La rassegna di oggi
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La rassegna di oggi
RASSEGNA STAMPA CGIL FVG – mercoledì 21 dicembre 2016 (Gli articoli di questa rassegna, dedicata prevalentemente ad argomenti locali di carattere economico e sindacale, sono scaricati dal sito internet dei quotidiani indicati. La Cgil Fvg declina ogni responsabilità per i loro contenuti) ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE (pag. 2) La giunta ripesca i lavori socialmente utili (Piccolo, 2 articoli) Referendum, il sì prevale nelle pmi (M. Veneto) Scuole senza preside, Cgil in pressing su Regione e Miur (Piccolo) Panontin resta in giunta da assessore dimezzato (M. Veneto) Pd e Cittadini frenano la corsa di Bolzonello (M. Veneto) È divorzio tra le Bcc, addio al gruppo unico (M. Veneto) CRONACHE LOCALI (pag. 7) Detroit chiusa da due anni, 120 operai senza più soldi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Nidec, 70 nuove assunzioni il prossimo anno (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Sindacalista si “gonfiava” la pensione (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Le emissioni della centrale sotto la lente (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Nel 2017 nuovi alloggi Ater a 450 famiglie (Piccolo Trieste, 2 articoli) Tbs cede la maggioranza di Insiel Mercato (Piccolo Trieste) Rogo al Catas, milioni di danni (M. Veneto Udine) La Grande Sedia non c’è più (M. Veneto Udine) Oggi l’assunzione di 240 insegnanti (M. Veneto Udine) I genitori all’ufficio scolastico: «Sollevate la prof dall’incarico» (M. Veneto Udine) Finestra caduta, i ragazzi: «Non torniamo a scuola» (M. Veneto Udine) Via libera alla nuova Aas3. I sindaci approvano il Pal (M. Veneto Udine) Electrolux, Vallenoncello dice sì all’ipotesi di accordo (Gazzettino Pordenone) «No all’assemblea». Alla Casagrande un’ora di sciopero (M. Veneto Pordenone) Un mega-cantiere da 4mila addetti (Gazzettino Pordenone) Fiera, incognita sul futuro per l’addio della Provincia (M. Veneto Pordenone) Isis, la Regione congela il nuovo indirizzo turistico (M. Veneto Pordenone) 1 ATTUALITÀ, ECONOMIA, REGIONE La giunta ripesca i lavori socialmente utili (Piccolo) di Marco Ballico - Li richiedevano i lavoratori e i sindaci. Perché gli Lsu, i Lavori socialmente utili, erano serviti in tempi di crisi a rispondere a 5-600 domande all’anno in Friuli Venezia Giulia. Dopo un 2016 di stop, effetto collaterale del Jobs Act, ecco che l’assessorato Panariti ripesca il provvedimento approfittando di un vuoto normativo nazionale e lo sostiene con 3,5 milioni di euro in Finanziaria. Con il decreto legislativo 150/15, uno degli ultimi provvedimenti applicativi della legge delega in materia di lavoro approvata dal Parlamento nel dicembre 2014, era stato abrogato il 468/97, la base giuridica dei Lavori socialmente utili, quelli che coinvolgono beneficiari di trattamenti previdenziali attraverso progetti messi a punto dalle pubbliche amministrazioni tra manutenzione urbana e welfare: dall’assistenza infanzia e anziani alla riabilitazione tossicodipendenti e portatori di handicap, dalla raccolta differenziata e gestione discariche alla messa in sicurezza di edifici a rischio, aree urbane e centri minori. E così, dopo che dal 2012 la Regione era intervenuta con contributi propri (fino a 4,5 milioni di euro all’anno), nell’assestamento 2016 non era comparsa alcuna posta: impossibile rifinanziare un istituto privo di un fondamento di legge. A seguito tuttavia della recente modifica del comma 26 del 150 che ha lasciato in vigore gli articoli 7 e 8 del 468, proprio quelli che trattano di Lsu, nell’attesa della sottoscrizione tra Regioni e Anpal, Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, delle convenzioni a favore di chi gode dell’indennità di disoccupazione e degli over 60, l’assessorato al Lavoro ha potuto reintegrare il contributo, «utile risposta alle istanze di Comuni e lavoratori», sottolinea Panariti. Nel nuovo testo, una volta appunto definite le regole assieme all’Anpal, ad attivare i progetti potranno essere non solo Comuni e altri enti pubblici, ma anche soggetti come case di riposo, cooperative sociali, associazioni di volontariato, sempre però sotto la direzione del Comune capofila. Tra le novità, pure il tetto delle 20 ore settimanali per gli ultrasessantenni per i quali è prevista una retribuzione pari all’assegno sociale, un massimo di 448,52 euro, mentre potrebbero esserci ore eccedenti per i cassaintegrati. Ai 3,5 milioni per gli Lsu, all’interno di un “pacchetto” complessivo di 18,2 milioni in Finanziaria a disposizione del settore Lavoro, compaiono anche i 3,5 milioni per il sostegno ai contratti di solidarietà difensivi (le intese aziendali per la diminuzione dell’orario lavorativo ), i 3 milioni per le politiche attive, i 2.450.000 euro per l’utilizzo dei disoccupati nei cantieri, i 2 milioni per i Lavori di pubblica utilità (finanziamenti a disoccupati da almeno 8 mesi privi di ammortizzatori sociali) e i 2 milioni per l’integrazione e l’occupazione dei lavoratori disabili. Cantieristica e nautica da diporto trainano la ripresa dell’occupazione testo non disponibile 2 Referendum, il sì prevale nelle pmi (M. Veneto) Si chiudono oggi le consultazioni sul contratto dei metalmeccanici. Le indicazioni che arrivano dalle fabbriche propendono per il sì all’accordo con Finmeccanica, ma ci sono dei distinguo. Perché sia in Fincantieri, sia in Electrolux i mal di pancia sono molti ed è probabile la bocciatura. Soltanto oggi arriveranno i dati definitivi. Fiom, Fim e Uilm hanno sottoscritto con Federmeccanica l’ipotesi di contratto nazionale, ma è la Rete 28 aprile a gonfiare le vele della fronda del no. Al punto tale che il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, lunedì della scorsa settimana era nel capoluogo giuliano per ricordare ai metalmeccanici le ragioni che hanno spinto la Fiom a firmare. Chiuse le ultime assemblee appena ieri sera, oggi è già tempo di risultati. «Alla Luvata di Pocenia abbiamo il 70/80 per cento dei consensi - spiega Maurizio Balzarini, segretario friulano della Fiom . Alla Dl Radiators tra l’80 e il 90 per cento. Resta qualche elemento di dissenso alla Luvata di Amaro, ma complessivamente il consenso alla proposta è elevato». Nelle aziende medio piccole, «il consenso all’ipotesi di accordo è fra l’80 e il 90 per cento - rivela Ezio Tesan, coordinatore regionale della Uilm -. Se vince il sì avremo un contratto diverso che mira a mantenere vivo lo strumento del contratto nazionale». «A Udine l’andamento è tranquillo - chiosa Pasquale Stasio, segretario provinciale della Fim -. A Gorizia Mangiarotti e Finmeccanica tendono al sì». Attesa per il risultato di Electrolux Porcia, dopo che il contratto è stato bocciato a Solaro, Susegana e Forlì con percentuali dal 60 all’80%. (m.z.) Scuole senza preside, Cgil in pressing su Regione e Miur (Piccolo) Fare pressing sul ministero dell’Istruzione e sull’intero governo affinchè emanino « in tempi rapidi il bando di concorso per i dirigenti scolastici e per i direttori dei servizi, fermi da 5 anni il primo e addirittura da 20 il secondo». È la richiesta avanzata dalla Flc-Cgil all’assessore Loredana Panariti e ai rappresentanti degli enti locali. «Il bando di concorso - afferma il segretario Fvg Adriano Zonta è l’unico modo per superare la drammatica situazione delle reggenze nelle scuole, fornendo alle stesse un dirigente titolare». 