Tadao Ando - CLEAN edizioni
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Tadao Ando - CLEAN edizioni
FRANCESCO POLVERINO TADAO MARINA FUMO ANDO ARCHITETTURA E TECNICA Indice Copyright © 2000 CLEAN via Diodato Lioy 19, 80134 Napoli telefax 081/5524419-5514309 internet: http://www.gekoweb.com/CLEAN e-mail: [email protected] Tutti i diritti riservati E' vietata ogni riproduzione Il presente lavoro è stato concepito ed impostato unitariamente dagli autori. In particolare: a Marina Fumo vanno attribuiti il capitolo 3; del capitolo 4 le pp.34-36,43-50, 55-61,67-75,88-93; del capitolo 5 le pp.100-113; a Francesco Polverino il capitolo 1; del capitolo 4 le pp.37-42,51-54,62-66,76-87; del capitolo 5 le pp.94-99,114-127. Benito de Sivo è autore del capitolo 2. ISBN 88-86701-73-X Gli autori ringraziano Tadao Ando ed il suo collaboratore Hiroshi Araki per i documenti forniti e la squisita ospitalità nello studio di Osaka. Editing Anna Maria Cafiero Cosenza Si ringrazia, inoltre, Alessandro Musella per l’elaborazione dei disegni CAD dell’ultimo capitolo. Progetto grafico ed impaginazione Costanzo Marciano Referenze fotografiche Tadao Ando Architect & Associates, pp.11,13s, 14,18,30-31,33,36-38,44,49,54s,68,71,72a, 79-80,88-93,129,133s,135s,139 Stephane Couturier, p.135d Benito de Sivo, pp.20-23,132c Hiroshi Kobayashi, pp.43,45,47,50 Mitsuo Matsuoka, pp.13,28,35,48,54d,55-57,59, 62-63,65-67,69-70,130d,copertina Shigeo Ogawa, pp.8,10,15,17,58,60-61,76-78, 81,134 Taisuke Ogawa, p.51 Tomio Ohashi, pp.19,46,72b,84-87,137 Hiroshi Ueda, pp.12,13d,40,42,73-74,132s In copertina: Museo dei Bambini, Hyogo, 1987-89 In retrocopertina: Row House, Sumiyoshi, 1975-76 sezione assonometrica Presentazione di Benito de Sivo Introduzione di Marina Fumo 6 9 1. La biografia di Tadao Ando 11 2. Lʼarchitettura giapponese 20 3. Pensiero e architettura di Tadao Ando Luogo ed architettura Geometria e materiali Natura e forma Breve intervista a Tadao Ando 24 26 27 29 30 4. Le opere di Tadao Ando Casa Azuma Complesso residenziale Rokko a Kobe Casa Koshino a Kobe Centro commerciale Collezione in Tokyo Chiesa della Luce in Osaka Museo dei Bambini a Hyogo Museo dʼArte contemporanea a Naoshima Museo storico Chikatsu-Asuka in Osaka Museo Suntory in Osaka Fabrica Benetton a Treviso 34 35 37 43 51 55 62 67 76 81 88 5. La progettazione degli elementi costruttivi Facciata del Museo Suntory La scala esterna del Complesso residenziale Rokko II Lucernario del Museo di Naoshima Infissi della Casa Azuma Interni della Casa Koshino Copertura del Centro commerciale Timeʼs I Chiusure in vetrocemento della Glass Block House Facciate del Centro Collezione Pilastri in legno del Padiglione giapponese allʼExpo di Siviglia Copertura a botte della Wall house 94 97 100 102 104 108 111 114 118 121 123 6. Ando by Ando 128 7. Riferimenti bibliografici 141 Giardino delle Belle Arti, Kyoto. 1. La biografia di Tadao Ando Tadao Ando (1941), nasce ad Osaka, seconda grande città del Giappone a sud di Tokyo. Considerato oggi uno dei più grandi architetti del mondo, si può ben dire che è un autodidatta, non avendo mai studiato architettura in una Università. Egli stesso dice che è stato sempre attratto dal come venivano fatte le cose e che, amando l’odore del legno, frequentava da bambino un laboratorio di falegnameria nei pressi della sua casa apprendendo i primi elementi delle costruzioni lignee. La ricostruzione di Osaka, dopo le devastazioni della guerra, è stata per lui, dotato di una grande curiosità, una formidabile occasione di didattica attiva. All’età di diciotto anni inizia a studiare l’architettura tradizionale giapponese visitando i templi ed i santuari di Kyoto e Nara e nello stesso tempo coltiva anche la sua passione per il pugilato professionale, attività che ha fortemente temprato quel senso di tensione che conflittualmente ha pervaso, in seguito, la sua opera architettonica. Il suo interesse per l’architettura prende corpo quando, a venti anni, acquista un libro sull’opera di Le Corbusier e, ricalcandone i disegni, comincia a prendere contatto con la cultura occidentale. Tra il ‘62 e il ‘69, anche grazie ai guadagni fatti con il pugilato, inizia una serie di viaggi in Europa ove visita Mosca, arrivandoci con la ferrovia Transiberiana, e quindi la Finlandia, la Spagna e l’Italia e più tardi Vienna, Parigi