Capitolo 3 Grandezze dosimetriche e danni del Radon sull uomo

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Capitolo 3 Grandezze dosimetriche e danni del Radon sull uomo
Capitolo 3
Grandezze dosimetriche e danni del
Radon sull uomo
3.1 Grandezze di dose [1]
Le grandezze di dose si riferiscono agli effetti delle radiazioni sulla materia e
dipendono dalle caratteristiche del tipo di radiazioni e del mezzo.
A seguito dell interazione, le radiazioni cedono energia alla materia secondo i processi
già descritti nel capitolo 1. Può essere utile evidenziare due aspetti fondamentali del
rilascio di energia alla materia:
1. il trasferimento di energia: tale processo riguarda esclusivamente le radiazioni
indirettamente ionizzanti (fotoni o neutroni) che trasferiscono energia a particelle
secondarie cariche;
2. la cessione e l assorbimento di energia: le particelle cariche, primarie e secondarie,
cedono energia in processi di ionizzazione ed eccitazione. L energia ceduta è
assorbita dal mezzo tutta o in parte a seconda delle modalità di interazione delle
particelle cariche, delle dimensioni e delle caratteristiche del mezzo.
3.1.1 Potere frenante lineare (S)
L interazione con la materia delle radiazioni direttamente ionizzanti è caratterizzata dal
potere frenante lineare S:
S
dE
dx
coll
44
dE
dx
Scoll
irr
Sirr
(3.1)
dove dE è l energia perduta dalla particella carica lungo il cammino dx . Si hanno due
componenti principali:
-le perdite dovute a collisione Scoll (potere frenante lineare da collisione);
-le perdite per irraggiamento Sirr (potere frenante lineare per irraggiamento), rilevante
solo per elettroni di alta energia.
Si definisce inoltre potere frenante lineare di massa il rapporto
S
dove
è la
densità del materiale attraversato. Per l interpretazione degli effetti delle radiazioni
ionizzanti sulla materia vivente, è di fondamentale importanza la distribuzione spaziale
dell energia trasferita lungo le tracce delle particelle cariche. È stato introdotto quindi il
LET, definito come il potere frenante lineare da collisione dove si tiene conto
solamente delle perdite di energia per unità di percorso per collisione, poiché le perdite
per irraggiamento avvengono con emissione di radiazione elettromagnetica che si
suppone trasferisca energia lontano dalle tracce.
Il LET si esprime in J·m-1.
Gli elettroni sono particelle a basso LET, mentre gli ioni pesanti, come le particella ,
sono particelle ad alto LET.
Nel processo di perdita di energia per ionizzazione, le particelle cariche primarie
cedono energia ad elettroni della materia, i quali talvolta acquisiscono energia cinetica
sufficiente per dare luogo a tracce distinte (raggi ) divergenti dalla traccia primaria e
produrre quindi ionizzazione a distanza da questa.
È stato quindi introdotto il potere frenante lineare ristretto da collisione L che tiene
conto solo dell energia ceduta localmente nel mezzo, cioè in prossimità della traccia
primaria, poiché in esso si considerano esclusivamente le collisioni che comportano
cessioni di energia inferiori ad un opportuno valore
(espresso generalmente in eV).
3.1.2 Il Kerma
Il Kerma K è una grandezza fisica che riguarda il trasferimento di energia e quindi
esclusivamente l interazione dei fotoni e dei neutroni con la materia.
Si può esprimere, qualunque sia il mezzo attraversato, nel seguente modo:
45
dE
dV
K
dE
dm
(3.2)
dove dE è la somma delle energie cinetiche iniziali di tutte le particelle cariche
prodotte da radiazione indirettamente ionizzante in un volume dV di un mezzo di densità
.
L unità di misura, nel Sistema Internazionale (S.I.), è il Gray (Gy);
Nel caso di radiazione
1Gy = 1
J
Kg
o X di energia E, l energia trasferita agli elettroni secondari
per unità di massa (dE/dm) è data, nel S.I., dalla seguente relazione:
E
K
dove
tr
tr
(3.3)
è la fluenza di particelle, cioè il numero di particelle che attraversano l unità di
superficie del mezzo, dove
è la fluenza di energia, cioè
tr
del singolo quanto di radiazione; il coefficiente
trasferimento di energia di massa ed è pari a
ftr
=
·E ed E indica l energia
è chiamato coefficiente di
, dove f tr è la frazione di energia
trasferita ai secondari carichi.
L intensità (o rateo) di Kerma, espressa in Gy/s, è data dalla relazione seguente:
E
.
K
dove si è indicato con
tr
il flusso, cioè la fluenza nell unità di tempo.
46
(3.4)
3.1.3 L Esposizione
Si definisce Esposizione la grandezza:
dQ
dV
X
(3.5)
dove dQ è la carica totale degli ioni omopolari dopo che tutti gli elettroni liberati dai
fotoni in un volume dV di aria di densità
sono completamente fermati in aria.
L esposizione va usata solo per l interazione di fotoni in aria e il volume dV deve
essere circondato da un ulteriore volume di aria pari almeno al range degli elettroni
secondari.
L energia di un fascio di radiazioni perduta in processi di ionizzazione ed eccitazione,
per unità di massa d aria, è:
dE perduta
E
en
(3.6)
dm
dove
en
è il coefficiente di assorbimento di energia di massa definito come
tr
1 g ,
con g pari alla frazione di energia persa per irraggiamento.
Considerando che l energia media necessaria per creare una coppia di ioni in aria è
Waria
33.85 eV , il numero di coppie di ioni per unità di massa è:
E
n coppie create
en
Waria
perciò l esposizione si può esprimere nel seguente modo:
47
(3.7)
E
X
L unità di misura si esprime, nel S.I., in
en
e
Waria
(3.8)
C
.
Kg
Per energie fino a qualche MeV si può approssimare che il fattore g assuma valori
trascurabili (g~ 0.003) e la (3.8) si può approssimare nel seguente modo:
X
K aria e
Waria
(3.9)
3.1.4 La dose
La dose è l energia effettivamente depositata all interno di un volume unitario e si può
definire nel seguente modo:
dE
dV
D
dE
dm
(3.10)
dove dE è l energia media rilasciata in un volume dV di un mezzo di densità
data dalla differenza della somma delle energie che entrano in dV
di quelle che escono
ed è
dEin e la somma
dEout , più la somma algebrica delle energie liberate (positive)
ed assorbite (negative), nelle reazioni che avvengono in dV
dE
dEin
L unità di misura per la dose è il Gray (Gy).
48
dEout
Q :
Q
(3.11)
3.1.5 Equilibrio delle particelle cariche (EPC) e relazione tra grandezze
dosimetriche
Si possono stabilire relazioni particolarmente semplici tra alcune grandezze
dosimetriche quando in un punto di un mezzo irradiato si verificano le condizioni di
equilibrio delle particelle cariche (EPC). Si considerano realizzate tali condizioni quando
l energia dissipata al di fuori di un piccolo volume sferico, centrato nel punto in esame, da
secondari carichi in esso prodotti è compensata dall energia dissipata al suo interno da
secondari carichi prodotti al di fuori.
Sussiste equilibrio delle particelle cariche quando sono verificate le seguenti
condizioni:
l elemento di volume è immerso in una porzione di materiale di dimensioni non
inferiori al percorso massimo dei secondari carichi messi in moto dalla radiazione
primaria;
la fluenza
di particelle e la distribuzione energetica della radiazione primaria non
variano in modo apprezzabile su distanze maggiori o uguali al massimo percorso
dei secondari carichi.
Nelle condizioni di EPC si può porre:
D
E
en
per radiazione indirettamente ionizzante
dove E è l energia per fascio incidente e
di massa definito come
tr
en
(3.12)
è il coefficiente di assorbimento di energia
1 g , con g pari alla frazione di energia persa per
irraggiamento.
D
Scoll
per radiazione direttamente ionizzante
49
(3.13)
dove
Scoll
è il potere frenante di collisione massico.
Nel caso non siano verificate le condizioni di EPC, la grandezza Scoll va sostituita con
L (vedi paragrafo 3.1.1).
3.1.6 La dose equivalente
La grandezza dose equivalente è stata introdotta per tenere conto del fatto che dosi
uguali impartite da tipi differenti di radiazioni, producono danni biologici differenti.
La dose assorbita, infatti, è una quantità macroscopica correlata alla energia media
assorbita da un insieme di cellule, mentre ai fini del danno biologico è importante la
distribuzione microscopica dell energia, la posizione della traccia e la densità di coppie di
ioni create.
L efficacia biologica relativa (RBE) ci dà una misura della efficacia biologica di una
data radiazione rispetto ad una di riferimento: se una dose Dr di una radiazione r produce
un effetto biologico e lo stesso effetto biologico è prodotto da una dose Drif della
radiazione di riferimento, la RBE è data da:
RBE
Drif
Dr
(3.14)
tradizionalmente la radiazione di riferimento è costituita da raggi X di bassa energia.
