dell`impianto a Cordone libero
Transcript
dell`impianto a Cordone libero
inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA A cura di giovanni nigro, Crpv I molteplici vantaggi Castaldi dell’impianto a Cordone libero RICCARDO CASTALDI Gruppo Cevico Foto 1 - Sangiovese allevato a Cordone libero nella pedecollina di Faenza. 76 I l Cordone libero è uno dei sistemi di allevamento a cordone permanente che si sono diffusi in EmiliaRomagna nel corso degli ultimi due decenni. Messo a punto dalla facoltà di Agraria dell’U- niversità di Bologna, si contraddistingue per la semplicità costitutiva, che consente di limitare i costi d’impianto, e per essere integralmente meccanizzabile; offre pertanto la possibilità di contenere i costi di produzione, uno degli obiettivi fondamentali della moderna viticoltura. Presente anche in Veneto, Friuli Venezia Giulia e Toscana, manifesta un’elevata versatilità sotto il profilo produttivo, poiché viene adottato con successo per maggio 2012 inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA Modalità di realizzazione e caratteristiche tecniche L’impianto a Cordone libero viene generalmente realizzato con pali di 2,5 metri, fuori terra per un’altezza compresa tra 1,4 e 1,7 metri; sulla loro sommità è fissato un unico filo che sostiene il cordone permanente della vite. I pali impiegati, che devono essere compatibili con la meccanizzazione, sono di cemento pre compresso, di lega metallica o di legno. Per evitare intralci, in particolare rispetto all’impiego delle potatrici meccaniche, è necessario che il filo sia fissato in appoggio sulla testa del palo. Per i pali in cemento pre compresso e metallici la soluzione tecnica più semplice prevede la presenza di un foro nell’estremità superiore, attraverso il quale sarà fatto passare il filo di acciaio ricotto che consente di bloccare il filo portante in appoggio. Oltre al filo usualmente impiegato in lega d’acciaio, si può utilizzare quello spiralato, in grado di limitare le torsioni a cui potrebbe essere soggetto il cordone nei primi anni di sviluppo della pianta. La prerogativa del Cordone libero è quella di ottenere una chioma espansa, assurgente, che consente la penetrazione di aria e luce. In questo modo si favorisce l’ottimale decorso del promaggio 2012 cesso di maturazione e si contrastano le avversità fungine, sia evitando l’instaurarsi di condizioni microclimatiche favorevoli al loro sviluppo, sia garantendo la giusta distribuzione dei prodotti fitosanitari. Nel corso delle ultime annate, caratterizzate da elevate temperature in particolare nell’ultima fase del processo di maturazione, il Cordone libero si è rivelato un sistema di allevamento capace di proteggere dalle scottature i grappoli - non soggetti all’azione diretta dei raggi solari - e di consentire il raggiungimento della maturazione fenolica desiderata, grazie alle condizioni di luce diffusa che si creano all’interno della chioma. Non essendo prevista una struttura di fili per il contenimento della vegetazione, è riservato principalmente ai vitigni ad habitus assurgente o semiassurgente e dotati di buona fertilità basale, per consentire la speronatura a 1-3 gemme. Tra i vitigni più adatti a que- sto sistema ci sono Sangiovese, Cabernet-Sauvignon, Cabernet franc, Merlot, Barbera, Croatina, Chardonnay, Sauvignon, Pinot bianco, Manzoni bianco e Malvasia istriana; può essere utilizzato anche per varietà non particolarmente assurgenti, ma occorre prestare attenzione alla gestione in verde, con riferimento soprattutto alle cimature. In considerazione delle dimensioni che tende a raggiungere la chioma, in genere viene adottato un sesto di impianto che prevede una distanza tra le file di 2,8 - 3 metri. La distanza sulla fila, invece, è compresa tra 1 e 1,5 metri, in funzione della vigoria della combinazione vigneto - portinnesto e delle caratteristiche pedoclimatiche dell’ambiente di coltivazione, per cui si considera un investimento ad ettaro compreso tra 2.222 e 4.000 piante. Il Cordone libero è vendemmiato con macchine a