RIVALUTAZIONE DEI BENI D`IMPRESA E DELLE

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RIVALUTAZIONE DEI BENI D`IMPRESA E DELLE
ZAMBON Dott. Rag. GIUSEPPE
Consigliere Nazionale
Coordinatore della Commissione Nazionale per la fiscalità
ISTITUTO NAZIONALE TRIBUTARISTI
RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE PARTECIPAZIONI
Excursus legislativo e di prassi
Legge 342/2000 articoli da 10 a 16 (madre di tutte le nuove rivalutazioni post
Visentini-bis)
Circolare Minfinanze 207/E del 16/11/2000 ** Collegato Finanziaria 2000 § 1.2
Circolare Ag. Entrate 5/E del 26/01/2001
D.M. 162 del 13 aprile 2001 (disposizioni attuative)
Circolare Ag. Entrate 57/E del 18/06/2001 ** Risposte a quesiti §§ 1 - 2 – 3
Legge 488/2001 articolo 3, commi da 1 a 3 (riapertura termini L. 342/2000 con
modifiche)
D.M. 86 del 19 aprile 2002 (disposizioni attuative per riapertura termini)
Circolare Ag. Entrate 57/E del 25/06/2002
Legge 350/2003 articolo 2, comma 25 (riapertura termini L. 342/200 senza
modifiche)
Legge 311/2004 articolo unico commi 475, 477 e 478 (imposta sostitutiva sulle
riserve e i fondi in sospensione d’imposta e sui saldi attivi di rivalutazione)
Legge 266/2005 articolo unico commi da 469 a 476 (simile a quella attuale)
Circolare Ag. Entrate 18/E del 13/06/2006
Legge 185/2008 articolo 15 (rivalutazione dei soli beni immobili)
Circolare Ag. Entrate 8/E del 13/03/2009 ** Risposte a quesiti § 2
Circolare Ag. Entrate 11/E del 19/03/2009
Circolare Ag. Entrate 22/E del 06/05/2009
Legge 147/2013 articolo unico commi da 140 a 146 (rivalutazione attuale)
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RIVALUTAZIONE DEI BENI D’IMPRESA E DELLE PARTECIPAZIONI (Legge 147/2013)
• E’ possibile la rivalutazione solo civilistica o è anche fiscalmente obbligatoria? La
questione era stata da subito sollevata da più parti giungendo ad opposte interpretazioni,
ma a dire il vero la dottrina si era (ed in parte lo è ancora) dimostrata subito possibilista, in
quanto la lettura della norma (art. 143) e del contesto nel quale è collocata lo farebbe
presupporre, anche se non lo dice esplicitamente. Di diverso avviso l’Agenzia delle Entrate
che con la risposta data a Telefisco il 30/01/2014 nega in modo assoluto la possibilità di
una rivalutazione ai soli fini civilistici e obbliga quindi il contribuente che la effettua al
pagamento dell’imposta sostitutiva sui maggiori valori. Delle precedenti rivalutazioni solo
quella della legge del 2008 sugli immobili concedeva in maniera esplicita di rivalutare solo
ai fini civilistici, mentre le precedenti leggi (2000, 2001, 2003 e 2005) obbligavano
esplicitamente al pagamento dell’imposta sostitutiva per l’ottenimento della rivalutazione
anche ai fini fiscali. E’ ben vero che nella Legge 147/2013 non c’è scritto “può” come nella
Legge 185/2008 (“Il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione può essere
riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi…. con il versamento di un'imposta sostitutiva…),
ma è anche vero che non c’è nemmeno scritto “L’imposta sostitutiva dovuta è versata
entro….” come nelle legge 266/2005 con cui la attuale rivalutazione ha più analogie; la
formulazione ambigua della norma attuale, comma 143, è: “Il maggior valore attribuito ai
beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi……,
mediante il versamento di un’imposta sostitutiva…”, mentre il comma 145 si limita a dire
che: “Le imposte sostitutive dei commi 142 e 143 sono versate in tre rate…” ma non utilizza
il participio passato “dovute”. Prendiamo dunque atto dell’interpretazione dell’Agenzia
ancorché non ci convinca del tutto, considerando che il comma 143 ben può essere letto in
negativo nel senso che senza il versamento di un imposta sostitutiva il maggior valore della
rivalutazione non si considera riconosciuto, mentre che la rivalutazione abbia natura
civilistica è indubbio stante la deroga all’art. 2426 del c.c. e ad ogni altra disposizione
recata dal comma 140. Infatti in una logica cartesiana leggendo il comma 143 si può
senz’altro affermare che: “…mediante il versamento si considera riconosciuto, ergo se non
si versa non si riconosce”.
