Premessa - Filomeno Moscati
Transcript
Premessa - Filomeno Moscati
Filomeno Moscati Premessa L’idea di un libro che trattasse della storia di due casali, Sala e Dogana Vecchia, in modo separato da quella di Serino, di cui i due casali fanno parte, è nata quando si è cominciato a parlare del 150° anniversario dell’ unità d’ Italia. La ragione che mi ha spinto a una trattazione separata è stata quella di voler mettere in maggior rilievo la parte che nella costruzione di questa unità, hanno avuto alcuni personaggi di Serino e, in particolare, il ruolo preminente che vi hanno assunto alcuni abitanti di Dogana Vecchia. Questa idea originaria si è andata man mano allargando fino a comprendere la trattazione dell’evoluzione storica dei due casali, nel tentativo di far conoscere e porre in ordine le notizie riguardanti le loro origini, le origini e il significato delle loro denominazioni e le diverse opinioni espresse riguardo ad esse. Dalla trattazione della storia, piccola e particolare dei due casali, emerge in modo netto e chiaro, attraverso le prove documentali riguardanti le due chiese che ne sono il simbolo e l’emblema ( e con cui uno di essi, quello di Dogana Vecchia, si identificava anche fisicamente, in antico, col nome di Casale di Santo Eustachio) il progressivo declino, sia dal punto di vista socio-economico che demografico di questo casale, e, per contro, l’ inarrestabile crescita d’importanza di Sala di Serino; una crescita evidenziata oltre che dall’ aumento vistoso del suo patrimonio edilizio lungo l’antica strada che la congiungeva a Dogana Vecchia e lungo la nuova Via S. Pescatore, dall’importanza degli Edifici Pubblici che sono sorti nel suo ambito, quali i neo-costruiti Palazzo municipale, Scuola media statale, Scuola elementare, Poste e Telegrafi, Banca di Credito Cooperativo, Farmacia, Mercato coperto, che, uniti alle sedi di associazioni culturali e ricreative, di supermercati e negozi di 3 Filomeno Moscati tutti i generi, hanno fatto dei due casali, ormai congiunti a formare un unico complesso abitativo, il cuore amministrativo e commerciale della odierna Serino. La crescita e la trasformazione fisica dei due casali, oggi uniti a formare un unico villaggio, oltre ad evidenziare il passaggio da una civiltà prevalentemente contadina alla moderna civiltà industriale, consumistica e digitalica, simboleggia anche, con l’eliminazione dell’analfabetismo e la conseguente conquista di un’unita culturale e sociale, il superamento delle rivalità fra i diversi casali, che, ancora nella seconda metà del secolo XX, si manifestavano con motteggi e sarcasmi, richiamanti riti ancestrali di fatture e malocchio. Filomeno Moscati 4 Sala di Serino I Sala di Serino Antica terra La “Terra di Serino” risulta abitata fin dalla preistoria. La presenza di vita umana, nel territorio dell’attuale Serino, è stata accertata attraverso scavi archeologici, che, oltre a permettere di verificarne la presenza in due diversi siti, l’hanno materialmente documentata attraverso il rinvenimento di manufatti che hanno consentito , con sufficiente approssimazione, di stabilirne anche l’epoca. Gli archeologi, infatti, basandosi sul tipo della lavorazione delle pietre scheggiate rinvenute in due giacimenti, il primo situato in montagna in località Tornola a 850 metri di altitudine1 e l’altro nel fondo valle nel territorio dell’attuale Sala,2 hanno potuto stabilire che essi appartengono al paleolitico superiore, un periodo che va da circa 38000 a circa 10000 anni fa. Dei due siti archeologici quello di Tornola è stato ritenuto il più antico essendo stato collocato nel paleolitico superiore uluzziano, che va da circa 38000 a circa 33000 anni fa, come chiaramente si evince dallo stesso titolo della relazione scientifica degli scavi eseguiti in questa località, che segnala, 1 Ronchitelli A. Segnalazione di un‘industria uluzziana a Tornola, Avellino; in Rassegna di Archeologia 1982/83, pp. 224,225. (L’individuazione e l’esplorazione del sito sono state eseguite, nel 1982, da archeologi dell’Università di Siena su segnalazione del prof. Vincenzo D’Alessio ) 2 Accorsi C. A., Aiello A.. Bertolini C., Castelletti L., Rodolfi G., Ronchitelli A., Il giacimento paleolitico di Serino (Avellino), stratigrafia, ambiente e paleoetnologia, in Atti della Società di Scienze Naturali, Memorie, serie A, 1979/86, pp. 435-487. 5 Filomeno Moscati in essa, la presenza di un’industria di lavorazione della pietra di tipo uluzziano.3 Questa classificazione è importante perché colloca la Serino preistorica nell’ambito di una civiltà che prende nome dalla grotta di Uluzzo in Puglia, una civiltà di transizione, diffusa in tutta l’Italia meridionale, che documenta l’evoluzione della specie umana e il passaggio dall’uomo di Neandhertal (uomo dell’Età della pietra o delle caverne) all’homo sapiens. Come e dove questo passaggio sia avvenuto rimane incerto e il problema è ancora insoluto, poiché diverse sono le ipotesi avanzate sull’argomento dai paleontologi e dagli studiosi della materia. Ciò che possiamo ritenere certo è che una tappa di questa evoluzione può ritenersi documentata anche a Serino, nel giacimento paleolitico rinvenuto nel territorio di Sala di Serino. Questo secondo sito archeologico, individuato nei pressi dell’abitato di Sala,4 è stato ritenuto più recente di quello di Tornola, di almeno 2000 anni, e attribuito al paleolitico superiore aurignaziano, che va da circa 33000 a circa 21000 anni fa. Sulla base dei reperti acquisiti, gli studiosi del sito preistorico di Sala di Serino hanno dedotto che esso non fosse la sede di una dimora stabile ma di un accampamento temporaneo situato ai margini di una zona paludosa.5 Questa deduzione è in accordo con le ipotesi avanzate dalla maggioranza dei paleontologi che si sono interessati del paleolitico definito aurignaziano, ipotesi che collocano in questo periodo l’affermarsi di una nuova civiltà, più avanzata di quella cavernicola dell’uomo di Neandhertal; una civiltà in cui l’alimentazione necessaria per la sopravvivenza della 3 Ronchitelli A., opera citata. Talamo Pierfrancesco, La Preistoria, in Storia Illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra (AV) 1996, Vol. I, L‘Irpinia Antica, p.4. 5 Talamo Pierfrancesco, idem, p. 4. 4 6 Sala di Serino specie umana non si basava più soltanto sull’alimentazione carnea derivante dalla caccia, ma anche sulla pesca e sulla raccolta dei prodotti spontanei dei boschi e della terra.6 Ciò ha fatto ipotizzare che in quest’epoca sia avvenuta una divisione dei compiti, con caccia e pesca riservate ai maschi e raccolta dei frutti spontanei alle femmine;7 e la comparsa di ripari mobili e temporanei costruiti con pelli di animali;8 cose possibili perché, proprio in quest’epoca, accanto ai manufatti costituiti da pietre scheggiate, compaiono e si affermano i manufatti di osso lavorato. È la comparsa di questa nuova civiltà nell’antica ―Terra di Serino‖ che spiega e giustifica l’accampamento temporaneo di Sala di Serino, situato a fondo valle e nelle vicinanze di un fiume e di una zona paludosa. 6 Leften Stavros Stavrianos, A Global History from Prehistory to the Present, Prentice Hall, New Jersey, U S A, 1991, pp. 9-13. 7 Steven L. Kuhn and Mary C. Stiner, What‘s a Mother to Do?, The Division of Labor among Neandertals and Humans in Eurasia, Current Antropology, Volume 47, Number 6, December 2006; 8 Sue Rowland, Pre-History, Pre- Civilization, and Paleolithic People, in Informal Learning Women‘s History 7 Filomeno Moscati Bibliografia Accorsi C. A., Aiello A.,Bertolini C., Castelletti L., Rodolfi G., Ronchitelli A., Il giacimento paleolitico di Serino (Avellino),,stratigrafia, ambiente e paleoetnologia, in Atti della Società di Scienze Naturali. Memorie, serie A 1979,86; Leften Stavros Stavrianos, A Global History from Prehistory to the Present, Prentice Hall, New Jersey, U S A, 1991; Ronchitelli A. Segnalazione di un‘industria uluzziana a Tornola, Avellino, in Rassegna di Archeologia 1982/83; Sue Rowland, Pre-History, Pre.Civilization, and Paleolitic People, in Informal Learning Women‘s History; Steven L. Kuhn and Mary C. Stiner, What‘s a Mother to Do?The Division of Labor among Neandertals and Humans in Eurasia, Current Anthropology, Volume 47, Number 6, December 2006; Talamo Pierfrancesco, La Preistoria, in Storia Illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Sellino e Barra Editori,, Pratola Serra /AV) 1996, Vol. I , L‘Irpinia antica; 8 Sala di Serino II Sala di Serino e Dogana Vecchia Origine, evoluzione e significato del nome dei due casali I Sanniti furono sicuramente presenti nella vallata del Sabato. La loro presenza è comprovata dall’esistenza di un antico tratturo di epoca sannita, la ―Via della Mezza Costa‖, e dal ritrovamento di tombe sannite nel territorio del comune di Serino e di Santa Lucia di Serino.9 Filippo Masucci ritiene che essi fossero certamente presenti nei pressi del fiume Sabato deducendolo dalla denominazione dialettale, ancora attuale, di un casale situato nei pressi del fiume, oltre che sul percorso di un’antica via e di un ponte di epoca romana, Rimauri. Egli sostiene, basandosi sulle regole della toponomastica, che i nomi delle località, oltre a conservarsi pressoché immutati attraverso i secoli, racchiudono in sé il loro significato originario. Il nome Rimauri, secondo Filippo Masucci, deriverebbe dalla radice etrusca Rum e da quella osco-sannita aur, che darebbe al nome il significato di Abitatori del fiume. 10 Allo stato attuale non abbiamo documentazione dalla quale si possa desumere la presenza stabile dei Sanniti nell’ambito territoriale di Sala di Serino, anche se è lecito pensare che questa presenza ci sia stata, perché il territorio di Sala – Dogana Vecchia costituiva, per le sue caratteristiche naturali, lo sbocco obbligato dei molti tratturi locali che permettevano lo spostamento degli armenti posseduti dai Sanniti, i quali, com’è noto, basavano gran parte delle loro risorse sulla 9 Masucci Filippo, Serino nell‘Età Antica ( ricerche storiche) Tipografia Pergola, Avellino 1959, p, 28; 10 Masucci Filippo, idem, p.50; 9 Filomeno Moscati pastorizia, che, anzi, in molte zone del Sannio antico costituiva l’attività principale della popolazione.11 Filippo Masucci afferma, invero, che non vi può essere alcun dubbio che il villaggio Sala esistesse sin dall’epoca sannitica e romana,12 deducendolo sia dal ritrovamento dei resti di una condotta d’acqua, classificata di epoca romana sulla base di notizie a lui riferite, sia dall’effettiva presenza di tombe in tegoloni, tipiche dei romani, e di sepolture in tufo, tipiche dei Sanniti , in un fondo situato fra Sala e l’attuale convento di S. Francesco e Giacomo.13 L’ esistenza di tombe sannitiche e romane, in assenza di vestigia affioranti in superficie e di reperti archeologici specifici derivanti da scavi, se è sufficiente per segnalare la presenza dei Sanniti nell’ambito territoriale dell’attuale Sala di Serino non basta, però, per poter affermare anche l’esistenza di edifici, in pianta stabile, di un villaggio sannita, perché la loro particolare organizzazione tribale escludeva gli insediamenti territoriali stabili; ed è questa la ragione per cui essi non hanno lasciato traccia di centri urbani ben definiti; e, in quanto alla condotta d’acqua rinvenuta durante i lavori di scavo per le fondamenta di una casa , classificata da Filippo Masucci come di epoca romana soltanto sulla base di notizie a lui riferite , è assai più probabile che essa sia invece quella costruita nei primi decenni del secolo XVII, di cui ci dà notizia suo fratello Alfonso,14 che portava l’acqua dalle “Percole” al neo edificato Convento dei Francescani Riformati di S. Giacomo. 11 Salmon E.T., Il Sannio e i Sanniti, Giulio Einaudi Editore, Torino 1985, p. 72: 12 Masucci Filippo, idem, p.54 13 Masucci Filippo, idem, p.55. 14 Masucci Alfonso, Serino (Ricerche storiche), Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, Vol.I, p.123; 10 Sala di Serino Ciò che invece indica e conferma, in modo certo, la presenza di costruzioni in forma stabile nella località oggi denominata Sala , è proprio il suo nome; un nome che, per il suo duplice significato, oltre a indicare in Serino una forte presenza longobarda, pone le origini del casale proprio nell’epoca dell’invasione longobarda e della formazione del Ducato di Benevento per opera di Zottone. È Paolo Diacono, nella sua Historia Langobardorum, ad affermare che il primo dei duchi longobardi a raggiungere la città di Benevento e il territorio abitato dai Sanniti fu il duca Zottone, ai tempi del re longobardo Alboino (568–572 d. C.). Zottone, nei venti anni successivi alla morte di Alboino, estese il suo dominio a quasi tutta l’Italia meridionale, 15 obbligando le popolazioni ivi residenti, con esclusione delle sole zone costiere che rimasero sotto il dominio Bizantino, a sottostare alle leggi longobarde. Queste leggi prevedevano innanzi tutto la hospitalitas, il tributo dovuto dalle popolazioni conquistate ai Longobardi conquistatori. In realtà i Longobardi conquistatori fecero propria una legge imperiale romana, in vigore fin dal I secolo dopo Cristo, che concedeva ai barbari che divenivano federati dell’impero un terzo delle terre e delle tasse dei territori in cui si erano stanziati,16 come ricompensa della loro soggezione all’imperatore e della difesa dei confini dell’impero da essi attuata. L’hospitalitas longobarda prevedeva l’obbligo, per le popolazioni vinte e assoggettate, 15 Paolo Diacono, Historia Langobardorum, III, 33, “Fuit autem primus Langobardorum dux in Benevento, nomine Zotto, qui in ea principatus est per curricula viginti annorum‖ ( Fu , invece, il primo duca dei Longobardi in Benevento, di nome Zottone, colui che in quella città ebbe il supremo comando per lo spazio di venti anni ). 16 Vitolo Giovanni, Medioevo, in Corso di Storia diretto da Giuseppe Galasso, Vol. I, p. 48. 