cass. civ. 19-10-2012 n. 18078

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cass. civ. 19-10-2012 n. 18078
Cassazione Civile
APPALTO PRIVATO
C ass. civ. Sez. II, Sent., 19-10-2012, n. 18078
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FELICETTI Francesco - Presidente Dott. GOLDONI Umberto - Consigliere Dott. BIANCHINI Bruno - Consigliere Dott. PARZIALE Ippolisto - Consigliere Dott. VINCENTI Enzo - rel. Consigliere ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 26485-2006 proposto da:
C.B. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE
TUCCIMEI 1, presso lo studio dell'avvocato TRIMARCHI CARMEN STUDIO
HALL & DONATO, rappresentato e difeso dall'avvocato GIUSEPPE
TRIMARCHI;
- ricorrente contro
CIRAOLO COSTRUZIONI SNC, in persona dei soci CI.MA., CI.SA., R.G.,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTESANTO 10/A, presso lo
studio dell'avvocato ST MESSINA MARINA, rappresentato e difeso
dall'avvocato PAGANO AUGUSTO;
- controricorrenti e contro
C.B., C.R.;
- intimati -
avverso la sentenza n. 282/2006 della CORTE D'APPELLO di MESSINA,
depositata il 08/06/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17/09/2012
dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l'Avvocato MIUCCIO Giuseppe con delega depositata in udienza
dell'Avvocato TRIMARCHI Giuseppe, difensore del ricorrente che ha chiesto
accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI
Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
Diritto
P.Q.M.
Svolgimento del processo
1. - Tra G. e Ca.Gi. e la società Ciraolo Costruzioni s.n.c. intercorreva, in
data 30 luglio 1982, un contratto di vendita-divisione-appalto in forza del
quale i primi trasferivano alla seconda una parte di un terreno edificabile di
loro proprietà, convenendo che nella porzione residua la società avrebbe
realizzato una palazzina.
Costruito l'immobile, i C. ne riscontravano gravi difetti (presenza di
umidità, cattiva esecuzione del giunto tecnico, dissesto del muro di
contenimento, cattivo funzionamento della rete fognaria), per cui agivano
con citazione del dicembre 1991 (segnatamente: G., B. e C.R., quali eredi
di Ca.Gi.) nei confronti della società costruttrice per la rimozione di detti
vizi ed il risarcimento del danno.
La Ciraolo Costruzioni s.n.c., costituendosi in giudizio, eccepiva la
"prescrizione" dell'azione, della quale contestava anche la fondatezza nel
merito, proponendo a sua volta domanda riconvenzionale per la rimozione
di una tubatura degli attori.
L'adito Tribunale di Messina, ammessa ed espletata consulenza tecnica
d'ufficio, respingeva l'eccezione di "prescrizione" ed accoglieva la domanda
attorea ai sensi dell'art. 1669 cod civ., condannando la convenuta la
pagamento di somme a vario titolo.
2. - Interponeva gravame la Ciraolo Costruzioni s.n.c., ribadendo anzitutto
l'eccezione di "prescrizione" del diritto alla garanzia;
chiedevano la reiezione dell'impugnazione gli appellati costituitisi in
giudizio C.B. (nato nel (OMISSIS)), quale erede di C.G., B. (nato nel
(OMISSIS)) e C.R., quali eredi di Ca.Gi..
Con sentenza resa pubblica l'8 giugno 2006, la Corte d'appello di Messina,
accogliendo il gravame, rigettava le domande proposte in primo grado
contro la società convenuta e compensava totalmente le spese del doppio
grado.
Per quanto specificamente interessa in questa sede, la Corte territoriale
accoglieva l'eccezione di "prescrizione" dell'azione proposta dai C. ai sensi
dell'art. 1669 cod. civ., assumendo - contrariamente a quanto ritenuto dal
primo giudice, che aveva gravato la convenuta società di costruzioni
dell'onere di provare la "conoscenza ultrannale da parte degli attori dei
difetti costruttivi" - che gli attori stessi, su cui incombeva dimostrare la
tempestività dell'azione in quanto elemento costitutivo della domanda,
avevano mancato di "provare in quale periodo si erano manifestati, con un
sufficiente grado di specificità, i difetti per cui è causa, in modo da
consentire di verificare l'effettiva osservanza del requisito temporale
imposto dalla norma richiamata".
