L`ambizioso olandese
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L`ambizioso olandese
GEGARD MOUSASI L’AMBIZIOSO OLANDESE Gegard Mousasi potrebbe essere il combattente di spicco del 2010 DI CHUCK MINDENHALL // FOTOGRAFIE DI PAUL THATCHER Dentro o ll’atrio ’atrio del Marriott, a Hoffman Estates, Illinois, si svolg svolge lge una lg scena comune a tutti i raduni prima di un combattimento. Come al solito ci sono secondi, giornalisti, operatori televisivi, dirigenti con il loro seguito, organizzatori, grandi appassionati di MMA e, ovviamente, i combattenti. Ciascuno di loro si mette in posa per fotografie con gli ammiratori e di gruppo. Camminano a branchi e parlano alla rinfusa. Un ambiente così interattivo si può vedere solo entrando nell’atrio di un hotel prima di un grande incontro. P erò stavolta la scena è un po’ diversa. M-1 Global e STRIKEFORCE hanno portato in questo sobborgo tranquillo di Chicago combattenti provenienti da ogni parte del mondo. Inspiegabile. Ci sono dappertutto russi dall’aspetto poco raccomandabile venuti insieme a Fedor Emelianenko per il suo incontro importante, mandato in onda in tutto il paese, con Brett Rogers. Entrambi i preti che accompagnano Fedor hanno la barba più lunga di quella di Dostoyevsky, e sono solo una piccola parte del seguito di Fedor. Sì, Fedor viaggia insieme ai suoi preti. Accidenti, è proprio pazzo. Questo sì che è un ambiente poliglotta: giapponese, russo, olandese, inglese – sia la variante scorretta sia quella snob – armeno, spagnolo e portoghese, sono le lingue parlate. Ci sono umlaut dappertutto, segni diacritici e accenti, una decina di forme di slang e nomi con suoni gutturali. Scott Coker ha allestito proprio una scena internazionale. In ogni panoramica si può vedere l’alto Jerry Millen – una testa che spicca sopra le altre – prendere Fedor con 36 la stessa delicatezza che usano quei ragazzi in guanti bianchi alla Stanley Cup. Roxanne Modafferi parla con Muhammed “King Mo” Lawal. Ci sono Bas Rutten, Dan Henderson, Jason “Mayhem” Miller in pelliccia, e il ragazzo del Middle West Clay Guida. Rameau Thierry Sokoudjou è camerunese e spicca con il suo corpo massiccio dentro una tuta rossa con la scritta “The African Assassin”. Mentre Fedor può non sembrare un combattente, l’aspetto di Sokoudjou non lascia dubbi. E POI C’È GEGARD MOUSASI Mousasi, che indossa un cappello marrone da strillone del 1933, risponde alle domande di un gruppo di giornalisti giapponesi mostrando la massima disponibilità. Ha un viso naturalmente sonnolento e inespressivo, anche se sorride e ride abbastanza spesso. Assomiglia a Peja Stojakovic, anche se ha un naso leggermente più grande. “Che cosa preferiresti, comparire in un video game o in un film d’azione?”, gli chiedono. “Ah, non lo so”, risponde. “Forse pre- ferirei un video game”. “Che cosa pensi del tuo avversario, Sokoudjou?” “Penso che la gente lo sottovaluti, e che sia un tipo tosto”. Mousasi parla inglese molto bene, anche se ovviamente parla meglio l’olandese, il persiano e l’armeno. Ripete un milione di volte la frase su Sokoudjou. La gente lo sottovaluta. È molto pericoloso. Mousasi non lo sottovaluta. Almeno non pensa di farlo. No, non lo fa. Mousasi parla con chiunque gli si avvicini e dice qualunque cosa gli passi per la mente. Chiacchiere, spacconate, desideri, qualche parola sulle donne. “Non mi piacciono troppo magre”, dice vedendo un gruppo di ragazze americane snelle. “Mi piacciono più rotonde. Non troppo rotonde, però con le curve. Oh, di quelle, eh, forse solo due sono attraenti”. Mousasi è single e giovane. È un campione. Viene trascinato