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- Monografia -
Sono passati circa cinque anni da quando gli Emperor decisero di terminare la loro
attività; una realtà durata dieci anni, parte integrante della seminale scena black metal
norvegese ma non solo, gli Emperor hanno dato vita ad opere completamente fuori
dagli schemi, suscitando clamore e scontento tra i puristi del genere e al tempo stesso
interesse e partecipazione da parte di chi un tempo li considerava “spazzatura
estrema”.
Le recensioni presenti in questa monografia non riguardano demo, EP o live registrati
dagli Emperor, mi sono limitato ai soli quattro full-length.
Biografia
Siamo a cavallo degli anni 1989-90, a Bergen (Hordaland, Norvegia SudOccidentale) - seconda città della Norvegia e fondamentale porto sul mare del Nord durante un concerto Vegard Sverre Tveitan (Ihsahn) fa conoscenza con Thomas
Thormodsæter Haugen (Samoth); entrambi nutrono una grande passione per band
come Celtic Frost e Bathory, decidono così di iniziare a suonare assieme, tirando su
una band che richiami le sonorità proposte dai gruppi succitati. All’inizio del 1990 la
band, sotto il nome di Embryonic, registra il demo The Land Of The Lost Souls, è
quindi la volta dell’EP Open The Mysteries Of Your Creation, registrato però con il
monicker Thou Shalt Suffer. La proposta sonora dell’epoca era una sorta di death
metal dalla matrice primordiale, con influenze thrash qua e là, in cui era però
possibile scorgere, tramite sporadici inserti di tastiera, quello che sarebbe diventato
poi il sound di fabbrica degli Emperor. Il progetto Thou Shalt Suffer si ferma,
Samoth e Ihsahn scrivono nuovo materiale, così nel 1991 iniziano a provare
coadiuvati dall’amico Håvard Elefsen (Mortiis) al basso, e nasce il monicker
Emperor. Nell’estate del 1991 la prima formazione degli Emperor vedeva Mortiis al
basso; Ihsahn alla chitarra, alle tastiere e alla voce; Samoth dietro le pelli. Nello
stesso anno vede la luce il mitico demo “Wrath Of The Tyrant” (originariamente
autoprodotto, ristampato nel 1995 dalla Wild Rags); nonostante la registrazione
approssimativa e la giovanissima età dei membri della band (erano ancora tutti
minorenni), era già possibile notare le straordinarie doti compositive di questi ragazzi
norvegesi, oltretutto con una preparazione tecnica non trascurabile. Sempre nel 1991
si unisce alla band in qualità di batterista Bård G. Eithun (Faust), rilevando il posto di
Samoth che, da questo momento in poi, si occuperà unicamente delle chitarre; con
questa line-up viene registrato lo split Hordanes Land, in compagnia degli amici
Enslaved, pubblicato nel 1993 dalla Candlelight. Successivamente è la volta dell’EP
As The Shadow Rise, pubblicato però dalla Nocturnal Art (etichetta personale di
Samoth) nel 1994.
Nel 1992 compaiono le prime grane all’interno del gruppo: il 21 agosto Faust, in
visita al parco di Lillehammer, allestito per le olimpiadi invernali, viene avvicinato da
un omosessuale che risponde al nome di Magne Andreassen, l’uomo gli propone di
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appartarsi in un angolo remoto del parco; Faust lo segue, ma appena l’uomo cerca di
abbracciarlo tira fuori un coltello a serramanico e gli assesta trentasette coltellate
(distribuite su addome e schiena), uccidendolo. Nessuno vide nulla, e l’omicidio
rimase un caso irrisolto per un anno. Nel frattempo i continui dissapori tra Faust e
Mortiis portano quest’ultimo a lasciare la band (nonostante pare sia stato cacciato non
proprio amichevolmente), il suo posto verrà preso per un breve periodo da Vidar
Vaaer (Ildjarn), successivamente da Terje Vik Shei (Tchort). Con questa formazione
il gruppo comincia la stesura di In The Nightside Eclipse, l’album che consegna gli
Emperor alla storia del genere: il disco è un concentrato di malignità, potenza e
glacialità. Tutto in questo disco contribuisce a creare il senso di cattiveria che
pervade l’opera, dai riff di Samoth alle laceranti grida di Ihsahn, fino all’affascinante
tappeto tastieristico messo in piedi dallo stesso Ihsahn, ottima anche la prova di
Faust, veloce e preciso. Nel disco sono presenti brani già presentati nelle demo, in
questo contesto sono però stati rivisti e perfezionati, un album unico.
