati. Quei giovani non
trovano un lavoro che risponda alle loro prospettive e alle loro attese. Esiste
una rottura forte tra società, scuola, formazione, lavoro. La sfida è seria per
tutti mettiamoci pure assieme attorno ad un tavolo, ma sappiate che ognuno
di noi ha un prezzo da pagare per raggiungere dei risultati qualitativi fondamentali per lo sviluppo futuro dell’intera società trevigiana.
Vi ringrazio.
105
Ubaldo Fanton - Assessore alla Formazione dell’Amministrazione provinciale Treviso
Rubo solo due minuti, anche perché mi rendo conto che l'intervento è
un po' forzato. Ma era solo per ipotizzare un fatto.
Io mi sono annotato prima, nella relazione della dottoressa Ligabue,
"servizio comune come ampliamento delle possibilità". È di oggi sul
giornale - scusate se faccio un po' di propaganda in casa - ma è oggi sul
giornale la firma, ieri, di un importante atto tra istituzione pubblica - la
Provincia - e una serie di imprenditori del settore privato, per fare, per
dar vita al progetto ADAPT. Il progetto ADAPT è un progetto comunitario europeo, finanziato dalla Comunità Europea per 2.400 milioni, che
la Provincia ha acquisito e su cui noi ci siamo inseriti. Abbiamo ottenuto
il finanziamento e ieri abbiamo dato corso a questo progetto. Che cosa
è? Il giornale, oggi, forse qualcuno non l'ha ancora letto, ma c'è la possibilità di farlo. È un progetto che ha come scopo, come strumento, quello
di mettere in comunicazione soprattutto le piccole e medie aziende, che come si diceva prima - hanno difficoltà di inserirsi sul mercato del lavoro, soprattutto internazionale, hanno difficoltà di fare ricerca in conto
proprio, hanno difficoltà di rapportarsi con l'estero, hanno difficoltà di
proporre i loro prodotti e, quindi, hanno bisogno di un supporto logistico. Questo supporto logistico viene creato, viene dato all'interno del progetto ADAPT, creando un centro di risorse, il quale, come scopo, come
finalità, ha quella di dare, al contempo, spazio formativo e contribuire ad
una strategia di adattamento al cambiamento. Tutto questo è da realizzare con la collaborazione soprattutto delle piccole e medie imprese, che
sono invitate a partecipare al progetto medesimo. Adesso, noi con queste
agenzie, con questi imprenditori privati che sono formatori, che sono esperti in know-how, che sono esperti in software, che sono esperti in comunicazione, che sono esperti in rapporti con l'Europa, con tutte queste
persone metteremo in piedi il progetto. Però, per poi dare gambe al progetto medesimo, c'è la necessità che le aziende ci chiedano di che cosa
hanno bisogno. In questo senso, si può costituire questa famosa sinergia,
che consente, anche a loro, di proporsi ad un mercato estero cui hanno
difficoltà di accedere. Qualcuno prima l'ha detto. La difficoltà è proprio
quella. La Provincia ha già fatto questo atto concreto, quindi, è disposta,
è disponibile, è pronta. Si tratta solo, adesso, di cominciare a parlarci,
perché, questo non è stato detto, non è apparso. Evidentemente, appunto,
la comunicazione non è il nostro forte. Non "nostro", nel senso
"Provincia", ma in senso generale. A volte, ci si scambia informazioni in
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maniera non corretta e non si colgono quelle occasioni che ci sono sui mercati. È una proposta. Noi ci crediamo. Stiamo partendo e, quindi, l'invito è a
tutti di partecipare a questo.
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Antonio Confortin – Segretario Provinciale UIL
Caro Presidente,
volevo darLe un'informazione, dato che Lei ha parlato del golf, nella
Sua introduzione. Noi abbiamo avuto, fino a poco tempo fa, un'importante azienda a Camalo', che costruiva e progettava per tutto il mondo
scarpe da golf. Io non sono esperto in materia, ma mi dicono che l'atleta
italiano che va per la maggiore a livello internazionale, che dovrebbe
chiamarsi Rocca, proprio questo Nostro connazionale calza le famose
scarpe che si costruivano a Camalo'. Purtroppo è arrivata a Montebelluna una multinazionale, che ha prelevato il gruppo SALOMON S. GIORGIO che come prima operazione ha chiuso l'azienda di Camalo' spostando la produzione in altri Stati.
Non volevo intervenire su questo argomento del Golf, essendo la mia
una pura informazione.
Sullo studio che è stato presentato questa mattina, va tutto bene ma
bisogna trovare il meccanismo per applicarlo. Noi abbiamo un problema: "che bisogna far presto".
Sull'intervento del professor Durante, responsabile del Museo dello
Scarpone di Montebelluna, come Sindacato lo abbiamo sollecitato più
volte che la prima cosa da fare è il coordinamento fra le aziende per il
marketing.
Oggi, dobbiamo constatare purtroppo, che le aziende sono già entrate
in crisi, e sono attualmente in una fase di trasformazione abbastanza avanzata, comprese le medie e piccole dove i lavoratori, dopo essere stati
messi in Cassa integrazione per lunghi periodi, vengono posti in mobilità. Per questo motivo noi dobbiamo costruire una trasformazione molto
veloce, attraverso i corsi di riqualificazione professionale, e la trasformazione in prodotti che siano ancora appetibili nel mercato.
Questo lo abbiamo indicato precisamente nel convegno che il Sindacato ha tenuto a Montebelluna poco tempo fa con le controparti, con le
Associazioni imprenditoriali e soprattutto con le istituzioni. E dalle istituzioni ci aspettiamo quel tavolo permanente indispensabile, secondo
noi, per fare uscire dalla crisi il settore del Tessile Abbigliamento Calzaturiero. Dobbiamo recuperare i ritardi delle Associazione imprenditoriali, delle stesse istituzioni attraverso una azione incisiva che deve coinvolgere, questa volta, tutti compresi gli imprenditori.
Le nostre analisi e i dati che ci sono oggi sul tavolo della discussione
devono servire a superare tutti quegli ostacoli che abbiamo incontrato,
facendo un passo indietro tutti per poter andare alla soluzione del pro108
blema. Perché questa non è la crisi del 1980/1981 ma è una crisi molto più
profonda che ha bisogno di risposte certe ed immediate.
Occorre difendere il distretto di Montebelluna attraverso investimenti
tecnologicamente avanzati, attraverso la ricerca anche di nuovi prodotti, ma
soprattutto per mettere insieme quella proposta di concertazione che il
Sindacato sta caldeggiando da tanto tempo.
