Investment Outlook

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Investment Outlook
Bill
Gross
Investment
Outlook
Novembre 2010
Scappa tacchino, scappa!
Si dice che un paese ha i politici che merita
o forse merita i politici che ha. In ogni caso,
bando alle questioni di precedenza, tra non
molto sarà il turno dell’America. In vista delle
imminenti elezioni, noi elettori letargici e
confusi dovremmo quanto meno chiederci
“Ma che cosa succede qui”? Democratici o
Repubblicani, elefanti o asini, non sembra mai
palesarsi alcuna novità di rilievo. Entrambi
i partiti si sono dimostrati perfettamente
in grado di incrementare di centinaia di
miliardi di dollari l’indebitamento nazionale
senza addivenire ad alcun risultato degno di
nota oppure di spostare l’esercito americano
da un paese all’altro a caccia di fantasmi
invece di concentrarsi su problemi molto più
scottanti all’interno dei confini nazionali.
Cari miei, non si tratta di scegliere tra
cioccolato e vaniglia. Le prospettive sono
piuttosto funeste: qualche zuccherino ora
per entusiasmarci prima delle elezioni,
ma svariati bocconi amari da inghiottire
immediatamente dopo.
La tattica elettorale di entrambi i partiti
mi ricorda i terminal degli aeroporti ante
11 settembre, in cui imbonitori schierati a
qualche metro di distanza si contendevano
l’attenzione e i dollari dei passeggeri. “Salvate
le balene!”, esortava uno, mentre un altro
posava, quasi fosse il gemello cattivo, vicino
ad un cartellone improvvisato con la scritta
“Mangiate il grasso di balena!”. A prescindere
da quale slogan attirasse la vostra attenzione,
a fine giornata il risultato era invariabilmente
un bel gruzzolo per loro e zero balene salvate
o mangiate. La politica americana ricorda
proprio un siffatto aeroporto con un piattino
dell’imbonitore in attesa di essere riempito
ogni due anni.
Ma il vero problema non è tanto che tutti
vi abbiamo contribuito con generosità o
addirittura con ingenuità, quanto piuttosto
che la scelta è ristretta a due piattini. Thomas
Friedman, l’esimio autore del volume Il
Mondo è Piatto ed opinionista del New
York Times, ha recentemente suggerito di
“squarciare l’attuale duopolio dei due partiti
per aprire la sfida ad un terzo partito politico
con intenzioni serie” non foraggiato dai
denari dei gruppi di interesse. “In pratica ci
ritroviamo con due partiti falliti, che stanno
trascinando il paese al fallimento” era il
ragionamento tutt’altro che velato nel suo
articolo con cui concordo in toto. Balene
sì o balene no. Nel 2004 era rilevante che
John Kerry fosse o non fosse un eccellente
capitano di vedette veloci? L’assenza di una
moschea a qualche centinaio di metri da
Ground Zero risolverà la crisi del nostro
deficit? Christine O’Donnell è davvero una
strega? Meg Whitman aveva una clandestina
come cameriera? Ma chi se ne importa!
Ci stanno infinocchiando, miei cari. Sia i
Democratici che i Repubblicani. Che cosa
avete sentito realmente dire da entrambi in
merito al futuro dell’America al di là della
loro fascinazione pruriginosa e fugace per
scandali? Vergogna a loro e naturalmente a
noi. Abbiamo proprio quanto ci meritiamo.
Votate NO a novembre: no a entrambi i
partiti. Votate NO ad un bipartitismo che
scambia promesse di guadagno e speranze
di comando e poi finisce con il lasciare gli
americani in brache di tela.