scuotimento orizzontale normalmente impiegate nelle controspalliere. Esiste però una variante, il Foto 2 - Cordone libero: particolare del filo fissato in testa a un palo a T in Cor-Ten. segue a pag. 79 Castaldi la produzione sia di vini Igt, con rese al di sopra delle 20 tonnellate ad ettaro, sia di quelli Docg o comunque di pregio particolare, con rese inferiori a 8 tonnellate ad ettaro. Per raggiungere i risultati attesi è necessario avere chiari i principi su cui si basa il sistema e i concetti inerenti alla sua realizzazione e soprattutto alla sua gestione, dai quali non è possibile prescindere. 77 inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA Castaldi Cordone libero mobilizzato, che consente la raccolta anche tramite le vendemmiatrici a scuotimento verticale, senza che vi sia contatto diretto tra organi della macchina e uva, analogamente a quanto avviene nella Doppia cortina (Gdc). Il Cordone libero mobilizzato, sotto l’azione dello scuotitore, è in grado di oscillare sul piano verticale del filare permettendo il distacco degli acini grazie a due elementi: la presenza di un’ampia curvatura della porzione superiore del tronco e il fatto che il filo non è fissato al palo ma solo in appoggio, quindi resta in posizione poiché attraversa un tubo di pvc infilato nel palo stesso. Potatura, cimatura e pulizia per una corretta gestione La corretta gestione del Cordone libero parte dalla potatura invernale, che deve lasciare gli speroni inseriti nella porzione superiore del cordone per favorire l’assurgenza della chioma, eliminando tutti i tralci collocati nella porzione inferiore o comunque non correttamente orientati. Per evitare un precoce invecchiamento del cordone, ovvero la perdita dei centri vegetativi, non bisogna eseguire tagli troppo radenti, che possono danneggiare le gemme di corona inserite alla base del tralcio. Per quanto riguarda la gestione in verde, l’operazione chiave è la cimatura, che deve essere eseguita prima della fioritura, indicativamente quando i germogli hanno una lunghezza di 30-40 centimetri e si trovano ancora in posizione perfettamente eretta. L’intervento, che deve interessare solo l’apice vegetativo con un taglio di pochi centimetri, favorisce il portamento assurgente del germoglio poiché, arrestandone temporaneamente la crescita, ne asseconda maggio 2012 l’irrobustimento e la lignificazione nella porzione basale; inoltre la femminella che si sviluppa, a seguito dell’eliminazione dell’apice vegetativo, ha un portamento più eretto rispetto a quello del germoglio da cui prende origine. Dopo una settimana dal primo intervento in genere ne viene eseguito un secondo, con lo scopo di interessare i germogli che non sono stati cimati col primo passaggio perché ancora poco sviluppati in altezza. A seconda della vigoria e del portamento della vegetazione, possono essere contemplati nel corso della prima parte della stagione vegetativa fino a 5-6 interventi di cimatura per garantire il raggiungimento del grado di assurgenza desiderato; non sono rari, tuttavia, i casi di vigneti in perfetto equilibrio vegeto-produttivo nei quali, con 1 o 2 interventi, si riesce a raggiungere l’obiettivo prefissato. Per giungere al grado di assurgenza stabilito ed evitare nel contempo stress alla pianta sono da preferire più interventi di cima- tura precoci e di lieve intensità, piuttosto che pochi, più tardivi e più energici. Come in tutti i sistemi che contemplano la presenza di un cordone permanente, anche per il Cordone libero è di fondamentale importanza garantire l’assoluta pulizia della curva di raccordo tra tronco e cordone: gli eventuali germogli qui inseriti, infatti, possono interferire negativamente con lo sviluppo di quelli più a valle, soprattutto se questi ultimi prendono origine nella porzione centrale del cordone. Per garantire la pulizia della curva in maniera definitiva si può procedere alla sua degemmazione, ovvero al taglio delle 3-4 gemme su di essa inserite; tale pratica viene generalmente eseguita verso fine inverno, nel momento in