11 Filomeno Moscati di cedere un terzo del raccolto di ogni anno al signore longobardo. L’ordinamento del popolo longobardo era, però, ancora tribale e, proprio per questo , l’esercito si articolava in gruppi di famiglie che si richiamavano a un comune antenato. Erano queste famiglie che si stanziavano nei territori conquistati ed era ai capi di queste famiglie, o fare, che la parte di raccolto, costituente l’hospitalitas, doveva essere consegnata. L’ampio locale in cui ciò avveniva, situato in zone di facile accesso, era denominato sala (dal termine longobardo sal) ed è questo termine, che, oltre a svelare da cosa ha preso origine il nome del casale, ci consente di collocarne il sorgere nel ventennio di comando del duca Zottone, cioè nel periodo che va dal 571 al 591 d. C.. Nel luogo dove era stata costruita la sala per riscuotere il tributo dell’hospitalitas veniva poi edificata la dimora del capo della fara e signore del luogo, duca o gastaldo; dimora che veniva perciò identificata come curtis domini regis ( la corte del signore re ) intesa non solo come dimora ma anche come aula, luogo in cui si amministrava la giustizia e si effettuavano commerci e scambi. Ciò spiega perché i luoghi, individuati col toponimo di Sala, siano divenuti così frequenti in tutta l’Italia e anche nelle nostre contrade, dopo l’invasione longobarda, com’è dimostrato dal nome, ancora attuale, di alcune località della Campania, quali Sala di Montoro, Sala di Castelvetere sul Calore, Sala Abbagnano di Salerno, Sala Consilina, per citarne solo alcune. La dimostrazione del fatto che la zona, in cui s’insedia l’attuale abitato di Sala di Serino, fosse particolarmente adatta a favorire commerci e scambi è data dall’esistenza, nelle sue immediate vicinanze, di un altro piccolo casale dal nome antico , Dogana Vecchia, con la cui storia quella del casale di Sala s’intreccia e si confonde. Anche in questo caso è il nome 12 Sala di Serino del casale, particolarmente significativo, ad indicarci la sua esistenza fin da tempi molto antichi e, secondo Filippo Masucci, attribuibile all’epoca romana. È certo che furono i romani, nel corso delle loro conquiste territoriali, ad istituire l‘ager publicus (il territorio confiscato ai popoli vinti e dichiarato demanio dello Stato Romano) e anche l’imposizione di una tassa o dazio ( dal termine latino datio, dationis ) per ogni specifico uso che i privati volessero fare di questo ager publicus, come farvi pascolare le greggi, raccogliere legna, ghiande e altri prodotti spontanei del bosco. I dazi, imposti dai romani sul trasporto e sullo scambio delle merci, risalgono anch’essi a un’epoca molto antica, quella dei sette re di Roma, cosa di cui ci ha dato notizia Livio, che, parlando della guerra contro l’etrusco Porsenna, afferma che i patrizi, per tenere buona la plebe, le concessero l’esenzione dalle imposte denominate portorium ( pedaggio sul passaggio e sul trasferimento delle merci) e tributum (imposta straordinaria sul reddito che si applicava in caso di guerra o di calamità). 17 Filippo Masucci sostiene, però, che è il nome del villaggio, una volta chiamato Dogana (o Adohane) e ora denominato Dogana vecchia, che ―ci richiama ai tempi romani‖ e che, per Serino, era importantissima l’esistenza di una Dogana pecudum;18 ma l’ipotesi del Masucci, anche se corroborata dal fatto che i romani usavano imporre dazi fin dalla fine del VI secolo avanti Cristo (epoca in cui viene collocata dagli storici la guerra contro Porsenna ) può essere presa in considerazione solo a partire dalla fine della terza guerra 17 Tito Livio, Ab urbe condita, II,9; portoriisque et tributo plebes liberata, ut divites conferrent qui oneri ferendo esset-=e la plebe fu esonerata dai pedaggi e dal tributo affinché li pagassero quei ricchi che erano in grado di pagare . 18 Masucci Filippo, Serino nell‘Età antica ( ricerche storiche) Tipografia Pergola, Avellino 1959, p. 55. 13 Filomeno Moscati sannitica (298-290 a, C.), epoca in cui i romani, divenuti padroni assoluti del Sannio con la definitiva vittoria sui Sanniti, imposero ai pastori sabelli un tributo sulle greggi che essi conducevano a svernare nelle terre di Puglia,19 come afferma Varrone reatino nel suo De re rustica. L’ipotesi del Masucci, tuttavia, anche se valida per quanto riguarda l’esistenza, fin dall’epoca romana, dell’imposizione di un diritto di passo sugli armenti dei pastori sanniti, non può essere ritenuta altrettanto valida per quanto riguarda l’esistenza, in epoca romana, di una dogana nel casale oggi conosciuto come Dogana vecchia, poiché il dazio sugli armenti era riscosso direttamente, dai ―publicani‖ (appaltatori delle imposte), lungo i tratturi della transumanza. Nessun reperto archeologico o documentale comprova, inoltre, l’esistenza di una dogana in Serino nel periodo romano, e, anzi, il nome stesso di Dogana, assunto in seguito dal casale, lo colloca in un’epoca successiva, e di gran lunga posteriore, giacché il vocabolo ―dogana‖ era inesistente nell’antica lingua latina20 e si ricollega a tempi assai più vicini a noi e all’esistenza effettiva, in esso, di una dogana, cioè all’epoca dei Normanni. La parola dogana è di origine assai più recente, e. secondo Antonio Nicali, deriverebbe dal termine arabo diwani, col 19 Varrone reatino, De re rustica, II, 1,4,Greges ovum longe obiguntur ex Apulia in Sannio aestivatum atque ad publicanum profitentur, ne, si inscriptum pecus paverint, lege censoria committant= le greggi di pecore venivano spinte lontano, dalla Puglia nel Sannio, per passarvi l’estate, e al pubblicano erano dichiarate, perché, se avessero fatto pascolare [ nell’ager publicus] il bestiame registrato, non sarebbero incorsi nella legge censoria; 20 N d A. Presso i Romani l’ufficio dove si riscuoteva il dazio ( detto portorium o vectigal) veniva chiamato telonium; 14 Sala di Serino quale gli arabi indicavano i sedili, di forma particolare, sui quali venivano fatti accomodare coloro che andavano a pagare il tributo, e fu acquisita nel lessico volgare soltanto nel Medio Evo, quando s’incrementò il commercio con l’Oriente e fu perfezionata la tecnica commerciale degli scambi con l’istituzione e la costruzione dei fondaci , ossia di locali per il deposito delle merci.21 L’esistenza di dogane ad Avellino, Atripalda e Serino può essere ritenuta certa soltanto a partire dal secolo XII, cioè dall’epoca dei Normanni. Fu, infatti, il re normanno Ruggiero II (1130-1154) a stabilire che l’ammontare dello Jus plateaticum (tassa sulla compra -vendita di animali, che si riscuoteva sulle piazze e che ammontava al tre per cento) fosse esteso a tutti gli altri contratti di compra -vendita ―di panni ed altre merci‖, e che il pagamento di questi nuovi dazi dovesse avvenire ―nella dogana, ch‘era l‘ufficio di rendite fiscali‖22 poiché era la dogana ―il luogo dove sotto i Normanni tenevasi il registro dei pesi feudali, e segnatamente dell‘adoha, (tassa pagata dai feudatari in sostituzione del servizio militare) da cui può dirsi con più verisimiglianza aver preso nome‖,23mentre ―seguitò l‘antico dazio sulla vendita degli animali a riscuotersi nelle piazze da‘ pubblicani e si tenne per un ramo di quello che dohana chiamavasi‖24. È questa la ragione per cui l’esistenza di una dogana, in Serino, può ritenersi certa solo a partire dall’epoca dei Normanni ed è da quest’epoca che può essere ritenuta certa anche l’esistenza di un casale identificato, 21 Nicali Antonio, Storia delle dogane, Edizione curata da Giuseppe Favale-Direttore Ufficio Amministrazione e Finanza 22 Bianchini Lodovico, Della storia delle finanze del Regno di Napoli, Stamperia di Francesco Lao, Palermo 1839, Vol. I p. 37; 23 Bianchini Lodovico, idem, p. 38; 24 Bianchini Lodovico, ibidem, p.38; 15 Filomeno Moscati oltre due secoli dopo, col toponimo di ―La Dogana,‖ o, con maggiore esattezza, ―Adohane‖ ( ciò che avvalora e rende condivisibile l’ipotesi del Bianchini) come chiaramente si evince da molteplici documenti ufficiali di epoca aragonese. Fu , inoltre, sotto i Normanni che lo sfruttamento e l’utilizzazione dei pascoli assunse nuova forza e vigore, a causa dell’importanza che essi attribuirono all’allevamento del bestiame come fonte di ricchezza, e fu posto sotto l’egida dello Stato il territorio incolto demaniale, che, da allora, venne designato come foresta , termine derivato dal basso latino per evidenziarne le caratteristiche di luogo selvatico, posto fuori dell’abitato e protetto dalla legge; 25 ed è sintomatico il fatto che, da allora, alcune zone boscose dell’attuale Serino siano, ancora oggi, denominate col nome di ―Foresta‖ o ― ‗ncoppa Foresta‖. La presenza, al tempo dei Normanni, di una ― Dogana‖, nel cui fondaco dovevano essere depositate e custodite, sotto l’egida e la protezione dello Stato, le merci destinate alla contrattazione di compra-vendita, pur avendo conferito al casale una certa importanza economico-sociale , almeno per quei tempi, non riuscì, tuttavia, a modificarne immediatamente l’antico e originario nome, che era quello di ―Casale S. Eustasii‖ . Il casale, difatti, prendeva nome dall’antica chiesa intorno alla quale esso si era andato formando, e, a circa due secoli dall’epoca dei Normanni, nel 1309 (sec. XIV), in pieno dominio angioino, esso era ancora identificato col nome della sua chiesa, come risulta da un documento di quell’anno, conservato nell’Archivio Diocesano di Salerno, il quale testualmente recita che ‖in Casali S. Eustasii est ecclesia S. 25 Pianigiani Ottorino, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Edizioni Polaris, Varese 1993, voce foresta, p. 551 16 Sala di Serino Eustasii‖26 come riportato nell’opera di un illustre serinese, la ―Salerno Sacra‖ di monsignor Generoso Crisci, il quale tiene a precisare che ―la sua origine risale certamente ad epoca antecedente, anche se la mancanza di documenti impedisce di precisarne la data‖.27 Questa origine doveva, comunque, essere anteriore all'anno 1168, anno in cui Papa Alessandro III (1159-1181) emise una bolla in cui elencava tutte le Arcipreture della Diocesi di Salerno e ne definiva i confini; e fra queste c'era l'Arcipretura di Serino. Solo a cominciare dal periodo del dominio aragonese (1443-1504) il casale di S. Eustachio non fu più identificato con il nome della sua antica chiesa ma con quello di Dogana, anzi di Adohane, come si evince da un documento del 13 luglio 1469 (sec. XV); un diploma, che è un vero e proprio contratto, con il quale il Re Ferrante d’Aragona (1458-1494) sancisce la vendita, ―attesi gli urgenti bisogni della corte‖, ai coniugi Lodovico della Tolfa e Agnesa de Ursinis, della ―Terram Sereni, in provincia Principatus ultra cum casalibus Sancte Lucie, Santi Blasii, Santi Sossii, Raboctulorumm, Adohane, Pontis, Ferrariorum, Sancti Joannis, Toppule, Canalis, Sancte Agates et Sancti Michaelis‖. La nuova denominazione di Adohane, assunta dal casale prima chiamato di S. Eustachio, si spiega facilmente se essa viene collegata alla politica economica instaurata nel suo regno dal re Alfonso d’Aragona ( 1443-1458) e fatta propria da suo figlio Ferrante (1458-1494) ; una politica protezionistica, che, prevedendo l’integrazione economica fra i possedimenti spagnoli e i possedimenti italiani della corona , obbligava i sudditi italiani a comprare prodotti industriali esclusivamente 26 Rat. Dec. 418, n. 6126, in Crisci Generoso, Campagna Angelo, Salerno Sacra, Edizione della Curia Arcivescovile, Salerno 1962, p. 363; 27 Crisci Generoso, Campagna Angelo, idem, p.363; 17 Filomeno Moscati aragonesi e i sudditi aragonesi ad approvvigionarsi con prodotti agricoli esclusivamente italiani. 28 Fra i prodotti agricoli italiani fu incrementata la produzione del grano; e ne fu favorito il commercio con leggi che ne sancivano il deposito nei fondaci delle dogane e la contrattazione, nello stesso luogo, alla presenza di funzionari doganali che garantivano, oltre la regolarità dei contratti, la custodia delle merci depositate e l’esattezza dei pesi e delle misure. Il nuovo toponimo di Adohane è, in modo evidente, legato alla presenza e all’importanza, nell’ormai ex casale di S. Eustachio, di una “dogana dei grani‖ quale segno materiale tangibile della politica economica della dinastia aragonese, che trovava nei dazi doganali uno dei principali cespiti della corona, com’è dimostrato dall’istituzione della Dogana di Puglia o del Tavoliere di Foggia, voluta proprio dal re Alfonso d’Aragona.29 Era questa la dogana in cui dovevano essere pagati i pedaggi delle greggi transumanti in Puglia perché potessero usufruire dei pascoli invernali, dogana che fu da allora conosciuta e identificata come Dogana pecudum, o Dogana menae pecudum, ―così chiamata dal menare che facevansi tali animali in quel sito‖.30 Il termine Dogana menae pecudum, riferibile in modo quasi esclusivo alla Dogana di Foggia, entrò a far parte del lessico volgare solo a partire dall’anno 1447, anno in cui il re Alfonso d’Aragona istituì la Dogana, con sede prima a Lucera e poi a Foggia; ed era indicativo non solo del palazzo in cui avevano sede gli uffici, ma anche della complessa macchina economico-amministrativa messa in atto per la gestione dei 28 Vitolo G., Medioevo, in Corso di Storia diretto da C. Galasso, Ed. Bompiani, Milano 1996, pp. 556,557; 29 Croce Benedetto, Storia del Regno di Napoli, Adelphi Edizioni, Milano 1992, p.75; 30 Bianchini Lodovico, opera citata, p. 189 18 Sala di Serino tratturi, dei pascoli e per la riscossione dei tributi e non può, perciò, costituire fonte di richiamo dei tempi romani, come ipotizza Filippo Masucci. Il nome del casale subì una ulteriore variazione nel secolo successivo (sec. XVI), una variazione che, con l’assunzione del nuovo toponimo di ―Dogana Vecchia‖, contrassegna l’esistenza di una nuova dogana, in sostituzione di quella antica, in un sito diverso della ―Terra di Serino‖. La nuova denominazione di “Dogana Vecchia‖, compare in un documento ufficiale incontrovertibile, il pagamento del relevio ( tassa di successione ) che il feudatario Giovan Battista II della Tolfa, figlio primogenito di Lodovico II della Tolfa, pagò alla Corona di Spagna, nel frattempo subentrata alla dinastia aragonese, dopo la morte del suo genitore avvenuta nel 1539 (sec. XVI). Nel documento si dice che Giovan Battista II della Tolfa ―soddisfece alla Regia Corte il relevio su la terra di Serino con i suoi casali di Santa Lucia, li Troyani, Santo Sosso, Santo Biase, Ravottoli et le Percole, la Sala, Santo Iacobo, Dohana vecchia, Rayano, Ponte, Ferrari et Santo Ioanne, Canale, Toppola et Santa Agata.