3 Panontin resta in giunta da assessore dimezzato (M. Veneto) di Anna Buttazzoni - Dimezzato, ma in sella. Paolo Panontin resta un assessore della giunta di Debora Serracchiani. La presidente sceglie la linea morbida, gli revoca le deleghe incompatibili con l’inchiesta in corso – Personale e Provveditorato – e mantiene l’assessore pordenonese al suo posto. Finisce così il primo round del caso che per una settimana ha tenuto in scacco la giunta, dopo la notizia che Panontin è indagato dalla Procura di Trieste con l’accusa di peculato, truffa e falso in atti pubblici, per l’utilizzo improprio dell’auto blu, ipotesi di reato di cui l’assessore deve rispondere in concorso con Fulvio Spitz, l’autista della Regione a lui assegnato. Ieri a palazzo circolavano due battute. La prima: «Sarà che Serracchiani è diventata buona?», commento toccato anche al segretario del Pd Matteo Renzi dopo l’assemblea nazionale di domenica. Serracchiani concede un metro alla sua intransigenza, anche per non aprire un nuovo fronte politico – quello con la civica Cittadini di cui Panontin è espressione –, e attende almeno la prossima fase dell’indagine, per non condannare l’assessore prima che lo facciano, eventualmente, i giudici. L’altra battuta è tutta dedicata a Panontin, che dopo ieri si trasforma in un caso politico oggetto di studio. A nessuno in Regione è mai capitato di dare le dimissioni due volte e per due volte vedersele cestinare. Una fortuna di cui non abusare. I Cittadini brindano al successo. Loro che lunedì sera avevano stabilito di proteggere fino in fondo l’assessore, chiedendo alla presidente di attendere almeno l’eventuale rinvio a giudizio. Solo quel passaggio, se ci sarà, dopo la valutazione dei fatti da parte di un giudice terzo, determinerà l’uscita di Panontin dalla giunta. È stato il presidente regionale della lista civica, Bruno Malattia, a trattare di nuovo, ieri mattina, con Serracchiani. E mentre loro trattavano Panontin firmava le sue seconde dimissioni, rimettendo nelle mani di Serracchiani tutte le sue deleghe. «La presidente – recita la nota ufficiale della giunta regionale –, sulla base delle evidenze dell’indagine appena concluse, ha ritenuto opportuno sospendere l’assessore relativamente alle deleghe confliggenti con l’ipotesi di reato e con la fattispecie precisata nell’indagine. Tale provvedimento resterà in vigore sino a che dalle Autorità giudiziarie saranno state prese determinazioni in merito a un eventuale rinvio a giudizio». Il Personale, dunque, passa temporaneamente nelle mani di Serracchiani, mentre il Provveditorato è affidato a Francesco Peroni, che ha già il compito di gestire il Patrimonio. Panontin resta assessore alle Autonomie locali, alla Protezione civile e a Caccia e Pesca. «È una decisione equilibrata – commenta Malattia – , anche perché non è possibile continuare con una politica che getta la spugna di fronte a qualsiasi avviso di garanzia, occorre valutare caso per caso». «Il nostro movimento – afferma il capogruppo dei Cittadini in Consiglio, Pietro Paviotti – ha espresso una posizione chiara, ferma ed equilibrata. La difesa, nei confronti di un assessore che tanto ha dato in questi tre anni e mezzo, non è d’ufficio ma, al contrario, è il riconoscimento pieno dell’importante lavoro svolto oltre che di un comportamento sempre ineccepibile». Era la fine del novembre 2014 quando il Consiglio venne chiamato a varare la riforma degli enti locali. Panontin, con la complicità dei funzionari, dimenticò di redigere un documento tecnico e il dibattito finì in bagarre. Panontin allora firmò il suo primo passo indietro, cestinato da Serracchiani. Ieri il secondo. «È stato difficile firmare le dimissioni, sì – confessa l’assessore –, perché ho vissuto come un’ingiustizia il fatto di dover lasciare o di essere revocato. Ho rischiato perché comunque mi sembrava giusto farlo. Le fattispecie all’attenzione della magistratura meritano quanto meno un approfondimento. È corretto darmi il modo e il tempo per poter dimostrare che le accuse sono infondate. Poi, vedremo come andrà, attendiamo gli sviluppi. Ringrazio la presidente e i molti, di ogni partito, che in questi giorni mi hanno manifestato la loro solidarietà». Sorride Panontin. E spera di non doversi dimettere per la terza volta. 4 Pd e Cittadini frenano la corsa di Bolzonello (M. Veneto) di Anna Buttazzoni - Nessuna sorpresa, no, ma segni di nervosismo e stizza quelli sì. Ieri Pd e Cittadini si sono svegliati sotto il segno di Sergio Bolzonello, il vicepresidente della Regione, che nell’intervista al Messaggero Veneto ha confermato d’essere pronto a correre per la poltrona di numero uno del Fvg. Gli alleati non discutono il valore di Bolzonello, bensì i modi e il tentativo di spingere sull’acceleratore, quando invece oggi i dem sono disorientati, alle prese con lotte interne, analisi di sconfitte e tentativi per capire quali debba essere la rotta. Nemmeno gli avversari politici ci stanno, perché nelle parole di Bolzonello vedono la fine anticipata della legislatura regionale e quindi mettono di nuovo nel mirino la presidente Debora Serracchiani. Che dopo aver letto ieri il giornale non ha battuto ciglio. Chi ha potuto incontrarla racconta che invece lei sì è rimasta sorpresa dall’intervista e infastidita, come al solito, dalle continue voci sul futuro politico. «Bolzonello e altri sono ottimi candidati, ma ragioneremo al momento debito – commenta il capogruppo del Pd in Consiglio regionale, Diego Moretti –, dobbiamo prima attendere cosa succederà a livello nazionale e nessuno oggi può dirlo, perché tutto dipende da Roma. Sul valore del vicepresidente non c’è nulla da dire, ma, ripeto, per le candidature dobbiamo attendere». Il senatore della minoranza dem, Carlo Pegorer, sferza i colleghi di partito. «Ritengo che il Pd a livello nazionale e regionale debba impegnarsi in una riflessione attenta su quanto avvenuto in questo periodo, dai risultati delle amministrative in Fvg al referendum. Le candidature – spiega Pegorer – sono tutte legittime quando vengono avanzate, ma il problema è riprendere in mano il rapporto con il nostro elettorato e ragionare sulle politiche condotte fin qui, piuttosto che proporsi per obiettivi tutti da definire e conquistare. E poi in Regione abbiamo una presidente e credo sia lei la naturale candidata a proseguire». Non parla di aspiranti alla presidenza Bruno Malattia, presidente regionale della civica Cittadini. «Si capiva da tempo che Bolzonello lavora per candidarsi, organizzando una sua assidua presenza sul territorio. Non mi stupisce, quindi, che lo confermi. Penso però che la sua candidatura sia prematura – aggiunge Malattia –, soprattutto perché la presidente Serracchiani non ha ancora svelato le sue intenzioni. Vedremo. Certo è positivo che ci siano più candidati motivati». Luca Ciriani (Fdi) attacca la presidente e Bolzonello, che punta ad arrivare alla scadenza naturale della legislatura, nell’aprile 2018. «Se l’ambizione di Serracchiani è candidarsi per le politiche del 2017, sarebbe inimmaginabile pensare a qualcuno che “traghetti” la Regione fino alle prossimi elezioni del 2018, cosa giuridicamente impossibile. Serracchiani ci dica quello che intende fare. Se – afferma Ciriani –, se ne vuole andare, lo faccia pure, purché a rimetterci non siano i cittadini di questa regione. Si vada allora subito al voto anticipato». Domani, invece, è programmata la segretaria regionale del Pd. La numero uno Antonella Grim sta trattando con le diverse anime dem, per restare segretaria regionale. 5 È divorzio tra le Bcc, addio al gruppo unico (M. Veneto) di Maurizio Cescon - Divorzio tra le Banche di credito cooperativo. Non si farà il gruppo nazionale unico, come da tempo auspicato. Ieri a Roma, durante l’assemblea di Federcasse, è stato sancito il divorzio dopo la presa d’atto che non ci sono le condizioni per costituire un solo soggetto che possa guidare, dal 2018 in poi, l’intero sistema delle Bcc. Non è stato dunque possibile ricomporre la frattura tra i due colossi in campo, Iccrea di Roma e Cassa Centrale di Trento. Non sono stati sufficienti riunioni, appelli, possibili soluzioni di compromesso. Ognuno andrà per la propria strada e ognuno cercherà di calamitare quante più adesioni potrà, in giro per l’Italia, nel firmamento di centinaia e centinaia realtà locali. E a questo punto, come fa capire il presidente della Federazione delle Bcc del Friuli Venezia Giulia, anche in regione sarà arduo mantenere la compattezza. «Credo che sarà molto difficile restare uniti - afferma Giuseppe Graffi Brunoro -, ma mi auguro che un numero importante di Bcc possa muoversi in sintonia. Poi ognuno farà le proprie scelte. Prima vogliamo vedere i piani industriali delle aspiranti capogruppo. Non abbiamo fretta di decidere, lasciamo passare le festività natalizie, poi vedremo cosa fare. Ma è meglio evitare scelte affrettate, prese sull’onda dell’emotività. Piuttosto ragioneremo a mente fredda, senza farci prendere dall’ansia. La divisione, a livello nazionale, era nell’aria. Credo sia un’occasione perduta, sarebbe stato meglio puntare sul gruppo unico». L’assemblea romana, dopo aver ascoltato la relazione del presidente Alessandro Azzi - tesa a informare sulle risultanze del lavoro dei “quattro presidenti” (Alessandro Azzi, Maurizio Gardini, Augusto dell’Erba, Diego Schelfi) incaricati di verificare l’esistenza di condizioni per costruire un gruppo bancario cooperativo unico a livello nazionale ha preso atto «della non praticabilità di tale soluzione». Azzi ha sottolineato il ruolo di Federcasse nell’assolvimento dei compiti a lei assegnati, in primo luogo la rappresentanza degli interessi del Credito cooperativo nel lungo e complesso progetto di riforma e di averlo fatto con risultati soddisfacenti, ricordando il ruolo cardine della Federazione italiana «in questa fase costituente verso il nuovo assetto». Iccrea e Cassa Centrale avranno tempo fino al maggio 2018 per depositare l’istanza per diventare capogruppo. Dopo il parere di Bankitalia e il via libera, ci saranno 90 giorni, da parte delle varie Bcc, per scegliere con chi stare. «Ma la procedura potrebbe essere più veloce conclude Graffi Brunoro - entro il 2017 potrebbe essere tutto definito, fin nei dettagli». 