Nei primi mesi del 1994 anche gli Emperor entrano nelle indagini portate avanti dalla
polizia norvegese sulla Black Metal Mafia e sul caso di Lillehammer: Tchort (che
aveva già lasciato la band) viene arrestato e condannato a sei mesi per aggressione a
mano armata e profanazione; Faust, incriminato per l’omicidio di Lillehammer,
grazie ad alcune soffiate di persone facenti parte della scena musicale locale, viene
condannato a quattordici anni di reclusione per omicidio volontario e incendio
doloso. Nel febbraio del 1995 viene arrestato anche Samoth, per aver appiccato
l’incendio (in compagnia di Varg Vikernes) alla chiesa campestre di Skjold
(raffigurata sulla copertina di Aske di Burzum), la condanna prevede che Samoth
sconti sedici mesi in un carcere di minima sicurezza.
Sull’attività del gruppo cala il silenzio per due anni, e solo dopo la liberazione di
Samoth (che nel frattempo aveva composto buona parte del nuovo album) le cose si
rimettono in moto. Vengono arruolati Kai Johnny Mosaker (Trym) alla batteria, in
precedenza nelle file degli Enslaved, e Jonas Alver al basso. Nel 1997, preceduto dal
mini Reverence, viene pubblicato dalla Candlelight Anthems To The Welkin At Dusk.
Il disco rasenta la perfezione, la qualità compositiva della band è migliorata
notevolmente e i brani si fanno più complessi; la componente sinfonica è accentuata,
e la prova vocale di Ihsahn è straordinaria. Il tour di supporto è un trionfo, compresa
la storica data italiana in compagnia dei Morbid Angel. Il disco successivo non vedrà
all’opera Alver, le parti di basso se le accolla Ihsahn, che appare sempre più padrone
della band. “IX Equilibrium” divide gli appassionati della band, il disco presenta
poche caratteristiche “black metal”, spostando la proposta musicale degli Emperor
più orientata verso un death metal molto tecnico, con ampio spazio per arrangiamenti
orchestrali, l’opera risulta forse un po’ fredda, mancando in parte della “spontanea”
malignità che contraddistingueva i vecchi dischi della band. Il tour ha comunque un
ottimo riscontro di pubblico, e la band ricava la testimonianza audio-visiva Emperial
Live Ceremony. Dopo il tour di supporto a IX Equilibrium però, arriva la botta, gli
Emperor dichiarano la fine dell’attività live, e il disco successivo sarà l’ultimo
registrato con lo storico monicker. L’atto finale della band Prometheus – The
Discipline Of Fire & Demise, pubblicato nel 2001, vede praticamente assente la
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componente black metal. L’album suona come un disco di metal estremo (che pesca
in parte dal death e in minima parte dal black) estremamente sinfonico, orchestrato
alla perfezione e tecnicamente ineccepibile. L’emozionalità questa volta non può
mancare, essendo l’ultima opera degli Emperor, i testi sono molto particolari, il
concept in sé non è stato illustrato dalla band che ha lasciato l’interpretazione agli
ascoltatori. Il brano Thorns On My Grave è il definitivo commiato dell’Imperatore, il
tassello finale di una delle più grandi e uniche entità della scena metal.
Nello stesso 2001 è stato pubblicato da Candlelight un best of, Scattered Ashes – A
Decade Of Emperial Wrath: due compact disc contenenti brani selezionati
dall’etichetta inglese, tracce piuttosto rare per gli ascoltatori “casuali” del gruppo e
cover.