Sicuramente la norma non è chiara, ma volendo essere polemico, sono le sempre più numerose
interpretazioni ministeriali e di Agenzia che pretenderebbero di riscrivere le norme che mi
provocano fastidio, anche se ciò potrebbe essere sintomatico del fatto che chi scrive le norme non
sempre comprende appieno gli scopi di chi (ministero ed Agenzia) le ispira e che vorrebbe
raggiungere. Mentre se a scriverle fossero direttamente gli ispiratori (indiscrezioni vorrebbero che
questa norma specifica l’abbia scritta direttamente l’Agenzia delle Entrate), allora sarebbe meglio
rivedere le capacità e le competenze professionali dei funzionari perché, vista l’esistenza di norme
precedenti già consolidate, era sufficiente copiarle aggiornandole in alcuni punti.
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• Finalità della rivalutazione. Rivalutare è facoltativo, ma ciò concede alle imprese la
possibilità di ottenere una maggiore rappresentatività dei dati di bilancio (condizioni
migliori per l’accesso al credito, possibilità di copertura perdite nelle società di capitali non
trasparenti, possibilità di coprire i prelevamenti dei soci eccedenti gli utili nelle società
personali, miglioramento del saldo patrimoniale per ACE nelle società personali e ditte
individuali in contabilità ordinaria), anche se ciò si contrappone alla onerosità della
rivalutazione ai fini del riconoscimento fiscale dei maggiori valori attribuiti ai beni rivalutati;
oltre tutto il maggior valore viene riconosciuto solo dopo tre anni (2016) ai fini del maggior
ammortamento e del calcolo del plafond del 5% per la deducibilità delle manutenzioni
ordinarie e dopo quattro anni (2017) ai fini del calcolo della plus/minusvalenza in caso di
cessione, assegnazione ai soci, autoconsumo o finalità estranee all’esercizio d’impresa.
• Soggetti ammessi alla rivalutazione. Tutte le imprese sia in forma di società di capitale,
ente commerciale, trust e stabile organizzazione di soggetti non residenti (soggetti IRES),
che in forma di società di persone e ditta individuale (soggetti IRPEF), sia in contabilità
ordinaria sia, a chi è consentito, in contabilità semplificata (stante il richiamo legislativo del
comma 146 all’art. 15 della L. 342/2000). Sono escluse le imprese che adottano i principi
contabili internazionali (c.d. soggetti IAS).
• Beni oggetto di rivalutazione. Sono rivalutabili i beni materiali e immateriali con
esclusione di quelli alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività di impresa,
nonché le partecipazioni in società controllate e in società collegate costituenti
immobilizzazioni, risultanti dal bilancio relativo all'esercizio in corso al 31 dicembre 2012 e
ancora iscritti nel bilancio al 31.12.13. La rivalutazione deve essere eseguita nel bilancio
dell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2012 il cui termine di approvazione scada
dopo il 31.12.2013. Vengono esplicitamente esclusi gli immobili classificati quali beni
merce (alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività d’impresa). Altresì esclusi
sono gli oneri pluriennali e le immobilizzazioni immateriali non qualificabili come beni,
tra i quali l’avviamento, ma lo sono ovviamente anche i crediti e le rimanenze di merci. La
rivalutazione opera in deroga all’art. 2426 del c.c. (criteri di valutazione) e deve riguardare
tutti i beni appartenenti alla medesima categoria omogenea che li classifica, nel bilancio
dell’esercizio in corso al 31.12.2013 e possono essere rivalutati anche se interamente
ammortizzati. Le categorie omogenee individuate sono:
o Beni materiali ammortizzabili (diversi da immobili e beni mobili iscritti in pubblici
registri): raggruppati per anno di acquisizione e coefficiente di ammortamento,
compresi i beni cosiddetti “minori”.
o Immobili: fabbricati strumentali per destinazione, fabbricati strumentali per natura,
fabbricati non strumentali (patrimonio), aree edificabili, aree non edificabili. Da
chiarire la rivalutazione del terreno sottostante l’edificato: deve essere considerato
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quota non ammortizzabile dell’edificio rivalutabile ad aliquota ridotta? Nell’ambito
immobiliare la categoria dei beni non ammortizzabili (terreni e fabbricati abitativi) è
da considerarsi categoria omogenea come nella rivalutazione del 2008?
