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20/04/2011 Strategia e Gestione del sistema del valore Paolo Barbieri → [email protected] Pubblica avvisi sul sito web docente Modalità d’esame: elettronica, al computer, dentro il laboratorio Prova d’esame: in parte scritta in parte al computer, a scelta multipla → Testo domanda → 4 opzioni, ciascuna delle quali può essere vera o falsa Punteggio: a ciascuna delle 4 opzioni viene dato un punteggio, se lasciata in bianco 0 ed uno negativo se sbagliata. 25 testi di domanda ciascuno con 4 risposte → 100 v/f; Terminata la prova, all’interno della stessa seduta d’esame vengono poste 2 domande aperte sempre al calcolatore, rispettando un numero di caratteri limitato. Delle domande aperte verranno valutate la correttezza della forma, la capacità di sintesi, la correttezza dei contenuti e la coerenza della risposta con la domanda. 3 appelli: 1 subito alla fine del corso, 1 a fine giugno, 1 a metà luglio. Iscrizione: su Almaesami obbligatoria. Registrazione del voto: ammessa durante le sessioni d’esame con possibilità di delega con documento di identità e deve avvenire obbligatoriamente nella data di registrazione a valle dell’esame sostenuto, ad es, se si passa nel 1° appello di Giugno allora si dovrà registrare nella 1a sessione di registrazione di Giugno. Date d’esame: 1° Appello → Lunedì 13 Giugno 2° Appello → Martedì 28 Giugno 3° Appello → Mercoledì 13 Luglio Non c’è un unico libro di testo ma si hanno tanti riferimenti bibliografici, magari di alcuni testi si avranno solo pochi paragrafi o capitoli perché quella del supply chain management è una disciplina giovane e non ci sono testi consolidati → mix di estratti di manuale e articoli, riviste di stampo scientifico-manageriale. 19 contributi diversi tra estratti di libri e articoli per un totale di circa 400 pagine. Avremo l’elenco delle letture; il corso include letture i cui contenuti rientreranno nell’esame e letture incluse ma che non saranno oggetto delle prove d’esame. I titoli a sfondo bianco sono quei contributi che serviranno per l’esame. I titoli a sfondo grigio invece non costituiscono argomento delle prove d’esame ma possono essere interessanti. Tutti i titoli sono disponibili in biblioteca ed in copisteria (una raccolta degli articoli). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 1 a.a. 2010-2011 Divideremo il corso in 4 step: 1. Gestione della supply chain, scelte strategiche di make-or-buy, acquisti e partnership. 2. Gestione del rapporto di fornitura nelle sue declinazioni → problematiche relative alla gestione di un contratto, aspetti extra-contrattuali, e possibilità di svincolarsi dalle procedure tradizionali facendo leva sul concetto di fiducia, trust 3. Analisi delle strategie di supply-chain, di fornitura, ossia orientare gli obbiettivi in base alle strategie viste. 4. Tema dell’internazionalizzazione della fornitura e del network di produzione. Per 2 volte il venerdì verranno ospiti che testimonieranno i trascorsi della supply chain vissuti sulla loro pelle. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 2 a.a. 2010-2011 Indice Pagine Organizzazione della Supply Chain …................................................................................. 4 Le scelte strategiche di Make or Buy …............................................................................… 6 Gli Acquisti ….................................................................................................................... 20 La gestione del portafoglio acquisti ….............................................................................. 28 La gestione della partnership …....................................................................................... 40 Economie dei contratti …...............................................................................................… 54 Asimmetrie informative e loro impatto sulla governance …............................................ 66 Contratti incompleti e Hold-up …..................................................................................… 73 Rimedi legali e clausole contrattuali …............................................................................. 81 Ottimizzazione degli acquisti – Il caso MekeItalia …............................................... 84 - 92 Aligning Incentives in Supply Chains …........................................................................... 97 Impresa, Concorrenza e Organizzazione ….................................................................... 102 Dimensioni analitiche del concetto di fiducia nelle relazioni di mercato ….................. 104 Il ruolo del buyer nel caso Ducati …............................................................................…. 110 Antecedenti e conseguenze del concetto di fiducia …..................................................... 114 Creating trust in the Extended Enterprise ….................................................................. 119 Coesistenza di Governance transazionale e Governance relazionale ….........…............. 125 Produzione e strategia aziendale (Skinner) …................................................................ 127 What is the right supply chain for your product? (Fisher) …......................................… 131 Strategia della Supply Chain (Lee) ….............................................................................. 136 Ricorso all'outsourcing nella Supply Chain (Chase e Acquilano) …............................... 142 International Sourcing Strategy ….................................................................................. 146 Tipologie di approvvigionamento dalla Cina ….............................................................. 149 Managing the evolving Global Production Network (Ferdows) …................................. 153 A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 3 a.a. 2010-2011 Organizzazione della supply chain Diversi livelli di integrazione delle attività E’ valore tutto ciò che risponde in maniera più o meno soddisfacente ad un’esigenza di creazione di valore, ad un bisogno del mercato; in molti casi tale esigenza è stata “creata” da imprese che hanno offerto tecnologia e servizi che hanno fatto si che si manifestasse un bisogno che fino ad allora non era neanche sentito. Ci occupiamo del modo in cui le imprese rispondo a queste esigenze, non dal punto di vista del riconoscimento del bisogno né dal punto di vista delle caratteristiche del prodotto ma il supply chain management si occupa del modo in cui le imprese lavorano per soddisfare quel bisogno generando valore. Perché sistema del valore? La risposta deriva dall’osservazione della realtà: Nella storia del management si hanno aziende che interagivano con altre per la generazione del valore, altre che non interagivano con nessuno. La Ford, ad esempio, che produceva la T, era proprietaria delle miniere di materiale ferroso e deteneva piantagioni per estrarre la gomma dei pneumatici, possedeva aziende chimiche per alcune miscele o mescole per acciai e gomme. Oggi la situazione è diversa, la maggior parte delle imprese collaborano con altre al fine di creare valore, non detengono al proprio interno tutte le competenze e le tecnologie per la realizzazione del prodotto finito, anche nel caso di colossi dell’automobilistica (esempio di azienda che realizza solo il motore, non tutte le componenti restanti di una macchina). Si parla dunque di Sistema del valore, perché tanti attori interagiscono. Compito del corso sarà capire perché esistono diversi livelli di integrazione (ad es nei pneumatici c’è alta integrazione, le aziende di pneumatici fanno tutto, per le scarpe non c’è integrazione, ma frammentazione, non esiste uno stabilimento produttivo Nike che faccia scarpe Nike). E' importante capire che esiste un sistema del valore se c’è capacità di generare un valore. [Lettura suggerita è l’estratto del libro di Womak e Jones, “Lean Thinking”, capitolo 1, “Il valore” (lettura aggiuntiva ma non necessaria, la parte introduttiva)] Riflessione interessante su come clienti e fornitori di servizi dovrebbero interagire e collaborare per creare un’interessante catena del valore. Ad esempio produttore di canalette (per i cavi), che sono commodities. Si cercavano nicchie da soddisfare ma spesso le nicchie individuate non ne avevano bisogno → hanno risolto creando dei Team A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 4 a.a. 2010-2011 per ciascuna area funzionale (marketing, R&S, ...). Le aziende concorrenti si combattevano sul campo del prezzo ma non si erano accorte che c’erano fasce di clienti che erano interessati a pagare un premio di prezzo per avere una dimensione estetica del prodotto. Pertanto le aziende devono immettere sul mercato dei prodotti che devono essere in grado di intercettare i bisogni latenti dei clienti e stimolarne la successiva manifestazione. Altra dimensione di mercato da considerare è la divergenza di obiettivi dei vari attori nel sistema del valore. Ad es Womack e Jones portano il caso di una persona che deve andare in un posto raggiungibile solo dall’aereo → diverse aziende intervengono, dal taxi casa-aeroporto, al trasporto bagagli, al vero e proprio volo, ecc → ogni azienda copre diversi aspetti ma non è detto che il modo in cui la singola azienda opera per massimizzare i propri obiettivi sia coerente con l’ottimizzazione dell’obiettivo del sistema intero. Non è detto che la somma di tante ottimizzazioni massimizzi il valore complessivo dell’utente. Obiettivo del supply chain manager è conformare, uniformare tutti gli obiettivi dei singoli elementi per minimizzare il costo dell’intero sistema. In un contesto produttivo un’azienda vuole tenere basso il livello di scorte; se da un lato un fornitore applica la minimizzazione dei costi e l’azienda punta a minimizzare solo il sistema di gestione delle scorte non è detto che complessivamente otteniamo un sistema ottimale di costi, poiché magari il costo di trasporto è maggiore del costo di stoccaggio → la minimizzazione delle scorte è ottima per il magazzino ma non per l’intera azienda. Bisogna armonizzare i comportamenti delle varie imprese per massimizzare il valore complessivo. 2 strategie per la commercializzazione di prodotto: ● Leadership di costo. ● Strategia di differenziazione → viene utilizzata da quelle imprese che puntano ad offrire al mercato un prodotto che sia qualitativamente superiore rispetto a quello dei concorrenti, per il quale il cliente è disposto a pagare un prezzo maggiore. Il livello di similarità dei prodotti influisce sulle strategie adottate, ad esempio sui grezzi di costruzione (sabbie, estratti di cava, cementi, ecc) c’è poca differenza → le imprese tenderanno a ridurre i costi con vari metodi. Per contro l’industria del lusso spesso persegue strategia di differenziazione ricercando la differenza qualitativa e prestazionale del prodotto per intercettare fasce di clientela disposte a pagare per questo un premio di prezzo. Attenzione però che aziende che seguono strategie di differenziazione non è detto che non siano sensibili ai costi (Ducati non può installare impianti frenanti scadenti ma con componenti di qualità, come quelli della Brembo, perché è ciò che il mercato richiede e differenzia il prodotto da quelli concorrenti [Sistema del Valore]). Un esempio sono le penne che sono commodities, si hanno livelli differenti ma si hanno anche livelli minimi di qualità (che l’inchiostro esca in maniera decente) che vanno rispettati → non sono strategie valide in maniera assoluta. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 5 a.a. 2010-2011 28/04/11 Le scelte strategiche di Make or Buy 1. 2. 3. 4. 5. L’evoluzione dei rapporti clienti-fornitore Mercato competitivo, collaborativo e integrazione verticale Le condizioni per il mercato: complessità, specificità e incertezza I driver strategici Le reti di fornitura Analisi Make or Buy Possiamo porci due domande fondamentali andando ad analizzare i modelli di business: • Produrre internamente • Acquisto all’esterno Se decido di produrre internamente dovrò organizzare la produzione, contrariamente dovrò selezionare i fornitori giusti. Se quindi decido di acquistare esternamente mi andrò a chiedere: come acquisto? → da quali fornitori? → da quanti fornitori? → con che tipo di rapporto? (scambio informativo e alta collaborazione in caso di problemi o solo rapporto di fornitura?) Intorno alla fine dell’ 800, quasi tutte le attività d’impresa sono svolte internamente, ad esempio in Ford, era tutto prodotto internamente, quasi senza ricorso di beni o servizi a imprese esterne potendo consegnare automobili ad una larga scala di consumatori. Dunque il modello make era il modello prevalente, le aziende non possedevano tutte l’ufficio acquisti in quel periodo e, da allora, è diventato raro questo caso. E’ più facile ipotizzare un investimento nel caso di stabilità del mercato, in caso di domanda incerta invece c’è più difficoltà ad effettuare tali investimenti, quindi l’idea di acquistare sul mercato il prodotto che avrei potuto produrre internamente mi garantisce la possibilità di scelta. La competizione tra le imprese in questo modo cresce, e diventa fondamentale il vantaggio competitivo. Perciò i punti fondamentali sono: Instabilità della domanda ed incertezza d’investimento. Con il passare del tempo i tempi del ciclo di vita dei prodotti si abbassano drasticamente (ad esempio i personal computer, le automobili) → Riduzione del tempo di permanenza dei prodotti sul mercato e ciò influisce sulle scelte di make or buy in quanto in prospettiva di una vita utile che si riduce può diventare più allettante una scelta di buy. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 6 a.a. 2010-2011 • • • • Instabilità della domanda Ciclo di vita del prodotto Varietà di gamma Input del processo a basso costo Il terzo punto riguarda la varietà di gamma: es. advertising, sono fattori che influenzano le scelte da parte dei consumatori, dal momento in cui desiderano di avere prodotti customizzati. In questo modo, se riesco a produrre un’ampia gamma di prodotti, ottengo vantaggio competitivo rispetto alle altre aziende ed amplio la mia visibilità rispetto alla clientela. L’incremento della varietà, da 20 anni a questa parte, e di conseguenza l’esigenza di produzione industriale di tale varietà, ha avuto un’importanza ed una crescita notevole. Questo è un importante fattore perché nel momento in cui desidero presidiare diverse tecnologie, mi vien difficile farlo con un solo prodotto e la varietà di gamma rappresenta la mia soluzione. Dunque diventa importante la presenza di diversi fornitori ognuno specializzato in alcuni elementi del mio prodotto ad esempio; anche una varietà di gamma crescente dunque potrebbe spingere verso scelte di buy. Ultimo aspetto è la possibilità di accedere ad input di processo a basso costo. Ad esempio, in Thailandia, possiamo ottenere manodopera a basso costo, in Germania abbiamo tecnologia ad alto livello. E’ plausibile la scelta di acquisto da fornitori presenti in questi paesi per avere una prezzo d’acquisto comparato migliore Col passare degli anni dunque dalla totale integrazione si arriva a soluzioni in cui la funzione di acquisto è sempre più importante fino a divenire fondamentale, mentre la produzione diventa di importanza secondaria Le decisioni di make or buy: il dilemma mercato-gerarchia Integrazione verticale = presidio di tutte le attività necessarie per la vendita di un prodotto finito, dalla raccolta delle materie prime alla distribuzione • Modello di business dominante per molto tempo (Caso Ford) • Requisiti per l’integrazione verticale: Settore stabile, Domanda stabile (saturazione della capacità produttiva), Economie di scala Outsourcing (deverticalizzazione, terziarizzazione) = cessione di alcune attività ad altre imprese con le quali diventa necessario interfacciarsi • Outsourcing di attività comuni e standard, che non erano differenzianti • Concentrazione sulle core competence, esternalizzando le altre attività (Caso Polaroid) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 7 a.a. 2010-2011 Una volta si fondevano le leghe di metallo e da li si costruivano le auto, oggi invece abbiamo anche diversi pezzi in plastica, in pelle, sistemi di controllo elettronico e sistemi informatici ben più complessi. Allo stesso tempo però il concetto di propulsione non è cambiato, forse un giorno diventerà tutto elettrico. Il fatto straordinario è la velocità con la quale si sono fatti questi miglioramenti. La capacità di presidiare tutte queste tecnologie però diventa sempre più complessa → si avranno diversi partner poiché un’azienda che non può produrre tutto quanto, anche Toyota che è leader nella produzione di automobili. Avendo sul mercato prodotti altamente tecnologici sarà quindi difficile per la singola impresa potersi imporre con un proprio prodotto. Si pensi al mercato dei PC, chi assembla una macchina difficilmente produce i processori, anzi spesso si trova “Intel inside” che è addirittura un elemento qualificante della tecnologia che si compra. La guerra del Kippur (del Ramadam, d’Ottobre, arabo-israeliana) ha fatto da spartiacque nella storia dell’economia, in quanto dalla seconda GM l’economia occidentale era stata in continua crescita → scoppia la Guerra Arabo-Israeliana ed aumenta il prezzo del petrolio, quindi la domanda si destabilizza, e da quel momento in poi la domanda è andata per contrazioni ed espansioni, ma mai più con la stabilità di prima. Oggi tutte le imprese si trovano in condizioni dalla domanda instabile, tutt’altro che ragionevole, però l’esigenza di flessibilità sta diventando la caratteristica principale di tutti i nostri mercati. La riduzione dei costi è un fattore fondamentale al quale le imprese sono sempre più sensibili; si rivolgono infatti al Global Sourcing. Se ci si rivolge ad un fornitore specializzato in una determinata produzione si può usufruire di quei fattori di economie di scala che tale fornitore ha probabilmente applicato specializzandosi (produce di più quindi può abbassare i costi, questo è economia di scala) Economie di processo invece comportano il fatto che quanto più si realizza un processo migliore tanto più si è in grado di renderlo efficiente. Dal punto di vista delle scelte che le aziende compiono sul sistema produttivo possiamo dire che le organizzazioni si spostano da una soluzione integrata ad una meno integrata. Un’impresa produrrà internamente elementi fondamentali per il processo e acquisirà elementi frutto di competenze specifiche che sono proprie di altre aziende. Il ricorso all’esterno può avere una valenza anche dal punto di vista dell’impatto degli indicatori economici dell’impresa. Peso Percentuale di incidenza degli acquisti in determinati settori: Automotive → 55-70% A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 8 a.a. 2010-2011 Meccanico → 35-65% Elettronico → 30-70% Telecomunicazioni → 40-70% Tessile e abbigliamento → 50-60% Beni di largo consumo → 35%-70% Alimentare → 30-65% Sanità → 40-55% Chimico → 50-60% Costruzioni → 45-70% Altro → 35%-60% Media → 40%-65% Si parla di incidenza sul fatturato, non sul costo industriale del prodotto. ROS ReturnOn Sales= EBIT Fatturato complessivo EBIT: Earning Before Interests & Taxes → indicatore di risultato economico prima degli interessi e delle tasse TRC Tasso di Rotazione del Capitale = ROI ReturnOn Investments = Fatturato Capitale investito EBIT Capitale investito → ROI =ROS⋅TRC Figura: Esempio di impatto degli acquisti sul bilancio di un impresa A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 9 a.a. 2010-2011 In alcuni settori “maturi” l’incremento del fatturato è un problema decisamente complesso da risolvere, un obiettivo difficile da perseguire, e non si può abbassare il prezzo di vendita per aumentare le vendite, ma è stato dimostrato che ad un 5% di riduzione dei costi corrisponde un impatto equivalente ad un incremento delle vendite di un 15%. Quindi anche gli investitori vedono di buon occhio le imprese capaci di ridurre internamente i propri costi piuttosto che le aziende capaci di vendere poco di più. Possono esserci modelli più orientati alla competizione e altri modelli più orientati alla collaborazione Mercato competitivo, collaborativo e integrazione Negli anni ‘70 il dilemma mercato-integrazione verticale si arricchisce di una 3 a via: il mercato collaborativo: ● Mercato competitivo (mercato puro): l’impresa dà in outsourcing delle attività mettendo in competizione i propri fornitori ● Mercato collaborativo: l’impresa individua un certo numero di fornitori - partner con cui collaborare ● Integrazione verticale: l’impresa investe in asset (impianti, tecnologie, risorse umane, strutture organizzative) per la produzione di beni e servizi. Transazioni Orizzonte temporale Minaccia prodotti sostitutivi Diversificazione fonti/sbocchi Investimenti relazionali Switching Cost Mercato competitivo Spot Breve Alta Alta Bassi Bassi Mercato Collaborativo Ripetute Medio Bassa Media Medio-Alti Medi-Alti Integrazione Continuative Lungo Bassa Bassa Alti Alti Per il mercato competitivo sostanzialmente acquistare da un fornitore o da un altro è la stessa cosa in caso di diversificazione alta e gli switching cost, costi di cambio fornitore, sono bassi. Uno degli svantaggi del mercato competitivo è quello di trovare difficilmente l’opportunità di rimediare un bene alternativo altamente specializzato. Se ci si integra verticalmente si è autonomi di fare scelte su come progettare ed ingegnerizzare il proprio prodotto, ma allo stesso tempo bisogna essere consapevoli delle maggiori spese (per la tecnologia) e complicazioni gestionali, aggiunte alla minore flessibilità (non si può cambiare fornitore a quel punto!). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 10 a.a. 2010-2011 Nel momento in cui desidero comporre un prodotto con parti altamente specializzate vado a complicare le relazioni contrattuali coi fornitori, poiché essi producono unicamente per me e desiderano pertanto avere delle garanzie di acquisto. Il mercato collaborativo è una forma intermedia, tra la fornitura da mercato esterno e l’integrazione, in cui si cerca di sviluppare una collaborazione che sia vantaggiosa per entrambe le parti. L’impresa fornitrice guadagna attraverso garanzie e supporto utili alla realizzazione del prodotto mentre l’impresa che acquista, guadagna nello scambio di informazioni su tecnologie, innovazione e sviluppo del prodotto. Ricapitolando se io volessi realizzare un prodotto altamente differenziato l’integrazione verticale mi consentirebbe di farlo poiché deterrei le tecnologie e le competenze ma è per contro attualmente difficile detenere tutte le tecnologie, inoltre l’integrazione è un modello rigido, d’altro canto le imprese continuano a sentire l’esigenza di un prodotto differenziato in quanto per questo il mercato sarà disposto a pagare un premio di prezzo. Nella situazione in cui né l’integrazione né il mercato competitivo risultano essere efficienti si sviluppa un modello più collaborativo. La relazione non è più spot ma il cliente si lega ad un determinato fornitore con una relazione duratura, ed interazione economica ripetuta nel tempo; l’acquirente dà garanzie al fornitore sul fatturato, sui volumi di acquisto nel tempo → gli investimenti sono fatti in maniera congiunta (acquisizione macchinari, impianti, ecc). Ci può essere anche una condivisione tecnologica: si lavora per mettere a disposizione un know-how tecnologico a favore del partner. Una situazione di questo tipo determina alti costi di set-up della relazione ed un forte aumento dei costi di switch (cambio fornitore), oltre ad un grosso impiego di tempo. Alternativa all’integrazione, come abbiamo visto, è rivolgersi al mercato, e ci sono almeno 2 modi per rivolgersi al mercato → modello di tipo competitivo e modello di tipo collaborativo. Quali sono i fattori che spingono un’impresa a selezionare il modello competitivo o collaborativo o verticalmente integrato? Domanda stabile, molti fornitori e presidio tecnologico da parte dei fornitori sono le condizioni ottimali per la scelta del modello competitivo. Si presuppone quindi che la maggior parte delle componenti che sviluppa l’azienda del proprio prodotto abbiano know-how già possedute nel mercato, quindi facilmente ottenibili e replicabili. Nel momento in cui mi rivolgo al mercato devo però essere consapevole che sto perdendo competenze poiché delego ad altri la produzione, ed altri le acquisiranno queste competenze; allo stesso tempo se non esternalizzassi rinuncerei probabilmente ad un vantaggio di costo (o di specializzazione del fornitore) che i miei concorrenti stanno sfruttando. Il rischio è rivolgersi al mercato per tecnologie che sono fondamentali per il mio mercato, altro rischio è l’esposizione alle dinamiche di mercato, altro rischio ancora è lo sviluppo di potenziali competitors, poiché i fornitori potrebbero fare integrazione a monte. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 11 a.a. 2010-2011 Caso P&G/3M • Lancio nuovo pannolino Pampers negli anni ‘70: ◦ Prodotto innovativo usa e getta ◦ Nuova tecnologia: nastri adesivi riutilizzabili → nuovo mercato • Analisi ed individuazione delle condizioni favorevoli ad un mercato potenziale (volumi sufficienti, competenze disponibili, semplicità descrittiva dei requisiti e standardizzazione del componente...) • Decisione di non internalizzare lo sviluppo della tecnologia e coinvolgimento di un potenziale fornitore (3M) con competenze tecnologiche elevate • Investimento congiunto in un impianto 3M a fianco dell’impianto P&G: volontà di condivisione di rischi e benefici • Creazione di uno standard • Sviluppo di un mercato intermedio, altri clienti per 3M e successivamente altri fornitori. Dunque P&G ha messo l’idea commerciale e 3M ha collaborato con la tecnologia di adesivi, insieme hanno creato impianti, e hanno creato Pampers. Le condizioni per il mercato • • • Prerequisito per l’esternalizzazione (competitiva o collaborativa): esistenza di un mercato intermedio, almeno potenziale (caso visto sopra: P&G ) L’esistenza dipende dai costi di transazione che sono “costi associati alla relazione finalizzata allo scambio di beni e servizi tra cliente e fornitore (vedi Williamson, premio Nobel per l’economia 2009) ◦ Esempio: costo di ricerca e selezione dei fornitori, interfaccia (comunicazione delle specifiche del bene), negoziazione, aggiudicazione del fornitore, stesura del contratto controllo della fornitura, gestione di contenziosi L’entità dei costi di transazione dipende da tre aspetti del bene/servizio scambiato: complessità descrittiva, specificità e incertezza Dove vediamo imprese integrate verticalmente significa che ci sono costi di gerarchia inferiori a quelli di transazione. La scienza manageriale si rifà al framework complessivo dei costi di transazione, lo applica in maniera non rigida. La competitività non dipende solo dall’efficienza del modello di costo, l’approccio allo strategic management ci dice che se i costi di transazione sono più bassi dei costi di coordinamento si determinano le condizioni per l’esistenza di mercati competitivi o collaborativi in alternativa all’integrazione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 12 a.a. 2010-2011 Si ha dunque: • Approccio transaction cost → approccio normativo → ci sono dei costi di esternalità/transazione e dei costi di gerarchia • Approccio strategic management → approccio contingente Approcci diversi possono convergere alla stessa soluzione a partire da input differenti. Entrambi possono ad esempio portare ad una integrazione verticale in particolari situazioni di mercato. Secondo gli studiosi il modello dello strategic management sembra essere quello un po più coerente con la realtà, in quanto quello dei transaction cost trascura alcune determinanti della competitività, non riconducibili a costi di esternalità o di gerarchia, ma che sono fondamentali per il vantaggio competitivo (nonostante abbiano vinto il Nobel nel 2009 per questo modello). Perché queste 3 variabili (complessità descrittiva, specificità, incertezza) sono importanti? 1) Complessità descrittiva: devo sostenere dei costi di transazione nel momento in cui necessito di fornitori per creare i miei prodotti. Se ho difficoltà nello specificare di cosa ho bisogno, se è complesso spiegare come desidero avere un particolare componente o servizio, allora sarà più alto il costo di transazione, perché si avranno più tentativi per arrivare alla soluzione ottimale. 2) Specificità: le imprese cercano di perseguire una differenziazione di prodotto per avere una marginalità maggiore (ricordando Porter si ha successo e vantaggio competitivo o diventando leader di costo o aumentando il margine facendo si che il mercato riconosca un valore maggiore al nostro prodotto). Allo stesso tempo la strategia intrapresa non può prescindere dal rapporto coi fornitori, per avere un componente differenziato un fornitore dovrà fare investimenti specifici. 3) Incertezza: dove c’è elevata incertezza le controparti tenderanno a tutelarsi dal punto di vista contrattuale e relazionale, non ci sono le condizioni di contratto semplice e non oneroso, in quanto la parte svantaggiata sarebbe esposta a forte rischio in caso di insuccesso e non accetterebbe il contratto. Ricapitolando, questi 3 elementi determinano un incremento dei costi di transazione. Secondo punto, il framework dei costi di transazione applicato allo strategic management dice che se complessità, specificità ed incertezza sono basse allora anche i costi di transazione sono bassi, ma allo stesso tempo esisteranno le condizioni per mercati intermedi, se sono ancora più basse esistono mercati competitivi, se sono un po più alte non esistono le condizioni per mercato competitivo ma per uno collaborativo, se A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 13 a.a. 2010-2011 le 3 componenti sono ancora più alte allora non ci sono le condizioni per mercato collaborativo ma solo l’integrazione risulta possibile. Mercato reale è quello in cui se sono un’azienda, esco, cerco fornitori, e senza alcun costo inizio una fornitura. Quando invece si è nel caso di 3M e Pampers ad esempio il mercato non c’era ed era mercato potenziale. Le 3 variabili sono fortemente influenzate dalla variabile tecnologica che in primis riduce la complessità descrittiva e quindi permette l’abbassamento del costo di transazione → le tecnologie spingono verso forme di mercato (collaborazione, competizione) piuttosto che di integrazione. I driver strategici Una volta stabilito se esistono le condizioni per ricorrere all’outsourcing, occorre valutarne la convenienza. I driver di scelta sono 3: • Competenze → Scelgo di mantenere il controllo diretto su competenze chiave per il mio processo “producendole” internamente (alberi a camme per la Ducati), si sceglie di mantenere il presidio su tecnologie che solo io ho • Costo → Anche a fronte di costi di transazione alti scelgo comunque di rivolgermi al mercato per ottenere economie di scala • Capitale → Posso utilizzare del capitale per differenziare il mio business per incrementare la gamma di servizi/prodotti. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 14 a.a. 2010-2011 29/04/2011 Abbiamo visto le 2 alternative di integrazione verticale e mercato esterno che a sua volta può essere di tipo collaborativo o competitivo. Il modello economico suggerisce un approccio normativo, che diminuisca i costi (o di transazione o di coordinamento). Contrariamente a quanto precedentemente postulato dalla microeconomia è stato dimostrato che le transazioni economiche nel mercato hanno un costo, generano costi che sono o di coordinamento o di transazione e le imprese dovranno scegliere un approccio che minimizzi tali costi: se si minimizzano i costi di coordinamento si tenderà all’integrazione verticale, se si vuole minimizzare invece il costo di transazione si tenderà ad un modello di collaborazione. Il modello dello strategic management condivide in gran parte queste basi. I costi di transazione secondo questo approccio sono determinati da incertezza, specificità, complessità descrittiva, che aumentando determinano un aumento dei costi di transazione. Driver di scelta dello Strategic Management 1. Competenze Resource Based View → competenze differenzianti → devono essere scarse, rilevanti, e devono essere non trasferibili e non imitabili (tali conoscenze possono essere tacite, e il percorso che i concorrenti devono fare per arrivare all’imitazione, deve essere molto complicato). Le imprese che detengono queste caratteristiche, in norma riescono ad ottenere un vantaggio competitivo di lunga durata nel tempo Secondo il modello di Porter il vantaggio competitivo non dipende dalle caratteristiche dell’impresa ma dalle caratteristiche dell’ambiente in cui l’impresa opera, la Resource Based View invece sostiene che sta nelle caratteristiche dell’impresa la determinante del vantaggio competitivo, e ancora di più che nelle risorse materiali, nella competenza “mentale” sta la fonte del vantaggio. Le competenze strategiche sono difficili da transare → l’approccio RBV spinge all’integrazione verticale ed al mantenimento interno delle competenze “core”. Un’impresa può avere competenze specialistiche anche su aspetti non cruciali del “core business”, queste possono essere sfruttate e implementate in altre attività. Quando invece ci si rivolge al mercato, lo si fa o per prodotti/competenze altamente specializzate, o per altre competenze anch’esse specialistiche, ma che l’impresa non detiene e deve esternalizzare. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 15 a.a. 2010-2011 2. Gestione dei costi Il 2° aspetto da considerare come strategico è il driver dei costi, in particolare bisogna riflettere su quanto l’esternalizzazione possa impattare sui costi • Riduzione dei costi (caso 14.6) grazie a: ◦ Delocalizzazione ◦ Economie di scala o di specializzazione del fornitore • Variabilizzazione dei costi (flessibilità) ◦ Costi da fissi a variabili: rischio sul fornitore ◦ Utile nei settori in cui la domanda è molto variabile (es. elettronica di consumo, semiconduttori) ◦ I fornitori possono aggregare i volumi di più clienti, riducendo l’incertezza della domanda Se vado a comprare un prodotto in paesi di economie emergenti con costi distanze logistiche elevate e necessità di elevati stoccaggi, sicuramente i transaction cost aumentano ma devo compararli col prezzo d’acquisto che spesso è talmente vantaggioso che copre abbondantemente l’incremento dei costi di transazione. E’ più utile avere un costo variabile piuttosto che un costo fisso (e ciò equivale ad eliminare un’attività interna per cominciare a comprare dal mercato) perché: • Ci sono certe categorie di costo che le imprese possono pensare di tagliare senza compromettere il loro vantaggio competitivo; si pensi alla consulenza o alla pulizia dell’officina, se la mantenessi internamente sarebbe un costo fisso, se invece esternalizzo posso pensare di pulire settimanalmente anziché quotidianamente, col personale interno assegnato non lo posso fare. • Il ricorso al mercato ha un effetto positivo sull’abbassamento del punto di breakeven. Avendo elevati costi fissi la contrazione della domanda ha un effetto pesante, è più difficile raggiungere il pareggio, avendo costi fissi più bassi si riesce a raggiungere il BEP prima. Le grosse imprese con alti costi fissi devono fare volumi, a costo di abbassare il prezzo unitario. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 16 a.a. 2010-2011 3. Gestione del capitale Il 3° driver strategico è la Gestione del Capitale L’outsourcing permette di ridurre gli investimenti necessari per svolgere una certa attività (barriere) rendendo possibile: • Entrata in nuovi business (vedi caso 17.6 - Xbox) • Diversificazione del portafoglio (vedi caso 14.7 - 7Eleven) • Miglioramento degli indicatori finanziari, grazie alla riduzione delle attività immobilizzate TRC Tasso di Rotazione del Capitale = • • Fatturato Capitale investito Diversificazione e indicatori finanziari positivi sono fondamentali per ottenere un buon rating sui mercati finanziari (es. Dell anni ‘90: 3 miliari di fatturato con 60 milioni di immobilizzazioni) Vedi caso 14.4 - tessuti & filati sintetici Conclusioni - Le scelte di make or buy: schema di sintesi Mercati industriali Condizioni per il mercato Decisioni aziendali Caratteristiche dei mercati Alte Driver di scelta per l'impresa → Mercati inesistenti Presidio delle competenze Complessità → Mercati collaborativi Specificità Gestione dei costi Incertezza → Mercati competitivi Efficienza del capitale investito Basse A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 17 Scelta di make or buy → Insourcing → Insourcing → Partnership → Insourcing → Partnership → Relazione di mercato a.a. 2010-2011 Lo strategic management non è un modello normativo ma contingente secondo il quale le imprese possono scegliere il proprio modello sulla base e delle condizioni del mercato e dei driver di scelta. Concluso il 1° grosso argomento del corso che è Analisi Make or Buy. Secondo argomento del corso: Nel momento in cui si è scelta l’opzione buy bisogna organizzare ufficio acquisti, gestione dei contratti. Le reti di fornitura Il crescente ricorso all’outsourcing ha condotto alla creazione di reti di fornitura sempre più complesse. E’ possibile classificare i rapporti in base a: • Tipo di processo esternalizzato (Porter, 1985) ◦ Processi primari ◦ Processi di supporto (Secondo il Modello di Porter ci sono attività primarie e attività di supporto che non sono fondamentali ma comunque importanti per il processo) • Posizione del fornitore nella filiera ◦ Rapporti verticali: tra imprese in sequenza ◦ Rapporti orizzontali: consorzi e joint venture (2 imprese decidono di collaborare per creare una 3a impresa) I fornitori sono sempre più rilevanti per il vantaggio competitivo dei clienti Imprese “agili e leggere” inserite in una complessa rete di fornitura • Extended manufacturing enterprise • Virtual enterprise • Keiretsu (reti di fornitura piramidali giapponesi), ad esempio sistemisti SMI e TRW • Learning network (reti di fornitura orizzontali) ◦ Per prodotti ad alto contenuto tecnologico e innovativo (es. Toyota anni ‘60 wikinomics) La numerosità dei fornitori può variare in maniera significativa, 1, 2, tanti. Si deve organizzare la rete di fornitura anche in base alla numerosità dei fornitori; dal punto di vista accademico si distinguono 3 casi: • 1 fornitore → Quando c’è un solo fornitore, si parla si single-sourcing (si sceglie di rivolgersi ad un fornitore solo), egli in alcuni casi si specializza in situazioni di A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 18 a.a. 2010-2011 • • sole-sourcing, che è la configurazione nella quale l’impresa è obbligata a legarsi a quel fornitore dal momento che non ce ne sono altri. La single sourcing è una situazione problematica, l’impresa rischia di essere “sottomessa” poiché non ci sono alternative di mercato a livello di fornitori. Ma alcune imprese scelgono da sé di avere un unico fornitore perché esso può portare anche ad avere vantaggi; tra i vantaggi c'è ad esempio il potere contrattuale d’acquisto (Ferrari ha basso potere d’acquisto sulle imprese che producono alluminio perché ha bassi volumi, nonostante il nome, ma alto su altri fornitori) Le situazioni di single sourcing, in condizioni di turbolenza del mercato sono sconsigliate, e malviste dall’ufficio acquisti 2 fornitori Più di 2 fornitori → Multiple Sourcing I vantaggi e svantaggi si invertono rispetto al single sourcing: qui ho la possibilità di selezionare di volta in volta il fornitore in base a quello che mi dà più fiducia e che mi fa il prezzo più basso → ha il vantaggio di sfruttare in maniera implicita la competizione tra i fornitori, e scegliere la tecnologia da me preferita. I problemi del multiple sourcing sono legati ai costi gestionali che aumentano (devo gestire più fornitori, gestirne uno solo è molto meno dispendioso). Altro problema è legato al fatto che non sfrutto i vantaggi di scala, quindi non ho un grande potere d’acquisto contrattuale (Es. Ferrari) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 19 a.a. 2010-2011 Gli acquisti Le tipologie di acquisti (per natura) Diretti = materie prime, componenti e servizi che confluiscono o concorrono all’ottenimento del prodotto finito (ad esempio se KPMG che fa consulenza a Fiat compra una consulenza da un consulente privato, sempre per Fiat allora fa un acquisto diretto) Indiretti = beni e servizi che non vengono incorporati nel prodotto/servizio finale ma che sono necessari al suo ottenimento perché garantiscono l’operatività dell’impresa (cancelleria, sistemi informativi, ristorazione, ecc; ad esempio il settore dell’automotive spende cifre notevoli in cancelleria) • Materiali ausiliari • Maintenance, Repair and Operations Materials (MRO Materials) • Beni di investimento (macchinari) Imprese di servizio • Imprese commerciali: acquisti diretti fondamentali • Servizi product-based: ruolo chiave dei materiali diretti • Servizi puri: prevedono acquisti diretti solo di servizi Le tipologie di acquisti (per attività) Gli acquisti si possono classificare anche per natura delle attività che li richiede: • Attività primarie → acquisti diretti • Attività di supporto → acquisti indiretti Caratteristiche Acquisti per attività primarie Acquisti per attività di supporto Assortimento prodotti Generalmente illimitato Molto ampio Numero di fornitori Limitato, in riduzione Molto ampio Tasso di rotazione Elevato Ridotto Logiche di programmazione Pianificazione della produzione Previsioni ad hoc e progetti specifici A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 20 a.a. 2010-2011 04/05/2011 Strategic Purchasing Deriva direttamente dalla strategia aziendale (modello di business) Scelte strategiche di make or buy → Definizione della rete e delle relazioni → Marketing di acquisto → Prima attività logica Struttura della rete di fornitura: quanti fornitori e che tipo di rapporto per ogni categoria logica Analisi mercato di fornitura (market intelligence) Numero e allocazione dei fornitori Analisi concorrenti Tipo di rapporto Strategia di sourcing (vedi appunti sotto) Input per SNP Grado di delega Certificazione Supplier development Impegna più funzioni: Acquisti, ufficio tecnico, ufficio legale Gestione fornitori → Valutazione strategica Monitoraggio prestazioni dei fornitori (vendor rating) e risultati della relazione Valutazione relazioni Si hanno 3 macro attività in uno schema generale e ciò che differenzia i livelli è il livello di strategicità, ovvero influenza dell’attività sulla strategia dell’impresa → se è molto importante allora avrà alta strategicità e viceversa. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 21 a.a. 2010-2011 Processi Strategici (prima freccia) • Bassa frequenza • Alto impatto Processi Operativi (seconda e terza freccia) • Alta frequenza • Basso impatto Il supply è un’attività meramente operativa, mentre il sourcing è a metà tra lo strategic purchasing e il supply. Quanto più un’operazione è strategica tanto meno è reversibile e tanto meno frequentemente si ripete. Una decisione di make or buy non è molto reversibile, ad esempio se si decide di orientare un investimento produttivo all’estero difficilmente si tornerà indietro. Importante è anche valutare i fornitori ed eventualmente certificarli, o richiedere una certificazione sulla bontà dei loro processi (esempio è la certificazione ISO). Si può decidere che tipo di autonomia lasciare al fornitore, nel proporre modifiche, ecc; ad esempio la GM potrebbe lasciare liberi i propri fornitori nel processo di acquisto o potrebbe dal lato opposto imporgli anche dei fornitori di secondo livello. Si possono anche intraprendere strategie volte a migliorare il rapporto con i fornitori, volte a migliorare le proprie prestazioni per ottenere un servizio superiore. Altra attività riconducibile allo strategic purchasing è la Valutazione Strategica → periodicamente valuto i fornitori (valutazione operativa fornisce informazioni sul livello di prezzo, sulla percentuale di difetti, ecc; valutazione strategica è differente e dice quanto il fornitore stia supportando la strategia, ad esempio ci dice quanto il fornitore contribuisca alla mia strategia di differenziazione, ovvero a far scegliere il mio prodotto piuttosto che quello di un avversario). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 22 a.a. 2010-2011 Sourcing Ogni richiesta di acquisto (RdA) dà il via al processi di sourcing, a partire dai fornitori selezionati RdA Definizione delle specifiche → Contratto Marketing di acquisto → Traduzione del fabbisogno del cliente interno in specifiche tecniche (qualità, quantità, tempi, ...) o funzionali Richiesta di offerta → Negoziazione e selezione RdO: invio delle specifiche al fornitore per ricevere una proposta Competizione tra fornitori Interazione con altre funzioni (competenze) Scelta del/dei fornitore/i (Input per scouting) → Output del processo di sourcing = Input del processo di Supply • Contratti chiusi • Contratti aperti (quadro) Nel momento in cui abbiamo una richiesta d’acquisto dobbiamo tradurre delle specifiche da presentare al fornitore, come documento ad esempio. Dovremo precisare anche le quantità necessarie oltre alle specifiche tecniche, garantendo un alto livello di dettaglio. Nella fase di definizione delle specifiche si passa dalla particolare esigenza alla formalizzazione di un contratto con specifiche tecniche, tempi di consegna, ecc. La richiesta d’acquisto diventa una richiesta d’ordine e dunque può essere inviata a uno o più fornitori tra quelli certificati, oppure, se nessuno è in grado di soddisfarla genera un processo di scouting di un nuovo fornitore. Se ho già deciso quale sarà il mio fornitore dovrò solamente pensare alla fase di contrattazione, inviando l’ordine e dovendo gestire eventuali controproposte. Se invece devo ancora decidere, nel momento in cui ho un ordine da inviare lo spedisco a più fornitori o inizio un processo di scouting. Se tutti accettano sfrutto la situazione per migliorare le condizioni alle quali si può acquistare. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 23 a.a. 2010-2011 Supply Viene innescato dall’emissione dell’ordine verso il fornitore Emissione ordine → Expediting Ricezione e controllo Monitoraggio stato di avanzamento della fornitura Scarico merce, registrazione, controllo Sollecito Free Pass: certificazione del processo del fornitore Pagamento Amministrazione Valutazione operativa Rispetto clausole contrattuali Qualità merce → Vendor rating Nota: • Contratti chiusi: ordine e contratto coincidono • Contratti aperti: RdA trasformata immediatamente in ordine Un esempio di expediting elettronico è rappresentato dalla possibilità di monitorare la propria spedizione tramite consulto on-line, seguendone lo stato di avanzamento (come accade per gli acquisti in Amazon). E’ importante perché potrebbero esserci delle penali in caso di ritardo, il cliente potrebbe richiedere puntualità nelle consegne. Alcune imprese fanno anche expediting diretto, presentandosi dal fornitore. Organizzazione degli acquisti Primo Problema: divisone del lavoro e coordinamento • Divisione del lavoro con le altre funzioni: raggio d’azione degli acquisti • Divisione del lavoro all’interno degli acquisti: criterio di raggruppamento • Grado di delega delle decisioni di acquisto: livello di centralizzazione Raggio di azione degli acquisti Di quali attività è responsabile la funzione acquisti? Il contributo all’impresa dipende dalle attività svolte Arijan Van Weele, Purchasing is too important to leave it to purchasers → Gli uffici acquisti storicamente sono una funzione minore, e se da un lato ciò dà poco potere, dall’altro fa si che le aziende ci investano poco; col passare del tempo l’opzione buy assume valore sul make e si pone dunque un problema di riorganizzazione poiché la merce acquistata assume maggiore peso ed incidenza sul prodotto finito → cambiano i modelli d’impresa ma allora devono cambiare anche i ruoli e le strutture degli uffici A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 24 a.a. 2010-2011 acquisti → “purchasing is too important to leave it to purchasers” poiché se non gestisco bene questo ufficio si rischia di perdere vantaggio competitivo. Storicamente si è passati da una funzione marginale, in cui l’acquisto veniva gestito dalle singole persone delle singole divisioni, ad una funzione core, dove vi è un ufficio dedicato alla gestione acquisti. Ricordiamoci che ci sono imprese per le quali il prodotto acquistato può valere il 6065% del fatturato e fino al 90% del valore di produzione → Se l’ufficio acquisti detiene maggior competenza sullo strategic purchasing riuscirà a dare forte beneficio alla strategia d’impresa. Se invece l’ufficio acquisti rimane ad un livello meramente operativo potrà contribuire poco al vantaggio competitivo dell’impresa. Acquisti frammentati Ufficio acquisti Funzione acquisti Direzione acquisti Attività svolte Supply prevalentemente amministrativo Supply Sourcing supply Strategic purchasing, sourcing, supply Posizione nell’ organigramma Inesistente (persone nelle diverse UO) Basso livello Primo o secondo livello Primo livello Ruolo del buyer Esecuzione di procedure Esecutore di procedure Ricerca e selezione Process owner Valutazione Prezzo Prezzo, qualità Prezzo, qualità, servizio Valutazione strategica Contesto di applicazione Bassa rilevanza acquisti Bassa rilevanza degli acquisti Rilevanza operativa Rilevanza strategica Alla funzione acquisti viene richiesto di selezionare anche i fornitori, nonché di valutare la qualità dei fornitori. Lo strategic purchasing è un’attività che normalmente si presta allo stare sotto più direzioni, come quella tecnica ad esempio, ma in questo caso la direzione acquisti è indubbiamente coinvolta. Il ruolo del buyer può arrivare addirittura ad essere process owner, ovvero diventa lui quello che decide cosa comprare, da quale fornitore, e che strada seguire, gli altri seguono lui. Criteri di raggruppamento • Logica funzionale (degli input) → Raggruppamento per categorie merceologiche (vedi caso 15.1 - MMSE e 15.3 Aermacchi) ◦ Buyer specializzato su uno specifico oggetto di acquisto, indipendentemente dai prodotti che lo richiedono ◦ Obiettivo: efficienza e potere contrattuale (aggregazione di volumi) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 25 a.a. 2010-2011 ◦ Key account buying: un buyer per ogni grande fornitore • • Logica divisionale (degli output) → raggruppamento per prodotti finiti/servizi (vedi caso 15.4 – Whirlpool) ◦ Funzione acquisti suddivisa in base alle famiglie di prodotto finito: ogni sottounità si occupa di tutti i fabbisogni di ogni prodotto/servizio finale ◦ Obiettivo: efficacia ◦ Project buying: un buyer per ogni cliente Logica ibrida ◦ Imprese multinazionali: sottodivisioni geografiche degli acquisti (ad es sui 2-3 principali prodotti seguo una logica divisionale, sugli altri prodotti della gamma seguo una logica funzionale) I benefici di aggregazione non sono solo per il fatto che potrei strappare un prezzo migliore ma anche per il fatto che in caso di bisogno ad esempio il fornitore farà gli straordinari per aiutarmi a rispettare una consegna; si può arrivare anche ad una situazione di key-account buyer in cui si sceglie di specializzare un gruppo di buyer su un fornitore solo. Nella struttura divisionale specializzo il mio team di acquisto sull’acquisto di qualche famiglia di prodotto. Si ha key-account buying che si specializza in un fornitore, e analogamente, mutatis mutandis, si ha il project buying che ha focus e si specializza invece sul cliente. Driver di scelta tra input e output: Input: categoria merceologica Output prodotto finito Grandi volumi e/o alta incidenza sul valore di prodotto finito Volumi e/o costo di acquisto meno importanti Necessità di competenza specifica sui materiali Necessità di competenza specifica sul prodotto finito e sul ruolo dei materiali nel prodotto finito Necessità di massimizzare il potere contrattuale coi fornitori Potere contrattuale con i fornitori indipendentemente dal volume o volumi comunque sufficienti Forte necessità di collaborare coi fornitori Forte necessità di coordinarsi con le altre funzioni aziendali Materiali soggetti a frequente innovazione tecnologica Requisiti specifici per ogni prodotto finito A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 26 a.a. 2010-2011 Livello di centralizzazione Imprese multinazionali: accentrare le responsabilità degli acquisti o delegare le decisioni (duplicazione)? In realtà solo le attività strategiche (strategic purchasing e sourcing) si prestano ad essere centralizzate. [* Errata Corrige: “Rilevanza degli acquisti” non “Rilevanza tra gli acquisti”] Una struttura di business environment globale significa che non faccio discriminazione sul luogo del fornitore, cioè lo scelgo indipendente dalla distanza geografica che ci separa → quanto più un mercato è globale, tanto più facilmente la funzione acquisti sarà centralizzata e viceversa. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 27 a.a. 2010-2011 05/05/2011 La gestione del portafoglio acquisti Definizione delle strategie di approvvigionamento per ogni categoria di beni/servizi Strumenti: • Matrice di Kraljic • Sourcing locale vs globale • Vendor rating 1° interrogativo: make or buy? 2° interrogativo: una volta che le imprese hanno effettuato la scelta buy poi come effettivamente le imprese comprano? → 3 macro fasi: • Strategic purchasing (fase molto strategica) • Sourcing (fase a media strategicità) • Supply (fase operativa→ il momento in cui si consegna il bene/servizio) 3° interrogativo: come le imprese selezionano il fornitore, gestiscono il rapporto? In molte imprese viene utilizzato uno strumento creato da Peter Kraljic che scrive un articolo in cui sostiene che il processo di acquisto (Purchasing must become supply management) debba evolvere in gestione degli approvvigionamenti. P.K. vede l’evoluzione storica della funzione acquisti da funzione operativa (scarsa responsabilità) a funzione più strategica e vede l’esigenza di cambiare le modalità di azione della funzione poiché constata che le modalità di acquisto erano le stesse per qualsiasi categoria di beni e mercati. Questa modalità è poco efficiente poiché esistono diversi tipi di beni e diversi tipi di mercato (competitivo, collaborativo, integrato). Quando la funzione acquisti assume valenza più strategica la politica di mercato competitiva, di breve termine, in cui il cliente cerca il fornitore e contratta in base al prezzo, risulta fallimentare. Matrice di Kraljic • • 1983: Harvard Business Review Classificazione degli acquisti per guidare le decisioni di approvvigionamento Assi: • Importanza strategica: contributo alle prestazioni dell’azienda ◦ Incidenza sui costi totali ◦ Contributo alla qualità del prodotto finito ◦ Differenziali competitivi reali A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 28 a.a. 2010-2011 • Difficoltà del mercato di fornitura: complessità, specificità e incertezza determinano l’esistenza di un mercato intermedio, la cui difficoltà dipende da: ◦ Concentrazione del mercato ◦ Costi logistici (trasporto) ◦ Capacità produttiva dei fornitori Le prime 2 variabili, riguardanti la rilevanza del prodotto e la complessità del mercato non sono assolute e uguali per tutte le aziende → Quanto è importante il prodotto per me? Com’è organizzato il mercato che me lo vende? L’importanza strategica per esempio può essere valutata come il contributo che il prodotto dà per raggiungere gli standard qualitativi voluti o richiesti dal mercato. La qualità di per sé non è differenziante perché anche i concorrenti possono averla, ma è differenziante rispetto alla non-qualità → c’è uno standard che il cliente richiede. Es. Lamborghini (Aventador) ha lanciato un mese fa la prima auto di produzione di serie col telaio completamente in fibra di carbonio, sviluppato internamente in collaborazione con la Boeing; se invece avesse acquistato questo telaio da un fornitore allora sarebbe stato un elemento differenziante, in quanto permette una grossa innovazione del mercato. Questo è il 1° asse. Il secondo asse riguarda le caratteristiche del mercato → le difficoltà del mercato di fornitura. Quando complessità, specificità e incertezza sono alte, i costi di transazione sono alti e quindi non c’è un mercato collaborativo. Quando le 3 condizioni (Concentrazione, costi logistici, Capacità produttiva dei fornitori) sono sufficientemente basse il mercato collaborativo può esistere (es. Coca Cola domina ampiamente il mercato americano, altro esempio è il settore dell’automotive in cui pochi player detengono grosse quote). Quanto più il mercato è concentrato, tanto maggiore è il potere dei fornitori, e quindi tanto più sarà difficile la situazione per chi compra. Se i costi logistici sono elevati potenzialmente è un problema il rifornimento. Inoltre potrò chiedere poco ai fornitori se la loro capacità produttiva è già satura. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 29 a.a. 2010-2011 Matrice di Kraljic → → Importanza strategica → → ↑ ↑ Difficoltà del mercato ↑ ↑ Colli di bottiglia • Partnership o integrazione verticale • Sole sourcing forzoso Es: microprocessori, risorse scarse Strategici • Partnership • Rapporti consolidati • Single/Dual Sourcing Es: motore, sistema frenante e sterzante Non critici • Mercato competitivo • Transazioni spot • Multiple sourcing Es: commodities Leva • Partnership • Uso del potere contrattuale • Parallel sourcing / dual sourcing Es: macchine utensili, veicoli industriali Da sinistra verso destra abbiamo un aumento dell’importanza strategica mentre dal basso verso l’alto abbiamo un aumento della difficoltà del mercato. Come vediamo la partnership è presente in 3 celle, l’unica categoria in cui è esclusa è quella dei beni non critici, ma i modelli di partnership sono differenti e non tutti sono applicabili in tutti i contesti. Beni non critici: Obiettivo di portare a casa in maniera efficiente e con un buon prezzo le commodities → metto in competizione tra loro i fornitori → multiple sourcing Acquisti leva: Acquisti caratterizzati per un elevato livello di importanza strategica; i costi di switch tra fornitori sono contenuti → si cerca di abbattere il prezzo unitario di acquisto che incide notevolmente e, se riesco ad abbatterlo, risparmio cifre significative. Devo far pesare il mio potere contrattuale ma non è detto che la modalità competitiva sia la più efficiente. → La collaborazione è necessaria nonostante richieda condizioni economiche favorevoli in vista di grossi e ripetuti acquisti da quel fornitore. Egli potrà dunque applicare economie di scala ed esperienza nel momento in cui concentro su di lui i miei acquisti. Anziché frammentare l’acquisto su più fornitori, cerco di sceglierne uno solo che mi dia condizioni favorevoli per una quota significativa di fornitura. In questa situazione può essere utile una situazione di dual sourcing → effettuo acquisti molto concentrati ma dall’altro lato c’è un elemento competitivo tale per cui un fornitore è disposto a rinunciare in parte alla propria marginalità unitaria per ricevere l’ordine. Ad ogni modo si tratta di prodotti che non generano tipicamente grossi problemi dal punto di vista qualitativo, infatti, molti fornitori hanno raggiunto lo standard. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 30 a.a. 2010-2011 Colli di bottiglia: L’incidenza del prezzo è bassa ma la complessità del mercato e la concentrazione sono elevate. L’obiettivo strategico, più che sulla riduzione di costi deve concentrarsi sulla continuità della fornitura; per particolari categorie di acquisto, chi compra deve essere consapevole del rischio reale di interruzione della fornitura → deve essere disposto a riconoscere al fornitore un prezzo più elevato pur di garantire continuità della fornitura → si parla di una differenziazione notevole. Dal punto di vista operativo si potrebbe far ricorso al dual sourcing, ma spesso ciò non è possibile perché molte imprese, ad esempio, non accettano di vendere sotto certe soglie di volume. Infatti, il cliente non può ripartire e frammentare gli ordini su più fornitori pertanto si cerca il single sourcing, regolato da contratti di lungo termine per garantire la continuità della fornitura (es. i led per automobili: chi costruisce auto si fornisce di fanali e li compra assemblati da imprese specializzate in ottica, ecc... ma la fonte luminosa alla base delle lampade a led è acquistata da sub-fornitori [Osram o Philips] → questi, per i forti investimenti tecnologici, richiedono grossi volumi di acquisto da parte delle aziende di fanaleria le quali riforniscono aziende come Fiat). Beni strategici: Scenario naturale di una partnership: da un lato il fornitore può essere interessato ad un investimento specifico (condiviso) per la forte spesa iniziale in tecnologia richiesta dal prodotto, dall’altro io cliente sono interessato perché il prodotto può avere un valore differenziante sul mercato, e perché ho bisogno di continuità di fornitura. Il rischio è che il fornitore diventi troppo forte → cominci a far valere il proprio potere contrattuale (in questo caso è buona norma attivare una politica di dual-sourcing in modo da ridurre questo rischio), oppure si ha il rischio che non soddisfi gli standard qualitativi tecnologici che il cliente si aspettava. La matrice di Kraljic è uno strumento semplice ed immediato ma l’applicazione pratica non è facile: richiede una classificazione di tutti i fornitori ed una definizione corretta del proprio modello di business, definizione del mercato, ecc. E’ però un buon modello e dà delle linee guida generali. Fornisce infatti una 1a classificazione. Esiste una seconda classificazione più approfondita tra situazione buyer dominated, situazione supplier dominated, e situazione intermedia. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 31 a.a. 2010-2011 Global and local sourcing Internazionalizzazione storica del commercio (Europa-Asia, Europa-America) Impianto produttivo Fornitore Sourcing Paese d’origine Paese d’origine Local Estero Filiale estera Local Paese d’origine Globale Global Estero Paese d’origine Global Si pensi al fatto che la Cina è uno dei paesi con un grosso mercato interno, oltre al fatto che dispone di forti input a basso costo. La situazione più immediata di sourcing locale è un impresa che ha il proprio stabilimento in Italia e acquista da un fornitore anch’esso in Italia; si parla di local sourcing anche nel caso in cui tale impresa abbia un impianto in Cina e si rifornisca da un supplier cinese. Global sourcing si ha quando una struttura domestica è servita da un fornitore estero, oppure quando una struttura estera è fornita dal fornitore casalingo o da un fornitore di un paese terzo. Dal punto di vista analitico è interessante interrogarsi su quali siano i driver che guidano la scelta tra fornitori globali o locali. Global sourcing: driver A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 32 a.a. 2010-2011 L’assenza o i bassi dazi doganali o la creazione di aree di libero commercio spingono al global sourcing; anche nel caso di presenza di fornitori world class si tenderà al global sourcing, si tratta infatti dei migliori fornitori, leader tecnologici nel proprio settore, per cui il cliente sarà fortemente interessato a ricevere forniture da loro → sarà disposto a contattarlo ovunque esso sia nel mondo perché il suo componente porterà un vantaggio importante al suo prodotto. Esempio Ducati: nonostante la verniciatura possa essere effettuata a costi minori e stessa qualità in Est Europa, la Ducati mantiene la verniciatura internamente e la effettua 10 giorni prima della finitura della moto poiché insegue la domanda, e se vede che le tendenze di mercato richiedono più bianco che nero ad esempio riesce a differenziare a valle. Per far ciò però ha bisogno di fornitori reattivi, non a 3 settimane di nave per esempio dall’India a Borgo Panigale. In alcuni casi i governi impongono vincoli commerciali per la produzione/ commercializzazione del prodotto nel paese, ad esempio fino ad alcuni anni fa non si poteva commercializzare in Cina se non si dimostrava di aver realizzato quel prodotto approvvigionandosi in parte da fornitori cinesi. Si hanno obblighi contrattuali dunque che possono spingere al local sourcing (tipici di paesi con economie emergenti, per avere ricaduta positiva sull’ambiente industriale) o al global sourcing. Vendor Rating E’ uno strumento alternativo alla Matrice di Kraljic • Fornitore adatto all’oggetto d’acquisto • Valutazione iniziale e periodica • Fornitore attuale o potenziale • Negoziazione interna per stabilire i parametri da valutare A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 33 a.a. 2010-2011 Il vendor rating è difficile da applicare, inoltre, perché abbia senso, deve essere uno strumento di guida per le decisioni. Se queste non corrispondono al sistema di vendor rating o ho sbagliato il sistema di comparazione o sto prendendo la scelta sbagliata perché sto andando dal fornitore peggiore e, tertium non datur, nel senso che se il buyer sceglie un altro fornitore è perché ha in realtà già scelto soggettivamente e non gli piace che il vendor rating guidi la sua scelta. Soltanto attraverso la misurazione si può oggettivamente rilevare la presenza di criticità → il vendor rating risulta necessario se si vuole intraprendere un percorso di miglioramento. Si può effettuare una Valutazione Daily. Quando si parla di global sourcing molte imprese si danno una thumb rule per la soglia di prezzo sotto la quale è interessante rivolgersi ad un fornitore estero, ad esempio considero il fornitore cinese solo se il suo prezzo è inferiore almeno del 20% del prezzo italiano. Un metodo Total Cost of Ownership è più completo e considera i vari aspetti come i trasporti e altri costi nascosti che guidino meglio la scelta. Va considerato anche quanto il fornitore sia in grado di garantire vantaggio competitivo a livello assoluto, non solo in termini di prezzo. Vendor rating: un modello Valutazione del fornitore ma anche della salute della relazione (caso 16.1) Olsen e Ellram (1997) • Assi ◦ Attrattività del fornitore (valutazione operativa, prestazioni complessive, valutazione strategica) ◦ Forza della relazione (stato attuale cooperazione; frequenza e intensità contatto; distanza geografica, culturale, tecnologica) • Necessità di relazioni forti con fornitori attrattivi • Gap gestionali → programma di sviluppo L’oggetto dell’analisi non è più il fornitore ma la mia relazione col fornitore e questa è una prospettiva di sviluppo interessante, in quanto con Kraljic non si riuscivano a comprendere tutti i casi. In particolare una relazione di partnership non necessariamente va bene con tutti i fornitori, lo stesso vale per una relazione a somma zero. Posso pensare ad esempio ad intraprendere relazioni forti solo con i fornitori importanti, non con i fornitori deboli e poco attrattivi per la tecnologia, per il total cost of ownership, e altro. Se dal vendor rating scopro di avere una relazione forte con questo A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 34 a.a. 2010-2011 tipo di supplier devo reagire ed intervenire. Risulterà utile lo strumento che verifica tale disallineamento. Analisi del parco fornitori Esempio: in un asse si ha la forza della relazione, nell’altro si ha l’attrattività del fornitore. Non ha senso che per acquisti non critici si abbiano fornitori strategici; per gli acquisti strategici invece si vorrebbero avere fornitori attrattivi e strategici. Da questo dato/grafico si parte per ridimensionare il sistema di approvvigionamento (è un ottimo strumento per la consulenza). La selezione del fornitore La selezione è l’ultimo step del processo di acquisto, la fase di negoziazione in cui i termini vengono sanciti in via definitiva. Riconosciamo 3 differenti tecniche con cui il fornitore viene selezionato e sono 3 modi diversi di gestire l’offerta del fornitore comparandola (ogni tecnica si adatta ad un certo tipo di acquisto): 1. Offerte 2. Gare 3. Aste A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 35 a.a. 2010-2011 1. Offerte • • • • • • Molto diffuse, strumento flessibile Processo iterativo di richiesta di informazioni/negoziazione: prezzo, specifiche, livello di servizio, servizi aggiuntivi, ... RFI: Request for information RFP: Request for proposal RPQ: Request for Quotation E-Sourcing Le offerte consistono in una richiesta inviata ad un dato fornitore al quale viene fornito un prospetto informativo sulle informazioni da ottenere e rispetto al quale viene richiesto di quotare un prezzo. Si hanno 3 tipologie di richiesta diverse secondo le quali ho bisogno di 3 informazioni diverse per 3 situazioni diverse. La più semplice è la RFI, a livello superiore chiedo una specifica di una proposta che venga incontro alle mie specifiche funzionali, ad esempio ho bisogno di un impianto frenante che freni da 100 a 0 entro 40 m → chiedo al fornitore un parere ed i requisiti tecnici per rispondere alla mia richiesta funzionale poiché io non ho le competenze; questa è una RFP, e non si ha ancora un livello economico, non si sta discutendo del prezzo del bene, ciò accade nella fase successiva → nel momento in cui discutiamo il prezzo ci ritroviamo in una situazione di RFQ → sulla base dei volumi che ti richiedo e sulle esigenze funzionali del prodotto chiediamo un’offerta economica per quel bene. Questa può essere una fase di partenza per la trattativa 2. Gare • • • • Passaggi: ◦ Offerta preliminare: valutazione dei requisiti minimi ◦ Specifiche precise e parametri di valutazione ◦ Selezione dell’offerta migliore Adatte ad acquisti rilevanti (investimenti, componenti strategici, servizi continuativi) Obbligatorie nella PA (Pubbliche Amministrazioni) Supporto elettronico (RFx predefiniti, firma digitale) Il livello di sofisticazione della gara dipende dal potere degli attori, un cliente può o meno lasciare libertà di azione al fornitore. Tipicamente la pubblica amministrazione sceglie i fornitori in base a specifiche qualitative ben delineate, poi tra quelli selezionati deve istituire una gara regolare. Molto spesso fornitori di bassa qualità riescono a vincerla semplicemente perché hanno costi A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 36 a.a. 2010-2011 più bassi → nonostante soddisfino i requisiti per partecipare alla gara il più delle volte forniscono servizi di bassa qualità. Generalmente la scelta ricadrà sull’alternativa a prezzo inferiore o su quella economicamente più conveniente che però non comprende solo il prezzo, ma anche altri fattori qualitativi che rendono l’offerta nel complesso interessante. 