3. - Per la cassazione di tale sentenza ricorre C.B. (nato nel (OMISSIS)),
affidando le sorti dell'impugnazione a quattro motivi di censura, illustrati
da memoria.
Resistono con controricorso C.M., C.S. e R.G., quali soci della società
Ciraolo Costruzioni s.n.c., scioltasi nel dicembre 2003 e poi cancellata; non
hanno svolto difese C.B. (nato nel (OMISSIS)) e C.R., ritualmente intimati.
Motivi della decisione
1. - Con il primo mezzo è denunciata, in relazione all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell'art. 1669 cod. civ..
La Corte territoriale avrebbe ritenuto fondata l'eccezione di prescrizione
sollevata dalla società costruttrice facendo erroneamente riferimento alla
conoscenza ultrannale dei difetti costruttivi da parte degli attori, cioè a
circostanza relativa alla denuncia dei difetti medesimi dell'opera (comma
primo dell'art. 1669 citato), ma del tutto irrilevante ai fini della
prescrizione dell'azione, decorrente dalla denuncia dei difetti (stesso art.
1669, comma 2).
A chiusura del motivo viene formulato il seguente quesito di diritto:
"dica la Suprema Corte se il termine prescrizionale stabilito dal capoverso
dell'art. 1669 cod. civ. decorre dalla scoperta o dalla denunzia (della rovina
o del pericolo di rovina o dei gravi difetti)".
1.1. - Il motivo è infondato.
A tal fine, occorre precisare - alla stregua della giurisprudenza di questa
Corte (Cass., sez. 2, 17 luglio 2009, n. 7612) - che l'art. 1669 cod. civ.,
comma 1 consente al committente di agire per la responsabilità
dell'appaltatore per la rovina o i difetti della costruzione di immobili che si
palesino nel corso di dieci dal compimento dell'opera, purchè di essi "sia
stata fatta la denunzia entro un anno dalla scoperta" (comma 1). A ciò la
stessa norma (comma 2) aggiunge un termine di prescrizione, fissato in un
anno dalla denunzia anzidetta. Dunque, la decorrenza del termine di
decadenza si riconnette alla scoperta della gravità dei difetti e della loro
imputabilità alla prestazione dell'appaltatore, mentre il termine di
prescrizione si lega unicamente, sotto il profilo cronologico, alla denunzia
dei difetti, che pertanto deve sussistere come atto condizionante la
decorrenza del termine prescrizionale.
Non sembra potersi dubitare, quindi, che la motivazione della sentenza
impugnata, nonostante utilizzi il vocabolo "prescrizione", abbia inteso
risolvere giuridicamente una questione relativa alla decadenza dall'azione
di cui all'art. 1669 c.c., comma 1, giacchè il corredo argomentativo è
calibrato esclusivamente sulla "conoscenza da più di un anno", da parte
dei committenti, dei vizi lamentati, quale tema di discussione indotto dalla
stessa allegazione della società appellante secondo la quale detti vizi
"non potevano essere emersi dopo oltre setti anni dalla consegna". Del
resto, la Corte territoriale mostra di ben conoscere la differenza tra
decadenza e prescrizione posta dall'anzidetta norma, posto che ne declina
correttamente la disciplina, rilevando che in essa "è prevista una durata
decennale della garanzia, a condizione che il committente denunci i vizi
entro un anno dalla scoperta e proponga la relativa azione entro un anno
dalla denuncia".
Di qui, la ritenuta fondatezza dell'eccezione sulla "conoscenza ultrannale
da parte degli attori dei difetti costruttivi", avendo il giudice di appello
addossato la relativa prova sugli originari attori in ragione del fatto che ad
essi incombeva dimostrare "in quale periodo si erano manifestati, con un
sufficiente grado di specificità, i difetti per cui è causa, in modo da
consentire di verificare l'effettiva osservanza del requisito temporale
imposto dalla norma richiamata".