o Beni iscritti in pubblici registri: aeromobili, navi e imbarcazioni, veicoli (per quelli a
deducibilità limitata la rivalutazione è facoltativa).
o Beni immateriali: nessuna categoria, sono rivalutabili singolarmente (diritti di
concessione, marchi, brevetti)
o Partecipazioni: riferite alla medesima società emittente indipendentemente dalla
data di acquisizione.
Relativamente ai beni acquisiti con contratto di leasing, il riscatto deve essere avvenuto
nel corso del 2012 per rispettare il possesso in entrambi gli esercizi (circolare 18/E-2006 e
11/E-2009). Nell’ipotesi di acquisizione a seguito di operazioni straordinarie (conferimento,
fusione, scissione) perfezionatesi nel 2013, la rivalutazione può essere eseguita dalla
società avente causa anche se il bene nel 2012 era posseduto dalla società dante causa.
• Il saldo attivo da rivalutazione. Il saldo attivo derivante dalla rivalutazione deve essere
imputato al capitale o allocato in una apposita riserva speciale, intitolata alla L. 147/2013,
assimilabile al capitale sociale e riducibile solo nel rispetto delle disposizioni sulla riduzione
facoltativa del capitale sociale (art. 2445 c.c.). Ciò comporta che una eventuale riduzione
per copertura di perdite, non deliberata da assemblea straordinaria con le regole di cui
sopra, obbliga alla ricostituzione della riserva, con divieto di distribuzione di utili fino a che
non la si è ricostituita. L’attuale legge di rivalutazione non specifica che si tratta di una
riserva in sospensione d’imposta, ma il rinvio fatto dal comma 146 all’art. 13 della legge
342/2000, che prevede che in caso di distribuzione si crea in capo alla società un
imponibile pari al saldo attivo al lordo di eventuale imposta sostitutiva, non lascia dubbi
sulla natura della riserva. Il saldo attivo può essere affrancato, in tutto o in parte, mediante
il pagamento da parte della società di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi
(IRES-IRPEF) e relative addizionali e dell’IRAP, pari al 10%. L’imposta deve essere calcolata
sul saldo attivo “teorico” al lordo dell’imposta sulla rivalutazione di cui al paragrafo
successivo, ancorché la riserva debba essere iscritta al netto dell’imposta assolta per
ottenere il riconoscimento fiscale della rivalutazione. Una volta affrancata, la riserva perde
lo stato giuridico di sospensione di imposta e transita dalle riserve di capitali (art. 47, c. 5
TUIR) alle riserve di utili, liberamente distribuibili ai soci senza tassazione in capo alla
società; la distribuzione genera utile da partecipazione in capo al socio ai soli fini delle
imposte sui redditi e non dell’Irap. Considerato che la rivalutazione deve essere operata sul
valore contabile residuo del bene, inteso come costo storico al netto degli ammortamenti
effettuati (per i soggetti che eseguono la riclassificazione del bilancio in forma U.E.,
sostanzialmente è l’importo ivi esposto), per saldo attivo lordo si intende la differenza tra
valore rivalutato e valore contabile residuo.
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Se ad esempio il bene è iscritto per 100.000 con un fondo ammortamento di 30.000 e il
valore di mercato è pari a 200.000, il saldo attivo lordo è così determinato:
VALORE DI BILANCIO
FONDO AMMORTAMENTO
VALORE CONTABILE NETTO
VALORE DI MERCATO
VALORE CONTABILE NETTO
SALDO ATTIVO DI RIVALUTAZIONE (lordo)
100.000
30.000
70.000
200.000
70.000
130.000
L’evidenziazione ed utilizzazione del saldo attivo richiede la redazione di un bilancio e,
dunque, non può essere applicata dai soggetti in contabilità semplificata; per costoro, in
assenza di un bilancio che dia evidenza contabile al patrimonio dell’impresa, le
informazioni relative alle rivalutazioni dovranno risultare da un prospetto che dovrà
evidenziare solo i prezzi di costo e le rivalutazioni operate. Ne consegue, pertanto, che
l’ipotesi della tassabilità della distribuzione del saldo attivo non affrancato non è
applicabile ai soggetti in contabilità semplificata (Circolare 5/E-2001). Se l’impresa, dopo la
rivalutazione, modifica il proprio regime contabile gli effetti fiscali del saldo attivo di
rivalutazione (che non sia stato affrancato) vengono definiti dalla Circolare n. 57/E-2001 e
sono i seguenti: * Passaggio dalla contabilità ordinaria alla semplificata: la riserva di
rivalutazione aumentata dell’imposta sostitutiva concorre a formare il reddito imponibile
nel primo esercizio di applicazione del nuovo regime di contabilità; *Passaggio dalla
contabilità semplificata all’ordinaria: l’iscrizione in contabilità dei beni rivalutati non
comporta la ricostruzione di alcuna riserva di rivalutazione.