3. Aste • • • • • Preselezione dei fornitori ◦ Criticità: definizione delle specifiche (capitolato d’acquisto) ◦ Negoziazione svolta dai fornitori Aste inverse: competizione massima tra i fornitori Competizione sul prezzo Aste elettroniche Adatte a commodity Il meccanismo d’asta esaspera la forma competitiva ma, stabilite alcune regole, è sicuramente il metodo più equo. E’ caratterizzata da vincoli temporali (durata complessiva dell’asta) o no, e le regole riguardano i periodi di rilancio e aggiornamento dei prezzi. Ovviamente vince il fornitore che ha piazzato la quotazione più alta (o prezzo più basso). Esaspera la competizione perché in una gara non si hanno informazioni sui concorrenti, i partecipanti spesso non si conoscono e non sanno che offerta faranno, nell’asta invece si vede costantemente aggiornata l’offerta più bassa e chi la sta facendo e al momento di chiusura vince chi ha fatto l’offerta più bassa di tutti. L’asta è un meccanismo inadatto per gli acquisti complessi poiché questi prevedono un rapporto più intenso col fornitore, un'ulteriore definizione delle specifiche e magari anche una co-progettazione. Funziona bene invece per le commodities (ad esempio cancelleria, o addirittura anche personal computers); quanto più il prodotto diventa sofisticato invece tanto meno l’asta risulta uno strumento adeguato. Ci sono anche meccanismi d’asta in cui il prezzo non è necessariamente quello più basso, perché vista l’alta competizione il prezzo sarebbe troppo basso perché il fornitore possa garantire un livello qualitativo alto, per cui si prende come prezzo di vendita effettivo il secondo prezzo più basso, e il fornitore rimane il vincitore dell’asta Negoziazione Per definire i dettagli di una transazione, mediando tra le richieste di cliente e fornitore. La volontà di stringere un accordo permette di trovare un compromesso. Tipi di negoziazione: A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 37 a.a. 2010-2011 Negoziazione competitiva Negoziazione collaborativa Posizioni rigide Posizioni flessibili Spartizione della “torta” (valore fisso) Allargamento della “torta” (creazione di plusvalore) Sfruttamento del potere contrattuale Comprensione di bisogni e obiettivi della controparte Confronto con la concorrenza Condivisione delle informazioni Una trattativa ha come soglia superiore il beneficio assoluto del cliente, e come soglia inferiore il massimo beneficio del fornitore; la soluzione si troverà in una via di mezzo tra questi 2 limiti e questo è il senso del processo di negoziazione. Il beneficio complessivo della negoziazione potrebbe essere fissato a priori → Win -Lose (negoziazione competitiva), tipica di situazioni di mercato competitivo: se concedo beneficio alla controparte perdo benefici in misura pari a quanto concedo → posizioni rigide perché nessuno è disposto a cedere proprio beneficio. Esiste comunque una soglia minima di accettabilità anche per la parte debole, poiché se il prezzo non copre neanche i costi variabili (si può accettare per un certo periodo di non coprire i costi fissi) deve rifiutare l’asta. Se invece le imprese hanno tecnologie simili possono collaborare e condividere le strutture di costo del proprio prodotto (informazioni e macchinari che altrimenti terrebbero nascosti) a quel punto riescono ad abbassare i costi ed aumentare entrambe la marginalità → Win-Win. Lose-Lose: irrigidimento sulle posizioni, dilemma del prigioniero. Contrariamente a quello che si potrebbe immaginare, il timore dei comportamenti opportunistici della controparte mi induce ad assumere comportamenti totalmente irrazionali → si giunge ad un risultato negativo per entrambi → ci sono casi in cui la negoziazione imprenditoriale analizzata ex-post risulta essere totalmente irrazionale. Determinanti della posizione negoziale: • Identificazione degli obiettivi propri e della controparte • Autonomia dei negoziatori (autorità) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 38 a.a. 2010-2011 • • • • • • • • Competizione delle controparti Accordi scritti precedenti (scripta manent) Fiducia tra le parti Conoscenza Urgenza (tempo) Denaro Competenze negoziali Formazione ad hoc e attitudini personali L’esistenza di accordi sulla negoziazione favorisce la parte che ne traeva maggior beneficio, sbilanciando così le relazioni in favore dei beneficiari. Quanto più si conosce la controparte, la sua situazione economica, la sua eventuale necessità di produrre e vendere, tanto più si parte da una posizione avvantaggiata. La parte che ha esigenza di contrarre i tempi ha solitamente uno svantaggio, perché non ha la exit option, ma ha la necessità di chiudere. Tattiche di negoziazione: • • • • • Prendere o lasciare Bogey: buyer accondiscendente per creare un clima positivo Chinese crunch: il buyer dichiara concluso l’accordo, se si risolve un ultimo “dettaglio”, in modo da ottenere un’ultima concessione dal fornitore Auction: il cliente chiede ai fornitori di spiegare perché dovrebbe sceglierli, per poter ottenere informazioni sulla concorrenza Poliziotto buono - poliziotto cattivo: negoziazione di coppia Benefici dell’e-procurement • • • • • • • • • Riduzione di tempi e costi nel processo di emissione dell’ordine Più attenzione da parte della funzione acquisti ad attività strategiche Riduzione del livello di giacenza dei materiali Riduzione dell’effetto maverick buying (non ho il materiale, non è strategico → se in un momento ne ho bisogno esco e me lo compro → genero un incremento ingiustificato dei costi) Aggregazione e consolidamento degli acquisti Tracciabilità dello stato di avanzamento dell’ordine Monitoraggio della spesa Monitoraggio delle prestazioni dei fornitori Razionalizzazione del parco fornitori A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 39 a.a. 2010-2011 11/05/2011 La gestione della Partnership Partnership Ambito: mercato collaborativo Coinvolgimento di più funzioni Condivisione dei rischi e benefici Sviluppo congiunto del bene/servizio Aspetti da approfondire • Modalità di gestione • Meccanismi di protezione (mancata crescita del fornitore) • Tipo di rapporto Partnership spesso è un termine che si usa impropriamente, riferito a relazioni che di partnership hanno ben poco. Laddove esistono elementi di collaborazione non a rigore si può parlare di partnership. Se volessimo qualificare un rapporto di partnership secondo il rigore scientifico possiamo rivolgerci alle definizioni di 2 studiosi (Stuart e McCutchon) che hanno identificato 3 aspetti qualificanti: • Intenso scambio informativo • Learning reciproco → passaggio di conoscenze bilaterale, da un’impresa all’altra (ogni impresa apprende qualcosa dall’altra) • Esistenza di meccanismi di condivisione del rischio e del beneficio → Rapporti collaborativi esistono senza includere per forza tutti e 3 gli elementi, la partnership per essere tale invece deve comprendere tutti e 3. Il rapporto collaborativo ha elementi di chiara differenziazione da quello competitivo. In quest’ultimo la proiezione è sul breve-medio termine, in uno collaborativo c’è l’intenzione di stabilire un rapporto duraturo nel tempo per ottenere benefici dalla controparte. In un rapporto competitivo prevale una parte win-lose, ossia una parte vince rispetto all’altra mentre in quello collaborativo la priorità sarà incrementare la “dimensione della torta da spartire”. Nel rapporto competitivo si cerca di non condividere informazioni, anzi di sfruttarle per assumere vantaggio competitivo rispetto alla controparte. Il rapporto collaborativo esiste come modalità alternativa all’integrazione verticale in presenza di elevati costi di transazione. Ci sono situazioni in cui i costi di transazione precludono la possibilità di rapporto competitivo. Allo stesso tempo i rapporti di tipo A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 40 a.a. 2010-2011 collaborativo sono applicabili quando i costi di transazione sono bassi e il mercato competitivo è possibile → collaborazione come alternativa volontaria alla competizione. In un rapporto collaborativo le interfacce tra i 2 sistemi sono molte di più: • • Modello papillon (mercato competitivo) → L’interfaccia unica tra le imprese è tra vendite e acquisti Modello diamante (mercato collaborativo) → Interagiscono anche gli Uffici tecnici, produzione, qualità, logistici, e anche eventualmente la direzione generale può interagire. Se l’interazione si estende a tutte queste funzioni ovviamente l’interfaccia diventa più forte → Allora bisogna chiedersi come cambi il ruolo del buyer nel momento in cui debba gestire un rapporto collaborativo invece che competitivo. In uno collaborativo il buyer deve essere in grado di interagire con uffici che non siano solo quello delle vendite, e quindi deve avere delle competenze di metodo (capacità di gestire un processo, strutture ed uffici) e non solo di merito per interagire con questi (es. se interagisce con l’ufficio tecnico dovrà avere competenze tecniche, ecc). Ci sono anche componenti di tipo attitudinale da gestire quando si passa ad una configurazione di tipo diamante, si pensi al ruolo del buyer che è sempre stato abituato a ragionare in ottica win-lose, costui sarà propenso ad estorcere elementi di vantaggio al partner perché abituato a negoziare in ottica competitiva, e non sarà abituato a provare ad incrementare il beneficio complessivo. E’ difficile pretendere una flessibilità di comportamento ed attitudini nel passaggio da un modello all’altro. Il buyer inoltre sarà propenso ad arrivare ad un prezzo unitario inferiore e non pensa probabilmente ad ottenere contratti di esclusiva del supplier, un contratto cautelativo a lungo termine, e ad altri obiettivi che minimizzino il costo complessivo. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 41 a.a. 2010-2011 Meccanismi di protezione • • • • • • Contratti quadro → il fornitore recupera gli investimenti, il cliente ha capacità produttiva garantita Monitoraggio prestazioni → miglioramento continuo e tutela contro errori Investimenti dedicati → garanzia di impegno Condivisione di conoscenza → tipo di investimento dedicato Trasparenza e riconoscimento dei costi → garanzia per entrambe le parti Reputazione → tutela da comportamenti opportunistici La partnership non è un rapporto amorevole ma un rapporto commerciale tra due enti economici che giungono ad un accordo → ci saranno contrasti e problemi. Bisogna mantenere la fiducia e si può farlo anche essendo duri, non si devono però intraprendere comportamenti opportunistici o distribuire colpi bassi → le negoziazioni possono essere dure ma devono essere oneste e la priorità sta nella creazione di valore e non nella spartizione di un valore non incrementabile. Contratti quadro: Un rapporto collaborativo per natura è strutturato nel medio-lungo termine; in un mercato competitivo il contratto invece è poco strutturato e poco cautelativo. Scrivere un contratto il cui conferimento del bene si realizza in tempo ridotto dalla redazione del contratto stesso è semplice e l’incompletezza del contratto non è un grosso problema. I contratti di lungo termine sono più problematici, si pensi ad esempio all’attuale crisi, alla differenza nei volumi di vendita tra pre e post crisi, e di conseguenza alla riduzione degli ordini ai fornitori. Volvo ad esempio impose una riduzione dell’80% degli assali da ordinare ai fornitori; aveva infatti subito una riduzione degli ordini di camion finiti dell’80% → per forza l’ha riversata sul fornitore, al quale magari pre-crisi aveva garantito determinati volumi e che magari aveva sostenuto investimenti specifici → necessario un contratto cautelativo, altrimenti la parte più debole non entrerebbe nella partnership. In un rapporto collaborativo dove c’è necessità di collaborazione si parla quindi di contratti quadro come meccanismi di protezione, i quali prevedono forme che assicurano il ritiro degli ordini e dall’altro lato l’emissione ordini, perciò vengono tutelate entrambe le parti. Monitoraggio prestazioni: Il monitoraggio delle informazioni è importante perché mi sto legando con il fornitore a lungo termine; bisogna monitorare perché nel caso in cui la cosa non funzioni, bisogna accorgersene e cercare delle soluzioni per allineare la prestazione erogata con quella attesa. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 42 a.a. 2010-2011 Investimenti dedicati e condivisione di conoscenza: I due punti successivi sono elementi qualificanti perché il valore aggiunto tramite la collaborazione passa tramite investimenti dedicati e condivisione di conoscenza. Ad esempio Ford ha creato uno stabilimento per la costruzione di plastiche dei parafanghi, ha perciò effettuato un investimento dedicato specificatamente alla creazione di elementi differenzianti, come lo è appunto il parafango. Ovviamente tale stabilimento verrà utilizzato unicamente per le necessità di Ford. Gli investimenti dedicati sono necessari per garantire la differenziazione del prodotto o la leadership di costo ma perché siano possibili è necessaria la condivisione di conoscenza; anche questa perché avvenga deve essere protetta. La presenza di investimenti specifici bilaterali è un segnale che le aziende si mandano per esprimere la loro volontà di lavorare in questo modo, sono input per il partner. Trasparenza e riconoscimento dei costi: Nel rapporto competitivo non c’è l’interesse da parte di un fornitore a rivelare la propria struttura di costo. Ad esempio una casa produttrice di impianti frenanti che vende all’azienda creatrice di auto non ha interesse a rivelare tutte le informazioni di costo singole relative alle parti del prodotto finito. Non rivelare queste informazioni significa non rivelare il margine, il che dà grande potere in ambito di negoziazione all’azienda che vende (se io fornitore ho un margine del 100% il cliente insisterà affinché io rinunci ad una parte del mio margine per fargli un prezzo d’acquisto migliore). Reputazione: Il mantenimento di comportamenti corretti è necessario al mantenimento della reputazione che è importante nella partnership. Tipi di partnership Due possibili ambiti di collaborazione: Collaborazione tecnologica • Sviluppo nuovi prodotti • Condivisione conoscenze tecnologiche • Attività discontinua Collaborazione operativa • Ciclo logistico - produttivo • Condivisione di informazioni, decisioni e risorse • Attività continuativa A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 43 a.a. 2010-2011 Collaborazione Tecnologica (Co-design) Progettazione e ingegnerizzazione congiunta Obiettivi: • Riduzione Time To Market • Riduzione costi e sviluppo e progettazione • Aumento qualità e innovatività del prodotto Cause: • Concentrazione sulle core competences (No progettazione Subfornitura) • Esigenze di personalizzazione (No acquisto a catalogo) Requisiti: • Competenze complementari • Fiducia interna e In un mercato competitivo il fornitore progetta tutto il prodotto, lo produce, e lo immette sul mercato; dal lato opposto il cliente progetta tutto il prodotto ma magari non lo realizza tutto, alcune parti le manda in outsourcing. All’interno del continuo che va dall’acquisto a catalogo alla sub-fornitura vi sono vie intermedie → questo è il mondo del co-design. Il know-how scambiato Possiamo pensare di schematizzare i casi di co-design introducendo 2 dimensioni: • Oggetto della progettazione (innovatività e differenziazione del prodotto) → il focus resta sul componente. Il cliente si aspetta che il componente migliori anche radicalmente le funzionalità del prodotto → Tipo di rapporto = Function • Processo tecnologico (riduzione dei costi e/o aumento della conformità) → il cliente non si aspetta che il componente migliori le funzionalità del prodotto ma A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 44 a.a. 2010-2011 che renda più efficiente il processo di produzione (suo e/o del fornitore) → Tipo di rapporto = Process [Caso 16.2- Whitegoods] Si può arrivare all’ingegnerizzazione del progetto, del prodotto; re-ingegnerizzare il processo può avere significati diversi per cliente e fornitore → ad esempio da un lato si potrebbe voler migliorare la produttività e le operazioni per ridurre i costi, da un altro lato si potrebbe pensare di aumentare la qualità e ridurre gli scarti. Il processo decisionale Le 2 imprese potrebbero prendere decisioni in modo congiunto o procedere autonomamente e relazionarsi solo in determinati checkpoint e in quest’ultimo caso non si pensi che non si tratti di co-design; il co-design non prevede per forza la condivisione del processo decisionale e la parità di contributi, ma prevede un accordo a priori ed una definizione di linee guida comuni, obiettivi comuni, e vincoli per poi lasciare la possibilità di proseguire autonomamente, incontrandosi con periodicità solo per verificare lo stato di avanzamento e l’attinenza all’obiettivo comune. Laddove il processo è separato → il rapporto viene chiamato Delivery: A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 45 a.a. 2010-2011 Mentre invece se il processo è congiunto → viene chiamato Joint Development: Tipologie di co-design e contesto di applicazione Function Delivery: Il cliente dà specifiche al fornitore. Non c’è bisogno di complementarietà di know-how, ma il fornitore deve conoscere il prodotto finito del cliente e come il componente si interfaccia nel prodotto. Il fornitore deve essere un leader tecnologico. Esempio: l’impianto frenante. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 46 a.a. 2010-2011 Joint Process Development: Quando il processo è condiviso non siamo più di fronte ad una delega data al fornitore per rispettare vincoli e specifiche → diventa difficile separare in caso congiunto, nel processo decisionale il contributo del cliente e quello del fornitore. Sono necessari entrambi gli agenti per poter migliorare il processo. L’innovazione può essere radicale anche sul processo produttivo, non solo sul prodotto. Entrambi gli attori detengono forte know-how. Process delivery: il fornitore deve essere in grado di ridurre i costi di un processo produttivo. Deve sapere quali accorgimenti deve prendere per rendere il processo efficiente. L’innovazione sarà di tipo incrementale, migliorativa (ad es. imballi) Joint function development: processo condiviso → definizione di caratteristiche, vincoli. Nessuna delle due parti detiene know-how migliore → reciproco supporto alla creazione di know-how. Innovazione radicale. Componenti differenzianti. Massime conoscenze del contenuto tecnologico (es. Geox suole) → innovazione in un settore maturo. Collaborazione tecnologica: tecniche e strumenti • • Earlier Supplier Involvement → fornitore più coinvolto da subito (anticipazione dei vincoli) e in modo più intenso Sovrapposizione delle fasi del processo SNP → Interazione basata su requisiti funzionali più che su specifiche ↓ • • Riduzione del Time To Market Sfruttamento competenze del fornitore Strumenti: • Teamworking • Colocation • Sistemi Informatici (CAD/CAM, prototipazione rapida e virtuale, PLM) • Interazione a distanza La progettazione si divide in progettazione di: • Prodotto nel complesso • Componenti del prodotto • Processo produttivo dei componenti Una soluzione per la co-ingegnerizzazione dei processi (che comporta riduzione del TTM, ecc) è l’aggregazione fisica dei membri del team in luoghi di condivisione e strutture adeguate. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 47 a.a. 2010-2011 12/05/2011 Collaborazione operativa Collaborazione in ambito logistico-produttivo (dalla previsione della domanda alla produzione, dalla spedizione al pagamento). Transazioni ripetute → possibilità di migliorare efficienza ed efficacia. Indipendente dalla collaborazione tecnologica (Esempio GDO, eccezione private labels) Obiettivo: miglioramento delle prestazioni operative: tempi, costi, qualità, flessibilità, livello di servizio. Requisiti: • Rapporto prolungato • Ritorni potenziali elevati ◦ Con colli di bottiglia ◦ Con componenti strategici (da affiancare al co-design) • Fornitori adeguati: competenze, risorse, motivazione (razionalizzazione del parco fornitori) • Fiducia (trust) Enfasi non più sull’ingegnerizzazione del prodotto e del processo (come per la collaborazione tecnologica, co-design) ma enfasi sulle fasi logistico-distributive → le imprese giungono ad accordi con l’obiettivo di migliorare le prestazioni operative ordinarie, per soddisfare il fabbisogno ordinario (daily). Si attiva la scelta collaborativa perché non dev’essere estesa la produzione a tutti i componenti. L’obiettivo è quello di efficientare i processi → diminuire possibilità di stock-out, ridurre i tempi, ecc Livelli di collaborazione operativa Primo livello: Visibilità (vedi Caso 16.3 - Dell) → vedi pagina 595 del documento “07. La gestione dell impresa - Capitoli 14, 15, 16, 17” Condivisione delle informazioni tra cliente e fornitore • Soddisfazione della domanda • Ottimizzazione lotti • Ottimizzazione giacenze • Dimensionamento capacità produttiva • Vendor rating: feedback al fornitore • Comunicazione fornitore-cliente • Velocizzazione delle attività amministrative A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 48 a.a. 2010-2011 Costi della visibilità • Infrastrutture di comunicazione • Definizione di standard condivisi La collaborazione operativa si può attuare a 2 livelli che si differenziano per la pervasività dell’intervento e quindi del costo: Il 1° livello è quello della visibilità → si può avere una condivisione di informazione che aiuti la realizzazione della collaborazione → uno fornisce maggiori informazioni riguardo a se stesso all’altro → informazioni non note lo diventano sperando che tali informazioni possano aiutare l’altro nella collaborazione. 2° livello invece prevede non solo l’incremento dello scambio informativo ma anche l’avviamento di azioni operative volte all’efficientamento ed affinamento del processo → la collaborazione è aiutata anche da una vera e propria condivisione dei processi e non solo delle informazioni. Le 2 informazioni principali che le imprese si scambiano sono i piani di produzione e le previsioni di vendita. La condivisione delle previsioni di vendita è importante perché il fornitore riuscirebbe a dimensionare la propria produzione anche in confronto al mercato a valle del prodotto finito. Non si sta parlando di scelte condivise nel processo decisionale, ma di informazioni che vengono date al fornitore → il fornitore effettuerà autonomamente le scelte riguardo al proprio processo, ovviamente però lo farà tenendo in considerazione le informazioni ricevute. Visibilità: Tecniche e strumenti La relazione cliente-fornitore si differenzia per: • Contenuto informativo ◦ Previsione della domanda ◦ Attività promozionali ◦ Ordini ricevuti ◦ Stato consegne ◦ Giacenze • Mezzo di comunicazione ◦ Telefono, fax, e-mail (firma digitale) ◦ Sistemi proprietari ◦ EDI ◦ Web EDI ◦ Extranet • Sistemi di identificazione A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 49 a.a. 2010-2011 ◦ Codici a barre ◦ RFID (Radio Frequency Identification) Gli strumenti operativi utilizzati saranno unicamente a supporto della comunicazione e dello scambio informativo, possono avere un costo da basso ad alto e possono andare dal telefono ed email (strumenti deboli perché destrutturati, la mail è priva di formati e regole condivise → richiede una successiva rielaborazione); esistono anche strumenti più strutturati. Esempio EDI, sviluppato nell’ambiente dell’automotive che è “l’industria delle industrie”, che si basa su protocolli particolari e che viaggia su reti dedicate VAN (Value Added Network) → molto costoso perché il dato viaggia su reti dedicate. Lo sviluppo è il Web-EDI che si basa sui protocolli di internet. Una extranet è un sistema di scambio informativo che si basa sulla logica del portale sfruttando il web. La logica è simile a quella dell’EDI, punta al massimo sfruttamento del potenziale della rete. Il portale fornisce il punto d’incontro tra l’azienda ed il cliente, da cui essi accedono (con account dedicato e password), scaricano le informazioni e si interfacciano. I codici a barre sono sistemi nei quali un lettore apposito ottico legge informazioni da un’etichetta scritta con un codice particolare. Ulteriore sistema è l’Identificazione a Radio-Frequenza (RFID), poiché interagisce per radio frequenza è sufficiente che l’etichetta sia vicina al lettore e non c’è bisogno di batteria poiché è l’impulso del lettore a ricaricare e stimolare il circuito dell’etichetta. Il sogno è riuscire a mettere un RFID in ogni singolo prodotto e semilavorato, ciò consentirebbe di avere sotto controllo ogni singolo istante e prodotto della produzione, al momento però i costi e l’organizzazione non lo consentono. Livelli di collaborazione operativa Secondo livello → Integrazione Collegamento fisico di sistemi e processi: • Impatto superiore: necessità di investimenti e di tempi lunghi • Cambiano le modalità operative • La visibilità diventa un prerequisito • Esempi: ◦ Capacità produttiva dedicata → quota parte del tempo macchina verrà dedicata esclusivamente alla produzione per quel cliente ◦ Colocation → una parte dello spazio verrà dedicata al cliente o si creeranno aree comuni tra cliente e fornitore ◦ Vendor Managed Inventory → inventario in cui la responsabilità di gestione è passata al fornitore, quello che cambia è la scelta di dislocare le scorte nel magazzino del cliente, nonostante siano del fornitore → il ripristino del A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 50 a.a. 2010-2011 ◦ ◦ ◦ ◦ ◦ sistema di scorte è a discrezione del fornitore; è lui che decide quanto e come ripristinare il livello di scorte a casa del cliente; questo permette di ridurre quella parte delle scorte che normalmente si creava perché sia cliente che fornitore per incertezza e variabilità della domanda mantenevano una giacenza Consignment stock → sistemi nei quali all’interno del magazzino del cliente vi è un’area riservata alla merce del fornitore fintanto che non la preleva. Il passaggio di proprietà avviene nel momento in cui vi è il prelievo → dopodiché sarà a carico del fornitore stabilire quanto rifornire tale area ed in quali tempi. Vi sono vantaggi anche per il fornitore che è così autonomo nella gestione delle scorte e può ottimizzarne il processo Continuous replenishment → sistema che si trova nell’ambito della GDO, ci si basa su produzione di lotti piccoli e frequenti, flusso prolungato, continuativo. I livelli di produzione devono fare sì che il livello di scorte sia sempre all’interno di uno stesso range, il fornitore le consegna rispettando questo vincolo. Per fare ciò deve monitorare lo stato di utilizzo delle scorte da parte del cliente Collaborative planning, forecasting and replenishment → è il sistema più complesso e completo, comprende anche la pianificazione previsiva e la pianificazione della produzione. Il CPR prevede condivisione degli aspetti del ciclo condiviso ma questi aspetti sono condivisi a valle di un procedimento autonomo ed indipendente dei 2 soggetti che effettuano da soli una previsione della domanda → momento di incontro in cui i 2 attori si incontrano e confrontano le previsioni di domanda, in caso siano concordi non c’è problema, nel caso in cui differiscano sensibilmente invece si effettua una rielaborazione. Il confronto della previsione della domanda è un metodo per verificare l’affidabilità della propria previsione poiché se imprese con dati diversi e strumenti diversi giungono a previsioni di domanda simili si avrà verosimilmente una previsione accettabile e forse giusta Just in time → consegna sulla base del consumo, in ottica pull. Lo scopo è la riduzione delle scorte. Il JIT funziona bene in caso di domanda abbastanza stabile, va in crisi quando essa oscilla fortemente poiché non è più possibile l’armonizzazione dei carichi (si pensi alle celle flessibili progettate e dimensionate per gestire una variabilità dei carichi discreta, entro certi range, altrimenti falliscono; nel paradigma agile si può pensare ad una via di mezzo sacrificando una snellezza pura per mantenere scorte e giacenze, in livello basso, al fine di una maggiore flessibilità e capacità di risposta alla variabilità della domanda) Kanban → potente strumento della filosofia della Lean Production per tenere visivamente monitorata e gestita (livellata e regolata) la produzione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 51 a.a. 2010-2011 Non si tratta più di scambio di informazioni ma intervengono azioni → interventi e azioni sistematiche in risposta a determinati fattori → sistemi con maggiore impatto dal punto di vista dei costi ma anche dal punto di vista dei sistemi organizzativi e produttivi. Si effettuano questi interventi per effettuare cambiamenti radicali, e spesso hanno successo. Esistono vari strumenti e declinazioni di queste forme di collaborazione che vanno dal Vendor Management Inventory al Consigment Stock al Just In Time che è una filosofia produttiva e prevede diversi elementi di attuazione. Caso 16.3 - Dell Maggior produttore di PC nel mondo. FCS: tempi di consegna e costo (allineamento ai concorrenti ma con livello di servizio superiore) ↓ Prodotto modulare: minimizzazione scorte, assemblaggio rapido Gestione fornitori: • Razionalizzazione del parco fornitori (da 200 a 25) • Localizzazione magazzini nei pressi degli stabilimenti • Condivisione Informazioni: scorte, ordini, prezzi, previsioni, vendor rating • E-procurement (Value Chain.Dell.com) ↓ Lead-time assemblaggio: 8-36 ore, consegna: 7-9 giorni I PC Dell sono composti da più moduli e facendo ciò si sfrutta l’effetto positivo per cui la domanda cumulata subisce una fluttuazione minore rispetto alle singole fluttuazioni dei singoli componenti/domande unitarie. L’architettura modulare è aiutata anche dal fatto che i fornitori sono in co-location poiché devono garantire tempi di consegna in linea di produzione inferiori ai 15 minuti. Il vantaggio competitivo di Dell, oltre che dalla vicinanza dei fornitori, è generato dalla condivisione immediata di informazioni coi fornitori; poiché i fornitori sanno in tempo reale quale sia la domanda di Dell, sanno di quali prodotti Dell ha bisogno → aggiornano costantemente i listini → Dell allo stesso tempo può calcolare il costo complessivo del prodotto. Attualmente Dell sta subendo il “momento d’oro” della Apple perché si basa su modelli totalmente diversi: se Dell si basa sul rapporto con fornitori più di Apple, in confronto ad Apple investe molto di meno in sviluppo di asset e capacità interne → gli indicatori finanziari di Dell sono attualmente peggiori. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 52 a.a. 2010-2011 Partnership completa Collaborazione operativa e tecnologica simultanee possono creare sinergie Automotive: progettazione congiunta anche per sincronizzazione cliente-fornitore Dell: moduli standard per ottimizzare la rete logistica Vedi caso 16.4 - Smart Progettazione congiunta e collaborazione operativa sono alla base della gestione della supply chain. Collaborazione tecnologica e collaborazione operativa possono essere sviluppate in maniera autonoma ma con un incremento di sforzi non eccessivo possono essere portate avanti in maniera congiunta e possono quindi portare enormi vantaggi grazie alla sinergia che si viene a creare tra le parti. [Fine prima parte del corso, primi 3 capitoli di Spina] Motivazione dei diversi modelli organizzativi Il valore della specializzazione delle attività (individuali - organizzative) Scambi di mercato per il coordinamento Perché esiste l’impresa? (Coase, 1937) Inefficienze degli scambi di mercato: costi di transazione (Williamson, 1975; 1985). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 53 a.a. 2010-2011 Economie dei contratti Supponiamo di aver scelto l’opzione buy invece che make, vediamo ora quali sono i problemi che riscontriamo nell’affrontare questa scelta. Nel 1937 Ronald Cause intuì che ci sono limiti al modello efficientista riconducibili al fatto che non sempre il prezzo o il costo, sul quale si basano le transazioni di mercato, risulta il modello migliore; il modello gerarchico non risulta essere il migliore in determinati contesti, in altri sì. Il modello di Cause è stato migliorato da Oliver Williamson 40 anni dopo con la teoria dei Costi di Transazione. Costi di Transazione: Tipologie • Costi di coordinamento ◦ Generazione e gestione del contratto ◦ Definizione dei dettagli della transazione → Costi di coordinamento nella Gerarchia ◦ Pianificazione - Revisione dei piani ◦ Trasmissione delle informazioni ◦ Errori nel coordinamento E’ necessario comprendere le differenze tra i vari costi di transazione; i Cdt nascono di fronte ai 3 fattori di incertezza, specificità, e complessità descrittiva. Il costo di coordinamento è un costo che nasce per far sì che 2 parti si incontrino, si conoscano, ed ingaggino una transazione economica. Quando si realizza una gerarchia, per far si che i sottoposti siano in grado di fare ciò che dico ed effettivamente lo facciano, devo spendere tempo e denaro nell’istruire e spiegare, e passare informazioni → la gerarchia genera dunque notevoli costi da questo punto di vista, per mantenere la struttura. • Costi di incentivazione → predisposizione di meccanismi protettivi verso comportamenti opportunistici A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 54 a.a. 2010-2011 Nella competizione si hanno interessi divergenti: entrambe le parti vogliono realizzare la propria marginalità ma nel farlo danneggiano la controparte; i costi di coordinamento sono spesi per riallineare gli interessi. La possibilità di erogare un bene o un servizio è vincolata alla possibilità di produrlo materialmente e il produrlo dipende da soggetti terzi che possono essere fornitori o altri → se costoro soffrono o spariscono allora io non riuscirò ad erogare il bene o servizio → è interesse dell’azienda sostenere un’economia del benessere in cui la singola impresa non corre solo per il proprio bene in maniera competitiva. Se si hanno asimmetrie informative una parte detiene più informazioni dell’altra → la parte con meno informazioni se non tutelata sarà riluttante ad entrare nella partnership. Allo stesso tempo, da un altro lato, le parti devono essere in grado di fornire garanzie in modo tale che non si insinui la paura che, una volta sostenuto l’impegno, il cliente non acquisti più al prezzo concordato insieme al fornitore → il fornitore ha paura e il cliente deve fornire garanzie e certezze affinché il fornitore accetti la collaborazione; inoltre il fornitore deve ritenere credibili le garanzie del cliente e deve credere nella sua capacità di tener fede all’impegno, altrimenti non sosterrà l’investimento, o lo effettuerà in maniera non opportuna per non “scoprirsi troppo” (ad esempio nel caso in cui il fornitore detenga un macchinario particolare, esclusivo, non lo replicherà in maniera specifica per un prodotto specifico del cliente ma in maniera generica). Riassumendo si può dire che i costi di incentivazione siano i costi che si sostengono per riallineare gli obiettivi delle due parti e in modo che la parte più debole sia tutelata e che sia disposta a rientrare nella gerarchia. Costi di transazione: determinanti • • Caratteristiche degli agenti coinvolti Caratteristiche (dimensioni) della transazione (del tipo di bene che viene scambiato) Caratteristiche degli agenti coinvolti • Razionalità limitata → impossibilità di valutare e prevedere ogni contingenza rilevante ai fini della transazione ◦ Eventi futuri e loro impatti ◦ Rilevazione e analisi delle informazioni ◦ Elaborazione dei piani di azione ◦ Accertamento degli eventi di un valutatore terzo A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 55 a.a. 2010-2011 L’impossibilità di prevedere dei piani di azione determina costi di azione e pianificazione. • Opportunismo → perseguimento con astuzia di finalità egoistiche (secondo Williamson gli agenti opportunisti ricorrono a comportamenti quali: mentire, imbrogliare, rubare, fuorviare, travisare, offuscare, fingere, distorcere e confondere pur di raggiungere i propri fini) ◦ Mancato rispetto di accordi stipulati in precedenza ◦ Indisponibilità a mantenere la parola data ◦ Omissione e falsificazione di informazioni detenute Ad esempio, quando un cliente non rivela ad un fornitore il phase-out per evitare rotture di stock sta commettendo un azione opportunistica. • Specificità delle risorse investite → misura del valore della risorsa al di fuori della specifica transazione ◦ Risorse fisiche ◦ Risorse umane ◦ Localizzazione geografica (investo per creare uno stabilimento vicino ad un cliente o ad un fornitore) ◦ Specializzazione temporale (impegno di capacità produttiva) • Durata e frequenza delle transazione Quanto più frequentemente avviene lo scambio e quanto più dura in orizzonte temporale lo scambio, tanto più sarà difficile prevedere il mutamento dello scenario → tanto più sarà difficile predisporre il contratto ed il meccanismo di scambio → saranno più alti i costi di transazione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 56 a.a. 2010-2011 • Incertezza e complessità ◦ Incertezza delle condizioni che prevarranno durante l’esecuzione del contratto ◦ Complessità dei compiti • Difficoltà di misura della performance ◦ Incertezza sulle determinanti della performance ◦ Assenza di competenza nella valutazione dei risultati generati dalla controparte Non sempre si riescono a ricondurre le inefficienze alla loro causa (si pensi ad un guasto in un taxi abitualmente guidato da più autisti), dunque sarà difficile anche misurare l’entità del danno/inefficienza e l’attuazione di correzioni. Governance delle relazioni di mercato • • Necessità di un meccanismo che definisca: ◦ I termini dello scambio e le azioni che le controparti devono intraprendere ◦ I rispettivi diritti e obblighi ◦ Le forme di premio e sanzione Questo meccanismo è genericamente definito “contratto”, che è lo strumento principe di un rapporto cliente-fornitore Un contratto, in generale si riferisce ad accordi volontari che definiscono e vincolano il comportamento delle controparti; i contratti sono sottoscritti da queste in quanto ritenuti mutuamente vantaggiosi. Come tale, il termine “contratto” può, o meno, avere valenza legale (“Forza di legge”, imposta da un’autorità esterna che le controparti si impegnano a riconoscere). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 57 a.a. 2010-2011 L’idealtipo di “contratto completo” Esso è “l’accordo che stabilisce, per ogni possibile situazione presente o futura, i reciproci obblighi delle controparti su prestazione e pagamenti, il cui rispetto è assicurato grazie alla capacità di verifica di una autorità esterna (giudice/arbitro), perfettamente razionale, e alla sua possibilità di imporre sanzioni alle parti eventualmente inadempienti”. Le assunzioni di contratto completo altro non sono che assunzioni di perfetta razionalità. Nella teoria neoclassica la presenza di un contratto completo comporta in presenza anche di razionalità totale, e competitività del mercato, come assunzione, transazioni economiche perfette. Le critiche all’economia neoclassica hanno evidenziato l’irrealismo di tale assunzione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 58 a.a. 2010-2011 13/05/2011 In molti casi l’integrazione verticale non è la soluzione migliore, anzi spesso è desiderato lo scambio economico per creare maggior valore → le problematiche delle economie dei contratti sono relative all’efficientamento del processo di scambio, e hanno come fine la realizzazione corretta dello scambio. Quanto più l’incertezza cresce, quanto più ci si allontana temporalmente dal momento in cui le 2 parti siglano l’accordo, tanto più è probabile che le condizioni di contesto cambino e che numerosi fattori evolvano, che lo scenario evolva. L’idealtipo “contratto completo” Contratti completi in condizioni di concorrenza perfetta, assicurano la massima efficienza dello scambio di mercato e minimizzano il costo della transazione. Una transazione è efficiente quando sono minimi i costi della transazione stessa, ovvero quando sono massimi i benefici netti per le controparti. Assunzioni del contratto completo: • Perfetta razionalità degli agenti • Capacità di effettuare previsioni corrette sugli stati futuri • Disponibilità alla condivisione di informazioni • Piena efficienza del sistema legale e giudiziario In realtà abbiamo visto che queste assunzioni non sono realistiche → i contratti completi non esistono. Economia dei contratti • • • Comprendere le ragioni dell’incompletezza Analizzarne le conseguenze Elaborare meccanismi di rimedio che incrementino l’efficienza dello scambio Determinanti dell’incompletezza contrattuale • • • • Limitata capacità previsionale Ambiguità nel linguaggio Costi di contrattazione per la definizione dell’accordo su ogni possibile circostanza Difficoltà nella corretta applicazione del contratto A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 59 a.a. 2010-2011 ◦ Inefficienze del sistema legale e giuridico ◦ Asimmetrie informative fra le parti (prima e dopo la stipula del contratto) → “non osservabilità” ◦ Difficoltà a trasmettere le informazioni (anche se condivise fra le parti) all’autorità esterna → “non verificabilità” Se per assurdo fosse possibile riconoscere tutte queste problematiche ( → rimuovere i limiti di capacità previsionale) non sarebbe comunque possibile né economicamente conveniente rilevare ed attuare una soluzione, un corso d’azione per ognuno di questi problemi. Questo perché esistono costi di negoziazione e di analisi delle problematiche. L’ambiguità del linguaggio causa il fatto di non riuscire ad esprimere esattamente quello che si vuole, e ciò può portare alla nascita di azioni opportunistiche. L’asimmetria informativa potrebbe manifestarsi prima ma anche dopo la firma di un contratto/progetto, ad esempio il fornitore non ha valutato bene i costi di spostamento di un impianto all’estero, o il cliente nonostante osservi il processo del fornitore non è in grado di valutarlo correttamente → ciò prende il nome di “Non osservabilità”. Conseguenze dell’incompletezza contrattuale • • • Rischio di rinuncia allo scambio Imperfetta capacità di impegno/utilizzo sub-ottimale delle risorse Allontanamento dalla piena efficienza dello scambio Una delle 2 controparti rinuncia a perseguire la transazione economica; il cliente rinuncia al prodotto ed il fornitore rinuncia ad un’opportunità di profitto → il fornitore sarà costretto all’integrazione verticale (se rimangono inalterate le altre variabili) ma questa può essere un’alternativa poco efficiente per il sistema operativo; ulteriore alternativa è proseguire lo scambio ma in maniera meno efficiente, ad esempio il fornitore continua a fornire ma solo beni di carattere generico e non effettua investimenti specifici ma generici → vende prodotto non differenziato che contribuirà in maniera minore al benessere del cliente → si è di fronte ad un fallimento del mercato poiché non viene massimizzato il surplus (differenza tra ricavi e costi) complessivo. Meccanismi di rimedio 1. Economia dell’informazione → affronta i problemi di asimmetria informativa: • Selezione avversa → asimmetria antecedente l’avvio della relazione (prima che le controparti inizino la selezione → il problema si ha quando una delle controparti ha più informazioni dell’altra, su sé stessa o sull’ambiente, e cerca di far leva su A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 60 a.a. 2010-2011 • queste informazioni per apparire migliore di quanto non sia → comportamento opportunistico) Azzardo morale → asimmetria successiva all’avvio della relazione (una delle due parti compie azioni non proprio osservabili dall’altra, compie attività opportunistiche a suo favore, a svantaggio della controparte, che può decidere di non entrare quindi nello scambio) Induzione a ritroso: si riescono a vedere vari possibili forme di scenario future, e se l’evoluzione futura più probabile di interscambio piace o non piace allora si prende la decisione di intraprendere o meno l’interscambio. In questo processo va considerata anche la razionalità limitata che fa si che non si riescano a vedere tutti gli scenari. 2. Economia dei contratti incompleti → affronta il problema della razionalità limitata in contesti con investimenti specifici (problema hold-up). Il soggetto che compie l’investimento è bloccato nella relazione (locked-in) e quindi al rischio di condotte opportunistiche della controparte. Se nell’economia dell’informazione si avevano asimmetrie informative, prima o dopo la relazione, ora si ha il problema della razionalità limitata L’hold up è la rinegoziazione dei termini contrattuali successivamente alla realizzazione di investimenti di fronte alla minaccia della parte che non ha sostenuto gli investimenti di uscita dalla relazione → la parte che ha sostenuto gli investimenti è costretta ad accettare → è locked-in e deve accettare una rinegoziazione a ribasso, d’altra parte la controparte che minaccia non teme l’autorità che non può intervenire a causa della non verificabilità. Esempi di contratti • • • Contratti a pronti (Spot market contracts) Contratti di relazione Contratti impliciti E’ necessario creare meccanismi di rimedio all’asimmetria informativa (economie dell’informazione) e alla razionalità limitata degli agenti, non verificabilità da parte dell’autorità, ed investimenti specifici (economia dei contratti incompleti) per riequilibrare il contratto tra le controparti. Poiché contratti completi non esistono dobbiamo cercare di capire entro quale livello di completezza ci si può spingere. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 61 a.a. 2010-2011 Contratti a pronti (spot market contracts) • • • • Contratti inflessibili, con numerosità delle clausole variabile (anche molto elevata) Le clausole definiscono le condizione dei principali corsi d’azione noti/prevedibili Poco spazio per incertezza ex post Efficienti per transazioni a bassa/moderata incertezza che si concludono rapidamente Le clausole possono riguardare ad esempio la variabilità del prezzo delle materie prime (ad esempio “il prezzo delle materie prime può subire una variabilità del 50% dell’incremento di mercato”); in ogni caso il contratto a pronti comprende queste regole che possono essere specificate anche in maniera meno specifica e rigida (ad esempio “le controparti devono tener conto degli aumenti di materia prima”, ma non specifica di quanto). L’applicabilità è ristretta laddove l’incertezza non cresce troppo, è applicabile dove c’è una buona capacità descrittiva dell’oggetto. Sono contratti che lasciano poco o nessuno spazio a cambi di contrattazione ex post. Contratti di relazione • • Più tipici per transazioni ad elevata complessità che si estendono nel tempo Non inseguono la massima completezza, ma si focalizzano su altri aspetti: ◦ Obiettivi della relazione ◦ Regole generali ◦ Modalità di azione a fronte di contingenze impreviste (es. indicazione del meccanismo di soluzione delle controversie) ◦ Definizione dei rispettivi campi di azione Contratti impliciti • • • Basati sulla (implicita) reciproca accettazione di norme sociali condivise, o di condizioni percepite come necessarie per il reciproco benessere Consentono significativi risparmi sui costi di transazione Difficili da impugnare legalmente → valenza di aspetti di reputazione/fiducia Contratto implicito è ad esempio quello che si sottoscrive con l’università: non specifica che gli studenti hanno diritto ad aule in cui studiare/seguire lezione o a dei punti di ristoro; però questi servizi ci sono perché è così che si fa istruzione; un contratto del genere ovviamente è molto difficile da impugnare legalmente. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 62 a.a. 2010-2011 Completezza come dimensione analitica di un contratto A cosa si riferisce la “completezza”? Al livello di dettaglio con cui sono definiti, per l’intera durata della transazione, i termini dello scambio e i doveri delle controparti. Tanto più sarà completo il contratto, tanto più ridurrò la possibilità di comportamenti opportunistici ex post e quindi i costi di ri-negoziazione, ma aumenterò il costo della scrittura di questo contratto. Contratti ad elevata completezza • • • Sforzo di definizione a priori dei termini, delle responsabilità, delle aspettative di performance Ridotto spazio per opportunismo ex post Difficile tener conto di tutte le conseguenze Contratti a ridotta completezza • • • • • Definiscono le condizioni essenziali, e le linee guida generali per periodici mutui aggiustamenti Bassi costi di transazione ex ante Incentivano la flessibilità delle parti Rischi di opportunismo ex post Costi di rinegoziazione ex post Effetti del livello di completezza A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 63 a.a. 2010-2011 Dobbiamo esaminare il livello di completezza a cui vogliamo portare il nostro contratto. Per fare ciò, è bene definirci una funzione obiettivo, prendiamo il livello che minimizza il costo di transazione. P è una funzione di probabilità che riassume la probabilità che un evento, una particolare contingenza che non era stata definita e quindi inclusa nei termini del contratto, si manifesti. P ∈ [0 ; 1] • P=0 → Completezza = (1- p) • P=1 Il costo di transazione totale sarà dato dalla somma dei costi di transazione ex ante ed ex post (dovuti a ri-negoziazione e rischio di opportunismo → inefficienza). Il costo marginale della contrattazione ex ante (MC = Marginal Cost) cresce con il crescere delle unità. Quanto più l’ambiente è incerto, tanto più è difficile scrivere un contratto completo → Introduciamo una funzione ω in funzione dell’incertezza ambientale → i costi della transazione non saranno solo in funzione della completezza ma anche di ω → quanto più ω è alto, tanto più è alto il costo di transazione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 64 a.a. 2010-2011 Livelli di incertezza più alti tenderebbero a spingere verso la redazione di contratti più incompleti perché i costi ex-ante sono maggiori; bisogna anche però considerare i costi ex-post che sono logicamente in funzione decrescente rispetto alla completezza contrattuale → i costi ex post di rinegoziazione sono tanto più bassi quanto più più è completo il contratto → Curva MB = Marginal Benefits. Esistono altri fattori che influiscono sui costi di transazione ex post → L = probabilità di comportamenti o condotte opportunistiche della controparte. Quanto più si è di fronte a condotte opportunistiche tanto più ci si deve spingere verso forme di contratto completo. Ora guardando il costo totale di transazione, si ha l’ottimo nel punto di minimo. Il livello di completezza voluto è quello che minimizza il costo di transazione totale che è composto da costo di transazione ex ante ed ex post. Se la curva di MC cresce da ω 1 ad ω2 > ω1, a parità di condizioni, è suggerito un livello di completezza minore, mentre invece se la curva di MB cresce da L 1 ad L2 > L1, a parità di condizioni, è suggerito un livello di completezza maggiore [Libro 1 Nicita, Crocker e Reynolds] A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 65 a.a. 2010-2011 18/05/2011 Asimmetrie informative e loro impatto sulla governance La relazione coi fornitori necessita di uno strumento che garantisca il coordinamento ed il controllo. Questo strumento è tipicamente il contratto, del quale abbiamo visto definizione, caratteristiche e criticità. Abbiamo visto le determinanti dell’incompletezza, principalmente razionalità limitata, rischi di opportunismo ed incertezza. La non osservabilità riguardo ad una parte delle informazioni che una parte ha in più rispetto ad un’altra parte potrebbe generare comportamenti opportunistici. Altro problema riguarda la non verificabilità che non permette all’autorità esterna di verificare l’inadempienza di una delle due parti ai punti del contratto. Due filoni teorici sui quali baseremo il nostro discorso: economia dell’informazione ed economia dei contratti. Forme di asimmetria informativa • • Una controparte dispone di maggiori informazioni rispetto all’altra Principalmente si riconoscono 2 situazioni distinte sulla base di: ◦ Momento in cui si manifesta l’asimmetria ◦ Tipo di asimmetria informativa L’economia dell’informazione analizza le determinanti dell’asimmetria informativa e si muove in 2 direzioni: • Approccio positivista: assume che ci sia una realtà non effettiva e studia quella (es. le scienze fisiche, pure sono positiviste mentre le scienze sociali no). Questo approccio si basa su paradigmi che non sono verificabili quindi ognuno giungerà a conclusioni diverse se parte da paradigmi diversi, interpretazioni diverse date al fenomeno • Approccio normativo: si assume l’esistenza di una soluzione ottima → la scienza dell’economia informativa indirizza il comportamento verso la massima efficienza. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 66 a.a. 2010-2011 Momento in cui si manifesta l’asimmetria Prima dell’avvio della relazione contrattuale Dopo l’avvio della relazione contrattuale Tipo di asimmetria Caratteristiche proprie della controparte; Caratteristiche dell’ambiente (“informazione nascosta”) Caratteristiche delle azioni intraprese (“azione nascosta”) Selezione avversa: per l’asimmetria informativa si potrebbe avere rischio di selezionare ex-ante una controparte non adeguata alle esigenze ed alle aspettative che si avevano. Azzardo morale: quando vi è asimmetria informativa dopo l’inizio della transazione. Possono avvenire problemi ibridi tra i due → si ha azzardo morale ma con informazione nascosta. Es. porto a riparare l’autovettura e il meccanico dice che c’è da sostituire un pezzo; costui potrebbe approfittarsene, poiché nonostante si tratti di azioni osservabili non sono in grado di giudicare se effettivamente la parte sia da sostituire o meno. Azzardo morale La parte agente, dopo la stipula del contratto, compie un’azione non osservabile dalla controparte, che influenza l’utilità di entrambi. Il comportamento dell’agente è “non osservabile” o “non verificabile”, e gli consente il perseguimento dei propri fini a spese della controparte. Esempi → Relazione assicuratore - assicurato, relazione proprietà - management, relazione dipendente - datore di lavoro, relazione cliente - fornitore. Selezione Avversa La parte agente, prima della stipula del contratto, ha informazioni migliori sulle proprie caratteristiche (o su caratteristiche del bene oggetto di scambio) rispetto alla controparte. Esistono diverse classi (“tipi”) di parti agenti, le quali cercano di farsi passare per tipi di caratteristiche migliori, danneggiando la controparte. Ad esempio fra cliente assicurato ed assicuratore, il primo potrebbe non porre attenzione alla guida o al danneggiamento del veicolo poiché sa di essere tutelato A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 67 a.a. 2010-2011 mentre l’assicuratore potrebbe mettere un segugio per controllare che il guidatore non si arrischi troppo ma ciò comporterebbe esborsi eccessivi. Se anche non potessi osservare il comportamento dell’agente ma il suo risultato fosse assolutamente deterministico (se potessi cioè relazionare senza dubbi un risultato al comportamento di quell’agente) non sarebbe importante poter osservare il comportamento di quest’agente perché posso osservare i risultati (e non importano le azioni). Abbiamo detto dunque che altra classe base di problemi legati all’asimmetria informativa, oltre all’azzardo morale, è la selezione avversa → l’asimmetria informativa si manifesta prima della stipula del contratto e riguarda o l’informazione di una specifica controparte oppure l’ambiente in cui opera. A seconda della dimensione di rilevanza possiamo classificare le controparti per tipi. Possibili conseguenze di Selezione Avversa • • Genera un danno per la controparte che opera la selezione avversa (selezione di un tipo di agente non ottimale o addirittura sbagliato) Causa un peggioramento della qualità scambiata (la qualità cattiva scaccia la qualità migliore: quando la controparte committente non è in grado di selezionare efficacemente la controparte agente tendenzialmente proporrà un valore medio) Se una compagnia di assicurazione non è capace di verificare chi ha alta tendenza al rischio e chi bassa allora proporrà sul mercato un valore medio. Chi ha bassa tendenza al rischio non ingaggerà una relazione economica con questo assicuratore per via del prezzo non conveniente secondo il suo punto di vista. Analogamente chi ha alta tendenza al rischio sarà invece spronato ad intraprendere tale relazione. Quindi il problema di selezione avversa non è solo quello di determinare un danno per la parte che effettua la selezione, ma da un punto di vista socio-economico determina anche un problema per il sistema economico nel suo complesso perché non viene scambiata merce di alta qualità ma solo di bassa qualità → c’è quindi una selezione al ribasso, per la bassa qualità. Asimmetrie informative e contratti In presenza di asimmetrie informative possono originarsi comportamenti opportunistici. Ragioniamo per questi meccanismi con il metodo a ritroso: gli agenti sapendo di aver svolto già in precedenza relazioni con comportamenti opportunistici, quando si ritroveranno ad intraprenderne di nuovi, lo faranno con sufficienza o con opportunismo, evitando così la possibilità di ottenere efficienza per entrambe le parti. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 68 a.a. 2010-2011 Ciò è dannoso perché costringe all’integrazione verticale → si crea meno valore di quanto si potrebbe fare e si crea una marginalità inferiore rispetto alla massima possibile. Occorre predisporre adeguati meccanismi di controllo/prevenzione di tali comportamenti. La scelta del meccanismo dipende da vari elementi (tipo di asimmetria, livello di osservabilità e di verificabilità, incertezza, propensione al rischio, ecc..) Lo scopo dell’economia informativa è proporre rimedi e soluzioni per livellare l’asimmetria informativa e fare in modo che così lo scambio sia portato a buon fine. Gli incentivi Sono meccanismi contrattuali che inducono la parte agente: • ad adottare comportamenti allineati con l’interesse della controparte (contro l'Azzardo Morale) • a svelare l’informazione in proprio possesso, inerente le caratteristiche dell’agente stesso o del bene oggetto di scambio (contro la Selezione Avversa) Alcuni esempi di meccanismi incentivanti possono essere le Stock options per i manager, i bonus logistici e qualitativi, le provvigioni agli agenti di vendita o le franchigie dei contratti assicurativi (modo per prevenire eventuali comportamenti opportunistici). Attraverso alcuni meccanismi contrattuali si cercano di riallineare le parti e anche se non sarà una soluzione ottima in assoluto si avrà un allineamento degli interessi. Sistemi di rimedio dell’Azzardo Morale • Contratti espliciti → contratti che includono l’elemento di premio/sanzione specifico di quello scambio, e come tali non necessitano di scambi ripetuti, tutto si decide nel singolo scambio ◦ Incentivi che legano la remunerazione della parte agente alla sua retribuzione ◦ Non necessitano di scambi ripetuti • Contratti impliciti (Self-enforcing) ◦ L’incentivo è il vantaggio futuro, ovvero la prosecuzione della relazione ◦ La minaccia di uscita è deterrente contro l’opportunismo ◦ Necessitano di interazioni ripetute Incentivo a non attuare comportamenti opportunistici sono nel fatto che in futuro probabilmente il rapporto porterà a vantaggi e creazione di valore ancora maggiori. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 69 a.a. 2010-2011 Poiché c’è un rischio di uscita mi sento minacciato dalla possibile uscita da rapporti futuri → senza bisogno di sanzioni esplicite mantengo fede al contratto perché la sanzione stessa sarebbe la probabile uscita della controparte dal contratto (se il mio comportamento non è leale o la performance non è adeguata). Questo meccanismo però necessita di interazioni ripetute, poiché se fosse “one shot” non ci sarebbe l’implicita assunzione di una prosecuzione della relazione. Contratti di selezione Proposta di un menu di contratti, per indurre la parte agente a rivelare - attraverso le scelte compiute - l’informazione in suo possesso (contratti assicurativi, contratti di fornitura). Il potere sta nella proposta di pacchetti adeguati di contratti che potrebbero risolvere il problema di selezione avversa; bisogna però anche andare a vedere le specifiche di contratto in quanto una penale sulla qualità troppo alta disincentiverà anche il fornitore più virtuoso in termini di qualità e lo indurrà a non accettare il contratto, per contro una penale troppo bassa non frenerà neanche il fornitore con qualità più bassa dall'entrare nel contratto. Meccanismi di segnalazione → Una cosa interessante è il fatto che il fornitore stesso (parte agente) potrebbe proporre la propria differenza qualitativa per differenziarsi dai concorrenti ed aiutare il cliente nella selezione → se un fornitore percepisce il rischio di non essere selezionato e crede che verranno scelti al suo posto altri fornitori che cercano di spacciarsi per produttori di uno stesso livello di qualità, anche se non è così, una cosa che può fare è segnalare la qualità del proprio prodotto. Lo strumento analitico – Il modello Principale - Agente • • Modello principale-agente: ◦ Principale: il soggetto incaricante dello svolgimento dell’attività/mansione ◦ Agente: il soggetto incaricato dello svolgimento dell’attività/mansione Chi sono il principale e l’agente? → Singoli individui, team, imprese, organizzazioni in genere, istituzioni.. Assunzioni del modello Principale: • Delega lo svolgimento di una mansione • Riconosce una valorizzazione economica • Ha come obiettivo la massimizzazione del proprio beneficio economico (y) nella transazione A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 70 a.a. 2010-2011 Agente: • Viene delegato allo svolgimento di una mansione • Lo svolgimento richiede un impegno (e) costoso e disutile all’agente • Ha come obiettivo la minimizzazione del proprio impegno nella transazione I dipendenti non hanno come obiettivo il massimo beneficio del principale → necessità di allineare gli obiettivi altrimenti fortemente divergenti, affinché sia possibile perseguire obiettivi comuni. • • • • Divergenza di obiettivi Non osservabilità/non verificabilità dell’azione dell’agente Esistenza di un portafoglio di azioni alternative che l’agente può scegliere Selezione dell’azione di minor costo in assenza di meccanismi incentivanti→ transazione complessivamente inefficiente per il principale che quindi sarà propenso a non affidare l’azione all’agente Il principale deve adottare meccanismi di incentivazione che spingano l’agente ad agire nell’interesse del principale, incrementando l’efficienza complessiva della transazione L’azione rimane non osservabile L’azione influenza i risultati (y) della transazione Il sistema di incentivo è definito sulla base del valore osservabile (y) L’azione dell’agente deve influenzare il risultato ma non deve essere l’unica variabile che influenza il risultato; non ci deve essere una relazione deterministica tra risultato osservabile e comportamento dell’agente perché se ci fosse si eliminerebbe la possibilità di comportamenti opportunistici dell’agente → allora si disegnano meccanismi di incentivo definiti su benefici osservabili, e questa funzione dovrà premiare o sanzionare l’agente sulla base del risultato. Esempi di fattori causali rilevanti Rapporto manager - proprietà • Andamento complessivo della domanda e dell’economia • Comportamento dei concorrenti • Evoluzione della tecnologia Rapporto cliente - fornitore • Qualità degli input del fornitore • Fattori specifici del sistema dei trasporti • Fattori macro-economici, politici e sociali A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 71 a.a. 2010-2011 Uno degli assunti principali del modello principale - agente è che il risultato è influenzato dalla prestazione dell’agente ma questo non è l’unico fattore. y = y (e; θ) θ: variabile casuale/stocastica, non osservabile e: variabile rappresentativa dello sforzo dell’agente, è il risultato della sua azione Il principale non può inferire l’impatto di e su y, può però influenzare l'agente a comportarsi con quel valore di “e” (impegno dell’agente) che massimizzi quello di “y” (risultato economico). Avversità al rischio dell’agente → necessità di meccanismi incentivanti Soluzione del problema dell’agenzia • • • Bilanciamento fra efficienza produttiva e allocazione del rischio Soluzioni “First Best” Soluzioni “Second Best” E’ possibile spingere il fornitore lontano dalla scelta di azione di minimo rischio solo attraverso l’incentivo che è dunque uno strumento costoso per far si che il fornitore investa di più; allo stesso tempo allontanandolo troppo dalla soluzione di poco rischio si avrebbero alti costi perché l’agente rischia troppo. Basso incentivo = bassa allocazione di rischio al fornitore, ma basso beneficio potenziale; Alto incentivo = alta allocazione di rischio al fornitore, ma alto beneficio potenziale. → Il principale vorrebbe allo stesso tempo efficienza produttiva e basso rischio; ma l’agente per natura è avverso al rischio e se non lo intraprende tenderà a compiere azioni cautelative → non lavorerà al meglio e se l’agente non lavora al meglio il proprietario avrà inefficienza produttiva. Si tratta di bilanciare correttamente ciò che vuole fare l’agente con il costo di questa azione. Soluzioni di First Best eliminano completamente il problema dell’asimmetria informativa ma l’applicabilità di queste soluzioni è ristretta ad un numero limitato di casi. Più praticate invece sono le soluzioni di Second Best, dove si possono disegnare meccanismi di incentivo efficienti, cioè che continuano ad essere tali da determinare la convenienza dello scambio, ma non risolvono completamente l’asimmetria informativa. Il livello di efficienza dello scambio però non è lo stesso rispetto alla situazione di assenza di asimmetria informativa, e questa è la differenza tra soluzioni di First Best e Second Best. [Ciò che abbiamo fatto lo troviamo nel Nicita - Scoppa cap. 2] A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 72 a.a. 2010-2011 19/05/2011 Contratti incompleti e hold-up Anche in presenza di perfetta razionalità degli agenti, se c’è asimmetria informativa si potrebbero avere comportamenti opportunistici nelle forme di azzardo morale e selezione avversa. Hold up si ha laddove non sussista verificabilità e una delle due controparti o anche tutte e due effettuino investimenti specifici → gli investimenti specifici vincolano al mantenimento della relazione ma la non verificabilità fa si che se una parte attua comportamenti opportunistici per rinegoziare la posizione contrattuale a proprio favore, l’autorità non possa intervenire, e l’altra parte, avendo effettuato forti investimenti specifici, sia vincolata alla prosecuzione del contratto e debba accettare la rinegoziazione a proprio svantaggio. E’ nell’interesse delle controparti che lo scambio venga eseguito, ma la minaccia di hold up, spesso analizzata a priori potrebbe far si che una delle parti non voglia entrare nel contratto o non effettui investimenti specifici causando così un’inefficienza economica ed un “fallimento di mercato”. Origine dell’incompletezza Ipotesi: le due controparti dispongono delle medesime informazioni ma non vi è possibilità di trasmettere un set di informazioni condiviso a un soggetto terzo, chiamato a dirimere eventuali controversie legate all’esecuzione del contratto → Non Verificabilità! L’incompletezza contrattuale nei problemi di hold-up nasce non per l’asimmetria informativa ma perché le informazioni non sono giudicabili da chi crea il contratto, dal giudice o parte terza. Questo è un problema grave nel momento in cui una delle due controparti effettua un investimento specifico più dell’altra o lo effettuano entrambe ma in tempistiche diverse e ciò vincola una parte più dell’altra. Chi effettua più investimenti specifici sarà più vincolato e più debole poiché non può contare sulla presenza di un giudice che sanzioni la parte forte qualora attui comportamenti opportunistici, in presenza di non verificabilità. Secondo fattore che influisce sui comportamenti opportunistici è l’incompletezza del contratto poiché non è facile scrivere contratti specifici e dettagliati poiché non si può prevedere l’evoluzione ed il ritorno di un investimento altamente specifico. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 73 a.a. 2010-2011 Conseguenze dell’incompletezza • • Rischio di sotto-investimento o di mancato investimento specifico da parte della controparte esposta. Trade-off fra prevenzione dell’opportunismo e adattamento efficiente ex post Dove c’è incertezza ambientale tenderò a creare contratti più completi; allo stesso tempo essendo alta l’incertezza, in ottemperanza a quanto detto da Crocker e Reynolds, non si sa quale sarà l’entità del beneficio che si manifesterà → si dovrebbe tendere alla creazione di contratti meno completi; interviene a questo punto però la minaccia di hold-up e la paura di comportamenti opportunistici → le parti si cauteleranno con contratti più completi che riducono lo spazio per la negoziazione ex-post che sarebbe invece utile in situazioni in cui non si può stimare il ritorno futuro → economia meno efficiente. Determinanti dell’incompletezza contrattuale • • • • Limitata capacità previsiva Ambiguità nel linguaggio Costi di contrattazione per la definizione dell’accordo su ogni possibile circostanza Difficoltà nella corretta applicazione del contratto ◦ Inefficienze del sistema legale ◦ Asimmetrie informative fra le parti ◦ Difficoltà a trasmettere informazioni (anche se condivise fra le parti) all’autorità esterna → “non verificabilità” Incompletezza: ragione di fondo Assenza di verificabilità! • Non tutte le promesse contrattuali sono da ritenersi, nella pratica, vincolanti A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 74 a.a. 2010-2011 • • La non verificabilità può indurre comportamenti opportunistici post-contrattuali motivati dalla potenziale impossibilità di imporre sanzioni Opportunismo: Rinegoziazione - Interruzione Se la parte più forte (quella che si espone di meno con investimenti specifici) è conscia del fatto che un giudice esterno non può sanzionare i suoi comportamenti opportunistici eventuali, si sentirà più cautelata, ed entrerà più volentieri nel contratto, sapendo che se attuerà comportamenti opportunistici difficilmente potrà essere perseguibile. L’opportunismo potrebbe manifestarsi da un lato con rinegoziazione dei termini contrattuali → se all’inizio ci si era concordati per una spartizione del beneficio, la parte potrebbe chiedere una “fetta” maggiore di questo beneficio; dall’altro lato potrebbe interrompere il contratto (ad es. la parte forte scopre che in Cina c’è un fornitore che gli darebbe un componente alla metà del prezzo rispetto al fornitore italiano → magari anche senza rinegoziare passa al fornitore cinese interrompendo l’accordo col fornitore italiano più debole il quale avrà grosse perdite poiché magari avrà effettuato investimenti specifici). Investimenti specifici Specificità delle risorse produttive → natura della specificità: • Localizzazione fisica • Specificità fisica o materiale • Risorse umane • Risorse dedicate L’investimento specifico può essere bilaterale perché entrambe le parti investono nel contratto; è anche uno strumento di enforcement poiché implicitamente entrambe le parti manifestano interesse nella relazione e dimostrano di voler investirci; ma l’investimento specifico bilaterale di per sé non costituisce una garanzia contro il rischio di hold-up, poiché ad esempio l’investimento bilaterale potrebbe non essere contemporaneo, ovvero le parti effettuano investimenti in momenti diversi. • • Entità dell’investimento → quanto è più grande, tanto è maggiore il rischio di hold-up Livello di specificità della risorse → minore è la reversibilità della risorsa tanto maggiore sarà il rischio di hold-up (ad es. si forma un operatore a svolgere operazioni che soltanto un cliente richiede → quando si perde un cliente si perdono gli investimenti effettuati per formare l’operatore rendendolo “inutile”). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 75 a.a. 2010-2011 Utilità e rischi dell’investimento specifico • • • • Può generare un valore superiore a quello di investimenti generici Elevato gap fra il valore dell’investimento all’interno della relazione e il suo migliore uso alternativo Rischio di vincolo alla relazione (Lock-in) per il soggetto che effettua l’investimento specifico In condizioni di non verificabilità, sussiste il rischio di hold-up Se un soggetto effettua investimenti specifici, tenderà ad essere legato a quella relazione, è difficile che utilizzi quell’investimento in un’altra relazione (poiché l’investimento è specifico e non recuperabile), quindi si concentrerà su questa (è locked-in, vincolato, nella relazione). In condizioni di non verificabilità, l’essere vincolati alla relazione determina il rischio di comportamenti opportunistici o hold-up. Problema di Hold-up Una volta effettuato l’investimento, la controparte si espone (in presenza di contratti incompleti) al rischio di rinegoziazione o di interruzione del rapporto → l’hold-up esiste nel momento in cui effettivamente una delle 2 parti si lega alla relazione, è un comportamento messo in atto dalla parte più forte, che richiede una ri-negoziazione del contratto affinché si torni ad una situazione ottimale per entrambe le parti. Rischia di generare: • Ritardi nell’effettuazione dell’investimento specifico (fintanto che la parte forte non dà qualche forma di garanzia sull’investimento la parte debole ritarderà a fare investimenti specifici sottoponendosi al rischio del mutamento delle condizioni di mercato e al rischio degli investimenti specifici di concorrenti che potrebbero conquistare prima il mercato) • Sotto - investimento • Rinuncia all’investimento specifico • Grado di dipendenza economica • Asimmetria di credibilità della minaccia di uscita dal contratto (se sono la parte debole e ho effettuato forti investimenti specifici non sarò credibile se minaccio di uscire dall’investimento per far prevalere i miei diritti → asimmetria nella possibilità di usare lo strumento della minaccia che indebolisce ancora di più la parte debole) ◦ Indebolimento della controparte esposta ◦ Rafforzamento della controparte avvantaggiata (→ determinando il rischio di comportamenti opportunistici) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 76 a.a. 2010-2011 Situazioni in cui si manifesta hold-up • • Investimenti specifici unilaterali Investimenti specifici bilaterali non simultanei, oppure non uguali in termini di identità Hold-up in caso di investimenti specifici unilaterali Esempio: F = Ford (acquirente) P = Pininfarina (fornitore di scocca) Ipotizziamo che i fornitori propongano alla Ford un tipo di scocca differenziato, particolare e specifico. Ford è in grado di vendere il prodotto generico, non differenziato, ad un prezzo p = 40. Invece il prodotto specifico potrebbe venderlo a p’ = 100 (il mercato riconosce un premio di prezzo); per poter mettere sul mercato questo prodotto, è necessario coinvolgere anche il fornitore, perché Ford non ha la tecnologia sufficiente per realizzare quella dotazione tecnologica da sola, ma al momento il fornitore (Pininfarina) non è in grado di produrre quel componente, deve realizzare investimenti specifici. Ipotizziamo che nella situazione di investimento generico, le parti abbiamo concordato di ripartirsi in maniera equa il guadagno dato dal prezzo di mercato → Guadagno F = GuadagnoP = 20. Con il prodotto specifico Pininfarina deve effettuare un investimento specifico di entità s tale che 0 < s < 30 → essendo 100 il prezzo → GuadagnoF = 50 e GuadagnoP = 50 - s Il guadagno di Ford passa da 20 a 50 e quello di Pininfarina passa da 20 a 50 - s che sicuramente sarà ≥ 20 (è uguale solo se s = 30) Così l’investimento genera benefici ad entrambe le parti, se il contratto viene rispettato → non ci sono motivi per non farlo in teoria. Assumiamo però che non ci sia verificabilità né sulla specificità dell’investimento, né sulla certezza del rispetto del contratto (t = 0). Se nel tempo t = 1 Pininfarina effettua l’investimento, a partire da quell’istante t = 1 sarà esposta al rischio di Hold-up → a t = 2 Ford chiederà una ri-negoziazione dei termini contrattuali, e così facendo tenta di appropriarsi della quasi-rendita della controparte. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 77 a.a. 2010-2011 Sapendo che Pininfarina è vincolata dalla relazione Ford si chiederà perché dovrà limitarsi al 50% del prezzo del mercato quando potrebbe avere di più → minaccia l’uscita che per Ford sarebbe quasi indolore mentre per Pininfarina no, poichè ha già effettuato l’investimento → In t = 0 la spartizione è (50; 50 - s), essendo Ford più forte il punto di equilibrio si sposterà più verso sinistra a partire dall’istante t = 1, fino all’estremo in cui Ford si appropria quasi completamente della quasi-rendita della controparte, pagando l’investimento specifico come se fosse un prodotto generico. Questa condizione (GuadagnoF = 80 e GuadagnoP = 20 - s) per Pininfarina risulta essere svantaggiosa perché viene pagata 20 come un investimento generico ma in più ha effettuato l’investimento specifico → a priori Pininfarina tenderà a rifiutare l’investimento; una rinuncia all’investimento però comporta una rinuncia ad un potenziale mercato e ad un’economia più efficiente che prevede maggior beneficio per entrambe le parti → lo schema contrattuale specifico non si avrà poiché c’è la minaccia di hold-up e si rinuncia ad una creazione di ricchezza. Tutto ciò perché non esiste un meccanismo di gestione efficiente dello scambio. Hold-up in caso di investimenti specifici bilaterali Esempio: Le ipotesi sono quelle del caso precedente, ma in questo caso oltre all’investimento s di Pininfarina, ipotizziamone anche uno b di Ford. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 78 a.a. 2010-2011 0 < s < 30 0 < b < 30 Anche qui p = 40 e p’ = 100 → si ha un surplus che è maggiore alla somma dei due investimenti specifici → Ford avrà un guadagno pari a 50 - b e Pininfarina pari a 50 - s, quindi per entrambi si avrà un beneficio maggiore nell’investimento specifico rispetto a quello generico. Non c’è un problema di hold-up come prima, ma c’è un problema di momento in cui viene effettuato l’investimento; supponiamo ad esempio che Pininfarina effettui l’investimento per prima al tempo t = 1 → Ford avrà potere di hold-up poiché essa non lo avrà ancora effettuato, e minaccerà di non farlo a meno che non si ritratti il contratto; si ri-approprierà così di una grossa parte della quasi-rendita di Pininfarina (Guadagno F = 80 - b e GuadagnoP = 20 - s). Nell’investimento bilaterale la parte debole non è quella che effettua l’investimento specifico ma quella che lo effettua prima e si ha di nuovo il problema di hold-up; anche in questo caso le parti rinuncerebbero ad un possibile guadagno. Nel caso opposto potrebbe essere Ford ad effettuare l’investimento specifico per prima → Ford si esporrà all’hold-up (Guadagno F = 20 - b e Guadagno P = 80 - s) e Pininfarina chiederà una rinegoziazione. → Gli investimenti specifici bilaterali non risolvono il problema di hold-up Nella letteratura manageriale compaiono diversi casi di hold-up; uno celebre è il caso Alcoa-Essex. Alcoa è un produttore di alluminio ed Essex è il cliente che effettua un investimento specifico collocandosi vicino al fornitore per facilitare la fornitura. Essex aveva chiesto un contratto a tutela del proprio investimento specifico, in particolare un blocco dei prezzi (poiché Alcoa avrebbe potuto approfittare della vicinanza del cliente per aumentare il prezzo unitario); la situazione però si è capovolta poiché per andamenti di mercato Alcoa ha subito un incremento dei prezzi di materia prima e si è trovata vincolata per il contratto, non potendo ripartire l’aumento dei costi col cliente. Questo per colpa di un contratto redatto in malo modo. Esempio Ducati: la 1098 ha avuto una domanda molto maggiore del previsto, quasi doppia → ha chiesto ai fornitori di diminuire tempi di consegna (ha creato ponti di linee aeree apposta col Giappone per le pastiglie frenanti), di aumentare produttività, e di reagire in fretta poiché nel settore dell’alta gamma si innesca il meccanismo per cui se si vedono in giro molte moto l’indeciso sarà portato ad acquistare → era necessaria una risposta immediata al mercato per innescare un circolo virtuoso di incremento della domanda. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 79 a.a. 2010-2011 Rimedi all’hold-up • • • Rimedi legali e clausole contrattuali Strumenti indiretti di enforcement Integrazione verticale Esiste il problema dell’hold-up; spesso è un problema di scuola che non accade nella realtà poiché le imprese sono a priori in grado di riconoscere situazioni latenti di rischio e porvi rimedio magari rinunciando all’accordo ed alla creazione del valore → è necessario vedere le forme di contratto che possano risolvere questo problema per ripristinare l’efficienza economica. Ultima soluzione all’hold-up è l’integrazione verticale; altri rimedi si dividono in forme contrattuali e forme extra - contrattuali. Rimedi contrattuali/formali fanno riferimento a due possibilità: o che il problema venga risolto a livello legale-giuridico, o includendo nel contratto clausole che tolgano la possibilità di ri-negoziazioni. Alcune forme contrattuali prevedono appunto l'inclusione di meccanismi che possano permettere di risolvere l’hold-up nel caso si manifesti → è comunque una forma giuridica. Forme extra-contrattuali si basano su meccanismi che si rifanno alla dimensione relazionale o di carattere sociale (perdita di reputazione dell’azienda che attua comportamenti opportunistici). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 80 a.a. 2010-2011 Rimedi legali e clausole contrattuali L’incompletezza contrattuale può derivare da: • Assenza di un’autorità giudiziaria riconosciuta • Non verificabilità Sistemi legali e misure di rimedio • • • Common Law vs. Civil Law (nei paesi anglosassoni si ha Common Law; Civil Law, nei paesi latini) ◦ Civil Law si basa su un’idea di forti costi di negoziazione ex-ante → forte negoziazione della contrattazione e nella formazione burocratica della regolamentazione ◦ Common Law è un meccanismo in cui si danno principi ispiratori che guidano la legge, ma fanno disciplina e legislazione l’insieme di sentenze che i giudici emettono → in casi analoghi nel futuro non si potranno prendere sentenze diverse da quelle precedentemente applicate → le sentenze emesse diventeranno vincolanti per le sentenze successive. Elemento in comune è il principio che prevede la sanzione in caso di inadempimento del contratto → risarcimento della parte lesa; comune è anche la modalità ispiratrice del risarcimento che si basa su 2 aspetti, il danno quando si manifesta in deviazione rispetto al contratto può manifestarsi in 2 modi: danno emergente e lucro cessante; danno emergente → sono venute a meno determinate condizioni per la di cui creazione io ho effettuato una spesa, lucro cessante → il danno fa si che la parte lesa non potrà approfittare dei profitti che si sarebbero manifestati se le condizioni fossero stati favorevoli e la controparte non avesse ostacolato Vincolo all’adempimento del contratto (per contratti espliciti e impliciti) Predisposizione di misure a tutela della parte lesa A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 81 a.a. 2010-2011 Quadro generale delle misure di rimedio Rimedi legali: Si adottano rimedi legali qualora ci si rivolga ad un giudice terzo che risolva il contenzioso; anche in caso di non verificabilità ci si può rivolgere ad un giudice, la parte soggettiva però assumerà rilevanza maggiore • Esecuzione specifica: Imposizione da parte del giudice dell’effettiva applicazione del contratto → la parte inadempiente deve rispettare il contratto (nel caso Ford, Ford avrebbe dovuto garantire a Pininfarina un ricavo di 50 - s) • Risarcimento al danno: il giudice ritiene che l’esecuzione specifica non sia efficiente → predispone un risarcimento ◦ Danno emergente → Restituzione e danni da affidamento ◦ Lucro cessante → l’inadempienza non penalizza solo per gli investimenti effettuati ma anche per la mancanza di futuri guadagni → danni da inadempimento (entrambe queste forme sono forme pecuniarie) • Risoluzione del contratto: il giudice annulla il contratto non vedendo vie d’uscita. Clausole contrattuali: Anche in presenza di clausole contrattuali, se una parte si sente lesa, può rivolgersi ad un giudice togato e quindi si ricade nei rimedi legali. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 82 a.a. 2010-2011 • • Liquidazione con stipula privata → Le imprese si accordano in maniera congiunta, a priori nel contratto, su forme di soluzione del contenzioso, e una di queste forme potrebbe essere una liquidazione negoziata privatamente tra le parti; diventa un problema la stima della liquidazione per la quantificazione del danno. La legislazione suggerisce che si debba utilizzare il danno ipotizzato (in sede di contrattuale) e non il danno al momento della liquidazione Modifiche contrattuali → si chiamano così proprio perché modificano le condizioni contrattuali (es. opzioni, default rules, side contracts, cauzione, penalità, scambio di ostaggi, clausole di esclusiva). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 83 a.a. 2010-2011 20/05/2011 Ottimizzazione degli acquisti nelle aziende manifatturiere Il caso di un gruppo di aziende nel settore delle “Costruzioni Meccaniche” Michele Liberati → [email protected] Makeitalia Nasce nel 2008 da un’idea di impresa legata all’eccellenza e all'innovazione all’interno della catena di fornitura, maturata attraverso l’esperienza manageriale ed i successi raggiunti dal team di progetto all’interno di realtà produttive avanzate e fortemente competitive. E’ tra le 12 società selezionate da “We Tech Off”, incubatore di Aster (consorzio Regione Emilia Romagna, CNR, Università di Bologna, ...) che promuove lo sviluppo ed il consolidamento di imprese nascenti. Le due direttrici 1. Produzione Direttrice “make”: proponiamo la gestione (acquisto e gestione dei flussi dei materiali) in outsourcing di produzioni di strutture meccaniche più o meno complesse (comprese componentistiche elettroniche e/o idrauliche) di medie/piccole serie. Es. per Carpigiani stanno producendo una macchina per la panna montata, gestiscono tutta la rete logistica mentre per l’assemblaggio si appoggiano ad un terzista, MakeItalia fa un controllo di qualità ed invia la macchina a Carpigiani. Carpigiani ha esternalizzato l’intero prodotto finito. Non è inusuale che un produttore metta il proprio marchio su un prodotto che fa produrre da un terzista il quale sarà un Contract Manufacturer. Carpigiani però nel caso mantiene le competenze poiché fa lei la progettazione e fornisce lei i componenti chiave. 2. Consulenza Direttrice “Think to make”: offriamo collaborazioni di consulenza con la concretezza derivata da una consolidata esperienza in azienda. Forti di questo proponiamo un approccio in un’ottica value sharing (condivisione dei risultati). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 84 a.a. 2010-2011 Aree di competenza Quality • Qualità in tempo (integrazione Quality cost delivery) • Certificazione del processo dei fornitori • Definizione di KPI della Supply chain • V • P • Gestione fornitori critici Cost • • • • • • Gestione della negoziazione/trattativa Progetti di riduzioni costi (attività crash e strutturali) Ottimizzazione del parco fornitori Outsourcing Strategic sourcing Best cost country Delivery • Metodi di pianificazione della produzione • a • a • a Obiettivi e fasi del progetto di ottimizzazione degli Acquisti Lo sviluppo della classificazione merceologica A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 85 a.a. 2010-2011 Il gruppo di aziende per cui hanno lavorato è il gruppo CMS, primo fornitore di Tetrapak per la produzione di macchinari, con un fatturato di 80.000.000 € all’anno. Obiettivi: • Centralizzazione degli acquisti del Gruppo: adottare politiche comuni di gestione dei fornitori, per determinate categorie di prodotto, rivolgendosi al mercato di fornitura non più in maniera individuale, ma in qualità di “gruppo”. • Strategic Sourcing e razionalizzazione del parco fornitori: Definire le strategie di acquisto del Gruppo, per determinate categorie di prodotto, attraverso l’analisi della composizione del parco fornitori e l’approfondimento delle alternative di mercato. Risultati attesi: • Sinergie derivanti dall’aggregazione dei volumi o da alternative di fornitura maggiormente competitive → saving • Maggiore efficacia ed efficienza dei processi d’acquisto • Maggiore integrazione delle aziende del Gruppo (partendo dalla gestione degli acquisti) Sulla base della classificazione merceologica è stata poi definita la centralizzazione delle responsabilità di acquisto. Differenza tra classificazione e codifica • Classificazione: raggruppamento di prodotti simili, secondo dei driver individuati, in categorie omogenee • Codifica: Differenziazione tra prodotti simili tramite assegnazione di un codice univoco Nota: Una volta definiti i raggruppamenti è necessario distinguerli tramite una codifica A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 86 a.a. 2010-2011 Perché una classificazione merceologica? 1. Definizione di un livello di linguaggio comune → • Tra funzioni aziendali: ufficio tecnico, uff. acquisti, produzione, qualità, amministrazione • Tra capogruppo e consociate • Tra aziende del gruppo e fornitori • Facilità di confronto con il mercato 2. Controllo e razionalizzazione della spesa → • Possibilità di creazione e controllo di una vendor list per calssi merceologiche • Possibilità di definizione di una strategia d’acquisto per singola classe merceologiche • Possibilità di controllo della spesa effettiva per le singole classi merceologiche 3. Ulteriori finalità → • Elemento base per la distribuzione dei carichi di lavoro (per funzioni con interfaccia verso fornitori) - acquisti/qualità/logistica. • Base per standardizzazioni/razionalizzazioni future. La definizione delle responsabilità di acquisto: centro-periferia L’output è stata una tabella in base alla quale, su tutte le categorie individuate, ne hanno selezionate 8 (per i materiali diretti) e su queste hanno portato avanti il processo di centralizzazione + altre 8 per i materiali indiretti. Struttura organizzativa - Le risorse umane E’ stata creata la figura del commodity manager con 3 principali responsabilità: • Gestione parco fornitori A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 87 a.a. 2010-2011 • • Controllo costi delle forniture Supporto agli altri enti aziendali nella gestione delle problematiche relative alla supply chain Gli sono inoltre stati forniti degli obiettivi, dei KPI, alcuni dei quali relativi al controllo del numero dei fornitori (direttamente proporzionale alla complessità di lavoro). Per ogni azienda sono stati definiti dei commodity manager che sono stati riuniti in un gruppo di lavoro La revisione della struttura organizzativa • Cosa compriamo? ◦ Codici della classe e principali processi produttivi ◦ Ripartizione fatturato d’acquisto sulle classi merceologiche ◦ Previsione su volumi d’acquisto futuri ◦ Stima struttura di costo dei componenti principali ◦ Valutazione evoluzione costo nel tempo • Da chi compriamo? ◦ Individuazione ◦ Ripartizione Come performano i nostri fornitori? ◦ Valutazione delle prestazioni in ottica di QCD: economiche, qualitative, logistiche • A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 88 a.a. 2010-2011 Approfondimenti sul mercato di fornitura • Conosco il mercato di fornitura? ◦ Dimensione del mercato ◦ Players principali e relative quote ◦ Struttura della supply chain e posizionamento dei diversi concorrenti • Esistono dei fornitori maggiormente competitivi? ◦ Informazioni su aziende maggiormente competitive ◦ Visite conoscitive ◦ Richieste offerte di fornitura Definizione della strategia d’acquisto (to-be) • Dove vogliamo andare? Linee guida: • Riteniamo che il numero dei fornitori nel segmento sia corretto? Se sì/no perché? • E’ opportuno rivelare i parametri di fornitura Sviluppo action plan e monitoraggio avanzamenti • Come arrivarci? Individuati i fornitori da far crescere, da eliminare, dove è necessario inserirne nuovi, dove va monitorata una situazione insoddisfacente, occorre implementare il piano di azioni e monitorare gli avanzamenti Suggerimenti: • Chiarezza nelle responsabilità • Chiarezza nei tempi • Monitoraggio costante Sintesi del lavoro sulla “classe pilota”: materie prime e semilavorati (Acciaio Inox) • Cosa compriamo? Lamiere, barre, tubi, piatti, esagoni, quadri. Descrizione del processo produttivo: Laminazione → Spianatura → Satinatura → Taglio → Imballo e trasporto A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 89 a.a. 2010-2011 Stima struttura di costo: incidenza materiali diretti, lavorazioni dirette, indirette, margine Struttura di costo lamiere Acciaio Inox: • Lavorazioni dirette: ◦ Spianatura → circa 0,08 €/kg ◦ Satinatura 1 lato → circa 0,06 ◦ Protezione 1 lato → • Extralega: valore funzione della quotazioni di nickel, cromo e molibdeno... • Base: Valutazione dell’evoluzione del costo nel tempo (confronto con evoluzione costo materie prime) Ripartizione del fatturato di acquisto della classe sui diversi fornitori (dettaglio per ciascuna consociata) Valutiamo quanti sono i fornitori ed in quale maniera performano; con 14 fornitori che hanno fatturato annuo minore di 1.000€ si intrattenevano relazioni, pertanto si è deciso di riorganizzare la gestione delle forniture con questi (tagliando i fornitori non necessari, per non mantenere troppe pratiche di fornitura aperte poiché queste comportano un costo). Informazioni generali sul mercato di riferimento [Dati generali nei paesi globali] Valutazione potenziali fornitori alternativi [Dati sulle aziende] Proposta di razionalizzazione dei fornitori di acciaio Inox del Gruppo [Target Panel: obiettivo prefisso dall’azienda] Sintesi Decisioni principali • Strategia: 2 fornitori di riferimento per ciascuna tipologia di prodotto (“piani” e lunghi”) • Azioni: ◦ Inserire 2 nuovi fornitori (avvio della procedura per la qualificazione) ◦ Ordine su fabbisogno di 2 mesi (incertezza su andamento del prezzo, possibili decrementi da Settembre) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 90 a.a. 2010-2011 Risultati principali • Individuate alternative di fornitura maggiormente competitive ◦ Prodotti piani (lamiere) → saving circa 50 k€/anno (rispetto ai fornitori attuali) ◦ Prodotti lunghi (tubi, barre) → saving circa 20 k€/anno (rispetto ai fornitori attuali) • Incremento della collaborazione tra le aziende del gruppo sulla gestione degli acquisti • Sviluppo e diffusione di conoscenze sui prodotti, processi e sul mercato dell’acciaio inox In percentuale sono riusciti a risparmiare un 2,5% (70.000 €) che nel mondo delle materie prime come l’acciaio (commodities) è già notevolissimo. Come società di consulenza non fatturano sulle ore cliente ma sulla parte che fanno risparmiare → dividono il guadagno di 70.000 € → da gennaio 2010 a maggio 2010 (primo blocco) → Dicembre 2010 (fine), lavoro di 2 persone, circa un guadagno di 35.000 € Il discorso che abbiamo affrontato oggi può far riferimento ai contratti di selezione, l’azienda consulente si presenta positivamente comunicando la propria capacità di generare valore aggiunto all’azienda cliente. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 91 a.a. 2010-2011 24/05/2011 Clausole contrattuali Default Rules Minime: regole chiare di applicazione di rimedi esercitabili in via automatica in casi ben delineati. Side Contratcs: contratti parziali relativi ad aspetti del contratto verificabili da terzi. In prima analisi abbiamo 2 macro categorie, o ci si rivolge ad un giudice togato oppure si assume di inserire delle clausole contrattuali inserendo dei meccanismi volti a risolvere delle problematiche. Perciò o si risolve il contenzioso fra le due parti o ci si rivolge ad un arbitro, inserendo quindi delle clausole specifiche. Il problema dell’hold up nasce perché una parte rischia di crear danno all’altra. Abbiamo visto l’esempio di Ford con il fornitore Pininfarina: Investimento generico F = 20 P = 20 Investimento specifico F = 50 P = 50 - s con s ∈ ]0 ; 30[ (esclusi gli estremi) In t = 0 entrambe le parti sono avvantaggiate dall’effettuare un investimento specifico mentre in un periodo t = 1, F = 80 e P = 20 - s inferiore a P = 20 dell’investimento generico pertanto non sarà conveniente ad una delle due parti. L’atteggiamento espropriativo di Ford tende ad erodere il beneficio che spetterebbe di contratto alla propria controparte portandolo in alto a sinistra nel grafico. Come si può predisporre un meccanismo che possa risolvere questo problema? Cauzione: Il primo pensato è quello di Cauzione: Nel momento in cui una parte effettua l’investimento specifico si espone ad un rischio e la parte che non effettua l’investimento cede una parte del proprio portafoglio, detta appunto cauzione che verrà infine restituita all’atto dello scambio fra le parti. All’istante t = 0 Ford versa la cauzione eliminando così il rischio di perdita da parte di chi non ha versato per l’investimento, infatti, nel caso in cui non avvenga lo scambio, Pininfarina si terrà la cauzione versata da Ford. La parte versata come cauzione si chiama giuridicamente “residual claimant”, non è altro quindi che la quota versata a quel soggetto che si riserva il diritto di eseguire o meno il contratto, essendo il possessore del valore residuo. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 92 a.a. 2010-2011 Attraverso la cauzione il punto di status quo della contrattazione ex-post viene spostato in favore del venditore nel punto che assegna a lui la quasi-rendita attesa, mentre tutto il potere contrattuale viene fornito al compratore (che può decidere o no se comprare in t = 1) che diventa in tal modo residual claimant (avendo diritto ad ottenere tutto il surplus residuo una volta che è stata pagata al venditore la sua quasi-rendita). Il meccanismo di cauzione non risolve di per se il problema dell’hold up, perché la controparte che non versa potrebbe essere interessata ad incassare solamente la cauzione (doppio azzardo morale) → La cauzione incrementa la specificità alla relazione contrattuale da parte del soggetto che la elargisce, esponendolo all'opportunismo della controparte. Nel caso in cui si inserisca un arbitro, una parte terza a livello contrattuale, potrà essere versata a questa terza parte la cauzione. Includere un arbitro in uno scambio è comunque rischioso, perché potrebbe essere in accordo con una delle due parti. Nonostante ciò, è il metodo più sicuro ed oggettivo, in quanto lo scambio viene visto da una parte esterna, super-partes in teoria. Grafico: Asse x Venditore Asse y Compratore due punti x e y → il punto medio è z Il compratore tenderà a spostare il punto z verso x in alto a sx, cercando di aumentare il proprio beneficio. Grazie all’arbitro ed all’utilizzo di una cauzione, il valore di z non potrà spostarsi oltre ad un certo valore (h). Penale: Un altro metodo in cui si possono risolvere questi problemi è il meccanismo di Penale, simile a quello di cauzione. Si da diritto ad un soggetto terzo di stabilire quale sarà l’entità del danno che la parte in difetto dovrà versare alla parte danneggiata nel caso in cui vi sia inadempienza del contratto. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 93 a.a. 2010-2011 • • • Se penalità = quasi-rendita attesa → investitore pienamente tutelato poiché la controparte è incentivata a non abbandonare il contratto Se penalità < quasi-rendita attesa → investitore non tutelato in caso di uscita → sarà indotto a sottoinvestire Se penalità > quasi-rendita attesa → il venditore incentiverà l'uscita del compratore Penalità elevate sono date per esempio dalle clausole di esclusiva con le quali la controparte del soggetto che realizza investimenti specifici si impegna a non contrattare in futuro con soggetti terzi. Il fatto che in alcuni casi il metodo penale sottostimi o sovrastimi il valore da risarcire porta ad effettuare comportamenti opportunistici, invogliando una delle due parti ad appropriarsi della “penale” sovrastimata. Altro modo di creare vincoli reciproci tra soggetti coinvolti in una relazione contrattuale incompleta è quello denominato da Williamson “scambio di ostaggi”: i soggetti coinvolti possono trasferire alla controparte il controllo di assets, essenziali alla relazione contrattuale, in modo da fornire una sufficiente garanzia di continuità del rapporto. Ad esempio gli investimenti bilaterali sono migliori degli investimenti specifici per risolvere i problemi di hold-up. I problemi nascono nel momento in cui gli investimenti non sono simultanei. Si ipotizza di frazionare gli investimenti delle due parti in sottoquote, frazionando il rischio, così una parte versa un investimento minore e aspetta che la seconda versi la propria. Non è sempre facile frazionare gli investimenti ma, quando possibile, è sicuramente vantaggioso se si vuole abbassare il rischio di perdita. Esempio: una parte effettua un investimento specifico in un macchinario mentre la seconda parte effettua sempre un investimento specifico ma in formazione del personale, così, entrambe le parti effettuano un investimento di pari rischio ed hanno così interesse a concludere il contratto Contratti con opzione (contratti semplici) Si definiscono delle regole del gioco a priori, si definisce ad esempio chi sia la parte che ha diritto di dare esecuzione o ritiro del contratto a priori. Se si dà un vantaggio simile ad una delle due parti allora dovremo garantire all’altra una garanzia equivalente. Il meccanismo di contratto ha sempre l’obiettivo di ridurre il rischio di hold-up e di far concludere il contratto per entrambe le parti. Nei contratti con opzione si stabiliscono A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 94 a.a. 2010-2011 anche i tempi massimi in cui effettuare le “giocate”, al fine di stabilire dei tempi prefissati ai fornitori ed di non protrarre il contratto troppo a lungo. Modello ADR Abbiamo un compratore ed un venditore ed una parte terza. Quest’ultima può verificare che il compratore abbia offerto la quantità q per la quantità p prodotta dal venditore. Nel meccanismo con opzione ADR si assume che il beneficio corrisposto alla parte che non è residual claimant sia equivalente al punto media z, di allocazione dei benefici. Grafico come prima L’angolo retto formato da x, y con d [valore corrispondente ad x (di x) ed y (di y)] Il punto d corrisponde al valore che si genera nel caso in cui entrambe le parti effettuassero degli investimenti specifici. Gli spazi in grigio rappresentano i valori di negoziazione fra le parti. Nel caso in cui il venditore sia residual claimant, non si potrà scendere al di sotto del valore h (di z) proprio grazie ai vincoli stabiliti dal contratto, analogamente succede per il compratore nel caso in cui quest’ultimo sia residual claimant. In questo modo, il meccanismo dell’hold-up viene risolto in piena efficienza. Modello di Noldëke e Schmidt Sulla stessa linea del modello ADR si pone il contributo del modello di Noldëke e Schmidt nel quale si assume che l’autorità esterna possa verificare la consegna del bene oggetto della contrattazione da parte del venditore. Con questa particolare ipotesi di verificabilità procedurale, il problema dell’hold-up può essere risolto attraverso semplici contratti con opzione (option contracts). Un contratto di opzione conferisce al venditore A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 95 a.a. 2010-2011 il diritto di consegnare una determinata quantità q del bene al compratore e condiziona il pagamento del compratore alla decisione di consegna da parte del venditore. I contratti Esito nella negoziazione: garanzia contro il mancato rispetto dei termini concordati Contenuto del contratto (aspetti gestionali) • Prezzo: “prezzo fisso” vs “a rimborso” ◦ Prezzo fisso (lump sum) ◦ Prezzo fisso con aggiustamento ◦ Prezzo fisso con ricalcolo ◦ Prezzo fisso con incentivi ◦ Cost plus con incentivi ◦ Tempo e materiali ◦ A rimborso Verso l’alto si va in Rischio fornitore, verso il basso in Rischio cliente. Si va dal prezzo fisso tutto a carico del fornitore, cifra non rimborsabile al cliente in caso di incertezze o problemi fino al totale rimborso, dove il cliente risarcisce ogni singola voce di costo ex post. Orizzonte temporale • Transazioni spot • Contratti di medio-lungo termine → garanzie di prezzo e volumi (prezzo iniziale, meccanismi di aggiustamento, penali, clausole di rinnovo/uscita) Contratti chiusi vs aperti • Contratti quadro (utili nei lunghi periodi, definiscono più che altro gli intenti e gli obbiettivi condivisi, assumendo che le regole si possano modificare nel tempo) • Contratti di erogazione • Accordi di acquisto Termini di pagamento: flussi finanziari Garanzie di corretto funzionamento (se il bene ha un malfunzionamento entro il termine del contratto il venditore dovrà garantire la riparazione o il ricambio dell’oggetto considerato) Termini di consegna (International Commerce Terms) Trasferimento di proprietà: non sempre coincide con i flussi fisici Strumenti di gestione del rischio: vedi Capitolo 17. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 96 a.a. 2010-2011 25/05/2011 Aligning Incentives in Supply Chains by V.G. Narayanan and Ananth Raman Esempio: Cisco, all’inizio del 2000 subisce un abbassamento del valore azionario in borsa dopo aver annunciato una forte obsolescenza (quel fenomeno secondo cui un prodotto finito è utilizzabile, e tecnicamente funzionante ma non è più competitivo sul mercato) delle proprie attrezzature e prodotti a magazzino. Nel settore tecnologico l’innovazione è talmente rapida che il rischio di obsolescenza è grande. Un comportamento disfunzionale dei vari membri della supply chain della Cisco ha fatto sì che si accumulassero numerosi beni divenuti obsoleti → ciò ha comportato una politica di abbassamento dei prezzi per riuscire a vendere tali prodotti → abbassamento della marginalità di Cisco, infatti, il mercato azionario ha reagito togliendo fiducia all’azienda con il conseguente abbassamento del valore azionario. Storicamente Cisco incentivava la presenza di scorte nei fornitori o perlomeno non se ne curava data la forte circolazione di merce. I fornitori primari, certi del fatto che Cisco avrebbe comprato ed in quantità sempre crescenti, cercavano di creare contratti con fornitori secondari con l’obiettivo di abbassare i costi di approvvigionamento → si assumevano un ingiustificato rischio per l’obsolescenza per ottenere un prezzo di acquisto migliore; questo ragionamento va bene fino a che la domanda (Cisco) cresce o è certa. Il sistema implode quando viene a mancare la certezza della domanda: Cisco infatti si trovò a dover aggiornare la gamma ed i fornitori di primo livello non ottennero più il beneficio atteso (e allo stesso tempo Cisco perse la capacità di far fronte ad aumenti imprevisti della domanda). → Inefficienza del sistema nel complesso. Il disallineamento degli obiettivi all’interno della supply chain è quello su cui si basa tutto l’articolo di Narayanan e Raman. Può essere che in alcune supply chain ci siano situazioni per cui alcuni attori riescono a perseguire l’ottimo, ma il resto della catena invece non è efficiente → a lungo termine una non efficienza complessiva arrecherà danno anche a chi riesce parzialmente a perseguire il proprio ottimo. Nella pratica però prevale il particolarismo, ognuno persegue il proprio ottimo, e organizzare i vari livelli della filiera è difficilissimo; in caso di problemi di comunicazione poi il coordinamento è ancora più arduo. Dunque si hanno diversi problemi: • Gli attori della filiera sono molti • I problemi di comunicazione ci sono • Gli attori spesso appartengono a più filiere, si pensi ai trasportatori A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 97 a.a. 2010-2011 • Scambio di informazioni e competenze: non tutti i manager hanno informazioni sulle strutture dei vari anelli della catena, delle varie imprese con le quali interagiscono (nonostante il manager conosca bene risorse, obiettivi, e competenze della propria impresa non conoscerà altrettanto bene quelli delle altre imprese) In questo contesto non è facile pensare ad un allineamento degli incentivi nella Supply Chain. Narayanan e Raman individuano 3 elementi alla base di questo disallineamento degli incentivi: • Hidden actions → ci sono azioni nascoste, perché non tutte le azioni sono monitorabili, e alcune di queste sono compiute da una parte e possono quindi essere non osservabili dalla controparte. E’ necessario costituire incentivi per cui tutte le azioni siano osservabili. Si parla di azioni non visibili che, in assenza di precise forme d’incentivo, possono non essere funzionali al perseguimento dell’ottimo di tutta la catena. Ad esempio, alcune catene di distribuzione come Coop hanno prodotti a marchio proprietario (biscotti) ma allo stesso tempo vendono prodotti di altri, come Mulino Bianco Barilla → per l’assegnazione di scaffali e spazi espositivi se Barilla non fornisce sufficienti incentivi a Coop probabilmente Coop tenderà ad esporre in maniera migliore i propri prodotti • Hidden information → L’allineamento degli incentivi richiede un grosso sforzo di information sharing. Se voglio allineare la supply chain le imprese devono scambiare informazioni sugli andamenti previsti dalla domanda, sulla struttura del prodotto e sulla struttura di costo di questo. Appare facile nella pratica ma, in realtà, le aziende non gestiscono grosse moli di dati. Sono tutte informazioni che un’impresa non rivela volentieri, infatti, si pensa che queste possano venir utilizzate in maniera opportunistica. In assenza di tali informazioni diventa molto difficile allineare gli obiettivi → avviene un disallineamento. Molto spesso la Hidden information è tale non perché non viene rivelata ma perché non viene divulgata • Badly designed contracts → Spesso si hanno anche schemi contrattuali inefficienti. Esempio catena di distribuzione degli USA che aveva bassi risultati economici e non ci si spiegava perché. E’ stata rilevata ed i proprietari hanno analizzato la situazione: lo stipendio dei commessi veniva decurtato dell’intero valore di eventuali beni rubati. Questo doveva incentivare i dipendenti a sorvegliare ed evitare i furti. Si aveva però come risultato secondario il fatto che i dipendenti, avendo quello come principale obiettivo, tenevano i prodotti di maggior valore chiusi a chiave in spazi dedicati → i clienti erano disincentivati ed annoiati dal dover sempre chiedere di poter vedere un oggetto e non poterlo “sperimentare” e toccare direttamente → i clienti non compravano, anche perché i dipendenti passavano più tempo ad aprire e chiudere oggetti che a promuovere A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 98 a.a. 2010-2011 la vendita di tali oggetti. Risulta evidente che una cattiva gestione del contratto può avere conseguenze disastrose. La nuova direzione ha lasciato una parte di stipendio legata ad eventuali danni da furto, ma ha legato un’altra parte ad un bonus proporzionale alla quantità di beni venduti. Ciò ha comportato un sensibile aumento dei furti ma anche un più che proporzionale aumento delle vendite. Queste 3 sono quindi le principali ragioni di problematiche che possono nascere a livello di disallineamento degli incentivi all’interno della supply chain. I metodi risolutivi a questi problemi sono dati da un procedimento che si basa su 3 punti fondamentali: ● Riconoscimento del problema → ammissione che il problema esiste e che necessita di una soluzione ● Diagnostica del problema → è una fase relativamente semplice: prevede di analizzare cosa sta succedendo e perché quello che avviene sia disfunzionale ● Intervento di risoluzione In molti casi vi è preclusione dal parlare dei problemi. Se dico alla controparte di un contratto che voglio modificarlo perché credo sia disfunzionale, questa potrebbe reagire negativamente, potrebbe pensare che voglia ritrattare le condizioni per volgerle a mio favore quando invece potrebbero giovare ad entrambi → l’accordo rimarrà pertanto inalterato senza risolvere il problema. Ancora gli autori individuano 3 strumenti che favoriscono l’allineamento: • Re-write contracts → E' la soluzione migliore perché, anche nel caso i cui le informazioni siano nascoste o non circolino in maniera corretta, se il contratto è scritto bene si risolvono i problemi e si riallineano gli obiettivi. • Reveal hidden information • Develop trust → Sviluppo di un rapporto più fiduciario tra le parti Re-write contracts Esempio di cattiva gestione del contratto: noleggio dvd - azienda Blockbuster. Blockbuster acquistava la copia dei dvd direttamente dagli studio (es. Universal Pictures) ad un prezzo piuttosto elevato, molto più alto di quello di realizzazione effettiva del bene. Ad esempio l’azienda cinematografica vendeva una copia del Titanic a 60 $; Ipotizziamo che Blockbuster noleggi le copie di Titanic a 3 $, per arrivare al breakeven point deve noleggiare 20 copie e per Titanic gli è facile ma per altri film di nicchia risulta molto più difficile. Per evitare eccessivo immobilizzo o tempi lunghi di payback il blockbuster si dota di un inventario basso → magari alta varietà ma poche copie per ciascuno → l’ovvia conseguenza è che molto spesso capiterà che le persone vadano al distributore e non trovino la copia del film che volevano noleggiare → il servizio è negativo e il cliente è insoddisfatto, Blockbuster perde marginalità e probabilmente anche Universal Pictures perde marginalità. La soluzione è stata di proporre agli studios di rifare il contratto abbassando il prezzo di vendita singolo e inserendo una royalty sul A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 99 a.a. 2010-2011 noleggio. Così c’è un maggiore incentivo per Blockbuster a comprare un numero maggiori di copie del film. La supply chain risulta più efficiente, anche per la soddisfazione del cliente finale che avrà la certezza di trovare la copia del film che desidera vedere. Tutto questo ha “obbligato” un maggiore scambio e condivisione di informazioni, poiché Blockbuster ha dovuto rendere conto agli studios dell numero di copie noleggiate per determinare la royalty da imporre, ma sicuramente ha portato una migliore redditività per Blockbuster, e maggiori introiti. Reveal hidden informations Altra via è rivelare le informazioni nascoste; lo scambio delle informazioni con l’avvento del web è diventato molto economico, molto più economico di 10 anni fa → sta diventando la soluzione migliore ancora prima della riscrittura del contratto. Esempio azienda che fornisce materiali all’ospedale (siringhe, cerotti, ecc) insoddisfatta della propria marginalità, dei propri risultati economici. Analizzata la situazione si scopre che vende agli ospedali attraverso cost-plus (considera tutti i costi del prodotto e aggiunge un proprio margine). Questo mark-up è una percentuale del prezzo del prodotto che fa si che si imposti una situazione in cui la vendita di prodotti standard genera una marginalità molto bassa, mentre invece il mark-up è più alto per i prodotti più specifici → gli ospedali compravano prodotti standard (con basso margine) da questo fornitore e altri prodotti più specifici da altri fornitori che imponevano un minore mark-up, rivolgendosi a questo primo fornitore anche per le consegne urgenti poiché non chiedeva un extra per il servizio. Questo ha generato una bassa marginalità per questo fornitore. Dopo una ricerca è stato trovato che all’ospedale andava bene pagare un prezzo più alto per le consegne urgenti → il fornitore ha diversificato la sua offerta: da un lato veniva ridotto il mark-up sui prodotti specifici, nonostante rimanesse alto, dall’altro lato veniva mantenuto il mark-up sui prodotti standard ed eventualmente aggiunto un extra-fee in caso di consegne urgenti; e per questo l’ospedale era disposto a pagare → Beneficio complessivo del sistema dato dal fatto che l’azienda ha venduto di più e l’ospedale ha ottenuto una riduzione del costo dei materiali più specifici. Develop trust Ultima soluzione è utilizzare la fiducia per riallineare gli incentivi, il che è quasi tautologico poiché la fiducia è il presupposto della relazione che se non funziona non avrà fiducia → difficilmente si potrà creare. Gli autori però si riferiscono all’istituzione di intermediari. Esempio di un’interazione tra compratore Americano e fornitore Cinese. Il loro rapporto è fortemente minacciato da alcuni pregiudizi: l’acquirente tenderà a pensare che la qualità sarà bassa, le consegne non puntuali, e le forniture non affidabili rispetto ai volumi. Dall’altro lato ci sono i pregiudizi del fornitore nei confronti di un paese diverso dal proprio: dal momento che i tempi di consegna sono lunghi, egli si aspetterà un A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 100 a.a. 2010-2011 grande disallineamento tra l’ordine fatto e la quantità che sarà poi acquistata effettivamente (l’ordine è previsivo, per cui l’acquirente tenderà a “gonfiare” questa cifra, e al momento della consegna non la ritirerà tutta, poiché in eccedenza rispetto alla necessità reale). Il rischio è per l’impegno di macchinari, merce e capitali non richiesti da parte del fornitore. Altro pregiudizio riguarda il fatto che il cliente giustificherà il mancato ritiro di una parte di merce dato dall’eccessiva richiesta, adducendo la scusa di scarsa qualità della fornitura Il rimedio è il ricorso ad un intermediario. Ad esempio c’è un’impresa di Singapore che fa scouting di fornitori da un lato, e dall’altro lato diventa fornitore per gli americani. Il distributore chiede garanzie sulla qualità al fornitore Cinese che non dovrà attuare comportamenti opportunistici perché gli garantisce volumi di vendita ed accesso ad un mercato altrimenti difficilmente raggiungibile. Il distributore inoltre fornisce garanzie al cliente Americano sul rispetto dei tempi di consegna → il mediatore indirettamente fa si che si crei maggiore fiducia tra fornitore e cliente; come sostengono gli autori del testo questo meccanismo comporta una complicazione del sistema e maggiore complessità di gestione ma comporta anche maggiori benefici. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 101 a.a. 2010-2011 Impresa, Concorrenza e Organizzazione by Grillo e Silva Transazione e forme organizzative Frequenza Occasionale Ricorrente Spesa Non specifica Mista Specifica 1. Acquisto macchinario standard 3. Acquisto macchinario con alcune caratteristiche specifiche 5. Acquisto macchinario interamente specifico Mercato Accordo Accordo (Centralizzazione) 2. Acquisto inputs intermedi standars 4. Acquisto inputs intermedi con specifiche particolari 6. Acquisto inputs molto specializzati Mercato (Accordo) Accordo (Centralizzazione) Centralizzazione Oliver E. Williamson declina la propria teoria sui costi di transazione in base a 3 fattori: • Specificità degli asset • Complessità/Incertezza • Frequenza Ronald Coase declina lo stesso modello in: • Mercato (competitivo o collaborativo) • Integrazione verticale e la scelta tra le forme da adottare dipende dai costi di transazione Gli autori Grillo e Silva riprendono Williamson e le sue 3 variabili dei costi di transazione. A seconda della specificità e della frequenza si avranno diverse scelte di struttura → 3 alternative che sono ● Mercato ● Accordo ● Centralizzazione Il mercato è la struttura organizzativa a cui si ricorre sia quando la transazione è occasionale sia quando è frequente per le parti che la concludono in casi di spese non specifiche, ovvero nelle quali le caratteristiche qualitative dell'oggetto scambiato sono note e non dipendono da chi lo produce (materiali standard). Il ricorso a questo strumento di governo esterno alle parti è tanto più conveniente quanto meno frequente è la transazione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 102 a.a. 2010-2011 Il tipo di governo cambia quando sono necessarie spese, parzialmente o totalmente specifiche, ma di natura occasionale. Alla transazione è infatti associato un costo che, una volta sostenuto, in caso di caduta della relazione, è tanto più irrecuperabile quanto più specifica ne è la natura. Le parti si legheranno con contratti di varia natura per ridurre il rischio di non recuperabilità dell'investimento. In caso di elevato livello di specificità la centralizzazione è la scelta preferibile; nel caso in cui la transazione sia occasionale si può pensare di avere un accordo ben definito per abbassare i costi (che invece sarebbero alti se si centralizzasse, anche solo per la stesura dei contratti). Se invece l’interazione è frequente allora la centralizzazione diventa scelta obbligata. Riassumendo dunque quanto più è frequente una transazione tanto più conveniente è il ricorso a strumenti di controllo specifici, la cui forma estrema è l'unificazione dell'attività all'interno di un'unica struttura organizzativa rappresentata dall'impresa. Nella tabella le scelte risultano declinate rispetto a frequenza e specificità, ma Grillo e Silva trattano anche dell’incertezza. L'effetto dell'incertezza è quello di rendere più problematica la continuità del rapporto transazionale, ed in caso di specificità degli investimenti questa continuità va garantita. Se l’incertezza è alta la stesura di un contratto diventa complessa → si tenderà all’integrazione verticale contro l’alternativa di contratto/accordo. Per contro l’incertezza può spingere alla standardizzazione → abbassamento della specificità → vince la soluzione di mercato contro quella di contratto/accordo. Se dunque da un lato si accentua la convenienza delle forme di governo unificate, dall'altro lato è conveniente cercare di standardizzare le transazioni in modo da poter ricorrere al mercato attenuando i costi dell'incertezza. E' possibile limitare l'incertezza: • Conoscendo meglio le caratteristiche della controparte ( → la reputazione è importante) • Con un'opportuna politica di diversificazione dei rapporti • Riducendo gli investimenti specifici → non muta la forma di organizzazione per far fronte all'incertezza ma si mutano le caratteristiche delle transazioni e di conseguenza i costi dell'incertezza. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 103 a.a. 2010-2011 26/05/2011 Dimensioni analitiche del concetto di fiducia nelle relazioni di mercato Sistema del valore → alternativa make or buy (TCE) → buy (scambio) → contratto. La TCE (Transaction Cost Economy) riguarda l’approccio dell’economia delle istituzioni e i “driver strategici” → right strategico. Come gestiamo lo scambio in maniera efficiente? Sappiamo che lo scambio necessita di un coordinamento fra le parti ed una tutela verso potenziali comportamenti opportunistici. Abbiamo infine riconosciuto nel contratto lo strumento che consente di rispondere a queste esigenze; il contratto si sviluppa in diverse alternative come contratti di selezione, legali, ecc... Esistono situazioni in cui il contratto non risulta una soluzione efficiente, laddove l’incertezza ed il rischio di opportunismo sono alti dovremmo sottoscrivere contratti complessi e ben definiti. I sistemi dei valori si stanno sviluppando ultimamente nell’avere i “multi-agent”. Si può ipotizzare che se le due parti agiscono al fine di avere vantaggi da entrambe le parti allora si abbassano i rischi di tipo opportunistico, e l’eventuale sanzione di comportamento di questo tipo riguarderà l’ambito sociale piuttosto che legale (fine del legame, perdita di immagine, ecc). Il presupposto alla base di questa situazione è la convinzione che non ci sarà un comportamento di tipo opportunistico della controparte. Questa condizione viene generalmente chiamata “reciproca fiducia” e quindi beneficio reciproco. Se applicato opportunamente, questo tipo di relazione può essere un eccellente sistema di organizzazione del lavoro, anche in situazioni in cui è oneroso sottoscrivere il contratto. In alternativa alla logica del contratto inizieremo ad analizzare la fiducia, presupposto di un meccanismo di governo dello scambio simile alla sottoscrizione di un contratto, uno strumento legale. Quando esiste fiducia tra le due parti, la tutela viene chiamata “relazionale”, dal momento in cui tutto si basa sulla fiducia. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 104 a.a. 2010-2011 La fiducia Definizione del costrutto “fiducia” (trust) Aspettativa (expectation) Convincimento/convinzione (belief) Volontà (willingness) Confidare (confidence) Conseguenze della fiducia Strumenti alla base della governance La fiducia è importante sia tra le imprese sia tra gli individui che operano nelle imprese infatti con il tempo se un buyer di un’impresa A ad esempio ha fiducia in una persona, e questa persona va a lavorare o lavora già per una particolare impresa B, gradualmente il buyer di A darà fiducia all’impresa B per il solo fatto che ci lavora un individuo verso il quale nutre fiducia. Definizione del costrutto “fiducia” Possiamo definirlo come concetto interpersonale o interorganizzativo → ci si può fidare dell’organizzazione, o ci si fida delle persone che fanno parte di quell’organizzazione? E’ ovvio che funzioni come concetto interpersonale ma con il tempo arriva ad essere interorganizzativa, dal momento che il comportamento di tutte le persone di un’organizzazione con il tempo si allinea verso gli stessi obiettivi. Una prima definizione di fiducia è sicuramente aspettativa (expectation) → mi aspetto che il comportamento, le azioni, della controparte siano allineati al mio poiché penso si persegua lo stesso obiettivo, quindi il comportamento della controparte dovrà essere prevedibile → rispettivamente abbiamo il Trustor (colui che si fida) ed il Trustee (colui in cui è riposta fiducia). Sia il cliente che il fornitore possono essere sia trustor che trustee. Il trustor si fida del trustee perché ritiene di avere aspettativa sul come egli si comporterà. Per calculative trust si presume che la scelta di comportamento del trustee sia figlio di un atteggiamento calcolato, esso fa riferimento ad un ragionamento razionale messo in atto dal trustee che ritiene di evitare comportamenti opportunistici, e il trustor ritiene di poter prevedere come si comporterà la controparte, per cui si fida. Da un lato credo di poter prevedere il comportamento della controparte, dall’altro di poter ritenere che le azioni che compie non siano di tipo opportunistico. Una seconda possibile definizione di fiducia può essere “convincimento/convinzione” (belief) → mi fido di te perché hai capacità tecniche per risolvere problemi, affrontare investimenti, ho convinzione di quello che fai → è un sentimento che viene interiorizzato, ci avviciniamo quasi al concetto di fede verso il proprio trustee. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 105 a.a. 2010-2011 Nelle scienze sociali la dimensione fondamentale è quella dell’interazione tra individuo e gruppo → la messa in atto di comportamenti fiduciari è anche finalizzata ad evitare sanzioni di tipo sociale; ripongo fiducia agli individui/gruppi coi quali convivo per non subire emarginazione o perdere io stesso credibilità e fiducia. Vi è un terzo modo per interpretare la fiducia, ossia si può intendere “fiducia” come “volontà” (willingness) deliberata di esporsi ad una situazione di opportunismo potenziale, quindi di vulnerabilità. Ma questo può anche voler dire anche fiducia → si assume che non ci sarà penalizzazione ma possibilità di trarre beneficio. Si sta facendo un passo in più, si supera il livello di attitudine e si passa all’ “azione” che è la mossa del trustor di mettersi in una posizione “esposta”. Una quarta definizione di fiducia può essere il “confidare” (confidence) → speranza che la mia controparte sia una persona integra, che non attui comportamenti opportunistici. Questa è la dimensione meno razionale e più emotiva tra tutte, che si basa sulla ragionevole speranza, non alimentata da certezze assolute. Infine, secondo l’autore Castaldo, si può avere la fiducia come “atteggiamento”. Atteggiamento, modo di porsi del trustor verso il trustee. E’ una definizione di sintesi che elabora gli strumenti visti sopra, ma da un altro lato se cogliamo la fiducia come modo di porsi possiamo cercare di definire come si declina questo atteggiamento e che conseguenze comporta tale atteggiamento. Un atteggiamento richiede una conoscenza (come gli elementi di cui sopra) → si hanno degli elementi sui quali si fonda il mio sentimento verso la controparte (ho interagito e sviluppato certi sentimenti o certe convinzioni) → l’atteggiamento si basa sulle convinzioni. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 106 a.a. 2010-2011 E’ un meta costrutto nel senso che si basa su certe caratteristiche e partendo da queste si sviluppano delle convinzioni globali che determinano il mio atteggiamento → dopo aver sviluppato un atteggiamento nei confronti di una controparte si sviluppa un’intenzione/volontà di agire. La fiducia ha una valenza comportamentale dunque comporta un atteggiamento ed è coerente con tale. La willingness to act è allineata con l’atteggiamento ed infine la stessa willingness/intenzione verrà declinata in un comportamento. Convincimento ed atteggiamento non sono la stessa cosa; il convincimento è ciò che genera un atteggiamento ma non è l’atteggiamento stesso. Sulla base dell’atteggiamento sviluppo una certa volontà di agire, di esporre la mia vulnerabilità alla controparte, ed infine questa volontà di agire si tradurrà in un comportamento reale, in azioni. Si indagano ora i requisiti sotto i quali la fiducia può avere una rilevanza dal punto di vista economico. La fiducia infatti in ambito di transazione economica non ha sistematicamente senso di esistere, dobbiamo vedere quanto sia determinante e quando lo sia. La fiducia presuppone un’esposizione ad un rischio (secondo la definizione di willingness to act, esposizione deliberata ad un rischio di opportunismo). Se il comportamento della controparte e l’evoluzione dell’ambiente fossero totalmente deterministici non sarebbe necessaria la fiducia. Ha invece senso in presenza di complessità/ambiguità, incertezza o rischio. La fiducia si può ricondurre a 2 elementi fondamentali: • Certezza delle aspettative (si ha una ragionevole certezza del comportamento della controparte) • Motivazione all’agire non opportunistico (assunzione che il trustee non metterà in atto comportamenti opportunistici) L’unione dei 2 approcci riesce ad inquadrare quasi completamente il concetto di fiducia. I presupposti della fiducia in caso di certezza delle aspettative sono rischio, incertezza e ambiguità, se non ci fossero questi non potrebbe esserci la fiducia. Invece in caso di fiducia intesa come motivazione all’agire in modo non opportunistico i presupposti sono vulnerabilità e rischio di opportunismo (assumo di potermi fidare perché immagino che la controparte non si comporti in modo opportunistico. Se non esistesse per la controparte la possibilità di comportarsi così, allora non sarebbe più valida la definizione di fiducia come motivazione all’agire in modo non opportunistico). L’analisi dei presupposti avviene in maniera parallela alle definizioni di fiducia che vengono date → la disciplina ha individuato 2 linee per la definizione di fiducia → porterà avanti in parallelo 2 linee per l’analisi dei presupposti. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 107 a.a. 2010-2011 Rischio, incertezza ed ambiguità non sono sinonimi. Capire quali siano i presupposti è importante per capire quale tipo di fiducia attuare in un determinato contesto → la fiducia non è sempre uguale, non c’è un’unica fiducia e dunque le varie forme di fiducia si possono applicare in contesti diversi, non esistono infatti driver unici e capire la natura del driver/presupposto è fondamentale per capire quanta fiducia serva e quale fiducia serva. Il rischio può far riferimento ad una situazione di controllo in cui conosco le varie alternative con le rispettive probabilità di accadimento ma resta comunque la possibilità che si verifichi uno scenario piuttosto che un altro, proprio perché gli scenari sono di natura probabilistica. Queste dimensioni possono essere valutate anche in termini quantitativi, non solo qualitativi. Il rischio può essere visto come il prodotto tra 2 elementi che sono la frequenza con cui il danno si può manifestare e l’entità del danno che si può generare (es. centrale a carbone fa un danno molto frequente, emette molta CO 2 e gas tossici, ma di entità piccola, poco dannosa; invece una centrale nucleare ha una frequenza di danno bassissima ma un’entità di proporzioni gigantesche qualora questo danno si manifesti). Rischio = Frequenza del danno * Entità del danno Se la fiducia agisce sia nella riduzione della frequenza che nella riduzione dell’entità, allora essa ha una forte potenza di riduzione del rischio. Se si agisse solo su una delle 2 componenti diminuirebbe il rischio in quota proporzionale alla riduzione della componente danno. La fiducia invece fa si che diminuisca sia la frequenza che l’entità del danno, agisce su entrambe, per questo è un meccanismo di salvaguardia molto forte. Forme di dipendenza, tipologie di rischi ed elementi della fiducia (Sheppard e Sherman) Forme di dipendenza Tipologie di rischio Antecedenti della fiducia Relazioni di mercato Indiscrezione Inaffidabilità Relazioni di autorità Inganno Abuso Negligenza Amor proprio Discrezione Affidabilità Competenza Integrità Interesse Benevolenza Relazioni bilaterali loosely coupled Scarso coordinamento Predicibilità Consistenza Relazioni bilaterali tightly coupled Incapacità di anticipare i bisogni altrui (misanticipation) Preveggenza Intuizione Empatia A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 108 a.a. 2010-2011 In situazione di ambiguità, in cui non si sa la distribuzione di probabilità, ha una valenza scarsa il convincimento che influisce l’attitudine, relativo alle interazioni pregresse con la controparte. Se c’è ambiguità dunque non posso fare valutazioni ed acquisire convincimenti relativi alla controparte in base allo storico delle relazioni ma dovrò basarmi su altri elementi della fiducia perché gli scenari sono talmente tanti ed incerti che le esperienze passate non aiutano ad eliminare l’ambiguità. Il tipo di antecedente è funzionale al tipo di fiducia che desidero. In relazioni di autorità/gerarchia l’agente può comportarsi in maniera negligente o non rispettare le volontà del principale; in questi contesti la fiducia è specifica → si baserà su antecedenti come l’integrità delle controparti, il reciproco interesse e la benevolenza. Non c’è una One - Best - Way ma la fiducia si declina in diversi modi a seconda del contesto. Altra componente della fiducia è l’agire non opportunistico → ha senso solo se c’è la deliberata scelta tra comportarsi in modo opportunistico oppure no, e ci sarà fiducia solo se il trustee sceglierà la via non opportunistica. Il presupposto della fiducia, nel caso di uno scambio economico, è conseguente ad un comportamento deliberato del trustor che sceglie volontariamente di esporre la propria vulnerabilità al trustee perché è convinto che il beneficio traibile dalla situazione sarà maggiore del rischio di un comportamento opportunistico della controparte, altrimenti non entrerebbe nello scambio; invece accetterà di esporsi in vulnerabilità con l’assunto del non agire in modo opportunistico; senza questo assunto il castello crolla ed il trustor non si esporrebbe in condizione di vulnerabilità. Il concetto di fiducia è di tipo bilaterale, come quello di rischio, ed il ruolo di trustor e trustee è facilmente scambiabile all’interno della relazione, quindi c’è reciprocità. Può valere anche in sostituzione all’accordo che può divenire un sistema di governance a tutto tondo. La fiducia costituisce di per se il presupposto per un meccanismo di governo alternativo ai meccanismi basati sui contratti tradizionali, ma in realtà meccanismi tradizionali, di contratto, e fiduciari possono coesistere in forme ibride. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 109 a.a. 2010-2011 27/05/2011 Il ruolo del buyer nel caso Ducati Giovanni Berra Essendo un premium brand non hanno risentito della crisi anzi il 2011 rischia di diventare l’anno migliore della storia della Ducati. Ducati is a premium brand... ...wich conceives and produces sport motorcycles... ...with exclusive Italian design... La gamma di prodotti è quanto mai forte, sono entrati anche nel settore delle cruiser prima dominato dalla Harley Davidson, con la Diavel. Il settore delle moto sportive è in continua restrizione e crisi, quasi ci si sente in imbarazzo a girare con delle moto supersportive → conviene investire in altri settori. Nel 2010 viene fatto il nuovo multistrada come concorrente del BMW GS con l’obiettivo di fare 6.000 pezzi venduti in un anno, nonostante la crisi; ne hanno venduti 10.000 pz. Location → Bologna People → 1.150 (270 Engineers) Revenue → 392 Mio € (nel 2011 supereranno abbondantemente i 400 milioni €) Sales Offices → USA, JAP, UK, … Ducati Worldwide Dealers → 880 A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 110 a.a. 2010-2011 L’Italia è il primo paese al mondo per la vendita di moto Ducati, assorbe il 25 % delle vendite totali. Vende non solo moto, ma anche altri accessori → 80% delle rendite sono moto, 6% accessori, 4% abbigliamento, … Ogni anno lanciano un prodotto nuovo e fanno miglioramenti su prodotti già esistenti. Andamento dei mercati dal 2006 al 2010 Usa -58%, Italia -43%, Germania -32%, Francia -18%, Inghilterra -26%, Spagna -56%. La priorità assoluta per un buyer è garantire la continuità delle forniture, prima ancora dello spuntare un prezzo migliore e del negoziare, dello stabilire i tempi di fatturazione, ecc → il buyer deve garantire che il fornitore sia solido, bisogna verificare i suoi bilanci, ecc → un ingegnere gestionale come buyer non si troverà solo a gestire gli acquisti ma dovrà anche trattare di diritto commerciale e fallimentare (con fornitori che falliscono ad esempio) piuttosto che di qualità con gli Uffici Tecnici interni, perché dove non arriva l’ufficio qualità deve arrivare il buyer. Domande In che misura il buyer riesce a conciliare 2 aspetti per natura contrapposti: da un lato il buyer è dipendente Ducati e deve massimizzare il suo profitto, dall’altro lato deve ottimizzare l’intera supply chain anche ottimizzando gli obiettivi del fornitore? Parte tutto dal bisogno del fornitore, chi hai di fronte e cosa rappresenta lui per te, quale fatturato ha e cosa gli puoi fornire. Se rappresenti una quota importante del suo fatturato, ad esempio un 80%, hai un problema da risolvere, perché non hai possibilità di cambiare facilmente, soprattutto nei suoi confronti, visto che potrebbe fallire in tua assenza. Devi quindi capire cosa vuoi (anche il perché è importante) tu dal fornitore ma anche cosa vuole lui da te, l’obiettivo è creare valore insieme (ed in questo caso si sta negoziando). Il mercanteggiare invece è dividere in parti una quantità fissa e non si crea valore. Ad esempio due sorelle vogliono arance, una per fare una torta, una per farsi una spremuta, vanno in cucina e ne trovano 1 sola → si dividono un’arancia a metà, la prima sorella ne mangia la polpa e lascia la buccia mentre la seconda prende la buccia e non la polpa per fare una torta. Vedendo la scena si sono fermate e si sono poste la seguente domanda: Se ci consultavamo prima, non potevamo capire cosa volevi tu e cosa volevo io? Non potevamo ottimizzare l’utilizzo della risorsa? Questo fa capire come conoscere gli interessi di ambo le parti sia fondamentale. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 111 a.a. 2010-2011 La negoziazione è un’arte che prescinde dalla relazione col fornitore, ma va dalla politica alla produzione, al commerciale, alla relazione col fornitore vero e proprio → Cosa ne pensi? Le abilità di negoziazione sono in parte innate. La negoziazione ha un approccio sistematico, è anche un'arte, si passa da un’improvvisazione nei primi tempi ad un approccio sistematico → non si deve urlare e basta ma si crea valore parlando e affrontando insieme la situazione. 4 fasi: • Preparazione (ci si prepara e si studia l’incontro col fornitore) • Discussione (ti incontri per capire quali sono i suoi bisogni) • Proposta (fai la proposta al fornitore, se fai la proposta sei in una posizione di forza, comunichi per primo quello che desideri) • Chiusura (concludi o meno l’accordo) Ducati è un premium brand e deve mantenere standard qualitativi e di immagine elevati. Come può un buyer che in parte vuole spuntare un prezzo migliore, garantire che il fornitore non accetti la diminuzione del prezzo e poi per mantenere una marginalità cerchi dei compromessi, nel rispetto delle specifiche, per abbassare i propri costi e rischiare dunque di compromettere la qualità del prodotto Ducati? Definisci le specifiche del prodotto, hai dei disegni pertanto la prima cosa che fai è inviare questi progetti al fornitore per fargli capire cosa voglio nel dettaglio, a cosa dovrà attenersi e su cosa mi comunicherà un prezzo. Ho creato i progetti pertanto se mi accorgo che manca qualcosa forse è perché stai cercando di limare i costi eliminando delle componenti allora non sarai più un fornitore Ducati. Un fornitore invece che lavora in maniera proattiva facendoti capire dove si può ottimizzare un processo o acquistare un prodotto di qualità ad un prezzo inferiore è decisamente un buon fornitore, si crea valore insieme guadagnando entrambi. E’ sempre più importante il supplier risk management che stanno introducendo e che consente di determinare la struttura finanziaria e la stabilità del fornitore. Un fornitore competitivo è il fornitore che si sa controllare e che si sa gestire e quindi ti permette di ottenere un prodotto premium ad un prezzo ragionato e “giusto”. Hai avuto esperienze diverse da quelle che insegnano a lezione? Eventi particolari o unici anche in ambito internazionale durante le trattative? Nelle varie negoziazioni si vengono a conoscere le diverse culture, ad esempio il fornitore Cinese firma qualunque contratto o cosa tu gli faccia firmare, il fornitore Italiano anche per un contratto banale di 2 righe ti porterà una controproposta di diverse pagine. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 112 a.a. 2010-2011 Possono esserci negoziazioni di gruppo o personali, dipende dalle preferenze personali o dalla diversità della persona che hai di fronte, il fornitore. Sono capitati anche casi in cui 4 persone devono parlare con un fornitore, tutte e 4 desiderano essere ascoltate ma la persona alla quale si rivolgono è una sola, quindi iniziano ad esserci delle difficoltà di negoziazione ma soprattutto di allineamento. Come viene gestita la progettazione del processo in Ducati e la verifica della coerenza col processo del fornitore? Viene gestito dall’ufficio tecnico che fa il disegno poi ci si accorda magari in ottica di co design con il fornitore Qual’è l’influenza della Ducati Corse sull’immagine della Ducati in generale? Non grandissima ma è neanche influente, può essere utilizzato per attirare un segmento particolare di mercato ma a livello di scambi fra produzione ed acquisiti non c’è sufficiente necessità. Il fornitore invece è interessato spesso ad utilizzare il brand della Ducati, ad esempio a specificare nel sito internet che è fornitore ufficiale Ducati. Qual’è il livello d’ingresso di un neo-laureato nell’Ufficio Acquisti di Ducati? Bisogna fare gavetta, all’inizio i lavori sono noiosi magari ma viene data la possibilità di crescere se si è svegli abbastanza e ci si ritaglia la propria strada. Nella contrattuazione tra 2 aziende ad esempio Ducati e Brembo chi ha maggior potere contrattuale? Dipende dall’importanza dell’elemento da acquistare, ad esempio se devono negoziare per un silenziatore non ha potere il fornitore, diverso è quando si tratta con un fornitore monopolista come Brembo. Quest’anno i buyer di Ducati dovranno ricontrattare un piano triennale in cui Ducati garantiva l’acquisto di tutti i suoi componenti da Brembo (impianti frenanti, frizioni, ecc). Per fortuna hanno un buon rapporto con questi fornitori (Pirelli è un altro). In generale gestire questi accordi è complesso e si riesce a farlo con accordi di lungo termine e stilati e chiusi con tempi lunghi. Quanto tempo ci si mette a cercare nuovi fornitori? Quanti fornitori all’anno cambiate? Lo scouting viene effettuato continuamente, è difficile determinare dei tempi. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 113 a.a. 2010-2011 31/05/2011 Abbiamo visto numerose definizioni di fiducia, tutte “valide”, che colgono aspetti diversi di questo fattore. La fiducia può costituire un modello alternativo di governo delle transazioni, valido soprattutto in condizioni di forte incertezza e complessità che non permetterebbero la gestione contrattuale. La fiducia ha senso se esiste un atteggiamento che genera un’intenzione e dall’intenzione, in base alla volontà di agire nasce un comportamento. In generale possiamo ricondurre la fiducia a 2 visioni: • Fiducia come certezza delle aspettative (fattore che modera l’incertezza ambientale se esiste l’incertezza ambientale → presupposti sono rischio, incertezza ed ambiguità) • Fiducia come motivazione ad agire in modo non opportunistico (solo se c’è il rischio che la controparte possa agire in modo opportunistico e se ciò accade vuol dire che prima io mi ero messo in situazioni di esposizione verso il trustee → presupposti sono vulnerabilità e rischio di opportunismo). Antecedenti e conseguenze del concetto di fiducia Quello che si fa quando si fa ricerca è tentare di collegare causa ed effetto di un particolare fenomeno studiato → si cerca la variabile che ha influenza sul risultato; Esistono anche variabili non dirette di mediazione (esiste un fenomeno, causa, che non genera direttamente l’effetto ma è mediato da un altro fattore, ad esempio lo stress causa aumento dell’afflusso di sangue nel cervello causando perdita di capacità di calcolo e concentrazione → la causa della mancata concentrazione è lo stress ma è mediata dallo sbalzo di pressione). Se la variabile causa incide sia in modo diretto sia sulla mediazione che incide poi a sua volta sull’effetto → variabile quasi-mediata. Altra variabile è la moderatrice, ad esempio l'invecchiamento causa una diminuzione della capacità motoria, l’attività fisica è la variabile moderatrice perché più faccio sport meno risentirò di questa diminuzione della capacità motoria dovuta all’invecchiamento. La fiducia è stata studiata secondo 3 approcci: • Comprendere e definire cosa sia la fiducia e verificare i nessi logici. • Ipotizzare, teorizzare relazioni tra variabili antecedenti, il costrutto stesso, e le conseguenze. Si cerca di capire quali siano i fattori che influenzano la fiducia, e quali siano le conseguenze • Studi empirici: partendo dalla teoria, si va sul campo, si fanno indagini su un campione reale e si testano dei modelli. Ad esempio si fanno questionari e si verifica se dal punto di vista statistico si manifesta una relazione tra antecedenti e percezione di fiducia. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 114 a.a. 2010-2011 Antecedenti - Cause alla base della creazione di fiducia Il rapporto tra antecedente e concetto di fiducia spesso è sfumato e non chiaro → alcuni autori non riconoscono tutti questi fattori come antecedenti ma come elementi stessi del concetto di fiducia ed in questo caso si creano tautologie. Questi fattori sono: • Esperienze passate → la fiducia parte dalla creazione di convinzioni che poi generano un atteggiamento → per fidarmi della controparte ho bisogno basarmi su conoscenze pregresse date da precedenti relazioni con quella controparte. Conoscere la controparte fa nascere quelle convinzioni dalle quali scaturiscono gli atteggiamenti • Le abilità e le competenze della controparte → il concetto di fiducia è intuibile come certezza delle aspettative, e tale certezza è indubbiamente condizionata dalla mia conoscenza delle capacità del fornitore → quanto più so che il fornitore è capace e competente tanto più posso aspettarmi che si comporti da un punto di vista tecnico e qualitativo nel modo in cui io mi aspettavo che si comportasse. Se mi fido di un certo fornitore, è l’attribuzione a quelle capacità che mi genera la certezza delle aspettative • Motivazione all’agire non opportunistico → quanto più mi aspetto che pur avendone la possibilità, la controparte non si approfitti della mia condizione di vulnerabilità, tanto più mi fiderò della controparte. In condizioni di elevato rischio naturalmente si creerebbero situazioni di elevati costi di transazione (contratti complessi o integrazione verticale, ecc) ma allo stesso tempo se sono molto sicuro che la controparte non attuerà comportamenti opportunistici anche in situazioni di mia vulnerabilità tenderò ad instaurare rapporti fiduciari piuttosto che ripiegare in soluzioni più costose di integrazione ad esempio • Caratteristiche personali del soggetto → in relazione al tipo di persona che ho davanti, avrò una serie di atteggiamenti, convinzioni, valori, ecc. Non tutto è legato alle esperienze passate, c’è una dimensione più sfumata legata ai valori, percezioni, sentimenti che sono collegati alla fiducia. Oltre a queste la letteratura ha individuato un’altra serie di variabili legate alla fiducia non in modo intuitivo e diretto come queste ma in modo circolare. In quelle viste sopra è abbastanza intuitivo il collegamento causa - effetto, mentre le variabili che vedremo ora non sono così chiare nella definizione di causa-effetto: queste variabili sono A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 115 a.a. 2010-2011 riconducibili alla causa della fiducia ma allo stesso tempo possono costituire l’effetto della fiducia → probabilmente sono variabili, fattori che si alimentano l’un l’altro nella generazione di fiducia secondo uno schema circolare. Queste variabili sono: • Giustizia distributiva o giustizia procedurale → la giustizia distributiva si può far coincidere con il concetto di equità, adeguatezza percepita della distribuzione degli output sulla base degli inputs immessi → corretto bilanciamento tra input immessi ed output ottenuti. Ci sono studi che dicono che la soddisfazione è molto legata alla giustizia distributiva. Giustizia procedurale è invece è la percezione dell’equità del meccanismo che ha portato alla ripartizione delle risorse → non solo è importante il rapporto output/input ma anche il modo in cui si è arrivati a tale risultato. La giustizia distributiva è un antecedente della soddisfazione, che genera soddisfazione, che a sua volta crea fiducia, che alimenta poi nuovamente la giustizia distributiva, ne costituisce un antecedente. La fiducia costituisce un antecedente anche della giustizia procedurale, che a sua volta genererà fiducia. Quanto più c’è una giustizia distributiva, ovvero quanto più le controparti vedono che c’è un buon rapporto output - input, tanto più si fideranno l’una dell’altra. La fiducia impatta sulla soddisfazione in maniera totalmente mediata dalla giustizia distributiva. • Soddisfazione: già si vedeva la relazione dalla variabile precedente. La fiducia tende a creare seppure in maniera indiretta soddisfazione, e allo stesso tempo se sono soddisfatto tenderò a fidarmi di più • Comportamento collaborativo: legato alla fiducia perché se 2 parti sono disposte a collaborare, a problem solving congiunto, a rinunciare a qualcosa pur di non rinunciare alla relazione, si crea una situazione per cui la controparte tenderà a fidarsi di più (poiché vede che l’altra parte è disposta ad aiutarla) → ad esporsi di più. Allo stesso tempo quanto più c’è fiducia, tanto più sarò disposto a sbattermi A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 116 a.a. 2010-2011 per aiutare la controparte o la collaborazione in generale → anche questo è un circolo virtuoso • Comunicazione: Se si ha una comunicazione aperta ed informale in cui si scambiano informazioni sensibili, importati → la controparte si fiderà maggiormente; allo stesso tempo sono più disposto ad interagire frequentemente, in modo informale e bidirezionale solo se c’è fiducia. Allo stesso tempo influisce il fattore temporale (che permette di osservare il fenomeno circolare in modo longitudinale): una comunicazione aperta in un istante t 1 genera una maggiore fiducia per un evento in un istante t 2 e di conseguenza si è spinti ad un maggiore scambio di informazioni sensibili in un istante t3. Abbiamo visto 8 antecedenti, gli ultimi 4 dei quali sono bidirezionali / in rapporto circolare. Ora vedremo altre 4 variabili legate alla fiducia invece in modo unidirezionale, come effetto della fiducia. • Riduzione dell’incertezza riguardo alle aspettative → Dove c’è un rapporto fiduciario i comportamenti sono più prevedibili, c’è meno opportunismo → l’ambiente è più certo • Incremento del commitment → Commitment è la valorizzazione della relazione in quanto tale → avere commitment significa augurarsi che la relazione continui, valorizzare quella relazione ed impegnarsi affinché continui. Ad esempio il cliente va da un fornitore interessato al mantenimento della relazione, chiede di venirgli incontro (ad esempio con particolari sconti per lanciare un nuovo prodotto), promettendo, solo su base fiduciaria, e non in via stabilita a contratto, dei volumi di acquisto futuri maggiori • Riduzione del conflitto → il conflitto è inversamente proporzionale alla fiducia, ma l’assenza di conflitto non comporta necessariamente una scelta ottima, anzi un certo tasso di conflitto è positivo, e non si deve cedere totalmente o adagiarsi al volere della controparte che non per forza ha ragione A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 117 a.a. 2010-2011 • Utilizzo di forme di potere non coercitivo → un rapporto tra soggetti può essere governato da meccanismi coercitivi/impositivi (penali, obblighi, extra-costi → di carattere economico, generalmente le transazioni economiche avvengono non in ambiente coercitivo, a meno che non ci si relazioni con un fornitore molto forte, che non si è disposti a perdere; è però una forma di governo della relazione distruttiva che non può durare → sarà la causa di implosione della relazione) oppure da forme di potere non coercitive (c’è sempre squilibrio di potere ma la controparte forte preferisce usare forme di premio anzi che di penale o di punizione economica ad esempio → generalmente questi atteggiamenti comportano relazioni molto più forti e durature). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 118 a.a. 2010-2011 01/06/2011 Collaborative Advantage Winning through Extended Enterprise Supplier Networks - Jeffrey H. Dyer Creating trust in the Extended Enterprise Meccanismo di governance = insieme di norme che regolano i problemi, coordinano le relazioni fra due parti. Quando la governance è di tipo transazionale le norme riguardano i comportamenti e le sanzioni imposte a controparti che attuino comportamenti devianti rispetto alla norma; le sanzioni sono imposte da un’autorità esterna riconosciuta. Governance di tipo relazionale = norme di flessibilità, di reciproca benevolenza, miranti alla continuità del rapporto. Le forme di sanzione sono di tipo sociale, e non giuridica, si presta più attenzione alla perdita di reputazione. Dyer, autore della Relational View, è il più importante studioso dei rapporti cliente fornitore → le relazioni clienti - fornitori possono essere anche di tipo relazionale; Williamson invece era il massimo studioso della Transactional View. Trust Momenti in cui principalmente di manifesta: • Fase di prima negoziazione • Fase di rinegoziazione in contesti mutati • Contingenze inattese in grado di favorire condotte opportunistiche Parole fondamentali usate da Dyer nella definizione di trust: Reliability → Affidabilità: se ho certezza delle aspettative vuol dire che la mia controparte è affidabile. Fairness → Equità: motivazione all’agire in modo non opportunistico → anche se avessi la possibilità di agire in modo opportunistico non lo farei. Goodwill → Buona volontà/predisposizione: disponibilità ad una ri-negoziazione equa rispetto ad eventi non attesi che si sono manifestati. Il tutto va inquadrato in un contesto di incertezza, se questa non si manifesta il trust non ha senso in una dimensione economica. Dyer effettua i suoi studi nel settore dell’automotive → comparazione delle Big 3 americane (GM, Ford e Chrysler) con i 3 colossi Giapponesi (Toyota, Nissan e Honda). Scrive negli anni ‘90 e analizza principalmente l’economia americana. Gli anni ‘90 sono il periodo di ingresso dei colossi giapponesi nel mercato americano rubando quote di A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 119 a.a. 2010-2011 mercato grazie a veicoli più economici e qualitativamente buoni. Periodo nel quale prevale il mercato competitivo (ottica win-lose). Dyer studia il trust nell’ottica di comprendere quali sono gli effetti dei rapporti fiduciari. Il grande interrogativo è come agisce il trust? E’ possibile quantificare economicamente il trust? Conclude dicendo che è possibile farlo in quanto il trust diminuisce i costi di transazione, inoltre ha effetti sull’effettuazione di investimenti specifici e anch’essi hanno un risvolto economico positivo. La transazione studiata nella Transaction Cost Economy (TCE) prevede, in determinate situazioni l’utilizzo di una governance intermedia tra integrazione e mercato. Nello Strategic Management a seconda che ci sia o meno fiducia, o che si verifichino determinati fattori, si avranno o meno dei costi di transazione. Nella Relational View di Dyer possono essere adottati dei meccanismi di governance che abbassano i costi di transazione. Una governance che aiuta ad abbassare i costi di transazione diventa una governance competitiva → se riesco a identificare un meccanismo di governo che abbassa i costi di transazione, allora il mio sistema sarà più competitivo di quello di altri che hanno costi più alti. A questo punto nasce un’ulteriore domanda: quanto valgono i costi di transazione? I costi di transazione non sono costi irrilevanti, ma impattano invece per una percentuale, a volte superano persino l’incidenza dei costi di produzione. E’ stato studiato che possono essere pari anche ad un terzo dei costi totali. La domanda che si pone a questo punto Dyer è “i costi di transazione possono essere ridotti? Il trust può abbassare i costi di transazione?” Conclude dicendo che un meccanismo di governance basato sul trust agisce come riduttore dei costi di transazione, sarà dunque opportuno adottarlo. I costi di transazione si possono ricondurre a: • Search → ricerca del fornitore • Contracting → contrattazione con il fornitore • Monitoring → monitoraggio della transazione • Enforcement → rafforzamento della relazione e punizione/sanzione della controparte nel caso non rispetti il contratto Cerchiamo di capire perché il trust può funzionare come riduttore dei costi di transazione: Funziona da riduttore nella fase di ricerca perché si può assumere che il prezzo che si stabilisce tra fornitore e cliente sia equo perché ci si fida della controparte. Nella fase contracting come può agire il trust? Tanto maggiore è l’incertezza, tanto maggiore è l’esigenza di tutelarsi → Contrattazione complessa e onerosa, anche per il A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 120 a.a. 2010-2011 tempo richiesto dalla stesura di tali contratti. Nel caso invece in cui si abbia la certezza di comportamenti non opportunistici non ha senso investire in contratti completi. Nella fase di monitoring si cerca di prestare attenzione al rispetto delle clausole contrattuali, ma se ci si fida si suppone che la controparte stessa faccia un selfmonitoring → non abbiamo bisogno di controllare → si abbassano i costi di transazione. Nell’ultima fase di enforcement si può abbassare il costo della transazione perché da un lato non c’è volontà di ricorrere ad un soggetto giuridico risparmiando così soldi per la disputa, dall’altro lato c’è la volontà di mantenere la relazione. Così facendo, una governance che riduce i costi di transazione genera vantaggio, inoltre questo vantaggio non scade, al contrario dei contratti che hanno una variabilità temporale definita, il trust si mantiene nel tempo. Una governance più efficiente, a parità di altri fattori determina una maggiore competitività di quel sistema del valore. Crucialità del trust nel settore automotive • • • • • Esistenza di opzioni di switch Costi di investimento elevati (rischio nell’investimento transaction-specific poiché gli investimenti specifici sono un driver del costo di transazione; se aumentano aumenta il costo di transazione) Mercato incerto e mutevole (la domanda è molto variabile) Rilevanza delle scorte (laddove c’è un rischio di obsolescenza questo costo di transazione è tanto più elevato quanto più elevate sono le scorte) Impatto di eventi contingenti difficilmente prevedibile ( → non agevolmente contrattualizzabili) Impatti del trust • • • Abbassamento dei costi di transazione: ◦ Sourcing ◦ Negoziazione ◦ Monitoraggio ◦ Ri-negoziazione / rafforzamento Incentivo alla condivisione di conoscenza Incentivo all’investimento dedicato A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 121 a.a. 2010-2011 Esempio di impatto del trust nel settore dell’automotive Trust lowers Transaction Costs Dyer per dimostrare che il trust diminuisce i costi di transazione chiede a dei fornitori di quantificare la loro fiducia verso alcune grandi case automobilistiche in una scala da 1 a 7. Dyer dice che quanto più le imprese passano tempo a discutere di controversie, tanto più queste presenteranno elevati costi di transazione. Il costo di transazione è difficilmente misurabile → Dyer utilizza delle variabili proxy indicative dell’andamento dei costi di transazione, ad esempio la misura del tempo dedicato dalle imprese ad attività non produttive come negoziazione o assegnazione di responsabilità può essere una proxy indicativa dell’andamento dei costi di transazione. Quando si utilizzano le proxy però è bene utilizzarne più di una → Procurement Productivity = rapporto tra costo totale dell’area acquisti ed efficienza del singolo addetto dell’area acquisti. Trust has a positive relationship with Procurement Productivity A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 122 a.a. 2010-2011 Impatti del trust • Incentivo al knowledge sharing ◦ Gestione delle informazioni sensibili → Secondo Dyer il trust agisce anche come incentivo alla scambio di conoscenza con la controparte. Questo può essere utile perché se si è disposti a condividere informazioni, probabilmente sarà più facile trovare soluzioni insieme, e sarà anche più facile trovare punti di inefficienza (es. una parte può aiutare la controparte a ridurre i propri difetti e magari aumentare la marginalità). Al contrario GM ad esempio girava i disegni tecnici ad altri fornitori competitors chiedendo il loro prezzo → ciò è dannoso per il primo fornitore che non percepirà trust verso il cliente che si dimostra sensibile unicamente al prezzo e non al mantenimento della relazione ◦ Percezione della collaboratività e del livello di utilità (soluzioni reali o “low hanging fruit?”→ gratuite o associate a una richiesta di sconto?). Ad esempio Toyota conosce la Lean meglio dei suoi fornitori e forse sarebbe disposta ad andare a “casa” dei fornitori per aiutarli e trarne beneficio (riduzione di costo). Questo accade solo se il fornitore è disposto a ciò. Inoltre non si deve trattare di un gruppo di consulenti mandati dal cliente al fornitore che forniscono soluzioni banali (low hanging fruits) chiedendo una riduzione dei costi in cambio. Invece Toyota fornisce free assistance ai fornitori che in questo modo invece si sentono legati se non obbligati nei confronti di Toyota. • Incentivo all’investimento dedicato → gli investimenti transaction-specific sono soggetti a più elevata incertezza, il trust contribuisce a ridurla abbassando il rischio associato, ad es. investimenti congiunti di delocalizzazione produttiva. Costituzione di rapporti fiduciari • • Interpersonal trust → il concetto di trust viene trasferito dalla persona all’organizzazione per la quale la persona lavora → da livello interpersonale la fiducia passa a livello interorganizzativo. Mi posso aspettare ad esempio che un buyer Toyota si comporti in linea con tutti gli altri buyer Toyota ed in linea con la Toyota in generale Interfirm trust (come risultato di pratiche e routine dell’impresa) → fiducia interorganizzativa, la più significativo per Dyer Routine di istituzionalizzazione del rapporto fiduciario: • Scelta dei fornitori per la componentistica di nuovi modelli (Bidding vs Track Record) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 123 a.a. 2010-2011 ◦ Bidding: aste → gioco a somma zero, il fornitore percepisce che tutto quello che lui perde è a vantaggio del cliente → non si è disposti a collaborare per generare valore ◦ Track Record Selection: la selezione del fornitore avviene anche in base alle rilevazioni sulla corrente fornitura. Invece questo stimola la creazione di trust poiché se è stato bravo nella fornitura → si merita l’assegnazione della fornitura successiva e la conseguente fiducia dell’azienda buyer (nel caso di Toyota siamo a 93% di track record, in GM 50%). Tanto più alto è il tasso di rinnovo fornitura tanto più è alto il livello di trust percepito • Free Assistance: il cliente dà assistenza gratuita al fornitore (attraverso un team di consulenti) e appunto non pretende un ritorno economico immediato poiché è consapevole del fatto che in futuro ci saranno maggiori ritorni, in particolare il supplier che riceve un servizio di consulenza gratuito si sente “obbligato” a dare qualcosa in cambio, a continuare ad esempio a fornire quel cliente e a prezzi e qualità favorevoli → fiducia • Continuità nelle posizioni manageriali e nei rapporti interpersonali: quanto più è esteso il ruolo interpersonale e la continuità del ruolo, tanto maggiore è il trust tra buyer e supplier • Creazione di percorsi di carriera interaziendali: passaggio temporaneo o permanente da un’impresa all’altra, tra imprese che sono all’interno dello stesso network di fornitura. Toyota considera garanzia per effettuare investimenti in un’azienda il fatto che un manager proprio vada a lavorare in quell’azienda; senza arrivare a tanto ci sono figure di ingegneri “prestati” ad altre aziende per creare più fiducia ed essere più convinti dell’investimento • Minority ownership: Toyota ha quote di capitale dei propri fornitori, non di maggioranza, ma di minoranza, questo lo fa per dimostrare che stanno sulla stessa barca, si mettono sullo stesso piano con gli stessi interessi, ma allo stesso tempo l’impresa parzialmente “acquisita” dovrà quindi agire nell’interesse di Toyota in quanto appartenente agli stakeholders Dyer ha anche analizzato il settore dell’industria cartiera giapponese che per contro era inferiore a quella occidentale; sostiene che che questo era perché essa applicava le stesse tecniche di trust dell’automotive → fiducia e relazioni di lungo termine coi fornitori ma per il livello di complessità inferiore questo atteggiamento non era conveniente. Invece risultava migliore un atteggiamento di “bidding” e contrattazione al prezzo coi fornitori. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 124 a.a. 2010-2011 Coesistenza di Governance transazionale e Governance relazionale Do formal contracts and relational governance function as substitutes or complements? → I meccanismi transazionale e relazionale sono sostitutivi o complementari l’uno dell’altro? Se sono sostitutivi vuol dire che il sistema di efficienza è quello in cui è selezionato solo uno dei due meccanismi e l’esistenza di entrambi contemporaneamente genera risvolti negativi Sono invece complementari se l’efficienza dello scambio è superiore e convivono entrambi i meccanismi. Risposta a questa domanda non c’è, esistono anzi diverse scuole di pensiero che portano avanti entrambe una base logica forte. Teoria dei meccanismi sostitutivi: • Se svolgono lo stesso compito, ovvero entrambi sono meccanismi di governo → l’inefficienza è legata al fatto che sto duplicando due meccanismi aventi lo stesso fine. Dal punto di vista economico ho la massima economicità scegliendo il più efficiente e non ha dunque sceglierli entrambi • Il contratto di per sé è un esplicito segno del fatto che le controparti non si fidano → non si può impostare un meccanismo di governo di fiducia poi tutelarsi con un contratto che quasi esplicitamente manifesta una sfiducia → o mi fido e non faccio un contratto o non mi fido e faccio un contratto → “il trust riduce i costi di transazione sostituendo ai contratti una stretta di mano” • Quanto più si spinge in alto il livello di completezza contrattuale tanto più spingo la controparte a cercare scappatoie per attuare comportamenti opportunistici Teoria dei meccanismi complementari: • Il trust è una scelta razionale, con la quale si decide di prendere una strada con beneficio a lungo termine perché si ritiene sia migliore di quella di breve termine data da comportamenti opportunistici; il contratto invece genera una tutela sul breve termine → questo vuol dire che se io complemento il contratto con il trust, mi tutelo sia sul breve che sul lungo termine • Il trust è un riduttore di incertezza ma è anche vero che diversi livelli di incertezza necessitano di diverse forme di trust → se un contratto consente di ridurre certe forme di incertezza consentirà l’adozione di trust più efficienti → se il contratto riduce una prima parte di incertezza, il trust controlla un’altra parte dell’incertezza • Nell’interazione che si viene a creare durante la negoziazione, le 2 parti si conoscono meglio, e da questa possono quindi sviluppare una migliore performance → è la fase di negoziazione che determina il rapporto che si creerà A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 125 a.a. 2010-2011 • tra le parti, e per questo punto fondamentale da cui si svilupperà trust e quindi una relazione fiduciaria Il contratto continuativo in che modo può aiutare il trust? Due parti legate da trust scelgono nella parte iniziale del loro rapporto di non ricorrere a forme complete di contratto, pensando che potrebbero risolvere una disputa amichevolmente. La relazione fiduciaria permette allo stesso tempo di raggiungere forme più complete di contratto, progressivamente, risolvendo le iniziali controversie trattando ed inserendo clausole nel contratto → con la fiducia, gradualmente, i problemi quando nascono si risolvono e si introducono le clausole nel contratto → progressivamente il contratto si completerà grazie alla complementarietà dei 2 fattori. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 126 a.a. 2010-2011 08/06/2011 Produzione e strategia aziendale Wickham Skinner Troppo spesso l’alta direzione non si rende conto di come il potenziale produttivo dell’azienda possa rafforzare o indebolire la capacità concorrenziale. Il pensiero di Skinner si inserisce in un momento storico caratterizzato da 2 criticità: • La funzione di produzione era centrale, non si parlava di supply chain management, ma comunque anche ora che il supply chain è fondamentale, la funzione produttiva risulta essere chiave, nonostante ad esempio un’automobile non venga più prodotta da un’unica impresa ma da più attori. • L’assunzione che la produzione abbia come unico obiettivo l’efficientamento inteso unicamente come minimizzazione del costo → discrepanza nella strategia complessiva tra il management e la produzione. L’interesse della direzione generale nella produzione era minimo per 2 motivi: ◦ Il general management non poteva porre attenzione specifica alla produzione che tra l’altro era finalizzata di per sé alla minimizzazione dei costi interni → era a sé stante ◦ Siccome questo obiettivo era perseguito con l’applicazione di tecniche, l’elaborarsi di queste le rendeva poco interessanti in quanto oscure, ci voleva un bravo tecnico per guidare la produzione, la direzione generale preferiva quindi delegare la produzione a chi aveva un background tecnico notevole. Vedevano quello della produzione, un obiettivo/problema tecnico, e non erano neanche interessati all’acquisizione di competenze a riguardo, per cui affidavano la direzione di produzione a tecnici mentre la direzione generale si occupava di strategie di prodotto, di mercato, e di impresa in generale, ignorando la produzione. La critica di Skinner a questo sistema colpisce nel segno nel comprendere che la funzione produzione non può essere solo una funzione di minimizzazione del costo, quando si punta anche all’efficienza complessiva. Il minor costo possibile infatti non è il minor costo assoluto, ma quello che l’azienda riesce ad ottenere in funzione degli altri obiettivi strategici → la riduzione di costo si inserisce in una scala di obiettivi gestiti nel complesso e facenti tutti parte della più ampia strategia aziendale. Ora dobbiamo vedere come allineare la strategia di produzione con la strategia di impresa; per far questo bisogna comprendere che la produzione ha dei vincoli e la massimizzazione delle vendite ad esempio non è sempre compatibile con la A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 127 a.a. 2010-2011 minimizzazione dei costi → il perseguimento di uno comporta il ridimensionamento dell’altro, il suo passaggio in secondo piano. Avere vincoli significa fare scelte, non è possibile perseguire tutti gli obiettivi contemporaneamente. Skinner ricostruisce storicamente come si è arrivati alla situazione nella quale la produzione era affidata a tecnici. Fino agli anni '70 vi era una realtà industriale in cui vi è stato un progressivo aumento della tecnologia e dell’automazione nella produzione, periodo in cui venne naturale affidare il controllo di questi strumenti automatici di gestione della produzione a tecnici esperti → le imprese hanno cominciato a delegare la produzione a profili tecnici, ingegneri industriali, e a perdere il focus sulla rilevanza della produzione nella strategia aziendale. Solo con il tempo ci si è accorti che sono proprio le skill nella gestione della produzione che permettono di ottenere vantaggio competitivo e possono costituire un elemento differenziante nel mercato. Si era creata dunque una barriera comunicativa tra direzione e produzione dovuta alle diverse competenze ed ai diversi interessi; Skinner si pone il problema del come abbattere tale barriera. Skinner sottolinea che ciò di cui non sempre ci si rende conto è che differenti strategie e approcci di marketing, volti ad acquisire dei vantaggi concorrenziali, pongono differenti esigenze all’area produttiva dell’azienda. Esempio 2 aziende che producono mobili: Una produce mobili semplici ed economici per persone che non vogliono spendere molto, perciò con un ampia distribuzione di una gamma limitata di prodotti a basso prezzo destinati al mercato di massa → cercheranno di raggiungere una distribuzione capillarizzata → decentralizzano i magazzini e forniscono prodotto finito per raggiungere meglio il cliente. Dovranno fare attenzione a processi e materiali per minimizzare i costi, ma, per contro, non avranno bisogno di operatori specializzati vista la semplicità del prodotto. Avranno ampi volumi e ampi lotti per minimizzare l’incidenza di setup. Avranno macchine grandi capaci di reggere forte produttività di prodotti simili. L’altro competitor invece vuole raggiungere una fascia alta di mercato quindi cercherà di proporre molti modelli ed una varietà di stili, presenterà produzione su commessa, alta qualità ed estremo affidamento, un’organizzazione che possa mettere velocemente in produzione nuovi modelli, un gruppo di controllo della produzione che possa coordinare tutte le attività si da ridurre i tempi di consegna, supervisori e tecnici a forte formazione tecnica. E’ necessario indirizzare la scelta della configurazione del sistema produttivo sulla base del proprio obiettivo e target di mercato. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 128 a.a. 2010-2011 Skinner propone anche una specie di flow-chart di indirizzo del processo decisionale. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 129 a.a. 2010-2011 Sulla base dell’osservazione del mercato si può decidere che strategia intraprendere. Questa è una proposta di modello decisionale che tenta di allineare la strategia di impresa alla strategia di produzione → soluzione al problema di Skinner del passaggio da una produzione monolitica ad una strategia integrata tra produzione e direzione generale. Non c’è dunque secondo Skinner una One Best Way ma a seconda del mercato si adotterà una differente strategia. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 130 a.a. 2010-2011 What is the Right Supply Chain for your product? A simple framework can help you figure out the answer by Marshall Fisher E’ l’articolo più citato nell’ambito del supply chain, apparso nell’Harvard Business Review. Fisher cerca di analizzare la supply chain in un’ottica strategica. • • • Comprendere in che modo classificare i prodotti Comprendere in che modo classificare le supply chain Comprendere in che modo fare l’abbinamento tra strategia del prodotto e strategia di supply chain Molto spesso, i manager hanno la percezione che ci sia qualche inefficienza all’interno dell’azienda perché non vi sono fatturati alti oppure perché non si riescono a vendere prodotti divenuti obsoleti → si hanno così scorte elevate ed aumenta l’indice di capitale circolante, negativo per l’azienda. Quindi possiamo distinguere l’articolo in due macro-argomenti; inefficienza del sistema o prodotto non reperibile / il prodotto non ha più mercato a tal costo → non è piazzabile nel mercato. Ci sono 2 casi dunque: • Aziende sensibili a problemi di stoccaggio del prodotto poiché il prodotto può essere soggetto ad obsolescenza • Aziende in cui invece lo stock-out è un reale problema vista la scarsa reperibilità del prodotto Nei prodotti standard in generale i margini sono bassi perché molti produttori riescono a realizzare quel prodotto e l’elemento differenziante sparisce → le imprese cercano di spostarsi verso nuovi sviluppi ed evoluzioni di prodotto per ottenere un oggetto con nuove caratteristiche differenzianti e per il quale i clienti sono disposti a pagare un sovrapprezzo. Fisher si rifà a Porter nell’evidenziare le 2 possibili strategie di Leadership e di Differenziazione. Egli chiama funzionali i prodotti standardizzati, che rispondono ad esigenze di mercato già manifeste, mentre invece innovativi quelli nati da una ricerca di un nuovo mercato da parte dell’impresa (per avere più margine rispetto ai prodotti standard). Fisher dice di minimizzare i costi fisici (di market mediation). Laddove la domanda di prodotto è stabile, tecnologia stabile e i cicli di vita sono lunghi, la market mediation è facile e non c’è difficoltà nell’incrociare domanda ed offerta → i costi di trasporto e stoccaggio sono i costi maggiori. Quando invece il prodotto è soggetto a variazioni della domanda di mercato (prodotto stagionale), il costo potenziale tra domanda ed offerta è A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 131 a.a. 2010-2011 alto; la domanda cresce rapidamente, ad esempio nel caso della Ducati 1098 che superò il previsionale di vendita (22.000 contro 11.000 previsti) si ebbe un costo di market mediation molto alto poiché riuscire a mediare domanda ed offerta in casi di mercato incerto genera probabilmente costi notevoli. Nel caso di un’azienda di motociclette alla quale viene chiesto di raddoppiare la produttività si generano costi e problemi enormi, ad esempio si dovranno fare straordinari ed introdurre turni extra, si dovranno chiedere ai fornitori altri stampi, questi però richiederanno a loro volta più tempo. I market mediation sono dunque i costi sostenuti per evitare obsolescenza da un lato e stock-out dall’altro. Prodotti Funzionali contro prodotti Innovativi: differenze nella domanda Funzionale (domanda prevedibile) Innovativo (domanda non prevedibile) Ciclo di vita del prodotto più di 2 anni 3 mesi-1 anno Margine di contribuzione 5-20 % 20-60 % Varietà del prodotto bassa (10-20 varianti per categoria) alta (spesso milioni di varianti per categoria) Margine medio di errore nella previsione sul tempo di produzione quando richiesto 10% 40-100 % Tasso medio di stock-out 1-2% 10-40 % Percentuale media del prezzo finito come sconto obbligato di fine stagione 0% 10-25% Lead Time richiesto dai prodotti su commessa 6 mesi-1 anno 1 giorno-2 settimane Aspetti della domanda L’obiettivo di una supply chain efficiente è ridurre i costi fisici. Se invece la supply chain è market-responsive deve rispondere velocemente ad una domanda non prevedibile, in modo da minimizzare i costi di stock-out, la percentuale di beni venduti a prezzo ridotto, la percentuale di beni in obsolescenza. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 132 a.a. 2010-2011 Efficienza fisica contro la risposta sul mercato da parte della supply-chain Processo fisicamente efficiente Processo reattivo al mercato Scopo Principale Far fronte ad una domanda deterministica, efficientemente e al minimo costo possibile Far fronte rapidamente ad una domanda imprevedibile per minimizzare gli stockout, gli sconti obbligati, e le obsolescenze Focus sulla produzione Mantenere un livello medio di utilizzo alto Disporre di capacità extra dei buffer Strategia d’inventario Generare alti livelli di rotazione e minimizzare l’inventario attraverso la catena produttiva Disporre molti magazzini di semilavorati o di prodotti finiti Focus sul lead time Abbassare i lead time il più possibile, compatibilmente con l’aumento del prezzo Investire aggressivamente in modalità per ridurre i lead time Approccio nella scelta dei fornitori Selezionare in base al costo ed alla qualità Selezionare in base a velocità, flessibilità e qualità Strategia di prodotto design Massimizzare la performance e minimizzare il costo Usare design modulari al fine di prolungare il più possibile la differenziazione del prodotto Si hanno secondo la matrice proposta da Fisher 2 tipologie di prodotto: funzionale o innovativo e 2 conseguenti strategie di supply chain → efficiente o reattiva; se la strategia di supply chain è coerente con la tipologia di prodotto (ad esempio strategia efficiente per prodotti funzionali o strategia reattiva per prodotti innovativi) si ha un “match”, altrimenti si ha un “mismatch” e la strategia adottata risulterà incoerente e fallace. Il problema che si pone Fisher è risolvere queste situazioni di mismatch. Ci sono situazioni di mismatch che sono particolarmente inusuali, come strategia di supply chain reattiva con prodotto funzionale, poiché una supply chain reattiva costa troppo per essere sostenuta da un prodotto palesemente funzionale. I problemi si generano nelle altre casistiche: ad esempio un’impresa che cambia la struttura del proprio prodotto da funzionale a innovativo. Queste innovazioni generano un impatto sul mercato (probabilmente positivo), ma d’altra parte l’impresa si trova a trattare un prodotto che non è più funzionale ma innovativo con le tradizionali supply chain efficienti cui era solita, e si trova a dover gestire criticità come stock-out, necessità di ridurre lead time di consegna, difficoltà coi fornitori, che fino a quel momento non aveva mai affrontato → dovrà passare ad una supply chain responsive. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 133 a.a. 2010-2011 Il rimedio da implementare dipende dal caso: se ci si rende conto che il prodotto non ha margine, dunque si sta spacciando per innovativo un prodotto che invece non lo è, bisogna per esempio ridurre la gamma, tarandosi su prodotti funzionali. Se si produce un dentifricio che si ritiene innovativo, ma il cliente non lo percepisce o non lo accetta come tale, questo non genera valore, ed è quindi inutile. Bisognerà allora per esempio ridurre la gamma, rifarsi alla logica di prodotto funzionale. Il tentativo di rimedio dunque non è altro che il riportare in un quadrante di match una situazione che precedentemente era in un quadrante di mismatch. Nell’articolo Fisher riporta 2 esempi della propria esperienza come consulente. Zuppa Campbell, prodotto funzionale, domanda relativamente stabile, margini ridotti (2% sul costo complessivo), stock-out minimi (1%) e con costi trascurabili (1% * 2%). I distributori di Campbell avevano 4 settimane di giacenza media di prodotto → Campbell si rese conto che il punto di miglioramento era lì, non nel ridurre lo stock-out o l’obsolescenza → introdusse un sistema di continuous replenishment; si fissò un limite superiore ed inferiore e quotidianamente un milk-run avrebbe rifornito il centro di distribuzione/retailer. I dati previsionali della domanda del giorno erano forniti automaticamente dal lettore ottico nella cassa del retailer → previsioni a breve termine che il retailer era in grado di fornire molto più facilmente rispetto a previsioni mensili. Risultato dell’azione fu il passaggio del livello medio di giacenze da 4 a 2 settimane, senza intaccare la percentuale di stock-out. In caso di prodotti innovativi questo approccio all’aggressione di inefficienze probabilmente non avrebbe funzionato. Altro esempio è Obermeier Sport, negozio di articoli sportivi per sport invernali ad Aspen. Domanda concentrata prevalentemente nel periodo invernale o a ridosso di questo periodo → per soddisfare la domanda non prevedibile (rinnovo della gamma per A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 134 a.a. 2010-2011 il 90% ogni anno), Obermeyer organizzava ponti aerei del costo di 25.000 $ l’uno per rispondere velocemente ai clienti. • • • Ridurre l’incertezza Evitare l’incertezza Gestire l’incertezza Quando c’è market mediation bisogna accettare il fatto che l’incertezza ci sia. Obermeyer non poteva gestire facilmente a previsionale la produzione presso i contract manufacturer cinesi poiché non sapeva come avrebbe variato la gamma e quali sarebbero stati i capi più “tirati” dai clienti → intervento sui 3 aspetti di sopra: • Riduzione dell’incertezza: qualcuno avrebbe potuto dare informazioni attendibili sull’andamento previsto della domanda? Probabilmente i retailer avrebbero potuto aiutare in questo, lavorando in diretto contatto coi clienti → proposero di incontrarsi a Febbraio per acquisire un quadro informativo più completo e avere una previsione di domanda più credibile → induce i retailer a condividere tali informazioni ed effettuare early orders, ordini già a Febbraio per aver garantita la fornitura • Un ponte aereo dalla Cina costa 25.000 $ → perché utilizzare questo metodo anzi che altri? Obermeyer scopre che i propri carta-modelli venivano mandati alla Cina per posta ordinaria anzi che per prioritaria risparmiando 20 $ → non aveva senso → passano a posta veloce → per la metà della gamma riuscirono a spostare il committment dei retailer a valle degli early orders → hanno trasformato un make to stock in un make to order • Le previsioni sono per definizioni scorrette, ma fino a che punto? Che differenze ci sono nel livello e nel grado di errore? Ingaggiarono diversi membri dell’ufficio acquisti per prevedere la domanda → comparando i diversi previsivi generati da diverse persone si aveva una garanzia maggiore sulla veridicità e la bontà della previsione → se le previsioni erano coerenti più probabilmente sarebbero state verosimili → per i prodotti prevedibili si sarebbe potuto spostare il committment a monte, mentre per i non prevedibili il committment sarebbe stato spostato più a valle. Obermeyer ottenne ottimi risultati in termini di fatturato, accuratezza delle previsioni, e soddisfazione dei retailer. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 135 a.a. 2010-2011 09/06/2011 Strategie della Supply Chain by Hau Lee Il supply chain management nella tesi di Hau Lee sulla supply chain (SC) prevede di allineare la SC con gli elementi di incertezza che ruotano intorno all’offerta • L’approccio di Hau Lee nella supply chain (SC) prevede di allineare la SC con elementi di incertezza che ruotano intorno all’offerta • Un processo con offerta stabile dispone di tecnologie mature, un processo con offerta in evoluzione dispone di tecnologie in rapida evoluzione. • Tipi di SC: ◦ SC efficienti ◦ SC per la copertura del rischio ◦ SC reattive ◦ SC agili Obiettivi: • Supply Chain Management • Misurare le prestazioni della supply chain • Effetto bullwhip • Outsourcing • Densità di valore • Personalizzazione di massa La riflessione iniziale riguarda il fatto che non esiste un'unica maniera di fare supply chain ma la diversa tipologia, come abbiamo visto con Fisher, dipende dalle caratteristiche del prodotto, funzionale o innovativo, e dalle strategie di supply chain che saranno efficientiste o market responsive. Ogni caso è diverso ma allo stesso tempo non si deve arrivare ad una customizzazione completa, Fisher dà delle linee guida, fornisce un modello con la prassi generale, sta poi ai manager capire cosa deve o può essere applicato → ci saranno supply chain più vicine all’idealtipo efficiente, e altre più vicine all’idealtipo reattivo. Il modello di Fisher guarda al lato domanda e declina le caratteristiche della supply chain sulla base delle caratteristiche di questa. I prodotti funzionali hanno una domanda stabile, mentre i prodotti innovativi cercando si soddisfare nuove esigenze, avranno una domanda non prevedibile. Essi avranno una marginalità più alta. Qualche anno dopo uno studioso americano ha introdotto un modello integrato. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 136 a.a. 2010-2011 Altro modo rispetto a Fisher per classificare l’instabilità è quello che introduce il fattore ambientale/esterno, non dipendente dall’azienda; si pensi ad esempio al settore agroalimentare, altamente tecnologico, ma in questo settore l’incertezza è a monte, anche se si può smussare il fattore di rischiosità approvvigionandosi da diversi paesi/regioni. In ogni caso l’agroalimentare è un settore la cui stabilità dipende molto dalle condizioni climatiche che compromettono la stabilità dell’offerta, nonostante la domanda invece sia relativamente costante o perlomeno prevedibile. Nel modello di Fisher le uniche variabili che influenzano la domanda sono legate al prodotto. Il coreano Lee invece sostiene che la stabilità della situazione non dipenda solo dal prodotto e dalla tecnologia, quindi dal “lato della domanda” ma anche fortemente dalla “stabilità dell’offerta” e dalle caratteristiche di questa. Un fattore esogeno all’azienda ma che determina le caratteristiche dell’offerta è infatti il fattore ambientale. Con questa configurazione possiamo immaginare 4 quadranti di una matrice le cui dimensioni sono domanda stabile vs instabile da un lato, e offerta stabile vs in evoluzione dall’altro. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 137 a.a. 2010-2011 Quadro degli elementi di incertezza nella SC secondo Hau Lee La mass customization è il tentativo di coniugare l’esigenza di produrre grandi volumi le cui caratteristiche del prodotto sono differenti e specializzate alla soddisfazione delle esigenze e dei gusti di numerosi diversi clienti. Se si ha il rischio di un’interruzione di fornitura, dovuta a variabilità climatiche ad esempio, si avrà una SC per la copertura del rischio il cui obiettivo sarà appunto quello di far fronte a questo rischio cautelandosi. Ad esempio la produzione di energia da una centrale idroelettrica dipende dalla piovosità dell’anno (della stagione precedente) → per cautelarsi e far fronte al rischio si costruisce un bacino di raccolta. Nel settore agroalimentare ci si rivolge a forniture da altri paesi → non esiste una soluzione ottima in generale. La supply chain agile fonde la presenza di incertezza sia sulla dimensione della domanda sia su quella dell’offerta. Si hanno problemi non solo per la qualità della fornitura ma anche per la continuità della fornitura/produzione. Si hanno prodotti innovativi per i quali la tecnologia non è consolidata → i guasti in produzione saranno maggiori e la produttività di conseguenza sarà rallentata, inoltre la domanda è imprevedibile → devo instaurare meccanismi di inseguimento della domanda. Questo però non basta poiché si è in un contesto in cui è incerta anche l’offerta e si ha rischio → Le SC agili presentano caratteristiche relative sia a SC efficienti, sia a SC reattive (come capacità extra dei buffer, ecc). A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 138 a.a. 2010-2011 Cos’è una supply chain? L’espressione supply chain descrive le forme di collegamento esistenti fra le organizzazioni (fornitori, produttori, distributori e clienti) Servizi Fornitori Attività di supporto ai servizi Fornitore locale del servizio Supply network Input Trasformazione Localizzazione Manufacturing Fornitori Manufacturing Distribuzione Clienti Output Clienti Non è facile misurare la performance di una supply chain, mentre è più consolidata la scienza che misura la performance aziendale; definire però la performance dell’intero sistema del valore, dell’intera SC, è complesso; è anche non facile definire i confini di una SC per giudicare la bontà della stessa SC → una variabile indicativa ed accettata per qualificare la supply chain è il livello delle scorte all’interno della filiera Formule per misurare le prestazioni della supply chain • Uno degli indicatori di rendimento più comunemente usati è l’indice di “rotazione del magazzino”. Rotazione del magazzino= • Costo delle merci vendute Valore medio delle scorte a magazzino In molte situazioni, soprattutto quando dominano le scorte a uso distribuzione, si preferisce l’indice delle “settimane di giacenza”. Esso misura in numero di settimane il periodo di giacenza delle scorte immagazzinate nel sistema in un dato momento Setimane di giacenza= Valore medio delle scorte a magazzino ⋅52 settimane Costo delle merci vendute Mi dice quante settimane di copertura ho ai ritmi medi di produzione. L’efficienza di una SC ovviamente non si può misurare solo sulla base del livello di scorte, ma questo è sicuramente un indice valido. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 139 a.a. 2010-2011 Effetto bullwhip Gli ordini emessi nella supply chain presentano evidenti variazioni → Molti dettaglianti, ciascuno dei quali emette ordini scarsamente variabili (fig. 2) → possono portare a una superiore variabilità per un numero minore di grossisti e (fig.3) → possono portare a un’ancora maggiore variabilità per un produttore unico (fig.4). Bullwhip = coda del toro. La scoperta di questo fenomeno è stata puramente empirica, non teorica. Si immagini una filiera, da capofila, a diversi livelli, a cliente finale. Viene naturale pensare che aumentando il n° di livelli aumenti l’incertezza, soprattutto avvicinandosi al cliente l’incertezza aumenterà → si penserà che anche il n° di scorte di conseguenza aumenti andando verso i clienti. Alcuni studiosi fecero uno studio a riguardo sulla catena di fornitura della P&G e rilevarono esattamente il contrario → incremento delle scorte risalendo lungo la supply chain. L’effetto bullwhip si crea a fronte di comportamenti irrazionali nell’emissione degli ordini e a fronte di un ritardo nel lasso temporale tra l’impresa agente e le altre imprese della filiera tale per cui l’oscillazione della domanda si manifesta come creazione di scorte sempre più evidente e pesante risalendo la filiera. Per colpa dunque di comportamenti irrazionali (nella gestione delle scorte e nella gestione degli ordinativi) e A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 140 a.a. 2010-2011 di ritardi nel trattare gli ordini di produzione/approvvigionamento si crea una situazione di nervosismo per la quale una domanda a valle relativamente stabile genera a monte una domanda a picchi. Ulteriori studi hanno dimostrato che non è stato un caso particolare di P&G ma è un problema frequente e addirittura macroeconomico, studiato su intere filiere → le scorte sono mediamente più alte nelle filiere più lontane dal mercato. Un altro caso in cui si genera l’effetto bullwhip si ha quando il cliente dà al fornitore il piano previsionale di approvvigionamento, ma non gli dà la domanda effettiva. Il fornitore infatti si chiederà da dove arriva questo piano dal momento che non è legato ad essa. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 141 a.a. 2010-2011 Ricorso all’outsourcing nella Supply Chain by Chase e Aquilano Motivazioni aziendali generali • Incrementa l’efficacia focalizzando un’azienda su ciò che sa fare meglio • Aumenta la flessibilità per adeguarsi alle mutevoli condizioni del mercato, della domanda di prodotti e servizi e delle tecnologie • Trasforma l’organizzazione aziendale • Aumenta il valore dei prodotti e dei servizi, la customer satisfaction ed il valore per gli azionisti Motivazioni legate ai processi di miglioramento • Migliora le prestazioni operative (aumenta qualità e produttività, accorcia i tempi di ciclo, ecc..) • Garantisce competenze, abilità e tecnologie altrimenti irreperibili • Migliora la gestione ed il controllo interno • Migliora la gestione del rischio • Permette di acquisire idee innovative • Migliora la credibilità e l’immagine grazie alla partnership con i fornitori di elevate reputazioni Motivazioni finanziarie • Riduce gli investimenti in asset e permette di destinare ad altri scopi i capitali liberati • Genera liquidità trasferendo asset al fornitore Motivazioni legate all’incremento dei ricavi • Incrementa il potenziale di accesso a nuovi mercati e business attraverso la rete del fornitore • Accelera l’espansione grazie all’utilizzo di capacità, processi e sistemi sviluppati dal fornitore • Aumenta le vendite e la capacità produttiva nei periodi in cui non è possibile attuare investimenti di ampliamento • Sfrutta le competenze esistenti in chiave commerciale Motivazioni legate ai costi • Riduce i costi grazie alle superiori prestazioni e ai minori costi del fornitore • Converte i costi fissi in costi variabili A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 142 a.a. 2010-2011 Motivazioni legate alle risorse umane • Consolida le prospettive di carriera dei dipendenti • Aumenta l’impegno e l’energia nelle aree non core Ci sono 3 dimensioni fondamentali nell’analisi dell’eventuale ricorso all’outsourcing: • Coordinamento • Controllo strategico → quanto è importante presidiare un’attività? → quanto sarebbe il danno se perdessi il controllo su quell’attività? Sotto elevati investimenti specifici il danno da mancato controllo sarebbe grande → investimenti specifici spingono verso il controllo gerarchico (abbiamo già visto che quando sono elevati i costi di investimento diretto si tenderà all’integrazione). Laddove c’è un investimento relation-specific è necessario un controllo strategico, o attraverso l’integrazione, o attraverso contratti complessi e cautelativi • Proprietà intellettuale → Controllo della proprietà intellettuale; dove è difficile farlo con strumenti legali conviene ricorrere all’integrazione ed evitare l’outsourcing. Schema decisionale per strutturare le relazioni con i fornitori Integrazione verticale (non esternalizzare) Coordinamento Controllo strategico Proprietà intellettuale Relazione tra entità indipendenti (esternalizzare) Interfacce “confuse”, operazioni contigue richiedono un elevato grado di adattamento reciproco, scambio di conoscenze implicite e learning-by-doing. L’informazione richiesta è specificatamente mirata all'attività in oggetto Interfacce standardizzate tra operazioni adiacenti; l’informazione richiesta è altamente codificata e standardizzata (prezzi, quantità, tempi e modalità di consegna, ecc) Molto elevato: sono richiesti investimenti significativi in beni durevoli relation-specific per una corretta esecuzione delle attività richieste. L’investimento non può essere recuperato se la relazione viene interrotta: • collocazione di stabilimenti specializzati • investimento nel brand equity • significative curve di apprendimento proprietarie • investimento a lungo termine in programmi di ricerca e sviluppo specializzati Molto basso: beni durevoli e altri asset impiegabili da un gran numero di altri potenziali clienti o fornitori Tutela della proprietà intellettuale poco chiara o debole. Tecnologia facile da imitare. Interfacce “confuse” tra diversi componenti tecnologici. Forte tutela della proprietà intellettuale. Tecnologia difficile da imitare. Confini “netti” tra diversi componenti tecnologici Nel testo di Chase e Acquilano c’è un capitolo dedicato alla logistica → declinano il problema dell’outsourcing alla logistica. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 143 a.a. 2010-2011 La logistica sta diventando un elemento che può essere esternalizzato dalle imprese perché da un lato queste Third Party Logistics sono molto specializzate e con un livello di esperienza che un’azienda manifatturiera non potrà mai raggiungere, dall’altro lato queste imprese offrono una serie di servizi di contorno molto interessanti per l’impresa che si appoggia a tale operatore logistico (uno di questi servizi aggiuntivi può essere l’ultima fase di un semplice assemblaggio). Esempio può essere un prodotto che ha bisogno di diverse configurazioni specifiche per la vendita nei diversi paesi (es. presa elettrica che ha diverse configurazioni per allacciarsi ai quadri elettrici nei diversi paesi). La singola impresa realizza il prodotto standard lasciando l’ultima customizzazione al fornitore del servizio logistico che la deve distribuire → questa politica porta al produttore il vantaggio di non dover tenere grandi quantità di scorta di prodotti specifici e diversi all’interno del suo magazzino. Inoltre il fornitore aggiungerà così ulteriore valore al prodotto prima di distribuirlo. In futuro probabilmente verrà introdotto un sistema di regolamentazione di queste situazioni. In particolare in futuro diverrà obbligatoria la regolamentazione dello smaltimento dei prodotti al termine del loro ciclo di vita → Reverse Logistics → gli operatori che si sono preparati a gestire la reverse logistics si troveranno in posizione di vantaggio competitivo quando questa diverrà obbligatoria. Quello della reverse logistics è un mercato stimato per l’Europa di circa 100 mld €. La densità di valore, espressa dal valore di un articolo per unità di peso, è indicativa dell’importanza del prodotto e di quanto questo prodotto sfrutti più efficientemente il trasporto (conviene trasportare in aereo lingotti d’oro piuttosto che blocchi di gommapiuma). Mass customization La personalizzazione di massa indica un approccio alla produzione volto a generare grandi volumi di prodotto altamente personalizzati, customizzati, con elevate varianti → si parla di grandi economie di scala. La chiave della personalizzazione di massa risiede nella prassi di post-ponement, ovvero nel differire all’ultimo punto utile della supply chain il compito di differenziare il prodotto per uno specifico cliente. A tale scopo le aziende devono ripensare ed integrare la progettazione del prodotto, i processi impiegati per fabbricare e distribuire i prodotti, e la configurazione dell’intero supply network. I principi della mass customization sono 3: 1. La mass customization si basa sulla modularità del prodotto; i moduli indipendenti dovrebbero poter essere assemblati facilmente ed economicamente in forme diverse. E’ tanto più facile ottenere elevate differenze in grossi volumi di prodotto quanto più queste specifiche sono legate ad elementi modulari e A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 144 a.a. 2010-2011 assemblabili a valle della produzione, quanto più gli elementi specifici sono autonomi ed interfacciati al prodotto base in maniera standardizzata (ad esempio Caterpillar fa macchine asfaltatrici con diverse appendici a seconda della tipologia della strada e delle esigenze del cliente → il corpo macchina è unico ma il cliente avrà diverse appendici a seconda che voglia asfaltare autostrade o stradine di montagna; l’appendice svolge il proprio ruolo in maniera autonoma ed il modo in cui si interfaccia col prodotto è standardizzato) 2. La modularità dei processi produttivi e di erogazione del servizio. I processi vanno progettati in modo da essere indipendenti, e poter essere spostati o riconfigurati facilmente, per supportare differenti progetti di rete distributiva. Le varianti cromatiche ad esempio si creano attraverso mix per sistemi chimici e foto-elettrici → da pochi colori fondamentali si ottengono poi tutti i mix desiderati. Benetton applicava perfettamente il post-ponement → si cerca di posticipare più a valle possibile la customizzazione non reversibile → tingeva il capo e non il filo, prima dell’invio a clienti/retailers 3. Riguarda la struttura del network, cioè il posizionamento delle scorte e la localizzazione, il numero e le caratteristiche delle infrastrutture di servizio, di produzione, di distribuzione dovrebbe essere progettato in modo da garantire due capacità per il vantaggio competitivo e l’efficienza del sistema: ◦ Mettere a disposizione dei vari centri di distribuzione l’elemento base per poi eseguire la customizzazione ◦ Essere flessibili e reattivi nella raccolta ordini di ogni singolo cliente. Se si vuole customizzare si deve essere rapidi ed efficienti nel rilevare le esigenze e nell’inseguire la domanda di mercato → network efficiente a monte della customizzazione e network reattivo a valle della customizzazione. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 145 a.a. 2010-2011 International Sourcing strategy Trattiamo l’International Sourcing in contesti e realtà low cost o best cost dislocati in diverse regioni del mondo, a prescindere dal paese in cui si andrà ad acquistare. International sourcing = “Approvvigionamento di materiali, componenti e prodotti finiti da fornitori localizzati al di fuori dei confini domestici” → Opportunità strategica finalizzata ad un vantaggio competitivo sostenibile nel tempo. Global Sourcing ed International sourcing non sono sinonimi: International sourcing ha un significato generale di acquisto fuori dai confini domestici, Global sourcing è invece una strategia coordinata e consapevole che ricorre all’acquisto su scala mondiale per perseguire vantaggio competitivo, è qualcosa di più specifico e mirato. Le determinanti dell’International Sourcing • • • • • Riduzione dei costi d’acquisto → è spesso la variabile chiave nella scelta del ricorso all’outsourcing, anche se spesso bisogna considerare un costo globale (total cost of ownership), non effettuare una mera comparazione dei prezzi d’acquisto Accesso a risorse/capacità distintive Possibilità di ampliare la base dei fornitori disponibili Possibilità di legittimare o sviluppare uno sbocco commerciale → Ermenegildo Zegna ha effettuato una joint venture al 50% con un fornitore cinese, creando SharMoon per acquisire competenze del mercato cinese, senza far produrre i capi lì, temendo un abbassamento della reputazione del proprio marchio. In questo modo, con la joint venture, Zegna sta acquisendo conoscenze relative al mercato ed ai metodi produttivi cinesi Riduzioni delle barriere commerciali ed accordi internazionali Fattori ostacolanti l’International Sourcing • • • Costi → legati ai tempi, alla qualità, alle difficoltà logistiche Tempi → dati anche dalle distanze e dalla difficoltà di raggiungimento dei poli di scambio, e questi a loro volta determinano un incremento dei costi Differenze culturali e di linguaggio → ci sono standard informali all’interno delle relazioni che sono figli delle diverse culture → negoziare con un fornitore cinese è totalmente diverso dal negoziare con un fornitore italiano (in particolare le basi comuniste e del confucianesimo rendono implicita nel cinese la cultura che definisce il contratto come qualcosa che debba portare vantaggio ad entrambe le parti, qualora ciò non avvenga, o smetta di avvenire, il fornitore cinese si sentirà autorizzato ad interrompere il contratto) A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 146 a.a. 2010-2011 • • Rischio di espropriazione di conoscenze e tecnologie → perché è più difficile il monitoraggio se non c’è la presenza fisica (ad esempio un produttore di scale si approvvigiona dalla Cina solo per componenti della scala ed effettua lui l’assemblaggio del prodotto finito per non rischiare di subire espropriazione di conoscenza Instabilità politiche dei mercati esteri Vedremo 3 modelli che cercano di interpretare l’evoluzione dell’International Sourcing. 1. Modello di Evoluzione di Monczka e Trent Descrive l’evoluzione internazionale degli approvvigionamenti secondo 4 fasi: • Ricorso ai fornitori domestici: quando un’impresa nasce probabilmente si fornirà localmente • IS come risposta a necessità contingenti: in seguito l’impresa dovrà migliorare la tecnologia o abbassare i costi → in risposta ad esigenze contingenti l’impresa inizierà a cercare oltre i confini domestici → logica reattiva ad una particolare esigenza • IS come strategia di approvvigionamento: l’IS diventa problematico da gestire, ogni volta che si lancia un nuovo prodotto ci si pone il problema se approvvigionarsi all’estero o nei confini domestici → non risposta a particolare esigenza ma risposta ad esigenze sistematiche → strategia di approvvigionamento • Integrazione attività: si ha una piena integrazione, si arriva sistematicamente per ogni categoria del prodotto a capire qual’è il paese in cui è più conveniente comprare. Questo step finale si può chiamare anche global sourcing Si è passati da un Sourcing come necessità contingente a Global Sourcing come elemento chiave, strategia proattiva e determinante di vantaggio competitivo. 2. Modello di evoluzione di Monczka e Giunipero Descrivono l’evoluzione internazionale degli approvvigionamenti secondo 2 fasi: 1. Operativa – Transnazionale: ◦ Riduzione dei costi ◦ Accesso a nuove fonti ◦ Componenti di fornitori domestici ◦ Agenti/contatto diretto 2. Pianificazione - Gestione: la strategia di approvvigionamento deve essere sistematicamente in grado di perseguire il vantaggio competitivo sul lungo termine A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 147 a.a. 2010-2011 ◦ ◦ ◦ ◦ Disegno strategico Ricerca di vantaggio competitivo di medio - lungo termine International Purchasing Office (IPO) Sussidiarie estere 3. Modello evolutivo di Rugman delle Fasi di sviluppo dell’IS (1995) Propone delle fasi consecutive ma non impone né il passaggio obbligato per ciascuno degli step né l’esigenza di arrivare per forza alla fase finale. Sulla base di dimensioni quali il grado di coinvolgimento sui mercati esteri ed il tempo, si stila un grafico evolutivo → si parte da una situazione di acquisto domestico, poi si passa all’importazione tramite agenti e/o distributori; lo step successivo è di importazione attraverso proprie sussidiarie estere (solo se queste sono disponibili). Ad un passo ulteriore ha senso vi sia ricorso agli IPO, gli uffici deputati alla selezione dei fornitori stranieri. Per le imprese che non hanno sussidiarie estere ha senso che almeno inizialmente sia l’ufficio acquisti interno a specializzarsi in parte negli acquisti esteri, solo successivamente si potranno dedicare interi uffici acquisti all’estero. All’ultimo e più evoluto step si arriva nuovamente al global sourcing integrato. Si fanno analisi di convenienza di produttori localizzati in diversi paesi, e si scelgono quelli che danno un vantaggio globale migliore Ad esempio la Pirelli ha 3 facility produttive in Cina e degli uffici acquisti in Cina che non sono dedicati all’acquisto di materiali in Cina ma acquistano anche materiali da altri paesi necessari per l’approvvigionamento delle facilities cinesi. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 148 a.a. 2010-2011 10/06/2011 Tipologie di approvvigionamento dalla Cina Esistono 3 tipologie di approvvigionamento dalla Cina anche se il primo è quasi scomparsa come tipologia, è trascurata: • Approvvigionamento imposto • Approvvigionamento mediato • Approvvigionamento diretto Approvvigionamento imposto Obiettivo: Garanzia di un mercato protetto in settori strategici; politica finalizzata all’acquisizione di “modus operandi”. Codici d’acquisto: high tech e Engineer to Order. Competenze richieste al buyer: capacità di negoziazione, capacitò di far conoscere il fornitore, capacitò di coordinamento della rete di fornitura locale Infrastrutture organizzative sviluppate localmente dal buyer: personale locale per attività commerciale, legale, ecc.. Approvvigionamento mediato Ciò che lo caratterizza è la presenza/assenza di un intermediario che funziona da interfaccia tra gli attori dell’approvvigionamento. Esistono 2 tipologie di intermediario: • Tradizionale → Grossista internazionale, Profilo commerciale, No interazione diretta buyer - fornitore, Codici standard • Outsourcing di servizi di approvvigionamento internazionali → Provider di una serie di servizi, Fondamentale nelle fasi iniziali, Dalle produzioni pilota:interazione diretta, L’intermediario ha la responsabilità complessiva Quando la negoziazione si complica e le caratteristiche della transazione si fanno più profonde si ha la necessità di un pacchetto di servizi più completo ed evoluto che un semplice grossista (come nel caso di prima) non sarebbe in grado di fare. Quando iniziano le attività di fornitura il provider ha già finito il proprio compito, infatti la sua importanza principale è nella fase di avvio della relazione economica, dallo scouting alla chiusura del contratto, dopo può instaurarsi una relazione diretta tra cliente e fornitore Approvvigionamento diretto • Tradizionale: A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 149 a.a. 2010-2011 ◦ Assenza di forme di integrazione operativa tra le parti ◦ Approccio di “puro mercato” ◦ Codici di acquisto: standard, presenti a catalogo ◦ Orizzonte temporale: transazione “spot” Non richiedono grossi sforzi informativi, sono più adatti per tipologie di prodotto standardizzate, a catalogo, con orizzonte temporale di breve periodo. • Collaborativo: ◦ Integrazione operativa fra le parti ◦ Collaborazione in ambito progettuale e logistico-produttivo ◦ Codici di acquisto: complessi, brevi cicli di vita ◦ Competenze richieste al buyer: profonda conoscenza delle prassi operative cinesi, capacità di far crescere il fornitore ◦ Competenze richieste al fornitore: flessibilità al mix, ai volumi, ed ai prodotti Il Buyer è chiamato ad una migliore e più profonda conoscenza delle prassi Cinesi, in quanto la prospettiva è di lungo termine e si presuppone un miglioramento del fornitore. Fin dai tempi passati, le imprese occidentali richiedono flessibilità (nella gamma, nei volumi, nei tempi di consegna) ai fornitori mentre i cinesi non sono abituati. • Forme di partecipazione del capitale: ◦ Equity joint venture: costituzione di una società a responsabilità limitata ◦ Contractual joint venture: conferimenti dell’investitore straniero sono valuta, tecnologie ed attrezzature avanzate. L’apporto cinese si limita all’immobile e al diritto d’uso del terreno. Superiore flessibilità gestionale e maggiore semplicità amministrativa ◦ Wholly foreigned-owned enterprise (WFOE): costituzione di una società totalmente posseduta e gestita dall’impresa occidentale, posseduta quindi da un proprietario straniero rispetto al paese d’origine dell’azienda, l’apporto di capitale però è congiunto a entrambi. Verso un modello normativo: parametri • • Dimensione aziendale ◦ Grandi e PMI ◦ Volumi d’acquisto Complessità del codice ◦ Specifiche non standard ◦ Trasferimento di tecnologie e competenze ◦ Personale specializzate A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 150 a.a. 2010-2011 • ◦ Ciclo breve ◦ Gamma ampia ◦ Complessità architetturale Complessità dell’ambiente industriale ◦ Eterogeneità ◦ Differenze geografiche, intersettoriali, intrasettoriali Complessità del codice: complessità tecnologica ed architetturale. Quanto più questa complessità è elevata tanto più ci spostiamo verso una forma di approvvigionamento diretto di tipo collaborativo. Complessità del contesto: per contesto si intende quello d’acquisto. Possono essere il grado di sviluppo delle imprese in grado di realizzare un certo prodotto, quanto sono numerose e quanto sono gestibili a livello di rapporto. Con Guanxi si intendono le relazioni che si instaurano sia tra cliente e fornitore sia all’interno della rete di fornitori. Grandi Imprese o alti volumi Nel caso di grandi imprese o alti volumi se le dimensioni di complessità, di contesto e di codice aumentano conviene dunque passare ad una logica di approvvigionamento diretto ma collaborativo; se questi due elementi di complessità sono invece contenuti si può pensare di avere una forma di approvvigionamento diretto tradizionale e semplice. PMI o bassi volumi A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 151 a.a. 2010-2011 Nel caso di PMI o bassi volumi se le due complessità sono basse è consigliabile ricorrere ad un approvvigionamento intermediato tradizionale, negli altri casi invece si può pensare di rivolgersi ad un intermediario provider. Fasi di costituzione di un canale di approvvigionamento in Cina • • • Analisi mercato cinese: la Cina è caratterizzata da un enorme mercato interno Identificazione di potenziali fornitori: In Cina viene molto utilizzato lo strumento fieristico per acquisire informazioni Auditing preliminare: vengono effettuati degli audit e delle visite ai fornitori, tenendo presente che in Cina non c’è solo produzione economica e di bassa qualità, ma ci sono imprese professionali. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 152 a.a. 2010-2011 Managing the evolving Global Production Network by Kastra Ferdows In un mondo in cui i vantaggi comparati dei paesi cambiano in maniera radicale ed in maniera molto veloce non si può pensare di rivolgersi ad un paese in via di sviluppo e sperare di avere un vantaggio competitivo stazionario → le imprese che si dotano di un network produttivo globale si trovano davanti ad una scelta: • Stabilità della produzione → vantaggio della stabilità nel tempo, in quanto solo con il passare degli anni si riesce a sviluppare una sinergia interna all’azienda e solo in orizzonti temporali lunghi si riescono ad effettuare grossi cambiamenti, con continuità degli investimenti, anche perché non è facile poi spostare frequentemente le competenze → imprese “Deep rooted” • Inseguimento del vantaggio competitivo → trasferimento delle competenze e della produttività nei paesi che via via nell’evoluzione globale diventano più competitivi → “Foot loose” = impresa che costantemente insegue contesti economicamente più convenienti e si sposta in essi. A seconda del mio modello di business sceglierò l’approccio più coerente con questo. I modelli foot lose hanno delle criticità → se le scelte foot loose sono frutto di decisioni occasionali ed emotive si rischia di trascinare la strategia aziendale verso una rischiosa ottica di breve termine. La criticità non è più scegliere uno o l’altro modello, ma sceglierne avventatamente uno sulla base di una sola situazione occasionale in cui si presenta un contesto che suggerisce la scelta di un modello per quella singola situazione → se si compie una scelta di questo genere senza criterio ci si trova in situazioni di mismatch similmente a quanto avveniva nel modello di Fisher (ci si trova ad esempio ad avere prodotto funzionale e supply chain reattiva, oppure un prodotto innovativo ed una supply chain efficiente). Il modello di Ferdows Egli afferma che è importante capire quale sia il modello giusto nel contesto giusto, e dice anche che è importante il modo in cui si vanno ad analizzare le situazioni intermedie. Possiamo immaginare che le imprese abbiano o processi produttivi proprietari e distintivi, o processi produttivi standard che producano o commodity, o prodotti unici e differenziati. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 153 a.a. 2010-2011 Se il processo produttivo e il prodotto sono caratterizzati da unicità, è ovvio che ci siano competenze e conoscenze distintive, difficili da traferire → è evidente che si debba andare con un deep rooted (es. Intel). Se invece si opera nel quadrante con processi standard e comodities, si ha una situazione foot loose. Es. Ikea è tipicamente foot loose, ha una rete di fornitura mondiale, si approvvigiona prevalentemente da fornitori asiatici, i prodotti sono molto semplici, per cui può attuare un’alta rotazione dei fornitori, anche perché il prodotto è codificabile e non si necessita del trasferimento di tecnologie e conoscenze, o perlomeno questo trasferimento di conoscenze e processi è di facile attuabilità. Motorola ad esempio si rivolge per la produzione quasi esclusivamente a contract manufacturers. Un’azienda che però perde completamente il controllo della produzione perde anche le competenze e la capacità di trasferire queste conoscenze, inoltre spesso la produzione funziona da stimolo o da vincolo per il design per cui risulterà molto rischiosa la separazione tra progettazione e produzione. Altro problema molto grave è che c’è una componente di paura da parte degli operai data dall’alto livello di incertezza, temono infatti di perdere il posto e quindi alla prima occasione abbandonano per trasferirsi da un’altra parte, magari anche da un concorrente → la fabbrica perde competenze. Inoltre il contract manufacturer perseguirà i propri obiettivi come ad esempio la standardizzazione del prodotto che gli viene assegnato → ad esempio produrrà i telefoni Motorola in maniera simile ai telefonini che altri fornitori gli assegnano e non gli interesserà perseguire la politica di differenziazione di Motorola. Il contract manufacturer prima o poi diventerà un competitors, come ad esempio ha fatto BenQ che ha iniziato a produrre cellulari per il mercato asiatico dopo essere stato per anni fornitore Motorola. La più grossa perdita l’ha avuta Motorola perché non solo A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 154 a.a. 2010-2011 si è trovata un ulteriore concorrente, ma ad un certo punto si è trovata senza l’appoggio, la fornitura di BenQ e senza le competenze produttive ormai perse. “Rivolgersi ad un contract manufacturer è come produrre la corda con la quale si verrà impiccati”. I grossi rischi li hanno quelle imprese che occupano gli altri 2 riquadri del modello di Ferdows → Commodity + processi proprietari o prodotti unici + processi produttivi standard. Sono situazioni rischiose e le aziende tenderanno a scivolare (slippery) verso il foot loose poiché, ad esempio, un’impresa che ha come vantaggio competitivo l’unicità del prodotto (macchine fotografiche), cercherà di standardizzare il processo per ridurre i costi. Quando questi processi produttivi verranno trasferiti in paesi più competitivi e affidati a contract manufacturers allora l’azienda perderà l’unicità del prodotto in quanto diverrà standard anch’esso. Altro esempio nel caso di prodotti commodity e processi proprietari è Lego. Prodotto standard ma che richiede processi industriali complessi ed elevato controllo qualità. Nel tempo ci fu un tentativo di passare a processi produttivi standard ma di conseguenza Lego presentò un abbassamento qualitativo notevole Zara ad esempio usa 2 politiche diverse a seconda del prodotto, utilizza un modello ibrido → foot loose per i prodotti semplici (ricorso al mercato) e deep rooted per quelli complessi (competenze specifiche da tenere all’interno). Esame • • 25 quiz con 4 risposte ciascuna delle quali può essere vera o falsa → 30 min ( → bisogna dare 3 risposte al minuto) 2 domande aperte con un n° di caratteri limitato (1.500 caratteri la 1 a + 1.200 la 2a spazi inclusi) → 40 min. A. Acquaderni, A. Azami, A. Gennari 155 a.a. 2010-2011
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