La metodologia della ricerca psicosociale
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La metodologia della ricerca psicosociale
Il metodo scientifico nella psicologia 1. Il metodo scientifico nelle scienze umane Il metodo scientifico serve per raggiungere una conoscenza della realtà. Consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche e misurabili attraverso l’osservazione e l’esperimento; dall’altra, nella formulazione di ipotesi e teorie più generali da sottoporre al vaglio dell’esperimento per testarne l’efficacia. L'espressione metodo scientifico, può essere usata per riferirsi a diversi concetti. Da una parte si può intendere il metodo scientifico in un senso astratto, come l'insieme dei criteri (teorici ma anche operativi) sulla base dei quali un risultato, teorico o sperimentale, può essere considerato effettivamente scientifico. Dall'altra il metodo scientifico può riferirsi più squisitamente alla pratica quotidiana e concreta dello scienziato, o almeno alla pratica adottata dalla comunità scientifica nel suo complesso, nella sua attività di ricerca. Il modo di procedere del singolo scienziato può anche essere più o meno fuori da ogni schema e che a caratterizzare come scientifici i suoi risultati sono dunque criteri in qualche modo indipendenti dalla sua attività di scoperta e ricerca. La “prova scientifica” non è rappresentata da strumenti raffinati in grado di “misurare” le funzioni mentali di un soggetto, bensì dal rigore in cui le azioni dei soggetti o delle situazioni analizzate avvengono. Vengono applicati dei criteri e delle metodologie come metro di misura e si osservano delle regole sulla compilazione degli elaborati. La scienza a differenza della tecnologia non si basa sulle cose materiali, e il processo coinvolto nella scienza implica solo il processo della scoperta. Scientificamente si possono costruire ipotesi, cercando con prudenza spiegazioni e motivazioni che vadano “al di là di ogni ragionevole dubbio” accettando il principio del relativismo scientifico, rinunciando a ogni presa di posizione “dogmatica” o “fideistica”. Bisogna ricordare che la prova di natura scientifica è affidabile se basata su criteri accettati e condivisi dalla comunità scientifica, utilizzando tecniche e metodologie a riconosciuta validità clinica, potendo fornire un parere motivato e valido che tenga conto di tutto quello che costituisce patrimonio comune e condiviso della nostra conoscenza e del nostro modo di operare. 2. Differenze tra pensiero dogmatico, autoritario e scientifico. •Il pensiero dogmatico: Il dogmatismo è quella corrente filosofica contrapposta al criticismo e all'idealismo, che facendo derivare il pensiero dall'essere presuppone la supremazia dell'oggetto rispetto al soggetto, della realtà sull'idea, e a volte persino della natura sullo spirito. Dio stesso è concepito immanente natura, e anzi identificato in toto con quest'ultima. Non si tratta però di semplice materialismo, poiché Dio e natura, sebbene uniti e indissolubili, sono visti in un'unità complementare: la natura è soltanto la manifestazione concreta e tangibile di Dio, che tuttavia vive esclusivamente in essa, essendo essenziale al Soggetto divenire oggetto di se stesso, cioè oggettivarsi. Il soggetto infatti si configura come tale solo in rapporto a un oggetto. E l'oggetto a sua volta è sempre solo oggetto di un soggetto. Ne consegue la corrispondenza tra le strutture intime della realtà, e quelle dell'intelletto Origini ed evoluzione del termine Al termine "dogmatismo" si attribuivano in origine (e si attribuiscono ancora oggi) significati con sfumature diverse. Durante l' Illuminismo esso passò a indicare spregiativamente un atteggiamento mentale che dà per scontata l'esistenza di una realtà metafisica indipendentemente dalla sperimentazione empirica, o, per altri aspetti, da un'analisi razionale. Al giorno d'oggi il termine "dogmatismo" si è evoluto in senso fortemente negativo, e indica per lo più un atteggiamento acritico di pregiudizio, di cieca adesione a dogmi politici, ideologici, o religiosi; ma non mancano i casi in cui al dogmatismo viene associato un significato positivo, in particolare quando lo si vuole contrapporre alla corrente opposta dello scetticismo. •Il pensiero autoritario: Il termine autoritario è usato nelle scienze sociali in rapporto a tre tipi di fenomeni: personalità, ideologie, regimi. Per quanto riguarda la personalità autoritaria. I tratti di questa personalità sono essenzialmente la sottomissione e l’aggressione, la ricerca esasperata dell’ordine e il rifiuto dell’ambiguità. L’ideologia autoritaria è caratterizzata dall’accento posto sulla strutturazione gerarchica della società, sulla sua immutabilità e sull’ordine come principio costitutivo fondamentale, in netto contrasto con le ideologie liberali e democratiche. I regimi autoritari , che in senso proprio sono quelli costituitisi con la soppressione dell’ordinamento democratico o con l’interruzione di un processo di transizione alla democrazia, si caratterizzano per l’accentramento del potere politico in poche istituzioni e per lo svilimento delle sedi di partecipazione politica, quali il parlamento e le elezioni, nonché per una bassa mobilitazione. •Il pensiero scientifico: Il metodo scientifico è la modalità tipica con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile econdivisibile. Esso consiste, da una parte, nella raccolta di evidenze empiriche e misurabili attraverso l'osservazione e l'esperimento; dall'altra, nella formulazione di ipotesi e teorie più generali da sottoporre al vaglio dell'esperimento per testarne l'efficacia. Nel dibattito epistemologico si assiste in proposito alla contrapposizione tra i sostenitori del metodo induttivo e quelli del metodo deduttivo. Essenzialmente le critiche alla scientificità della psicologia riguardano il confronto con le altre materie scientifiche (tipicamentefisica e chimica) e le differenze, all'interno della psicologia stessa, fra le varie prospettive (es. psicologia generale, psicologia sociale, psicologia dinamica, neuroscienze). La scienza si caratterizza rispetto ad altre attività umane per la ricerca di regolarità. Sebbene nel senso comune pochi abbiano dubbi sulla scientificità della fisica, molti nutrono dubbi sulla scientificità della psicologia. Malgrado gli argomenti di studio siano molto differenti, vi è un nucleo essenziale di elementi epistemologici e metodologici comuni. 