Con ciò cade ogni residuo dubbio sul fatto che - sebbene indicata come
eccezione di "prescrizione" l'unica questione esaminata e decisa dalla
sentenza impugnata è proprio, e soltanto, quella della decadenza annuale
per la denuncia dei difetti ex art. 1669 cod. civ., sulla quale si era,
peraltro, incentrato il thema decidendum in primo grado, posto che
l'eccezione già respinta dal Tribunale adito - come precisato nella sentenza
d'appello - concerneva proprio la mancata prova della conoscenza, oltre
l'anno, dei difetti costruttivi.
2. - Con il secondo mezzo è dedotta, in relazione all'art. 360 c.p.c.,
comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione dell'art. 1669 cod.
civ. e la nullità della decisione per violazione dell'art. 112 cod. proc. civ..
Il ricorrente, nell'eventuale ipotesi in cui si ritenesse che la Corte
territoriale abbia inteso riferirsi non già alla "prescrizione", ma alla
decadenza per tardività della "denunzia" dei difetti (avuto riguardo alla
notifica dell'atto introduttivo o ad "ipotetica" precedente segnalazione),
sarebbe comunque incorsa in vizio di extrapetizione, posto che tale
tardività non poteva essere rilevata d'ufficio e la società non aveva
sollevato eccezione di decadenza, ma soltanto di prescrizione.
Il quesito di diritto è così formulato: "a) se la tardività della denuncia di
cui all'art. 1669 cod. civ., comma 1 può essere rilevata anche in assenza di
un'eccezione di decadenza; b) se viola l'art. 112 cod. proc. civ. il Giudice
che dichiari tempestiva la denuncia stessa senza che la parte interessata
abbia eccepito la decadenza".
2.1. - Il motivo, al cui esame può scendersi proprio in considerazione di
quanto già ritenuto in sede di delibazione del primo motivo, è infondato.
In termini più generali, la deduzione del vizio, in procedendo, di violazione
dell'art. 112 cod. proc. civ., per l'extrapetizione in cui sarebbe incorsa la
Corte territoriale, impone a questo giudice di legittimità una cognizione
non circoscritta all'esame della sufficienza e logicità della motivazione con
la quale il giudice di merito ha vagliato la questione, bensì estesa
all'esame diretto degli atti e dei documenti sui quali il ricorso si fonda,
purchè la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole
fissate al riguardo dal codice di rito.
Tale enunciazione di principio è stata riaffermata recentemente, in sede di
risoluzione di contrasto giurisprudenziale, dalle Sezioni Unite civili (Cass.,
sez. un., 22 maggio 2012, n. 8077) e la stessa, sebbene in quell'occasione
modulata sulla fattispecie particolare del vizio afferente alla nullità
dell'atto introduttivo del giudizio per indeterminatezza dell'oggetto della
domanda o delle ragioni poste a suo fondamento, assume, comunque, una
portata più generale (come evidenzia la stessa sentenza delle Sezioni
Unite appena richiamata) in riferimento alla denuncia di un vizio che
comporti la nullità del procedimento o della sentenza impugnata.
Ciò premesso, lo scrutinio della specifica censura può avere ingresso in
questa sede, in quanto il ricorrente ha dedotto il vizio del procedimento ai
sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 ed ha confezionato il motivo in
conformità al principio di specificità della deduzione.
2.2. - All'esame del fatto processuale rilevante giova premettere la
ricognizione delle coordinate giuridiche entro le quali viene a collocarsi
l'eccezione su cui il ricorrente lamenta che la Corte di appello avrebbe
pronunciato nonostante essa non sia stata proposta.
A tal riguardo, non si dubita che la decadenza dall'azione stabilita dall'art.
