Lezione 4: La comunicazione nella Storia dell
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Lezione 4: La comunicazione nella Storia dell
LEZIONE 3.2 - La rivoluzione tipografica Sul finire del XV secolo il mondo si appresta a entrare nell’Era moderna, segnata dal grande evento della scoperta dell’America (1492), ma non solo. Secondo il filosofo inglese Francesco Bacone (1620), infatti, più che altro “tre cose mutarono l’assetto del mondo tutto: l’arte della stampa, la polvere da sparo, la bussola”. FRANCIS BACON E se per la polvere da sparo non c’è un inventore noto, se per la bussola l’esistenza stessa di Flavio Gioia è molto dubbia, per la stampa invece abbiamo un nome e una data certa: Johannes Gutenberg da Magonza (oggi Mainz), nell’anno domini 1455 (da notare però che la stampa era già nota da vari secoli in Oriente) Prima d’allora si stampava in Europa, ma con una tecnica diversa (la xilografia) e non certo opere complesse come i testi classici, bensì santini, calendari, almanacchi, carte da gioco... Gutenberg era un orafo e, come vedremo, l’invenzione della stampa dovrà molto a questa categoria di artigiani (mentre Mergenthaler, inventore della linotype, era orologiaio), abili nel forgiare i metalli e dare corpo a lavori di alta precisione. La carta era stata già introdotta in Europa nel XII secolo: a Gutenberg spettava il compito di creare le matrici per i caratteri mobili in piombo fuso, quindi adattare i vecchi torchi e creare un nuovo tipo d’inchiostro adatto alla bisogna. Cosa che lui portò a compimento, dopo anni di prove, il 23 febbraio 1455 (la prima copia del libro, però, si ritiene stampata nel 1452), pubblicando in 180 esemplari un’edizione in due volumi (1281 pagine) della Bibbia, cui seguirono - a poca distanza di tempo altri libri, al ritmo di circa 300 fogli al giorno NEW YORK PUBLIC LIBRARY Un’opera immane che costò a Gutenberg grande fatica e lavoro, senza però alcun beneficio materiale: per finanziare i suoi studi infatti era stato costretto a chiedere un prestito a un facoltoso concittadino, Johannes Fust, che ben presto gli sottrasse il laboratorio, con le macchine e le attrezzature Di più: fu Fust stesso il primo a vendere - e con successo - le copie della Bibbia, anche se per poco la sua avidità non rischiava di portarlo alla morte. Giunto infatti a Parigi, andò alla Sorbona con un certo numero di copie, ma questa straordinaria novità destò sospetto (ci doveva essere senz’altro lo zampino del diavolo!) e Fust dovette scappare in fretta e furia prima di essere accusato di stregoneria… L'arte della stampa, 1706 Gutenberg morì, in solitudine e povertà, nel 1468: per paradossale che possa sembrare, nessuna opera porta nel colophon il suo nome. Di lui e del suo lavoro abbiamo solo citazioni indirette, su altri testi; di fatto la sua invenzione prese subito piede nel continente e nacquero ovunque le prime stamperie, ad esempio a Roma e Venezia (1467), dove sul finire del secolo svolse la sua opera di grande stampatore Aldo Manuzio I primi libri erano quasi tutti scritti in latino ed erano testi sacri, ma presto la situazione cambiò e la stampa contribuì non poco all’affermazione di nuovi temi e nuovi autori: il primo caso di bestseller che si ricordi è stato l’Orlando furioso, con 36 ristampe tra 1532 e 1542 Lo sviluppo delle stamperie e la concorrenza che ne derivò fecero rapidamente mutare l’arte della stampa: vennero introdotti vari artifici grafici (corpi e caratteri, note, capolettere e capoversi, numeri di pagina, indici, errata corrige) per rendere il libro più leggibile e comprensibile anche a un pubblico poco avvezzo alla lettura Ci fu però anche chi predisse vita breve alla stampa, come Johannes Trithemius che nel 1492 sosteneva che la pergamena sarebbe durata in eterno, il libro no. Così poi non è stato, anche se la morte della stampa è stata annunciata più volte e in tempi anche recenti: molti anni fa si era parlato del 2020, poi Philip Meyer nel suo The Vanishing Newspaper (2004) si è spinto al 2043, anno in cui “sarà venduta l’ultima copia cartacea del New York Times“. Di fatto, sappiamo ormai che queste previsioni queste sì - hanno vita breve. Che in genere ogni nuova tecnologia in campo massmediologico si sovrappone alle precedenti, piuttosto che azzerarle. Il libro elettronico esiste sì, ma è ancora ben lungi da soppiantare quello cartaceo, soprattutto - e qui sta il bello - tra i giovani, i cosiddetti “nativi digitali”, come dimostra uno studio del Censis del 2013 anche o soprattutto come strumento per studiare Certo, i quotidiani sono in crisi, i settimanali sono ormai ridotti a un ruolo più che marginale, i mensili sono tutt’al più di nicchia, ma il settore “carta stampata” ancora tiene Dopo circa 20 anni di Internet (i primi browser risalgono al 1994/95), il