Investment Outlook
La settimana prossima si profila un’altra
giornata importante, che per ironia della
sorte cade di mercoledì, all’indomani delle
elezioni, quando gli asini o gli elefanti
celebreranno il ritorno al potere e il prosieguo
dei loro battibecchi faziosi a prescindere
da chi comanda. Mercoledì sarà anche il
giorno in cui la Fed annuncerà un rinnovato
impegno sul fronte del Quantitative Easing,
un’espressione educata per mascherare una
mera “firma di assegni”. Il mercato vorrà
conoscerne l’importo (forse inizialmente fino
a 500 miliardi di dollari) così come l’obiettivo
previsto (forse uno slogan nebuloso del tipo
“inflazione al 2% o disastro”!). Ad ogni buon
conto, l’annuncio è stato ben telegrafato e
la reazione del mercato sarà probabilmente
pacata. Ma quel che conterà davvero sarà
la risposta alla domanda “Ma funzionerà a
lungo termine?” e forse anche ad un altro
quesito parallelo “Creerà una bolla sul
mercato obbligazionario”?
Al di là delle conclusioni, non solo gli
investitori, ma gli americani tutti dovrebbero
riconoscere che sarà mercoledì, ancor più di
martedì, la giornata decisiva che determinerà
l’effettivo grado di prosperità di cui godremo
in futuro. Naturalmente ci siamo già
passati: l’ultima volta è stata dopo la crisi
Lehman, in cui la Fed ha staccato assegni
per 1.500 miliardi di dollari per acquistare
i mutui delle Agenzie e un esiguo numero
di Treasuries. Potrebbe quindi suonare
eccessivamente enfatico l’uso del termine
“decisiva” per definire la seconda manovra
di Quantitative Easing o QEII, un po’ come
facevano quegli imbonitori all’aeroporto,
suppongo, che vendevano il grasso di balena
soltanto per sbarcare il lunario. Tuttavia,
due anni or sono, si dava implicitamente
per scontato che gli USA e le economie dei
G7 non avessero altro che l’esigenza di un
espresso o forse di una dose di anfetamine
per tornare alla normalità. Ma la normalità
non si è ancora materializzata e da allora vari
esperti di storia dell’economia, come Kenneth
Rogoff e Carmen Reinhart, continuano ad
Novembre 2010
avvertire che i paesi stretti nella morsa del
deleveraging possono avere necessità di
molti, non di alcuni anni per ritornare in
condizioni di stabilità.
Pertanto, la seconda tornata di QE ad
opera della Fed assomiglia molto più ad un
elettroshock dritto al cuore dell’economia
che non al blando antidepressivo del 2009.
Se questa seconda manovra di QE non
riuscirà ad innescare la reflazione sui mercati
dei capitali, a portare l’inflazione al 2% e
a far rientrare la disoccupazione entro i
livelli storici, ci attende una lunga e penosa
sfacchinata prima di ritornare alla prosperità.
Forse, come sostengono a gran voce alcuni,
le fondamenta del nostro benessere costruite
sulla “carta” meritano di essere sepolte
per sempre, ripartendo da capo, di certo
da livelli più modesti. Tuttavia, mercoledì,
la Fed deciderà che vale la pena di non
staccare la spina, somministrando al paziente
moribondo un’iniezione di adrenalina ed
una successiva flebo di morfina, anziché
rischiarne la dipartita e la definitiva rinascita
sotto altre sembianze.
Noi di PIMCO concordiamo con la diagnosi di
Ben Bernanke, ma vi assicuriamo, in quanto
forse lui non può, che l’esito non è affatto scontato.
Siamo, come ora ammettono pubblicamente
persino alcuni Governatori della Fed, in una
“trappola della liquidità”, in cui i tassi di
interesse o le migliaia di miliardi di assets
acquistati con il QEII potrebbero non stimolare
affatto né il credito né il debito, in quanto
palesemente non esiste la domanda da parte
dei consumatori. Fuggire da una trappola
della liquidità potrebbe risultare impossibile,
proprio come per la luce intrappolata in un
buco nero. Basta chiedere conferma al Giappone.
Ben Bernanke, tuttavia, ci proverà, anche perché,
ad essere sinceri, è l’unica cosa che può fare.
Non può aumentare o diminuire le imposte,
non può varare incentivi fiscali per stimolare gli
investimenti in infrastrutture, non può cambiare
il sistema educativo, non può obbligare i cinesi a
rivalutare la propria moneta. Non ha alternative.