Nel 2006 la band si riunisce per partecipare ad alcuni live show (tra cui il Wacken
Open Air); tutti avrebbero pensato, e loro stessi lo fecero supporre, che gli Emperor si
sarebbero nuovamente sciolti dopo queste apparizioni, ma così non è stato. Nella
seconda metà del 2006 i Peccatum (in cui militava Ihsahn in compagnia della moglie
Ihriel) si sciolgono, Ihsahn lascia trapelare in un’intervista che gli Emperor
potrebbero diventare un progetto secondario. Staremo a vedere.
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Titolo: In The Nightside Eclipse
Anno di pubblicazione: 1994
Etichetta: Candlelight
Tracklist:
01. Intro
02. Into The Infinity Of Thoughts
03. The Burning Shadows Of Silence
04. Cosmic Keys To My Creations & Times
05. Beyond The Great Vast Forest
06. Towards The Pantheon
07. The Majesty Of The Nightsky
08. I Am The Black Wizards
09. Inno A Satana
Durata: 48:26
Forti di un contratto con l’inglese Candlelight, gli Emperor si affacciano sul mercato
discografico con il loro primo full-length, disco epocale e indiscriminatamente saccheggiato
da decine e decine di band sparse per il globo terracqueo.
All’epoca della stesura definitiva di In The Nightside Eclipse gli Emperor consistevano in
quattro personaggi, in piena ascesa nella scena estrema norvegese dei primi anni ’90: a
Mortiis si era sostituito Tchort, Faust era dietro le pelli, Samoth si era finalmente dato al
solo comparto chitarristico, mentre Ihsahn completava il quadro occupandosi oltre che delle
vocals, anche di tastiere e chitarra.
In The Nightside Eclipse vede la luce nel 1994, dopo un anno di gestazione, comprendendo
tra gli altri anche due brani estratti da Emperor, demo omonimo pubblicato all’inizio del
1993. Il disco introduceva una dose massiccia di novità ad un genere in pieno fermento
quale era il black metal in quegli anni, se già nelle due demo la band aveva lasciato
intravedere quali sarebbero state le intenzioni future in materia di sound, In The Nightside
Eclipse altro non è che la conferma definitiva: alla consueta violenza sonora del genere si
affiancano glaciali tappeti tastieristici, il riffing si fa più complesso e lo stesso si può dire
del comparto ritmico, mai scontato o relegato in secondo piano. Il punto di forza di
quest’album fu proprio la compartecipazione dei diversi elementi che componevano la band,
non certo a livello di songwriting (di questo si occupavano essenzialmente Ihsahn e
Samoth), ma sul piano prettamente esecutivo. Ogni singolo brano su questo disco
contribuisce a creare un’atmosfera letteralmente fiabesca, non certo nel senso più infantile
del termine, le tastiere sono utilizzate con estrema perizia, non risultano mai invadenti (tutto
rientra nell’equilibrio di cui ho parlato precedentemente) e la voce di Ihsahn è lacerante
oltre che unica come timbro, il muro sonoro che poi si sarebbe perfezionato nel full-length
successivo è il tassello finale che rende quest’album unico e irripetibile. Le liriche non sono
troppo distanti dai cliches tipici del genere, ma si pongono su un livello più elevato per la
cura riposta nel linguaggio, particolarmente evocativo e riecheggiante il modern english,
utilizzato da Shakespeare prima e dai romantici poi.
Un cardine, una pietra angolare, un disco immortale, chiamatelo come più vi aggrada, In
The Nightside Eclipse è uno dei punti più alti del metal tutto.
Recensione presente anche su www.elskrin.net
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Titolo: Anthems To The Welkin At Dusk
Anno di pubblicazione: 1997
Etichetta: Candlelight
Tracklist:
01. Alsvartr (The Oath)
02. Ye Entrancemperium
03. Thus Spake The Nightspirit
04. Ensorcelled By Khaos
05. The Loss And Curse Of Reverence
06. The Acclamation Of Bonds
07. With Strength I Burn
08. The Wanderer
Durata: 43:54
E’ il 1997 l’anno della definitiva consacrazione degli Emperor a band fondamentale del
panorama black metal norvegese. In The Nightside Eclipse aveva gettato solidissime basi
per la carriera futura della band, minata in parte dai guai penali in cui erano incappati alcuni
membri: nel ‘95 Samoth viene arrestato, processato e condannato a scontare sedici mesi di
reclusione in un carcere di minima sicurezza, solo un anno prima erano finiti in galera anche
Tchort e Faust.