6 CRONACHE LOCALI Detroit chiusa da due anni, 120 operai senza più soldi (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Lica Perrino - Due anni fa, era il 20 dicembre del 2014, cessava la sua produzione lo stabilimento di Ronchi dei Legionari della Detroit Refrigeration. Qualche mese dopo, nel maggio del 2015, concluse le operazioni di smantellamento, il grande edificio di via Redipuglia veniva chiuso. Gran parte degli allora 124 dipendenti in queste settimane cesseranno di godere degli ammortizzatori sociali e ciò comporterà ulteriori difficoltà per le loro famiglie, già provate da questa situazione paradossale. Già, perchè il lavoro, a Ronchi dei Legionari, c’era. La minima parte di questi lavoratori, forse il 10%, sino ad oggi hanno avuto la possibilità di essere reintegrati nel mondo del lavoro con contratti a tempo indeterminato. Per il resto si sono dovuti accontentare di contratti spot o dei tanto discussi voucher. Discorso diverso, invece, per i lavoratori che hanno più di cinquant’anni. Per loro un posto di lavoro è rimasto, nella maggior parte dei casi, una chimera. «E’ di questa settimana – afferma l’ex Rsu, Morenzo Soranzio – la notizia che la Regione ha prorogato di due mesi la mobilità per coloro che l’avevano esaurita e sono tutt’ora disoccupati. Ma nonostante ciò resta in noi una ferita aperta e tanta rabbia per come siamo stati considerati da una politica miope che è limitata fare il proprio compitino». I lavoratori ce l’hanno un po’ con tutti, ad iniziare dall’ex sindaco, Roberto Fontanot. «Quando venimmo a sapere del possibile trasferimento dei primi reparti – continua – l’assemblea delle maestranze aveva chiesto l’intervento del primo cittadino, perchè prendesse atto della situazione e perchè portasse la solidarietà alla nostra gente. Ma non lo abbiamo mai visto. Ma ricordiamo anche quando venne portato in Regione, escludendo alcuni rappresentanti dei lavoratori, presunti imprenditori interssati allo stabilimento». Parlano di una politica superficiale e ricordano quando vennero convocati all’assessorato regionale alle attività produttive. «Ma allora – continua – dovemmo informare noi il funzionario che l’azienda interessata al nostro sito aveva già avviato la produzione in provincia di Udine». C’è ancora tanto rammarico tra le tute blu ronchesi, al pensiero che la Detroit era l’unica azienda in Friuli Venezia Giulia in grado di fornire, nel settore della refrigerazinone, sino all’ultimo accessorio. «Avevamo una sala prove – continua – ed un prodotto che aveva tutti i numeri per funzionare. Ma tutto ciò non è bastato. Non avevamo una valenza politica ed un bacino elettorale tale da far intervenire in prima persona la governatrice Debora Serracchiani, come, invece, è avvenuto per altre aziende regionali». Una logica che, ancora oggi, i lavoratori reputa poco trasparente e profonda, ingiusta nei confronti di certi lavoratori rispetto ad altri. «Troppi personalismi e poco senso collaborativo. Anche questo – sostiene Soranzio – non ha aiutato la causa Detroit. Non si è capito che rispettando ognuno il proprio ruolo si poteva arrivare ad altro risultato e che non si trattava di una gara». La speranza, nonostante siano trascorsi due anni dai titoli di coda di una vicenda paradossale, è ancora li al suo posto. «Quella di di vedere, un giorno, riaprire i cancelli della nostra fabbrica, dove la nostra gente, i nostri padri ed i nostri nonni hanno dato molto in termini di professionalità e di impegno. Sarebbe una vittoria per tutti. Resto convinto – conclude – che qualsiasi imprenditore serio qui all’ex Detroit troverebbe le giuste condizioni per vincere la propria scommessa e spero che ciò possa avvenire presto, molto presto». 7 Nidec, 70 nuove assunzioni il prossimo anno (Piccolo Gorizia-Monfalcone) Passata da 420 a 606 addetti, tra diretti e interinali o distaccati, nell’ultimo anno, Nidec Asi effettuerà nel 2017 un’altra settantina di assunzioni, completando inoltre un programma di investimenti di 10 milioni di euro, per la metà già realizzati nel 2016, nello stabilimento di via Marconi. Nidec, che in primavera ha acquisito una maxi-commessa in Russia e chiuderà l’anno con un fatturato di 150 milioni di euro, raddoppiato rispetto al 2015, rappresenta una realtà e una risorsa importantissime per il territorio. Lo ha sottolineato il sindaco Anna Cisint che ieri, assieme al consigliere comunale delegato Antonio Garritani, ha incontrato nella sede del Comune il direttore dello stabilimento Stefano Zecchino, il responsabile delle risorse umane dell’unità produttiva di Monfalcone Alessandro Succi e la responsabile dell’area marketing Kayla Haines. l sindaco ha ribadito l’attenzione dell’amministrazione al tema del lavoro in una città in cui la crisi ha provocato la disoccupazione di molti quaranta e cinquantenni. «È fondamentale creare una sinergia con le grandi aziende del territorio e ringrazio Nidec, perché ha cercato per prima un contatto», ha aggiunto il sindaco, che a gennaio dovrebbe avviare un tavolo con Fincantieri sempre in tema di occupazione. Anche con Nidec l’amministrazione vorrebbe comunque avviare una verifica sulla possibilità di ampliare il peso delle aziende locali nell’indotto. «Come Comune offriamo la disponibilità a ragionare assieme per ridurre le criticità esistenti sul piano della logistica», ha detto Anna Cisint, che ha confermato l’avvio dei lavori della bretella tra via dei Canneti e via dell’Agraria entro fine marzo e quello successivo dell’ampliamento di via dell’Agraria. «Stiamo però lavorando alla terza fase, cioè alla risistemazione del tratto della strada dalla Svoc alla Lega Navale - ha aggiunto -, finalizzata alla creazione di ingressi “sul retro” per Nidec e Fincantieri». Nidec e Comune concordano anche sulla possibilità di aprire una o due volte all’anno lo stabilimento alla città e di rafforzare il collegamento tra azienda, scuola e università. «L’aumento dell’occupazione a Monfalcone, attingendo in prevalenza dalle risorse del territorio - ha affermato il direttore dello stabilimento - è legato a una crescita vera, frutto della progettazione e produzione di nuovi prodotti che stanno riscuotendo un’ottima risposta dal mercato e della ricerca di nuovi clienti. La nostra carta vincente è anche la capacità, tutta italiana, di realizzare prodotti tagliati su misura del cliente. Siamo una realtà ad alta tecnologia forse più conosciuta all’esterno che a Monfalcone».(la.bl.) 8 Sindacalista si “gonfiava” la pensione (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Roberto Covaz - Truffa aggravata continuata ai danni dell’Inps. Denunciata dal Nucleo di polizia tributaria di Gorizia una sindacalista isontina che tra il 2009 e il 2010, quando ricopriva la carica di segretaria provinciale, con la complicità di altri due componenti il direttivo - anch’essi denunciati si era assicurata incarichi aggiuntivi retribuiti per 30mila euro. In questo modo, aumentando la retribuzione dell’ultimo anno di lavoro si è assicurara una pensione più alta. A coordinare le indagini della finanza è stato il sostituto procuratore della Procura di Gorizia, Paolo Ancora. L’operazione, denominata “Pensioni sicure”, ha permesso di recuperare le somme indebitamente percepite nel tempo dalla sindacalista per circa 50mila euro e ha interrotto le future indebite maggiorazioni sulla pensione. È emerso che la sindacalista, coadiuvata da due membri del direttivo, abusando delle agevolazioni previste dal D.Lgs 564/1996 (legge Treu) legate al versamento di contributi pensionistici integrativi calcolati sulla base di una retribuzione figurativa aggiuntiva relativa all’ultima annualità utile, ha ottenuto, in maniera truffaldina, un illecito vantaggio economico, consistente nella maggiorazione della pensione. L’attenta attività d’indagine delle fiamme gialle ha permesso di accertare che la dirigente provinciale del sindacato, unitamente ad altri due membri direttivi, avevano approvato, in piena autonomia e senza coinvolgere o interpellare l’organo decisionale preposto da statuto (consiglio provinciale), una delibera di segreteria con la quale venivano attribuiti al segretario provinciale (cioè a se stessa), per l’anno scolastico 2009/2010, incarichi aggiuntivi retribuiti per 30mila euro che, invece, erano già insiti nel ruolo ricoperto. A comprova delle irregolarità riscontrate, i finanzieri hanno accertato che le somme necessarie come provvista per far maturare la maggiore pensione erano state fornite direttamente dall’indagata attraverso bonifici bancari sotto forma di “donazioni” a favore del sindacato che, successivamente, le riversava alla stessa, mensilmente, maggiorandole la retribuzione. I finanzieri isontini hanno eseguito il sequestro preventivo “per equivalente” di denaro e di un immobile nella disponibilità dell’indagata per un importo di 50mila euro, corrispondente alla cifra indebitamente percepita dalla sindacalista. La nota delle fiamme gialle non indica chi siano i denunciati. A livello provinciale, nel settore scuola, sono presenti la Uil, la Cisl, la Cgil, la Gilda e lo Snals. Ugo Previti della Uil e Donato La Morte della Cisl hanno appreso la notizia con particolare dispiacere. Entrambi hanno assicurato che le rispettive organizzazioni sono completamente estranee alla vicenda. Ricordano inoltre, e questo vale anche per la Cgil, che nei siti web sono pubblicati i redditi dei dirigenti sindacali. Il Piccolo ha contattato anche il segretario regionale dello Snals, Giovanni Zanuttini, ma il suo cellulare era disattivato. 