e l’America. In questi viaggi assorbe, in senso critico, lo spirito dei luoghi, del clima e della gente, mettendo tutto questo in relazione con lo spazio costruito e fissando delle sue precise idee sul progetto di architettura. Nel 1969 fonda lo Studio Tadao Ando, Architetti Associati, in Osaka, iniziando la realizzazione di quelle piccole case nelle quali sperimenta un suo metodo di progettazione. Come dice egli stesso: Nei miei primi tentativi di progettazione mi sono occupato di piccole case di legno, alcuni interni e oggetti di arre- 11 Complesso residenziale Rokko II, Kobe. La piscina del Complesso residenziale Rokko II, Kobe. damento. Non ho mai fatto pratica presso un altro architetto perché tutte le volte che ci ho provato, venivo licenziato per la mia testardaggine e per il mio carattere. All’età di trentacinque anni, sei anni dopo l’apertura del suo Studio, viene completata la costruzione della Row House in Sumiyoshi (Azuma House) che gli vale il premio annuale dello Japanese Architectural Institute del 1979. In questo piccolo edificio sono già presenti alcuni stilemi del linguaggio di Tadao Ando, quali il calcestruzzo faccia a vista, la composizione geometrica dei volumi, la luce, il vento e una nuova immagine per la vita di ogni giorno. E’ la prima volta che un premio viene dato per una singola casa, ma è evidente che il modo di porsi di questa costruzione nel contesto urbano, introvertendo gli spazi abitabili e instau- rando un rapporto diretto con gli elementi naturali, nonché il senso del silenzio e della essenzialità della vita dovettero ben impressionare la commissione giudicatrice. Seguono altre costruzioni come la Glass Block House (1979), la Koshino House (1981), la Kidosaki Residence (1982) e, di più ampio respiro, la Rokko Housing che ha portato ad Ando un ulteriore riconoscimento: il premio Japan International-Design Forum. Il Complesso Rokko, situato ai piedi dell’omonimo monte, si adagia su un pendio a forte pendenza prospettando a sud sul porto di Kobe e sulla baia di Osaka con un’ampia vista panoramica, spunto per Ando nella organizzazione di una serie di case a terrazze. Tadao Ando, perseverando nel suo particolarissimo stile e divulgando le sue idee sull’architettura, ha ottenuto negli anni ‘80 una co- Tempio dell’Acqua, Isola Awaji. Veduta dall’alto e la vasca. 12 piosa serie di meritati riconoscimenti internazionali. Nel 1985 la Finnish Association of Achitects gli conferisce la medaglia Alvar Aalto; nel 1986 il Ministero dell’Educazione giapponese gli riconosce la Annual Award che incoraggia i nuovi talenti nelle fine arts; nel 1987 ottiene il “Mainichi Art Prize” per il progetto della Cappella sul monte Rokko, a Kobe, che, realizzata nel 1988, conferma le sue grandi capacità di architetto. Negli anni tra il 1988 e il 1990 riceve ulteriori riconoscimenti quali l’Isoya Yoschida Award, per la Kidosaki House a Setagaya-Tokyo, la Medaglia d’oro dell’Accademia francese di Architettura e l’Art Prize della Prefettura di Osa-ka. In questi anni, anche se Ando non ha ancora costruito alcun edificio oltre i confini del Giappone, ove peraltro realizza mirabili opere co- me la Chiesa sull’acqua a Yufutsu-Gun (Hokkaido,1988), la Chiesa della Luce a Ibaraki (Osaka, 1989) oltre a una serie di case da tè ed al bellissimo Museo dei Bambini a Himeji (Hyogo, 1989), la sua fama si diffonde all’estero ed è chiamato ad insegnare negli Stati Uniti ed in particolare alle Università di Yale, Columbia e Harvard. Gli anni ‘90 vedono Tadao Ando all’apice del successo. Partecipa a numerosi Concorsi Internazionali di Architettura e gli sono dedicate numerose Mostre in Australia, in Europa ed in America. Tra queste si vuole ricordare quelle del Museum of Modern Art di New York (1991), del Centre George Pompidou di Parigi (1993) e, in Italia, della Basilica Palladiana di Vicenza (1995). Nel 1991 realizza il Museo della Letteratura a Museo di Oyamazaki, Kyoto. Veduta dall’alto. a sinistra Centro commerciale Time’s I, II, Kyoto. Himeji (Hyogo), nel 1992 lo straordinario Padiglione del Giappone all’Expo di Siviglia in Spagna e la Fabrica Benetton a Treviso in Italia, cui fanno seguito negli anni successivi numerose opere pubbliche realizzate in patria. Tra queste ultime si vogliono segnalare il Chikatsu-Asuka Historical Museum di Minami-kawachi-Gun (Osaka), il Museo del Legno a Mikata-Gun (Hyogo), il Suntory Museum di Osaka, tutti del 1994. Il primo di questi lavori gli fa ottenere il Japan Art Grand Prix nel 1994. In queste opere Ando sperimenta nuove vie per la sua architettura e, pur rimanendo fedele ai suoi fondamentali principi, introduce nuove tecnologie e diverse configurazioni spaziali. Tra il 1994 ed il 1995 realizza il Naoshima Contemporary Art Museum di Kagawa e l’ascetico Meditation Space nella sede Museo di Oyamazaki, Kyoto. Il percorso coperto. Museo di Oyamazaki, Kyoto. nella pagina accanto Giardino delle Belle Arti, Kyoto. 