• L’imposta sostitutiva sul valore rivalutato. Come abbiamo avuto modo di vedere, secondo
l’Agenzia delle Entrate la rivalutazione ai fini fiscali è obbligatoria, pertanto è necessario
sostenere l’onere dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi (IRES-IRPEF) e relative
addizionali e dell’IRAP, sull’incremento di valore netto dei beni rivalutati. Le aliquote
d’imposta previste sono pari al 16% per i beni ammortizzabili e 12% per i beni non
ammortizzabili. L’imposta sostitutiva, come detto al paragrafo precedente, deve essere
imputata in riduzione del saldo attivo da rivalutazione. L’imposta sostitutiva costituisce un
debito tributario ed è indeducibile (questa imposta, quindi, non transita nel conto
economico, ma viene rilevata direttamente come debito in diminuzione della riserva di
rivalutazione). Abbiamo già accennato al fatto che con il pagamento dell’imposta
sostitutiva si ottiene il riconoscimento anche fiscale dei maggiori valori derivanti dalla
rivalutazione, ma detto riconoscimento avverrà solo dopo tre anni (2016) ai fini del
maggior ammortamento, del calcolo del plafond del 5% per la deducibilità delle
manutenzioni ordinarie e del test di operatività per le società di comodo e dopo quattro
anni (2017) ai fini del calcolo della plus/minusvalenza in caso di cessione, assegnazione ai
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soci, autoconsumo o finalità estranee all’esercizio d’impresa. Per quanto concerne il
calcolo per gli studi di settore, il bene rivalutato dovrebbe valere sempre per il costo
storico, secondo le costanti istruzioni dell’Agenzia ai modelli per gli Studi. Nel caso di
alienazione nel periodo di sorveglianza 2014-2016 il costo riconosciuto ai fini del calcolo di
plus/minusvalenze è quello antecedente la rivalutazione. Verificandosi comunque la
cessione in detto periodo, al contribuente spetta il rimborso dell’imposta sostitutiva
versata fino a quel momento mediante credito di imposta che va iscritto in contropartita in
aumento del saldo attivo da rivalutazione che, se non affrancato, perde lo status di riserva
in sospensione d’imposta proporzionalmente alla quota relativa al bene ceduto.
• Versamento delle imposte sostitutive. Le imposte sostitutive (sia quella di rivalutazione,
sia quella di affrancamento del saldo attivo) devono essere versate obbligatoriamente in
tre rate annuali di pari importo senza interessi entro il termine di pagamento delle
imposte sui redditi con le scadenze di UNICO/2014 – UNICO/2015 – UNICO/2016. A
differenza della rivalutazione 2008 sugli immobili, questa volta non è ammesso il
pagamento in unica soluzione. E’ ammessa la compensazione orizzontale in F24.
• Criteri di valutazione e tecniche contabili. Per individuare il valore economico costituente
il limite massimo alla rivalutazione, l’art. 11, c. 2, della Legge n. 342/2000 pone due criteri
alternativi: da un lato, il criterio del cosiddetto valore interno, basato sulla consistenza dei
beni, sulla loro capacità produttiva e sulla loro effettiva possibilità di economica
utilizzazione nell’impresa; dall’altro, il criterio del valore di mercato, basato sui valori
correnti e sulle quotazioni rilevate in mercati regolamentati italiani o esteri. La
rivalutazione dei beni facenti parte di ciascuna categoria omogenea deve essere eseguita
sulla base di un unico criterio per tutti i beni ad essa appartenenti (art. 4, c. 8, D.M.