9 Le emissioni della centrale sotto la lente (Piccolo Gorizia-Monfalcone) di Laura Borsani -Diminuite le emissioni di ossidi di azoto (NOX) e le polveri sottili, sono invece aumentate altre tipologie di sostanze, il monossido di carbonio (CO), l’anidride solforosa (SO2) e l’anidride carbonica (CO2). È l’andamento che si evince dai dati riportati nella Dichiarazione ambientale 2015 in ordine alla centrale termoelettrica di Monfalcone, pubblicata sul sito della società A2A Energie Future. L’atto passa in rassegna l’energia prodotta dall’impianto, il combustibile impiegato e le emissioni. Nel 2015 la centrale ha bruciato 870mila tonnellate di carbone, a fronte dell’immissione nella rete di 2.129 GW/h di energia. L’utilizzo della materia prima lo scorso anno è stato maggiore rispetto al 2014 del 15%. Sempre lo scorso anno sono stati emessi in atmosfera 2.037.000 tonnellate di anidride carbonica (CO2), con un incremento rispetto al 2014 del 15%. Allora le emissioni erano state di 1.776.000 tonnellate. Il confronto tra le due annate deve tener conto dell’attività ridotta da parte della centrale nel 2014, quando l’impianto rimase in fermo-produzione per oltre due mesi durante i quali erano stati eseguiti lavori di manutenzione. Le variazioni sono legate alla richiesta di energia del mercato e quindi alla relativa produzione. Veniamo alle sostanze emesse. Sono diminuiti gli ossidi di azoto nel 2015 del 15%, a fronte di 1.481 tonnellate rispetto a 1.735 dell’anno precedente. In calo anche le polveri sottili (Pm10), pari ad un -14%, passando da 36 tonnellate del 2014 a 31 lo scorso anno. Questa diminuzione è ulteriormente evidente rispetto all’anno 2013, dove l’impianto aveva esercitato per l’intero anno, come dunque nel 2015. Rispettivamente gli ossidi di azoto erano oltre 3.200 tonnellate (nel 2012 erano 3.400). Le emissioni di polveri sottili (Pm10) erano pari a 79 tonnellate nel 2013 (nel 2012 erano 67 tonnellate). Passando alle altre sostanze, si evince che il monossido di carbonio (CO) è aumentato del 21% nel 2015 rispetto al 2014, con le emissioni passate da 76 tonnellate a 92. L’anidride solforosa (SO2) è salita del 19% passando da 312 tonnellate a 371 nel 2015. Nel 2013 il monossido di carbonio (CO) era a quota 35 tonnellate (nel 2012 erano 78), mentre l’anidride solforosa (SO2) era di 456 tonnellate nel 2013 (nel 2012 erano 810 tonnellate). I dati delle emissioni rimangono comunque tutti al di sotto dei parametri di legge, a fronte dei quali peraltro la centrale si è attenuta alle prescrizioni europee più restrittive, in anticipo rispetto all’applicazione nazionale. La Dichiarazione ambientale 2015 non è passata inosservata al Comitato No Carbone Isontino e al Circolo Zanutto di Legambiente di Monfalcone. Su tutto hanno posto l’aspetto dell’aumento delle emissioni di anidride solforosa e del monossido di carbonio tra il 2014 e il 2015, «percentualmente maggiore rispetto all’aumento del combustibile impiegato». Il Comitato e il Circolo fanno riferimento a due possibilità: «O la centrale ha bruciato combustibile di qualità inferiore, oppure gli impianti che limitano le emissioni di queste sostanze hanno diminuito l’efficacia nel tempo». Comitato e Circolo chiedono alle istituzioni di «dare corso agli impegni presi: gli accordi internazionali di Parigi COP21 e Marrakech COP22, nonchè il Piano energetico regionale». Con ciò ribadendo l’«urgenza della riconversione del sito di Monfalcone». L’azienda A2A, da parte sua, ha spiegato: «Le emissioni della centrale sono conseguenza dei livelli di produzione che, a loro volta, derivano dalle richieste del mercato elettrico; sono monitorate in continuo e i valori sono costantemente molto inferiori ai limiti imposti dalla legge. Si ritiene utile segnalare, come si può evincere dalla stessa Dichiarazione Ambientale, che il 2014 è stato un anno particolare in quanto, per più di due mesi, la centrale è rimasta fuori servizio per manutenzione e per poter permettere nuovi adeguamenti ambientali; una eventuale comparazione, come esplicitato graficamente in dichiarazione, può essere fatta con gli anni precedenti, 2011, 2012, 2013». Quanto alla qualità del carbone utilizzata, viene ricordato che il combustibile è frutto di una selezione del prodotto sul mercato, attenendosi alle più rigide prescrizioni che la società impone in caso di acquisto. Intanto ieri alla centrale termoelettrica è stata avviata la visita ispettiva con il controllo del Sistema di monitoraggio in continuo delle Emissioni (SME) e contestuale verifica degli autocontrolli e delle modalità di taratura. La visita continuerà nel 2017 con i controlli su rifiuti, scarichi, depositi, e altre ispezioni. Il tutto si concluderà presumibilmente entro la fine di gennaio 2017. 10 Nel 2017 nuovi alloggi Ater a 450 famiglie (Piccolo Trieste) di Gianpaolo Sarti - Nuovi alloggi entro il 2017. L’Ater di Trieste, alle prese con l’emergenza abitativa che nel capoluogo investe migliaia di cittadini, ha preparato il piano annuale. Tirando le somme, sono 450 in tutto gli appartamenti che l’ente assegnerà ai beneficiari. Buona parte deriva da recuperi di strutture in disuso sparse in vari rioni: almeno 150 sono già pronti per la consegna, mentre un’altra tranche (un centinaio circa) sarà sottoposta a manutenzione nei prossimi mesi. Il resto, pari a ulteriori 150 unità, riguarda i caseggiati appena edificati grazie ai finanziamenti statali. Tra questi figura anche il comprensorio di via Flavia. L’Ater cerca così di fronteggiare un fabbisogno che proprio a Trieste, come emerso ieri in conferenza stampa con l’assessore regionale Mariagrazia Santoro e il direttore Antonio Ius, raggiunge livelli notevoli. Scorrendo gli ultimi dati disponibili, al 31 dicembre del 2015 nel territorio provinciale risultano ben 3.691 richieste insoddisfatte. È il 91% del totale delle graduatorie, quando invece Udine raggiunge il 57%, l’Alto Friuli il 60%, Gorizia il 65% e Pordenone il 52%. Il problema, ha evidenziato lo stesso Ius, è che a Trieste si concentra ben il 44% di tutta la domanda di edilizia sovvenzionata. D’altronde nel capoluogo ben il 42% delle popolazione che vive in affitto è inquilino Ater, contro una percentuale che a livello regionale si limita al 28%. La metà dei triestini, peraltro, ha più di 65 anni; il 48% vive da solo. Il 94% delle case va comunque a cittadini italiani, mentre appena il 5% a extracomunitari, per la maggior parte provenienti dall’ex-Jugoslavia. «Il diritto all’abitazione è un valore primario, un fattore fondamentale di inclusione e coesione sociale, e su questo focalizziamo energie e investimenti», ha affermato l’assessore Santoro. «La Regione continua a sostenere gli affitti per chi non riesce a pagarli stanziando 8,1 milioni nel 2016 - ha ricordato - e interviene nei casi di morosità incolpevole, a seguito della perdita o consistente riduzione della capacità reddituale del nucleo familiare. E mentre si sta mettendo a punto il regolamento per l’edilizia convenzionata, proprio ieri è partito il nuovo canale per aiutare, con contributi a fondo perduto, l’acquisto della prima casa. Un sostegno che nel 2016 è stato reso possibile da un finanziamento di 54 milioni di euro, di cui hanno beneficiato 2.800 famiglie. Nell’intero territorio regionale, inoltre, la Regione quest’anno ha messo a disposizione 11,4 milioni di euro per l’assegnazione degli alloggi». Fondi confermati pure per il 2017. «Come risultato della prima attivazione dei tavoli territoriali della casa, istituiti con legge 1/2016, si sono sommati proprio in questo mese di dicembre altri 15 milioni di euro con i quali abbiamo finanziato interventi di recupero di appartamenti da assegnare a chi ne ha diritto - ha rilevato l’esponente della giunta