Occorre che tutti facciano squadra anche i più scettici, e bisogna dare all'allenatore di questa squadra la possibilità di scegliere anche i giocatori.
Ho ascoltato i responsabili della Provincia, della Regione, e delle Istituzioni e compreso noi del Sindacato che dobbiamo darci una data certa per
far decollare il distretto prima che sia troppo tardi.
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Silverio Zaffaina – Sindaco di Montebelluna
Buona sera a tutti.
Condivido quanto è stato detto da chi mi ha preceduto, sul fatto che è
giusto fare un’analisi sul perché siamo giunti a questa crisi del calzaturiero. Non sono però altrettanto convinto che si debba discutere delle
colpe: così facendo entreremo in un vicolo che non porta certamente a
soluzioni.
Io vorrei fare alcune considerazioni, non tanto in veste di primo cittadino, quanto invece da imprenditore.
Fino a poco tempo fa il 90% degli scarponi da sci erano prodotti nel
Montebellunese. Pertanto gli imprenditori non avevano la necessità di
produrre all’estero, con manodopera a costo notevolmente inferiore, per
controbattere la concorrenza quanto per guadagnare di più. Ormai è di
dominio pubblico che fra imposte e non detraibilità, paghiamo il 72% di
tasse sugli utili. Attualmente le nostre aziende non hanno più possibilità
di guadagno.
Allora io credo che gli imprenditori, quelli che per primi sono partiti e
sono andati a produrre all’estero abbiano fatto proprio questa considerazione. Non tanto per necessità di sopravvivenza quanto invece per un
migliore guadagno. A conferma di questa mia considerazione vi porto la
testimonianza di una realtà ben diversa dalla nostra. In una recente visita
in Finlandia, ad un’azienda leader nello stampaggio delle materie plastiche (il mio settore per l’appunto), ho avuto modo di constatare che pur
con costi di contribuzione superiore ai nostri (75% della paga) e con costi di manodopera superiori ai nostri, però con tassazione nettamente inferiori alla nostra (35%) (faccio notare che si producevano i componenti
per i telefonini Nokia ed Ericsson - cosa che può essere prodotta in tutte
le parti del Mondo) la proprietà non ha minimamente valutato la possibilità di portare altrove detta produzione, anzi, ha continuato a costruire
fabbriche sul suolo Finlandese (ora ne ha 7). Ha invece migliorato e abbassato i costi automatizzando il più possibile. Questa è la loro filosofia.
Per completare il quadro voglio ricordare che quel 75% di contributi
va veramente utilizzato per far vivere bene e meglio i loro dipendenti.
C’è un altissimo rispetto della persona, oltre che dell’ambiente. Poiché
anch’io stampo plastica e prima si è parlato più volte di golf, voglio testimoniare un’ulteriore esperienza. La mia azienda produce suole per
scarpe da golf per una ditta Danese (un’azienda molto importante a livello europeo). Anche questa fa produrre componentistica parte in Italia
e parte in Portogallo, però l’azienda continua a produrre le scarpe in Da110
nimarca. Da queste considerazioni si può intendere che quanto è accaduto
da noi sia un fatto da imputare non tanto agli imprenditori quanto al sistema
Italia, in particolare alla legislazione che ha permesso e provocato
l’emigrazione delle nostre aziende calzaturiere. Pertanto si sta rischiando di
perdere non solo il lavoro ma anche la cultura della calzatura nata, cresciuta
e sviluppatasi a Montebelluna negli ultimi 50 anni. Solo in Romania in questo momento ci sono simili aziende, frutto di questa scellerata manovra (e
stanno aumentando); anche le ultime due grosse aziende rimaste hanno già
fatto sapere che il prossimo anno andranno a produrre all’estero. Ed è ovvio
non possano fare altrimenti in questo momento per rimanere nel mercato.
Altrimenti le loro concorrenti, che se ne sono andate prima, le farebbero
morire.
Diventa perciò molto difficile, forse inutile, ricercare soluzioni di qualche tipo in queste nostre riunioni. Il problema va innanzitutto risolto a monte (con nuova legislazione).
A mio avviso il settore calzaturiero a Montebelluna è pressoché finito,
purtroppo resta soltanto da pensare al futuro inventando nuove prospettive.
Tutto comunque non morirà. Rimarranno in zona le piccole e piccolissime
aziende sempreché riescano a sopravvivere nelle piccole nicchie per produrre scarpe specializzate, per il cross, per il ciclismo, per il ballo ecc.,
ecc.... però saranno sempre quantità ridotte. Certamente non saranno più i
milioni di paia di scarponi o pattini ecc., ecc.... Sarà un’altra realtà.
Nel suo intervento la dott.ssa Ligabue ha fatto delle proposte interessanti
ma soprattutto ha evidenziato la necessità di partire dalle risorse umane (le
ha messe al primo punto). Condivido questa necessità, tanto è vero che
l’Amministrazione Comunale di Montebelluna si è adoperata in questi ultimi anni perché si organizzassero i corsi per la moda e per le calzature alle
scuole IPSIA ed inoltre per far partire il biennio dell’ITIS - Istituto Tecnico
Industriale con la specializzazione del calzaturiero.
In questo momento ci stiamo adoperando in collaborazione con la Provincia per ottenere a Montebelluna il successivo triennio, magari con
l’aggiunta della specializzazione nelle materie plastiche. Potremmo così avere in futuro dei tecnici ben preparati in queste due specializzazioni
(fondamentali per le calzature sportive dei nostri giorni). Pensate che in
Finlandia e precisamente a Joonsu (città con 55.000 abitanti) è funzionante
un’università con la specializzazione delle materie plastiche.
Il mio sogno sarebbe quello di riuscire a creare nel nostro territorio e non
certo per campanilismo, una scuola azienda magari sponsorizzata dalle aziende ad esse collegate. (Come succede in altri paesi - vedi Austria, Germania ecc.). Tutto ciò creerebbe dei tecnici super specializzati. Quindi innanzitutto risorse umane e poi: strutture.