L ICRP nel 1991 [2] ha introdotto la dose equivalente HT e i fattori di peso WR
correlati agli RBE relativi agli effetti stocastici (vedi il paragrafo 3.2.2); la dose
equivalente è stata definita come la dose media assorbita in un organo o tessuto pesata in
funzione del tipo e dell energia della radiazione con i fattori WR:
HT
WR DT , R
R
dove DT,R è la dose assorbita mediata sul tessuto T.
50
(3.15)
L unità di misura è il Sievert (Sv).
Nella tabella 3.1 sono riportati i valori raccomandati di WR per le radiazioni indicate:
Tipo di radiazione
WR
Fotoni
Elettroni e mesoni
Neutroni < 10 KeV
10 KeV 100 KeV
100 KeV 2 MeV
2 MeV 20 MeV
> 20 MeV
Protoni > 2 MEV
Particelle alfa, nuclei di fissione e nuclei
pesanti
1
1
5
10
20
10
5
5
20
Tabella 3.1 Valori di WR per i vari tipi di radiazione
3.1.7 La dose efficace
La relazione tra probabilità di insorgenza di effetti stocastici e dose equivalente
dipende anche dall organo o tessuto irradiato. È opportuno, quindi, definire una ulteriore
quantità per considerare le dosi assorbite dai vari tessuti ed avere così una semplice
correlazione con il totale degli effetti stocastici.
Si definisce la dose efficace nel seguente modo:
E
WT H T
(3.16)
T
dove HT è la dose equivalente nel tessuto T e WT il relativo fattore di peso che
rappresenta il contributo di tale organo al detrimento totale, attribuibile agli effetti
stocastici che risultano da un irraggiamento uniforme dell intero organismo. L unità di
misura è ancora il Sievert.
I valori di WT sono tabulati nella tabella 3.2:
51
Tessuto od organo
Gonadi (effetti genetici)
WT
0.20
Midollo osseo, colon, polmone, stomaco
0.12
Vescica, esofago, fegato, tiroide e rimanente
0.05
Pelle, superficie ossea
0.01
Tabella 3.2 Valori di WR per i varo organi
3.1.8 Quantità dosimetriche sussidiarie
A seguito dell introduzione di radioisotopi nell organismo di un individuo, c è un
periodo di tempo durante il quale il radionuclide dà contributo alla dose nei tessuti.
L integrale rispetto al tempo della dose equivalente è denominato dose equivalente
impegnata Himp( ) ove è il tempo di integrazione (in anni) successivo all introduzione.
Se non è specificato, si assume il valore di 50 anni per gli adulti e di 70 per i bambini.
t0
H imp ( )
H T (t ) dt
(3.17)
t0
dove t0 è l istante in cui ha inizio l esposizione alla radiazione.
Analogamente è definita la dose efficace impegnata Eimp( ):
t0
Eimp ( )
E (t ) dt
(3.18)
t0
3.2 Effetti delle radiazioni [2]
Le radiazioni producono danno per processi di ionizzazione soprattutto a carico del
DNA delle cellule e quindi, in minor misura, delle membrane cellulari.
Le cellule possono essere o uccise o modificate e gli effetti possono essere:
-change: cambiamento rispetto allo stato di normalità che può risultare dannoso o non
dannoso;
-damage: lesione ovvero effetto dannoso alle cellule ma non necessariamente
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all'individuo esposto;
-harm: effetto dannoso clinicamente osservabile negli individui irraggiati o nella loro
prole;
-detriment:il detrimento è un concetto in cui si combinano la probabilità di insorgenza
del danno, il tipo di danno e il tempo di manifestazione.
Gli effetti possono essere:
somatici: riguardano l'individuo irraggiato e possono essere:
-deterministici (non stocastici, immediati)
-stocastici (tardivi)
genetici: riguardano la discendenza dell'individuo irraggiato e sono stocastici.
3.2.1 Effetti deterministici
Gli effetti deterministici sono il risultato della morte cellulare e se l irraggiamento
assume determinate dimensioni si può compromettere la funzionalità dell'organo o del
tessuto irraggiato. Sono per lo più effetti immediati per i quali si può stabilire un nesso di
causalità con l'irraggiamento, anche se alcuni effetti deterministici possono insorgere
molto tempo dopo l'irradiazione (come, ad esempio la cataratta dell occhio).
Come visibile nella figura 3.2 in una popolazione irraggiata la frequenza di comparsa
di tali effetti in funzione della dose segue l'andamento di una curva di tipo sigmoide che
va da zero fino al 100% a seconda delle condizioni patologiche dei vari individui: sono
quindi effetti a soglia. Si assume come valore della dose-soglia, tipico per ogni effetto, la
dose che dà una frequenza di comparsa nel 50% degli individui esposti.
53
Figura 3.2
Per valori crescenti della dose, l'effetto si manifesta in forme sempre più gravi (effetti
graduati) poichè la percentuale di cellule inattivate è funzione crescente della dose.
La probabilità e la gravità aumentano anche in funzione dell'intensità di dose, poiché
diluendo la dose nel tempo si dà modo di operare ai diversi meccanismi di riparazione
cellulare.
Gli effetti deterministici possono essere completamente evitati limitando le dosi a
valori inferiori a quelli per cui si incomincia ad osservare il danno e in ogni individuo
irraggiato è possibile prevedere la gravità del danno deterministico.
Effetti deterministici su alcuni organi e tessuti
SISTEMA EMOPOIETICO: è costituito dai tessuti linfatici che producono i globuli
bianchi (linfociti e monociti) e dal midollo osseo che produce gli eritrociti e le piastrine.
A seguito di irraggiamento acuto si ha una riduzione della densità dei vari globuli. Per
irraggiamenti del corpo intero con radiazioni penetranti si ha prima la riduzione dei
globuli bianchi (leucopenia) e poi dei globuli rossi (anemia).
CRISTALLINO DELL'OCCHIO: l'effetto è opacità e cataratta.
TESTICOLI E OVAIE: si ha sterilità.
CUTE: gli effetti deterministici sulla cute sono causati soprattutto da raggi beta e sono,
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in ordine di dose crescente,desquamazione umida, ulcerazione e necrosi epiteliale.
FETO: un particolare effetto deterministico è stato osservato nei bambini esposti
nell utero, soprattutto durante il periodo che va dalla 8a alla 15a settimana dal
concepimento.
Nei bambini nati dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki si è osservato uno
spostamento verso il basso della curva di distribuzione del quoziente intellettuale con una
perdita di 30 punti per Sv assorbito: quindi sembrerebbe accertato che, al crescere della
dose, aumenta la probabilità di un grave ritardo mentale.
Si presume che tale effetto sia di natura deterministica poiché è ipotizzabile un valore
soglia (0.12-0.20 Gy) collegato con il minimo shift del Q.I. che può essere osservato.
Nella tabella 3.3 sono raccolte le stime delle soglie per effetti deterministici in alcune
parti del corpo di individui adulti (da ICRP, 1984).
Tessuto ed effetto
Testicoli:
Sterilità temporanea
Sterilità permanente
Sterilità ovaio
Cristallino:
Opacità visibili
Lesioni (cataratta)
Midollo
osseo:
Depressioni
dell ematopoiesi
Equivalente
di
dose
totale
ricevuto in una
breve esposizione
singola (Sv).
0.2
3.5-6.0
2.5-6.0
Equivalente di dose
totale ricevuto in
esposizioni molto
frazionate (Sv).
Non disponibile
Non disponibile
6.0
0.5-2.0
5.0
0.5
5.0
8.0
Non disponibile
Tabella 3.3 Soglie per effetti deterministici
A dosi notevolmente maggiori dei limiti e localizzate sui singoli organi si hanno altri
effetti deterministici elencati in ordine di effetti a dosi crescenti (per radiazioni a basso
LET si va da qualche Gy alle decine di Gy):
CAPELLI E PELI con caduta temporanea e, al crescere della dose, definitiva.
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SISTEMA RESPIRATORIO con infiammazioni e polmoniti.
TIROIDE con riduzione della secrezione ormonale
OSSA con necrosi
ENCEFALO con alterazioni del tracciato e quindi con morte dell individuo
RENI con sclerosi.
DECESSO per irradiazione dell intero organismo con dosi acute. Non si osservano
decessi per dosi < 1Gy.
La relazione tra sopravvissuti e dose è descritta con LD50/60 ovvero con la dose per cui
il 50% degli individui irraggiati muore nell arco di 60 giorni. Per un adulto sano LD50/60
vale 3-5 Gy per esposizioni acute ed in assenza di cure.
La morte avviene per coinvolgimento del midollo rosso, del sistema gastrointestinale e
del sistema nervoso, interessati in successione al crescere della dose.