3. Presupposti per una reale scientificità nelle scienze umane La preoccupazione metodologica scientifica è quella di rispettare una serie di regole imposte dal pensiero logico al fine di salvaguardare la realtà e l'obiettività dei fenomeni studiati. Le scienze naturali, dette anche scienze empiriche per il loro carattere sperimentale, sono una forma di conoscenza basata su due elementi fondamentali, l'oggetto di studio ed il metodo impiegato. Questa conoscenza è un sapere empirico, cioè fondato sull'esperienza, descrittivo ed esplicativo, di osservazioni singole e limitate che possono essere sia ripetute che generalizzate. L'oggetto di studio della scienza è la realtà sensibile, vale a dire il mondo che ci circonda nei suoi diversi aspetti e ciò che rende ammissibile l'introduzione di un ente nel discorso scientifico, è la sua osservabilità di principio, cioè di registrare mediante strumenti di varia natura l'esistenza di un dato oggetto o di un fenomeno e di descriverli. Il metodo sperimentale, detto anche galileano o ipotetico-deduttivo, è una procedura conoscitiva articolata in diverse proposizioni, chiamate ragionamento sperimentale. Esso si basa sull'idea che la teoria si costruisce all'inizio, non alla fine. Per eseguire osservazioni scientifiche che abbiano carattere di oggettività, è necessario applicare le seguenti regole, proprie del metodo deduttivo: 1. formulare un'ipotesi; 2. esprimerla in modo da prevedere alcune conseguenze o eventi, deducibili dall'ipotesi iniziale; 3. osservare se si produce l'evento previsto; 4. se l'evento si produce, la teoria non è confermata, semplicemente non è stata smentita e possiamo accettarla solo provvisoriamente. Dunque le basi della scienza sono quelle osservazioni di fenomeni naturali che chiunque può ripetere, da qui la preoccupazione di una descrizione dei fenomeni e delle conclusioni in termini selezionati, rigorosi e univoci, in modo che ognuno possa esattamente comunicare ciò che pensa. 4. Procedure nella ricerca delle scienze umane, i metodi. L'osservazione, i Test, i questionari, le interviste, gli esperimenti. Descrivi ognuno di questi metodi nel dettaglio. Il percorso seguito per arrivare alla stesura di una legge scientifica a partire dall'osservazione di un fenomeno. Si articola nei seguenti passi, ripetuti ciclicamente: • Osservazione; • • • • • Esperimento; Correlazione fra le misure; Definizione di un modello fisico; Elaborazione di un modello matematico; Formalizzazione della teoria. Osservazione L'osservazione è il punto di partenza (e di arrivo) del ciclo di acquisizione della conoscenza nel senso che costituisce lo stimolo per la ricerca di una legge che governa il fenomeno osservato ed anche la verifica che la legge trovata sia effettivamente sempre rispettata. Si tratta di identificare le caratteristiche del fenomeno osservato, effettuando delle misurazioni adeguate, con metodi esattamente riproducibili. In fisica, infatti, tale parola è spesso usata come sinonimo di misura Esperimento L'esperimento, ove possibile, è programmato dall'osservatore che perturba il sistema e misura le risposte alle perturbazioni. Esistono tecniche di programmazione sperimentale, che consentono di porsi nelle condizioni migliori per perturbare in maniera minimale, ma significativa, al fine di osservare le risposte nel migliore dei modi. Correlazione fra le misure L'analisi della correlazione fra le misure, che si colloca nel ciclo immediatamente dopo la fase di osservazione, costituisce la parte iniziale del patrimonio tecnico-scientifico utilizzabile per la costruzione del modello. Il dato grezzo, che è costituito in genere da tabelle di misure, può venire manipolato in vari modi, dalla costruzione di un grafico alla trasformazione logaritmica, dal calcolo della media alla interpolazione tra i punti sperimentali, utilizzando i metodi della statistica descrittiva. I test I test psicologici sono strumenti standardizzati (nelle procedure di somministrazione e nell'interpretazione dei risultati) utilizzati per acquisire informazioni sulle funzioni psichiche dell'individuo. La necessità di utilizzare strumenti standardizzati per effettuare indagini psicologiche nasce dall'esigenza di ridurre gli errori determinati dallasoggettività della rilevazione. I test psicologici sono nati principalmente per scopi di ricerca scientifica, in quanto rappresentano anche un'interessante opportunità per mettere alla prova le teorie della personalità sviluppate a livello teorico. Vengono impiegati pure in contesti di ricerca psicosociale, sugli atteggiamenti e sulle opinioni. I questionari I questionari possono essere del tipo più vario, sia come lunghezza (numero di item), che come struttura (anche se sono solitamente a risposta multipla o su Scala Likert). Per la loro flessibilità operativa vengono utilizzati per esplorare un gran numero di ambiti: aspetti clinici, relazionali, di atteggiamento, di competenza. Possono essere specificatamente diretti per lo studio di particolari costrutti teorici (ansia, aggressività, etc.). La preparazione e validazione dei questionari richiede sempre un lavoro preparatorio