in una sala per banchetti per un servizio fotografico, poi in un’altra stanza per un’occhiata al nuovo video game della EA Sports, e poi in un’altra sala per banchetti dove i FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 36 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 37 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 37 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI ragazzi della CBS fanno una tavola rotonda pre-incontro per capire – a nome di tutti gli Stati Uniti – chi è Mousasi. “Qual è stato il tuo incontro preferito?”, chiede Gus Johnson. “Un incontro che ho disputato in Giappone che è durato solo dieci secondi”, risponde, riferendosi al combattimento con Tsuyoshi Kurihara nel 2005. “Quello mi è piaciuto molto”. Dice che è pigro e che odia lavorare. Frank Shamrock ride. Mousasi racconta che in Olanda faceva il buttafuori. Che uno dei motivi per cui vuole diventare il più grande combattente delle MMA sono, beh, i soldi. Dette da un tipico statunitense, queste cose potrebbero sembrare brutte. Invece, presentate con un accento olandese e con toni molto sommessi, tutte le cose dette dal timido Mousasi sembrano piacevoli. Ed è un peso massimo-leggero a tutto tondo, che potrebbe affrontare i migliori in qualsiasi organizzazione. Tutti ridono. “Sei il combattente migliore”, dice la voce più importante della CBS, Mauro Ranallo. Si interrompe per un minuto, e lo osserva con gli occhiali. “Questo è quello che si dice, che sei il futuro fenomeno delle MMA. Che cosa ne pensi?” “Sì è vero, però questo perché sto vincendo”, dice Mousasi. “Puoi vincere, vincere e vincere, e vai sempre più in alto. Però, al momento che perdi, tutti si dimenticano delle tue vittorie”. Abbassa una mano come per indicare un’azione che crolla. Ogni persona gli ricorda che quel fine settimana sarà visto da molti “occhi”; che, anche se probabilmente è arrivato a O’Hare senza essere riconosciuto, il viaggio di ritorno potrebbe dimostrare che è diventato un uomo abbastanza famoso. Quello che si dice di lui gli piace, però non si monta la testa. Semplicemente resta indifferente. Sa che deve continuare a vincere. Sogna di vincere abbastanza soldi per poter possedere un giorno una fattoria, una abbastanza grande per tutta la sua famiglia. Si potrebbe pensare che realizzare sogni sia il suo lavoro. Ed ecco la nota dolente. Tra tutti i soprannomi da combattenti che esistono, quello di Mousasi è “L’acchiappasogni”. Gegard lo odia terribilmente. Si dice che glielo abbia dato un amico perché, mentre la maggior parte dei combattenti sogna di vincere, a 24 anni Gegard aveva già realizzato quel sogno vincendo sia la cintura dei pesi medi DREAM sia il titolo dei pesi massimi-leggeri STRIKEFORCE. “Brutto, brutto, brutto”, pensa. Però, essendo pigro di natura, non fa niente per rimediare. Convive con quel soprannome. Il fratello di Gegard, Gewik, è sempre insieme a lui ovunque vada. Vivono insieme in Olanda e si assomigliano molto. “Io sono il Myooshashi più vecchio”, dice presentandosi. Gewik vorrebbe sapere chi è che può sfidare Gegard. “Chi? Mo Lawal? Ha fatto solo cinque incontri. Dimmi chi!”