Nella tabella 3.4 sono riportati gli intervalli di dose associati alle sindromi.
Dose assorbita Causa di morte Tempo dopo il quale
su tutto il corpo principale
sopraggiunge la morte
(Gy)
dopo l esposizione (giorni)
3-5
Danno al midollo
30-60
osseo
5-15
Danno al tratto
gastrointestinale e ai
10-20
polmoni
>15
Danno al sistema
1-5
nervoso
Tabella 3.4 Intervalli di dose associati alle varie sindromi
3.2.2 Effetti stocastici somatici
Questi effetti compaiono a caso (stocastici) nelle popolazioni irradiate e sono del tutto
indistinguibili da quelli che insorgono anche in assenza di irradiazione artificiale.
Gli effetti stocastici derivano dalle cellule modificate e non uccise. In una popolazione
di cellule la probabilità di tali alterazioni è assunta proporzionale alla dose assorbita e
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probabilmente non c è una soglia.
Se il danno è a carico delle cellule che hanno la funzione di trasmettere informazioni
genetiche alle successive generazioni, gli effetti, che possono essere di molti tipi e di varia
gravità, si presentano alla progenie della persona esposta. Questi effetti stocastici sono
detti effetti genetici e verranno esaminati nel paragrafo successivo.
Gli effetti stocastici somatici derivano dalla modificazione di cellule che possono
portare allo sviluppo, dopo un periodo di latenza, di leucemie e tumori solidi
nell individuo esposto. Molto spesso i meccanismi riparatori delle cellule impediscono la
genesi dei tumori.
Vediamo nella figura 3.3 come si sviluppano nel tempo le leucemie e i tumori solidi:
Figura 3.3
Notiamo che per le prime c è un periodo di latenza di almeno due anni e un picco di
comparsa dopo circa 5 anni, mentre per i secondi non c è un picco e il periodo di latenza è
maggiore, circa una decina di anni.
3.2.3 Effetti stocastici genetici
Non si hanno dati epidemiologicamente significativi sulla specie umana: si tratta di
effetti rilevati solo su animali (mammiferi) e corretti in base alle conoscenze sulla
genetica umana. Sono di natura stocastica e dovuti ad irraggiamento delle gonadi maschili
e femminili in età riproduttiva; quella media di riferimento è di circa 30 anni.
Si hanno sostanzialmente due tipi di effetti ereditari:
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MUTAZIONI GENETICHE (alterazioni della struttura dei geni) possono essere:
Dominanti: appaiono nella I generazione;
Recessive: possono esplicarsi solo se comunicate da entrambi i genitori con lo
stesso gene mutato; possono rimanere latenti per molte generazioni o per sempre.
Poche sono le mutazioni favorevoli, molte le sfavorevoli. Le mutazioni sfavorevoli
scompaiono per selezione naturale anche dopo venti generazioni.
ABERRAZIONI CROMOSOMICHE (alterazioni nel numero e nella struttura dei
cromosomi). Non vengono trasmesse alle generazioni successive generalmente perchè
portano malattie gravi.
Si aggiungono effetti multifattoriali che risultano dall azione congiunta di più geni e
dall interazione di questi con fattori ambientali.
Ipotesi di linearità
I dati epidemiologici per la valutazione degli effetti stocastici sull uomo provengono
soprattutto dalla popolazione giapponese esposta alle esplosioni nucleari di Hiroshima e
Nagasaki. Si tratta di esposizioni a dosi acute da particelle a basso LET con dosi
notevolmente superiori ai limiti. Per dosi o ratei di dose più bassi si presume una
relazione lineare tra dosi ed effetti; pertanto se ne deduce la mancanza di una dose soglia
per effetti stocastici e si afferma che il rischio per esposizione alle radiazioni non è mai
nullo
3.3 Irraggiamento interno [3]
3.3.1 Modalità
L'irraggiamento interno è dato da radioisotopi presenti all'interno dell'organismo. Le
vie di introduzione dei radioisotopi sono l inalazione, l ingestione e l assorbimento
cutaneo.
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Gli organi e tessuti possono essere considerati come compartimenti a rinnovo continuo
delle sostanze in essi contenute. Essi captano e rilasciano molecole e ioni secondo un
rateo di scambio che è proprio di ogni compartimento.
Il tempo di dimezzamento biologico TB è l'intervallo di tempo in cui metà del
quantitativo di un materiale in un compartimento, in un organo o nell'intero organismo è
eliminato a seguito di processi biologici.
Il tempo di dimezzamento fisico TR è il tempo di dimezzamento a seguito del
decadimento radioattivo di un radionuclide.
Il tempo di dimezzamento effettivo TE è il tempo necessario perché l'attività dì un
materiale radioattivo presente in un compartimento, organo o intero organismo sia
dimezzato dalla combinazione della eliminazione biologica e del decadimento radioattivo
secondo la formula:
TE
TR TB / TR TB
(3.19)
In alcuni casi il dimezzamento da decadimento radioattivo è così rapido che il
dimezzamento biologico può essere ignorato. In altri casi il dimezzamento da
decadimento radioattivo è così grande che il valore di TE è dato pressoché esclusivamente
da TB.
Nella figura 3.4 sono rappresentate schematicamente le vie di introduzione, di
trasferimento e di eliminazione (principalmente urine e feci).
Particolare rilievo assume il compartimento di trasferimento costituito dai fluidi
extracellulari che veicolano le sostanze distribuendole entro il corpo.
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Inalazione
Linfonodi
Pelle
Esalazione
Tratto
respiratorio
Assorbimento
diretto
Compartimento di
trasferimento
Sudore
Ferite
Fegato
Tessuti
sottocutanei
Tratto
Gastrointestinale
Reni
Pelle
Altri organi
Urine
Figura 3.4
I tratti respiratorio, gastrointestinale e la pelle sono visti come vie di ingresso nel
corpo. I radionuclidi diffondono attraverso i fluidi extracellulari (che costituiscono il
compartimento di trasferimento).
La distribuzione dell'attività assorbita nel corpo può essere relativamente omogenea,
come nell acqua triziata, o localizzata in determinati organi e tessuti (come lo iodio nella
tiroide, il plutonio nelle ossa e nel fegato, le terre rare nelle ossa...).
Frazioni del materiale dal compartimento di trasferimento traslocano ai vari
compartimenti da cui sono rimossi con tempi di dimezzamento biologici caratteristici.
L'eliminazione di un radionuclide avviene per via urinaria e fecale rispettivamente con
frazioni FU ed FF.
I vari compartimenti non corrispondono necessariamente ai processi biologici e i valori
dei parametri usati dalla ICRP sono scelti in modo che questa semplice descrizione porti a
risultati in buon accordo con i dati osservati.
60
3.3.2 Le vie di introduzione
L introduzione, il trasferimento ad organi e tessuti e la escrezione dei composti e delle
sostanze contenenti radioisotopi dipendono dalla loro forma chimica.
Storicamente la prima distinzione è tra composti e sostanze solubili e composti e
sostanze insolubili. I composti solubili circolano nella corrente sanguigna, entrano in
organi e tessuti, sono trasportabili attraverso le membrane cellulari e tissutali; i composti
insolubili non hanno queste caratteristiche o le presentano in misura ridotta.
Introduzione per via cutanea.
Può avvenire per assorbimento transcutaneo con trasferimento diretto al compartimento
di trasferimento o per ferita. I composti solubili (a rimozione rapida) passano nel plasma
sanguigno e da questo nei vari organi e tessuti corporei. In genere vengono escreti con le
urine. I composti insolubili (a rimozione molto lenta) tendono a restare nel luogo di
introduzione nel caso di ferita.
Introduzione da inalazione.
Nelle recenti raccomandazioni dell'ICRP, gli aerosol inalati sono classificati in tre
categorie di crescente rimozione dalla regione alveolare dell apparato respiratorio:
classe Y (years): rimozione assai lenta con tempo di dimezzamento biologico, nella
regione polmonare, TB>100 giorni;
classe W (weeks): rimozione lenta con 10 < TB < 100 giorni;
classe D (days): rimozione rapida con TB < 10 giorni.
Il sistema respiratorio è suddiviso in tre regioni distinte: naso-faringea (N-P), trachea
ed albero bronchiale (T-B), parenchima polmonare (P);
Il deposito nelle tre regioni varia con le proprietà dell aerosol ed è descritta dai tre
parametri DN-P, DT-B e DP che rappresentano la frazione del materiale inalato inizialmente,
depositato rispettivamente nelle regioni N-P, T-B e P. La frazione 1- DN-P - DT-B - DP non
è trattenuta nel tratto respiratorio e la si assume come riesalata.
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Se consideriamo una particella dell aerosol, si definisce diametro aerodimanico il
diametro di una sfera in m di densità unitaria che in aria ha la stessa velocità finale di
deposito della particella di interesse. Poiché l aerosol è in generale costituito da particelle
diverse, si definisce un diametro medio che prende il nome di AMAD (Activity Median
Aerodynamic Diameter), in riferimento al quale viene espressa la frazione depositata.