1669 cod. civ., al pari di altre ipotesi positivamente enucleate e di analogo
tenore materiale (come quelle della garanzia per i vizi dell'opera
appaltata, ex art. 1667 cod. civ., o della cosa compravenduta, ai sensi
dell'art. 1495 cod. civ.: tra le altre, Cass., sez. 2, 12 luglio 1986, n. 4531;
Cass., sez. 2, 19 dicembre 2011, n. 27334; Cass., sez. 2, 25 giugno 2012,
n. 10579), debba essere oggetto di eccezione di parte e ciò malgrado che
la denuncia dei gravi difetti o del pericolo di rovina dell'opera costituisca
una condizione dell'azione di responsabilità esercitabile nei confronti
dell'appaltatore o del costruttore-venditore. In tal senso, si è pronunciata
questa Corte (Cass., sez. 2, 16 giugno 2000, n. 8187;
Cass., sez. 2, 29 novembre 1996, n. 10624), precisando che l'onere del
committente di fornire la prova di avere operato la denuncia entro l'anno
dalla scoperta sorge allorquando il convenuto eccepisca la decadenza
dall'azione per intempestività della denuncia. Ciò in linea con il disposto
normativo di cui all'art. 2967 cod. civ., che individua due specie di
decadenza: l'una a tutela di un interesse superiore, in materia cioè
indisponibile, e per la quale quindi non è ammessa rinunzia ed è possibile
il rilievo d'ufficio; l'altra, invece, posta a tutela di interessi individuali,
essendone quindi consentita la rinuncia e necessitando di apposita
eccezione, da proporsi ritualmente, affinchè il giudice possa pronunciare su
di essa. A tale secondo tipologia di decadenza appartiene quella, di cui
all'art. 1669 cod. civ., comma 1 collocandosi la materia da esso
disciplinata nell'ambito dei diritti disponibili dalle parti.
Quanto al profilo della rituale proposizione di detta eccezione di
decadenza, va poi messo in rilievo che, nella presente controversia,
occorre avere riguardo anche al giudizio di appello, posto che trattasi di
giudizio instaurato (nel dicembre 1991 e, dunque, prima del 30 aprile
1995) nella vigenza dell'art. 345 cod. proc. civ. nel testo anteriore a quello
introdotto dalla L. 26 novembre 1990, n. 353, sicchè per esso non operava
il divieto dei nova in riferimento alle eccezioni di parte (non rilevabili
d'ufficio).
2.3. - Venendo, quindi, all'esame diretto degli atti processuali - e tenuto
conto del principio, che costituisce diritto vivente, per cui l'oggetto della
domanda o dell'eccezione va individuato non solo in base alle espressioni
letterali (eventualmente imprecise o improprie) adoperate nell'atto
processuale, ma tenendo conto anche, e soprattutto, del contenuto
sostanziale dell'atto stesso, quale si desume dal complesso delle tesi
svolte, delle deduzioni e delle richieste formulate, ed avendo altresì
riguardo alle finalità perseguite dalla parte (per tutte, Cass., sez. lav., 14
ottobre 1986, n. 6015) - è agevole rilevare, anche alla luce di quanto
evidenziato nello scrutinio del primo motivo, che il tema dibattuto già in
primo grado ed recepito nella sentenza del Tribunale di Messina era stato
quello relativo ad un'eccezione di decadenza ai sensi dell'art. 1669 c.c.,
comma 1, e non già di prescrizione ai sensi del comma 2 della stessa
disposizione. Sebbene, infatti, la società convenuta, nella comparsa di
costituzione e risposta, avesse formulato un'eccezione di prescrizione
legata alla garanzia per vizi e difformità dell'opera appaltata (dunque, ai
sensi dell'art. 1667 cod. civ.), pur sempre correlata al fatto del decorso del
tempo dall'asserita emersione dei vizi, il giudice di primo grado ha
qualificato la domanda degli attori alla stregua dell'azione di
responsabilità per rovina e difetti dell'edificio (ex art. 1669 cod. civ.) ed ha
respinto l'eccezione della controparte in guisa di eccezione di decadenza,
adducendo infatti che la convenuta non aveva "provato la conoscenza
ultrannale da parte degli attori dei difetti costruttivi". Non solo su tale
statuizione è mancata qualsivoglia censura in sede di gravame da parte
dell'odierno ricorrente C.B. - il quale, nel chiedere la conferma In toto
dell'appellata sentenza, ha altresì allegato (p. 2 della comparsa di
costituzione in appello) che "l'azione è stata intrapresa entro l'anno di
accertamento dei vizi" - ma, con l'atto di appello (p. 2), la società Ciraolo
Costruzioni s.n.c., pur continuando a contestare la qualificazione
dell'azione fornita dal Tribunale, ha chiesto, ancora sul presupposto che "i
cosiddetti vizi denunciati non possano logicamente essere emersi solo
dopo sette anni dall'avvenuta consegna dell'opera appaltata" (e, dunque,
sempre sul rilievo fattuale di una supposta conoscenza del vizio da parte
del committente in epoca ben precedente all'azione giudiziaria), che fosse
"dichiarata la decadenza dalla garanzia e comunque la prescrizione
dell'azione".