. In questa domanda non c’è sfrontatezza, solo curiosità. Anch’io sono curioso. Insieme a Mousasi ci sono anche Göksel Sahinbas, uno degli atleti olandesi di Gegard, e l’autorevole Apy Echteld, lo stratega, che tra di loro parlano olandese. Poi c’è Jacob Schaap, il pubblicitario di M-1 Global, un tipo che sembra troppo giovane per andare in giro abbracciato con Fedor e Gegard. Racconta di quando con Mousasi spazzò le gambe di Jean-Claude Van Damme in un nightclub di Parigi e lo atterrò proprio sotto una sfera a specchio. In quella circostanza Van Damme non era completamente sobrio, aggiunge. Però, comunque sia, fu atterrato. C’è un altro tipo, un “amico olandese che non ha niente di meglio da fare con i suoi soldi e dunque viene agli incontri”. In men che non si dica, comincia un clinch con Mousasi. Dopo poco i due vanno a sbattere contro alcune cose – una pianta, un’asta. Poi cadono su un divano. La receptionist guarda con un’espressione inizialmente attonita e poi quasi di orrore. Mousasi non riesce a guadagnare la posizione di vantaggio. Entrambi sono a testa in giù. Certo, penso, sarebbe stupido farsi male proprio prima di un incontro teletrasmesso in tutto il paese. Un pensiero che evidentemente non attraversa mai la mente di Mousasi. I due lottano rossi in viso, rotolandosi l’uno sull’altro, con arti che sporgono dappertutto. A quel punto, l’amico fa il solletico ai piedi di Mousasi – forse solo una piccola rassicurazione – e ciò dà inizio a un’altra battaglia sui mobili dell’hotel, che sembravano non aver mai subito un putiferio del genere. Gli uomini grugniscono e ridono. Alla fine, dopo quello che è sembrato un’eternità, Mousasi molla. Comunque, questo è successo il giovedì prima dell’incontro di Gegard Mousasi, il campione più interessante del mondo. “PUOI VINCERE, VINCERE E VINCERE, E VAI SEMPRE PIÙ IN ALTO. PERÒ, AL MOMENTO CHE PERDI, TUTTI SI DIMENTICANO DELLE TUE VITTORIE”. 38 FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 38 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI Dream 6 – Middleweight Grand Prix 2008 Final: Ronaldo “Jacaré” Souza cerca di trarre vantaggio dalla posizione a terra di Mousasi pochi momenti prima di incassare un calcio al viso che pone fine al combattimento. // FOTO DI SUSUMU NAGAO FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 39 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 39 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI “NON PENSO DI DOVER AFFRONTARE QUESTO O QUEL TIPO PER DIMOSTRARE QUALCOSA – AFFRONTO QUALUNQUE AVVERSARIO DURO MI SIA PRESENTATO”. 40 FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 40 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI GEGARD MOUSASI È NATO A TEHERAN, IRAN I suoi genitori erano armeni, e tutta la famiglia si trasferì a Leiden, Olanda, quando Gegard aveva otto anni. Gegard è cristiano e prega un po’ prima di ogni incontro. È piuttosto timido. Non gli piace avere foruncoli sul viso. E vuole far cadere alcuni miti che ci sono su di lui. Innanzitutto, contrariamente a quello che si dice, lui e i suoi familiari non sono rifugiati di guerra. “Ho letto su Internet che scappammo a causa della guerra, invece la guerra era già finita”, dice in un ristorante Claim Jumper dopo il peso. Davanti a lui ci sono un bicchiere d’acqua, una coca, una bistecca BRI-EYE alta, una patata, un’insalata e un piatto di spaghetti. Di lì a due ore ritornerà in quello stesso ristorante e consumerà di nuovo tutto. “In Iran vivevamo bene. Non eravamo ricchi, eravamo una famiglia nella media. Mi piaceva la vita lì. Ce ne andammo perché praticamente lì non c’era alcun futuro. I miei genitori volevano che io e mio fratello avessimo un futuro. Se fossimo restati lì, probabilmente avrei fatto il meccanico”. Suo padre faceva il meccanico, e in questo non c’è niente di vergognoso, però Leiden è il luogo d’origine di Rembrandt, di molti presidenti dei Paesi Bassi, di Cornelis Engebrechtsz – grandi uomini e artisti importanti – e ora anche del più grande combattente dell’Olanda, in un certo senso. Cosa sorprendente, quando gli è chiesto