commentary

Transcript

commentary
commentary
Commentary, 8 gennaio 2016
LE SANZIONI INEFFICACI: LA COREA DEL NORD
CONTINUA SULLA STRADA DEL NUCLEARE
FRANCESCA FRASSINETI
D
al 2006 siamo abituati a pensare che la notizia
di un terremoto in Corea del Nord celi qualcosa
di più di un naturale fenomeno sismico. Ancor
prima che la radio di stato compisse “l’annuncio speciale” a mezzogiorno del 6 gennaio, al di fuori del Paese, era
già chiaro che la scossa di grado 5.1 della scala Richter e
profondità 10 chilometri registrata nella zona di Kilijiu,
non lontano dal sito nucleare di Punggye-ri, fosse un
nuovo test nucleare.
©ISPI2016
Non è semplicemente il quarto test (2006, 2009,
2013), ma quello che il regime ritiene essere un traguardo
fondamentale in quanto si tratterebbe dell’esplosione
sotterranea di una bomba all’idrogeno. Ci vorranno mesi
per chiarire la natura del dispositivo attraverso lo studio
delle radiazioni emanate e i dati dei sismografi, ma lo
scetticismo internazionale rispetto alla versione ufficiale
prevale. L’intensità del sisma, le dimensioni del sito e i
limiti tecnologici farebbero scartare l’ipotesi di un ordigno termonucleare a due stadi (la cosiddetta bomba H).
Quello che intanto si può affermare con certezza è che
non è un avvenimento inaspettato. Le immagini satellitari
divulgate l’anno scorso dal sito statunitense 38 North
mostravano un’intensa attività nel sito Punggye-ri e la
presenza, a settembre, di un nuovo tunnel. Del resto il
regime non ha mai fatto mistero della volontà di procedere ad un quarto test e lo stesso leader aveva dichiarato
di essere in possesso della bomba H durante una visita ad
un’ex fabbrica di munizioni il 10 dicembre.
Come per ogni test nucleare nord coreano, la chiave interpretativa può essere duplice e anche in questo caso la
valenza strategica è inferiore rispetto al significato di politica interna. I test sono sempre stati strumentali per
rafforzare agli occhi del popolo l'immagine di uno stato
forte costretto a dotarsi dell’arma nucleare per difendersi
dalla politica ostile degli Stati Uniti. L’elemento di novità
a questo giro è costituito dal settimo Congresso del Partito Coreano dei Lavoratori che si riunirà a maggio per la
prima volta in 36 anni in cui ci si attende la formalizzazione del ricambio generazionale della leadership.
Quest’ulteriore dimostrazione di forza militare è quindi
volta come sempre anche al consolidamento interno del
potere di Kim. Il richiamo all’ imminente congresso può
emergere dalla formulazione del comunicato diffuso dai
media ufficiali “l’ordine è stato dato direttamente da Kim
Jong-un in rappresentanza del Comitato Centrale del
Partito Coreano dei Lavoratori.” Questa dichiarazione va
letta alla luce del discorso di inizio anno di Kim in cui,
contravvenendo alle aspettative, non ha mai citato il
programma nucleare focalizzandosi, invece, sul miglioramento delle condizioni di vita materiali della popolazione. Questo perché la sua leadership non mira unicamente a consolidarsi attraverso l’avanzamento del pro-
Francesca Frassineti, ISPI Research Trainee
1
Le opinioni espresse sono strettamente personali e non riflettono necessariamente le posizioni dell’ISPI.
Le pubblicazioni online dell’ISPI sono realizzate anche grazie al sostegno della Fondazione Cariplo.
commentary
gramma nucleare, essendo questo l’eredità del padre, ma
punta anche allo sviluppo economico come racchiuso
dalla sua strategia del byungjin imperniata sul contestuale
sviluppo dell’economia e del deterrente nucleare.
un successo duraturo. Il Giappone dal canto suo potrebbe
reintrodurre le sanzioni unilaterali parzialmente rimosse
nel 2014 per premiare la decisione di Pyongyang di
creare un comitato investigativo per indagare sui cittadini
nipponici rapiti dai nordcoreani tra gli anni Settanta e
Ottanta. Dal punto di vista strategico, invece, è probabile
che si ritorni a dibattere sulla questione dell’istallazione
da parte statunitense del Terminal High Altitude Area
Defense System o sull’insensata eventualità di reinstallare armi nucleari tattiche in Corea del Sud per scoraggiare le provocazioni di Pyongyang. Seul per ora non
risponde alle pressioni di Washington stretta ancora una
volta tra il suo garante di sicurezza, gli Stati Uniti appunto, e il suo principale partner commerciale, la Cina,
che si oppone strenuamente a qualsiasi aumento della
presenza militare statunitense nel Nordest asiatico.
©ISPI2016
Nell’aprile 2014 il ministro degli esteri della Corea del
Sud aveva affermato che un quarto test nucleare sarebbe
stato un “game changer” ma difficilmente potrà essere
così. Fin da subito si è visto come le reazioni della comunità internazionale abbiano seguito il solito copione. Il
Consiglio di Sicurezza dell’Onu è stato convocato
d’urgenza su richiesta di Stati Uniti, Giappone e Corea
del Sud e all’unanimità i suoi membri hanno condannato
il test nucleare avvenuto violando le precedenti risoluzioni e affermando il loro impegno per nuove misure (la
Russia si era inizialmente espressa in maniera più ambigua auspicando per una “risposta proporzionale"). In attesa del nuovo ciclo di sanzioni multilaterali, si guarda
alla varietà di iniziative che a livello unilaterale potranno
essere adottate dagli attori coinvolti (Corea del Sud,
Giappone, Cina, Stati Uniti e Russia) che dal 2003 al
2008 si sono seduti al tavolo delle trattative (Six Party
Talks) con Pyongyang proprio per trovare una soluzione
concordata volta ad interrompere il suo programma nucleare.