di tipo psicometrico, ed un loro adeguamento in base agli esiti delle somministrazioni pilota (standardizzazioni, tarature, semplificazioni basate su estrazioni di fattori, eventuali traduzioni con back-translation, riformulazione e riorganizzazione degli item, etc.). Gli esperimenti La sperimentazione umana si riferisce all'utilizzo di essere umani come soggetti di ricerca. È una parte fondamentale della ricerca medica e molte persone si offrono volontari per sperimentazioni cliniche o trattamenti medici sia nelle scienze mediche di base, così come nelle scienze psicologiche sociali e comportamentali. Esistono molti esempi nella storia umana di soggetti trattati in modo non etico, e quindi sono molti i requisiti, le linee guida e le procedure in atto oggi per garantire che simili eventi non si ripetano. Requisiti e linee guida esistono a livello nazionale, nel mondo accademico, e a livello delle comunità scientifiche. Alcuni esperimenti utilizzano gli umani, al posto degli animali, per testare i cosmetici. La sperimentazione umana e l'etica della ricerca si sono evolute nel tempo. Questa sezione mostra le atrocità del passato che hanno guidato alla politica restrittiva attuale. Per l'occasione, i soggetti della sperimentazione umana sono stati prigionieri, schiavi, od anche familiari. In alcuni casi di rilievo, i medici hanno condotto esperimenti su se stessi, quando erano riluttanti a rischiare le vite di altri. Sono stati condotti parecchi esperimenti su soggetti volontari, la cui natura etica è attualmente considerata discutibile. Dopo l'esposizione di questi esperimenti, le norme in materia di consenso informato sono state rese più rigorose. 5.L’osservazione a scuola Osservazione Esistono vari metodi di osservazione. Prima di tutto distinguiamo fra osservazione diretta e osservazione indiretta. L'osservazione diretta è quella che permette la registrazione di comportamenti con la presenza dell'osservatore nel campo d'azione del soggetto osservato. L'osservazione indiretta è quella che usa strumenti che si frappongono tra l'osservatore ed il fenomeno da osservare (test, interviste, indagini tramite altre persone ecc.). Noi ci occuperemo dell'osservazione diretta. L'osservazione diretta può svolgersi: in ambiente abituale. Cioè nell'ambiente dove normalmente si verifica il fenomeno che vogliamo osservare; in ambiente artificiale. Cioè in una situazione precostituita, per esempio in laboratorio. Noi ci occuperemo dell'osservazione diretta svolta in un contesto abituale scolastico. L’osservazione in campo educativo per essere uno strumento di lavoro deve possedere caratteristiche di sistematicità, ripetibilità, comunicabilità, abbandonare la casualità e l’improvvisazione a vantaggio di una proposta educativa più consapevole e coerente. E lo stesso nel valutare è necessario evitare di incorrere nel praticare la valutazione in modo “impressionistico” cioè quel modo di procedere, unilaterale ed egocentrico, che non tiene conto o non sa fare i conti con i limiti che ogni individuo ha. Ogni insegnante che si accinga ad attuare processi valutativi deve conoscere quei fattori della propria personalità che influenzano l’atto valutativo e quindi determinano la non obiettività dello stesso. L’osservazione sistematica non è impressionistica, è diretta da un progetto, ha strumenti per tenere sotto controllo possibili errori o distorsioni, e il momento della registrazione non è mai troppo lontano da quello dell’osservazione propriamente detto. Per prima cosa è necessario dire che è impossibile osservare tutto. Per ovviare o comunque limitare questa preventiva selezione dei fatti osservati è necessario delimitare il campo di osservazione, ovverosia individuare il problema o l’ipotesi che ci spinge all’osservazione. I diversi approcci teorici all’osservazione. Prima di tutto facciamo una veloce descrizione dei diversi approcci teorici che hanno dato significativi contributi alla conoscenza del bambino tramite l'osservazione e che hanno anche strutturato particolari metodologie osservative: quello etologico, quello comportamentista, quello psicanalitico, e quello sistemico-ecologico. Approccio etologico. Quello dove le azioni si verificano abitualmente. Il lavoro osservativo deve quindi essere svolto sul campo, in situazione di vita reale, quotidiana, evitando qualsiasi tipo di stimolazione che potrebbe alterare la spontaneità dei comportamenti osservati. Non si deve ricorrere a misure indirette (test, questionari, tecniche proiettive) per catalogare il comportamento ; occorre ridurre al massimo il disturbo che può provocare lo stesso osservatore. Approccio comportamentista. L'osservazione secondo l'approccio comportamentista non si interessa al "come "dei comportamenti, ma a "quanto" un comportamento si verifica. Questo tipo di impostazione se, da un lato definisce scientificamente le mete che ogni percorso educativo deve conseguire, dall'altro perde di vista proprio la complessità del percorso e il contesto dove lo stesso percorso si sviluppa. Approccio psicanalitico Al contrario interpreta i fatti osservati. A questo proposito è necessario sottolineare che non fa parte delle competenze degli insegnanti avere la preparazione necessaria per fare osservazioni psicanalitiche. La cosa interessante che questo approccio ci insegna è che un’interpretazione dei fatti noi dobbiamo darla, ma a volte questa interpretazione rivela che i percorsi evolutivi corrono lungo le strade dell’affettività. L’apprendimento è comunque un percorso affettivo prima che cognitivo. Approccio sistemico – ecologico. coglie il come del comportamento contesto/interazioni descrizioni osservatore è partecipe della realtà osservata importanza del gruppo composto da docenti e dai bambini quale elemento di costruzione sociale della