Ma come può un’amministrazione come la nostra creare le infrastrutture
111
e le strutture senza un minimo di capacità finanziaria? Quest’anno abbiamo
faticato un poco per far quadrare il bilancio già nella parte corrente, vale a
dire per le spese fisse, figurarsi gli investimenti. I comuni italiani sono sempre più messi in crisi per una continua riduzione di trasferimenti dallo Stato. Dovete sapere che per un versamento di solo IRPEF da parte dei contribuenti Montebellunesi (mi riferisco al 1995) di oltre 150 MILIARDI, lo
Stato ci restituisce meno di 7 MILIARDI. Inoltre rimane sempre in atto la
sperequazione fra Comuni: ci sono comuni italiani (vedi regione Aosta, Alto Adige, Calabria, Campania, ecc.) che ricevono 5-6 volte tanto rispetto al
nostro pur versando molto meno in percentuale pro capite. Ma tornando al
tema di questo incontro: che possibili soluzioni si sono per superare questa
crisi ormai già in fase avanzata? Come primo passo anch’io ritengo valida
una concertazione e posso promettere, per quanto mi è possibile, il mio impegno ed il mio contributo. Ma poiché unitamente alla Giunta ci siamo già
da tempo accorti che questa crisi era alle porte, già abbiamo avviato tutta la
parte progettuale e burocratica al fine di ottenere la nuova area P.I.P. di
Montebelluna - area che sarà chiamata Parco Industriale Montebellunese
(P.I.M.) - e su quest’area abbiamo intenzione di realizzare un B.I.C.
(Business Innovation Center) che come sapete è un incubatore di imprese e
che agirà nell’ottica dell’innovazione tecnologica.
Per questo sono già stati fatti incontri con i funzionari responsabili della
Regione e della Provincia di Treviso e le prime risposte sono state positive.
Credo che se riusciremo a realizzare questa iniziativa che ritengo molto importante potremo ben sperare nel futuro del nostro territorio.
A mio avviso però ci dovrà essere un concorso di tutte le forze in campo
non ultimo per reperire i fondi di finanziamento e per questo porterò
l’argomento nel prossimo tavolo di concertazioni sperando di trovare il
massimo dei consensi e la Vostra piena disponibilità.
Grazie.
112
Aldo Brullo – Ricercatore Università di Firenze
Sottoscrivo quanto affermato dai relatori. Sottoscrivo e faccio mie e le
premesse, le analisi, le relazioni e le prospettive che esse avanzano. Dico questo da Montebellunese, che vive e opera da tanti anni a Montebelluna. Lo dico anche come ricercatore del Laboratorio di Ricerca Educativa dell'Università di Firenze che si occupa dei rapporti fra Università e
Impresa e più in generale dei rapporti fra mondo della formazione e
quello del lavoro, che ha prodotto e reso operativi progetti di ricerca e
sviluppo e di formazione sul telelavoro.
Molto rapidamente, Presidente, due riflessioni. Questa sera sono entrati nel dibattito due importanti elementi che tuttavia sono rimasti, a
mio avviso, marginali rispetto all’impegno di rilanciare e ridisegnare il
profilo innovativo di un territorio – sistema, che varrebbe la pena, seppur brevemente per il tempo a disposizione, approfondire: la questione
"formazione" e la questione "informazione".
La prima: la difficoltà che abbiamo è quella di far interagire il sistema
formativo con gli altri sistemi territoriali, inserirlo organicamente in un
sistema socio-culturale del Territorio e caratterizzarlo come denominatore comune. In generale il sistema formativo viaggia su standard rigidi
e indipendenti, frutto di una impostazione culturale e di una stagione sociale tramontata ormai da tempo, quando era possibile prefigurare stabilmente le professionalità utili.
Oggi il rapporto fra formazione e lavoro, quando c’è, è quasi sempre
di tipo formale, i titoli di studio e le competenze non sono adeguate allo
sviluppo produttivo. Questo è un danno insostenibile, perché si sprecano
delle risorse enormi. Da tempo si discute come intrecciare formazione e
lavoro, proponendo di volta in volta di far entrare la scuola in fabbrica o
la fabbrica a scuola. Personalmente sono perché ciascun Soggetto possa
mantenere la propria autonomia, senza confusione. Dove il mondo del
lavoro e quello della formazione si possono e si devono incontrare, collaborando pariteticamente, è sul terreno della ricerca. Ciò che manca è
un anello che sappia mettere in relazione i due sistemi. Dobbiamo essere
in grado di progettare un laboratorio di analisi, un sensore, un osservatorio Territoriale che sappia coniugare e utilizzare le competenze
dell’impresa e della formazione, che sappia produrre linee di sviluppo
innovative per le imprese e suggerire indirizzi formativi, che gli Istituti
di formazione presenti nel Territorio realizzeranno in progetti.
Se non saremo in grado di muoverci in questa direzione, Scuola e Azienda procederanno ciascuno per la propria strada, gelosi ciascuno, for113
se anche a ragione, della propria autonomia ma non all'altezza di creare
quel valore aggiunto di cui sono capaci.
Questa è la prima questione.
La seconda questione: l'informazione.
Credo che siamo tutti consapevoli del fatto che l'informazione - e parlo,
specialmente, dell'informazione in reti telematiche - stia condizionando
sempre di più il nostro modo di agire e lo condizionerà in maniera clamorosa nel prossimo futuro. La globalizzazione dei mercati e dei sistemi è il
frutto dell’irruzione sulla scena mondiale di strumenti di comunicazione
che stanno mettendo in discussione concetti fondamentali e consolidati come quelli di spazio e tempo. Siamo sulla soglia di una rivoluzione che ci
proietterà in un sistema il cui impianto avrà tratti distintivi che non siamo
in grado di valutare. Chi avrà la capacità di governare i nuovi sistemi tecnologici, i nuovi linguaggi interattivi multimediali, il flusso di informazioni in
rete telematica, sarà il beneficiario di vantaggi vastissimi nella nuova società dell’informazione e della conoscenza.
Il Laboratorio di Ricerca Educativa dell'Università di Firenze diretto dal
Prof. Paolo Manzelli, ha individuato e affrontato il problema del rapporto
fra comunicazione in rete telematica e sviluppo d’Impresa, traendone una
precisa indicazione: nel nuovo assetto produttivo le imprese che trarranno i
maggiori benefici, saranno quelle capaci di investire in risorse professionali, operative e tecnologiche, adeguate sul piano dell’informazione. In questo
quadro le Imprese di piccola dimensione e quelle artigianali, rischiano di
essere tagliate fuori dall’innovazione che corre all’interno dei canali di comunicazione in rete telematica.
La competizione globale esige che un flusso di informazione possa partire dall'impresa verso l'esterno: questo è fondamentale, per farsi conoscere
in un mercato che, siamo tutti d'accordo, essere ormai universale, ma pone
anche il problema della produzione di informazioni predisposte nel linguaggio interattivo e multimediale. Problema altrettanto rilevante è come intercettare, in una struttura informativa, come la Rete Globale, tanto ricca di relazioni, al punto da risultare caotica e ingovernabile, l'informazione utile e
farla interagire con il sistema della piccola e media impresa. Ci siamo confrontati, partendo da questa analisi, abbiamo messo insieme le risorse umane e tecnologiche e abbiamo avviato una sperimentazione di ricerca e sviluppo, fondata sull’attività di un gruppo di neolaureati in diverse discipline
che hanno concorso ad un obiettivo comune: concepire il telelavoro non come remotizzazione del lavoro esistente, che cambia solo rispetto al luogo
da dove viene svolto, ma integrazione efficace tre Ricerca, Formazione e
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Sviluppo ad elevata qualifica professionale per rendere disponibile alla Piccola e Media Impresa le risorse informative in rete telematica, necessarie
per il suo sviluppo.