Introduzione da ingestione
Parte di ciò che ingeriamo non viene assimilato ed effettua semplicemente il transito
del sistema gastrointestinale con possibile irraggiamento delle mucose (particelle alfa,
beta e gamma) nonché dell'addome e dell' intero organismo (raggi gamma).
Il tratto gastrointestinale (GI) è rappresentato da quattro sezioni ciascuna considerata
come un compartimento e le costanti di tempo del transito da un compartimento al
successivo sono date nella tabella 3.5.
Sezione del GI
Tempo
medio
residenza (h)
Stomaco
Piccolo intestino
Intestino largo
superiore
Intestino largo
inferiore
di Costante di tempo del
transito (d-1)
1
24
4
13
6
2
24
1
Tabella 3.5 Tempo medio di residenza del cibo nei vari organi
La frazione che viene assimilata e raggiunge i fluidi organici è denominata F1.
Si noti che anche una frazione dell inalato arriva nel compartimento di trasferimento
attraverso il sistema gastrointestinale.
62
3.3.3 L incorporazione
L incorporazione cronica
L'incorporazione cronica avviene per esposizioni prolungate dovute per lo più ad
attività lavorative. L'accumulo del radionuclide in un organo o nell'intero organismo
avviene con legge del tipo:
q i R(t ) dt
(3.20)
ove R(t) è la ritenzione al tempo t ed i è il rateo di attività incorporata (Bq/giorno) che
supponiamo costante nel tempo.
Nel caso semplice di un solo compartimento la ritenzione è esprimibile con un termine
esponenziale ovvero R (t )
e
t
ove
è la vita media effettiva nel compartimento. Si ha
quindi
q i
t
(1 e )
(3.21)
L accumulo segue pertanto una legge che tende ad un valore di saturazione.
Nella figura 3.5 sono dati gli accumuli di vari radionuclidi nell organo di elezione.
63
Figura 3.5
Lo
131
I nella tiroide va presto in saturazione, mentre lo 90Sr e il
240
Pu (nell'osso) dopo
50 anni di incorporazione cronica non hanno ancora raggiunto la saturazione. Dato che il
tempo massimo di esposizione per attività lavorativa è assunto in 50 anni, si preferisce
fissare a 100 il valore raggiunto a 50 anni con accumuli percentuali di tale valore per i
tempi inferiori, come espresso nella tabella 3.6:
Nuclide
131
137
I
Cs
Sr
239
Pu
90
Organo
Tiroide
Intero organismo
Ossa
Ossa
Accumulo in percentuale
A 6 mesi
A 5 anni
A 50anni
100
100
100
69
2.3
1.2
100
21
12
100
100
100
Tabella 3.6 Accumulo in percentuale dei radionuclidi nei vari organi
Incorporazione acuta
L'incorporazione acuta è una incorporazione unica e di breve durata. La funzione di
accumulo q è data generalmente da uno o più termini esponenziali (a seconda del numero
di compartimenti coinvolti) del tipo:
64
q
Ie
t
(3.22 )
ove I è l'attività incorporata (Bq), t è il tempo in giorni trascorso dalla incorporazione e
è la la vita media effettiva.
In taluni casi la ritenzione è descritta da una funzione con un solo esponenziale, come
nel caso dell acqua ricca in Radon che, incorporata per inalazione, ingestione o
assorbimento attraverso la pelle, viene completamente ed istantaneamente assorbita e
rapidamente distribuita pressoché uniformemente nell'intero organismo. La funzione di
ritenzione (con I=1) è:
q e
t
10
(3.23)
dove 10 giorni è il tempo di dimezzamento biologico. Assumendo come volume di
acqua dell intero corpo 42000 ml si ha una concentrazione in Bq/ml nel corpo intero data
da:
t
C
e 10
42000
(3.24)
Identica è la concentrazione nelle urine. Un incremento del consumo di acqua
gionaliero (3-4 litri al giorno) porta ad una riduzione della concentrazione C di un fattore
tra due e tre.
3.3.4 Controllo dell irraggiamento interno
Il controllo dell'irraggiamento interno è fondato su due tipi di accertamenti:
controllo della contaminazione radioattiva dell'aria e dell acqua (ambiente);
controllo della contaminazione radioattiva degli individui (personale).
65
I controlli della contaminazione dell'aria e dell'acqua fanno riferimento ai limiti annuali
di introduzione detti ALI, cioè sulla base di modelli relativi all'uomo standard si deduce il
valore di concentrazione in aria o in acqua che portano all introduzione di 1 ALI.
Un ALI (Annual Limit Intake) è il quantitativo in Bq che, introdotto nell arco di un
anno, porta ad una dose efficace impegnata (50 anni) pari al limite annuo di dose efficace
(20 mSv).
Quindi con l introduzione di un ALI non c è spazio per altri irraggiamenti né interni né
esterni.
Nel caso di introduzione di più radionuclidi, l introduzione totale non deve dar luogo
ad una dose equivalente superiore alla dose limite e i livelli di riferimento dovrebbero
essere corretti in modo che non si superi 1 ALI complessivo.
Il controllo della contaminazione radioattiva degli individui si effettua mediante due
metodi fondamentali:
1. misure dirette con rivelatori di radiazione gamma (contatori per il corpo intero o
rivelatori collimati);
2. misure radiometriche e chimiche sugli escreti (misure su urine, feci...).
I controlli possono essere:
- controlli di routine: sono controlli sui singoli lavoratori effettuati ad intervalli
regolari di tempo e sono richiesti in situazioni di rischio continuato di contaminazione del
luogo di lavoro;
- controlli operativi: sono richiesti dopo particolari operazioni: si ritiene noto il tempo
e la durata dell esposizione e si hanno informazioni sulla natura fisica e chimica del
potenziale contaminante nonché sulla via di introduzione;
- controlli speciali: sono richiesti nel caso in cui si verifichino situazioni anomale di
contaminazione nel luogo di lavoro o si riscontrino risultati anomali nel corso di un
controllo di routine.
- controlli di conferma: sono controlli da effettuare per la verifica di soddisfacenti
condizioni di lavoro dei lavoratori che non sono soggetti ad essere esposti a significative
introduzioni di radionuclidi
Si definisce livello di investigazione IL il valore al di sopra del quale sono necessarie
66
ulteriori indagini:
IL 0.1 ALI N m
dove N=T/365 è il numero di indagini programmate ad intervalli di T giorni ed m sono
i valori di attività tabulati.
3.4 Dosimetria del Radon inalato e rischio associato
3.4.1 Rischio da inalazione dei prodotti di decadimento a breve vita del
Radon
Come vedremo in seguito per la determinazione del rischio polmonare da inalazione
sono stati condotti degli studi su popolazione di minatori [4,5,6,7,8,9].
La determinazione del rischio non si basa su dosimetria interna, ma sull esposizione ai
prodotti di decadimento in unità PAEC (vedi paragrafo 2.6.1) presenti nell aria all interno
delle miniere.
L unità di esposizione utilizzata è il WLM (Working Level Month): per ottenere tale
valore è sufficiente eseguire una misurazione molto semplice, prendendo un campione di
aria filtrata e contando le particelle alfa totali [10].
Per esposizioni domestiche, 1 WLM è equivalente alla concentrazione di Radon di 185
Bq·m-3 per un intero anno, considerando un 70% di tempo speso all interno
dell abitazione [11].
Nelle miniere si è osservato un evidente aumento di cancro polmonare in seguito
all esposizione ai prodotti di decadimento del Radon, pari a diverse centinaia o anche
migliaia di WLM, che sono paragonabili ad un esposizione a lungo termine ad altissime
concentrazioni di Rn-222 in un abitazione.
Visto che il rischio di cancro è collegato alla dose effettivamente rilasciata nei bronchi
e non al valore dei PAEC, è necessario sapere se la dose rilasciata nei bronchi per unità di
PAEC nelle miniere è equivalente a quella rilasciata per unità di PAEC nelle abitazioni.
La proiezione del rischio dalle miniere alle abitazioni è stato oggetto di alcuni studi che
67
hanno portato alla formulazione di modelli teorici, come vedremo in seguito.