‖31 31 Ricca Erasmo, Istoria de Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p.429; 19 Filomeno Moscati Bibliografia Bianchini Lodovico, Della storia delle finanze del regno di Napoli, Stamperia di Francesco Lao, Palermo 1839; Crisci Generoso, Campagna Angelo, Salerno Sacra, Edizione della Curia Arcivescovile, Salerno 1962; Croce Benedetto, Storia del Regno di Napoli, Adelphi Edizioni, Milano 1992; Masucci Filippo, Serino nell‘Età antica, ricerche storiche, Tipografia Pergola, Avellino 1959; Nicali Antonio, Storia delle dogane, Edizione curata da Giuseppe Favale- Direttore Ufficio Amministrazione e Finanza; Paolo Diacono, Historia Langobardorum; Pianigiani Ottorino, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Edizioni Polaris, Varese 1993; Ricca Erasmo, Istoria de Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869; Salmon E. T., Il Sannio e i Sanniti, Giulio Einaudi Editore, Torino 1985; Tito Livio, Ab Urbe condita; Varrone reatino, De re rustica; Vitolo Giovanni, Medioevo, Edizioni Bompiani , Milano1996; 20 Sala di Serino III Dogana Nuova alias Lo Mercato Chiesa e Convento dello Spirito Santo Il documento comprovante il pagamento del relevio, che Giovan Battista della Tolfa II pagò dopo la morte di suo padre Lodovico, pur facendo chiaramente intendere l’esistenza di una nuova dogana, non ritiene degna di menzione né la dogana nuova, così importante per le entrate fiscali della Corona, né il luogo in cui essa è stata ubicata. La dogana nuova, e il sito in cui essa è situata e con cui viene in alternativa indicata ( alias lo Mercato= ossia il Mercato) appaiono, invece, esplicitamente nominati, assieme a quello di Dogana vecchia, in un altro contratto di compra-vendita in cui si afferma che Alfonso Caracciolo, Principe di San Buono, con regio assenso del 27 ottobre del 1626 (sec.XVII) vende per ducati 102000 al Dottor Tommaso de Franchis ― la terra di Serino con i suoi casali nominati Santa Lucia, Trojani, Guanni, Santo Sosso, Strada, Santo Biase, Grimaldi, Fontanella, Revottolo, Sala, Dogana vecchia, San Giacomo, Raiano, Ponte, Ferrari, Toppola, Canale, Sant‘Agata, Piscarole, San Michelangelo, Dogana nuova alias lo Mercato, et con altre Ville seu Casali habitati et inhabitati‖32 Dai documenti ufficiali sopra citati risulta evidente che il trasferimento della dogana nella nuova sede deve essere avvenuto fra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo, appare perciò strano che Alfonso Masucci, dopo avere confessato di ―ignorare quando la vecchia dogana fu abbandonata‖, affermi poi che ―nel Trecento il trasferimento era già avvenuto‖ perché ―consigliato anzi richiesto da un suolo più 32 Ricca Erasmo, Istoria de Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1864, Vol. IV, p. 430: 21 Filomeno Moscati pianeggiante, da uno spazio più ampio, da una posizione più centrale‖;33 ragioni non solo opinabili ma certamente assai discutibili e addirittura da contraddire, visto che egli stesso afferma in modo assai più veritiero, parlando della chiusura della chiesa dello Spirito Santo, che il sito era ―posto in luogo fuori mano‖.34 Ancora più strano è che nella lunga serie di documenti, da lui citati per comprovare l’esistenza della dogana nel nuovo sito (quasi tutti atti notarili) non ve ne sia uno anteriore all’anno 1545 ed è addirittura sintomatico il fatto che ―in uno strumento del 1546 per notaio Pietro Iannella, il fabbricato per uso della dogana‖, esistente a Forum novum ( piazza o mercato nuovo), venga definito come ― dohanellam dicti fori ( la piccola dogana del mercato suddetto).35 La verità è che il trasferimento della dogana dei grani nel nuovo sito era stato causato non dalle ragioni addotte dal Masucci, ma dal fatto che in esso sgorgavano le sorgenti del fiume Sabato, denominate Acquara, le cui acque erano in grado di far girare, senza soluzione di continuità, le macine del mulino feudale ivi esistente. Ciò costituiva un richiamo irresistibile per tutti i trasportatori, che, avendo comprato grano in Puglia, volevano venderlo sotto forma di farina a Napoli, dopo averlo macinato nei famosi cinque mulini dei principi Caracciolo, ubicati in Avellino lungo il torrente Fenestrelle, o in quello del conte di Serino; mulino che costituiva una fonte di cospicuo reddito per il feudatario, dato che il commercio del grano venne favorito ancora di più dalla ristrutturazione della regia strada delle Puglie, avvenuta durante il corso della 33 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, vol. II, p. 144; 34 Masucci Alfonso, idem, p, 155; 35 Masucci Alfonso, idem, p. 146; 22 Sala di Serino seconda metà del secolo XVI.36 Lo prova l’affluenza di trasportatori, di grano da macinare, in località Dogana nuova nei giorni del mercato, che si teneva il martedì e il venerdì. Quest’affluenza era così alta, che, nei capitoli stipulati a Napoli il 1° dicembre 1584 fra L’Università di Serino, rappresentata dal suo sindaco Fabio Moscati, e la feudataria Costanza Loffredo, quale tutrice e rappresentante della nipote minorenne Costanza della Tolfa, fu ritenuto necessario inserire una clausola che permettesse, in quei giorni, l’utilizzo di almeno una macina ai cittadini di Serino per sopperire ai bisogni indispensabili della popolazione. La clausola , come risulta da una copia del capitolato conservata nell’archivio della famiglia Moscati a Faiano, dice ‖che ne li giorni de la dohana come il martedì et il venerdì al‘hora de mezo giorno il molinaro sia tenuto dare uno de li molina, lo meglio, per uso de cittadini acciò possano macinare et fare pane per uso et grassa de la terra et non vengha a mancare pane per difetto de molina et che lo molino sia atto ed idoneo alla macina.‖37 La presenza della Dogana, del mulino feudale e del mercato in uno stesso sito, ubicato all’interno dei muri perimetrali dell’odierno acquedotto di Napoli, fra gli attuali incroci di Via Santa Lucia – Stazione ferroviaria con Via Pescatore e via Convento, causò il sorgere, in esso, di un certo numero di apoteche e di un piccolo nucleo abitato, un nucleo tanto piccolo, che, come risulta da un censimento del 1743, era costituito da appena cinque famiglie con un numero 36 Barra Francesco, La città dei Caracciolo, in Storia illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Vol. III, L‘Età moderna, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra (AV) 1996, p.2; 37 Moscati Ruggero, Una famiglia borghese del Mezzogiorno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1964, p.31; 23 Filomeno Moscati complessivo di tredici abitanti.38 Ciò conferma che, in realtà, Dogana Nuova era soprattutto un luogo di commercio, particolarmente frequentato nei giorni di mercato del martedì e del venerdì, quando vi affluivano non solo i trasportatori di grano dalla Puglia, ma soprattutto quelli dell’Alta Irpinia, come risulta da un’altra clausola del capitolato del 1584, in cui, per favorirne l’afflusso, si stabilisce specificamente che‖tutti pratticanti in la dohana, de la Torella, Monte Marano, Castiello Vetere, Castiello de li Franci, de Nusco, de li Lioni, Tegoro (Teora), Santo Angelo, de Pesco Pagano et altri luoghi debiano essere trattati come cittadini [ di Serino] a tutti atti che facessero in tribunali civili o criminali.‖39 Sempre allo scopo di favorire l’afflusso dei forestieri, il capitolato sancisce, inoltre, che ‖l‘officiale et sui famigli non possano levare arme a forestieri che passano per lo territorio di Serino ancora che non le portassero legate‖ e, infine, ―che li officiali non possano levare a forastieri cosa nulla, a quelli che portano a vendere per tutta la terra, tanto de peso come de misura;....né dare nulla sorte de fastidio a detti venditori attale che pise et misure le diano li catapani (addetti alla riscossione delle multe) como antiquamente è stato observato.‖40 Malgrado la piccolezza del nuovo casale, denominato Dogana Nuova ossia lo Mercato, fu proprio l’affluenza di un maggior numero di persone nei giorni di mercato a causare, nel corso del secolo XVI, due avvenimenti importanti, la ricostruzione di un ponte in muratura sul corso del fiume Sabato , e la costruzione di una chiesa nella zona di Mercato nuovo. 38 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, p. 146. 39 Moscati Ruggero, opera citata, p.31; 40 Moscati Ruggero, idem, p. 31. 24 Sala di Serino Il ponte, situato fra il casale di Santa Lucia e quello di Dogana nuova, fu ricostruito nell’anno 1571 per consentire ai mercanti dell’Alta Irpinia (che giungevano a Serino attraverso la Via della Mezza Costa ), agli abitanti di Santa Lucia e, di conseguenza, a tutti quelli della riva destra del fiume Sabato, un più facile accesso a Mercato Nuovo. La ricostruzione del ponte fu facilitata dal fatto che il casale di Santa Lucia partecipava alla gestione del mercato, perché, pure essendo in fase di separazione amministrativa dall’Università di Serino, non lo era affatto dal punto di vista dell’indipendenza territoriale, avvenuta soltanto nel 1939.41 La costruzione della chiesa di Santo Spirito a Mercato Nuovo, completata nell’anno 1564, fu causata, secondo Alfonso Masucci, dal fatto che ―le antiche chiesette parrocchiali erano diventate anguste per la cresciuta popolazione e mal si prestavano alle solenni cerimonie religiose, a cui prendeva parte tutta Serino. Sorse quindi nei governanti il desiderio e il bisogno di edificare un tempio più grande, più adatto alle feste e alle funzioni sacre spettanti al comune,‖ ragione per cui ―verso la metà del Cinquecento le due Università, di Santa Lucia e di Serino, convennero con l‘aiuto del feudatario d‘innalzare una chiesa al Mercato Novo...quasi a cementare la loro concordia e la loro fratellanza‖ 42 Le ragioni, addotte dal Masucci per spiegare l’edificazione di un nuovo tempio in un sito periferico, fuori mano e frequentato solo nei due giorni di mercato settimanale, appaiono in verità molto deboli, soprattutto se si tiene presente che, a metà del secolo XVI, erano state edificate la chiesa di S. Pietro a Santa Lucia, in sostituzione di quella di S. Lucia; la 41 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 298; 42 Masucci Alfonso, ibidem, p.147; 25 Filomeno Moscati Chiesa del Corpo di Cristo di San Sossio, in sostituzione di quella di S. Sossio; la Chiesa della SS: Annunziata di San Biagio, in sostituzione di quella di S. Biasiello; la Chiesa della Madonna della Neve di Sala, in sostituzione di quella di S. Eustachio; la Chiesa di S. Antonio di Ribottoli, in sostituzione di quella di S. Stefano, tutte definite grandi e belle nelle relazioni delle visite pastorali effettuate in quel secolo. 43 Le ragioni addotte dal Masucci possono, però, assumere forza e vigore se collegate a un avvenimento importante per la vita di Serino, almeno a quei tempi: l’abbandono del castello medioevale da parte dei Della Tolfa, feudatari di Serino, che, proprio in quell'epoca, avevano preso stabile dimora nel ―palazzotto‖ da loro fatto costruire nella frazione Ponte. Sorse perciò naturale nei feudatari Della Tolfa, (divenuti nel frattempo con Giovan Battista della Tolfa II conti di Serino nell’anno 1556)44 il desiderio e l’ambizione di onorare il titolo nobiliare di conte, di recente acquisito, facendo edificare una chiesa che prendesse il posto di quella di S. Maria delle Grazie, sita nella cerchia delle mura del castello feudale da loro abbandonato. C’era, inoltre, una ragione di carattere pratico e venale, che spingeva i conti di Serino a valorizzare il sito di Mercato Nuovo, l’esistenza in esso del mulino feudale, che, in virtù dei diritti proibitivi e di privativa, costituiva una fonte di cospicui redditi per le finanze feudali. Per la costruzione di questa chiesa, situata non troppo lontano dalla loro nuova residenza nel casale Ponte, i feudatari si avvalsero della collaborazione delle Università di Serino e di Santa Lucia e di tutti i cittadini che avessero voluto parteciparvi. Essi mostrarono chiaramente di considerare la nuova chiesa come la loro chiesa, dedicandole un’attenzione particolare con 43 A D S (Archivio Diocesano di Salerno), Visite pastorali; 44 Ricca Erasmo, Istoria de‘ Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p. 429; 26 Sala di Serino donazioni, creazioni di rendite, erezione di benefici e affrontando spese, non indifferenti per quei tempi, per renderla più bella e consona all’ importanza dei Conti di Serino. Fu proprio Giovanni Battista della Tolfa II ( 1539-1567), primo feudatario a fregiarsi nell’anno 155645 del titolo di Conte di Serino, a dimostrare una particolare predilezione per la chiesa appena costruita, perché, in un documento ufficiale e sacro come il suo testamento, redatto nel marzo dell’anno 1565, appena un anno dopo la costruzione della chiesa, e aperto dopo la sua morte avvenuta nel mese di ottobre del 1567, egli aveva stabilito che ―in ogni tempo che verrò a morte, lasso, ordino e comando che il corpo mio si debia seppellire in la venerabile ecclesia de la dohana nova della mia ditta terra di Serino, sub vucabulo de lo Spirito Santo,‖ in una sepoltura ―da farsi in terra davanti la grata de l‘altare maggiore ... et seguendo mia morte fora de detta terra di Serino il mio corpo si debia depositare in una ecclesia e di lì poi, infra un anno, si debia conducere in detta sepoltura in la detta ecclesia‖ (notaio Scipione Foglia). L’ evidente predilezione del primo conte di Serino per la chiesa dello Spirito Santo, resa palese dall’ordine e comando di essere seppellito in essa, in terra e davanti alla grata dell’altare maggiore, è ampiamente giustificata qualora si tenga presente che detto altare oltre ad essere intitolato alla Madonna delle Grazie, titolare e patrona dell’antica chiesa inclusa nelle mura di cinta del castello medioevale abbandonato dai feudatari, era di iurepatronato dei conti di Serino, come chiaramente risulta dal verbale di una visita pastorale eseguita il 10 di settembre dell’anno 1608. Il verbale dice: 45 Ricca Erasmo, Istoria de‘ feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1869, Vol. IV, p. 429; 27 Filomeno Moscati ―Nel Monastero dello Spirito Santo dell‘ordine conventuale di S. Francesco Compiuta la visita alla chiesa parrocchiale di S. Lucia il predetto signor visitatore - si recò al Monastero di Santo Spirito dell‘ordine predetto e – visitò due semplici benefici esistenti nell‘altare maggiore – di detta chiesa, di cui sono beneficiati il Reverendo Don Ottavio Nucleanus – di Napoli e il francescano Don Tommaso Iannella di Serino – i quali presiedono per il iure patronato del signore di detta terra – di Serino.I detti benefici hanno un reddito annuo di ducati quindici per ognuno di essi – con l‘obbligo di celebrare una messa ogni sette giorni – per ognuno dei beneficiati.