Serracchiani - interventi che per la prima volta non derivano da una logica aziendale delle singole Ater ma dal confronto con i territori. Un passo in più - ha concluso per essere più vicini ai cittadini e più vicino ai luoghi in cui la domanda di casa si rappresenta». Un ragionamento che vale in particolare per Trieste, dove la fame di casa, come è appare evidente, si fa sempre più pressante. È anche l’andamento dei bandi a segnalarlo: le domande valide nella graduatoria definitiva del 2010, pubblicata a fine febbraio 2013, ammontavano a 4.503 con un incremento del 21% rispetto il 2006. «Il tema è complesso - ha osservato ancora Santoro - anche perché la risposta Ater è una delle tante possibili. Sappiamo ad esempio che ci sono famiglie che possono rientrare nei progetti di edilizia convenzionata (di cui fa parte pure l’invenduto delle imprese, ndr), con soluzioni abitative a a canone calmierato. O, ancora l’housing sociale, che mette sul mercato appartamenti a prezzo più basso rispetto a quanto offerto dal privato. Sono strumenti che stanno partendo». E da gennaio scatta la “rivoluzione Isee” Per calcolare gli importi dei canoni d’affitto mensili non basterà più la semplice autocertificazione - testo non disponibile 11 Tbs cede la maggioranza di Insiel Mercato (Piccolo Trieste) di Massimo Greco - Era un destino segnato già dalla primavera scorsa. Tbs Group voleva uscire da Insiel Mercato e l’obiettivo è stato in buona parte raggiunto. L’azienda tecno-sanitaria triestina ha ceduto il 55% di Insiel Mercato (Im) e il 100% della controllata austriaca Pcs alla trentina Gpi, un gruppo che occupa quasi 3 mila addetti, fattura 130 milioni di euro - radoppiati nell’ultimo quadriennio - con un margine operativo superiore al 16%. Im opera nella sanità (prenotazione Cup, assistenza domiciliare, ecc.) e negli enti pubblici, fatturando 23 milioni. In complesso Tbs ricava dall’operazione 14,3 milioni di euro, così ripartiti: 12,5 sono il frutto della cessione di Pcs, mentre i restanti 1,8 riguardano la vendita della maggioranza di Im al netto di un indebitamento di 8,7 milioni. Pcs è il pezzo pregiato della collezione, che, essendo stata inserita in Im, consentiva di bilanciare la faticosa gestione della società triestina. Le organizzazioni sindacali, che da tempo avevano avvertito le intenzioni di Tbs, commentano il cambio di guardia sulla base di un doppio registro. Erano state preavvisate nel pomeriggio di lunedì. «Da un lato potrebbe trattarsi di una ventata di aria nuova che scuota l’azienda - dicono Alexander Vecchiet e Maurizio Dagnelut , entrambi esponenti della Fiom, la prima sigla di Im - d’altra parte la cessione è stata negoziata senza alcun paletto di carattere occupazionale. Non ci sono garanzie, per esempio, sul mantenimento delle strutture in Friuli Venezia Giulia». Im ha circa 250 dipendenti, di cui due terzi in regione, un’ottantina a Trieste e una settantina a Udine. Il resto è suddiviso in numerose basi nazionali, la più importante delle quali è situata a Pisa. Il vertice aziendale argomenta: l’obiettivo era trovare un alleato forte. «Da tempo - osserva l’amministratore delegato di Tbs Paolo Salotto - stavamo cercando una partnership che consentisse di unire le competenze nelle apparecchiature biomediche, come quelle di Tbs, a quelle del settore informatico». «E’una stagione di grandi aggregazioni in questi ambiti - prosegue Salotto - aggregazioni che hanno interessato realtà ben più rilevanti delle nostre. Comunque, noi non ce ne andiamo, restiamo con una corposa quota di minoranza, proprio perchè non abbiamo mai inteso uscire dal settore ma invece trovare nuove soluzioni collaborative. Salotto vuole replicare anche ai sindacati: «Accordi come questi non implicano vincoli di carattere ocupazionale, ma penso che le dimensioni dell’operazione siano tali da far prevedere ricadute positive per tutti . Tra l’altro, nella scelta dell’interlocutore, abbiamo privilegiato soluzioni italiane, per evitare che Im e Pcs prendessero strade diverse». Salotto ricorda anche i problemi attraversati negli ultimi anni affrontati con il ricorso alla Cassa integrazione, che, con l’accordo raggiunto al ministero del Lavoro raggiunto in marzo, aveva coinvolto sessanta dipendenti. Insiel Mercato ha avuto una storia piuttosto tribolata. Nel 2009 nacque da uno spin-off dalla casa-madre Insiel e venne acquistata da Tbs, senza però mai decollare. Il nome di Gpi era già corso in maggio, del tutto ufficiosamente: «Allora era solo uno dei contatti che avevano avuto», precisa Salotto. L’ingegner Alberto Steindler rimarrà amministratore di Im e Pcs, il cui management verrà integrato da dirigenti di Gpi. Dal presidente del gruppo trentino Fausto Manzana la chiave di lettura dell’acquirente: «Alla vigilia del nostro accesso al mercato AIM Italia siamo contenti di poter annunciare un’operazione di crescita coerente con la nostra strategia di rafforzamento dell’offerta sul mercato domestico e di diversificazione geografica». 12 Rogo al Catas, milioni di danni (M. Veneto Udine) di Davide Vicedomini -Un devastante incendio ha raso al suolo i laboratori e il centro collaudo, ricerca e prove del Catas di San Giovanni al Natisone. Un duro colpo per il polo del legno friulano che vanta oltre 1.200 clienti in tutto il mondo. Il primo sopralluogo da parte dei vigili del fuoco tende ad escludere l’origine dolosa. Le fiamme sarebbero scaturite dai vicini uffici. La prima stima dei danni supera i due milioni di euro, coperti da assicurazione. L’allarme alle sei del mattino A dare l’allarme alle sei del mattino di ieri è stato il coordinatore comunale della protezione civile su segnalazione di un cittadino che aveva sentito provenire dalla finestra di casa, a qualche decina di metri dal Catas, rumori simili a scoppi ripetuti. In contemporanea l’istituto di vigilanza collegato con il sistema dell’antincendio ha rilevato anomalie. Cinque i mezzi dei vigili del fuoco giunti sul posto con 25 uomini, anche da Cividale e da Gorizia. Quando sono arrivati però l’incendio, alimentato da particolari condizioni climatiche all’interno dello stabilimento e dai materiali presenti, aveva avvolto l’intera struttura di duemila metri quadrati. L’immobile costruito in cemento precompresso e con travature in legno lamellare è collassato su se stesso. I vigili del fuoco hanno circoscritto l’area impedendo che le fiamme si propagassero agli uffici, alle sale convegni e all’immobile dove hanno sede gli altri laboratori del settore agro-alimentare ad est dello stabile, nonchè all’area modelli a ovest dello stesso. Alle otto e mezzo il fuoco era stato spento. I lavori di smassamento del materiale sono proseguiti tutto il giorno. Sul posto anche i carabinieri Un polo di eccellenza Il Catas è un istituto italiano per la certificazione, ricerca e prove nel settore legnoarredo. Il centro vanta nove soci con rispettive quote: Camera di Commercio di Udine (65,23%), Federlegno (14,67%), Banca Popolare di Cividale (9,18%), Confindustria Udine (9,16%), Confartigianato Roma (0,45%), Confindustria Monza e Brianza (0,45%), Cna di Como (0,37%), Confapi Fvg (0,29%), Confartigianato Udine (0,19%) «Nessuno sarà lasciato a casa» «Da buoni friulani, non perdiamo tempo e non dobbiamo lasciarci scoraggiare». Il presidente del Catas Bernardino Ceccarelli, non si perde d’animo. Ed è sicuro: «Non ci fermiamo: abbiamo convocato un consiglio d’amministrazione in cui formalizzeremo le decisioni più urgenti». L’incendio è capitato proprio nel momento di crescita del Catas, che in questi giorni avrebbe dovuto approvare il progetto di ampliamento. Progetto che «adesso dovrà essere rimodulato, pensando anche al rifacimento della struttura andata distrutta. Ma dobbiamo fare i buoni friulani, con lo spirito che ci contraddistingue: ricostruire prima possibile». «Pensiamo di rientrare a regime già entro febbraio», commenta l’amministratore delegato Angelo Speranza che ieri mattina era già al lavoro per poter riavviare l’attività. «Stiamo vedendo di portare gli impianti in due capannoni vicini alla nostra sede. Nella sede di Lissone, in Lombardia, trasferiremo parte del lavoro e utilizzeremo anche uno degli edifici della nostra area». Il vero problema sono i macchinari che dovranno essere costruiti ex novo. «Stiamo già parlando con alcuni imprenditori della zona. Non vogliamo fermarci un minuto – continua – perché non vogliamo che nessuno dei nostri dieci dipendenti (sono una cinquantina in totale), impiegati in quell’edificio andato distrutto, resti a casa. Sono giovani e affiatati. Li utilizzeremo anche per rimettere a posto i locali». «Dobbiamo dare un segnale che ci siamo ancora – aggiunge il direttore Andrea Giavon -. Questo è un duro colpo perché i clienti avevano