Anthems To The Welkin At Dusk, pur proseguendo a grandi linee sulla rotta tracciata dallo
storico debut album, segna un importante passo avanti nello stile compositivo
dell’Imperatore. I brani si fanno più articolati, senza per questo arrivare a durare più di otto
minuti e mezzo, le capacità espressive e interpretative della band si sono affinate; oltretutto
sono da registrare due new entry nella line-up, alla batteria arriva Trym (reduce
dall’esperienza con gli Enslaved) e al basso il semi-sconosciuto Alver (con all’attivo la sola
partecipazione su Monumental Possession dei Dødheimsgard). Il disco è stato preceduto
dall’uscita del mini Reverence, corredato tra le altre cose del video di The Loss And Curse
Of Reverence.
Alsvartr (The Oath) apre le danze, una sorta di intro “allungata” fatta di sintetizzatori,
sussurri e sinistri arpeggi chitarristici, che sul finale sfocia in un evocativo attacco per Ye
Entrancemperium, uno dei più noti cavalli di battaglia della band, con il tema d’apertura
composto da Euronymous (stando a quanto dicono le note sul booklet). Trym si dimostra un
vero e proprio rullo compressore, ma non mancano in quasi ogni brano dei rallentamenti che
meritano un tocco più leggero e sontuoso; Ihsahn fa un uso più massiccio della voce pulita e
negli arrangiamenti sinfonici si dimostra migliorato notevolmente, Samoth è invece
diventato una macchina sforna-riff di ineccepibile preparazione. L’apice dell’album è posto
sul finire del disco, With Strength I Burn è l’esempio più lampante di come gli Emperor
siano diventati una formazione di prim’ordine nel proprio campo; brano articolato e
avvincente, sofferto e ricco di spunti di riflessione sotto il profilo lirico.
Tecnicamente parlando il disco gode di una produzione grossomodo adatta alla proposta,
pur risultando vagamente confusionaria in certi passaggi. Disco evocativo come pochi,
molto pochi, dotato di una personalità unica e destinato a entrare, come se non più del suo
predecessore, nell’olimpo dei dischi metal più imponenti e meglio realizzati, pur durando
neanche tre quarti d’ora. Una gemma imperdibile per chiunque.
Recensione presente anche su www.elskrin.net
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Titolo: IX Equilibrium
Anno di pubblicazione: 1999
Etichetta: Candlelight
Tracklist:
01. Curse You All Men!
02. Decrystallizing Reason
03. An Elegy Of Icaros
04. The Source Of Icon E
05. Sworn
06. Nonus Aequilibrium
07. The Warriors Of Modern Death
08. Of Blindness & Subsequent Seers
09. Outro
Durata: 44:01
Era lecito aspettarsi che gli Emperor avrebbero proseguito seguendo le coordinate tracciate
da Anthems To The Welkin At Dusk in tutto e per tutto, visto il successo di pubblico e i
commenti della critica. Non è andata così, e IX Equilibrium ha quindi poco a che spartire col
suo illustre predecessore, nonostante si sia ulteriormente consolidato il tappeto tastieristico
piuttosto barocco messo in campo da Ihsahn; proprio le tastiere hanno il compito di
incastrarsi alla perfezione in mezzo alle intricate composizioni di Ihsahn e Samoth, non che
prima non fosse necessario, ma in questo caso è necessario mescolare gli ingredienti con
attenzione, vista la complessità su cui hanno puntato i nostri.