realtà educativa. Possibili errori di parzialità e distorsione : FASE DI RILEVAZIONE Mischiare elementi descrittivi con elementi interpretativi. Condizioni psicofisiche dell’osservatore (ansia stanchezza fluttuazione della attenzione) Selezione delle informazioni sulla base di preconcezioni valutative. Linguaggio inadeguato Mancanza di informazioni contestuali. Mancata registrazione dei dati relativi al comportamento dell’osservatore (autosservazione) Mancato rispetto della struttura temporale dell’evento (successione, durata ecc) Reattività all’osservazione del soggetto o dei soggetti osservati (fastidio, comportamento esibizionistico ecc.). Se l’oggetto osservato è l’adulto : reazioni di fastidio e di timore. Inadeguata scelta dello strumento osservativo FASE DI INTERPRETAZIONE Visione egocentrica. Sguardo impressionistico sulla realtà. Incapacità di fare i conti con i propri limiti Mancanza di autoanalisi ai propri fattori di personalità che influenzano l’atto valutativo : propria esperienza di insegnante (“dopo tanti anni di insegnamento ormai i bambini li conosco”) ; la propria preparazione professionale (l’immagine di sé come insegnante, gli scopi da perseguire, le proprie teorie e conoscenze teoriche sui bambini) ; le esperienze personali di sé bambino (i propri ricordi per es.) o di sé genitore (esperienze in atto o comunque prossime), la necessità di nascondere a volte anche a se stessi le proprie pulsioni Riconoscere la soggettività dell’osservazione e i rischi che questa comporta. Passare dalla soggettività all’intersoggettività non significa negare il soggettivo, i diversi punti di vista individuali : la soggettività, se cosciente e dichiarata, può essere un arricchimento, una risorsa, un contributo conoscitivo. Passare dalla soggettività all’intersoggettività significa invece mettere insieme i diversi punti di vista soggettivi. I modi individuali di osservare la realtà si incontrano e si integrano: il confronto impone all’osservatore di argomentare, giustificare le proprie opinioni e quindi di superare tutte quelle impressioni momentanee e soggettive che non trovano riscontro nei dati. Questo non significa scartare la soggettività ma controllarla, eliminarne i rischi e sfruttarne le risorse: la soggettività è un rischio solo quando è incontrollata. Come controllarla ? Nel momento osservativo : Osservare almeno in coppia e confrontare i dati raccolti. Svolgere una discussione prima dell’osservazione. Usare un linguaggio descrittivo e non valutativo. Registrare anche le informazioni contestuali (posizione del soggetto nello spazio. Arredi, tipo di attività in corso, materiali presenti, prossimità – lontananza del soggetto dagli altri bambini e dall’insegnante, dimensioni del gruppo di gioco, comportamento dei partners, ecc…). Condurre osservazioni di durata uniforme a tempo determinato (15-30 minuti). Registrare anche i dati relativi al comportamento dell’osservatore, soprattutto se questi è l’insegnante (auto-osservazione). E’ necessario prendere coscienza del proprio comportamento, tramite il materiale osservativo, dei propri interventi (o non interventi) e degli effetti che producono. Evitare le contaminazioni con ipotesi personali o aspettative personali. Fare attenzione al fattore tempo in termini di durata, frequenza e sequenza degli eventi. Spesso infatti capita che chi osserva abbia una percezione sbagliata della durata di un evento determinando errori di sovra o sotto valutazione. Utilizzare, se è possibile, tecniche di rilevazione non invasive o comunque consentire al soggetto di abituarsi alla presenza dell’osservatore. Nel momento interpretativo : distinguere chiaramente tra scopo dell’osservazione, ipotesi che la guida, strumento osservativo, risultati, conclusioni. SCOPO : i docenti intendono verificare quali alunni partecipano con maggiore facilità e quali siano in difficoltà, quali portino a termine l’attività proposta e quali necessitino di più o meno costante incoraggiamento e supporto da parte dell’insegnante IPOTESI : i docenti ipotizzano che partecipino di più i bambini con maggiori capacità relazionali, che non presentano problemi emotivo-affettivi di rilievo, che sono incoraggiati dalla famiglia alla realizzazione di esperienze di autonomia. STRUMENTO OSSERVATIVO : si predispongono schede di osservazione con elenchi di comportamenti prevedibili riguardo all’obiettivo prefissato e si raccolgono i dati. RISULTATI : si discutono i risultati ottenuti dalle varie osservazioni possibilmente svolte da osservatori diversi in momenti diversi per durate omogenee. CONCLUSIONI/IPOTESI DI INTERVENTO : i risultati possono confermare, non confermare, o confermare in parte le ipotesi. Così dopo aver osservato e trascritto i comportamenti del soggetto preso in considerazione si arriva a delle conclusioni fatte attraverso i dati raccolti nel momento dell’osservazione e con questo si avrà un quadro completo del bambino o bambini, in questo caso, osservati. 