confermato le commesse anche per il prossimo anno. Avevamo segnali che il lavoro sarebbe aumentato e per questo avevamo acquistato due nuovi macchinari». Le reazioni «Siamo profondamente rattristati: è minata una eccellenza del Friuli e non solo – commenta il Cluster Arredo Fvg, Franco Di Fonzo – . Ma come siamo stati bravi a sollevarci dopo situazioni fortemente problematiche, pensiamo al terremoto, sicuramente saremo capaci di ripristinare in breve anche il Catas, che troverà tutta la regione a dargli una mano. Il Cluster è in prima linea, essendo il Catas il supporto tecnico della nostra attività». (ha collaborato Giorgio Mainardis) 13 La Grande Sedia non c’è più (M. Veneto Udine) Davide Vicedomini - La “Grande Sedia” non c’è più. Ridotta a pezzi, smaltita come un rifiuto speciale. Si chiude così un’epoca durata vent’anni. Il manufatto, simbolo del distretto della sedia, è stato demolito ieri sotto l’incessante lavoro della Natison Scavi. La gru l’ha riportata a terra. Lo schienale, il sedile e le gambe sono stati smontati. Le operazioni sono iniziate alle otto del mattino quando l’area è stata cantierata e transennata per impedire l’accesso ai curiosi. La viabilità è stata deviata verso il centro e la strada statale. Alle 10 il via allo smantellamento. A seguire i lavori il vicesindaco Lucio Zamò e il capo ufficio tecnico del Comune, Paolo Nardin. «Non è bello vedere quest’opera, che ha rappresentato la vita economica l’intero Triangolo, essere distrutta – ha affermato Zamò – , ma la necessità di rendere sicura l’area ci ha costretto a fare tutto questo». Il costo dell’operazione è stato di 38 mila euro (36 mila per lo smantellamento e 2 mila per il piano sicurezza), fondi interamente a carico del Comune. «Avremmo preferito – ha aggiunto – destinare questi soldi ad altre opere di arredo urbano. È una giornata triste anche per l’incendio del Catas. Ma come sempre si risorge dalle ceneri ed è volontà di questa amministrazione, assieme alla Regione, alla Provincia e alle associazioni di categoria, di ricostruire un nuovo simbolo che in questo momento è in fase di progettazione a testimoniare che questo distretto e questo territorio sono ancora vivi. Lo dimostrano le 600 aziende, i 600 milioni di fatturato, i seimila dipendenti: terza economia della regione. Vuol dire che gli imprenditori del Manzanese ci credono ancora, hanno investito e stanno modificando il loro marketing e la loro presenza sui mercati. Il compito nostro ora è di rendere queste aree competitive dal punto infrastrutturale, a cominciare dalla banda larga, l’autostrada informatica». Costruita negli anni Novanta, prima di approdare a Manzano la “Grande Sedia” era stata esposta nell’ottobre del 1995 a Udine, in piazza San Giacomo. Alta 20 metri, dal peso di 22 tonnellate, per la sua costruzione ci vollero circa 420 ore (300 di lavorazione e 120 di montaggio). Dopo 3 mesi la sedia fu smontata e ricollocata a Manzano, per rappresentare il simbolo del distretto. La crisi dell’area del Manzanese ne ha decretato lentamente il suo declino. Due i crolli, il primo nel 2013, il secondo pochi giorni fa, quando la massiccia spalliera del peso di 700 chili aveva ceduto alle intemperie. L’unica manutenzione fu eseguita nel 2006. «Era inevitabile questa demolizione – ha spiegato il capo ufficio tecnico Nardin – . Ci siamo resi conto una volta di più in fase di smontaggio che il legno non era più recuperabile. Il manufatto è stato sottoposto per vent’anni a intemperie e sollecitazioni. Era impensabile contenere il deterioramento». «Con la demolizione della sedia non significa che il distretto è finito per sempre – sottolinea l’assessore ai lavori pubblici, Angelica Citossi – . Anzi, è vivo e continua grazie all’opera di molte aziende che si sono evolute operando all’estero e portando nel mondo il nome del Manzanese». «La sedia – ricorda l’assessore – aveva una vita utile di 20 anni, come ha affermato lo stesso progettista. Solo nel 2006 era stata fatta una manutenzione. Ci siamo trovati quindi davanti a un’opera che presentava uno stato di degrado tale che non poteva essere recuperata. Come amministratori pubblici dovevamo garantire l’incolumita’ dei nostri cittadini». Ad assistere alle operazioni anche alcuni cittadini. «Era il simbolo della nostra terra – ha commentato Gianni – . Dispiace, ma sinceramente è stata sbagliata la gestione. Quest’opera non andava lasciata “morire”. Bisognava programmare la manutenzione nel corso degli anni». «Non si poteva rischiare. Poteva cadere da un momento all’altro – aggiunge Luciano – . Speriamo che ne facciano un’altra anche se i tempi sono cambiati». «È finita un’epoca – sentenzia Silvano – . Purtroppo le divisioni tra gli imprenditori e i politici hanno fatto in modo che il distretto perdesse tutto il suo potere e ora anche il simbolo. Ci siamo fatti la guerra tra di noi. E questo è il risultato». 14 Oggi l’assunzione di 240 insegnanti (M. Veneto Udine) Oggi, alle 14, e domani, alle 13, nell’aula magna del liceo Percoto, l’Ufficio scolastico regionale assegnerà 240 posti ad altrettanti insegnanti precari delle scuole primarie della provincia. Saranno effettuate 130 immissioni in ruolo e 110 assunzioni a tempo determinato. Gli aspiranti sono convocati in numero superiore rispetto alle disponibilità dei posti in previsione di eventuali assenze o rinunce da parte dei candidati. L’elenco dei posti disponibili è stato reso noto ieri. Ma i precari che stanno sostituendo i colleghi assenti per malattia e maternità sono preoccupati anche perché sanno che non tutti saranno assunti a tempo indeterminato. Lamentano i ripetuti rinvii perché, a loro dire, le nomine avrebbero dovuto essere fatte prima a settembre, poi a ottobre e infine a dicembre. Ieri mattina, infatti, alcuni insegnanti precari riuniti su Facebook nel gruppo “Aspettando il ruolo” si sono recati nella sede staccata dell’ufficio regionale, a Udine, per fare il punto della situazione. Lamentavano alcuni ritardi nella pubblicazione della graduatoria definitiva a esaurimento e segnalavano la presenza di qualche rettifica nell’avviso. Come spesso accade il chiarimento si è rivelato necessario per chiarire tutti i dubbi degli aventi diritto. Oggi saranno in tanti all’istituto Percoto, in via Leicht, tutti sperano nell’immissione in ruolo, ovvero nell’agognato posto fisso inseguito, in moltissimi casi, anche da anni. I genitori all’ufficio scolastico: «Sollevate la prof dall’incarico» (M. Veneto Udine) Clima teso alle scuole medie Piccoli di Cividale, dove i genitori di un’intera classe (ma il panorama potrebbe allargarsi) sono sul piede di guerra, determinati a ottenere la dovuta attenzione da parte dei competenti organi provinciali e regionali. Le «gravi criticità» lamentate in relazione all’insegnamento di due materie affidate alla stessa docente, matematica e scienze, sono nero su bianco in una formale comunicazione che lunedì è stata consegnata alla dirigente dell’istituto e che reca, in calce, le firme di tutti i padri e le madri degli allievi. «La situazione – scrivono – è tale da indurci a chiedere con determinazione di assumere i necessari provvedimenti per sollevare la professoressa dall’incarico. Ci riserviamo ogni più opportuna e utile iniziativa, anche in altre sedi, per l’ipotesi in cui il problema non dovesse venire adeguatamente e positivamente risolto in tempi brevissimi». Fra le ipotesi una forma di protesta eclatante, che potrebbe anche sfociare nel trasferimento in blocco degli allievi in altri plessi; le famiglie sperano di non dover arrivare a tanto, «forti della consapevolezza che la scuola Piccoli, ottima realtà formativa, non nasconde i problemi, ma al contrario li affronta». Le criticità sono dettagliatamente elencate nella petizione: le lezioni si svolgerebbero «in una condizione di caos e chiasso intollerabile», le spiegazioni sarebbero sommarie (al punto che «spesso i ragazzi si vedono costretti a rimediare per conto proprio o con l’ausilio di terzi»), le richieste di chiarimenti da parte degli allievi sui temi trattati in aula sarebbero «sottovalutate». Ma c’è di peggio, stando al resoconto. Le verifiche eseguite a scuola sarebbero svolte «senza controllo da parte della docente, in una sorta di scambio collettivo di informazioni fra alunni; talora la stessa insegnante suggerirebbe le soluzioni». Sembrerebbe poi che le prove di recupero siano assegnate in forma identica alle originali, con la conseguenza che gli alunni sanno preventivamente quali saranno gli esercizi da svolgere in classe. «Ne derivano – si evidenzia nella lettera – legittimi sospetti sulla regolarità e sulla conseguente validità dei test (che forse sarebbe opportuno annullare), nonché sulla corrispondenza dei voti alla qualità delle verifiche. Sorge anche il dubbio che pure i punteggi alti non rispecchino un soddisfacente livello di preparazione». Capitolo sicurezza: gli studenti sarebbero lasciati «liberi di circolare nei corridoi, in violazione delle disposizioni sulla sorveglianza». Effetto della situazione «una progressiva perdita di entusiasmo dei ragazzi per le materie affidate alla professoressa» e «crisi emotive che esplodono sia in ambiente scolastico che familiare. Non ci accontenteremo della visita di un ispettore». 