- Le messe suddette sono celebrate per metà da parte del suddetto Don Ottavio, si celebra – dal detto guardiano quanto rimane come [ fatto]dal precedente guardiano. – Gli eredi pagano carlini ventiquattro e il francescano Don Tommaso Iannella – celebra le messe sue. Fu ordinato al detto francescano Don Tommaso di esibire la bolla di elezione e di esibire – l‘inventario entro un mese sotto pena di libbre di cera dieci, e al detto guardiano – che mostri il beneficio predetto e che entro un mese il guardiano presenti in curia sia la licenza che l‘inventario. II 048 Successivamente visitò la Confraternita della Santissima Concezione eretta in un altare sulla parte sinistra - in detta chiesa dello Spirito Santo, di cui sono maestri Ferdinando de Mattio, mastro - Ferdinando Cocullo, Paolo Russo e Gabriele de Filippo. Fu ad essi ordinato che entro il giorno seguente presentino la bolla – di erezione e delle indulgenze e i conti dell‘amministrazione passata e il computo – dei beni che la stessa confraternita possiede sotto pena di sospensione – della confraternita.- 28 Sala di Serino La confraternita stessa indossa sacchi bianchi, con cappucci bianchi e- mozzette cerulee e si esercita in opere di carità e – nelle processioni generali.. Ha un reddito di ducati sei e per il restante riceve elemosine. – Fu dato mandato ai maestri di produrre copia dell‘inventario dei beni mobili – e stabili della confraternita. – I maestri della confraternita dicono che si prendono cura di far celebrare una messa cantata – sempre nella seconda domenica di ogni mese e altre messe – sei per anno e fanno processioni, le quali tutte – vengono eseguite dal guardiano a cui pagano carlini quindici. – I maestri della congrega vengono eletti ogni anno dal guardiano e - dai maestri uscenti. Fu ordinato che tutte le cose facciano col consenso del guardiano e dei maestri – I maestri produssero la bolla di erezione e i conti.46 II 049 Come si evince dalla relazione della visita pastorale eseguita nell’anno 1608, cioè dopo 54 anni dalla sua costruzione, la chiesa dello Spirito Santo a Mercato Nuovo aveva soltanto due altari funzionanti, l’altare maggiore, di iurepatronato dei conti di Serino, e quello della Congrega della Santissima Concezione; ben poca cosa, in verità, per una chiesa che era stata costruita per essere il tempio di tutta Serino, come ipotizza il Masucci; e ciò malgrado tutti gli sforzi compiuti dai feudatari “della Tolfa”, che, per renderla veramente funzionante e frequentata, avevano promosso la costruzione, accanto ad essa, di un convento francescano dallo stesso titolo. Essi, per fare sì che il convento sorgesse, fecero giungere all’arcivescovo di Salerno Marco Antonio Marsilio Colonna (1574-1589) , in data 22 maggio 1577, tre richieste ―per l‘erezione di un convento di S. Francesco dell‘Ordine minore conventuale in Serino presso la Chiesa dello Spirito Santo.‖ 46 A D S (Archivio Diocesano di Salerno), Visite pastorali; 29 Filomeno Moscati La prima di queste richieste, avanzata dalla contessa Costanza de Loffredo, vedova del feudatario Francesco della Tolfa, premorto al padre Giovan Battista della Tolfa II, dichiarava che Ella, ―senza pretendere nulla dalla Mensa arcivescovile donava,‖ ai padri dell’erigendo convento, ―ducati cinquanta annui, pane e vino per il loro sostentamento‖. Nella seconda richiesta, fatta a nome del conte di Serino Giovan Battista della Tolfa III ( 1567-1580), dopo aver di nuovo chiarito che nulla si pretendeva dalla Mensa arcivescovile, il feudatario precisava che Egli voleva dare ai padri conventuali ―l‘intrate e quello che dalle forze mie possa venire‖. La terza richiesta, fatta a nome delle autorità comunali, chiarisce, in modo definitivo, come e da chi sia stata promossa l’edificazione di una chiesa e di un convento di frati minori conventuali nella località di Mercato Nuovo di Serino, poiché in essa si dice che ―desiderando il conte nostro fabbricare un convento di tale religione in Serino, abbiamo non solo assecondato un tal pio desiderio ma abbiamo sollecitato lo stesso conte a far presto per dare inizio a questa santa opera‖.47 Una nuova tappa dell’iter per la costruzione del nuovo convento fu compiuta otto giorni dopo, il 30 maggio 1577, dagli amministratori dell’Università (Comune) di Serino, Magnifici Antonio Lota, sindaco, Alessandro Magnacerbo, eletto (equivalente a consigliere- assessore), Troiano De Nicolais, eletto, Matteo Saccardo, eletto, Sebastiano Cirino, eletto, e dal Padre provinciale dei frati minori conventuali, Giovanni Scavo da Napoli, con un atto notarile stipulato, nella Chiesa dello Spirito Santo a Mercato Nuovo, dal notaio Francesco Iannella. Nell’atto gli amministratori affermarono ―in una con l‘Illustrissimo Signore Giovan Battista della Tolfa, attuale conte di detta Terra, di concedere e donare al 47 A D S , Benefici e Cappelle; 30 Sala di Serino detto Ordine dei Minori Conventuali la detta Chiesa dello Spirito Santo assieme a due moggi di terra confinanti con la stessa chiesa.... e anche con ogni e qualsivoglia diritto introito ed azione a detta chiesa...pertinente.‖ In cambio di ciò l’Ordine dei Frati Minori si impegnava a mantenere nel convento, a spese proprie, sette monaci, dei quali cinque di messa (padri) e due per i servizi (frati conversi o picuozzi). A dimostrazione di come i feudatari considerassero di loro patronato sia la chiesa che il convento dello Spirito Santo, l’iter preparatorio alla costruzione del Convento di Santo Spirito fu completato il giorno successivo, 31 maggio 1577, sempre dallo stesso notaio, Francesco Iannella, con due atti notarili. Nel primo di essi, stipulato a Mercato Nuovo, il Conte di Serino, Giovan Battista della Tolfa III, concede, alla Chiesa e al costruendo Monastero dello Spirito Santo, 36 ducati annui da prelevarsi sulle rendite del suo feudo denominato “Le Percole”, sito nell’ambito territoriale del casale Rivottoli, e, qualora ciò non fosse stato bastevole, dalle rendite dei suoi beni burgensatici,48 e, inoltre, 25 tomoli49 di grano da prelevarsi al tempo della trebbiatura. (tempore escuniae). Nel secondo atto, stipulato nello stesso giorno, ma questa volta nel palazzotto del conte a Ponte di Serino, la contessa Donna Costanza Loffredo dona, al convento che si deve costruire, 15 tomoli di grano all’anno per il sostentamento dei frati. Confermano la predilezione e il favore che chiesa e convento godevano, sia presso i conti che presso alcune famiglie nobili di Serino, l’istituzione di due monti di maritaggio che si 48 N d A, burgensatici erano detti i beni di proprietà esclusiva del feudatario, non ricevuti per investitura; 49 N.d A. il tomolo era una misura di capacità per grani, a forma di tronco di cono , usata in passato nell’Italia Meridionale e di valore variabile da regione a regione. 31 Filomeno Moscati assegnavano, con cerimonie di particolare solennità, nella chiesa dello Spirito Santo. Il primo e più importante monte di maritaggio fu quello istituito da un membro importante della famiglia dei Conti della Tolfa, monsignor Pietro della Tolfa, ultimo figlio di Lodovico della Tolfa II e di Elisabetta Carafa, il quale, nel suo testamento, datato 12 dicembre 1583, lasciò ―a la Cappella sub vocabulo Santa Maria de la Grazia costrutta dentro la chiesa dello Spirito Santo de mercato novo e proprie in l‘altare maggiore ducati cento ogn‘anno in perpetuo... con condizione che detti mastri et procuratori habiano da far maritaggio di due povere donne di detta Terra per ogni anno in perpetuum, cioè ducati cinquanta per ciascuna maritanda, le quali due povere da maritare si debiano eligere per li mastri et procuratori con l‘autorità et assenso dell‘Ill.ma Contessa mia madre et heredi‖. Il sorteggio avveniva a conclusione della processione del Corpus Domini, che terminava , appunto, nella chiesa dello Spirito Santo. 50 Il secondo fu istituito dallo Utriusque Iuris Doctor (Laureato in Diritto Canonico e Civile) Lorenzo Manfreda, di Santa Lucia, con testamento redatto nell’anno 1607. Con questo testamento Don Lorenzo Manfreda lasciò erede universale dei suoi beni l’Ospedale dei Pellegrini di Napoli, con l’obbligo , da parte di quest’ultimo, di impiegare la rendita ricavata dalla somma di 3000 ducati ( ammontante a 15 ducati per ogni maritanda ) per il maritaggio di sei giovinette appartenenti alle famiglie De Filippo, Manfredi e Voira e , in mancanza di esse, a sei fanciulle ―povere e onorate,‖ due di Santa Lucia e quattro di Serino, ―eligende per bussola‖, cioè scelte mediante sorteggio. Il sorteggio delle fanciulle povere avveniva, alla presenza delle autorità di Serino e di Santa 50 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, p. 150; 32 Sala di Serino Lucia, nella Chiesa dello Spirito Santo a Mercato Nuovo ― in festivitate Spiritus Sancti‖, che cade nel lunedì dopo la Pentecoste.51 Il segno più chiaro della predilezione dei Conti di Serino per la chiesa dello Spirito Santo, che essi consideravano come la loro chiesa, in sostituzione di quella di S. Maria delle Grazie al castello medievale, è dato dal contratto che, secondo quanto riportato da Alfonso Masucci, la contessa Costanza Loffredo stipulò, per mano del notaio Francesco Iannella, con il pittore fiammingo Guglielmo Prekoste(?) nell’anno 1575 e, quindi, due anni prima dell’inizio dell’iter per la costruzione del Convento di Santo Spirito. In questo contratto la feudataria pattuì, con il pittore fiammingo, il dipinto su tavole di legno di una ―cona‖ (pala d’altare) da collocare sull’altare maggiore, che era di iurepatronato dei conti di Serino. Nel contratto fu stabilito che nel quadro di mezzo di detta pala doveva essere raffigurata la ―Madonna de la Grazia‖ e, nei quadri esterni a quello centrale, da un lato S. Apollonia e dall’altra S. Agata, mentre nel quadro superiore doveva essere raffigurato lo Spirito Santo con, ai lati, da una parte S. Francesco de Paola e dall’altro S. Antonio di Padova. Il pittore si impegnava , inoltre, ad indorare , con oro fino, tutte le cornici e le parti intagliate di detto quadro e a dipinger d’azzurro finissimo le parti del quadro che lo richiedevano. La somma pattuita per dipingere detto quadro fu di ducati 200, somma rilevante per quei tempi, tutti da pagarsi in carlini d’argento.52 La rilevanza della somma pattuita per il dipinto, l’incarico dato a un pittore fiammingo, la meticolosa precisione con cui vengono descritti i dettagli della ―cona‖ (pala d’altare) e le immagini che deve contenere, sono il segno tangibile della 51 Masucci Alfonso, idem, p. 169; Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, p. 146, 147; 52 33 Filomeno Moscati considerazione che la feudataria accordava alla chiesa di cui aveva il patronato, ma anche la testimonianza palese del costume di quel tempo. Fu, infatti, dopo il Concilio di Trento (1545-1563) e la vittoriosa battaglia di Lepanto (1571) che si diffuse, in Italia, la moda di servirsi di pittori fiamminghi per quadri di soggetto sacro; moda favorita da una cospicua migrazione verso l’Italia di pittori fiamminghi, sia perché attratti dalle vestigia dell’antica Roma come motivo di studio, sia per sfuggire ai pericoli derivanti, nelle Fiandre, dalle sanguinose rivolte antispagnole e dalla conseguente reazione. Molti di essi presero stabile dimora in Italia perché sedotti dalla facilità di trovare lavoro, sia per il diffondersi di immagini e dipinti sacri come mezzo di evangelizzazione della popolazione, in maggioranza analfabeta; sia per le condizioni economiche migliori che i pittori fiamminghi offrivano per fornire la loro opera, rispetto a quelle offerte dalle botteghe dei pittori locali. Nonostante le condizioni economiche favorevoli, il costo del quadro, commissionato dalla feudataria Costanza della Tolfa ad un pittore fiammingo addirittura sconosciuto, può essere considerato rilevantissimo, specie se rapportato al costo medio dei quadri dipinti da poco rinomati pittori fiamminghi, che si aggirava intorno ai 25, 30 ducati.53 È questo alto costo a indurci a pensare che il quadro della Madonna delle Grazie (attribuito dal Masucci a un pittore addirittura sconosciuto e collocato sull’altare maggiore della chiesa dello Spirito Santo) debba essere attribuito a un pittore facente parte di quella schiera di artisti, anche di notevole levatura, che, all’epoca, faceva capo alla bottega di Cornelis Smet , un rinomato pittore fiammingo residente in Napoli, che forniva loro vitto, alloggio e lavoro.54 Il pittore era, 53 Abbate Francesco, Storia dell‘Arte nell‘Italia Meridionale. Il Cinquecento. Editore Donzelli 2001 , p. 222; 54 Abbate Francesco, idem, p. 223; 34 Sala di Serino quasi sicuramente, non Guglielmo Prekoste, come dubbiosamente sostenuto dal Masucci per la difficile lettura della grafia del contratto, ma Guglielmo Prevost, un pittore fiammingo operante in quel tempo nel Vicereame di Napoli e abbastanza conosciuto dalle nostre parti, visto che proprio nell'anno 1575 egli lavorava, a Solofra, col fabbricatore santagatino dì cappelle e altari Felice Guarini, nonno del più famoso Francesco, per dipingere una tela per la cappella costruita dal Guarini in S. Angelo.55 L'attribuzione del quadro al pittore fiammingo Guglielmo Prevost assume maggiore consistenza, per non dire valore di assoluta certezza, se si pensa che, all'epoca, il casale di Sant'Agata costituiva parte integrante della Terra di Serino e del feudo dei conti Della Tolfa. Il complesso iconografico del dipinto è conforme, inoltre, sia ai desideri della feudataria con la raffigurazione centrale della Madonna della Grazia, sia ai dettami della