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E, mentre sarà all’opera, si scoprirà la risposta
alla duplice domanda: “Funzionerà?” e “Creerà
una bolla sul mercato obbligazionario?”. Noi di
PIMCO non ci pronunciamo.
Eppure, mentre l’annuncio di mercoledì
prossimo riceverà il nostro qualificato plauso,
devo ammettere che potrebbe verificarsi una
situazione simile a quella di un tacchino che
attende in ansia il giorno del Ringraziamento.
Infatti gli obbligazionisti, pur essendone i
diretti beneficiari, potrebbero finire con l’essere
serviti su un piatto di portata a celebranti
più fortunati, siano essi dediti a classi di
attivi finanziari in grado di adattarsi meglio
all’inflazione, quali azioni o commodities, o
forse semplicemente quegli americani medi
che potrebbero godere di un tanto atteso
incremento dei posti di lavoro o anche soltanto
di un aumento dei salari nominali, per quanto
illusorio. La stampa di nuove migliaia di
miliardi di dollari non è una buona notizia
per gli obbligazionisti, in quanto produce
spinte inflattive e, a voler essere del tutto
onesti, ricorda in qualche modo uno schema
di Ponzi. In effetti, l’indebitamento pubblico
ha sempre avuto caratteristiche tipiche di
questo genere di catene di Sant’Antonio.
Certo, gli Stati Uniti, a volte, hanno ripagato
il proprio debito nazionale a rate, ma sempre
partendo dal presupposto che fintanto che
si trovavano creditori disposti a rinnovare
i titoli alla scadenza e a sottoscriverne di
nuovi, il gioco avrebbe potuto continuare
all’infinito. Gli stati sovrani hanno sempre
implicitamente ammesso che il loro debito
attuale non sarebbe mai stato ripagato, in
quanto avrebbero fatto leva sulla “crescita” per
scongiurare il manifestarsi di quella spiacevole
necessità, consentendo alla prosperità futura di
continuare a pagare per la finanza attuale.
Ora, tuttavia, date le perplessità circa le
prospettive di crescita, la Fed sembra aver
congegnato una nuova evoluzione del tipico
schema di Ponzi. Anziché pagare il debito
in scadenza con gli introiti provenienti dai
creditori del settore finanziario, quali banche,
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compagnie assicurative, stati con riserve in
eccedenza e investment managers, tanto
per nominare i più significativi, la Fed si è
gettata nella mischia. Invece di orchestrare
il gioco dall’alto, è scesa a piè pari nell’arena,
stampando mille e cinquecento miliardi
di dollari nel 2009, a cui seguiranno altre
migliaia di miliardi in futuro. La Fed sta infatti
comunicando ai mercati di non preoccuparsi
del deficit fiscale americano, perché sarà la Fed
stessa il compratore di prima e forse ultima
istanza. Non vi è necessità, come nelle catene di
Sant’Antonio, di continuare a trovare altri fessi,
provvederà la Fed stessa a stampare il denaro
necessario. Ma io vi chiedo: avete mai visto una
schema di Ponzi tanto spudorato? Non credo.
Questo è talmente unico da richiedere una
nuova definizione. Lo chiamerei “schema di
Sammy”, in onore dello zio Sam e dei politici
(così come dei cittadini) che ci hanno condotto
a questo momento decisivo. Non è uno schema
di Bernanke, perché è la sua unica alternativa
e non ha la colpa di averlo inventato in prima
persona. E’ uno schema di Sammy – vostro e
mio e dei politici che abbiamo eletto ogni due
anni. Ecco su chi deve ricadere il biasimo.
