Robert J. Flaherty (1884
Transcript
Robert J. Flaherty (1884
Robert J. Flaherty (1884-1951) R. Flaherty posa con una delle attrici Itavimuit durante le riprese del film. Questo immagine – assimilabile per tipologia agli scatti malinowskiani (si veda Slide 2) - testimonia l'importanza che la documentazione fotografica ha sempre rivestito nelle spedizioni occidentali – etnografiche e non – di inizio Novecento. Gli Itavimuit che hanno lavorato alle riprese e alla messa in scena di “Nanook” vivevano nella zona nord-occidentale della regione Nunavik. Il trading post stabilito dalla società francese Revillon Frères, finanziatrice di Flaherty, si trovava presso Inukjuak. “A story of life and love in the actual Arctic” Come ci avverte il sottotitolo del documentario, si tratta di una “storia”. Il termine ci rimanda, da un lato, al carattere costruito e fittizio del racconto filmico; dall'altro, esso ci mostra la forza di persuasione e la capacità di evocazione – in una parola: la performatività - della narrazione, qui articolata visivamente, che Noi facciamo dell'Altro. Priorità... “I wanted to show the Inuit. And I wanted to show them, not from the civilized point of view, but as they saw themselves, as 'we, the people.'” Flaherty cit. in Griffith, 1972 ...e priorità. “"Suppose we go," said I, "do you know that you and your men may have to give up making a kill, if it interferes with my film' Will you remember that it is the picture of you hunting the ivuik (walrus) that I want and not their meat" "Yes, yes, the aggie (movie) will come first," earnestly he assured me. "Not a man will stir, not a harpoon will be thrown until you give the sign. It is my word." We shook hands and agreed to start the next day.” Robert Flaherty, An Early Account of the Film, n.p. Un fermoimmagine di Nanook che sembra volerci mostrare non gli Inuit bensì gli “Eskimo”, i mangiatori di carne cruda, secondo l'etimologia dell'etnonimo coniato dagli Algonchini, dalla poverissima e rudimentale cultura materiale, i quali spinti dalla fame si cibano di una foca appena uccisa. Una didascalia del film a sfondo didattico. Sebbene l'intento sia quello di correggere una credenza errata, la sorpresa riguardo la possibilità per gli Inuit di utilizzare un alimento “superfluo” e non atto all'immediata estinzione della fame (vedi Slide 8), di indulgere in una preparazione preliminare del cibo (“proprio come il nostro burro”) tradisce un atteggiamento etnocentrico e fintamente aperto. La scena della “finestra”. Evidenziando l'ingegno degli Inuit nel costruire qualcosa che si stacca dall'immediata necessità di sopravvivenza, ovvero quello che Flaherty sembra concepire come il primo accesso alla “Cultura”, traspare un pregiudizio di fondo che vede l'Eschimese come un “buon selvaggio” ancora non pienamente distaccatosi dal regno intonso della Natura. Di seguito, alcune fotografie di diorami, rappresentazioni plastiche tridimensionali inventati da L.J.-M. Daguerre e C.-M. Bouton nel 1822. Il diorama è interessante non solo per il tipo di rappresentazione stereotipata che offre dell'Altro ma anche per la sua collocazione nel panorama museale occidentale. Nei Musei di Storia Naturale i diorami che rappresentavano i “Selvaggi” si affiancavano a quelli di carattere puramente zoologico. Orsi catturano salmoni mentre risalgono la corrente, Museo di Storia Naturale di Milano I San nel Deserto del Kalahari, Museo di Storia Naturale della Prefettura di Aichi, Giappone. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Diorama#/media/File:Little_world,_Aichi_prefecture_-_Main_exhibition_hall__The_San_in_the_Kalahari_Desert_-_Maquette.jpg American Museum of Natural History, NYC. Fonte: https://www.flickr.com/photos/danielmennerich/5092446372 American Museum of Natural History, NYC. Fonte: https://nickyhamlyn.files.wordpress.com/2012/10/diorama-11.jpg Native Americans and new settlers. American Museum of Natural History, NYC. Fonte: https://jacksadventuresinmuseumland.files.wordpress.com/2014/11/20141106_101606.jpg Una affermazione provocatoria e un invito alla riflessione... “Sometimes you have to lie […] One often has to distort a thing to catch its true spirit.” Robert J. Flaherty
Documenti analoghi
Analisi del film e approfondimento
(materiale tratto da Gianni Rondolino, Storia del Cinema, UTET, Torino 2000, pp. 145-147)