controriforma cattolica con le raffigurazioni di S. Apollonia e di S. Agata, entrambe martiri per conservare la fede, e di S. Francesco de Paola e S. Antonio di Padova, due santi francescani eminenti per la lotta e la confutazione delle eresie, oltre che per la difesa della fede cattolica. Il quadro, una volta conservato nella sacrestia del Convento di S. Francesco e Giacomo, dove era stato trasferito dopo la chiusura del convento e della chiesa di Santo Spirito,56 in seguito al terremoto del 23 novembre 1980 è stato rimosso, assieme ad altri dipinti, per essere custodito in un luogo remoto e riservato, che solo i frati conoscono e tengono gelosamente segreto. La pala d’altare non compare, però, 55 De Maio Mimma, Documenti inediti sulla famiglia di Francesco Guarini, articolo su Il Campanile, notiziario di Solofra, 16 gennaio 2011, p. 4; 56 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia di Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, p. 149 35 Filomeno Moscati nell’elenco dei dipinti rimossi e custoditi altrove, in luogo segreto e riservato, a meno che non sia, cosa assai probabile, quella identificata, nell’elenco di detti dipinti, come ―tela di Madonna con Bambino, S. Francesco de Paola e S. Antonio di Padova‖ La chiesa, nonostante l’evidente interessamento dei feudatari, nell’anno del Signore 1625 non presentava variazioni di rilievo rispetto all’anno 1608, come chiaramente si deduce dal verbale di una visita pastorale eseguita il 26 agosto di quell’anno, che dice: ―Cappella dello Spirito Santo e Confraternita della Ssma Concezione‖ ― Il giorno 26 di agosto 1625 allo stesso modo il Reverendo Signor visitatore di – mattina visitò tre benefici che son istituiti nell‘[altare]- maggiore della Chiesa dello Spirito Santo dell‘ordine riformato ossia di S. Francesco – che dicono di iurepatronato dei Signori della Terra di Serino.Beneficiati sono Don Donato Iannella per una metà e per l‘altra metà Don Emidio Calenta. Il detto Don Donato celebra le sue messe per la parte sua e [invece] per – la parte del detto Don Emidio celebra le sue messe il padre guardi - ano di detto convento al quale il beneficiato devolve le elemosine.Fu ordinato a Gabriele de Filippis e ai maestri della Santissima Concezione che entro –dieci giorni esibiscano gli atti giuridici di detti benefici sotto pena – della privazione. – Allo stesso modo fu ordinato ai detti beneficiari che entro quattro giorni esibiscano – II 374 le loro bolle e l‘inventario dei redditi, e [la prova] della soddisfazione delle messe, – sotto pena di ducati dieci, insieme al libro di quelli che sono morti entro- l‘otto di dicembre 1619 –Visitò la Confraternita della Santissima Concezione eretta dentro la medesima chiesa in – un altare particolare , di cui 36 Sala di Serino sono maestri Salvatore Pinto, - Sebastiano Todisco, Donato de Monte, ai quali fu - ordinato che entro tutto il giorno seguente esibiscano i conti – dell‘amministrazione a partire dalla visita precedente , sotto pena di scomunica. – Fu anche ordinato che esibiscano le bolle dell‘erezione entro giorni – quattro sotto pena della soppressione [ della confraternita]. - I confratelli indossano sacchi bianchi con cappelli e mozzette – cerulei e si applicano nel seppellire i morti, nelle processio - ni e in altre opere pie. Hanno beni mobili e immobili annotati nella visita fatta nell‘anno 1613. 57 II 375 La chiesa dello Spirito Santo, secondo quanto riferisce Alfonso Masucci e viene confermato dalle visite pastorali, oltre gli altari della Madonna delle grazie e della Santissima Concezione conteneva soltanto altri due altari, l’ Altare di S. Francesco e quello di S. Antonio di Padova e due sepolcri gentilizi ( del Magnifico Lorenzo Vigorita e del Magnifico Alessandro De Stefanellis)58, troppo poco , in verità, perché possa essere considerata la chiesa di tutta Serino.. Anche il convento, costruito come prolungamento della chiesa e funzionante a cominciare dall’anno 1584, ―aveva modeste proporzioni‖ e ―non fu mai abitato da più di tre monaci―, ragione per cui ―rimase sempre un conventino”;59 mancando, inoltre, di rendite sufficienti al sostentamento di almeno tredici monaci, il convento fu soppresso una prima volta nell’anno 1652, come prevedeva il decreto di Papa Innocenzo X (16441655) del 22 ottobre dello stesso anno, per essere riaperto undici anni dopo, nel 1663, a seguito di suppliche e donazioni, che, non essendo sufficienti, ne determinarono la chiusura definitiva nell’anno 1771. 57 A D S, Visite pastorali; Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, pp. 150, 153; 59 Masucci Alfonso, idem, pp. 160, 161; 58 37 Filomeno Moscati Contemporaneamente alla soppressione del convento venne anche sconsacrata la Chiesa dello Spirito Santo, che, dotata di rendite esigue ed essendo stata costruita in fretta e con materiale scadente minacciava rovina.60 La chiesa aveva, infatti, un reddito molto modesto, come risulta da una nota delle sue entrate compilata nell’anno 1625, che, come da noi interpretata, dice: Notamiento delle ìntrate ordinarie et anco extraordinarie della Ecclesia – dello Spirito Santo della Terra di Serino delli padri dell‘Ordine [dei] minori - conventuali di Santo Francesco sono questiDalli eredi del quondam [defunto] Antinoro Scarano notati in perpetuo per 4 sante messe – et una colletta -------------------------------------10 i 0 Dallo erede dello quondam Nunzio Forino, per li dotali capitu – li carlini tre l‘anno-----------------0 3 0 Da Fabio et Vicenzo Vigorita per annuo cenzo -2 0 0 con peso di sante messe i3 (tredici)+ una colletta Dallo erede di Masi di Felippo per uno cenzo- 0 3 0 Da Minico Rosanilla carlini sei per piso di quattro – missi l‘anno----------------------------------------- 0 3 0 da Subbastiano Molinaro carlini sei l‘anno con – peso di misse quattro l‘anno ------------------ 0 3 0 dalli padri chierici regolari61 per lo lascito de lo quondam Gri-gorio Troisi ducati dieci l‘anno con peso di messesessantasette l‘anno ------------------------------ 10 0 0 Da Pietro Angelo Voglione et Pietro Angelo Roberto – Per cienzo con peso di 2 sante misse lisce l‘anno per – l‘anima di fra Ventura Scauro con una messa cantata carolini vinti ------------------------------ 2 0 0 60 61 Masucci Alfonso, idem, p. 151; N d A, erano i frati del Convento de lo Reto di Santa Lucia; 38 Sala di Serino Dalla vedova dello quondam signor Alessandro de Stefanellis ducati vinti l‘anno con peso di misse centovintiqua – ttro l‘anno da celebrarsene 20 0 0 dalli eredi dello Illmo Signore Scipione de Arminio di Ave llino docati cinque l‘anno in perpetuum con peso di mi – ssi trenta tre l‘anno et una colletta---------------- 5 0 0 Dalli eredi dello quondam Luca Rosanilla carlini dieci con – peso di messe sei l‘anno et collette due---------i 0 0 Dallo erede di Virgilio di Ciuccio carlini dicisette l‘anno con peso di messe undici l‘anno – et una colletta ----------------------------------------- i 3 0 III 295 Cienzi sopra silvi donati dalle bone memorie delli signori della Tolfa docati trentatre et carlini cin – quantaquattro -------------------------------------- 33 54 Donate dalli sopradetti signori tommola quaranta – di grano et perché se sono persi quindici sopra lo cito di poligrino at[t]eso[che] non ce socienzi delle altre tommola vinticinquese ne so date vinti con peso di tomoli trenta – l‘anno e queste se ne so avute --------------------- 30 0 0 Dalle elemosine extra ordinarie in chiesa et fora – quando se ne [h]a di sante messe et offici de mortiforse potrebbe ascendere alla somma di ducati – dieci l‘anno poco più o poco meno -------------- i0 0 0 Dalla vigna se ne ponno percepire l‘annobarrili di vino da trenta in trenta sei o cin – qui per anno. Per questuando se ne pos – sono esigere vinti per quanto di mosto – et ce ne [oc] corrono nove di spesa l‘anno – et trenta di potatura et spese da – [e]seguirsi. 39 Filomeno Moscati Da Iacono Peluso carlini sei l‘anno con peso di – messe quattro l‘anno ------------------------------ 0 3 0 Da Camillo Scauro per lo fitto di una terra che – fu del quondam fra Ventura do[ca]ti quattro - 2 0 0 dallo erede del quondam Angelo Carrafiello carlini – vinti l‘anno con peso di sante messe tri – dici l‘anno et una colletta ------------------------ 2 0 0 da Fonzo Franzese docati quattro l‘anno che – furno lasciati dal quondam Matteo Fran – zese sopra uno horto con peso di vinti – sei misse l‘anno + una messa cantata --------- 4 2 i0 Da Gioseppe de Nixcolais sopra una soa vi – gnia carlini quattuordici ------------------------- i 2 0 III 296 Da Giovanni Todisco carlini nove per lo lascito de lo quondam -Pietro Todisco con peso di messe sei l‘anno- 0 4 i0 et per lo fundaco de lo sopraditto quondam Pietro – Todisco carlini quattordici con peso di messe – nove con una colletta ---------------------------i 2 0 dallo erede dello quondam Ferrante Mattia carlini sei con – peso di messe quattro l‘anno -------------------- 0 3 0 Dalli mastri della santissima Concezione carlini quin – dici l‘anno con peso di una messa ogni sa – [ba]to santo cantata -------------------------------- i 2 0 III 297 Secondo Alfonso Masucci la causa della soppressione del convento e della chiesa dello Spirito Santo, fu una banalissima lite fra ecclesiastici, generata dal diritto di passaggio di una 40 Sala di Serino condotta d’acqua,62 ma, se questa può essere considerata la causa occasionale della soppressione, le ragioni storiche , assai più valide, sono ben altre. La prima di queste è individuabile nel mutamento della politica feudale riguardante il sito di Mercato Nuovo e l’importanza del mulino come fonte di entrate per le casse feudali. Il mutamento della politica feudale fu ingenerato da un evento straordinario: il matrimonio di Costanza della Tolfa (che dall’anno 1581 era divenuta, come ultima erede della famiglia della Tolfa, contessa di Serino) con Marino Caracciolo, principe di San Buono. Da quel momento i principi Caracciolo, che niente legava alla Terra di Serino dal punto di vista affettivo e venale, com’è dimostrato dal contratto di vendita del feudo di Serino dell’anno 1626, (stipulato da Alfonso Caracciolo principe di San Buono) furono portati a favorire e privilegiare i cinque mulini situati lungo il corso del torrente Fenestrelle e la Dogana di Avellino, quali fonti di reddito delle casse feudali. Fu questa la causa del declino del commercio e della molitura dei grani a Mercato Nuovo di Serino, e , con l’affievolirsi del sostegno feudale, iniziò anche il declino della Chiesa e del Convento di Santo Spirito. La seconda causa del declino fu la costruzione, a partire dall’anno 1615, di un nuovo convento francescano in località San Giacomo, assai più centrale rispetto a Mercato Nuovo, dotato di una chiesa assai più ampia e più bella di quella dello Spirito Santo, e , soprattutto, fortemente voluto e sostenuto dall’Università di Serino , che lo dotò di ben undici moggi di terreno adiacente al convento e s’impegnò, inoltre, a fornire ai monaci ―lana per la confezione degli abiti, vitto, medicinali e 62 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Ricciardi, Napoli 1927, Vol. II, p. 165 Vedi anche Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 281. 41 Filomeno Moscati quanto altro potesse loro occorrere,‖ 63 consacrando l’impegno con un contratto notarile redatto per mano del notaio poeta Alessandro Pierro. 64 La terza causa del declino fu la posizione periferica e fuori mano in cui era situata Dogana Nova alias lo Mercato, rispetto a tutti i casali dell’ Università di Serino; una causa riconosciuta, contrariamente a quanto aveva affermato in precedenza , dallo stesso Alfonso Masucci, che, commentando un tentativo di riapertura della chiesa dello Spirito Santo, nel merito così, testualmente, si esprime: ―Ma fu come voler risuscitare un morto. Posto in luogo fuori mano e poco ormai frequentato...sostituito nelle funzioni religiose del Comune dalla chiesa più ampia e più bella dei Riformati, il tempio dei conventuali......fu abbandonato per sempre e ruinò.‖ 63 P. Teofilo M, Giordano, I frati minori a Serino, Tipografia dei Monasteri, Subiaco (Roma) 1968, p.19; in Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 282; 64 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenbeg , Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 246,247; 42 Sala di Serino II 048 II 049 II 374 II 375 43 Filomeno Moscati III 295 III 296 III 297 44 Sala di Serino Bibliografia Abbate Francesco, Storia dell‘Arte nell‘Italia Meridionale. Il Cinquecento. Editore Donzelli 2001; Barra Francesco, La città dei Caracciolo, in Storia illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra (AV) 1996; De Maio Mimma, Documenti inediti sulla famiglia di Francesco Guarini, su Il Campanile, notiziario di Solofra, 16 Gennaio 2011; Giordano Teofilo M., I frati minori a Serino, Tipografia dei monasteri, Subiaco (Roma) 1968; Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Ricciardi, Napoli 1927; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano /SA) 2005; Moscati Ruggero, Una famiglia borghese del Mezzogiorno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1964; Ricca Erasmo, Istoria de Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino De Pascale, Napoli 1864; 45 Filomeno Moscati Antica chiesa di S. Eustachio in Dogana Vecchia 46 Sala di Serino IV Il cimitero promiscuo Chiesa e convento dello Spirito Santo risorsero dalle ceneri nel 1841, alcuni decenni dopo la loro chiusura e il loro abbandono, per diventare... un cimitero. La storia di questa macabra resurrezione è lunga e travagliata e parte da lontano. La causa prima della trasformazione del complesso ecclesiale – conventuale di Mercato Nuovo in cimitero va individuata in un editto napoleonico del 12 giugno 1804 (23 pratile anno XII secondo il calendario della rivoluzione francese); è l’editto di Saint Cloud, che, vietando la tumulazione nelle chiese, sanciva che le salme dei defunti dovessero essere sepolte in cimiteri situati fuori dei centri abitati. Una decisione rivoluzionaria visto che le salme di coloro che morivano nella religione cristiana , tenendo fede a una tradizione antichissima che risaliva al tempo delle