Sicchè, essendosi pronunciata la Corte di appello di Messina proprio
sull'eccezione di decadenza dall'azione ex art. 1669 cod. civ. per mancata
denuncia dei difetti entro l'anno dalla relativa scoperta (secondo quanto
già evidenziato con l'esame del primo motivo), ciò ha fatto senza incorrere
nel vizio di extrapetizione lamentato dal ricorrente.
3. - Con il terzo mezzo è denunciata, in subordine, violazione e falsa
applicazione dell'art. 1669 c.c., comma 1 e art. 2697 cod. civ., in relazione
all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si sostiene che l'art. 1669 cod. civ., comma 1 debba interpretarsi nel
senso che - in disparte l'ipotesi di difetti di tutta evidenza - la idonea
conoscenza che determina la decorrenza del termine decadenziale "non
può, di regola, ritenersi acquisita anteriormente al tempo della denunzia o
della citazione-denunzia", ma soltanto dopo l'acquisizione delle disposte
relazioni peritali. Sicchè, là dove si reputasse che la Corte territoriale
abbia voluto riferirsi alla decadenza e non alla prescrizione, non avrebbe
comunque potuto gravare gli attori della prova che, "un anno ed un giorno
prima dell'instaurazione del giudizio, essi non avevano ancora acquisito
quella "conoscenza completa" in difetto della quale il termine di decadenza
non può decorrere".
Sono formulati i seguenti quesiti di diritto: "a) salvo il caso di dissesto o
gravi difetti di natura ed entità tali da consentire anche la sicura e facile
percezione della loro dipendenza dall'attività di progettazione e/o
costruzione, può reputarsi che il termine decadenziale stabilito dal primo
comma dell'art. 1669 cod. civ. decorra da data anteriore agli accertamenti
peritali?; b) salvo il caso suindicato, la domanda ex art. 1669 cod. civ.
comporta, per il richiedente, l'onere di provare che, un anno e un giorno
prima della denuncia o della citazione-denuncia, egli non aveva ancora
completa e sicura conoscenza della natura ed entità dei difetti lamentati e
della loro dipendenza dall'attività di progettazione e/o costruzione?".
4. - Con il quarto mezzo è, in subordine, dedotta, in relazione all'art. 360
c.p.c., comma 1, n. 5, l'omessa motivazione circa un punto di fatto
controverso e decisivo.
Posto che, ai sensi dell'art. 1669 cod. civ., l'onere che incombe sul
committente di provare la tempestività della denuncia dei difetti della
costruzione, ove sia stata sollevata eccezione di decadenza, risulterebbe
attenuato "dalla presunzione semplice che, di regola, la "completa
conoscenza" (della natura e gravità dei vizi e del nesso di causalità con la
progettazione o costruzione), necessaria perchè decorra il termine
decadenziale, non può essere acquisita senza indagini tecniche", la Corte
territoriale, nell'ipotesi in cui fosse stata eccepita la decadenza, avrebbe
anche potuto respingere la domanda per difetto di prova sulla tempestività
della denuncia, ma avrebbe avuto l'obbligo di indicare, però, gli elementi di
giudizio in base ai quali era giunta alla convinzione che non operasse
detta presunzione semplice e che, invece, gli attori ben conoscessero i
difetti dell'immobile ancor prima dell'anno dalla proposizione della
domanda.
Di qui il vizio dedotto, non essendovi alcuna motivazione nella sentenza
impugnata sull'indicato punto di fatto controverso e decisivo per il giudizio
(e cioè - come si ribadisce nel motivo - "che fossero stati acquisiti
elementi di giudizio tali da fare apparire molto verosimile che la "completa
conoscenza" già esistesse, un anno e un giorno prima dell'instaurazione
della causa").
