Angelo Mozzillo, afragolese del XVII secolo L`artista “ sconosciuto ”
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Angelo Mozzillo, afragolese del XVII secolo L`artista “ sconosciuto ”
Angelo Mozzillo, afragolese del XVII secolo L’artista “ sconosciuto ” Le vicende biografiche e artistiche di Angelo Mozzillo sono ancora di là dall’essere indagate benché, già sin dal lontano 1960, don Gaetano Capasso, nel tracciare un sintetico profilo dell’artista in margine ad un suo volume su Afragola si auspicasse «almeno un album storico che consentisse di poter seguire da vicino la produzione del pittore». Se si escludono, infatti, le brevi battute riportate dal Capasso nel suddetto volume, successivamente riprese dal Caputo; la voce relativa all’artista nel dizionario “Bolaffi” dei pittori italiani e nel più recente repertorio sulla pittura napoletana del Settecento curato dallo Spinosa; i brevi interventi apparsi in nota a volumi di storia locale; e prima ancora gli scritti del Dalbono e del Bonazzi, null’altro è stato scritto sul Mozzillo. Il quale, nato ad Afragola nel I756, fu operoso fino agli inizi del sec. XVIII a Nola, dove si era trasferito e dove probabilmente morì nel 1807, anno ultimo in cui è documentato dal Ruotolo un suo intervento per «gli accomodi di pitture nel secondo quadro della volta della nave grande e nella mezzaluna del finestrone sopra la cappella del Beato Giovanni nella chiesa napoletana di Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone». Insomma, Mozzillo è un artista di cui si è detto e scritto poco. A questa precisa connotazione che caratterizza l’approccio storiografico nei confronti del Mozzillo, e più in generale, nei confronti di tutti i cosiddetti “artisti minori”, non sfuggono, purtroppo, data l’esiguità dello spazio che c’è concesso, neppure le brevi note che seguono, con le quali ci limiteremo a illustrare l’attività svolta dal pittore - alla fine del XVIII secolo - per conto dei monaci camaldolesi; non prima, tuttavia, di averne tracciato un sia pur breve profilo per meglio intendere il periodo storico e artistico in cui egli visse e operò. Dopo una prima formazione a Napoli presso la bottega del Bonito, il prolifico pittore di Castellammare di Stabia molto quotato presso la corte borbonica per i suoi ritratti, Angelo Mozzillo esordì a San Vitaliano, presso Nola, con un dipinto su tela nella volta della chiesa della locale confraternita dell’Immacolata. Poi, con una serie di commissioni in rapida successione, eseguì affreschi e dipinti un po’dovunque in Campania: dalla natia Afragola, a Caivano, a Marano; da Cimitile a Nola, a Liveri, a San Paolo Belsito, a Palma Campania, a Scafati; da Ottaviano a Castellamare di Stabia, a San Giuseppe Vesuviano, a Cicciano fino a Sant’Agata dei Goti, Solopaca, Sparanise. La fama raggiunta dal Mozzillo fu tale che nel 1788 i governatori del Pio Luogo di S. Eligio a Napoli lo incaricarono di decorare volte e pareti della Sala delle Udienze destinata a ospitare i sovrani borbonici allorché si recavano ad assistere all’annuale festa della Madonna del Carmine. Qualche anno dopo la realizzazione degli affreschi di Sant’Eligio, i monaci camaldolesi commissionarono al Mozzillo una serie di affreschi da eseguirsi per gli eremi di Napoli e Visciano. I lavori di abbellimento erano parte di un programma di rinnovamento degli eremi convenuti nella confraternita Eremitica Napoletana, dopo il distacco - su richiesta del re di Napoli e l’assenso di papa Clemente XIV - di alcuni di essi, dall’originaria congregazione di Montecorona. Sulla volta a botte della navata centrale dell’eremo del SS. Salvatore a Napoli, il Mozzillo eseguì una Gloria di S. Romualdo incorniciato da dieci lunette e da due ovali. Nella parte centrale, il santo è raffigurato in estatica contemplazione della Trinità mentre una schiera di puttini e di santi camaldolesi s`innalza al cielo tra leggere nubi che si dipartono come in una raggiera. Nel primo degli ovali, quello posto in corrispondenza dell’arco trionfale, l’artista affrescò un monaco della chiesa di Classe mentre mostra l’apparizione di Apollinare al giovane san Romualdo prostrato ai piedi di un altare in abiti da cavaliere; nel secondo ovale, sul finestrone centrale, il Mozzillo affrescò, invece, lo stesso san Romualdo che impone all’imperatore Ottone III di andare a piedi scalzi da Roma fino al santuario di San Michele sul Gargano, a espiazione della strage di Tivoli. A. Mozzillo Gloria di San Romualdo, Napoli, Eremo dei Camaldoli Partendo dalla sinistra dell’altare affrescò poi, in dieci lunette, cinque per lato, altrettanti santi camaldolesi e, per la precisione San Mauro abate, San Bernardo Pio, San Silvestro Gozzolino, San Bernardo dei Tolomei, Santa Scolastica, Santa Lucia da Settefonti, Celestino papa, San Guglielmo da Vercelli, San Giovanni Gualberto e San Benedetto. Mentre per gli affreschi della sagrestia e dell’attiguo vestibolo, da alcuni attribuitigli, l’intervento dell’artista si limitò solo a lievi ritocchi come conferma il recente ritrovamento in calce ad essi di una sigla e una data non corrispondenti né alle iniziali del pittore, né all’anno 1792 con cui sono datati i già citati affreschi. È certo, invece, che nello stesso anno, il Mozzillo realizzò per la volta della cappella del Capitolo nella chiesa dell’eremo di Visciano un altro grande affresco. Il dipinto A. Mozzillo, Trionfo dell'Ordine Camaldolese, Visciano, Eremo dei Camaldolesi che raffigura il Trionfo dell’Ordine Camaldolese illustra, per dirla col Prudenziano storico dell’eremo viscianese - «una notevole pagina di catechesi, in quanto comprende le Virtù teologali, cardinali ed i quattro novissimi»; le virtù sono rappresentate da figure femminili e da angeli con i rispettivi simboli. Al centro, in alto, sovrasta l’intera composizione, la figura di san Romualdo che adora lo Spirito Santo mentre tiene la mano sinistra sulle spalle di un uomo che con gli abiti rappezzati e il cilicio tra le mani simboleggia la Penitenza. Nell’attiguo monastero il Mozzillo decorò probabilmente anche il soffitto dell’appartamento del priore. Le pitture, realizzate su carta, sono ancora in loco ma si presentano irreparabilmente sbiadite. Franco Pezzella
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