persecuzioni, venivano tumulate, nelle catacombe, in prossimità delle sepolture dei martiri, perché era credenza comune che la vicinanza dei defunti alla tomba di coloro che avevano testimoniato col sangue la loro fede in Cristo, facilitasse il loro ingresso nel regno dei cieli. Il sepolcro presso quello dei martiri e dei santi, era , pertanto, così fortemente desiderato dai cristiani, che essi consideravano fortunato chi poteva essere sepolto vicino alla tomba di un martire o di un santo , come si evince da una iscrizione catacombale, conservata presso il Museo Borgiano di Velletri, che dice : ― qua pro tanta merita accepit sepulchrum intra limina sanctorum quod multi cupiunt et rari accipiunt‖65 (La quale per così grandi meriti ricevette un 65 Armellini Mariano, Lezioni di Archeologia cristiana, Tipografia della pace di Filippo Cuggiani, Roma 1898, pp.99,100; 47 Filomeno Moscati sepolcro tra le soglie delle dimore sepolcrali (intra limina) dei santi [martiri], cosa che molti bramano e pochi ottengono). Questa antica usanza ( che abbiamo visto attuata anche nella Chiesa dello Spirito Santo, a Mercato Nuovo, da parte di Giovan Battista II della Tolfa, primo conte di Serino) era talmente radicata nel popolo cristiano che, ancora nel secolo XIX , i morti venivano sepolti nelle chiese, sotto il loro pavimento, con tutte le conseguenze negative, di carattere igienico-sanitario, ambientale ed epidemiologico , da essa derivanti. L’ editto di Saint Cloud fu esteso anche al Regno d’Italia con l’Editto della Polizia Medica, del 5 settembre 1806; editto che fu fatto proprio, dopo la restaurazione borbonica, da Ferdinando di Borbone con la Legge dello 11 marzo 1817, che sanciva l’istituzione di un camposanto in ogni comune del suo regno. La legge fu perfezionata e resa operativa dal ministro dell’interno Tommasi, mediante il Regolamento del 21 marzo 1817, che stabiliva i requisiti minimi e indispensabili di un camposanto. Il regolamento del ministro Tommasi stabiliva che i cimiteri dovevano essere costituiti da‖una estensione di terra nuda, ben dissodata, interamente spoglia di alberi, arbusti e piante perenni di qualunque specie, circondata di mura all‘altezza di palmi undici fuori terra‖; che ―un moggio napoletano, pari a 900 passi quadrati era da considerarsi sufficiente ad ospitare i morti di un comune di 8000 abitanti‖; e che, in ossequio agli ideali di uguaglianza umana e di politica igienico-sanitaria cui era stato ispirato l’Editto di Saint Cloud, ―la maggiore semplicità possibile sarà usata nella costruzione del camposanto, che sarà scelto in un sito circa un quarto di miglio lontano dall‘abitato, o anche di più, quando le circostanze locali lo esigano, nella direzione dei venti settentrionali‖ e ―si avrà cura che sia quanto più si potrà 48 Sala di Serino lontano da ogni via battuta e soprattutto dalle più frequentate‖. Il decreto sanciva, inoltre, che la struttura del cimitero doveva essere realizzata ai margini dei centri abitati, in prossimità di una chiesa, o del chiostro di un monastero abbandonato; che doveva avere ―forma quadrilatera, circondato da portici per privati e confraternite, cappella privata e casa del custode‖. Il decreto prevedeva, infine, la possibilità di creare cimiteri unici per più comuni, sempre che essi fossero situati a una distanza accettabile da ciascun abitato; la sistemazione di piante all’ingresso e lungo le mura di cinta ―affin di rendere il luogo meno disgustoso e conciliargli quella religiosa tristezza che tocca il cuore e richiama alla memoria utili considerazioni morali‖. Fu sulla base di questo regolamento, che, nello stesso anno 1817, l’intendente provinciale Patroni diede mandato all’ingegnere Luigi Oberty di redigere i progetti dei cimiteri di Avellino, Montesarchio, Vitulano, Montemiletto, Serino e Altavilla,66 ma, come sempre accade per le leggi innovative e contrastanti con tradizioni, usi e costumi inveterati, e perciò divenuti patrimonio comune del popolo, la sua attuazione non fu facile, sia per ragioni economico-pratiche, sia, e soprattutto, per la sorda ostilità di amministratori e di popolo. L’ostilità contro alcune disposizioni dell’editto di Saint Cloud e, in modo preminente, contro l’uniformità delle sepolture e delle lapidi sepolcrali, che annullava ogni identità e ogni merito guadagnato dai defunti con una vita esemplare e, a volte, addirittura encomiabile per eroismo, virtù e dottrina, si era già manifestata, subito dopo l’emanazione dell’editto, anche fra le persone più elevate per genio e pensiero. Fra 66 Caracozzi Antonietta, Luigi Oberty e la diffusione del neoclassicismo nell‘Italia meridionale, Edipuglia, Bari 1999, p. 23. 49 Filomeno Moscati queste va annoverato il poeta Ugo Foscolo, che rese palese la sua ostilità alle tombe senza nome e alle fosse comuni in un carme famoso, ―Dei sepolcri‖, (composto nel 1806, anno in cui l’editto di Saint Cloud fu esteso all’Italia) là dove dice che: ―Pur nuova legge impone oggi i sepolcri fuor de‘ guardi pietosi, e il nome a‘ morti contende,‖67 sostenendo, invece, che : ‖Sol chi non lascia eredità d‘affetti poca gioia ha dell‘urna;‖68 perché una ―celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l‘amico estinto e l‘amico con noi, se pia la terra che lo raccolse infante e lo nutriva, nel suo grembo materno ultimo asilo porgendo, sacre le reliquie renda dall‘insultar dei nembi e dal profano piede del vulgo, e serbi un sasso il nome.‖69 L’ostilità dei Serinesi all’editto fu resa subito manifesta in una lettera del sindaco di Santa Lucia, Filippo Pelosi, che rispondendo all’ordine, impartito dall’intendente, di costruire il camposanto, rispondeva, nell’aprile 1817, che ―a questo Comune riesce molto malagevole nonché impossibile la costruzione del camposanto testé ordinato, sì perché questo Comune non ha l‘estensione così grande che possa eccedere ad 1/4 di miglio, estensione che viene prescritta dal precitato decreto per la suddetta costruzione, come ancora essendo circondato da acque sorgive che non permettono il seppellimento dei cadaveri in esso. 67 Foscolo Ugo, Dei sepolcri, vv. 51,52,53; Foscolo Ugo, idem, vv. 41,42; 69 Foscolo Ugo, idem, vv.31-38; 68 50 Sala di Serino ..Ad eseguire dunque questa costruzione...crederei opportuno, se Ella lo stima espediente, di unire questo anzidetto Comune con quello di Serino, che sono limitrofi, e costruire in esso un solo camposanto.... Sindaco Filippo Pelosi.‖ Questa richiesta, che costituisce la prima pietra del cimitero promiscuo di Serino e Santa Lucia, fu prontamente accolta dall’intendente, che, in data 26 aprile 1817, comunicò al sindaco di Serino la richiesta del sindaco di Santa Lucia e aggiunse che, avendo ―trovato plausibile un tale sentimento, ―gli aveva ―imposto di mettersi d‘accordo con lei...affinché... si possa redigere il progetto dell‘opera.‖ L’ingegnere Luigi Oberty redasse prontamente il progetto e, seguendo i dettami del decreto scelse come luogo più idoneo, e più conveniente economicamente per il costruendo cimitero, quello di Mercato nuovo, in quanto ―profittando del locale della Dogana si costruisce un Camposanto con la somma di ducati 1600, ben modica per una popolazione di circa 6400 anime. Si forma un rettangolo di palmi 430 x 216 in quel locale, profittando della Cappella, delle mura di circuito esistenti e delle pietre risultanti dalla demolizione del vecchio convento.‖ I due comuni , di Serino e di Santa Lucia, votarono l’unificazione del cimitero nel marzo 1819, il Ministero approvò sia l’unificazione che la pianta in data 24 aprile 1819, e, nel luglio 1819, la costruzione del camposanto fu affidata a Bernardino Sessa , di S. Severino frazione Carpineto.70 Sembrava ormai tutto facile e che la costruzione del cimitero promiscuo potesse procedere speditamente e senza ostacoli, ma non fu così perché iniziò, inaspettatamente, una serie incredibile di liti fra Comune di Serino e privati, che 70 Masucci Alfonso, Serino. Ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol.II, pp.187,188; 51 Filomeno Moscati difendevano i propri diritti di proprietà; fra il costruttore Sessa e il Comune, circa l’esecuzione dei lavori e il pagamento di essi; fra i privati e il Sessa cui veniva imposto, attraverso atti giudiziari, il fermo dei lavori in corso. Se a questo si aggiunge che , nelle more, furono emanate, dalle autorità a ciò preposte, nuove disposizioni meno restrittive che consentivano la tumulazione in chiese di campagna, o , comunque, poste fuori degli abitati, si può chiaramente comprendere come, nell’anno 1838, cioè a più di venti anni dal suo inizio, la costruzione del cimitero promiscuo di Serino e Santa Lucia non fosse ancora terminata. 71 Fu questa circostanza che indusse il Comune di San Michele di Serino, che si trovava in gravi difficoltà sia di carattere burocratico che economico e non aveva neppure iniziato la costruzione del suo cimitero, ad inserirsi nella vicenda del cimitero promiscuo cercando di diventarne il terzo fruitore, allo scopo di diminuire le spese. Il Sindaco di San Michele di Serino, Alfonso Rapolla, in una lettera all’ intendente datata 7 dicembre 1838, gli comunica che , a questo scopo, aveva fatto istanza al sindaco di Serino. La lettera del Sindaco di San Michele all’intendente, strutturata sulla falsariga di quella inviata dal sindaco di Santa Lucia nell’aprile 1817, dice:‖ Il perimetro di questo paese offre un‘estensione assai minore di quella prescritta dalla Legge per la formazione dei camposanti. Solamente in un punto e propriamente nella parte cosiddetta delle Macchie potrebbe darsi una tale distanza; ma in questa non può costruirsi il camposanto perché alpestre, solcata da valloni vernili, pietrosa, cretosa, quasi inabile alla coltura, appena ridotta a una specie di vigneto. Se si desiderasse formarlo nei fondi attorno all‘abitato, oltre che non vi è la distanza, sono dei fondi irrigabili e pregni d‘acqua, per modo che se si vuole 71 Masucci Alfonso, idem, Vol. II, pp. 195-200; 52 Sala di Serino scavare il suolo nella profondità di circa palmi quattro si scopre l‘acqua sorgiva. Per i siffatti motivi mi sono diretto al sindaco generale di Serino al quale ho fatto istanza che siccome questo si trova ab antiquo con quello collegato per tutte le spese promiscue, che si erogano nel Circondario col pagarne il vigesimo secondo la consuetudine, così avesse accettato l‘unione di questo Comune per la formazione di un camposanto in quello stesso luogo progettato per quello servibile per l‘intero Circondario, col pagarne il vigesimo del prezzo in questo modo, cioè ducati 220 nel prossimo venturo anno ed il resto a rate molte come meglio può convenirsi. Tutto ciò si progetta per linea di economia per questo Comune afflitto dalla miseria e dall‘esorbitante peso della transazione sulla molitura.‖ Il Decurionato di Serino, con una deliberazione in data 31 dicembre 1838, respinse la proposta adducendo che la promiscuità era contraria alla legge ( cosa non vera, anzi era vero il contrario) e che essa con il trasporto dei cadaveri poteva favorire il contagio in caso di epidemia. In realtà la ragione vera era un’altra, e una soltanto, la proposta era giunta in ritardo e ciò comportava che ―si dovrebbero annullare tutti i lavori già fatti e cominciare da capo ad allargare‖, come si evince dalla conclusione della deliberazione presa.72 Finalmente, composte le liti, saldati i debiti, riscossi i crediti, la costruzione del cimitero promiscuo di Serino e Santa Lucia di Serino fu ritenuta terminata il 10 agosto 1841 e il cimitero fu solennemente inaugurato il 21 settembre 1841. L’ inaugurazione è stata così descritta dai sindaci dei due Comuni in una lettera inviata all’Intendente, che, testualmente, dice: ―Al Signore Intendente. Ieri alle ore 11, seguì la solenne 72 Filomeno Moscati, San Michele di Serino e la chiesa di S. Michele Arcangelo dalle origini ai giorni nostri, LUBIGRAF, Montoro Inferiore (AV) 2007, p.186. 53 Filomeno Moscati inaugurazione del cimitero promiscuo dei Comuni di Serino e di Santa Lucia. Il Vicario Foraneo, Don Paolino Maria Iannelli, delegato dall‘Ill.mo e Rev.mo Monsignore Arcivescovo di Salerno, asperse dell‘acqua benedetta il luogo, asilo di pace e della sempiterna quiete. Oltre la messa solenne, un discorso analogo e commovente si tenne dall‘ottimo Padre Michelangiolo da Forino, Lettore Teologo dei Minori Riformati di San Francesco. Intervennero alla pia funzione: il clero, i religiosi di S. Francesco, le confraternite tutte, il Giudice con i suoi dipendenti, i rispettivi corpi municipali dei due Comuni con a capo i sindaci, i conciliatori, le guardie di onore, la Brigata della Reale Gendarmeria, i capi delle Guardie Urbane, le guardie stesse, i Galantuomini ed una numerosa popolazione. Coronò la santa cerimonia la somma devozione dei circostanti, l‘ordine e la bella tenuta dei Corpi suindicati, nonché quella inalterabile tranquillità che il luogo ispirava e che tanto distingue questi fedelissimi sudditi del nostro augusto Monarca Ferdinando II ( D. G.) Domenico Brescia sindaco di Serino, Raffaele Moscati sindaco di Santa Lucia. Alfonso Masucci aggiunge che ―il santo luogo funzionò subito..... e chi scorre i libri parrocchiali dei defunti avverte subito l‘avvenuta apertura del camposanto, giacché alle vecchie diciture è sostituita prima questa: sepultus est in ossariis vulgo dictis camposanto ( è sepolto in ossari dal volgo denominati camposanto) ovvero, sepultus est in publico cimiterio e poi definitivamente da tutti i parroci: sepultus est in agro santo‖ (è sepolto in terra consacrata)....ma aggiunge pure che il neo-costruito cimitero ―fu per lungo tempo negletto un pò da tutti, Autorità e popolo‖ e che fu solo ―verso l‘83, (cioè 42 anni dopo la sua inaugurazione) quando fra noi sorse la Società Operaia e questa ...volle nel giorno dei morti recarsi al camposanto, tra gran concorso di popolo, che la religione 54 Sala di Serino dei sepolcri ritornò in onore, e il 2 Novembre il pio luogo divenne meta di un pellegrinaggio di tutto Serino, fiori e ceri dappertutto e messe nelle cappelle delle confraternite.73 Il cimitero promiscuo ebbe vita breve perché, negli anni che vanno dal 1925 al 1937, esso venne demolito. La demolizione del cimitero fu dovuta alla costruzione di un’opera pubblica di grande importanza, che interessò, in modo fortemente penalizzante e depauperante, i tre comuni della valle di Serino, l’Acquedotto di Napoli, i cui interessi furono valutati prevalenti nei confronti di quelli delle popolazioni locali. La costruzione di questa imponente opera pubblica prese l’avvio da una decisione del Consiglio Comunale di Napoli , che, nel corso dell’anno 1866 stabilì, in diverse deliberazioni consiliari, in primo luogo ―il miglioramento e l‘aumento della condotta delle acque che la città possiede,‖ e, in secondo luogo, ―la condotta di acque novelle ed a preferenza quelle di Serino.