15 Finestra caduta, i ragazzi: «Non torniamo a scuola» (M. Veneto Udine) di Elisa Michellut - All’Istituto tecnico tecnologico Malignani di Cervignano, dove, venerdì pomeriggio, una finestra che pesa 70 chili, al secondo piano, nella classe quarta di elettronica e telecomunicazioni, si era schiantata su un banco, per fortuna in quel momento vuoto, la situazione non è ancora tornata alla normalità. Alcuni studenti si dicono intenzionati a scioperare anche oggi. Ieri mattina i ragazzi sono scesi in piazza per chiedere alle istituzioni di mettere al più presto in sicurezza tutti gli infissi dell’edificio che ospita la scuola. Sempre ieri mattina, in municipio, c’è stato un incontro, cui hanno preso parte i rappresentanti degli studenti, un rappresentante dei genitori, il preside Aldo Durì, il sindaco di Cervignano Gianluigi Savino e l’assessore provinciale Carlo Teghil, accompagnato da un architetto della Provincia. Doveva essere un incontro chiarificatore ma non è servito a far rientrare lo sciopero. «Non ce la sentiamo di tornare a scuola spiegano Michele e Giulia, in rappresentanza degli studenti - finché non ci sarà consegnata da parte di chi di dovere una certificazione che attesta il livello di sicurezza dell’istituto. Questo documento, che abbiamo richiesto, può essere compilato da un ente abilitato. Ovviamente non possiamo impedire agli studenti di entrare a scuola. Ognuno può fare quello che desidera. Noi non ci sentiamo sicuri, alla luce di quello che è successo, e pretendiamo garanzie in merito. Ieri pomeriggio abbiamo effettuato un sopralluogo a scuola e abbiamo riscontrato diverse criticità, per esempio infiltrazioni d’acqua e problemi agli intonaci. Alla luce di questo abbiamo chiesto un controllo generale dell’intero edificio, ovviamente focalizzato sulle problematiche segnalate. Lo faremo presente al consiglio d’istituto». Lo sciopero, dunque, potrebbe proseguire anche oggi, almeno per una parte degli studenti. La Provincia di Udine, intanto, già nella giornata di venerdì, aveva provveduto a mettere in sicurezza la finestra. É stata applicata la doppia sicurezza a tutte le finestre di quel tipo, che sono una decina. L’amministrazione provinciale, intanto, si è impegnata ad effettuare un altro controllo, questa volta esteso a tutte le finestre dell’istituto superiore cittadino. Gli alunni, nel frattempo, hanno fatto sapere che presenteranno al preside una lista in cui sono state riportate tutte le criticità di carattere generale che interessano la scuola, ovviamente con richiesta di intervento. «Abbiamo fatto un elenco di tutte le criticità - conferma Gloria -. Ci hanno detto che la scuola era agibile anche quando è caduta la finestra. Ora vogliamo garanzie». 16 Via libera alla nuova Aas3. I sindaci approvano il Pal (M. Veneto Udine) di Piero Cargnelutti - Il processo per la creazione delle nuova Azienda 3 entrerà nel vivo con il 2017, dopo un primo anno di riorganizzazione interna fra sedi di erogazioni dei servizi e organizzazione del personale, frutto della fusione con parte della ex Ass4. É quanto emerso ieri nella sala Lodolo dell’ospedale San Michele dove si è tenuta l’approvazione del Pal 2017 da parte dell’assemblea dei sindaci, un documento che pareggia a 9 milioni e che segna le direttive per il prossimo anno. «Nel territorio compreso dalla Aas3 «ogni giorno nascono 3-4 bambini, ci sono 300 ricoveri, 50 interventi, 160 accessi ai pronto soccorso, 500 visite specialistiche, 327 esami e 600 prelievi». Con questi numeri il direttore generale Pierpaolo Benetollo ha sintetizzato l’attuale funzionamento dell’azienda, evidenziando anche le modalità con cui si sta procedendo nell’attuare l’integrazione tra sanità e territorio: «Attualmente - ha spiegato Benetollo - l’assistenza domiciliare si attesta sul 3,6 contro il 3,2 della media regionale. Il tasso di occupazione nelle Rsa è all’82% e al momento abbiamo terminato il piano di emergenza con l’aumento di 4 equipaggi più 4 nuove postazioni per quanto riguarda il piano ambulanze. Inoltre, abbiamo previsto che tutte le ambulanze avranno tre persone, di cui un autista, una infermiera e un operatore». Da segnalare anche l’aumento del personale con 60 unità, frutto tanto del trasferimento dall’Aas4 ma anche di nuove assunzioni che hanno contribuito ad abbassare l’età del comparto medico e sanitario. Tra le novità, l’avvio del centro odontoiatrico a San Daniele che anche a Gemona con il 2017 avrà un suo ambulatorio per chi è colpito da dolori ai denti. Ora, una delle sfide per il 2017 è l’apertura di nuovi centri per l’assistenza primaria, che «necessitano - ha ricordato Benetollo - anche dell’apporto della comunità in cui vengono insediati». Da parte sua, il presidente dell’assemblea dei sindaci Gianni Borghi ha riconosciuto il buon lavoro svolto ma ha comunque espresso le richieste degli amministratori: «Sulle emergenze - ha detto - è bene che i cittadini vedano i risultati, pensiamo solo all’attivazione della elisuperficie, mentre per quanto riguarda i cap, si tratta della linea di credito che avevamo aperto un anno fa. E’ importante che siano centri dinamici. Devono essere accessibili, collegati ai mezzi di trasporto e soprattutto le gente deve riconoscergli come faceva con il pronto soccorso. Ovviamente, non devono sostituire l’ambulatorio del medico in montagna». 17 Electrolux, Vallenoncello dice sì all’ipotesi di accordo (Gazzettino Pordenone) Davide Lisetto - Contratto nazionale dei metalmeccanici: nel gruppo Electrolux il voto dei lavoratori sull’ipotesi di accordo sta dando esiti diversi: nello stabilimento del Professional a Vallenoncello l’accordo è stato promosso a larghissima maggioranza dei lavoratori, sia tra gli impiegati che tra gli operai. Esito diverso, invece, nelle fabbriche di Susegana e di Forlì dove l’intesa raggiunta alla fine di novembre da sindacati e imprese è stata sonoramente bocciata, in particolare a votare no sono stati gli operai. A Porcia, a differenza degli altri stabilimenti, si voterà anche nella giornata di oggi: nel corso delle assemblee di lunedì e di ieri però non sono state poche le voci di dissenso all’accordo. Anche se il clima sembra essere favorevole all’intesa. A Vallenoncello hanno votato 383 lavoratori sui 631 aventi diritto (709 i dipendenti complessivi): in 288 hanno votato sì, mentre 81 hanno votato no. L’intesa è stata invece bocciata a Susegana (con il 73% dei no) e nella fabbrica di Forlì dove il no ha raggiunto l’84% (tra gli operai addirittura l’87% ha respinto l’accordo). Un contratto apripista, con un impianto nuovo che punta non solo alla tutela del potere d’acquisto, ma massimizza tutte quelle voci che - sfruttando le varie opportunità legislative - portano vantaggi ai lavoratori senza appesantire in modo insostenibile in un periodo di vacche magre i conti dell’impresa. L’ipotesi di intesa sull’accordo nazionale era stata firmata lo scorso 26 novembre dopo quattro giorni di trattativa no-stop i rappresentanti dei lavoratori e delle imprese. Il contratto dei metalmeccanici è da sempre considerato la madre dei contratti nel settore privato. Sul fronte economico-salariale sommando tutte le voci a regime vale 92,68 euro di aumento. Nessuno ha dubbi sull’esito positivo del voto nazionale dei lavoratori del settore. Per una serie di ragioni. La prima: stavolta - e non accadeva da otto anni - a livello sindacale hanno firmato tutti, anche la Fiom Cgil. E tutti considerano il punto di arrivo di questa lunga trattativa (13 mesi, 20 ore di sciopero e mobilitazioni varie) ottimo. Ma in due importanti fabbriche del gruppo Electrolux ieri l’intesa è stata bocciata dalla grande maggioranza degli operai. «No all’assemblea». Alla Casagrande un’ora di sciopero (M. Veneto Pordenone) La Casagrande di Fontanafredda revoca l’assemblea sindacale di ieri per la consultazione sul rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, ma i lavoratori si riuniscono lo stesso e fanno pure un’ora di sciopero. Le maestranze, non avendo più a disposizione ore per svolgere le assemblee sindacali, avevano chiesto all’azienda di poter anticipare un’ora del 2017. Una concessione che gli addetti di altre realtà produttive della provincia hanno ottenuto senza problemi. Alla Casagrande non è andata