Ad ogni modo, come ho indicato, lo schema
di Sammy può essere una buona notizia per
gli obbligazionisti solo temporaneamente,
ma non in via definitiva. Provoca il rialzo dei
prezzi delle obbligazioni per creare l’illusione di
rendimenti annuali elevati, ma in conclusione
finisce in un vicolo cieco in cui quei prezzi non
potranno più salire. Giunto al capolinea, il
mercato offrirà rendimenti pressoché pari
allo 0% e una sorta di borseggio dei creditori
tramite l’inflazione e i tassi di interesse reali
negativi. Non sarà molto diverso il destino
dei titolari di azioni, che peraltro potranno
in parte effettuare aggiustamenti rispetto
alla crescente inflazione, evitando un esito
altrettanto clamoroso. Il mese scorso, mi sono
schierato a favore di rendimenti bassi in quasi
tutte le categorie di assets, anche perché in parte
è giunto a fine corsa il mercato rialzista dei
tassi di interesse durato ben 30 anni con una
tendenza accentuata dalla manovra del QEII,
in cui i rendimenti dei Treasuries a 2 e a 3 anni
hanno sfiorato la soglia dello 0%. A qualcuno
interessano i Treasuries quinquennali all’1.10%?
Bene, li acquisterà la Fed, ma a quel punto che
cosa e come farà PIMCO a dire ai 500 miliardi
di dollari degli investitori della strategia Total
Return e ai 750 miliardi dollari altrettanto
preziosi di altri assets che è infine arrivata la
mannaia del giorno del Ringraziamento?
Puli, Puli
5
5 anni di tassi di interesse reali
per cento (%)
4
3
–.45%!
(Minus .45%!)
2
1
QE I
0
-1
QE II
giugno sett.
08
08
dic.
08
Fonte: Bloomberg
Mar. giugno sett.
09
09
09
dic.
09
Mar. giugno sett.
10
10
10
Grafico 1
Diremo loro quanto segue: sapete, nel
giorno del Ringraziamento alcuni tacchini
ricevono la grazia o semplicemente si
mettono a correre più veloci degli altri! E
lasceremo intendere che PIMCO è uno di
quei fortunati. Non potremmo essere sulla
breccia da oltre 35 anni senza aver trovato il
modo di sfuggire alla mannaia di novembre.
Siamo fra i sopravvissuti e i nostri clienti
non saranno di certo i tacchini sul piatto
di portata. Probabilmente non potrete più
pavoneggiarvi con il medesimo brio di un
tempo – quei rendimenti annualizzati di azioni
e obbligazioni intorno al 10% appartengono
al passato – ma l’anno prossimo sarete ancora
dei nostri, così come l’anno successivo e quello
dopo ancora. I tassi d’interesse hanno forse
toccato il fondo, ma vi sono altre alternative,
che definiamo “alternative dallo spread
sicuro”, che consentono di scansare la mannaia
senza correre rischi eccessivi: una è quella
offerta dalle obbligazioni dei mercati in via
di sviluppo ed emergenti con rendimenti più
elevati e non denominati in dollari, un’altra
è costituita dalle obbligazioni corporate
globali di qualità elevata. Persino i mutui
delle Agenzie USA che rendono 200 punti
base più di quei Treasuries all’1% possono
rientrare in questa definizione. Anche se si
tratta di soluzioni che non offrono garanzie
certe, sono state pensate per consentirvi di
dormire sonni tranquilli, preoccupandovi
meno della volatilità dei tassi d’interesse.
La Fed vuole acquistare, quindi, forza Ben
Bernanke, sfodera le tue migliori e forse ultime
mosse mercoledì prossimo! Stai facendo il
tuo dovere, a prescindere dall’esito finale. Ma
in ogni caso sarà suggellato il definitivo
tramonto di grande mercato toro durato 30
anni nel comparto obbligazionario, che si
tradurrà nella necessità da parte dei gestori
obbligazionari e, certamente, di quelli
azionari di adeguarsi ad un nuovo contesto.
Se un paese ha politici che si merita, lo stesso
vale per gli investitori: avrete quello che vi
meritate. Votate No ai tacchini repubblicani e
democratici martedì e Sì a PIMCO mercoledì.
Speriamo di essere la vostra “autorità globale
degli investimenti” in una nuova era di “spread
SICURI” con meno rischi a livello di tassi
d’interesse, duration e prezzi, ma pur sempre
con potenziali rendimenti discretamente
elevati. Per noi, e si spera per voi, il giorno
del Ringraziamento potrebbe dover essere
posticipato a data da destinarsi.
William H. Gross
Managing Director
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