‖ Il Decreto Reale 11 luglio 1877 ―autorizzò la città di Napoli a procedere all‘espropriazione delle acque di Serino e Urciuoli‖. La prima fase della realizzazione dell’acquedotto riguardò la captazione e l’incanalamento delle sorgenti Urciuoli, site al confine fra i Comuni di Santo Stefano del Sole e Cesinali, e terminò con l’inaugurazione del novello acquedotto il 10 maggio del 1885.74 La seconda fase, che interessò direttamente il territorio di Serino, ebbe inizio concreto, sotto il Fascismo, con la captazione e l’incanalamento delle sorgenti Pelosi, nel 1925, c fu effettivamente completata nel 1936-37, con l’allacciamento del gruppo delle sorgenti Acquara. Fu proprio 73 Masucci Alfonso, Serino. Ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, pp.200-216; 74 Filomeno Moscati, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 362-367; 55 Filomeno Moscati la necessità di proteggere le sorgenti captate con un’ ampia zona di terreno, e di recingerla con un muro, a determinare la demolizione del cimitero promiscuo di Serino e Santa Lucia e la costruzione, in sua vece, di due nuovi cimiteri, quello di Santa Lucia, lungo la strada Santa Lucia –Atripalda, e quello di Serino lungo la strada da Serino, frazione Pescarole, a San Michele. 75 Alfonso Masucci afferma che il nuovo cimitero di Santa Lucia era già terminato76 nell’estate dell’anno 1923, anno in cui stava scrivendo il capitolo sui cimiteri;77 quello di Serino fu completato e utilizzato durante gli anni trenta, nel corso dei lavori di allacciamento delle sorgenti Acquara. Questo evento ha lasciato in me il ricordo, sfumato e confuso, ma indelebile, delle occhiaie dei loculi vuoti del cimitero in demolizione e il via vai delle donne, che trasportavano, con grande devozione e commozione, le ossa dei propri cari estinti al novello cimitero di Serino, dopo averle deposte in ceste, avvolte e protette in candidi lini e panni di seta, o di altre stoffe preziose. 75 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 367,368; 76 Masucci Alfonso, Serino. Ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, p.216; 77 Masucci Alfonso, idem, p. 213. 56 Sala di Serino Bibliografia Armellini Mariano, Lezioni di Archeologia cristiana, Tipografia della pace di Filippo Cuggiani, Roma 1898; Caracozzi Antonietta, Luigi Oberty e la diffusione del neoclassicismo nell'Italia meridonale, Edipuglia, Bari 1999; Foscolo Ugo, Dei sepolcri; Masucci Alfonso, Serino ,ricerdhe storiche,Tipografia di Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005; San Michele di Serino e la chiesa di S. Michele Arcangelo dalle origini ai giorni nostri, LUBIGRAF, Montoro Inferio re(AV)2007. ; 57 Filomeno Moscati Chiesa della Madonna della Neve in Sala di Serino 58 Sala di Serino V Parrocchia di S. Eustachio – Madonna della neve. La prima notizia certa dell’esistenza della chiesa di S. Eustachio, tuttora esistente in Dogana Vecchia di Serino, si trova documentata in un registro delle ratifiche decisionali della Curia dell’Archidiocesi di Salerno, conservato nell’Archivio della stessa diocesi ( A D S - Archivio Diocesano di Salerno ) e risalente all’anno 1309. Il documento, riguardante l’anno 1309 (sec.XIV), afferma che ―in casali S. Eustasii est ecclesia S. Heustasii‖ e che essa ha come rettore Lorenzo Conzaiocu di Salerno e come cappellani Guglielmo da Ebulo e Tommaso del Merealdo da Serino.78 Il documento, oltre ad affermare l’esistenza della chiesa ci dice anche che il casale prendeva nome proprio da questa chiesa, essendo conosciuto, ancora nell’anno 1309, come casale di Sant’Eustachio, e si dovrà attendere il secolo successivo (XV) perché assuma il toponimo di Adohane ( vedi pagina 19). L’origine della chiesa, ( e del casale che da essa aveva preso nome) ―risale certamente ad epoca antecedente, anche se la mancanza di documenti impedisce di precisarne le data,‖79ma questa data doveva sicuramente essere anteriore all’anno 1168, anno in cui il Papa Alessandro III ( 1159-1181) definiva, con 78 A D S Ratifiche Decisioni, 418, n 6126, in Crisci Generoso, Salerno Sacra, a cura di Vincenzo De Simone, Giuseppe Rescigno, Francesco Manzione, Donato De Mattia, Edizioni Gutenberg, Lancusi (SA) 2001, Vol. II, p. 304; 79 Crisci Generoso, Campagna Angelo, Salerno Sacra, Edizioni della Curia Arcivescovile, Salerno 1962, p.360; 59 Filomeno Moscati una bolla, i confini dell’Arcipretura di Serino, in cui erano comprese le chiese delle sue nove parrocchie.80 La conferma, che la chiesa di S. Eustachio fosse ab antiquo chiesa parrocchiale, ci viene da una visita pastorale effettuata il giorno 6 novembre1557, all’epoca del Concilio di Trento, ed è, perciò, particolarmente attendibile. Essa dice: ―Nel giorno sei novembre dell‘anno 1557 a Serino il suddettoreverendissimo signor visitatore dopo aver recitato l‘ufficio (dei morti) - proseguendo si recò alla parrocchiale chiesa- di Santo Eustachio di detta terra di cui è cappellano-Don Antonio de Iannella e rettore è Donato Moscatus e, recitato l‘ufficio dei defunti,- si recò all‘altare maggiore nel quale rinvenne una- cassettina nella quale c‘era un vasetto di stagno- in cui trovò il Santissimo Sacramento. Fu- ordinato e allo stesso predetto ingiunto , sotto pena di scomunica, che entro due mesi- faccia fare un tabernacolo dorato di ebano, una lampada ardente e due corporali puliti che lo stesso predetto giurò che avrebbe fatto.- Cappellano e rettore provvedono agli altari ordinari.- Poi si recò al fonte battesimale, che- trovò chiuso con una chiusura di ferro ,in questo- I 012Rinvenne il Santissimo Sacramento custodito in luogo decente- conservato pulito e avvolto in panni buoniLa chiesa abbisogna di riparazione e per questo fu datomandato; fu anche ingiunto sotto pena di scomunica che entro cinque- mesi facciano una immagine perché non c'è nell'abside- e presentino entro il giorno odierno la bolla e l'inventa- rio dei beni mobili e stabili- incluse le decime dei filiani e qualsivoglia altro bene. I- 013 Dal verbale di questa visita pastorale è chiaramente evidenziato che la chiesa di S. Eustachio era chiesa 80 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p.166; 60 Sala di Serino parrocchiale, ma , altrettanto chiaramente, da essa si evince che la chiesa suddetta, oltre ad essere molto piccola, era anche in condizioni così cattive da esigere una riparazione immediata; le suppellettili erano poche e misere e la chiesa così povera che non v’era un’immagine sacra neppure sull’altare maggiore (nell‘abside) e il Santissimo Sacramento era conservato in un modesto vasetto di stagno e, inoltre, non esisteva un inventario dei suoi beni né delle decime pagate dai filiani; da questo verbale, inoltre, non si evince quale fosse l'estensione territoriale della parrocchia di S. Eustachio e quali casali di Serino essa abbracciasse. Dal verbale della visita si evince però che, in Dogana Vecchia, accanto alla chiesa parrocchiale di S. Eustachio esisteva un oratorio privato dedicato alla Madonna delle grazie. Il verbale della visita pastorale , infatti, prosegue dicendo: " nello stesso giorno il predetto Reverendissimo signore vicario e visitatore- dopo aver recitato l'ufficio [ dei morti] proseguendo si recò ad un certo- oratorio sotto il vocabolo di Santa Maria delle grazie- di detta terra, che dissero essere di iurepatronato- della famiglia de Cheche e vi trovò il beneficiato, il reverendo Don Galienus Cheche che è un francescano.- Abbisogna di riparazioni, paramenti e di un altare- consacrato. É per chi di dovere. 81 I 013 Generoso Crisci afferma che quest’oratorio esisteva da 125 anni almeno, risultando già eretto nel 143282 La sua esistenza è certa nell'anno 1521, perché documentata in uno strumento notarile, redatto dal notaio Geronimo De Vivo e riguardante la spartizione di un fondo sito in Dogana Vecchia, nel quale si afferma che il fondo era situato accanto alla Ecclesia Sanctae 81 ADS, Visite pastorali; Crisci Generoso, Salerno Sacra, a cura di Vincenzo De Simone, Ciuseppe Rescigno, Francesco Manzioine, Donato de Mattia, Edizioni Gutenberg, Lancusi (SA) 2001, Vol. II, p. 308. 82 61 Filomeno Moscati Mariae de gratiis ibi existentis83. Questa chiesetta privata, di iurepatronato della famiglia Cheche assieme a quella di S. Paolo di Troiani, era già assai malandata e non idonea alle funzioni religiose nell'anno 1557, come si evince dal verbale di visita del 6 novembre di quell'anno. Malgrado l'ingiunzione a riparare la chiesa, fatta in quella visita, la chiesa non fu riparata né resa idonea alle funzioni religiose; anzi, 58 anni dopo, era addirittura diruta, come risulta da una visita pastorale alla chiesa di S. Eustachio , eseguita il 12 dicembre 1615, nel cui verbale viene affermato che "la cappella di santa Maria delle Grazie, che si dice annessa alla chiesa di S. Paolo e di cui è beneficiato Don Orazio Moscatus, è diruta".84 II 305 Fu questa la ragione per cui, nell'anno 1642 il suo beneficiario, "il clerico Giacomo Cheche," avendo costatato che "la chiesa passa cent'anni e più che è disfatta di modo che dal detto tempo è profanata, et non ha più nome di chiesa," chiede all'Arcivescovo di Salerno di poter vendere il luogo su cui erano le vestigia della chiesa , cosa che l'arcivescovo concesse. Alfonso Masucci precisa che la tradizione vuole che detta chiesa fosse situata" nel largo a mano destra di chi viene da Ponte, vicino al pozzo"85 Nel giorno 6 novembre 1557 fu eseguita anche la visita alla Confraternita di Santa Maria della neve il cui verbale, molto difficile da interpretare per la pessima conservazione della pagina e le molte abbreviazioni, dice: Nello stesso giorno il predetto reverendo signore, inviato e visitatore,- recitato l'ufficio, proseguendo si recò a una certaconfraternita intitolata a Santa Maria della neve,83 Masucci Alfonso, Serino. Ricerche storiche, Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927, Vol. II, p.68; 84 Archivio Diocesano di Salerno , Visite pastorali, 85 Alfonso Masucci, idem, p.68,69; 62 Sala di Serino I 013 E la predetta confraternita non abbisogna di riparazioni, ha buoni parati sul fonte battesimale inseriti, la stessa non- ha patrimonio, come dissero, né bolla [di erezione] Fu intimatoche li procurino e,-----------, che demolire facciano i monumenti- che sono sopra le sepolture a meno che vi sia una cappella e un compatrono e, sotto pena di scomunica, – che entro il presente giorno esibiscano l'inventario dei beni mobili.86 I 014 Dal verbale di una visita pastorale eseguita 11 anni dopo, cioè nell'anno 1568, risulta che il visitatore, avendo constatato che, contravvenendo al mandato ricevuto, la chiesa parrocchiale di S. Eustachio non era stata riparata; che essa "abbisogna della massima riparazione;" che, perciò, "incombe un pericolo enorme sia sui fedeli che sul cappellano durante le celebrazioni liturgiche; che, inoltre, risulta impossibile ripararla, a causa della povertà sia della chiesa che dei filiani, ne ordina la chiusura e il trasferimento del culto nella chiesa di S. Maria della neve, sita nel vicino casale di Sala, 87 La povertà della chiesa parrocchiale di S. Eustachio di Dogana Vecchia viene messa in evidenza da un inventario dei suoi beni e delle sue entrate, compilato nell'anno 1598 e tramandatoci in una copia, "fatta et rinovata" dal parroco, Don Angelo Tramaglia, il 15 dicembre 1608. L'inventario, che è la copia di quello risalente all'anno 1598, è compilato in volgare ed è stato, perciò, riportato esattamente così com'è scritto, salvo la punteggiatura che è stata, in qualche parte, corretta per renderlo più comprensibile, Esso dice. Copia 86 87 ADS, Visite pastorali; Archivio Diocesano di Salerno, Visite pastorali; 63 Filomeno Moscati Inventario tempore missionis (al tempo della missione) a Serino il giorno 15 dicembre 1608, per Don- Angelo TramagliaInventario fatto et rinovato della parrocchiale chiesa- di Sto Eustachio della terra di Serino per me D. Angelo- Tramaglia per ordine delli signori visitatori nel'anno 1598. In nomine Domini nostri Iesu CristeSto Biase In primis N[otaro] Giovanni Russo de Stefanello tene et possede una terra ar- bustata et vitata di Sto Eustachio iusta li (vicino ai) beni di Sta Caterina,- dell'herede di ferrante di agnessa da doe bande (lati), et la via- vicinale renditi[zi]a alla chiesa di Sto Eustachio l'ano quolibet (per qualsivoglia anno) grani- quindici, quale terra la si possedeva per (da) Agostino d'agnessa iusta li- beni di sarruzzo Capuano, di Col'Angelo volta et di Sta CaterinaDico grani quindici------------------------------0----0—15; – come per intestato appare nella sede di N[otar]o Cesare di piano.Giuseppe di piano tiene una selva dove si dice Cologna iusta- li beni d'Alessandro magnacervo da doe bande, de paulo de piano- Donato stefanello, renditizia a Sto Eustachio ca[rli]nì uno, [la] quale selva ut (e)- loco si possedeva da Nuntio di piano iusta li beni di paulo lota- de fabritio Capuano, da capo et da piedi, dico carolini uno--0-i-0 Notare Giovanni Russo de stefaniello tene et possede una terra de la- Corte di Sto Eustachio iusta la via publica, et altri beni di dicto Giovanni – Russo et Natale piscatore renditizia a Sto Eustachio anno quolibet- carlini tre, (il) quale p[redett]o loco si possedeva per Gio[sepp]e Capuano et ne- rendeva carlini sei; tene una seconda terra[ che]è divisa et parte ne teneGiovanni Russo e parte il predetto Natale piscatore, si che rendeno- carlini tre per ciascheduna parte et predicto loco si possedeva per dicto - Gio[sepp]e Capuano iusta li beni