Risultato dell’attività di ricerca:
- aver creato un rapporto finalizzato e concreto fra Università e Impresa;
- aver creato una nuova figura professionale ad alto profilo culturale, e
ad elevata qualificazione operativa, che abbiamo chiamato dell'infobroker, il mediatore dell'informazione nel flusso globale della comunicazione. Un mediatore dell'informazione che sappia interpretare i bisogni informativi dell’Impresa e gestirli utilmente in suo favore.
Si parlava, prima, delle risorse umane da fare interagire. Io sono assolutamente d'accordo con quello che diceva il Presidente nel suo intervento.
Dobbiamo superare l’episodicità degli interventi se vogliamo afferire ad una strategia di sviluppo. Utilizzare e far interagire le risorse locali, che ci
sono, e farle diventare squadra.
Abbiamo chiamato il nostro progetto "TASTI" acronimo di Telematic Agency for Scientific and Techological Information, finanziato dalla Regione
Toscana, collegandolo al Territorio. Ad un Territorio, quello di Prato, che
ha molte analogie con quello Montebellunese.
Anche loro, per molti versi, sono nelle nostre stesse condizioni. Un Territorio dove, forse non vi è un pressante problema occupazionale, ma caratterizzato da un insediamento produttivo di piccole e piccolissime imprese,
che in genere lavorano per conto terzi, con modesto profilo tecnologico,
con scarse capacità di muoversi autonomamente sui mercati nazionali e internazionali. Un sistema produttivo fissato prevalentemente sulla imprenditoria familiare, che, se ha prodotto prosperità, per la sua configurazione storica, rischia una crisi irreversibile se non si pone nella prospettiva di una
nuova cognizione della cultura tecnologica.
Un Territorio che si trova sulla soglia di due strade: o imbocca senza tentennamenti quella dell'innovazione o imbocca la strada critica del non ritorno. E non credo sia giusto e utile affidarsi con fatalismo alle leggi di mercato e far sopravvivere solo le aziende capaci di rinnovarsi autonomamente.
Se la crisi che ormai si intravede, da rivolo dovesse trasformarsi in torrente
trascinerebbe con se il benessere del nostro Territorio, il lavoro della nostra
Gente, ma specialmente un talento imprenditoriale ormai consolidato, che
ha solo bisogno di qualche servizio in più e di un orizzonte più vasto verso
cui guardare.
Viviamo la delocalizzazione come una spada di Damocle. Molte delle
nostre risorse sono attratte più convenientemente da altri territori. Ma perché non farla diventare anche una risorsa? Se il mercato globale ci costrin115
ge a delocalizzare molti dei nostri interessi, perché non creare le condizioni,
per cui dallo stesso mercato globale, altre risorse possono afferire nel nostro Territorio? Per questo dobbiamo fare un salto culturale di grande importanza, cominciando per esempio ad operare in modo “GLOCALE” pensare cioè in forma globale ed agire in maniera locale. Ma allora, - e qui sono assolutamente d'accordo col lei, e finisco, Presidente - dobbiamo tutti
operare un salto culturale, e porci, nei confronti dell’innovazione, in maniera creativa.
Come Laboratorio di Ricerca Educativa dell’Università di Firenze, siamo
disponibili a mettere a disposizione della nuova entità Territoriale, che questo pomeriggio ha preso forma, il nostro progetto, la nostra esperienza, che
presenterò, in maniera definita, in un momento più opportuno.
Vi ringrazio.
116
Ugo Girardi – Vice Segretario Generale Unioncamere Nazionale.
L’iniziativa della Camera di commercio di Treviso conferma - come
emerge anche dal dibattito - che il sistema camerale può dare un significativo impulso agli interventi di marketing territoriale, intesi come
strumenti di supporto alle decisioni al fine di impostare una policy di
sviluppo del tessuto economico produttivo. Poiché grazie ai precedenti interventi abbiamo fatto già molti approfondimenti, mi limiterò solo a
sviluppare alcune riflessioni, incentrate sul percorso da imboccare per
tradurre in azioni operative i risultati dello studio sul distretto di Montebelluna. Proprio nelle ultime pagine dello studio emergono, del resto,
delle significative indicazioni sugli ulteriori sviluppi, sul come andare
avanti. Nel successivo intervento, meglio di me il dottor Gurisatti potrà
dare puntuali indicazioni su questo terreno.
Mi pare di poter dire, innanzitutto, che è stata un'intuizione felice
quella di aver scelto come esperienza “pilota” il distretto di Montebelluna. Come ha sottolineato all'inizio il dottor Chahinian, quando si è deciso di fare questo studio non erano ancora emersi quegli elementi di crisi,
quelle avvisaglie che hanno determinato l’attuale situazione, a fronte
della quale si impongono - negli ultimi interventi lo hanno ribadito con
decisione le forze sociali e i rappresentanti delle associazioni - tempi
molto stretti, per riuscire a dare delle risposte in grado di produrre anche
effetti nel breve termine. L’aver avviato una fase di analisi e di diagnosi
prima del manifestarsi della malattia può essere appunto considerata una
felice intuizione.
Non va peraltro trascurato il rovescio della medaglia: il fatto che , rispetto alla data di avvio dello studio, si sia registrata un’evoluzione negativa della situazione congiunturale, al punto da catapultare al centro
dell’attenzione le preoccupazioni sul versante occupazionale e le conseguenti richieste di interventi a breve, sicuramente rende più complesso il
lavoro che la Camera di Commercio aveva intrapreso. Stamattina, durante il comune viaggio da Roma, il dottor Barnabò mi ha spiegato che
l’ipotesi inizialmente formulata per la prosecuzione del lavoro promosso
dalla Camera di Commercio consisteva nell’applicare la metodologia fin
qui seguita anche ad altri ambiti territoriali. Ma una richiesta più pressante emerge con forza dal dibattito: come riusciamo a passare - forzando i tempi - dalla fase della conoscenza, dell'analisi delle caratteristiche
dei punti di forza e di debolezza del territorio, alla cultura del fare, alla
responsabilità delle decisioni, evitando la sterilità della cultura del lamento - come diceva qualcuno? E’ in altre parole prioritario trasfondere
117
la teoria nella prassi, passando dalla diagnosi alle terapie. E tutto ciò va fatto, tra l'altro, in tempi brevi.