Corriere della Sera ha tuttora 3 milioni di lettori su carta (440mila copie) contro 1,3 milioni di visitatori che accedono giornalmente a Corriere.it, mentre per Repubblica il rapporto è 3,2 milioni contro 1,6 (fonte: ADS) I due dati andranno certamente a congiungersi (annualmente -7% la carta e +25% il web, fonte: Prima Comunicazione) e probabilmente la tendenza un giorno si invertirà, ma è difficile pensare alla scomparsa totale del primo medium Ma cosa accadrebbe se davvero venisse meno la cultura tipografica, se i giornali o i libri non esistessero più? Questa ipotesi, al di là della presunta fine della comunicazione cartacea, è stata affrontata varie volte dalla letteratura fantastica, come nel caso del famoso romanzo Fahrenheit 451 scritto nel 1953 da Ray Bradbury e portato sullo schermo da François Truffaut nel 1966 L’autore parla di un futuro non troppo lontano in cui una dittatura impedisca a tutti gli uomini di possedere e leggere i libri, introducendo il cosiddetto «reato di lettura». Tutti i libri devono essere bruciati (451 è appunto la temperatura di combustione della carta, pari a circa 233 gradi Celsius), l’unico mezzo di comunicazione - gestito dal governo, ovviamente - deve essere la televisione Che cosa succederebbe in uno scenario come questo? https://www.youtube.com/watch?v=nCaLf7fA07w https://www.youtube.com/watch?v=d160eWmOrRc https://www.youtube.com/watch?v=PRnR8CU-a7U La cultura tipografica Con l’invenzione della stampa, secondo McLuhan, si conclude quel processo di “detribalizzazione” che era iniziato circa 2200 anni prima con la creazione dell’alfabeto moderno, sancendo la vittoria dell’occhio sull’orecchio La fase tipografica è segnata dall’uniformità, dalla continuità, dalla ripetibilità e dall’omogeneità. La stampa privilegia la sinteticità, l’analiticità, l’oggettività, il pensiero astratto. Si accentua la creatività linguistica, si marginalizza il pensiero formulaico La stampa trasformò la memoria collettiva ed ebbe effetti dirompenti sulla lingua, razionalizzandola e omogeneizzandola (ad esempio fissando l’ortografia), arricchendo il lessico e cristallizzando le lingue nazionali a discapito dei regionalismi: là dove non si svilupparono delle stamperie, le lingue locali morirono Con la stampa la parola diventa una merce, nasce il diritto d’autore (Copyright Act, 1709) Anzi, nasce l’autore: nella cultura orale tutto era di tutti e tutti partecipavano alla creazione di un’opera, e nella chirografica comunque si distingueva tra scriptor (semplice trascrittore), compilator e commentator (che in minor o maggior misura aggiungevano del loro alla trascrizione), nella cultura tipografica l’autore è ben chiaro, è uno e uno soltanto L’invenzione della stampa segna inoltre la morte del latino, dato l’aumento dei pubblico dei lettori. La lingua scritta si differenzia sempre più da quella parlata, marcando la sua «alterità» La lettura si fa silenziosa ed estensiva (tanti libri, anche di piccolo formato, da leggere in modo distratto, invece che pochi testi da leggere e rileggere, con sacro rispetto), divenendo un fatto privato favorendo quindi l’individualismo («la stampa è la tecnologia dell'individualismo» dirà McLuhan) - e nel contempo di massa, aprendosi nel tempo ai ceti meno abbienti, alle donne e ai più piccoli Tante le altre novità introdotte dalla stampa, a volte anche inaspettate. Per il sociologo canadese Harold Innis se la scrittura aveva favorito la nascita dei grandi imperi dell’antichità, la stampa e la carta favorirono il nazionalismo H. INNIS Secondo McLuhan attraverso la stampa per la prima volta “un popolo vede se stesso”: la lingua comune dà unità sociale e senso di appartenenza Cambia il modo di studiare e di insegnare: dall’imparare facendo si passa all’imparare leggendo Nascono le grandi biblioteche, pubbliche e private, ma nasce anche - in una forma «moderna» e organizzata - l’istituto della censura: nel 1559 la Chiesa pubblica il primo Index di libri proibiti. Vi finirono opere fondamentali come il De Monarchia di Dante Alighieri, l’Opera omnia di Machiavelli, il Decamerone di Boccaccio e poi ancora Ariosto, Pietro Bembo, Copernico, Erasmo da Rotterdam e perfino molte edizioni della Bibbia! Grande fu l’impulso dato alla Rivoluzione scientifica (1543-1687): se lo scienziato rinascimentale leggeva nel “grande libro della natura”, lo scienziato del ’600 aveva a disposizione “il mondo su carta”, con dovizia di dati, diagrammi, tavole, disegni, mappe Non a caso è il tempo di Galileo, Copernico, Newton, Keplero; nascono le prime riviste scientifiche, i periodici, le prime gazzette (1618-1631) e i quotidiani: il primo in assoluto fu a Lipsia nel 1660, il Leipziger Zeitung GALILEO In Italia è la Gazzetta di Mantova (1664), tuttora edito, che rappresenta così a oggi il giornale