17 Centro di ricerca Benetton, Treviso. Tate Gallery, Londra. Concorso di Architettura. dell’UNESCO di Parigi, un edificio cilindrico in calcestruzzo armato a vista nel quale la luce gioca un ruolo di primo piano penetrando dall’alto attraverso un taglio che separa il disco di copertura dalla parete. Nel 1997 è nominato Membro Onorario dell’Associazione tedesca degli architetti. Negli anni dal 1990 al 1997 partecipa a diversi Concorsi di architettura tra cui quello per la Tate Gallery of Modern Art di Londra (1995) e quello bandito dal Vicariato di Roma per “La Chiesa dell’anno 2000” del 1996. Nel 1997 Ando ha partecipato ancora a due concorsi di progettazione per il “Modern Art Museum” di Fort Worth e per il “Museum of Art” di Hyogo, risultando in entrambi vincitore. Attualmente insegna architettura presso l’Università di Tokyo. 19 Facciata del Museo Suntory 5. La progettazione degli elementi costruttivi 96 L’esperienza del Museo dei Bambini di Hyogo, ove l’acqua è materiale significativo per l’architettura e la natura gioca un ruolo determinante nel progetto, trova un ulteriore sviluppo nel Museo d’Arte contemporanea di Naoshima che sorge su un’isola del mare interno del Giappone, in una posizione elevata, e quindi panoramica, a sud di bianche spiagge che si affacciano su un mare bellissimo. Ando, recandosi sul posto la prima volta, trovò Naoshima un’isola benedetta dalla natura. Rimase colpito dal colore blu del mare e dal calore del sole ed immaginò, facendo il primo schizzo del museo d’arte, una città della cultura galleggiante sul mare. Più tardi si rese conto delle restrizioni dovute ad antichi regolamenti che permettevano sull’isola, dichiarata parco nazionale, soltanto la realizzazione di costruzioni tipo locande di stile giapponese. Pertanto per aggirare l’ostacolo fu giocoforza inserire nel programma la realizzazione di un piccolo albergo e poiché la copertura doveva, per legge, essere a falde, Ando decise di interrare il museo, facendo emergere solo la cuspide di un lucernaio di vetro, incidendo così sul-l’ambiente il minimo possibile. Il complesso, progettato tra il 1988 ed il 1990 e realizzato tra il 1990 ed il 1992, è composto di due elementi: il primo è una gradinata che sale dal pontile di attracco e, oltre ad accogliere i visitatori provenienti dal mare, può essere usata per spettacoli all’aperto, il secondo è il museo, in buona parte interrato, che, come appare sin dai primi schizzi, è composto essenzialmente da un volume cilindrico del diametro di venti metri e da un corpo prismatico, largo otto metri e lungo 50 metri, che termina con una corte incassata. Ad essi si aggiunge un volume a due livelli che ospita un piccolo albergo con copertura ad unica falda. L’accesso al museo avviene, tramite una doppia rampa pedonale, sul lato est al primo livello, in modo che le due gallerie, quella a pianta circolare e quella a pianta rettangolare possano essere percepite dall’alto nella loro articolazione che è rispettivamente su tre e su due livelli. Questi spazi dalla geometria estremamente elementare sono arricchiti da scale e rampe che dinamizzano l’ar- chitettura, offrendo al visitatore una pluralità di visioni rese ancora più suggestive dalla luce che gioca un ruolo di primo piano provenendo dall’alto, nel corpo cilindrico, in modo da esaltare la centralità dello spazio, e da un estremo, in quello prismatico aperto su una corte incassata. Tra il 1993 ed il 1995 è stato realizzato, più a monte, un corpo aggiunto a pianta ovale che ospita un albergo su un solo livello, sviluppato intorno ad uno specchio d’acqua e collegato al museo mediante una piccola cable car a tre posti che si inserisce discretamente nell’ambiente. Da quest’ultima si accede all’albergo