Per quanto riguarda le abitazioni, l ICRP raccomanda la seguente relazione di
riferimento per la valutazione dell esposizione complessiva annua ai figli dell Rn-222 a
breve vita [12]
E
5000c1 2000c2 1700c3
(3.25)
dove la grandezza E è espressa in Bq·y·m-3, c1 , c2 , c3 sono le concentrazioni medie di
Radon, espresse in Bq/m3, stimate rispettivamente per le abitazioni, altri luoghi chiusi e
per ambienti aperti, mentre i coefficienti numerici rappresentano le ore trascorse
annualmente negli stessi luoghi. Tali tempi di permanenza possono essere applicati alla
realtà italiana come risultato dalla Indagine nazionale sulla radioattività naturale nelle
abitazioni condotta da ISS e ANPA [13]
3.4.2 Dose dovuta direttamente al Radon
La dose da particelle alfa rilasciata nelle cellule bersaglio dell epitelio bronchiale è
dovuta principalmente ai prodotti di decadimento a vita breve del Radon. Tali prodotti,
infatti, si depositano sulla superficie delle vie bronchiali e pertanto hanno una probabilità
più alta di colpire i nuclei delle cellule rispetto al Radon (vedi paragrafo 3.6), che decade
durante il percorso nelle vie respiratorie.
La dose equivalente impegnata in un anno di esposizione al gas Radon nei polmoni è
stata calcolata dall ICRP nel 1981 [14] e dall NCRP nel 1987 [15], fornendo i valori
riportati nella tabella 3.7:
Organo
mSv·y-1 per Bq·m-3 Riferimento
Polmoni e bronchi
7·10-3
ICRP (1981)
-3
Superficie bronchiale
5·10
NCRP (1987)
Tabella 3.7 Dose equivalente impegnata in un anno di esposizione al Radon
Nel calcolo della dose equivalente i fattori di peso WR e WT sono quelli forniti
68
dall ICRP. Tale dose è più bassa di circa un fattore 10 rispetto alla dose rilasciata dai
prodotti di decadimento.
Va ricordato inoltre che, attraverso il sangue, il Radon viene trasportato ad altri organi
dove rilascia, insieme ai suoi prodotti di decadimento che si vengono a formare, una certa
quantità di dose. Essa dipende dalla solubilità del Radon nei vari tessuti del corpo rispetto
al sangue, come riportato in uno studio del 1992 di Harley e Robins [16].
I valori di dose equivalente calcolati per unità di esposizione per organi e tessuti diversi
dal polmone [16,17] sono riportati nella tabella 3.8, dove è possibile vedere che tali valori
sono molto più bassi (nella maggior parte dei casi di circa un fattore 100) rispetto alla
dose rilasciata nell epitelio bronchiale.
Tessuto
Fegato
Reni
Milza
Midollo spinale
Superficie delle
ossa
Tessuti molli
Tessuti adiposi
Pelle
Linfociti T
Capillari dell alveolo
mSv·y-1 per Bq·m-3
5.1·10-5
5.6·10-5
5.2·10-5
9.6·10-5
2.5·10-5
Riferimento
Jacobi e Eisfeld(1980)
Jacobi e Eisfeld(1980)
Jacobi e Eisfeld(1980)
Jacobi e Eisfeld(1980)
Jacobi e Eisfeld(1980)
3.0·10-5
9.0·10-5
50·10-5
50·10-4
20·10-5
Harley e Robbins(1992)
Harley e Robbins(1992)
Harley e Robbins(1992)
Harley e Robbins(1992)
Harley e Robbins(1992)
Tabella 3.8 Dose equivalente ai tessuti per continue esposizioni a 1Bq·m-3 di Rn-222 in aria
3.4.3 Effetti del Radon inalato e della sua progenie sulla salute
Le stime delle conseguenze sulla salute determinate dall esposizione a radiazioni
ionizzanti sono basate principalmente su studi epidemiologici di diverse popolazioni
umane, tesi a stabilire una relazione statistica tra esposizione ed effetti.
Si è stabilito oltre ogni ragionevole dubbio che la radiazione ionizzante è un agente
fondamentale dell induzione del cancro in molti organi e tessuti del corpo; più difficile è
invece la determinazione quantitativa di tale azione cancerogena.
Studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra esposizione alla radiazione e
aumento di cancro al polmone; tra questi ricordiamo in particolare il Life Span Study
69
[18] sui sopravvissuti alle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki, e studi sui minatori
esposti al Radon [19].
Il Life Span Study ha fornito stime sui coefficienti di mortalità per cancro dopo
l esposizione, principalmente a radiazione gamma, mentre gli studi sui minatori hanno
fornito informazioni sulla relazione tra l incidenza di cancro mortale ai polmoni e la
concentrazione della progenie del Radon all interno delle miniere.
Negli ultimi 10 anni circa, ci sono stati anche molti studi tesi a determinare una
correlazione tra l incidenza di cancro ai polmoni e l esposizione al Radon nelle abitazioni.
Alcuni di questi hanno mostrato che esiste una correlazione, ma molti altri non hanno
dato nessuna evidenza[20,21]. La maggior parte degli studi effettuati si basano sul
confronto di diverse aree geografiche con diverse concentrazioni di Radon.
Sfortunatamente, le correlazioni geografiche sono difficili da interpretare persino in modo
qualitativo, a causa della presenza di un gran numero di fattori importanti che generano
confusione. Un primo problema è rappresentato dal fatto che le regioni di alta
concentrazione di Radon sono spesso quelle di montagna e di collina mentre la
popolazione e lo sviluppo industriale si concentrano generalmente nelle zone
pianeggianti; la confusione è generata dal fatto che anche l industrializzazione, oltre
all esposizione al Radon, è una causa di incremento nei casi di cancro polmonare. Un
altro fattore importante di cui bisogna tener conto è l aumento di rischio riscontrabile in
una popolazione di fumatori.
A causa della mancanza di una rilevanza statistica attendibile degli studi sulle
abitazioni, l ICRP continua a far riferimento principalmente ai dati ricavati dalle indagini
sui minatori.
Ad ogni modo sono sempre presenti un certo numero di sorgenti di incertezza nella
determinazione del rischio da esposizione al Radon. In primo luogo la limitazione
statistica dovuta alla scarsa percentuale di popolazione impegnata nelle miniere; inoltre la
necessità di elaborare un modello per determinare la relazione esposizione-effetto e
ottenere stime sul rischio a livelli di esposizione inferiori a quelli direttamente osservati.
Riportiamo qui di seguito, nella tabella 3.9, i dati ricavati dagli studi epidemiologici
sull esposizione al Radon dei lavoratori in miniere, iniziati intorno al 1950.
70
Gruppi di studio
Numero
minatori
Colorado (USA),1951-1982
New Mexico (USA), 1957-1985
Ontario (Canada), 1955-1981
Beaverlodge,Saskatchewan
(Canada), 1950-1980
Bohemia, 1953-1985
Francia, 1946-1985
Malmberget (Svezia), 1951-1976
Totale relativo a tutti gli studi
2975
3469
11076
6847
di
Numero di morti
da cancro polmonare
Osservati
Attesi
157
48.7
68
17
87
57.9
65
28.7
4042
1785
1292
31486
574
45
51
1047
122
21.1
14.9
310
Tabella 3.9 Dati ricavati dai vari studi sui minatori
Dagli studi si è potuto ricavare complessivamente una relazione chiara tra esposizione
ai prodotti di decadimento del Radon ed effetto cancerogeno.
La valutazione del rischio ulteriore per i fumatori è stata effettuata in modo completo
solo per il gruppo di studio del Colorado; per gli altri, a causa della mancanza di
informazioni, il rischio stimato è quello complessivo.
Nella figura 3.6 è mostrato l andamento del rischio relativo (aumento del rischio di
ammalarsi di cancro polmonare rispetto alla popolazione non irraggiata) in funzione dei
valori cumulativi di WLM per i minatori di uranio del Colorado:
71
Figura 3.6
Un importante aspetto dei dati riportati in figura è dato dall appiattirsi della curva per
alti valori dell esposizione. Tale effetto è chiamato, in modo fuorviante, effetto di
esposizione inversa . Si potrebbe pensare, infatti, che l aumento del rischio per unità di
esposizione sia più alto per basse esposizioni. Probabilmente, invece, l appiattimento
della risposta per alte esposizioni si può interpretare come il risultato dell uccisione delle
cellule dovuta ad attraversamenti multipli dei nuclei da parte delle particelle alfa. Ad alte
esposizioni, infatti, sono molte di più le cellule che muoiono (apoptosi), senza dare
origine quindi a mutazioni maligne. Si ha pertanto una riduzione della risposta ad alte
esposizioni e non un aumento a basse esposizioni.
Il termine effetto di esposizione inversa ha generato confusione perché sembrerebbe
implicare che l esposizione domestica (a basse dosi) possa essere più dannosa di quella
delle miniere, mentre è stato dimostrato in studi nelle abitazioni che il rischio a basse dosi
non è sovralineare.
Dall unione dei dati raccolti sui minatori si sono tratte inoltre le seguenti
considerazioni:
c è una riduzione nel rischio dopo la cessazione del lavoro nelle miniere. Questo è
chiamato fattore TSE (Time Since Exposure);
sembra non esserci un effetto relativo all età a cui si inizia a lavorare, mentre è
evidente una diminuzione del rischio con l età (AGE Factor);
72
il rischio di cancro ai polmoni per unità di esposizione al Radon è più alto nei
fumatori rispetto ai non fumatori.