più antico del mondo Nel 1680 il Frankfurter Journal tirava 1500 copie, un’enormità per l’epoca. A inizio ’700 compaiono le prime rubriche come la Posta dei lettori, gli articoli di fondo, le prime pubblicità: tra le primissime quelle delle acque minerali Le grandi firme si avvicinano al giornalismo, come Daniel DeFoe e Jonathan Swift In realtà già nel ’300 circolavano, a scopo commerciale, “lettere” con i prezzi delle merci, i movimenti delle navi, gli avvenimenti delle corti europee: lettere che nel ’500 presero forma stampata, divenendo veri libri di informazione e di notizie, come il Treve Encounter di Londra, 1513 Ancora una volta, come già fu per i Fenici e l’invenzione della scrittura “moderna”, è dunque l’economia dare uno speciale impulso alla comunicazione Nell’800 il quotidiano diventa il giornale di tutti, grazie alla progressiva alfabetizzazione e alle grandi tirature a basso prezzo: nel 1880 il Daily Telegraph vende 300 mila copie L’evoluzione tipografica: le nuove tecniche di stampa Il procedimento di stampa è rimasto sostanzialmente uguale a se stesso per circa 400 anni, fino alla seconda metà del XIX secolo, con la sua fase centrale impostata sulla composizione, la messa in fila manuale dei caratteri a comporre le parole. Bisognerà aspettare fino al 1881 per trovare una reale evoluzione tecnologica, con l’invenzione della linotipia, anche se già nel 1796 il bavarese Alois Senefelder aveva realizzato la litografia (una stampa su un tipo particolare di pietra), da cui derivano le moderne tecniche come l’Offset Ma se in tutti questi secoli la tecnologia era in letargo, non altrettanto si può dire dell’arte tipografica, che vede un grande fermento ad opera di artisti come G. B. Bodoni Giambattista Bodoni è la figura più illustre della tipografia italiana del Settecento, degno erede - a tre secoli di distanza - della grande tradizione di Aldo Manuzio Bodoni e la sua stamperia ducale di Parma rivoluzionano la veste grafica del libro, introducendo nuovi caratteri, ispirati a rigorose proporzioni geometriche, e determinando un canone di eleganza formale che richiama le linee sobrie e armoniose del neoclassicismo Un canone che tuttora è apprezzato e riconosciuto. usato in molte occasioni, nella pubblicità come nella comunicazione istituzionale, nella creazione di loghi come allo scopo di determinare una «brand identity» Il XIX secolo è dunque caratterizzato dallo sviluppo tecnologico della tipografia, e conseguentemente dalla nascita dell’industria editoriale vera e propria. A partire dal 1814, quando il motore a vapore viene per la prima volta introdotto nelle officine tipografiche: il Times è il primo giornale ad essere stampato con l'ausilio delle macchine (1600 copie/h!) Le tecniche di stampa si sono evolute nel tempo, mantenendo sostanzialmente la loro impostazione originaria. Per quattro secoli la composizione dei caratteri era rimasta manuale e il torchio fu protagonista quasi senza cambiamenti fino agli inizi del XIX secolo, prima di arrendersi alle macchine (le prime rotative, capaci di stampare su un nastro continuo di carta, comparvero fra il 1861 e il 1867). Vari metodi di composizione meccanica furono sperimentati, ma il passo risolutivo venne con l’invenzione della linotype (Ottmar Mergenthaler, 1886) - prima macchina per la composizione tipografica automatica, capace di creare una linea di caratteri in metallo - e della monotype nel 1890; bisognerà invece aspettare la metà del XX secolo per arrivare alla fotocomposizione e poi al digitale Il risultato fu un notevole aumento di produttività (prima di allora nessun giornale aveva più di 8 pagine), con passaggio della velocità di composizione dai 1000 caratteri/ora tradizionali a 8000-10000 caratteri/ora, permettendo agli editori di abbassare i costi e raggiungere un pubblico più vasto, frutto dello sviluppo economico e dell’urbanizzazione In conclusione, la stampa ha creato le condizioni per dare accesso alla conoscenza a una gamma più ampia di lettori, consentendo alle nuove generazioni di costruire sui risultati intellettuali di quelle precedenti Secondo lo storico inglese Lord Acton, con la stampa il Rinascimento sarebbe stato di durata più lunga e accessibile a tutti, e non ci sarebbe stato un Medioevo, con il suo occultamento di conoscenze e idee Per Elizabeth Eisenstein, autrice di The Printing Press as an agent of change fondamentale testo sulla transizione dalla cultura manoscritta a quella tipografica - la stampa ha creato un punto di riferimento costante e uniforme per la conoscenza, consentendo il confronto tra opinioni; per Briggs e Burke (Storia sociale dei media), Gutenberg ha rivoluzionato la lettura, rendendola «critica, creativa, estensiva, privata» Museo Gutemberg, Mainz
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