passando tra la reception e la cafeteria e raggiungendo un percorso che si affaccia sullo specchio d’acqua centrale, per disimpegnare le quattro camere e le due suite. Il cortile ovale coperto d’acqua crea una particolare tensione nello spazio architettonico e per effetto della forma planimetrica, la superficie trasparente sembra gonfiarsi verso il centro creando una sorta di scultura d’acqua, come la definisce Ando. La struttura portante degli edifici è esclusivamente in calcestruzzo cementizio armato gettato in casseforme che lasciano l’impronta della loro modularità e dei fori incassati dei tiranti. Alcune murature in calcestruzzo sono rivestite con pietra calcarea, materiale che, oltre ad interrompere la uniformità dell’involucro e-sterno, conferisce ai corpi di fabbrica un aspetto che meglio si inserisce nel bellissimo ambiente naturale. La scala che sale dall’imbarcadero è rivestita in blocchetti di granito, mentre i percorsi pedonali sono pavimentati con lastroni gettati in opera di graniglia lavata. Le coperture riprendono generalmente la continuità del verde circostante con un terrazzo giardino che ha richiesto particolare cura nell’isolamento delle superfici. I serramenti sono in ferro ed alluminio verniciati in grigio ed in particolare il lucernaio piramidale della galleria circolare è in acciaio protetto con fluoropolimeri. I pavimenti interni sono in legno chiaro. Il museo, progettato negli anni ‘90-’91 e finito nel 1994, è situato nella zona sud della Prefettura di Osaka, dove sono presenti numerosi tumuli della tradizione shintoista giapponese, nonché quattro tombe imperiali. Il museo, dedicato alla cultura Kofun, in sintonia con l’ambiente, che ospita luoghi di sepoltura, è caratterizzato da una collina artificiale terrazzata che costituisce la copertura delle sale interne. AI colmo della gradinata, che Ando ha progettato ricordando l’immagine dell’accesso di alcuni templi, come ad esempio quello di Jingoji, si può ammirare il paesaggio naturale circostante, caratterizzato dalla presenza di tombe, alberi di prugne, laghetti e sentieri pedonali, che fanno della visita al museo una occasione di contatto con la natura. Lungo la gradinata si incontra una torre a base quadrata, cui fa riscontro un lucernario di u-guali dimensioni, completamente cieca, in modo che ricordi il buio di un sepolcro. Tutto lo spazio interno del museo è scarsamente illuminato, per offrire al visitatore sensazioni di silenzio e raccoglimento. La struttura dell’edificio è completamente in calcestruzzo cementizio armato a vista gettato in casseforme lisce, in modo che la superficie sia caratterizzata dalla presenza dei fori per i tiranti di ritenuta. Ancora una volta Ando enfatizza il rapporto tra l’uomo e l’acqua, che nel presente caso è quella del mare. Sembra quasi che questo progetto sia preso come occasione per la realizzazione non solo del museo e del teatro ma, principalmente, della piazza gradonata che degradando verso il mare può essere usata come luogo per incontri, rappresentazioni e concerti. Come in un antico teatro romano la scena è delimitata sul fronte dell’acqua da cinque pilastri che, replicati su una diga distante settanta metri dalla banchina, sottolineano il rapporto tra il mare e la piazza. Questa si estende per 100 metri con una profondità di 40 metri ed è arricchita da una serie di percorsi pedonali in forma di rampe e scale, usate anche come sedili, che fanno godere della brezza marina, delle maree e del sole che tramonta sull’acqua. Tadao Ando ha faticato non poco per far sì che il Museo si legasse direttamente al mare. Infatti il lotto assegnato per la costruzione del museo era separato dal mare da una striscia di terra di proprietà della Municipalità di Osa-ka e la baia cade sotto la giurisdizione del Ministero dei Trasporti. Inoltre il Ministero delle Costruzioni richiede in riva al mare la presenza di una banchina alta di protezione del litorale. E’ stato pertanto necessario persuadere le autorità sulla validità di una soluzione a gradinata che potesse soddisfare le diverse esigenze e creare un luogo di incontro strettamente legato all’attività sociale e culturale del museo. Il museo è costituito da un volume a forma di tronco di cono con la base maggiore in alto del diametro di quarantotto metri, intersecato da due corpi prismatici. Il volume tronco conico contiene una parziale sfera che ospita il teatro, mentre i corpi a pianta rettangolare ospitano il museo ed il ristorante. Ciascuna unità si trova in relazione spaziale con la baia e con il contesto naturale: il ristorante è orientato in direzione di Kobe, mentre il museo gode di magnifici effetti di luce al tramonto del sole sul mare. Il visitatore, mediante una scala mobile, raggiun- 97 nella pagina precedente Facciata del Museo Suntory. Sezione. 