quale paese rappresenta, Mousasi ne indica più di uno. “Rappresento l’Olanda, però sento di rappresentare anche il mio paese, l’Armenia, e l’Iran perché fa parte di me. Mi sento legato a tutti questi tre paesi”, dice Gegard. “E anche al Giappone, perché credo che lì sia cominciata la mia carriera. Questi quattro”. È multi-etnico. E come ha cominciato a combattere è una storia piuttosto comune: uno scontro con dei bulli che stavano “dando fastidio ai miei amici”. Ciò lo motivò a intraprendere il pugilato. Cominciò come pugile amatore all’età di 14 anni, arrivando a un record di 12-1 prima di passare alla kickboxing e infine alle MMA. “In Olanda il pugilato non è molto importan- te”, dice a proposito del suo cambiamento. “Non ci si guadagnava alcun soldo”. Mousasi disputò il suo primo incontro di MMA ad Amsterdam nel 2003, a 17 anni, contro Daniel Spek e vinse per KOT al primo round. Da allora ha disputato quasi 30 incontri (26-2-1) e solo tre sono arrivati fino in fondo – un pareggio con il brasiliano Gilson Ferreira nel suo terzo combattimento pro (che egli definisce il suo incontro più duro in assoluto), una vittoria su Hector Lombard in PRIDE, e una vittoria su Dong Sik Yoon. Ha perso due volte, prima contro un tale di nome Petras Markevicius in Finlandia agli inizi della sua carriera, e poi contro Akihiro Gono in PRIDE nel 2006. “Inesperienza”, dice del secondo. “Ero sfrenato e insicuro, però quelle cose sono cambiate”. Sì, quelle cose sono cambiate, ed è un fatto dimostrabile. Mousasi ha battuto ciascuno dei 13 avversari che gli sono stati messi di fronte, una lista che include Denis Kang, Ronaldo Souza (titolo pesi medi DREAM), Renato “Babalu” Sobral (titolo pesi massimi-leggeri STRIKEFORCE), e Melvin Manhoef. Ne ha stesi 11. Ora il suo nome è menzionato tra i primi pesi massimi-leggeri del pianeta. Quando è stato chiesto al presidente dell’UFC Dana White quanto desiderava, su una scala da 1 a 5, che Gegard Mousasi sfidasse i suoi combattenti categoria 82 kg d’élite, ha risposto addirittura 7. Nella sua mente – e a quanto pare in quella di tutti – è impressa la distruzione di Sobral operata con velocità e nonchalance da Mousasi nel suo debutto statunitense. Ma adesso UFC sta per “Ugly Freaking Conversation” perché Gegard è soddisfatto della STRIKEFORCE. In questo momento, alla vigilia del suo incontro con Sokoudjou, si sta godendo il cibo sul piatto davanti a lui. Si tratta di un incontro senza titolo perché (si mormora) … vi immaginate il pasticcio sul mercato se Sokoudjou dovesse vincere? Tuttavia, Mousasi si sente sottopagato. Nel suo contratto con la STRIKEFORCE, gli resta un altro incontro dopo quello con Sokoudjou. Nessuno sa chi ci sarà dopo, anche se DAVANTI A LUI CI SONO UN BICCHIERE D’ACQUA, UNA COCA, UNA BISTECCA RIB-EYE ALTA, UNA PATATA, UN’INSALATA E UN piatto DI SPAGHETTI. DI LÌ A DUE ORE RITORNERÀ IN QUELLO STESSO RISTORANTE E CONSUMERÀ DI NUOVO TUTTO. Mousasi ha un forte senso della fedeltà. “Se la STRIKEFORCE mi tratta bene, non ho alcun motivo per passare all’UFC”, dice. “Non penso di dover affrontare questo o quel tipo per dimostrare qualcosa. Non mi pongo questo problema. Affronto qualunque avversario duro mi sia presentato”. La situazione è delicata, dunque Mousasi deve muoversi con cautela. Cerco di tirare due righe per vedere se c’è qualcosa da leggere tra di esse. Certo, non ha mai dichiarato alcuna intenzione di passare all’UFC. Tuttavia, ragionando per ipotesi, come si sentirebbe a dover affrontare un tipo come Lyoto Machida? “Se se ne presenta l’occasione, mi piacerebbe fare un incontro con lui, però non rientra