così, tant’è che lunedì, quindi un giorno prima dell’appuntamento per la consultazione, i vertici aziendali hanno revocato l’incontro. I dipendenti, vista l’importanza dei temi da discutere, sono andati dritti per la propria strada e si sono incontrati ugualmente. «Siamo consapevoli che l’azienda non aveva obblighi nei nostri confronti, ma ci siamo limitati a chiedere un anticipo di un’ora del pacchetto di assemblee previsto per il 2017, visto che le disponibilità 2016 sono già state esaurite – hanno detto le Rsu –. Altre imprese nel Pordenonese non hanno fatto problemi, anche se i lavoratori si trovavano nella nostra stessa situazione». «Abbiamo deciso di riunirci comunque, nonostante la revoca da parte dell’azienda – hanno aggiunto –, perché le questioni da trattare sono importanti e soprattutto perché le maestranze hanno diritto di ricevere adeguate informazioni. Il nostro non è un gesto di protesta nei confronti della posizione dell’impresa: non potevamo, però, pensare di cancellare l’appuntamento sindacale». La vertenza sul contratto è molto sentita dai lavoratori e dalle forze sociali: si pensi alle numerose iniziative messe in campo nei mesi scorsi, assieme alle organizzazioni sindacali di Fiom, Fim e Uilm. (g.s.) 18 Un mega-cantiere da 4mila addetti (Gazzettino Pordenone) Valentina Silvestrini - Circa 350 aziende tra subappaltatori, fornitori, ditte per la posa e un numero di lavoratori totali in cantiere che nei prossimi cinque anni si aggirerà tra le 3mila e le 4mila persone. Senza contare gli addetti ai trasporti che nel prossimo anno guideranno i quasi 200 mezzi pesanti che faranno spola tra i relativi stabilimenti e il cantiere per trasportare calcinacci e materiali di scarto. Sono i numeri del cantiere del nuovo ospedale e della Cittadella della salute, un progetto da oltre 170 milioni, che partirà a gennaio con la realizzazione del parcheggio interrato per poi proseguire con l’avvio lavori per il nosocomio e la cittadella, dove saranno accentrati i servizi ambulatoriali e di comunità. Un’enorme macchina operativa con un quantitativo di addetti che dipenderanno sia dalle ditte esecutrici (l’associazione temporanea di impresa Cmb di Carpi e Polese di Sacile) sia dalle aziende che opereranno in subappalto. Nel picco massimo, previsto per il 201819, nel cantiere lavoreranno contemporaneamente circa trecento persone al giorno. L’obiettivo è riuscire a raggiungere il traguardo degli zero-infortuni, motivo per cui anche nel cantiere pordenonese la Cmb attuerà il protocollo Sicuri per mestiere elaborato insieme alla Satef e presentato ieri mattina alla direzione generale dell’Azienda sanitaria 5, a quella dell’ospedale, nonché ai Dipartimenti di prevenzione e di sicurezza sul lavoro della stessa Aas5, uffici interni all’azienda che dovranno vigilare sul rispetto delle norme sulla sicurezza. Il protocollo - attuato per la prima volta in occasione della costruzione della Torre Unipol di Bologna - mira a far sì che vengano attuate procedure che garantiscano l’incolumità degli operatori, ma soprattutto a far crescere una cultura per la sicurezza da parte dei lavoratori: con incontri di formazione costante (che comprende anche incontri mattinieri con tanto colazione condivisa per rafforzare le relazioni tra lavoratori), un monitoraggio quindicinale da parte di osservatori, un atteggiamento premiale verso le ditte subappaltatrici che attuano le buone pratiche. Secondo obiettivo, sarà «quello di poter garantire il più possibile che le ditte subappaltatrici siano aziende del territorio, pur tenendo alta la qualità e le specializzazioni necessarie a costruire un ospedale», ha rassicurato Roberto Davoli consigliere delegato della coop Cbm. 19 Fiera, incognita sul futuro per l’addio della Provincia (M. Veneto Pordenone) di Laura Venerus - Futuro pieno di incognite per la Fiera di Pordenone: il venir meno di uno dei soci dell’ente, la Provincia, apre diversi scenari sugli assetti che potrà assumere il quartiere di viale Treviso. Infatti non è ancora definito a quale ente saranno trasferite le quote di partecipazione oggi detenute dall’ente di largo San Giorgio. Potrebbero andare alla Regione oppure rimanere al territorio attraverso le Unioni territoriali intercomunali (Uti), la nuova realtà che sostituisce di fatto la Provincia. Un’incognita non di poco conto che potrebbe trasformarsi in opportunità: se le quote prendessero la direzione di Trieste sarebbe più facile la creazione di una fiera unica tra Udine e Pordenone. Lo ha tratteggiato lo stesso amministratore delegato di Pordenone fiere Pietro Piccinetti a margine dell’appuntamento di ieri per gli auguri di Natale alla stampa, assieme al presidente Renato Pujatti. L’ipotesi di una fiera unica che colleghi Udine con Pordenone è da lungo tempo ventilata, se ne parla da anni e l’idea è auspicata dalla Regione per ridurre costi e doppioni. Ma non si possono nemmeno ignorare i freddi rapporti che storicamente sono sempre esistiti tra le fiere delle due città. Tanto che Pordenone non ha mai nascosto la tendenza a guardare verso ovest (quindi al Veneto con collaborazioni, di fatto già avviate, con Treviso), agevolata anche dalla maggiore facilità nei collegamenti stradali. I tempi entro cui dovrà essere presa una decisione sono molto stretti, ma ancora nulla è stato definito su questo argomento. La via dell’aggregazione e dell’allargamento della compagine sociale sembra obbligata. Pordenone fiere, comunque, non sta a guardare e ha già in cantiere importanti investimenti in un’ottica di miglioramento sia dei servizi per la fiera sia di agevolazione della viabilità. E’ infatti allo studio un progetto per un nuovo collegamento stradale all’ingresso nord della fiera che garantirà di raggiungere il quartiere con maggiore facilità, soprattutto per i mezzi pesanti, sgravando di fatto un tratto di viale Treviso, una strada di collegamento al centro città spesso intasata e congestionata dal traffico in ingresso e in uscita. Un piano che sfrutterà la vicinanza dell’A28 alla fiera per garantire un accesso diretto, con servizi quali un’area aperta a congressi e incontri ma anche a nuove tecnologie, come l’installazione di colonnine per la ricarica di auto elettriche. 20 Isis, la Regione congela il nuovo indirizzo turistico (M. Veneto Pordenone) di Chiara Benotti - Sindaci e assessori festeggiano il nuovo indirizzo turistico a Spilimbergo? La Regione lo ha congelato, per valutare equilibri e numeri. Il “pacco dono” sotto l’albero dell’Isis Tagliamento è stato scartato troppo in fretta. Adriano Zonta segretario regionale Flc Cgil usa la prudenza per mestiere, in ballo ci sono le iscrizioni 2017-2018 che partiranno il 16 gennaio. «Il Piano di dimensionamento degli istituti superiori 2017-2018 non è stato ancora varato dalla giunta regionale – ha osservato Zonta – L’assessore all’istruzione Loredana Panariti sta valutando i numeri del bacino d’utenza e le prospettive per l’eventuale nuovo indirizzo in via Degli Alpini. Nessuno ha pregiudizi sull’istituzione del nuovo corso, ma decide la giunta regionale». Entro il 31 dicembre è attesa la fumata bianca sul Piano di dimensionamento 2017-2018. «Prima di cantare vittoria a Spilimbergo è meglio rispettare i tempi e gli equilibri del territorio pordenonese – ha ricordato Zonta – L’augurio è per una decisione che accontenti tutti: i sindaci dello Spilimberghese e anche gli equilibri provinciali. Sono attivi tre indirizzi turistici nel pordenonese: nell’Isis Sarpi a San Vito al Tagliamento, nell’Isis Flora a Pordenone e nell’Isis Marchesini a Sacile». Il Comune e l’Isis Tagliamento hanno proposto il nuovo indirizzo turistico a Spilimbergo ma quattro sindacati lo avevano bocciato, in Provincia, lo scorso ottobre. «A Spilimbergo non è opportuno aprire il quarto indirizzo turistico in provincia»: pollice verso di Cisl scuola, Gilda, Snals e dell’Associazione nazionale presidi di Pordenone. «L’indirizzo commerciale nell’Isis Tagliamento ha numeri bassi di iscritti – era stata la valutazione al tavolo della Provincia – La proposta di chiudere un indirizzo nel polo spilimberghese e lanciare l’alternativa del turismo va ponderata con oculate analisi su necessità e flussi numerici degli studenti, riferiti all’ambito provinciale». Si preannuncia una “guerra” tra istituti nelle iscrizioni che saranno aperte il 16 gennaio sulla piattaforma web del ministero. «Non vogliamo conflitti tra poveri – ha evidenziato Zonta – Le scuole devono cooperare sul territorio per evitare la fuga fuori provincia». Le valutazioni dell’Anp, dei confederali e degli autonomi sono chiare. «Il rischio è di creare un indirizzo “fantasma”, come il flop del liceo classico a San Vito» è stato il motivo del no dei sindacati a Pordenone. 21