6-7. I test psicologici Definizione di test Un test psicologico è una tecnica standardizzata di valutazione, che permette di posizionare un individuo, all’interno dello spettro di variabilità che quella caratteristica possiede nella popolazione. Uso dei test in psicologia I test in psicologia clinica possono essere utilizzati per: valutare il funzionamento psichico, normale o patologico, o singole funzioni di esso; rilevare tratti di personalità che si presume siano predittivi di comportamenti futuri, normali o patologici. I test, dunque, forniscono dati per: - formulare una diagnosi. - individuare il trattamento più adeguato per quel determinato paziente. - valutare l’andamento del trattamento o il suo esito finale. - effettuare uno screening. Scelta del test Le scelta dell’utilizzo di un test non deve seguire le preferenze dello psicologo, ma deve essere effettuata in base al tipo di informazione che si vuole ottenere ed in base all’obiettivo per il quale è stato richiesto l’uso del test. Prima di utilizzare qualsiasi test lo psicologo dovrebbe conoscerne l’orientamento teorico, le caratteristiche pratiche, la validità, l’attendibilità e la standardizzazione. Orientamento teorico Ogni test ha una sua struttura ed è costruito per ottenere un risultato ben preciso. Pertanto ciascun test può dare solo un predeterminato tipo d’informazione, che a sua volta assume senso solo se è inserita all’interno di un paradigma compatibile con quello che è alla base della costruzione del test. Cioè se viene utilizzato secondo gli scopi finali del test. Caratteristiche pratiche Quando si scegli di applicare un test è necessario domandarsi prima se il paziente è in grado di comprendere ed eseguire quel determinato test, e se la preparazione di chi lo somministra è adeguata. La validità di un test La validità si riferisce alla capacità del test di misurare effettivamente la variabile o le variabili per la stima delle quali esso è stato costruito: se intendo valutare la presenza o meno di sintomi d’ansia, lo strumento che ho a disposizione deve essere adeguato a tale scopo. Esistono diversi tipi di validità e i procedimenti che si seguono per accertare i vari tipi di validità. Validità di contenuto È determinata valutando se un test prende in esame tutti i possibili aspetti del fenomeno che vuole misurare. Nel caso dell’ansia, per esempio, il questionario dovrebbe prevedere domande che spazino dagli aspetti più strettamente biologici e fisiologici a quelli che riguardano le disfunzioni affettive e comportamentali. La prestazione ad un test deve essere inoltre ritenuta sufficientemente libera dall’influenza di altre variabili (per esempio la poco chiarezza delle domande). La validità del contenuto di un test è assicurata anche dalla chiarezza del materiale utilizzato che lo compongono e dalla precisione delle istruzioni. Tutto ciò serve a ridurre l’incidenza del fattore verbale sulle performance. La validità di contenuto di un test è garantita anche dal fatto che ogni quesito riguardi sempre un problema per volta. Validità predittiva Corrisponde alla capacità di un test di prevedere qualcosa che riguarda il futuro dei soggetti in esame sulla base dei risultati ottenuti dal soggetto al test (per es. la capacità di predire l’andamento di un disturbo o l’esito di una terapia). Validità concorrente\discriminante Per valutare la validità concorrente/discriminante ci si basa su un confronto contemporaneo con altri strumenti che misurano la stessa variabile (ad es. punteggi ad un test d’ansia confrontati con i valori della misura della conduttanza cutanea) o una variabile opposta (ad es. uno strumento che misura l’estroversione deve dare risultati diversi da quelli di uno strumento che misura l’introversione; se i risultati fossero parzialmente sovrapponibili dedurremmo che entrambi gli strumenti o uno di essi non riesce a cogliere in maniera esclusiva la variabile indagata). Validità di costrutto Il concetto di validità di costrutto è abbastanza ampio; esso si riferisce al grado di precisione con cui la misura riflette il costrutto che intende misurare. Prevede un esame attento del costrutto teorico che sta alla base del test, per esempio, nel caso di un test che valuta la depressione, potremmo esaminare le variabili previste, come per esempio: esperienze di perdita, esperienze di separazione nell'infanzia, eventi stressanti, cioè di quegli eventi che troviamo nella vita delle persone e che predispongono all'insorgere della patologia. Valutiamo quindi se il test è in grado di confermare o meno queste cose. Il passo successivo prevede delle ricerche adatte a confermare la relazione fra i risultati al test e le variabili dedotte dal costrutto. In altre parole se il test è ben costruito, dovremmo trovare che le persone che hanno più alti punteggi in questo test dovrebbero presentare con maggior frequenza queste caratteristiche. Questa procedura comporta una approfondita conoscenza della dimensione psicologica che il test intende valutare, ma consente sia un’efficace validazione del test, sia una verifica importante di teoria. Negli studi sulla validità di costrutto vengono impiegate anche varie metodologie statistiche. Attendibilità di un test L’attendibilità è sinonimo di coerenza, di tenuta nel tempo, di fedeltà della misura. L’attendibilità di un test indica in che misura le fluttuazioni nei punteggi riportati dallo stesso oggetto in occasioni diverse possano essere attribuite ad errori casuali di misurazione. Un test viene considerato attendibile quando, applicato in tempi diversi alla stessa persona (anche da parte di persone diverse e in luoghi differenti) dà risultati simili. Un certo grado di variabilità nei punteggi è comunque ineliminabile, per cui la valutazione dell’attendibilità si basa su una stima del grado di stabilità dei risultati, verificata seguendo quattro possibili metodi. 1)Metodo del test-retest: (stabilità nel tempo) consiste nel somministrare lo stesso test a distanza di 3 mesi ad un gruppo di soggetti e nell' accertare in che misura i punteggi ottenuti la prima volta sono correlati con quelli rilevati la seconda volta. Maggiore sarà la concordanza tra i due punteggi e dunque maggiore sarà l’attendibilità del test. 2)Metodo delle forme parallele: richiede la costruzione di due versioni comparabili del test, che sono somministrate ad uno stesso gruppo una di seguito all’altra, o comunque senza frapporre un ampio intervallo di tempo. Il coefficiente di correlazione fra i due test darà una stima dell’attendibilità. 