Apre le danze un pezzo piuttosto atipico, un vero pugno in faccia dall’inizio alla fine, che
spiana la strada a brani vagamente echeggianti il passato della band (Decrystallazing
Reason su tutti), o a sapienti cocktail di malinconiche melodie e sfuriate dal retrogusto
death. Al proprio repertorio vocale, Ihsahn aggiunge il cantato in falsetto chiaramente
ispirato a quello di King Diamond, e pare proprio di sentire i Mercyful Fate sparati a mille
ascoltando The Source Of Icon E. Proseguendo nella seconda metà dell’album capita di
imbattersi in pezzi quasi classicamente heavy (The Warriors Of Modern Death) o
nell’onirica Of Blindness & Subsequent Seers, dall’incedere minaccioso.
In definitiva, conoscendo tutti i full-length della band, pare di ascoltare un disco di
transizione tra il passato melodico ma saldamente ancorato alla scena black metal di allora,
e il disco di chiusura della loro carriera, Prometheus. Può suonare poco compatto ai primi
ascolti, ma si tratta di farci l’orecchio, la produzione vagamente confusionaria del suo
predecessore è stata rifinita; forse il disco meno studiato della carriera degli Emperor, e per
questo da ascoltare con la giusta predisposizione.
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Titolo: Prometheus – The Discipline Of Fire & Demise
Anno di pubblicazione: 2001
Etichetta: Candlelight
Tracklist:
01. The Eruption
02. Depraved
03. Empty
04. The Prophet
05. The Tongue Of Fire
06. In The Wordless Chamber
07. Grey
08. He Who Sought The Fire
09. Thorns On My Grave
Durata: 51:51
L’ultima fatica in studio degli Emperor è frutto essenzialmente dell’attività compositiva di
Ihsahn, Samoth e Trym erano infatti impegnati nella produzione di World Ov Worms, debut
album degli Zyklon. Nonostante l’apporto di questi ultimi due sia stato per così dire,
marginale, il disco finito suona Emperor al centouno percento; sono lontani i tempi in cui la
band faceva da apripista al fenomeno del black melodico, con Prometheus ci troviamo di
fronte a un gruppo di artisti definitivamente maturato, in grado di dire la sua anche su
territori meno soggetti a clichés.
Prometheus non segna una netta rottura col passato, si potrebbe catalogare come la naturale
prosecuzione di un percorso intrapreso già ai tempi di IX Equilibrium, restano certi
barocchismi sinfonici, in questa sede ancor più limati e rifiniti, restano le sfuriate tipiche
dell’Imperatore, il tutto impreziosito da una padronanza notevole dei propri strumenti, sia
esecutivi che compositivi.
Concettualmente è inquadrabile come un corpus unitario, narrante eventi in cui si
intrecciano figure quasi mitologiche (mi riferisco, come il titolo dell’album lascia intendere,
alla Grecia), l’atmosfera è pervasa di un misticismo tetro e decadente e ogni brano descrive
scenari e situazioni diverse, in cui un non ben precisato protagonista interagisce con
l’ambiente che lo circonda, trovandosi spesso di fronte a personificazioni di entità astratte
(He Who Sought The Fire), o a figure stereotipate (The Prophet). Può essere interpretato a
proprio piacimento, stando alle parole dello stesso Ihsahn, il quale non ha lasciato trapelare
alcuna informazione riguardo alle liriche dell’album.
Un album che rappresenta le ultime tappe (la struttura del concept pare inserirsi alla
perfezione in questo discorso) di un cammino musicale straordinario, privo di cali
qualitativi notevoli, la cui pietra tombale è Thorns On My Grave, pezzo di chiusura di una
carriera artistica unica.
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- I membri degli Emperor dal 1991 a oggi Presente
Ihsahn [Vegard Sverre Tveitan]: voce, chitarra, basso, tastiere;
Samoth [Thomas Thormodsæter Haugen]: chitarra;
Trym Torson [Kai Johnny Mosaker]: batteria.
Secthdaemon: basso;
Einar: tastiere.
Passato
Faust [Bård Eithun]: batteria;
Mortiis [Haavard Elefsen]: basso;
Tchort [Terje Vik Schei]: basso;
Alver [Jonas Alver]: basso.
Charmand Grimloch [Joachim Rygg]: tastiere;
Tyr [Jan Erik Torgersen]: basso.
Live musicians
A cura di Herugurth
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