cui il tralcio che andrà a costituire il cordone permanente viene steso sul filo. Si utilizzano forbici a lama piatta, che permettono di tagliare le gemme direttamente alla loro base tramite un taglio radente alla superficie del tralcio. Foto 3 - Cordone libero mobilizzato. Notare l’ansa del tronco e la presenza del cappellotto di pvc. 79 inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA La potatura meccanica riduce tempi e costi RICCARDO CASTALDI Gruppo Cevico Castaldi Foto 1 - Pre potatrice a barre in azione. L a meccanizzazione del vigneto italiano è limitata da molteplici fattori: l’elevata frammentazione della superficie vitata, la presenza ancora consistente di sistemi di allevamento tradizionali, indissolubilmente legati a una gestione integralmente manuale, e la diffusione della viticoltura in aree collinari caratterizzate da pendenze che non sempre permettono l’ingresso delle macchine. La necessità di contenere i costi di produzione, sempre più determinante per competere sul mercato nazionale ed estero, associata alla scarsa reperibilità della manodopera e all’esigenza di eseguire interventi tempestivi, in questi anni hanno stimolato le aziende a intraprendere la strada della meccanizzazione. Dopo la diffusione delle vendemmiatrici meccaniche e delle cimatrici, che hanno rappresentato i primi veri esempi di gestione meccanizzata, si stanno diffondendo le pre potatrici meccaniche, poiché la potatura invernale eseguita manualmente rappresenta uno degli interventi che incidono maggiormente sul costo di gestione del vigneto. Il loro utilizzo presuppone l’adozione di sistemi 80 di allevamento a cordone permanente, quali Cordone libero, Cordone speronato, Doppia cortina, Casarsa, Combi e Saym (sistema a Y modificato) e, di conseguenza, non è compatibile con il Guyot e il Doppio capovolto, basati sulla potatura a tralcio rinnovato. Ampiamente diffusa in diversi Paesi del Nuovo Mondo, come California e Australia, la potatura meccanica sta prendendo piede anche in alcune zone della Francia, sulla base dei criteri sviluppati da tempo presso l’Università di Bologna. Pre potatrici a barre e a dischi In funzione della tipologia degli organi di taglio, le pre potatrici possono essere a barre o a dischi; in entrambi i casi vengono montate sulle trattrici o sui telai multifunzionali delle vendemmiatrici semoventi. Le potatrici a barre utilizzate per le controspalliere dispongono di barre dotate di lame a movimento alternativo, di uno stralciatore e di un organo tastatore (foto 1). Lo stralciatore è deputato al distacco dei tralci tagliati dalle barre e ancora saldamente attaccati ai fili di contenimento della vegetazione tramite i viticci; il tastatore, invece, sposta verso l’interfila gli organi di taglio e lo stralciatore in corrispondenza dei pali. Ovviamente questi due elementi non sono necessari se si opera su sistemi di allevamento a chioma libera, come Cordone libero e Doppia cortina. Poiché sono dotate di più organi di taglio - posizionati sopra, sotto e a lato del cordone permanente - le pre potatrici a barre sono utilizzate anche per la potatura meccanica senza rifinitura manuale, come ad esempio quella prevista nel sistema Sps (Siepe con potatura semiminima). A seconda delle caratteristiche costruttive, la posizione delle barre può essere regolata sia manualmente, svitando gli appositi bulloni a macchina ferma, sia direttamente dalla cabina, se la pre potatrice è dotata di un apposito sistema idraulico. In questo caso i residui di potatura hanno una lunghezza tale da permettere di asportarli meccanicamente, qualora non si opti per la loro trinciatura. Per le pre potatrici a dischi, invece, è contemplata maggio 2012 Castaldi la presenza di due serie di lame circolari controrotanti, montate su un telaio a U rovesciata tramite il quale sono portate a cavallo del filare e avvicinate (foto 2). Concepite per essere utilizzate nelle controspalliere, le macchine di questa tipologia presentano caratteristiche costruttive che consentono di operare solo al di sopra