98 Facciata del Museo Suntory. Dettagli del coronamento e della sezione orizzontale. Facciata del Museo Suntory. Dettagli della sezione verticale e del montante-parte vetrata. ge direttamente il primo livello dove si trovano la ricezione, i negozi e quindi l’ingresso al Teatro Immagine, che costituisce luogo di riunione ed intrattenimento. Il vestibolo del teatro è direttamente collegato ad un terrazzo panoramico dal quale si gode la vista della baia di Osaka. Il volume del museo, orientato perpendicolarmente alla banchina, ha una grande vetrata affacciata a ponente verso il mare. In esso coesistono i due modi caratteristici di organizzazione dello spazio espositivo: quello con aree indifferenziate per mostre programmate e quello con luoghi più definiti per mostre permanenti. Ho considerato il museo d’arte non solo dal punto di vista dell’architetto - scrive Tadao Ando - ma del visitatore, lavorando sull’esperienza acquisita durante l’esposizione dei miei lavori al MOMA ed al Centro Pompidou. L’architettura non è solo una forma di espressione ma qualche cosa da essere usata 3. Le tecnologie costruttive adottate per la realizzazione dell’edificio sono abbastanza complesse e variegate. La struttura è in parte in calcestruzzo armato precompresso ed in parte in acciaio. In particolare il tronco di cono, nel quale è inserito il teatro sferico, è coperto con una struttura reticolare spaziale ed è rivestito in acciaio inossidabile per la parte interna. La superficie verso il mare è caratterizzata da una grande vetrata curva e inclinata. La scala esterna del Complesso residenziale Rokko II 100 In provincia di Treviso, a poca distanza dall’imponente stabilimento Benetton, interessante struttura strallata in acciaio, è operoso il cantiere per il completamento del centro di ricerca commissionato da Luciano Benetton a Tadao Ando. Questo incarico è senz’altro uno dei più impegnativi per l’architetto Ando in quanto ha comportato per lui due particolarità: per la prima volta (dopo il piccolo padiglione per conferenze Vitra a Basilea) l’architetto ha affrontato un progetto fuori dal Giappone e per la prima volta, secondo una visione totalmente estranea alla cultura giapponese si è dovuto confrontare con la presenza di un edificio storico da recuperare a nuove funzioni. E’ stato l’entusiasmo del committente a convincere Ando ad accettare questa sfida e, inoltre, questo incarico veneto è diventato per l’architetto giapponese l’occasione per conoscere un’interessante pagina della storia dell’architettura italiana da Palladio a Scarpa. Il tema progettuale proposto forniva molti più dati iniziali rispetto a quelli che l’architetto Ando è solito gestire. Oltre ai consueti parametri relativi al sito (con le sue specifiche caratteristiche), alla destinazione d’uso e al costo (che in questo caso non ha rappresentato un limite coercitivo per il progettista), si è dovuto tener conto di altri fattori legati all’utilizzo delle preesistenze per operare scelte finalizzate all’unicità compositiva del nuovo impianto e all’armonia dell’insieme spaziale. Vincoli di partenza, quindi, potevano ritenersi i diversi edifici insistenti sull’area, posti tutti in prossimità della strada, il cui carattere tipologico ed aggregativo è piuttosto ricorrente nella pianura trevigiana: la villa nobiliare (denominata Villa Pastega-Manara), la barchessa (costituita da due corpi rettangolari disposti a elle), la cappella (con accesso diretto dalla strada) e altri piccoli volumi di scarso interesse architettonico. La piccola villa, a pianta pressochØ qua drata con dueappendici , Ł caratterizzata da un ampio atrio passante, a sviluppo nella pagina accanto La scala esterna del Complesso residenziale Rokko. Vista assonometrica. La scala esterna del Complesso Residenziale Rokko. Sezione. 101
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