Ora, a mio avviso, il passaggio è complesso. Questo impegnativo percorso di lavoro è costellato da ostacoli. Anche il Presidente Zanini ne ricordava all'inizio uno ricorrente: evitare che - come succede molto spesso in Italia - la cultura dell'emergenza determini una perdita di memoria di tutto il
percorso conoscitivo che si è fatto. All’insegna dell’emergenza si finisce
per dire : "Intanto superiamo la congiuntura negativa, diamo le risposte a
breve e poi si vedrà". A ben vedere, la validità e lo spessore dei risultati che
oggi abbiamo ascoltato consistono soprattutto nel tentativo di affrontare sia
i problemi di breve che di medio termine con una visione strategica, incentrata su un'analisi che individua i punti di forza e di debolezza di un distretto. In questa logica, anche le risposte a breve devono inserirsi all'interno di
una prospettiva organica, che tiene insieme i diversi ambiti problematici.
Si tratta di un passaggio difficile, perché generalmente la cultura dell'emergenza porta a dire: “abbandoniamo la visione di insieme, vediamo cosa
si può fare subito; riprenderemo il discorso a medio termine in un secondo
tempo, quando si sarà registrata un’evoluzione congiunturale positiva .”
Questo approccio determina con elevata probabilità la mancata soluzione
dei problemi strutturali. Costituisce pertanto una sfida complessa riuscire
ad utilizzare anche a fini congiunturali il lavoro conoscitivo avviato, con felice intuizione, prima che affiorasse l’attuale fase di preoccupazione e di
crisi.
Vediamo allora se si riesce a fare una scommessa, provando a mettere intorno a un tavolo unitario - come diceva la dottoressa Ligabue - i soggetti
giusti (sforzandosi anche di selezionarne il numero) per lavorare sulle priorità emerse dallo studio: si tratta di proposte che sono certo presentate come
ricette a medio e lungo termine, ma possono diventare, con un lavoro di adattamento, anche una risposta ai problemi di breve periodo. Va adottata,
quindi, una logica di processualità e selezione degli obiettivi per affrontare
la sfida insita nel passaggio dalle analisi e dai convegni alla cultura del fare
e delle decisioni.
L'occasione di questo incontro è stata, a mio avviso, sfruttata positivamente , perché tutti hanno riconosciuto la validità del lavoro svolto, anche
grazie all'autorevolezza delle strutture di consulenza e degli esperti coinvolti, nonché del metodo di analisi, che, tra l'altro, ha avuto riconoscimenti anche a livello nazionale: lo ha, ad esempio, usato anche il Comitato Tecnico
dell'IPI, per le sue analisi. Si può quindi affermare che siamo in presenza di
una buona e solida base di partenza.
Il Presidente Zaia ha offerto la disponibilità della Provincia e mi pare che
abbia anche rivolto un invito al Presidente della Camera di Commercio,
sollecitandolo a prendere l'iniziativa di convocare il tavolo unitario di lavo118
ro. Stanno quindi maturando le condizioni per giocare di squadra, per sviluppare la più volte richiamata cultura del “Territorio-Impresa”. L'iniziativa
di convocare il tavolo, a mio avviso, va presa in tempi stretti, proprio per
coagulare i consensi e le disponibilità espressi non solo dal Presidente della
Provincia, ma anche dal dottor Zanetti per conto della Regione, oltreché dai
rappresentanti delle associazioni e delle forze sociali.
Un ulteriore aspetto di complessità dell'operazione risiede nel fatto che
stiamo vivendo una fase di accentuata trasformazione delle politiche nazionali e locali di intervento. Si parlava, prima, della "cassetta degli attrezzi".
Rispetto alla povertà degli strumenti di intervento cui faceva riferimento il
dottor Barnabò, oggi registriamo delle evoluzioni positive che potrebbero
consentire di sperimentare ulteriori spazi di iniziativa. Il riferimento va sia
ai processi in atto di decentramento di compiti e funzioni, sia alla nuova
fase di programmazione dello sviluppo territoriale, vale a dire alle esperienze avviate di promozione di coalizioni sul territorio attraverso gli strumenti della programmazione negoziata (intese e accordi di programma,
patti territoriali, contratti d’area) che ormai non risultano più confinate nel
Mezzogiorno e nelle aree a più lento sviluppo. Non vanno trascurate, nella ricostruzione del contesto evolutivo, le conseguenze di grande portata
che la ridefinizione delle istituzioni dell’Unione europea e soprattutto la riforma delle politiche strutturali determineranno per le politiche di sviluppo
delle economie e dei distretti locali.
Si tratta di trasformazioni che investiranno anche il sistema delle imprese, non solo le istituzioni di governo del territorio. In questi mesi si sta trasferendo alle Regioni il Fondo Unico degli Incentivi. Dal 1999, gli strumenti di incentivazione dovrebbero essere decentrati a livello regionale,
con maggiore possibilità di un uso mirato, per far camminare gli interventi
di promozione del territorio concertati a livello locale. Interventi normativi
recenti consentono, per di più, di potenziare la capacità attrattiva del territorio, in particolare unificando le procedure di insediamento delle imprese e
rendendo più efficiente la P.A. Il riferimento è, in particolare, allo sportello
unico che, oltre a semplificare i procedimenti amministrativi, può supportare i nuovi insediamenti, attraverso la raccolta di informazioni concernenti la
localizzazione e lo svolgimento delle attività produttive con particolare riferimento alle normative applicabili e agli strumenti agevolativi.
Su questo versante, le Camere di commercio potrebbero svolgere il ruolo
di integratore di sistema, collaborando con i Comuni per la nascita e la
gestione dello sportello sul territorio. Il decreto 112/98 stabilisce, del resto,
che tale funzione é esercitata dai Comuni singolarmente o in forma associata con altri enti locali. In alternativa, laddove vengono stipulati patti territoriali e/o contratti d’area, l’accordo tra gli enti locali coinvolti può prevedere
che la gestione sia attribuita al soggetto pubblico responsabile del patto o
119
del contratto. Il sistema camerale considera dunque opportuno un metodo di
lavoro in base al quale autonomie funzionali ed autonomie locali facciano
sistema per dare adeguate risposte alle esigenze delle imprese.