3.4.4 Modelli di rischio per cancro polmonare da inalazione dei prodotti
di decadimento del Radon
Sono stati sviluppati 7 modelli per trasportare i risultati degli studi sui minatori alle
abitazioni, i quali hanno fornito i valori riportati nella tabella 3.10 [9,12,22,19,10,4)
relativi alla probabilità (rischio) di ammalarsi di cancro polmonare per l esposizione
domestica continua a 148 Bq·m-3.
Modello
Rischio per tutta la
vita in percentuale
0.50
NCRP(1984a)
ICRP (1987)
NCRP (1987b)
ICRP (1993b)
0.90
0.62
0.56
BEIR IV (NRCP 1988)
1.1
NTH (Lubin et al. 1994)
1.8
BEIR VI (NRCP 1999)
2.0
Commento
Il rischio diminuisce dopo la
fine dell esposizione
Si è adottato il rischio per tutta la vita
in funzione dell esposizione in WLM
Il rischio decresce con esposizione
molto alta
Il rischio decresce con esposizione
molto alta
Il rischio decresce con esposizione
molto alta
Tabella 3.10 Rischio di cancro al polmone per esposizioni continue a 148 Bq·m-3
I dati relativi all esposizione ai prodotti di decadimento del Radon nelle miniere sono
gli unici dati disponibili da cui si possono ricavare stime numeriche per il rischio di
cancro polmonare nei luoghi di lavoro e nelle case. Pertanto è inevitabile ricorrere ad
alcuni modelli per quantificare tale rischio, incorrendo ovviamente in generalizzazioni e
approssimazioni.
73
3.5 Dosimetria del Radon ingerito e rischio associato
In questo paragrafo stimeremo la dose per vari tessuti del corpo dovuta all ingestione
di Radon disciolto nell acqua da bere e discuteremo i rischi per la salute che ne derivano.
I punti centrali di questa analisi sono:
1. la diffusione del Radon nelle pareti dello stomaco;
2. il comportamento del Radon e dei suoi prodotti di decadimento del corpo.
3.5.1 Ingestione del Radon e distribuzione all interno dell organismo
L introduzione del Radon per ingestione assume un ruolo fondamentale se
consideriamo che un individuo adulto medio introduce circa due litri di acqua al giorno
[23]. Pertanto l acqua ricca in Radon può divenire una fonte importante di
contaminazione per l organismo ed è per questo che si sta sviluppando, anche nel nostro
paese, un interesse particolare nel monitoraggio delle sorgenti d acqua, come sottolineato
da una recente normativa italiana (vedi par 2.5.1).
Se un atomo di Rn-222 viene introdotto nel corpo, in assenza di qualsiasi meccanismo
biologico di rimozione per il Radon stesso e per i suoi prodotti di decadimento, vengono
resi disponibili per il rilascio di energia nei tessuti i valori di energia delle particelle
emesse, come riportato nella tabella 2.2.
Ad ogni modo, è noto che la maggior parte del Radon ingerito ed inalato viene
prontamente rimosso dal corpo attraverso l esalazione. Altri processi di rimozione
biologica possono essere applicati anche ai prodotti di decadimento formati all interno
dell organismo: per quelli a vita media più lunga l eliminazione avviene soprattutto
attraverso l urina e le feci, mentre per i prodotti a breve vita media l importanza dei
meccanismi di rimozione biologica è limitata.
La percentuale di Radon assorbita dal tratto gastro-intestinale (GI) e trattenuta
all interno del corpo è determinata, in larga parte, dalla solubilità di questo gas nel sangue
e nei tessuti.
La solubilità dei vari gas nobili in acqua [24] alla temperatura del corpo, in funzione
del peso atomico, è riportata nel grafico 3.7 da cui si evince che il Radon è circa 15 volte
più solubile di Elio e Neon:
74
Figura 3.7 Solubilità in acqua in funzione del peso atomico
Il Radon è prontamente assorbito dal tratto GI e distribuito ai vari tessuti, in relazione
alla diversa solubilità del gas nel sangue e nei tessuti. La frazione che esprime il rapporto
tra la solubilità in un tessuto od organo rispetto a quella nel sangue è chiamata coefficiente
di partizione. Nella tabella 3.11 sono riportati alcuni dati relativi al valore di tale
coefficiente per tre gas nobili: Krypton, Xenon e Radon.
Organo
Sangue/aria
Krypton
0.06
Xenon
0.18
Radon
0.43
Tessuti adiposi/sangue
Muscoli/sangue
Cervello/sangue
Reni/sangue
Testicoli/sangue
5.50
1.09
1.13
-
8.00
0.70
0.75
0.65
-
11.2
0.36
0.72
0.66
0.43
Fegato/sangue
-
0.70
0.71
Ossa/sangue
Polmone/sangue
Tratto GI/sangue
-
0.41
0.70
0.81
0.36
0.70
0.70
Altro/sangue
-
-
0.70
Tabella 3.11 Coefficienti di partizione per vari gas nobili
75
Si nota che il coefficiente di partizione per il tessuto adiposo è molto elevato e quindi è
proprio in questo tessuto che si deposita la maggior parte del Radon che è entrato nella
circolazione sistemica.
3.5.2 Stima della dose dovuta all ingestione di Radon nello stomaco
Il pericolo dovuto all inalazione del Radon e alla sua progenie sono stati da tempo
considerati oggetto di interesse per la radioprotezione.
L ingestione del Radon ha invece ottenuto molta meno attenzione da parte degli
organismi preposti al controllo della salute dei lavoratori, soprattutto perché generalmente
nei luoghi di lavoro è proibito mangiare. Pertanto l ICRP (Interntional Commission on
Radiological Protection) e l NCRP (National Council on Radiation Protection and
Measurements) non hanno dato indicazioni a riguardo.
In assenza di tali direttive un certo numero di sperimentatori hanno tentato di stimare la
dose e il rischio associato all ingestione di Radon. I metodi usati sono però molto diversi
tra loro e spesso scarsamente documentati e portano, perciò, a risultati anche molto
discordanti.
I risultati di questi studi hanno portato, comunque, ad una serie di osservazioni
generali:
l esalazione è la maggiore via di eliminazione del Radon dal corpo;
il Radon ingerito è eliminato in gran parte entro un ora;
il tessuto adiposo è il luogo in cui il Radon rimane per più tempo.
L assorbimento e la ritenzione dei gas inerti nei tessuti del corpo umano sono stati
ampiamente studiati da parecchi autori, tra cui: Smith e Morales (1944) [25], Kety (1951)
[26],
Studi in vitro hanno fornito dati sulla solubilità e sui coefficienti di partizione dei gas
nobili e di altre sostanze chimicamente inerti nel sangue, nel tessuto adiposo e negli altri
tessuti.
76
Hursh et al. [27] nel 1965 ricavarono un valore per la massima concentrazione di
Radon in acqua consigliata, basandosi sulla dose limite accettabile per lo stomaco.
Assunsero che il Radon diffonde attraverso le pareti dello stomaco e entra nel sangue
arrivando fino al fegato, considerando, in modo conservativo, una concentrazione di
Radon nelle pareti dello stomaco equivalente a quella nel suo interno.
Le stime per la dose rilasciata nello stomaco ottenute dai diversi studi eseguiti, sono
riportate nella tabella 3.12:
Autore
Dose equivalente (Sv·Bq-1)
Hursh et al.(1965)
1.1·10-7
Von Doebeln e Lindell (1964)
1.1·10-9
Suomela e Kahlos (1972)
1.3·10-7
Crawford-Brown (1989)
3.0·10-8
Brown e Hess (1996)
8.8·10-8
Sharma et al. (1996)
8.2·10-7
Harley e Robbins (1994)
1.6·10-9
Tabella 3.12 Stime di dose equivalente allo stomaco per unità di attività (Bq) di Radon ingerito
Tutti gli autori hanno assunto che i prodotti di decadimento del Radon a breve vita
decadono nello stesso punto in cui decade l Rn-222; questo implica che ad ogni
decadimento del Radon è associata l energia
due emissioni
di 19.2 MeV, cioè l energia delle prime
. I risultati variano in un range piuttosto ampio (10-7-10-9), perché
ovviamente le stime dipendono molto dall importanza data alla diffusione come
meccanismo attraverso cui il Radon entra in contatto con le pareti dello stomaco.
3.5.3 Comportamento del Radon nel corpo
Per studiare il percorso del Radon ingerito all interno del corpo, viene usato un
modello basato su principi fisiologici e indicato con la sigla PBPK (Physiologically Based
PharmacoKinetic), illustrato nel diagramma 3.8:
77
Figura 3.8
Brevemente, il Radon è distribuito attraverso il sangue ai vari organi, dove il
trasferimento dipende dal coefficiente di partizione per quel tessuto.