del cordone permanente; pertanto non sono adatte all’esecuzione della potatura integralmente meccanizzata. In corrispondenza dei pali, le due serie di lame vengono allontanate tramite un comando manuale oppure, nelle soluzioni tecniche più avanzate, grazie a un dispositivo automatico comandato da un sensore. L’azione delle due serie di lame taglia i tralci in piccoli segmenti e, se da un lato rende difficoltosa la loro asportazione dal vigneto, dall’altro consente una maggiore velocità di avanzamento rispetto alle pre potatrici a barre, poiché evita fenomeni di trascinamento dei tralci potati. Rifinitura con operatori appiedati Se la pre potatura è abbinata a una rifinitura manuale eseguita da operatori appiedati, si ricalcano i principi e gli schemi della potatura tradizionale. È possibile ridurre i tempi, quindi diminuire il costo di gestione del vigneto, ma il risultato ottenuto con l’impiego della macchina è in parte vanificato dal fatto che gli operatori tendono a eseguire un numero di tagli che si avvicina a quello della potatura esclusivamente manuale. Nelle controspalliere rimane comunque tangibile il vantaggio di non dover eseguire la stralciatura, cioè il faticoso distacco dei tralci dai fili di contenimento della vegetazione. L’analisi dei dati reali di aziende viticole dell’Emilia-Romagna ha evidenziato che, con la pre potatura e successiva rifinitura eseguita da operatori appiedati, per il Cordone speronato è possibile scendere da un impiego di manodopera di 60-65 ore/ha (variabili a seconda della distanza tra i filari e del numero di tagli da eseguire), fino a 40-45 ore ad ettaro. Nel caso del Casarsa, che rispetto al Cordone speronato presenta in genere una distanza interfilare più ampia, la pre potatura consente di ridurre le 45-50 ore/ha mediamente necessarie a 30-35 ore/ha, mentre per il Cordone libero la richiesta di manodopera passa da circa 55 ore/ha a 40 ore/ha. Foto 2 - Pre potatrice a dischi. Rifinitura contestuale La pre potatura meccanica, invece, consente di ridurre drasticamente i tempi di potatura, fino a maggio 2012 81 Castaldi inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA Foto 3 - Potatura meccanica con rifinitura manuale contemporanea. scendere a sole 22-24 ore complessive per ettaro nel caso sia prevista la rifinitura contestuale eseguita da due operatori, dotati di forbici pneumatiche, portati su un carrello trainato dalla medesima trattrice sulla quale è montata la pre potatrice (foto 3). Con questo tipo di cantiere, poiché il ritmo di avanzamento è scandito dalla trattrice, gli operatori sono indotti ad effettuare esclusivamente i tagli essenziali, evitando i cosiddetti “tagli estetici”, come quelli eseguiti sui tralci già accorciati dalla pre potatrice. In sostanza l’azione dei rifini- tori deve essere rivolta all’eliminazione del legno vecchio e al diradamento dei capi a frutto, la cui lunghezza è in ogni caso determinata dal taglio eseguito dalla pre potatrice, avendo sempre l’accortezza di eliminare i tralci eventualmente presenti sulla curva e di evitare l’esecuzione di tagli radenti. Questo modo di operare si discosta nettamente dalla potatura tradizionale, dal momento che prevede una minore rifinitura e soprattutto un maggior numero di gemme per pianta, che si traduce in una serie di cambiamenti della fisiologia. La pianta tende ad autoregolarsi, con una riduzione del germogliamento e della fertilità delle gemme; si verifica inoltre la produzione di un maggior numero di grappoli, anche se di più piccole dimensioni e più spargoli, con effetti positivi sia sulla qualità sia sulla sanità. Nelle aziende che hanno adottato questo tipo di potatura la produzione si è mantenuta su buoni livelli, con tendenza ad aumentare rispetto alla gestione tradizionale. Diffusa in Veneto, Toscana e in altre regioni italiane, la potatura meccanica con rifinitura contemporanea è stata adottata anche da varie aziende vitivinicole del Reggiano, grazie all’opera degli agronomi Stefano Meglioraldi (Consorzio fitosanitario provinciale di