Le Camere di commercio stanno inoltre seguendo con attenzione
l’imminente riordino delle attività di promozione territoriale: nell’attuale
situazione da sistematizzare, diverse istituzioni, a carattere nazionale e regionale, operano con inadeguati raccordi e perseguendo a un tempo sia finalità di sviluppo locale che di attrazione degli investimenti dall’estero. Le
proposte del sistema camerale per contribuire al superamento dell’attuale
assetto prendono spunto dalle più mature esperienze realizzate nei paesi europei, attraverso strutture o agenzie capaci di offrire pacchetti integrati nei
quali sia definito tutto ciò che risulta necessario a rendere fattibile
l’investimento (dall’immediata disponibilità delle aree e delle autorizzazioni amministrative all’assistenza tecnica e finanziaria nel corso
dell’attuazione del progetto). Da questo punto di vista, le Camere hanno già
sviluppato significative esperienze che, partendo da aspetti specifici (ad esempio le banche dati sulle aree industriali) hanno finito per realizzare pacchetti informativi su tutte le potenzialità di investimento offerte da determinati contesti territoriali (comprese le agevolazioni e gli incentivi fiscali).
Assumendo tali iniziative, le Camere sono riuscite a diventare un interlocutore privilegiato degli enti locali ai quali sono affidate responsabilità decisionali nelle politiche di sviluppo del territorio.
La Camera di Treviso può pertanto trasfondere nel tavolo di lavoro per il
distretto di Montebelluna le esperienze già realizzate in altri contesti e recentemente discusse in una Conferenza di programma promossa
dall’Unioncamere. Va certo sottolineato che rendere operative a livello locale le nuove strumentazioni in una fase di trasformazioni e di passaggio
non costituisce un compito facile. Ma il tratto dominante di questa fase di
trasformazione è il decentramento, il federalismo amministrativo, che permea anche il dibattito sulla programmazione dello sviluppo. Il crescente
trasferimento di ruoli e di competenza dal centro alla periferia, chiama direttamente in causa i soggetti pubblici e privati presenti sul territorio, chiamati a progettare, oltre che ad attuare e gestire, i diversi interventi di sviluppo.
Il metodo della concertazione a partire dal più attivo coinvolgimento dei
soggetti presenti sul territorio e dalla più ampia diffusione dell’utilizzo degli strumenti della programmazione negoziata, costituisce l’indirizzo strategico degli interventi in favore dello sviluppo locale. Si tratta di un nuovo
modo di fare politica industriale nel nostro paese, che muove dal contesto
locale assunto come sistema integrato da valorizzare nelle sue componenti
umane, sociali e ambientali, per uno sviluppo economico realizzabile. Si
conseguono così le migliori condizioni per definire politiche di intervento
120
mirate, a partire da quel rapporto di integrazione stretta tra istituzioni locali,
imprese e territorio che ha tradizionalmente costituito il perno dello sviluppo dei distretti. In sintesi, lo sviluppo si deve fare a livello locale, con la
concertazione, con i tavoli unitari e con una serie di strumentazioni che tendono a promuovere i patti territoriali, i contratti di area, le intese e gli accordi di programma.
Il rappresentante della CGIL ha espresso già alcune opzioni su quali degli strumenti di intervento possano essere più utili. A mio avviso in una fase di trasformazione come quella attuale sono a disposizione accentuati gradi di libertà , a livello locale, per decidere insieme quali strumenti possono
risultare più efficaci per affrontare le situazioni di crisi. La scelta degli strumenti è, del resto, una delle prime cose da verificare nel tavolo di concertazione. La scelta dipenderà molto dai finanziamenti attivabili, dalle priorità
individuate nel breve rispetto a quelle a medio termine. A fronte
dell’interconnessione tra strumenti e obiettivi, forse non conviene irrigidirsi
subito opzionando uno strumento rispetto agli altri.
Un secondo aspetto problematico risiede nella ricerca del giusto equilibrio tra rappresentanza e operatività nella composizione del tavolo unitario.
Sicuramente, se l'obiettivo è quello di incentivare il “ lavoro di squadra”,
devono partecipare tutti i soggetti che, a livello sia istituzionale che associativo, possono promuovere un "patto di concertazione". Nello stesso tempo, sappiamo - e lo stiamo riscontrando anche nel convegno di oggi - che
esprimere tutti delle opzioni rende più difficile una sintesi, allunga i tempi
decisionali. Vale la pena, quindi, prestare attenzione alla formula di composizione e alle modalità di organizzazione del tavolo. Garantire un’efficace
segreteria operativa, valorizzando l'apporto degli esperti che finora hanno
lavorato con risultati positivi, appare altrettanto importante che operare le
scelte sulla "cassetta degli strumenti" e sulle priorità da adottare. Non va, a
mio avviso, abbandonato un metodo di lavoro nel quale la bussola della conoscenza - in una fase fluida e complessa di trasformazione delle strumentazioni di intervento, dove niente è consolidato - può essere di orientamento
a tutti i soggetti. Un'attenta valutazione sulle modalità di composizione del
tavolo, al fine di determinare un giusto equilibrio tra rappresentanza e operatività, appare altrettanto importante. Se è vero che è problematico passare
dai convegni e dagli studi alla cultura del fare e del risultato, è altrettanto
difficile, dopo aver convocato un tavolo di concertazione, renderlo operativo e decisionale.
Diceva giustamente il Presidente della Provincia che bisogna mettere in
rete le responsabilità. Mettere in rete le responsabilità vuol dire che il tavolo deve produrre sintesi, evitando i rischi di dispersione: non pochi sono i
tavoli di concertazione dove, alla fine, non si decide alcunché. La scelta
121
della Camera di Commercio come soggetto che prende l’iniziativa per attivare il tavolo può ridurre i rischi. Un decisivo punto di forza di un'operazione si sviluppo concertato è l’individuazione degli attori che devono dar
corpo alle strategie coalizionali. Un’iniziativa volta a promuovere lo sviluppo delle imprese non può prescindere dalla presenza di un tessuto ricco e
territorialmente diffuso di rappresentanza. La capacità di associarsi, di organizzare le diverse domande prospettandone soluzioni di tipo solidaristico,
costituisce un valore di cui l’associazionismo degli interessi é tipicamente
depositario.
Le Camere sono strutturalmente idonee, nel panorama degli enti pubblici, a sviluppare la collaborazione con le associazioni in sede sia di progettazione degli interventi, sia di gestione e verifica degli stessi, nell’ambito dei
patti territoriali, degli accordi di programma e dei contratti d’area. Mi pare
che il dibattito di oggi dica che nella provincia di Treviso è particolarmente
vivace la presenza delle associazioni e delle forze sociali. Non sono attive
solo le istituzioni: la Provincia, la Regione, la Camera di Commercio; al loro fianco operano un mondo imprenditoriale associativo e forze sindacali
rappresentative e vivaci, come attestano i progetti ai quali si è fatto riferimento nel dibattito. Quindi, è possibile mettere in rete le responsabilità,
contando sulla vitalità del contesto di riferimento.