162/2001). I valori rivalutati iscritti in bilancio e nell’inventario non possono in nessun
caso superare quelli effettivamente attribuibili, individuati con i criteri di cui sopra. In
altre parole il limite massimo della rivalutazione è pari al valore di mercato, meno il valore
netto contabile, diminuito anche della quota di ammortamento figurativo dell’anno 2012
calcolato sul valore non rivalutato. L’art. 6 del D.M. 162/2001, richiamato dalla norma
attuale, specifica ancora meglio tale concetto denominandolo “Limite economico della
rivalutazione” e stabilendo che il valore netto del bene risultante dal bilancio nel quale la
rivalutazione è eseguita, incrementato della maggiore quota di ammortamento derivante
dal valore rivalutato, non può superare il valore d’uso o di mercato. Ciò significa che il
valore netto del bene, ottenuto stanziando la quota di ammortamento calcolata sul costo
storico ante rivalutazione, rappresenta il massimo consentito. Il bene, inoltre, non può
essere iscritto nell’attivo patrimoniale dopo la rivalutazione per un importo superiore a
quello del valore di sostituzione (Circolare 11/E-2009, ma non confermato da OIC 3).
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ESEMPIO:
Supponiamo, nell’esempio precedente, l’esistenza di un unico immobile iscritto in
bilancio per il costo storico di euro 100.000 da 10 anni e mai rivalutato, con
coefficiente di ammortamento del 3% e fondo ammortamento al 31.12.2012 pari ad
euro 30.000 e conseguente valore netto contabile di euro 70.000.
Supponiamo altresì che oggi il suo valore sul mercato immobiliare sia pari ad euro
200.000. Il limite massimo di rivalutazione dovrà essere così calcolato:
LIMITE MASSIMO DI RIVALUTAZIONE: € 200.000,00 (valore di mercato) - € 70.000,00
(valore netto contabile) + € 3.000,00 (quota figurativa di ammortamento del 3% sul
costo ante rivalutazione) = € 133.000
Conseguentemente avremo:
VALORE RIVALUTATO DELL’IMMOBILE: € 233.000 (100.000 + 133.000)
F.DO AMM.TO POST RIVALUTAZIONE: €
rivalutato)
36.990 (30.000 + 6.990 quota sul valore
VALORE NETTO CONTABILE POST RIVALUTAZIONE: € 196.010 (233.000 - 36.990)
Risulta quindi soddisfatta l’equazione secondo la quale il nuovo valore netto contabile
(196.010) già aumentato della quota di ammortamento calcolata sul nuovo valore di
bilancio, non supera il valore di mercato (200.000)
Per i soggetti in contabilità ordinaria la rivalutazione deve essere annotata nella nota
integrativa (per le società di capitali e gli enti che la devono redigere) e nell’inventario
relativo all’esercizio in cui la rivalutazione viene eseguita, dove deve essere indicato anche
il prezzo di costo con le eventuali rivalutazioni operate in conformità a precedenti leggi di
rivalutazione dei beni rivalutati (articolo 11, commi 1 e 4, Legge 342/2000).
Per i soggetti in contabilità semplificata, la rivalutazione potrà essere effettuata per i beni
che risultino acquisiti entro il 31 dicembre 2012 dai registri di cui agli articoli 16 (beni
ammortizzabili) e 18 (registri IVA integrati ai fini delle imposte dirette) del DPR 600/73 e
successive modificazioni. La rivalutazione è consentita a condizione che venga redatto un
apposito prospetto bollato e vidimato che dovrà essere presentato, a richiesta,
all’amministrazione finanziaria, dal quale risultino i prezzi di costo e la rivalutazione
compiuta (art. 15, c. 2, Legge 342/2000)
Dell’avvenuta rivalutazione bisognerà darne conto all'Agenzia delle Entrate nel prossimo
Modello UNICO/2014 compilando il quadro RQ.