Ma è di fronte a nuove sanzioni che questo fronte comune
è destinato a sgretolarsi ancora una volta. Mentre le precedenti sanzioni degli Stati Uniti hanno preso di mira le
risorse militari di Pyongyang, non hanno invece provocato una vera paralisi economica. Per questo ora al Congresso si registra un consenso bipartisan affinché si arrivi
al più presto ad un voto sul disegno di legge a lungo rimandato che imporrebbe pene più severe per le imprese
straniere che fanno affari con Pyongyang. Diversamente
dal caso iraniano, gli Stati Uniti non hanno infatti finora
cercato di strozzare il commercio estero regolare della
Corea del Nord attraverso le cosiddette “sanzioni secondarie” che includerebbero nella lista nera in primis le
banche e le imprese cinesi e russe che mantengono in vita
l’economia nordcoreana. Per quanto riguarda
l’amministrazione Obama, troppe crisi internazionali e
pochi mesi ancora rendono improbabile un allontanamento dalla politica di “pazienza strategica” portata
avanti dal 2009 e che dalle pagine del quotidiano nordcoreano Rodong Sinmun è indicata come una delle cause
del nuovo test.
La prima a essersi mossa concretamente è stata ovviamente Seul che ha riattivato oggi (giorno ritenuto essere
il compleanno di Kim Jong-un) la propaganda audio anti-Pyongyang lungo la Zona Demilitarizzata in quanto il
test viola l’accordo che il 25 agosto scorso aveva posto
fine all’ultima schermaglia, in ordine di tempo, tra due
nazioni ancora formalmente in guerra, scatenata proprio
dalla dura reazione del Nord alla programmazione. Inoltre sarà temporaneamente limitato l’accesso al parco industriale congiunto di Kaesong, unico esempio di cooperazione tra le due Coree a sopravvivere. In seguito a
quell’intesa le parti avevano inoltre organizzato un nuovo
incontro tra alcune delle famiglie divise dalla guerra
’50-’53 e avviato discussioni per nuovi progetti di scambi
civili. La Trustpolitik della Presidente Park Geun-hye
non è quindi riuscita nemmeno questa volta ad incassare
L’attore principale rimane la Cina, garante della famiglia
Kim. ll presidente cinese Xi Jinping appare sempre più
infastidito dalle iniziative di Kim Jong-un e durante la
2
commentary
conferenza stampa la portavoce del ministro degli affari
esteri non solo ha ripetuto la posizione ufficiale di Pechino contraria a qualunque test nucleare, ma ha lasciato
emergere davanti alla stampa le incrinature del rapporto
con Pyongyang, ribadendo in modo stizzito che la Cina
non era stata preventivamente avvisata. La Cina sarebbe
l’unico attore in grado di far crollare il regime di Pyongyang ma interessi più profondi impediscono a Xi di rispondere in maniera risolutiva. Se il regime crollasse,
milioni di rifugiati nordcoreani si riverserebbero oltre il
confine creando una crisi umanitaria dai costi che Pechino (né tantomeno Seul) ha intenzione di sostenere. Col
venir meno della minaccia nord coreana per Seul, potrebbe verificarsi anche un altro esito ancora più osteggiato da Pechino, il riposizionamento delle navi e aerei da
combattimento statunitensi verso Taiwan e il Mar Cinese
Meridionale.
della nascente cooperazione tra le due Coree e la Russia
in progetti infrastrutturali e commerciali. Finora sono
stati effettuati tre trasferimenti di prova di forniture di
carbone russo alla Corea del Sud passando per il porto
nord coreano di Rajin. Quest’iniziativa è apparsa come
un segnale positivo verso la parziale riduzione delle sanzioni imposte dall’amministrazione di Lee Myung-bak
(2008-2013) all’indomani dell’affondamento della corvetta Cheonan (2010) che hanno sospeso tutti gli investimenti sudcoreani al Nord ad eccezione di Kaesong.
Sebbene l’amministrazione Park abbia subito smentito
l’eventualità di tale revoca, si tratta comunque di uno dei
pochissimi canali di dialogo con il Nord. Difficilmente
ora Seul potrà approvare gli investimenti da destinare al
progetto trilaterale.
In conclusione, si può affermare che l’ultimo test nucleare nordcoreano non presenti nulla di nuovo. Indipendentemente dalla tipologia di bomba, la Corea del
Nord è già in possesso dell’arma atomica e sebbene la
comunità internazionale risponderà adottando nuove
sanzioni economiche, i fatti del 6 gennaio confermano
l’inefficacia di queste misure. Le immediate reazioni già
indicano come nemmeno questa volta assisteremo ad
iniziative diplomatiche di più ampio respiro volte a dialogare con Pyongyang. Non aspettiamoci quindi una
svolta rispetto a quanto visto finora nella gestione della
“questione nordcoreana”.
Pechino quindi non cela l’irritazione e la condanna per il
programma nucleare, ma non si è finora dimostrata affidabile in materia di applicazione delle sanzioni. La Cina
infatti per quanto frustrata per il programma nucleare non
rinuncia a favorire l’integrazione dell’economia coreana
col nordest cinese. E’ indubbio che le sanzioni creeranno
nuovi ostacoli agli scambi, ma i nordcoreani e i loro
partner continueranno ad eludere i divieti avendo a che
fare con l'isolamento finanziario sin dal congelamento del
Banco Delta Asia di Macao nel 2005 da parte del Tesoro
statunitense.
©ISPI2016
La ripercussione economica che invece pare molto probabile riguarderebbe l’interruzione da parte sudcoreana
3