Reggio Emilia) e Luigi Bonato (Evoluzione ambiente) e alla presenza di un gruppo di contoterzisti preparati e recettivi nei confronti delle innovazioni. Le migliori tecniche per la gestione del suolo PAOLA TESSARIN, EMANUELE INGROSSO, CHIARA PEZZI, ADAMO DOMENICO ROMBOLÀ Dipartimento Colture Arboree - Sezione Viticola del Crive, Università di Bologna GIOVANNI NIGRO CRPV - Centro Ricerche Produzioni Vegetali, Cesena 82 P er una viticoltura sempre più orientata a considerare come prioritarie la composizione analitica e le caratteristiche organolettiche delle uve e dei vini, la modalità di gestione del suolo assume un ruolo fondamentale. La crescente attenzione ai problemi di natura ambientale e l’esigenza di produzioni quantitativamente meno elevate e di qualità hanno spinto i viticoltori a rivedere le strategie impiegate, al fine di regolare l’attività vegeto-produttiva delle piante e di valorizzare al meglio le risorse disponibili (acqua, elementi minerali, sostanza organica, ecc..). La pratica adottata condiziona sensibilmente il livello di lisciviazione e scorrimento superficiale di elementi nutritivi (azoto in particolare), i processi di erosione, le caratteristiche fisicochimiche e biologiche del suolo, la presenza di flora avventizia, la diffusione di entomofauna (predatori, parassitoidi ecc..) e patogeni fungini (Botrytis cinerea), la densità delle spore di funghi micorrizici, la diversità biologica all’interno dell’agroecosistema e, quindi, l’equilibrio vegeto-produttivo della pianta. La lavorazione superficiale del terreno comprende tutte le operazioni meccaniche condotte per salvaguardare l’economia idrica del vigneto, soprattutto in zone siccitose (foto 1). Tuttavia il passaggio continuo di macchine sui terreni, soprattutto se molto umidi, può causare danni più o meno marcati alla struttura del suolo, provocando la comparsa nelle piante di sintomi da “stress da compattamento” come scarsa maggio 2012 Crpv vigoria, anomale pigmentazioni fogliari e, nei casi più gravi, manifestazioni di marciume radicale. Con piccoli accorgimenti come l’utilizzo di cingoli o pneumatici a sezione larga, sempre nei limiti di spazio dell’interfilare, si possono contenere gli effetti collaterali legati all’applicazione di tale tecnica. Inerbimento controllato: i vantaggi La sostituzione delle lavorazioni con l’inerbimento presenta importanti effetti sulla vigoria dei germogli, che viene ridotta più che proporzionalmente rispetto alle potenzialità produttive delle viti (Palliotti et al., 2007; Silvestroni et al., 2010). In condizioni eco-pedologiche favorevoli, l’inerbimento controllato del vigneto rappresenta oggi una pratica colturale consolidata. In studi condotti da Silvestroni et al. (2007) è stato dimostrato che la fitta maglia di radici formata in superficie da graminacee sviluppatesi in interfilari inerbiti artificialmente determina una migliore esplorazione da parte delle viti degli strati più profondi, dove la competizione per i nutrienti è meno maggio 2012 marcata. Le radici di vite hanno colonizzato bene anche gli strati più superficiali del suolo assieme alle piante erbacee. La presenza del cotico erboso, che indirettamente riduce l’area fogliare dei germogli, crea situazioni microclimatiche sfavorevoli all’insorgenza di patologie quali botrite e peronospora, determinando un miglioramento dello stato sanitario della pianta e favorendo la penetrazione dei prodotti antiparassitari all’interno della chioma. Nelle aree caratterizzate da scarsa disponibilità d’acqua, l’introduzione dell’inerbimento necessita di un’attenta valutazione legata alla possibile competizione idrica con le piante di vite, che può essere regolata valutando opportunamente il miscuglio di essenze impiegate nella costituzione del cotico erboso e le implicazioni su nutrizione, salvaguardia ambientale e suscettibilità alle malattie (Rombolà et al., 2010). La composizione dei miscugli impiegati La preferenza delle graminacee rispetto alle leguminose nella composizione dei miscugli è dovuta ad alcune peculiarità