tra i miei obiettivi. Neanche per sogno. Certo la cosa mi piacerebbe, però non è che voglio affrontarlo o dico di volerlo affrontare o roba del genere”. La verità è che Mousasi ha compassione per Machida, che ha vinto il suo incontro con Shogun Rua – la sua sedicesima vittoria consecutiva – però strada facendo la sua fortuna e il suo successo sono scemati. “Vedi come le cose cambiano velocemente?”, dice Gegard. Parla come un uomo consapevole del fatto che l’acrobazia di aumentare il proprio valore di mercato e la propria pubblicità si riduce al vincere. Vincere, e vincere in modo decisivo. Il suo viso assonnato non cambia mai. Un vecchio verso di Kipling parla dei trionfi e delle sconfitte che si incontrano nella vita e del trattare quegli imbrogli nello stesso modo, una conclusione a cui Mousasi è già arrivato – all’età di 24 anni. È stato influenzato dalla madre, una FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 41 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 41 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI Strikeforce – agosto 2009: Gegard Mousasi stende il sempre pericoloso Renato “Babalu” Sobral. // FOTOGRAFIA DI ESTHER LIN / STRIKEFORCE / SHOWTIME donna molto pratica che Gegard definisce “la figura più importante della famiglia”. “Tutti ti amano quando vinci”, ripete, “però quando perdi, si dimenticano completamente di te”. In altre parole, Mousasi non ha fede nella memoria selettiva di un ammiratore volubile. L’unico modo per comprare una fattoria per la sua famiglia – “con due cavalli, magari una pecora e una mucca, due cani, e un paio di galline per divertimento” – è vincere molti altri incontri. Ecco perché sua madre lo incoraggia a mettere soldi da parte e risparmiare. Non si sa quanto dureranno le cose. Non sorprende che Gegard tenga sempre un profilo basso. E un’altra cosa: anche se appartengono entrambi alla M-1 Global e si vedono insieme per eventi promozionali come l’esibizione che hanno fatto a Kansas City, Gegard e Fedor non si allenano insieme. Sono due entità completamente distinte. “Mi sono allenato insieme a Fedor tre volte circa”, dice Mousasi. “Ogni volta che mi hanno detto che dovevo andare in Thailandia ad allenarmi, il viaggio è saltato. Mi hanno detto che sarebbe venuto 42 in Olanda ad allenarsi, però non è venuto. Dovevo andare un Russia una o due volte, però non ci sono andato perché non mi piacciono i paesi stranieri. Ora la gente pensa che sono migliorato perché mi sono allenato con Fedor. Non è così”. Si tratta di un altro mito che Mousasi vuole far cadere. Eccone un altro: non ha paura di perdere con Sokoudjou. AVETE MAI OSSERVATO MOUSASI COMBATTERE? Intendo dire, lo avete mai osservato davvero? Echteld, il suo manager, vi farà credere di no. Rivoluzionerà il vostro concetto di combattimento. A colpo d’occhio, lo stile di combattimento di Mousasi è qualcosa di completamente naturale, essendo così fluido, calmo … e diverso. “Sono un po’ gobbo”, dice Mousasi. “Assomiglio a Quasimodo”. È vero che la sua schiena è curva come un punto interrogativo. Lo fa apparire sempre disinvolto e pronto al combattimento. Quella gobba favorisce i suoi calci, che sono naturalmente brutali. Quando dà un calcio, Mousasi curva tutta la schiena e sposta le anche verso l’alto, tutto all’unisono. La sua schiena curva cambia le coordinate dei colpi, sia per lui sia per il suo avversario. È anche vero che, secondo FightMetric, Mousasi riesce ad assestare il 54% dei suoi colpi, una percentuale assai superiore alla media del 35%. E in cambio ne riceve pochissimi. Nel suo debutto STRIKEFORCE a San Jose, ha colpito