Girolamo Romanino - Fondazione Internazionale Menarini
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Girolamo Romanino - Fondazione Internazionale Menarini
n° 326 - luglio 2006 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lucia Aleotti - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Via Sette Santi n.1 - 50131 Firenze - www.fondazione-menarini.it Girolamo Romanino Il solo vero sdegnoso barbaro dell’intero Cinquecento italiano Giovanni Testori (1975) L’artista bresciano Girolamo Romanino, vissuto fra il 1485 e il 1560, è il protagonista di una rassegna monografica che si tiene nel Castello del Buonconsiglio di Trento dal 29 luglio al 29 ottobre, essendo giunti a conclusione i restauri del ciclo di affreschi che l’artista eseguì nelle sale del castello per conto di Bernardo Cles, principe vescovo di Trento. La mostra ripropone all’attenzione del pubblico, a quaranta anni dall’unica monografica dedicata al Romanino, una fra le personalità più originali e interessanti della prima metà del Cinquecento. Dopo la formazione tra Venezia e Milano nei primi anni del XVI secolo, il giovane Girolamo iniziò la sua attività guardando alla lezione leonardesca e alla pittura di Giorgione e Tiziano: nella Madonna con Bambino del 1507 circa, proveniente dal Louvre, l’atmosfera e i toni che pervadono la scena appaiono di derivazione veneta con reminiscenze leonardesche presenti anche nelle fisionomie, improntate a una serena dolcezza; un stile che ben presto l’artista abbandonerà, per volgersi verso un sempre più intenso studio dei caratteri e dell’espressione dei moti dell’animo. Già nella decorazione del duomo di Cremona, completata nel 1519, si rivela la vena originale e trasgres- siva del Romanino, che nella tecnica dell’affresco trova il mezzo più congeniale per esprimere liberamente il proprio personalissimo linguaggio figurativo. Nei ritratti di questo periodo e nei lavori degli anni Venti, ampiamente documentati nella rassegna trentina, si avvertono ancora gli echi dell’attività giovanile di Tiziano, accompagnati da un uso del chiaroscuro in senso espressivo che rimanda a Lorenzo Lotto, come nel Ritratto virile dell’Allentown Art Museum. A Tiziano, del resto, è stata fino alla fine dell’Ottocento attribuita la Madonna con Bambino della collezione Doria, dipinta verso il 1518, dove la dolce malinconia della Madre e il gesto intimo del Bambino avvolgono la scena in un clima di affettuosa corrispondenza, che origina da una profonda osservazione della realtà. Cuore della mostra è il ciclo di affreschi nel Magno Palazzo del Castello del Buonconsiglio, al quale Romanino lavorò tra il 1531 e il 1532 insieme a Dosso Dossi, al Fogolino e al tedesco Bartolomeus Dill Riemenschneider. Il contatto con la cultura figurativa d’oltralpe ebbe un peso significativo nel percorso artistico del Romanino, connesso non solo con la probabile conoscenza personale con Altdorfer, e con l’interesse per le incisioni di Durer che circolavano diffusamente, ma originato anche da una particolare e personalissima consonanza con un’arte tesa alla sperimentazione di valori espressivi piuttosto che ad inserirsi nell’ormai consolidato filone del classicismo imperante. Romanino si iscrive così in quella che Longhi definì «l’improvvisa diserzione dal ‘classicismo cromatico’ di Giorgione e di Tiziano giovane da parte di un gruppo di veneti e soprattutto friulani bresciani vicentini trentini e cremonesi nel corso del secondo decennio [del Cinquecento]», una deriva in senso fantastico-espressionistico che coinvolse artisti quali Dosso Dossi e Lorenzo Lotto, accomunati da un’insofferenza per gli stilemi della cultura classicista, priva ormai di stimoli per personalità così ribelli e antiortodosse; non stupisce, in questa prospettiva, la viva attenzione per la tradizione figurativa