di queste piante, che comprendono specie e varietà capaci di tollerare stress di diversa natura, anche molto intensi. Sono state evidenziate interessanti caratteristiche agronomiche (scarsa competizione idrica, sistema radicale folto ma superficiale, elevata persistenza nel tempo, ridotto numero di sfalci necessari annualmente per la gestione del cotico) per la specie Festuca pseudovina valle sica, varietà Puszta (Intrieri et al., 2005). Esperimenti recenti hanno valutato, inoltre, gli effetti dell’inerbimento con Festuca pseudovina nell’interfila rispetto alla lavorazione tra le file, sul comportamento vegeto-produttivo della cultivar Sangiovese, allevata in una zona collinare non irrigua e a ridotta disponibilità idrica (Filippetti et al., 2009). Nel complesso le viti allevate su terreno inerbito hanno presentato, rispetto a quelle su terreno lavorato, una minore crescita dei germogli e una produzione inferiore associata a un maggior contenuto in solidi solubili e in antociani totali delle uve (Filippetti et al., 2009). La competizione tra essenze erbacee e viti può essere Foto 1 - Lavorazione del suolo in terreni siccitosi. 83 Crpv inserto INNOVAZIONI IN VitiCOLTURA Foto 2 Inerbimento totale con diverse essenze. Crpv Foto 3 - Miscuglio di essenze per l’inerbimento artificiale. 84 regolata anche restringendo o allargando la striscia non inerbita lungo il filare; inoltre, è buona norma somministrare, nei primi anni di insediamento del prato, adeguate concimazioni azotate per non ridurre eccessivamente la vigoria delle piante. Grazie alle molteplici modalità di gestione del cotico erboso (inerbimento totale, parziale, naturale, artificiale, permanente, temporaneo), la tecnica dell’inerbimento è molto flessibile e può essere applicata ad un’ampia gamma di condizioni pedoclimatiche e tecnicocolturali (foto 2). Nel 2008 il dipartimento di Colture arboree dell’Università di Bologna ha avviato un progetto di ricerca di durata poliennale - finanziato con il contributo della Regione Emilia-Romagna nell’ambito della legge regionale 28/98 e coordinato dal Crpv condotto nei vigneti della società “Astra Innovazione e Sviluppo”. L’obiettivo era valutare gli effetti dei metodi di coltivazione biologico e biodinamico su fertilità del suolo, comportamento vegetoproduttivo delle viti, suscettibilità ai patogeni, qualità chimico-fisica e sensoriale delle uve e del vino. La gestione del suolo ha previsto l’inerbimento naturale sia nell’interfilare sia nel filare, effettuando due sfalci durante il periodo primaverile-estivo. In alcune annate sono state seminate essenze da sovescio (ad esempio favino, Trifolium subterraneum, orzo, Brassica juncea - foto 3). Tale pratica ha determinato un evidente effetto di contenimento del vigore vegetativo e lo sviluppo di grappoli spargoli e sani in piante di Sangiovese innestate su portinnesto Kober 5BB e allevate a Cordone speronato. Gli effetti prodotti dal diserbo chimico In viticoltura è ampiamente diffusa anche la pratica del diserbo della zona sottostante il filare con glifosate. Studi recenti hanno dimostrato che tale tecnica può inibire la crescita vegetativa, l’acquisizione degli elementi nutritivi (Eker et al., 2006) e aumentare la suscettibilità delle piante ai patogeni (Neumann et al., 2006). Il dipartimento di Colture arboree dell’Università di Bologna ha avviato ricerche sugli effetti che il diserbo chimico tramite glifosate della zona sottostante il filare produce sull’assorbimento di alcuni nutrienti (ad esempio manganese), sul metabolismo della bacca e sulla qualità dei vini. Le indagini condotte hanno evidenziato che l’applicazione di tale prodotto può diminuire la concentrazione di antociani totali presenti nelle bucce (Rombolà et al., 2010). maggio 2012
Documenti analoghi
IL VIGNETO PER LA PRODUZIONE DI UVA DA VINO Lavori Nei
speroni lungo il cordone deve consentire l’armonico sviluppo dei tralci nello
spazio assegnato, senza affastellamenti
e sovrapposizioni, inoltre deve essere
attentamente controllato se utilizzate l...