5. - Il terzo ed il quarto mezzo, in quanto strettamente connessi, vanno
esaminati congiuntamente e meritano accoglimento nei termini di seguito
precisati.
Nella giurisprudenza di questa Corte (e ad essa non fanno eccezione le
pronunce citate dai controricorrenti) è principio consolidato quello per cui
incombe al committente fornire la prova della tempestività della denuncia
dei difetti di costruzione di cui all'art. 1669 cod. civ., una volta che la
relativa eccezione sia stata ritualmente sollevata (così le già citate Cass.
n. 8187 del 2000 e Cass. n. 10624 del 1996). Tale principio, però, si
coordina - e non già contrasta o si disallinea disarmonicamente - con
l'altro assunto (altrettanto consolidato: ex plurimis, Cass., sez. 2, 23
gennaio 2008, n. 1463; Cass., sez. 1, 1 febbraio 2008, n. 2460;
Cass., sez. 3, 13 gennaio 2005, n. 567; Cass., sez. 2, 1 agosto 2003, n.
11740; Cass., sez. 2; 14 novembre 2002, n. 16008), per cui "il termine di
un anno per la denuncia del pericolo di rovina o di gravi difetti nella
costruzione di un immobile, previsto dall'art. 1669 cod. civ. a pena di
decadenza dall'azione di responsabilità contro l'appaltatore, decorre dal
giorno in cui il committente consegua un apprezzabile grado di conoscenza
oggettiva della gravità dei difetti e della loro derivazione causale
dall'imperfetta esecuzione dell'opera, non essendo sufficienti, viceversa,
manifestazioni di scarsa rilevanza e semplici sospetti; tale conoscenza
deve ritenersi, di regola, acquisita, in assenza di anteriori ed esaustivi
elementi, solo all'atto dell'acquisizione di relazioni peritali effettuate;
l'accertamento relativo, involgendo un apprezzamento di fatto, è riservato
al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se sorretto da
motivazione congrua ed esente da vizi logici o da errori di diritto".
La Corte territoriale, sebbene, proprio a seguito della eccezione della
società appaltatrice, abbia correttamente ritenuto che fossero onerati gli
attori committenti della prova sulla tempestività della denuncia di cui
all'art. 1669 cod. civ., comma 1, ha poi ritenuto esservi "assenza di prova
sul punto" senza però fornire sufficiente ed adeguata contezza del proprio
convincimento, pretermettendo di esplicitare quelle circostanze che
avrebbero dovuto invece evidenziare il rapporto tra le allegazioni attoree,
le emergenze processuali acquisite (in particolare, la consulenza tecnica) e
i criteri guida dettati dal principio di diritto innanzi rammentato;
principio che mette in luce come, ai fini della tempestività della denuncia
dei difetti, sia necessario aver conseguito, da parte del committente, una
piena comprensione del fenomeno e la chiara individuazione ed
imputazione delle sue cause, non potendosi onerare il danneggiato della
proposizione di azioni generiche a carattere esplorativo.
Ciò la Corte distrettuale non ha mostrato di tenere in dovuta
considerazione, sicchè la sentenza va cassata in parte qua ed il giudice del
rinvio dovrà, anzitutto, valutare nuovamente, alla luce dei principi di diritto
sopra indicati, se i committenti, onerati della relativa prova, abbiano
dimostrato, o meno, di aver tempestivamente denunciato i difetti
dell'immobile, ai sensi dell'art. 1669 c.c., comma 1.
6. - Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini sopra precisati e la sentenza
cassata in relazione alle censure accolte, dovendosi il giudice del merito
attenere a quanto innanzi statuito e provvederà anche al regolamento
delle spese del presente grado.
P.Q.M.
LA CORTE rigetta il primo ed il secondo motivo di ricorso; accoglie il terzo
e quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti
e rinvia ad altra sezione della Corte d'appello di Messina, che provvederà
anche al regolamento delle spese del presente grado.
c.c. art. 1669
c.c. art. 2969
c.p.c. art. 112
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