tedesca, accentuata nel Romanino dalla permanenza in quell’area alpina che costituiva già dal Quattrocento un vero crocevia di culture diverse - come esaurientemente illustrato dalla ricca mostra sul Gotico nelle Alpi 1350-1450, tenutasi proprio presso il Castello del Buonconsiglio nel 2002. Il Romanino rientra dunque a buon diritto in quella eterogenea schiera di pittori del primo Cinquecento animati da uno spirito che Antonio Pinelli definisce di “espressionismo anticlassico”, di cui fanno parte personalità straordinarie non solo dell’Italia del Nord, ma anche toscane, Gerolamo Romanino: Madonna con bambino Parigi, Louvre Gerolamo Romanino: Ritratto virile, Allentown, Art Museum pag. 2 tra le quali Pontormo e Rosso fiorentino: dal condiviso rifiuto di fondo per le formule classicheggianti nascono la forzatura dei toni psicologici, le dissonanze tonali, le asimmetrie e gli arditi scorci nell’impostazione spaziale, tratti comuni a tutti questi artisti, che nel Romanino si sposano con una vena popolaresca che va accentuandosi nelle opere della maturità. A Bernardo Cles, principe vescovo di Trento dal 1514 al 1539, straordinaria figura di uomo politico e mecenate rinascimentale, la mostra riserva un’apposita sezione dedicata al ruolo che svolse nella politica europea del tempo - dapprima come consigliere di Carlo V e in seguito cancelliere del re Ferdinando I di Asburgo - e all’impegno che profuse nel grande cantiere d’arte del castello. Durante gli anni del suo principato il Cles, pur coltivando contatti con papi, governanti e intellettuali di tutta Europa (fra gli altri, Erasmo da Rotterdam), non trascurò mai gli interessi del suo piccolo principato. Valendosi della posizione-chiave di Trento ottenne che il concilio della Chiesa cattolica si tenesse nel 1530 in questa città, adoperandosi attivamente a tale scopo. Per adeguare Trento ai livelli culturali ed estetici raggiunti dalle capitali delle altre signorie italiane, promosse un ampio rinnovamento urbanistico; il suo nome resta legato soprattutto ai lavori di costruzione e decorazione, iniziati nel 1528 e conclusi nel 1536, del Magno Palazzo al Castello del Buonconsiglio, nei quali operarono alcuni tra i migliori artisti del tempo: oltre a Dossi, Romanino e Fogolino, Vincenzo Grandi, Alessio Longhi e Zaccaria Zacchi contribuirono alla decorazione dell’edificio, donandogli lo splendore di una reggia rinascimentale. Artista prediletto dal Cles, che in una lettera del 1531 parla con favore di lui chiamandolo «quello excellente pittore bressano che si ha offerto venire», Romanino trovò a Trento l’occasione sia per esprimersi con il suo personalissimo stile, già sperimentato sulle pareti del duomo di Cremona, sia per stabilire punti di contatto con la tradizione artistica d’oltralpe. A Trento rimase fino all’autunno del 1532, lavorando in diversi ambienti del Castello del Buonconsiglio, in particolare la Loggia, inizialmente affidata a Dosso Dossi, e le stanze ad essa collegate; gli venne inoltre affidata la decorazione della Sala delle Udienze e la realizzazione del fregio con putti e busti di imperatori romani nella camera da letto del principe vescovo (in gran parte rifatto in epoca posteriore). La Loggia, alla cui decorazione il Romanino fu impegnato fra l’autunno del 1531 e la primavera dell’anno successivo, occupa una posizione centrale nel complesso architettonico del Magno Palazzo: costituisce infatti l’elemento di raccordo tra i diversi fabbricati, con la duplice funzione di spazio coperto dal quale si accede ai piani superiori, e al tempo stesso di accesso a un giardino interno, il Cortile dei leoni, abbellito nel Cinquecento da una fontana in pietra. Dagli studi finora condotti Affreschi del Castello del Buonconsiglio di Trento non è stato chiarito se la decorazione affrescata sia stata eseguita in base