3)Metodo della divisione a metà (split half): l’insieme delle varie prove o degli item che formano un test viene diviso in due parti in modo tale che si possano considerare come due forme parallele, anche se ridotte, del test originale. Il coefficiente di correlazione fra i punteggi delle due metà del test darà una stima dell’attendibilità. 4)Metodo della concordanza dei giudizi: il metodo si basa sulla valutazione del grado di concordanza tra i giudizi espressi da operatori diversi sulle prove di uno stesso gruppo di soggetti. Standardizzazione Il test psicologico e’ una misura standardizzata. La standardizzazione implica uniformita’ di procedura nella somministrazione del test e nella determinazione del punteggio relativo (siglatura, valutazione e interpretazione del test) per evitare la deviazione sistematica data dalla variabile sperimentatore. Se si vuole che i punteggi ottenuti da persone differenti siano comparabili e’ ovvio che le condizioni di somministrazione devono essere uguali per tutti. Allo scopo di assicurare l’uniformita’ delle condizioni di somministrazione. La formulazione di tali istruzioni costituisce una parte notevole della standardizzazione di un nuovo test. Tale standardizzazione si estende fino alla precisazione dei materiali da impiegare, dei limiti di tempo, delle dimostrazioni preliminari, dei criteri da seguire per rispondere alle domande dei soggetti e di ogni altro particolare relativo alla somministrazione di quel test. Un altro passo importante per la standardizzazione di un test e’ la determinazione delle norme statistiche. Senza norme non si possono interpretare i punteggi. Una norma come indica lo stesso termine, e’ una prestazione “normale” o media. Durante il processo di standardizzazione, e’ necessario applicare il test ad un ampio campione, rappresentativo del tipo di soggetti ai quali e’ destinato il test stesso. Tale gruppo, detto campione di standardizzazione, serve per determinare le norme. Queste ultime indicano non solo il rendimento medio, ma anche la frequenza relativa dei vari gradi di scostamento al di sopra o al di sotto della media. La standardizzazione di un test comporta dunque: 1)Che le istruzioni siano uguali per tutti i soggetti. 2)Che tutti i soggetti vengano sottoposti con modalità costanti alle stesse domande, alle stesse prove, o alle stesse situazioni stimolo. 3)Che l’attribuzione dei punteggi o la siglatura del test sia definita in anticipo e in modo chiaro. 4)Che siano disponibili i dati normativi relativi alla popolazione generale a cui il soggetto sottoposto al test appartiene. Senza questi dati non sarebbe possibile dare significato alla siglatura del test. Una volta appurate tutte queste tecniche per costruire un test psicologico possiamo passare ai diversi tipi di test, utilizzati per le diverse caratteristiche dei soggetti. Esistono diversi tipi di test, come ad esempio: -test proiettivi: le tecniche proiettive mostrano al soggetto uno stimolo ambiguo, come ad esempio una macchia d'inchiostro, e richiedono di rendere razionale tale stimolo. In altri casi viene chiesto di produrre una risposta (ad esempio un disegno) seguendo delle istruzioni. Sebbene alcuni autori definiscano le tecniche proiettive come strumenti che permettono un ampio (spesso infinito) numero di risposte, questa definizione pare eccessivamente restrittiva. -test attitudinali: detti anche cognitivi o di livello, valutano le competenze cognitive o esecutive e spesso vengono fatti prima di accedere all’università o alle superiori per delineare il profilo del soggetto. -test di intelligenza: studia il quoziente intellettivo (QI) dell’individuo che si sottopone al test, ha lo scopo quindi di misurare l’intelligenza e servono per studiare lo sviluppo intellettivo di una persona. -test di personalità: misurano il profilo della personalità del soggetto che si sottopone a test. -questionari: per risalire a certi profili o determinati dati a cui lo psicologo vuole aspirare, si sottopone il candidato a determinati test a cui dovrà rispondere, determinando poi un dato profilo che rispecchierà la sua persona. 8. Gli esperimenti più celebri della psicologia 6 - La Prigione di Stanford Nel 1971 lo psicologo Philip Zimbardo ed i suoi colleghi organizzarono un esperimento per studiare l'impatto psicologico differente tra un prigioniero e una guardia carceraria. I ricercatori allestirono una vera e propria prigione nei sotterranei della facoltà di Psicologia dell'Università di Stanford, e selezionarono 24 studenti per far loro assumere i ruoli di guardia e prigioniero. I partecipanti furono selezionati tra coloro che non avevano precedenti con la giustizia, problemi mentali nè fisici. La prigione simulata includeva tre celle di 2 metri per 3. Ciascuna cella ospitava 3 prigionieri e includeva 3 lettini. Altre stanze di fianco alle celle venivano occupate dai 'guardiani': uno spazio davvero minuscolo fu destinato ad ospitare la cella di isolamento, ed un altro piccolo serviva come 'cortile' per l'ora d'aria. Chi teneva il ruolo di prigioniero restava in cella per 24 ore al giorno, i guardiani lavoravano in turni di 8 ore e a gruppi di 3. Telecamere nascoste osservarono lo svolgimento delle giornate. Nonostante fosse stato programmato per durare 14 giorni, l'esperimento di Stanford fu fermato dopo appena 6 giorni per ciò che accadde: le guardie calandosi troppo nella parte divennero prepotenti iniziarono ad assumere comportamenti aggressivi e a commettere eccessi sui prigionieri e i prigionieri iniziarono a mostrare segni di estremo stress che d'altro canto divennero sempre più ansiosi e depressi: 5 tra questi mostrarono importanti segni di cedimento emotivo, e chiesero di interrompere l'esperimento. Gli stessi ricercatori persero il senso della realtà: Zimbardo, che agiva come il guardiano della prigione, sottovalutò il comportamento