Il sangue venoso è pompato dal ventricolo destro nella regione polmonare, dove il
Radon, disciolto nel sangue, si scambia con l aria degli alveoli ed è riesalato.
Il Radon ingerito è velocemente assorbito e appare prontamente nell aria esalata.
Gli studi sul Radon ingerito hanno indicato che la ritenzione nel corpo è maggiore
quando il Radon è introdotto insieme al cibo [28]. Tale risultato è presumibilmente una
conseguenza del più lento trasferimento del cibo dallo stomaco al piccolo intestino:
infatti, sebbene il piccolo intestino sia il sito di maggiore assorbimento per la maggior
parte dei cibi introdotti, è stato dimostrato che parte di alcuni materiali come acqua,
aspirina e alcool sono anche assorbiti dallo stomaco.
Nella figura 3.9, è illustrato l andamento delle frazioni di Radon ingerito che
rimangono nel corpo (nel tratto GI e nei tessuti) in funzione del tempo dopo l ingestione.
78
Nella figura 3.10, è indicata la frazione di attività iniziale che risiede nei vari tessuti in
funzione del tempo.
Figura 3.9 Frazione di Radon ritenuta nel corpo e nello stomaco in funzione del tempo
Figura 3.10 Frazione di attività iniziale che risiede nei vari tessuti in funzione del tempo
La grande quantità di Rn-222 accumulata nel fegato è una diretta conseguenza del fatto
che tutto il Radon assorbito dalle pareti del tratto GI fluisce, attraverso il sangue, nel
fegato. Il tessuto adiposo, dopo circa 30 minuti dall ingestione, è il maggior sito di
deposito di Radon nel corpo.
79
3.5.4 I prodotti di decadimento del Radon nel corpo
I prodotti di decadimento della serie che ha inizio dal Po-214 sono indicati come
prodotti a breve vita in opposizione alla serie a lunga vita che inizia dal Pb-210 (vedi
tabella 2.2).
Per quanto riguarda la prima serie, bisogna osservare che la vita media del Pb-214
(26,8 min) non è breve se confrontata con i processi fisiologici: ad esempio, in un
intervallo di tempo pari a tale vita media, il sangue passa attraverso il cuore più di trenta
volte. Pertanto, è ragionevole assumere che il Pb-214 ha un suo preciso destino all interno
del corpo, distinto da quello del Radon.
L analisi dosimetrica per ingestione di Radon che presenteremo tra breve è basata sul
metodo messo a punto dall ICRP nel 1989 [29].
Tale metodo considera la dose assorbita in media da una regione bersaglio come la
quantità dosimetrica di maggiore interesse. Tale quantità è considerata fondamentale per
l induzione del cancro, perché è rappresentativa del rischio di danno cellulare.
L ICRP distingue due categorie di regioni anatomiche: le regioni sorgente , che
specificano la posizione dei radionuclidi del corpo, e le regioni bersaglio , cioè gli
organi e i tessuti per i quali devono essere calcolate le dosi rilasciate.
Le regioni sorgente sono quelle zone anatomiche coinvolte nel comportamento del
radionuclide (e dei suoi successivi prodotti di decadimento) all interno del corpo. Si
assume che il radionuclide è uniformemente distribuito all interno del volume della
regione sorgente.
L energia media assorbita in una regione bersaglio dipende dal tipo di radiazione
emessa, dalla relazione spaziale tra sorgente e bersaglio e dalla natura dei tessuti
attraversati.
Come già espresso all inizio del capitolo (vedi paragrafo 3.1), la dose equivalente è la
somma delle dosi rilasciate dai vari tipi di radiazione ciascuna pesata con un fattore,
inizialmente chiamato fattore di qualità, legato agli effetti biologici relativi (RBE) [2].
Per quanto riguarda il Radon, la dose equivalente H è data da:
H
DBasso LET
80
20 DAlto LET
(3.23)
dove DBasso LET rappresenta la dose assorbita dovuta a elettroni e fotoni, mentre DAlto LET è
la dose data dalle particelle , per le quali si è calcolato un fattore di peso pari a 20 [2].
La tabella 3.13 riporta il valore di dose equivalente impegnata (vedi 3.1) ricevuta da
individui di varie età, assumendo un ingestione di Rn-222 di attività unitaria (Sv/Bq),
calcolata secondo un preciso modello di trasferimento dall interno dello stomaco alle sue
pareti, che, in base a studi successivi, si è rivelato essere conservativo.
Dose equivalente impegnata per unità di attività (Sv·Bq-1)
Organo
Età dell ingestione
Infante
1 anno
5 anni
10
15 anni
adulto
anni
-9
-9
-10
Ghiandola surrenale 2.5·10
1.0·10
5.1·10
3.0·10-10 2.3·10-10 2.0·10-10
-10
-10
-10
Vescica
6.3·10
4.6·10
2.6·10
1.4·10-10 1.1·10-10 9.9·10-11
Cervello
1.2·10-9
9.9·10-10 5.0·10-10 2.7·10-10 2.2·10-10 2.0·10-10
Mammella
5.9·10-10
4.3·10-10 2.4·10-10 1.3·10-10 9.7·10-11 8.5·10-11
Pareti dello stomaco 3.0·10-7
1.6·10-7 7.3·10-8
4.2·10-8 3.1·10-8
2.4·10-8
-9
-10
-10
-10
-10
Intestino tenue
1.2·10
7.9·10
4.2·10
2.5·10
1.8·10
1.6·10-10
Intestino crasso
9.8·10-10
6.7·10-10 3.8·10-10 2.2·10-10 1.5·10-10 1.3·10-10
superiore
Intestino crasso
1.3·10-9
8.7·10-10 4.9·10-10 2.8·10-10 1.9·10-10 1.7·10-10
inferiore
Reni
6.1·10-9
4.1·10-9 2.1·10-9
1.3·10-9 9.3·10-10 1.2·10-9
Fegato
1.5·10-8
1.2·10-8 3.7·10-9
2.4·10-9 1.4·10-9
1.7·10-9
-10
-10
-10
-10
-10
Muscoli
8.2·10
6.6·10
3.4·10
1.9·10
1.5·10
1.4·10-10
Ovaie
6.1·10-10
4.4·10-10 2.5·10-10 1.4·10-10 1.0·10-10 8.7·10-11
Pancreas
7.0·10-10
4.4·10-10 2.5·10-10 1.5·10-10 1.1·10-10 9.3·10-11
Midollo osseo
9.5·10-9
8.5·10-9
4.2·10-9 2.5·10-9 2.0·10-9
1.8·10-9
-9
-10
-10
-9
-10
Milza
1.3·10
4.5·10
2.8·10
1.8·10
1.7·10
1.4·10-10
Testicoli
2.2·10-9
7.5·10-10 3.9·10-10 2.2·10-10 1.7·10-10 1.5·10-10
Timo
5.9·10-10
4.2·10-10 2.4·10-10 1.3·10-10 9.7·10-11 8.4·10-11
Tiroide
1.5·10-9
9.7·10-10 5.0·10-10 2.9·10-10 2.2·10-10 2.0·10-10
-10
Utero
6.0·10
4.3·10-10 2.6·10-10 1.3·10-10 9.9·10-11 8.6·10-11
Polmone
9.1·10-10
7.2·10-10 3.8·10-10 2.1·10-10 1.6·10-10 1.3·10-10
Dose efficace
4.0·10-8
2.3·10-8 1.0·10-8
5.9·10-9 4.2·10-9
3.5·10-9
(somma delle dosi
equivalenti pesate)
[2]
Tabella 3.13 Dose equivalente impegnata per unità di attività (Bq) di Radon ingerito
81
3.5.5 Rischio di cancro per unità di concentrazione di Radon nell acqua
da bere
Il rischio di mortalità per cancro associato all ingestione, nell arco di tutta la vita
dell individuo, di una concentrazione pari a 1Bq/m3 di Radon-222 disciolto nell acqua da
bere, è riportato nei dati della tabella 3.14:
Sito del cancro
Esofago
Stomaco
Colon
Fegato
Polmone
Ossa
Mammella
Ovario
Vescica
Rene
Tiroide
Sangue
Altri
Totale
Rischio di mortalità per cancro
Maschi
Femmine Entrambi i sessi
-12
1.5·10
3.3·10-12
2.2·10-12
1.3·10-9
2.0·10-9
1.6·10-9
4.6·10-11
7.7·10-11
5.9·10-11
-11
-11
6.8·10
4.4·10
5.8·10-11
2.6·10-11
4.5·10-11
3.4·10-11
5.4·10-12
5.7·10-12
5.5·10-12
1.0·10-11
4.5·10-12
-12
6.1·10
2.6·10-12
7.8·10-12
3.7·10-12
6.0·10-12
1.8·10-11
1.1·10-11
1.5·10-11
1.3·10-12
3.1·10-12
2.1·10-12
-11
-11
1.9·10
1.5·10
1.7·10-11
6.9·10-11
9.2·10-11
7.9·10-11
1.5·10-9
2.3·10-9
1.9·10-9
Tabella 3.14 Rischio di mortalità per ingestione di 1Bq/m3 di Radon disciolto nell acqua.