Babalu una dozzina di volte e ha incassato solo due colpi. Il combattimento è finito nel giro di un minuto. Nell’incontro con Damir Mirenic ha assestato 47 colpi e ne ha incassati quattro. Tsuyoshi Kurihara non ricorda niente. Negli incontri con Steve Mensing e Evangelista “Cyborg” Santos ha assestato rispettivamente 26 e 19 colpi e ne ha incassati zero. Niente. Due combattimenti interi senza prendere neanche un pugno. Ci sono combattenti sfuggenti come Lyoto Machida e Anderson Silva, e come loro, Mousasi assesta colpi a tutta forza e con estrema precisione, mentre viene a malapena toccato. Il suo curriculum è pieno di momenti istintivi, e non sono sempre facili da spiegare. Prendiamo l’incontro con Ronaldo FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 42 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 13/04/10 16.54 GEGARD MOUSASI // FOTO DI SUSUMU NAGAO Souza, quando Mousasi ha assestato un calcio con un tempismo perfetto proprio mentre Jacaré si buttava all’attacco; oppure il Middleweight Grand Prix, quando Mousasi ha eseguito uno strangolamento a triangolo su Kang e Manhoef sembrando in uno stato ipnotico. In tutti i casi il suo tempismo è sembrato quasi perfetto. Dunque, qual è il suo segreto? Echteld ha un’idea, e ne parla come di una virtù sacra. “Volete un discorso tecnico? Allora facciamo un discorso tecnico. Gegard ha un senso molto spiccato della distanza. Del tenere la giusta distanza”, dice Echteld. “Lo chiamiamo il principio del ma-ai”. Ma-ai è un’espressione giapponese che sta per “armonia dello spazio” o, più letteralmente, “distanza spaziale”. Considerato largamente dagli insegnanti come una cosa che è impossibile insegnare, ma-ai significa essenzialmente usare l’area neutrale di distanza da un avversario come uno spazio che oscilla nel tempo. È in sostanza la radice spirituale delle angolazioni. In termini più semplici, significa che Gegard riesce a stare abbastanza distante per non essere colpito, ma anche abbastanza vicino per poter assestare colpi. Che un combattente ne sia consapevole o no, il filo comune che unisce tutti i grandi combattenti – e li distingue da quelli puramente bravi – è la relazione spazio-tempo tra attaccante e difensore. Questo è il ma-ai. Ecco perché, chiunque gli sia messo davanti, Mousasi sembra sempre un predatore che si muove all’unisono con il suo avversario. “Sa mantenere una distanza, sa accorciare una distanza ed è comunque difficile da colpire, tutto perché si muove velocemente applicando questo principio”, dice Echteld. “È come se mettessi una cintura tra noi due e la tirassi; si allungherebbe completamente; se ti spostassi all’indietro, io mi sposterei in avanti. È un mantenere costantemente la distanza”. Ciò non rende Mousasi imbattibile, però sicuramente rende più difficile batterlo. Echteld aggiunge che, come l’altro suo pupillo Fedor, Mousasi ha una pazienza infi nita. È una qualità che possiede sin da quando era adolescente, quando Echteld pose per la prima volta gli occhi su di lui. “Ha una grande pazienza. Ha gambe forti, è abile nelle sottomissioni. Però lui e Fedor hanno soprattutto una grande pazienza. Ragionano così: quello che non funziona nel primo round funzionerà probabilmente nel secondo”. La pazienza gli è davvero necessaria? Degli ultimi 12 incontri, solo uno è andato oltre il primo round. Nessuno dei suoi quattro ultimi incontri è durato più di tre minuti. Non dico altro. FIGHTMAGAZINE.IT Gerard Mousasi Gennaio2.indd 43 Cyan quadricromiaMagenta quadricromiaGiallo quadricromiaNero quadricromia 43 13/04/10 16.54
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