eccessivo delle guardie sul "prigioniero" Christina Maslach.I Risultati Secondo Zimbardo e i suoi colleghi, l'esperimento di Stanford dimostrò il ruolo importantissimo che una situazione può esercitare sui comportamenti: poste in posizione di potere, le guardie iniziarono a comportarsi in modo estremamente diverso rispetto a come avrebbero fatto nella vita di tutti i giorni. Stanley Milgram, psicologo dell'Università di Yale condusse negli anni '60 una serie di esperimenti sull'obbedienza che fornirono risultati sorprendenti. Milgram iniziò i suoi esperimenti poco dopo l'inizio del processo al criminale di guerra Adolph Eichmann: la difesa dell'ex nazista si basava sull'assunto che stesse semplicemente eseguendo degli ordini. Milioni di ebrei uccisi: possibile che non si fosse ribellato? I partecipanti erano 40 uomini reperiti attraverso annunci pubblici sul giornale. Milgram sviluppò un generatore di scosse elettriche in grado di fornire uno shock che partiva dai 30volts sino ai 450. I vari gradi di intensità erano distinti da etichette come "leggero shock", "shock moderato," "pericolo, shock grave" eccetera. Gli ultimi due livelli erano semplicemente contrassegnati da tre croci "XXX". Ogni partecipante si calava nel ruolo di un "insegnante" che doveva fornire una scossa ad uno "studente" ogni volta che fosse stata prodotta una risposta errata. Al progrediredell'esperimento gli effetti prodotti sugli "studenti" scoraggiavano gli "insegnanti", che si rifiutavano di proseguire. I ricercatori utilizzarono, per portare i partecipanti a seguitare, una serie di formule precise: 1. "continua, per favore" 2. "l'esperimento richiede che tu continui" 3. "è assolutamente essenziale che tu continui" 4. "non hai altra scelta, devi andare avanti". Dei 40 partecipanti, 26 inviarono le scosse più terribili, mentre in 14 casi i partecipanti si fermarono. Il tasso elevato di ansia e di rabbia maturato richiese un de-briefing durante il quale furono spiegati gli scopi dell'esperimento. Al termine si disse contento di aver partecipato ben l'84%. Nonostante la ricerca di Milgram abbia sollevato serie questioni etiche sull'uso di soggetti umani negli esperimenti, i suoi risultati furono verificati in seguito e trovati validi. Perchè così tanti partecipanti commisero atti così sadici in risposta a semplici istruzioni di una figura autoritaria? Secondo lo studioso i fattori dell'obbedienza sono diversi: La presenza fisica di una figura autoritaria riduce le capacità critiche di un soggetto; Il fatto che lo studio si svolgesse a Yale (un'istituzione accademica importante) portò molti partecipanti a credere che l'esperimento fosse comunque sicuro; Esperimenti successivi mostrarono il valore della 'ribellione': in casi nei quali almeno un soggetto rifiutò in pubblico di eseguire gli ordini, ben 36 partecipanti su 40 si fermarono prima di sottoporre i soggetti a shock gravi. L'esperimento di Milgram è diventato un classico della Psicologia, dimostrando la pericolosità dell'obbedienza. Durante la prima metà del 20esimo secolo molti psicologi credevano che mostrare affetto ad un neonato fosse un'abitudine gestuale che non aveva un reale scopo. Il comportamentista John B.Watson ammonì a questo proposito: "ricordate, quando siete tentati di coccolare il vostro piccolo, che l'amore di mamma è uno strumento pericoloso". Secondo molti studiosi dell'epoca, l'affetto poteva solo sviluppare disagi e portare a problemi psicologici in età adulta. Uno psicologo americano chiamato Harry Harlow, tuttavia, si interessò a questo argomento e si adoperò per dimostrare gli effetti positivi di un fattore difficile da quantificare e misurare: L'amore. Harlow ottenne il suo obiettivo mostrando i disastrosi effetti della deprivazione affettiva sui macachi, e rivelò l'importanza dell'amore di una mamma nel sano sviluppo di un figlio. Si trattò di esperimenti crudeli e dal dubbio valore etico, che tuttavia fornirono spunti importanti. Molte teorie sull'amore si fondavano sull'idea che l'attaccamento della mamma al bambino nei primissimi periodi di vita fosse solo legato al bisogno di cibo e ad altri bisogni fisiologici: Harlow, tuttavia, credeva che ci fosse dell'altro. Uno dei più famosi esperimenti consisteva nell'offrire ad un piccolo macaco la scelta tra due mamme: una fatta di tessuto morbido ma 'arida' di cibo. L'altra costituita da fili di ferro, ma in grado di erogare cibo da un biberon. Harlow sottrasse i cuccioli alle loro madri naturali alla nascita, e li pose a contatto con queste "mamme" surrogate. L'esperimento dimostrò che le scimmie passavano molto più tempo con i fantocci di tessuto morbido che con quelli di fil di ferro: "questo dimostra che il contatto è una componente importante nello sviluppo della risposta affettiva, che non dipende unicamente dal bisogno di cibo". Quando le 'mamme' surrogate venivano portate via dalla stanza, gli effetti erano drammatici: i piccoli macachi perdevano ogni sicurezza, diventavano tristi e iniziavano ad agitarsi, gridare e piangere. Gli esperimenti di Harlow offrirono la prova inconfutabile che l'Amore è vitale per lo sviluppo di un piccolo: successive prove mostrarono gli effetti a lungo termine della deprivazione affettiva, che portava a stress psicologici ed emozionali, e talvolta alla morte dei soggetti. Le scoperte dei ricercatori aiutarono lo sviluppo di approcci totalmente diversi nei servizi sociali e nelle agenzie di adozione. Per ironia della sorte fu proprio la vita di Harlow a mostrare i guai peggiori: dopo una malattia grave di sua moglie, lo studioso divenne vittima di alcolismo e depressione. Fu descritto dai suoi colleghi come un misantropo sciovinista e crudele: triste destino per colui che ha dimostrato l'importanza dell'amore Pensate di essere conformisti o