Nonostante questi aspetti positivi, è da condividere l’affermazione di chi
sottolineava, rivolgendosi al Presidente Zanini: "Lei si è preso una bella responsabilità, nel promuovere questa iniziativa!". Io penso che sia una sfida
impegnativa e a un tempo stimolante. Nelle prossime settimane può convenire concentrare gli sforzi per passare alla fase due, quella della creazione
del consenso sulle priorità che sono emerse dallo studio. Anche se non va
trascurato, in prospettiva, il suggerimento del dottor Bedin di non circoscrivere l'analisi soltanto su questo distretto. Può essere comunque sviluppata,
nel periodo immediatamente successivo, un’estensione dell'analisi ad altri
distretti. La sfida più interessante, in questo momento, è vedere se, senza
appiattirsi in una logica dell'emergenza - che rischierebbe di cancellare tutto il lavoro sviluppato in un'ottica di medio periodo - si riesce a unire alla
visione generale emersa dallo studio alcune priorità valide per il breve e il
medio periodo. Per tale via si potrebbe riuscire a dare risposte in pochi mesi, come hanno chiesto i rappresentanti del sindacato - ma a partire dai punti di forza e di debolezza strutturali. I primi passi da compiere consistono
nell’attivare la fase di concertazione, nel mettere in rete le responsabilità,
nel conferire rappresentanza, ma anche operatività al tavolo unitario, supportato da una Segreteria e da un Comitato Tecnico con gli esperti, per garantire un’efficace sintesi delle proposte. Se è difficile decidere al buio senza l’ausilio di indagini approfondite - è altrettanto difficile che una mera
sommatoria di soggetti possa portare a delle decisioni. Quindi, bisogna or122
ganizzare anche il supporto per la decisionalità.
Mi pare che il lavoro presentato oggi ne sia una dimostrazione. Molte indicazioni sono emerse dalle riflessioni fin qui fatte. Nel precedente convegno, che vari relatori hanno ricordato, del 19 e del 20 gennaio, l'intervento
conclusivo di Rullani costituiva già un discorso sugli strumenti, sulla
"cassetta degli attrezzi". Non mancano , quindi, le analisi, le prime ipotesi
di intervento, e gli strumenti da utilizzare. Adesso va affrontata la fase più
difficile, quella della creazione del consenso, nella quale spesso si rischia di
naufragare. Ma la ricchezza del tessuto associativo, degli interventi che ci
sono stati, la qualità dell'analisi fatta possano indurre, secondo me, all'ottimismo.
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Paolo Gurisatti – Presidente P.O.S.TER e Direttore Parco Tecnoligico
“Galileo” di Padova
Mi sia consentita una brevissima premessa: non è retorico sottolineare
il fatto che siamo arrivati a far bene questo convegno, perché ci siamo
impegnati tutti. E siamo arrivati in tempo, almeno al questo primo appuntamento con i problemi di Montebelluna, perché siamo partiti in
tempo. Bisogna ricordare che questo lavoro sul marketing territoriale,
viene alla fine di una serie di interventi che la Camera di Commercio ha
programmato con grande tempestività, prima che in altre città del Veneto, e credo anche di altri Territori italiani. Va dato atto alla Camera di
Commercio di Treviso di aver trasformato la Provincia in un laboratorio
in cui si stanno sperimentando modalità di ricerca-intervento che possono essere trasferite altrove - e, qui, la presenza di Unioncamere risulta
particolarmente importante.
Oggi siamo qui per vedere come tradurre le analisi, realizzate da Progetto Europa, ma anche da altre istituzioni di ricerca, in azioni, in quelle
che l'Unione Europea chiama "azioni", quindi in progetti. Gli obiettivi
sono chiari: siamo qui, perché stiamo discutendo come investire su alcune caratteristiche del Territorio - in questo caso di Montebelluna - perché quel Territorio resti attrattivo di investimenti. Il nostro ragionamento è orientato a capire che tipo di progetti di investimento debbano essere realizzati perché Montebelluna continui a rimanere, ad ospitare buoni
imprenditori, buoni tecnici del settore calzaturiero e di altri settori, che
riescano a conquistarsi sul mercato spazi di ulteriore crescita. Qui, nessuno vuole rilanciare lo sviluppo di Montebelluna al ribasso. Si ragiona
di come garantire al Territorio di Montebelluna la possibilità di ospitare
imprese, tecnici che abbiano la forza necessaria a procurarsi un reddito
elevato. Questo è l'obiettivo.
Quindi dobbiamo identificare i progetti, prima di tutto, le competenze
"distintive", le abilità che possono avere successo sui mercati internazionali, che sono presenti in diversi stadi del processo calzaturiero e non
solo, in diverse parti della filiera. Bisogna identificare i project
manager, cioè gli imprenditori di progetto, che possono tradurre le competenze e i progetti in realtà. Ovviamente, questi project manager - lo
abbiamo discusso tempo fa, nel dibattito che abbiamo fatto sui Distretti,
proprio in questa sede - non solo devono riuscire a raccogliere le competenze presenti nel Territorio e trovare le fonti finanziarie necessarie,
ma hanno bisogno di un'altra risorsa per procedere: il consenso. Devono
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essere project manager capaci di creare consenso attorno ai progetti.
Qui ce n'è per tutti. Quello che dobbiamo immaginare è di riuscire a mettere intorno a un tavolo i potenziali manager di progetto, gli attori locali,
che siano capaci non solo di definire bene che cosa vogliono fare, per mantenere Montebelluna fra i Territori attrattivi, ma che siano capaci di conquistarsi dei sostenitori esterni, degli sponsor, pubblici e privati. Quindi, io immagino, per proseguire nella seconda fase di questa operazione di marketing sul Territorio di Montebelluna, una serie di iniziative attraverso le quali si comincino ad identificare i progetti, i potenziali manager di questi progetti e gli altri attori pubblici (l'Unioncamere, la Camera di Commercio
stessa - anche se ha un ruolo particolare - la Regione, la Provincia) disponibili a svolgere un ruolo di sponsor dei progetti. Personalmente ho cercato di
costruire una mappa degli incroci che esistono fra le competenze, presenti
nel Territorio di Montebelluna, nei diversi stadi della filiera, e i potenziali
manager di queste competenze.