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ZAMBON Dott. Rag. GIUSEPPE
Consigliere Nazionale
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APPENDICE
ESEMPI DI REGISTRAZIONI CONTABILI
UNICO BENE IMMOBILE ISCRITTO IN BILANCIO DA DIECI ANNI AL SUO VALORE
STORICO E MAI RIVALUTATO PRIMA
Valore in bilancio dell’immobile:
Aliquota ammortamento:
Fondo ammortamento al 10° anno:
Valore netto contabile:
100.000
3%
30.000 (100.000 * 3%)
70.000 (100.000 – 30.000)
Valore di mercato:
Valore netto contabile:
Saldo attivo di rivalutazione:
200.000
70.000
130.000
a)
coefficiente di rivalutazione = Valore di mercato / Valore netto contabile = 200.000/
70.000 = 2,85714
b)
valore bilancio rivalutato = Valore bilancio*coefficiente di rivalutazione = 100.000*2,85714
= 285.714
c)
fondo ammortamento rivalutato = fondo ammortamento*coefficiente di rivalutazione =
30.000 * 2,85714 = 85.714
Valore contabile netto
Valore di bilancio
Fondo
ammortamento
Valore prima della
Rivalutazione
Valore dopo la
Rivalutazione
Differenza
70.000
200.000
130.000
100.000
285.714
185.714
30.000
85.714
55.714
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1° ipotesi: RIVALUTAZIONE DI TIPO MONETARIO: (iscrizione del maggior valore sia nei
costi sia nel fondo ammortamento = invarianza durata processo di ammortamento)
Immobili
a
#
185.714
Fondo ammortamento
55.714
Riserva di valutazione
D.L. 185/2008
109.200
Debiti v/erario per
Imposta sostitutiva (16%)(*)
20.800
(*) importo così determinato: 130.000 * 16%
Questo metodo permette di mantenere inalterato il periodo di ammortamento fissato per il singolo
bene.
Ipotizzando che il coefficiente di ammortamento sia pari al 3% si avrà che:
•
senza la rivalutazione: sarebbero stati necessari ancora 23,3 anni per giungere al completo
ammortamento de valore netto residuo pari a € 70.000
•
con la rivalutazione: il risultato è analogo: applicando la medesima aliquota (3%) al valore
di bilancio rivalutato del cespite ( 285.714) si determina una quota annua di ammortamento pari
a 8.571,42 che, moltiplicata per 23,33 (33,33–10), ottiene 200.000 (ovvero il nuovo valore netto
del cespite rivalutato).
2° ipotesi: RIVALUTAZIONE DI TIPO ECONOMICO: (iscrizione della rivalutazione solo
all’attivo lordo dell’immobile)
Immobili
a
#
Riserva di valutazione
D.L. 185/2008
Debiti v/erario per
Imposta sostitutiva (16%)
130.000
109.200
20.800
In questo caso la rivalutazione è interamente imputata al costo del cespite, senza influenzare il
valore del fondo ammortamento. Di conseguenza si verificherà un allungamento del periodo di
ammortamento del bene.
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3° ipotesi: RIVALUTAZIONE DI TIPO ECONOMICO: (iscrizione della rivalutazione a
diretta diminuzione del fondo di ammortamento)
Fondo ammortamento
a
#
30.000
Riserva di valutazione
D.L. 185/2008
Debiti v/erario per
Imposta sostitutiva (16%)
9.200
20.800
In questo caso il risultato ottenuto è analogo e omologo a quello descritto nella 2° ipotesi (infatti
l’immobile continua ad essere iscritto al costo iniziale pari a 100.000 e il fondo ammortamento
viene azzerato).
Pertanto:
•
le quote di ammortamento continuano ad essere conteggiate sul valore in bilancio del bene
100.000;
•
il processo di ammortamento è allungato.
Mentre, come abbiamo già evidenziato, il criterio adottato per la rivalutazione, valore interno o
valore di mercato, deve essere uguale per tutti i beni appartenenti alla medesima categoria
omogenea, i metodi contabili di rivalutazione possono cambiare anche all’interno della stessa
categoria omogenea.
Si può, quindi, rivalutare ad esempio un macchinario industriale incrementandone sia il valore
storico che l’ammortamento e per un altro macchinario scegliere di decrementare il solo fondo o
di aumentare solo il costo storico. I tre metodi possono anche essere miscelati tra loro sulla
medesima operazione (Circolare 22/E-2009); ciò permette, in certi casi, di rispettare con
l’iscrizione nell’attivo post rivalutazione il valore di sostituzione previsto dalla Agenzia con la
circolare 11/E-2009, se, ad esempio, si incrementasse il valore storico iscritto in bilancio di un
importo inferiore al saldo attivo (per rimanere nel valore di sostituzione), decrementando
contemporaneamente il valore del fondo per la differenza non iscritta all’attivo.
Sondrio. 18 febbraio 2014
Giuseppe Zambon
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