anticonformisti? Se siete nella media, probabilmente credete di essere abbastanza anticonformisti da resistere ai condizionamenti di un gruppo quando sapete di essere nel giusto, ma abbastanza conformisti da saper stare in mezzo agli altri. Ora immaginatevi in questa situazione: avete partecipato ad un esperimento psicologico nel quale vi hanno chiesto di completare un test. Seduti in una stanza con gli altri, vi hanno mostrato un tratto scuro, chiedendovi di confrontarne la lunghezza con quella di 3 possibili 'tratti gemelli'. Qual è quello della stessa lunghezza? La domanda viene ripetuta a tutti gli astanti: in certe occasioni il gruppo sceglie la linea gemella 'giusta', in altre invece sembra unanime nel dichiarare che un'altra linea è quella esatta. In termini psicologici, il conformismo è la tendenza individuale a seguire regole o comportamenti del gruppo a cui si ritiene di appartenere. Negli anni '50 lo psicologo Solomon Asch ha condotto una serie di esperimenti per dimostrare il potere del conformismo nei gruppi. Il 75% dei partecipanti ha seguito il resto del gruppo almeno una volta: nel totale, i partecipanti hanno seguito le scelte sbagliate del gruppo almeno un terzo delle volte. Quando non rapportati ad un gruppo, i partecipanti hanno risposto correttamente nel 98% dei casi. Inoltre si è anche osservato che tanto più grande e significativo l'atteggiamento di uniformarsi. Al termine degli esperimenti, ai partecipanti fu chiesto perchè avessero deciso come il resto del gruppo: in molti casi, gli studenti dissero di non voler cadere nel ridicolo scegliendo altre soluzioni, anche se sapevano intimamente di uniformarsi a quella sbagliata. Pochi furono gli ostinati, quelli che dissero di essere convinti che la risposta del gruppo fosse giusta. I risultati hanno dunque suggerito che il conformismo può essere influenzato sia dal bisogno di appartenenza che dalla convinzione che gli altri siano più intelligenti di noi, o meglio informati. E nella realtà di tutti i giorni questo atteggiamento è molto più forte, dato che gli stimoli sono molto più ambigui e difficili da valutare rispetto alla lunghezza di una linea. Il Quello del "Piccolo Albert" è stato un famoso esperimento condotto da John B.Watson e dalla studentessa Rosalie Raynor. Watson prese spunto dai risultati di Pavlov per mostrare come le reazioni emotive possano essere condizionate nelle persone. Il protagonista fu un bambino di 9 mesi, ribattezzato "Albert B.", e noto oggi come il "Piccolo Albert". I due ricercatori esposero il bimbo ad una serie di stimoli inclusi un topo bianco, una scimmia, maschere e giornali in fiamme osservando le sue reazioni. Inizialmente il piccolo non mostrò segni di spavento. In una seconda fase, quando il bimbo fu avvicinato al topolino, Watson produsse un rumore forte con un martello su un tubo di metallo: il bimbo saltò dallo spavento e iniziò a piangere. Ripetendo l'associazione di topo-rumore, Albert iniziò a piangere alla semplice vista del roditore. Watson e Rayner scrivevano: "nell'istante in cui è stato mostrato il topo, il bimbo ha iniziato a piangere e a gattonare così velocemente nella direzione opposta che siamo riusciti non senza difficoltà ad afferrarlo prima che cadesse dal tavolo". Nell'esperimento fu valutato che dopo il condizionamento, il Piccolo Albert non aveva solo paura dei topolini bianchi, ma anche di un'ampia varietà di oggetti bianchi dalla forma in qualche modo simile. Che ne è stato del Piccolo Albert? Ecco uno dei piccoli misteri della Psicologia. Watson e Raynor non furono in grado di eliminare la paura nel bimbo, che si dice abbia sviluppato da grande una strana fobia degli oggetti bianchi e pelosi. Di recente, tuttavia, la vera identità del bimbo è stata svelata dopo una ricerca durata ben 7 anni: il piccolo si chiamava Douglas Merritte. Douglas morì all'età di 6 anni, nel 1925. La ricerca era durata un anno più della sfortunata vita del ragazzino. Ivan Pavlov era un brillante professionista Russo che arrivò nel corso della carriera a vincere il Premio Nobel nel 1904 per le sue scoperte sui processi digestivi. Giunge alla scoperta studiando la digestione sui cani, notando una interessante corrispondenza: egli studiò il fatto che i succhi salivari prodotti dal cane non erano solo riflesso del cibo che stava per arrivare. Essa avveniva anche per stimolazione visiva, olfattiva e acustica. Pavlov e i sui assistenti giungono alla conclusione che la salivazione è un processo che scatta in risposta di uno specifico stimolo, e non è sotto il controllo della coscienza. La teoria del riflesso condizionato Basandosi su queste osservazioni, Pavlov intuì che la salivazione fosse condizionata: i cani che rispondevano alla vista degli assistenti associavano questa alla somministrazione del cibo. Un conto è, infatti, la salivazione alla vista di un cibo, e un altro conto è la salivazione nell'aspettativa di un cibo. A questo punto, lo scienziato cercò di comprendere come questa risposta potesse essere 'indotta': in una serie di esperimenti utilizzò uno stimolo 'neutrale' (il suono di un metronomo) al quale faceva seguito la somministrazione di cibo. Dopo un pò, Pavlov notò che i cani iniziavano a salivare subito dopo l'ascolto del metronomo, associandolo al cibo anche senza la vista di quest'ultimo. La scoperta del riflesso condizionato resta una delle più importanti nella storia della psicologia: lo è per numerosi motivi, non ultimi i cambiamenti comportamentali e i trattamenti di salute mentale. Il condizionamento 'classico' è impiegato per trattare fobie, ansia e disturbi da panico. Negli scorsi anni più di 300 articoli scientifici hanno citato il 'maestro', mostrando quanto gli sviluppi delle sue ricerche siano attuali e funzionali al perfezionamento della psicologia.