Nello stadio della progettazione, della ideazione sono infatti presenti non
solo numerose risorse critiche, ma anche potenziali incubatori di professionalità e imprese, capaci di entrare su mercati lontani da quelli del calzaturiero.
Nello stadio della produzione ci sono non pochi tecnici e imprenditori
leader nell'organizzazione d'azienda e nella scelta delle tecnologie, non solo in campo calzaturiero.
Ci sono, inoltre, cominciano ad esserci buoni imprenditori che vogliono
sviluppare specifiche abilità nell’ambito della logistica e di tutto ciò che riguarda l'organizzazione dei trasporti, ma anche degli acquisti, delle relazioni con i mercati più lontani; un’attività che attiene sempre più all'analisi
della domanda internazionale di prodotti e componenti. Queste competenze
possono essere animate, nel Territorio locale da potenziali project manager,
capaci di raccogliere consenso. Al Museo dello Scarpone, ad esempio, esiste la potenzialità di sostenere una serie di iniziative, nel campo delle analisi di mercato e delle analisi della produzione. L'Osservatorio Osem potrebbe essere trasformato in un osservatorio sui mercati più lontani, in qualcosa
che porti, alle piccole e medie imprese del Territorio, informazioni critiche
per competere. Ma potrebbe essere identificata, sempre all'interno di questa
ipotetica sede di project management, anche una capacità di analizzare il
mercato dei servizi di controllo del decentramento, della delocalizzazione.
Ad un secondo livello, sicuramente, in Tecnologia & Design, esistono
capi progetto, referenti per progetti che riguardano lo sviluppo della ricerca,
nel campo dell'innovazione e della prototipazione e nello sviluppo di connessioni telematiche (applicate al caso specifico della progettazione della
calzatura e degli stampi) che sostengono l'interscambio fra la realtà di Montebelluna e altre realtà similari europee. Il progetto, a cui faceva riferimento
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l’ing. Bedin (Club RP - che consiste nella messa in rete di aziende che fanno parte dei principali Distretti della plastica in Europa) comporterà anche
una sperimentazione nel campo delle telecomunicazioni.
Ad un terzo livello, ci sono altri soggetti che possono diventare protagonisti di progetti di formazione. Ce ne sono più d'uno, in tutte le fasi del processo, sia di ideazione che di progettazione.
Il Museo dello Scarpone, si è reso protagonista di alcuni corsi importanti.
Per esempio, l'ultimo, focalizzato sulla creazione di competenze nell'ambito
della logistica. Ma anche l'Università, il Diploma di Commercio Estero, che
c'è qui a Treviso, in questo momento potrebbe gestire meglio i due livelli di
stage che organizza presso le aziende. Il diploma di Commercio Estero potrebbe scegliere il Distretto di Montebelluna come sede nella quale sperimentare una modalità di consulenza sui mercati lontani per le aziende secondo le seguenti modalità:
- al secondo anno di stage in azienda, gli studenti e i docenti potrebbero
lavorare per capire quali sono le caratteristiche del prodotto e dei mercati che l'azienda vuole raggiungere;
- al terzo anno, assieme all'azienda e con la tutorship dei docenti del diploma, gli studenti potrebbero realizzare stage all'estero, finalizzati a
reperire informazioni critiche sui consumatori e sui concorrenti.
Queste cose si possono progettare in pochissimo tempo, alcune sono già in
atto. Così, dal punto di vista delle infrastrutture, il Super-PIP di Montebelluna è un'opportunità non solo per sviluppare un potenziale incubatore di
nuove imprese, ma anche, eventualmente, per sviluppare quella piattaforma
logistica moderna, che non è soltanto un blocco di cemento, molo per i camion in arrivo e in partenza, ma che è soprattutto tecnologia di analisi dei
flussi logistici dei mercati, agenzia virtuale di logistica.
In conclusione, se esistono attori locali che possono diventare tutor, project manager, per iniziative che coinvolgano competenze critiche, per un'attività di animazione del Territorio, il problema è di dar loro una spinta. E
provo a fare una proposta per vedere se essa sia effettivamente quella che
stiamo cercando. Bisogna fare squadra, bisogna concertare, però bisogna
farlo in tempi rapidi. Bene: dove collocare un tavolo di concertazione che
diventi una risorsa, un motore positivo, per prendere decisioni coordinate
rapide?
La sede di un simile tavolo non può che essere la Camera di Commercio.
Ne sono stato convinto dalla discussione.
La Camera è la sede nella quale questi soggetti sono già rappresentati e
dentro la quale si possono già incontrare. Questo si può fare rapidissimamente e non c'è bisogno di fare delibere complesse. In altre situazioni ho
visto utilizzare lo strumento della Consulta Camerale, all'interno della quale
specialisti indicati dalle parti sociali vengono chiamati a svolgere un ruolo
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di animatori di progetti di interesse collettivo. A questo punto, tuttavia, si
pone un altro problema: che forma dare al tavolo e chi far sedere al tavolo?
A questo proposito è necessario fare delle scelte chiare. Se si vuole un tavolo che funzioni e che, in pochi mesi, produca dei risultati, bisogna fare un
tavolo "asciutto", composto di pochi soggetti: tre, quattro, al massimo.
Ho apprezzato molto il fatto che ci sia stato un solo intervento da parte
delle organizzazioni degli industriali, un intervento da parte delle organizzazioni degli artigiani e un intervento da parte delle organizzazioni sindacali. Io propongo la scelta di un tavolo, estremamente sottile - tre, quattro persone - un tavolo che sia animato da un Presidente autorevole, un coach capace di fare squadra, di tenere i soggetti orientati a progetti concreti. Poi,
attorno a questo tavolo di animazione, si dovrà raccogliere il consenso più
ampio possibile. La mia ipotesi è che sia necessario selezionare degli sponsor per ciascun progetto, cercare di coinvolgere le parti sociali che rimangono fuori dal tavolo operativo, nel gioco del finanziamento, del supporto
ai progetti, anche in termini di consenso. Io credo che un tavolo di questo
genere si possa costruire - i progetti ci sono, i soggetti ci sono - e fare in
modo che questo tavolo possa funzionare a breve. Non so se questa proposta soddisfa il palato di tutti, ma ritengo che soddisfi almeno le condizioni
che sono emerse dalla discussione. Si vuole un tavolo rapido, si vuole un
tavolo efficiente, si vuole un tavolo che riesca a creare consenso. Credo che
questa sia la soluzione, al momento, immediatamente gestibile. Patti territoriali, accordi, tavoli che contengono non meno di dieci soggetti diversi, ci
vogliono diversi mesi per farli!
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Impaginato a cura del
Centro stampa della Camera di Commercio di Treviso