ad un preciso programma iconografico ideato dal committente o dall’artista stesso; i temi pittorici trattati appartengono al patrimonio culturale tipico dell’età rinascimentale, e le fonti utilizzate per gli affreschi che si ispirano alla storia romana e alla mitologia testimoniano l’interesse per la riscoperta del mondo antico e la passione per la cultura classica in generale, caratteristici di questo periodo. Accanto ai temi storico-mitologici compaiono inoltre le raffigurazioni di episodi tratti dalla Bibbia e scene della vita quotidiana, come i concerti di musica, vocali e strumentali, genere di intrattenimento molto diffuso nelle corti rinascimentali. Nella volta, un luminoso cielo azzurro percorso da vaporose nubi fa da sfondo al folle volo del carro di Fetonte, che si libra in alto con levità ultraterrena. Su tutto si avverte l’impronta ispiratrice del committente, personaggio colto Affreschi del Castello del Buonconsiglio di Trento: Allegoria della Lussuria pag. 3 e raffinato, attento a dare di sé un’immagine aggiornata e sensibile ai canoni della cultura contemporanea. La Sala delle Udienze fu affrescata dal Romanino nel 1532 con i ritratti di imperatori romani, dei sovrani del tempo - Carlo V, rappresentato a colloquio con il fratello Ferdinando, affiancati dagli stemmi dell’impero e della casata degli Asburgo, Massimiliano I, Filippo il Bello e Carlo il Temerario - e con la maestosa figura di Bernardo Cles, ritratto accanto al suo segretario, che sovrasta la porta d’ingresso fra gli stemmi araldici del principato e dei Cles. Sulla volta sono rappresentate due figure femminili di Virtù poste intorno all’ovale centrale raffigurante la Fortuna. Tornato in patria, Romanino ricevette numerosi incarichi per la decorazione di chiese e palazzi del territorio bresciano. Nella quattrocentesca chiesa di Santa Maria della Neve, a Pisogne, dipinse un monumentale ciclo di affreschi con la Passione di Cristo - definito da Giovanni Testori la «cappella Sistina dei poveri» - coniugando l’evidente richiamo michelangiolesco delle figure alternate di Profeti e Sibille poste nelle volte della navata, con il linguaggio figurativo realistico e connotato da accenti narrativi di forte espressività che costituisce la sua originale sigla stilistica. Negli anni Quaranta il Romanino dipinge numerose ante d’organo, e proprio l’enorme successo ottenuto con la decorazione dell’organo di S. Maria Maggiore a Trento gli procura nuove commissioni: le grandi ante realizzate per il Duomo di Brescia e per S. Giorgio in Braida a Verona costituiscono il nucleo centrale della sezione che la rassegna di Trento dedica alla produzione di questo periodo, insieme con la grande tela La raccolta della manna, suggestiva visione notturna affollata da un’umanità dolente. Nelle tardo Cristo crocifisso e la Maddalena, l’intensità espressiva raggiunge uno tra i momenti di maggiore pathos nella produzione dell’artista, mentre i caratteri nordici della sua pittura si accentuano in uno spirito che Longhi definì «forse più gotico di quello di un Altdorfer o di un Cranach», e che si esprime nel taglio della composizione e nella plumbea luce temporalesca che esalta la drammaticità della scena. Infine, il percorso si chiude con una serie di disegni del Romanino, molti dei quali mai presentati al pubblico - colpisce l’immediatezza con cui l’artista affronta e ferma sulla carta i soggetti e temi più disparati - posti a diretto confronto con disegni di artisti contemporanei quali il Pordenone e Lorenzo Lotto. donata brugioni Affreschi del Castello del Buonconsiglio di Trento: Nudo virile Gerolamo Romanino: Madonna con Bambino - Roma, Galleria Doria Pamphilj Gerolamo Romanino: Crocefisso con la Maddalena - Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
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