La media totale sui due sessi è pari a 1.9 10
9
; l incertezza sui valori stimati è
largamente influenzata dalle stime della dose rilasciata nello stomaco (Tabella 3.12) e dai
dati epidemiologici utilizzati.
I dati di base utilizzati nel calcolo dei coefficienti di rischio riportati in tabella sono
stati derivati dall osservazione dei sopravvissuti ai bombardamenti atomici in Giappone,
confrontati con la popolazione degli USA: i valori sono stati calcolati cioè confrontando il
rischio della popolazione giapponese irraggiata rispetto al rischio della popolazione
statunitense non irraggiata (rischio di base).
Tali studi hanno dimostrato che il cancro dello stomaco è stato il maggiore effetto
tardivo prodotto da tale irraggiamento e questo risultato si riflette, ovviamente, nei
82
risultati della tabella. I valori ottenuti sono però affetti da una elevata incertezza causata
anche dal fatto che il rischio di mortalità per cancro allo stomaco per individui non
irraggiati è molto differente per le due popolazioni. Si è stimato che il coefficiente di
rischio per lo stomaco è compreso probabilmente tra 1.9 10
intorno al valore 1.9 10
9
9
e 4.4 10
9
, centrato
[29,19,30,31].
3.6 Meccanismi molecolari e cellulari di carcinogenesi
indotta da Radon
L esposizione di cellule a radiazioni densamente ionizzanti, come le particelle alfa del
Radon e dei suoi prodotti di decadimento, può dare inizio ad una serie di eventi
molecolari e cellulari che culminano nello sviluppo di un cancro polmonare o di altro tipo
[32].
3.6.1 Cellule a rischio
L inalazione del Radon comporta l esposizione delle cellule dell epitelio bronchiale e
polmonare alle radiazioni alfa emesse dai prodotti di decadimento che sono depositati
nelle mucose.
L ingestione del Radon contenuto nell acqua può in modo simile causare
l irraggiamento delle cellule dello stomaco, ma anche le cellule del piccolo intestino
possono essere interessate dall irraggiamento visto che, come già osservato nel paragrafo
precedente, il Radon disciolto nell acqua passa nell intestino in un tempo medio di circa
15-20 minuti.
Infine, attraverso il sangue, possono essere raggiunte la maggior parte delle cellule del
corpo.
È importante sottolineare che le cellule staminali e le altre cellule proliferative sono
quelle maggiormente radio-sensibili, cioè queste cellule hanno una probabilità più alta di
degenerare a seguito di irraggiamento perché subiscono continue divisioni (mitosi) che
83
possono esprimere e fissare permanenti modificazioni genetiche.
Le cellule maligne spesso mantengono aspetti enzimatici e cellulari caratteristici del
loro tessuto di origine, cosicché i programmi di differenziazione e specializzazione delle
cellule possono essere alterati ma non completamente eliminati dai processi di
trasformazione maligna.
I danni indotti al materiale genetico dalle particelle alfa, si fissano come alterazioni
permanenti alla struttura genetica e coinvolgono processi di riparazione di DNA e di
divisione delle cellule.
Le cellule staminali dei tessuti epiteliali sono racchiuse in cripte che le rendono
relativamente inaccessibili al diretto contatto con il Radon inalato o ingerito.
Ad ogni modo, tali cellule possono ugualmente essere esposte alle radiazioni alfa
attraverso la circolazione linfatica e sanguigna e, in seguito ad inalazione, dai prodotti di
decadimento che si fissano nei tessuti e agiscono come sorgenti addizionali di radiazioni.
3.6.2 Danno cellulare indotto dalle particelle alfa
Le particelle alfa creano una densa ionizzazione che determina una scia (cluster) di
coppie di ioni attraverso cellule e tessuti. Se tali scie attraversano il nucleo della cellula,
questa risulta gravemente danneggiata.
In condizioni di bassa esposizione, come quelle che si riscontrano generalmente
nell aria e nell acqua delle nostre case, si è stimato in media che meno dell 1% delle
cellule dell epitelio bronchiale vengono attraversate dalla traccia di una particella alfa in
un anno.
È necessaria infatti un esposizione di 100 WLM per raggiungere il livello di
esposizione media delle cellule staminali che corrisponde ad una particella alfa per
nucleo, valore che in genere viene raggiunto solo in particolari condizioni di lavoro, come
ad esempio nelle miniere di uranio.
Le particelle alfa attraversano una cellula in meno di 10-12 secondi e depositano
un energia corrispondente a circa 10-50 cGy [33].
Man mano che le particelle rallentano rilasciano una quantità crescente di energia per
84
unità di lunghezza (LET) e il massimo alla fine del loro percorso (picco di Bragg) (vedi
cap2). L efficacia biologica relativa (RBE) di una particella alfa, quindi, varia lungo la
sua traccia.
La traccia media può attraversare molti filamenti di DNA, depositando energia nella
forma di clusters di ionizzazione, producendo un corrispondente numero di rotture della
doppia elica, secondo una chimica complessa [34].
A causa della struttura sottile ed elicoidale del DNA nei nuclei, le rotture hanno una
distribuzione non uniforme e producono una grande quantità di piccoli frammenti che
possono andare persi o essere ricollocati in posizioni errate durante il processo di
riparazione [35].
I clusters producono anche radicali liberi che possono danneggiare le basi del DNA e,
ad alte dosi, alterare la trasduzione del segnale intracellulare e innescare processi di
danneggiamento extracellulare [36,37]
Esperimenti condotti negli anni 90 [38,39] hanno mostrato che un fascio di particelle
produce danni nucleari potenzialmente letali; i danni subiti non dal nucleo possono
produrre ugualmente effetti rivelabili, come una riduzione della sintesi del DNA, ma non
letali; i danni extracellulari, infine, implicano la produzione di altri radicali liberi.
3.6.3 Letalità delle tracce rilasciate dalle particelle alfa attraverso cellule
e tessuti
La letalità delle tracce prodotte da particelle alfa può essere messa in relazione con
l assorbimento netto di una determinata quantità di energia per cellula, misurata lungo il
percorso totale attraverso il nucleo, sia che si tratti di una singola traccia sia di una serie di
piccole tracce.
Calcoli eseguiti a tale proposito, indicano una costante di probabilità di 0.03-0.08 che
si verifichi un evento letale per ogni m di traccia [33].
Tutti gli effetti dovuti alle particelle alfa alle basse dosi che in genere sono associate
all esposizione di acqua ricca in Radon sono riconducibili al passaggio di singole
85
particelle attraverso una piccola frazione di cellule in un tessuto, cosicché l effetto può
essere considerato una funzione lineare della dose senza effetti legati al rateo di dose.
Questo è vero perché variando il rateo di dose cambia il numero di cellule colpite
piuttosto che la gravità del danno per singola cellula.
Ovviamente per calcolare il rischio di cancro è necessario conoscere la probabilità che
una cellula colpita subisca una trasformazione e il periodo di latenza prima che diventi
maligna [40].
La popolazione cellulare importante per la carcinogenesi non è formata da quelle poche
cellule uccise dal passaggio delle particelle , ma da quelle che sopravvivono dopo aver
subito un danno diretto al loro patrimonio genetico.
Poiché si è calcolato che la dose media letale per una cellula [33] corrisponde al
passaggio di più di una particella
per ogni nucleo (1.2-1.5), in condizione di bassa
esposizione la maggior parte delle cellule esposte sopravvive, visto che è estremamente
raro che una stessa cellula venga colpita più di una volta.
3.6.4 Trasformazione di cellule in vitro dovuta ad irraggiamento alfa
Sono state eseguiti degli studi tesi a misurare l efficacia biologica delle particelle alfa e
a stimare il rischio di cancro, irraggiando delle cellule in coltura con basse dosi di
particelle
che simulano l esposizione al Radon, allo scopo di osservare delle
degenerazioni maligne.
Sebbene molti di questi studi hanno fornito delle curve dose-effetto lineari [41,42],
alcuni hanno indicato una risposta non lineare con un efficacia maggiore a dosi più basse
[43,44].
Pertanto, esiste ancora una grande incertezza sulla forma precisa della relazione doseeffetto per la trasformazione di cellule in coltura e, come implicazione, anche per la
carcinogenesi.
I risultati ottenuti, infatti, non permettono in generale una risposta definitiva per la
forma di tale curva a basse dosi e ratei di dose, ma allo stesso tempo non c è una
convincente evidenza per adottare una particolare relazione non lineare.
86
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