di 64 Sala di Serino Nando et di Sarruzzo Capuano- la via publica et anco teneva una casa di predicto Sto Eustachio, che sta alle- Cortine iusta li beni di Sto Biasi, cioè la casa che tiene Adonese- torino, et la casa di Donato Capuano, et la corte di Sta Caterina avante dicta casa--------0—-i-- 0 II 189 ma al presente la casa è rimasta franca, per essere stato posto de carlini - sei sopra la terra che si possiede per dicto N[otaro] Giovanni Russo Stefanello et Natale- piscatore, delli quali rendono carlini tre per ciascheduno, dico N Giovanni Russo carlini tre------------------0—i—10Natale piscatore per la casa di sopra carlini tre—0—i-10Giulio, paulo, Giovanni Batt[ist]a et altri- figli del q[uonda]m (defunto) ferrante d'agnessa- teneno et possedono una terra arbustata et vitata dove se dice- la Corte d'ufaro iusta la via pub[li]ca da doe bande, li beni di Sta- Caterina et li beni di Giovanni Russo Stefanello, rendeno a Sto- Eustachio grani quindici, q[ual]e [ reddito] si possedeva per sarruzzo- et Nando Capuano ,iusta li beni di Agostino d'Agnessa, de Col'Angelo- Volta, la via pub[li]ca et di Giovanni Capuano, et di Sta Caterina- rendeno ogn'anno grani quinduici---0---0--i5 Reuottolo Simone monciello tiene una selva detta la piana delli cierri sen- gati; iusta li beni di pellegrino saccardo, da canto la via publica, sotto li beni dell'heredi del N[otaro] Tomasi rutolo da canto, quale predicto loco si possedeva per francisco et Cristiano cerino rendeno quolibet anno a Sto Eus- tachio carlini uno, dico--------------------0—-i—0 L'herede di Giovanni Tomasi rutolo tiene una selva per nomine i sali- iusta li beni di simone monciello, Domenico de pieri, da canto- Giovanni Angelo cerino, e la via publica da sotto, quale predetto loco si pos- sedeno per francesco et sebastiano cerino, iusta li beni di Ma- rino de pierri, verso lo 65 Filomeno Moscati vallone, iusta li beni di Marino et- Matteo rutolo dicto sopra, rende a Sto Eustachio dico carlini ----0-i-0 Ponte Massentio Vigorita tiene una terra arbustata, et si chiama l'arbusto, iusta li beni d'Angelo et Minico Iannella, la viapublica da sopra et da sotto et da canto, et rende alla Chie- sa di Sto Eustachio per la metà grani dieci, quale predicto loco si possedeno- per Jacopo manzo, iusta li beni come di sopra, dico-------------0---0—i0 II 190 Angelo et Minico Iannella tieneno et possedeno una terra arbus- tata, et se chiama l'arbusto, iusta la via publica da sopra et- da sotto di Massentio Vigorita, quale predicto loco fu di Jacopo- manzo, iusta li beni come sopra dicto ,rende ogn'anno a dicta chiesa- di Sto Eustachio nel dì di Natale – grani ------------------------------------------0--0—i0 Giovanni Tomasi Vigorita tiene uno pezzo di terra arbustata et. se chiama le lenze iusta li beni di Massentio Vigorita da lato, et- li beni di dicto Giovanni Tomasi da sotto, et li beni di Cesare Iannella- quale predicto loco se posedeno per Francesco Iannella, iusta li beni de- Cola manzo, n[om]i[n]e lo campo et lo cerretiello, rende ogn'anno- nel dì di Natale per doe parte grani tridici et danari quattro- et l'altro terzo si possede per Cesare Iannella----------------------------0----i3—4Cesare Iannella possede una terra arbustata dove se dice lelenze, iusta li beni di Col'Angelo manzo da sopra, et li beni di Masse- ntio Vigorita da canto, et li beni di Giovanni Tomasi Vigorita quale predicto loco- se possedeno per Francesco Iannella iusta li beni di Cola manzo,- cioé lo campo et lo cerretiello, et rende nel dì di Natale a detta- Chiesa per un terzo grani sei et danari quattro, che doi altri terzi se possedeno per Giovanni Tomasi Vigorita, dico------0---6------4 66 Sala di Serino Marco marro tiene et possede una selva et se chiama lotoppolo, iusta la via publica da sotto et da canto, et li beni di Ca- millo Santoro et li beni di N[otaro] Francisco Iannela. Et anco possede- una casa in Raiano iusta li beni di Col'Angelo manzo, la via, - publica, et altri suoi beni inclusove lo rendito de l'arbusto, quale- predetto loco se possedeno la terra per Gregorio virolla, la casa, et- l'arbusto per luca et Cipriano virolla, iusta li beni di Cesare- Iannella la casa la selva iusta li beni loro et di Sto Spirito, la via pu- blica, et la selva della Sma Annunziata, rendono ogni cosa nel dì di Natale---1—4—0 l'herede di Marchese nivolla tiene una selva iusta li beni di Massentio II 191 marro da canto la via publica da sotto, et dal' altro lato GiovanniTomasi- Vigorita, quale predicto loco si possedenoper Gregorio et luca virolla, iusta- li beni di D. Alessandro molenaro et fra[tello], et se chiama lo toppolo, et rende ogn'anno nello dì di Natale grani quattro---------------0---0---4 Angelo et Minico Iannella tieneno et possedono una selva- et se chiama lo toppolo iusta li beni dell' heredi di Giovan luca Ian- nella da sopra, li beni di Li- anora virolla da canto, quale predicto loco se possedono per fabritio vi- rolla, iusta li beni di Gasbarro et Antonio d'urso, et li beni di Sto- Spirito che furno del brunillo, et li beni che furno di Cola marro , etli beni d'Alessandro Saccardo, et li beni della cappella [di] Cristofaro- cheche; rende la metà Carlini uno et grani otto et mezzo, ché l'altra metà se possede per Lianora virolla--0---i-8 Lianora virolla tiene et possiede una selva, che se - chiama lo toppolo iusta li beni d'Angelo et Minico Iannella- da canto, li beni dell'heredi di Giovanni luca Iannelli da sotto, li beni- di pompeo todisco da l'altro canto. di D. Giovanni Tomasi Iannella- da sopra, quale predicto loco si possedeva per Orsola et fabio virollla- et altri confini come di sopra, et 67 Filomeno Moscati rende ogn'anno in dì di Natale a ditta Chiesa di Sto Eustachio carlini uno et grani otto----------------------0----i----8 Alessandro et Cola marro teneno et possedeno una terra arbustata- et vitata, et se chiama le lenze, iusta la via publica da sopra- et da lato et da sotto, iusta li beni Massentio Vigorita et Matteo- Iannella, Marco marro da costi, quale preditto loco si possedeno – Gabriele rogoglioso et Andrea di Pinto, et se chiama l'arbustello- iusta li beni di D. Berardino cheche, li beni di Gabriele rogoglioso- rende ogni anno ,a dicta chiesa---—0—i---i0 Alessandro et Cola marro--------------------------0--2--- i8 II 192 Alessasndro et Cola marro tieneno et possedeno una terra che se chiamal'arbustello vitato iusta li beni di Massentio Vigorita delli - heredi di N[otaro] francesco Iannella, da canto li beni di Marco marro la- via publica da sotto li beni dell'herede di Giovanni luca Iannella del- l'altro canto, quale predicto loco se possedeno per gabriele rogoglioso- iusta li beni di Andrea di pinto da capo et da canto, che lo te- neva da ditta Ecclesia da piedi li beni di francesco marro, et la via pu- blica; rende ogn'anno grani trentasette, et mezo---------0--i---i7 Camillo santoro tiene et possiede una casa sopra[na] et uno pezzo d''hortoiusta li beni di Giovanni Tomasi Vigorita, minico santoro da sotto et Cornelia brescia- da canto, quale predicto loco si possedeno per Minico santoro iusta li beni di Ro- berto piscatore, et la via publica et li beni di dicta chiesa, rende l'anno nel- dì di Natale carlini uno et grani undici------------------0---i----ii Camillo , carlini ------0---3----8 Camillo santoro tiene et possiede un'orto iusta li beni di ditto Camillo- sopra li beni di Gasbarre santoro di sotto, et donato brescia da canto,quale predicto loco si possedeno per 68 Sala di Serino spirito santoro, che lo teneva da Sto Eus- tachio, iusta li beni di santo santoro, et li beni di Sta Caterina che confina- da quello; et rende ogn'anno nel dì di Natale gr-----------------------0---0—10 Cornelia brescia et gabriele Caporale suo marito tieneno et pos- siedono una casa con uno gaito (pianerottolo) sopra un orto, iusta li beni di Camillo san- toro da canto Minico Santoro, da sotto a la via publica et li beni di Giovanni tomasi vigorita da canto al horto; quali casi [nel] preditto loco si possedevano per spirito- santo, iusta li beni di roberto piscatore, et la via publica et [altri]- beni di dicta Chiesa, et rende ogn'anno nel dì di Natale—0—i---ii Giovanni Tomasi Vigorita tiene et possiede una terra arbustata et vitata- nomata la valle, iusta li beni di ferrante et Innocentio lavorano, da sopra,- la via publica da costi et da sopra, li beni di Matteo piscatore da sotto, preditto loco si possedeva per giovanni Stefano Santoro iusta li beni di roberto pisca- tore, la via publica da piedi et da costi e li beni di dicta Chiesa che teneva II 193 Teneva Gasbarro , rende ogn'anno nel dì di Natale--0-4-0 Giovanni, Jacopo et bartolomeo tedisco tieneno et possedono tre membri di casa- sotto, et doe sopra di dicta chiesa, iusta li beni di Donato brescia da canto,- li beni di Matteo piscatore da l'altro canto, li beni d'orofino brescia- da sotto, la via pubblica davante, quale preditto loco erano di Alessandro santoro et- le teneva da dicta chiesa, iusta li beni di dicta chiesa, che li teneva- Marino pellecchia, la via publica davante e li beni di Vicienzo ragone- rende l'anno per la metà carlini uno et grani dieci, che l'altra metà la teneorofino brescia---0---i---i0 orofino brescia tiene et possiede doe casi sopra et doe sotto da dittachiesa di Sto Eustachio iusta li beni di Giovanni 69 Filomeno Moscati Iacopo et bartolomeo todisco- da sopra, la via publica da nante, et Matteo piscatore da canto, quale,- predicto loco si possedeva per Alessandro santoro et altri fini come di sopra alla- partita di Giovanni Jacopo todisco, rende l'anno nel dì di Natale grani vin- ti cinque per una metà, che l'altra metà se possede per Giovanni jacopo et fratelli- --------------------------0----i------i5 lodovico, o per sè fonso abruzzese, tiene et possiede una potegha di- dicta chiesa, iusta li beni di lianora virolla da sotti et lorenzo- santoro da sopra, la via publica davanti, quale predicto loco fu di daniele- solimene, iusta li beni di dicta chiesa d'ogni canto, la potegha di- vicienzo ragone la teneva da dicta chiesa, rende ogni anno nel dì di Natale----0---0---- 5 Innocentio et ferrante lavorano teneno et possedono una terra vitata- et se chiama la valle, iusta li beni di giovanni tomasi vigorita da canto et- di sotto, li beni di Berardino santoro da sopra, quale predicto loco fu di gasbarresantoro iusta fines ut supra; rende per la metà nel dì di Natale grani quindici, che l'altra metà se possede per giovanni tomasi vigorita come dicti- sopra dico grani----------------0----0—i5 II 194 Lianora virolla tiene et possiede una potegha iusta la casa- di dicta chiesa, la via publica davante, et altri beni della chiesa da- canto, quale preditto loco fu di Gasparre d'urso, iusta li beni di dicta chiesa che- le tenevano D. Donato, eusebio et rugiere et D Marco et Biasi mos- cato [iusta]la via publica; rende ogn'anno nel dì di Natale-------------------------- 0----i---0 Casbarre santoro tiene et possiede una selva iusta li beni di Donato- brescia da sotto, li beni d'Angelo et Minico jannella da sopra, la- via di Sto Eustachio da lato, quale predicto 70 Sala di Serino loco fu di Marino pel- lecchia, iusta li beni di Sto Eustachio, che lo teneva Casparre- d'urso, li beni di Sto Salvatore, che lo teneva guglielmo di santi, la- via publica da piedi et da canto; rende ogn'anno per doe parti- carlini tre, che altre grani quindici rende Donato brescia ---------------0----i-----i0 Donato brescia tene et possede una selva iusta li beni diCasbarre santoro da canti li beni di dicta chiesa, da sotto la via- publica, quale predicto loco fu di Marino pellecchia, iusta fines ut- supra alla partita di Gasbarre, per un terzo rende ogn'anno------------------0---0—i5 Pietro todisco tene et possede una potegha iusta li beni di Lianora rivolla da lato, fonso abruzzese da l'altro canto, la viapublica da nante, quale predicto loco fu di Vicienzo et Andrea ragone- iusta la piazza della dogana, la via publica, la taverna delli dicti , rende ogn'anno nel dì di Natale grani diece------------------------0---0----i0 Donato brescia tiene et possiede un orto quale have avuto in doteda Scipione abruzzese, iusta li beni di lodovico abruzzese, la- via publica, la cupitella, via a Santa Maria della grazia, et dicto orto- se chiama orto dello campo et rendito ce l'ha posto Scipione - abruzzese, sincom'appare per intestato fatto per mano di notar pietro Iannella- et rende ogn'anno grani cinque-------0-----0---5 Concordat cum originali , parti exhibenti restituto et intuens frate sabatinus grecus attestavit II 195 L'inventario riveste una notevole importanza, Esso, in primo luogo, dimostra che le rendite della chiesa parrocchiale di Santo Eustachio erano percepite in moneta contante, e ciò in discordanza con le usanze del tempo, che si basavano sull'istituto del censo, o enfiteusi, con pagamento in natura, consistente in un terzo dei prodotti del suolo e nella metà dei prodotti degli alberi da frutto. Le entrate della chiesa di Santo Eustachio avevano , perciò, un doppio vantaggio; quello di 71 Filomeno Moscati essere costanti, perché non soggette alla variabilità dei raccolti annuali, e quello di poterne concentrare la riscossione in un unico giorno, in genere quello di Natale.. Esse risultavano, comunque, esigue, in quanto ammontanti a 48 carlini e 278 grani , questi ultimi monete di infimo valore. L'importanza del documento è accresciuta dal fatto che esso consente di conoscere i nomi, nel secolo XVI, di molti siti e luoghi di Serino e la loro conservazione, variazione o scomparsa col passare dei secoli. Lo stesso dicasi per i nomi delle persone, alcuni dei quali desueti o addirittura scomparsi, Credo , infatti, che sia difficile trovare , al giorno d'oggi, una persona che porti il nome di Orofino, personaggio citato nell'inventario. Tantissimi sono, invece, i cognomi di famiglie ancora esistenti, che si sono tramandati immutati, o con lievi modifiche, attraverso i secoli, quali Trammaglia, D'Agnessa, Vigorita, Capuano, Di Piano, Lota, Piscatore, Molenaro, Volta, Rutolo, Saccardi, Cerino, Marro, Santoro, Brescia, Moscato, Todisco, Iannella, Pellecchia, Ragono, Abruzzese, Di Pinto, D'Urso, Di Santi; o non più esistenti nell'ambito territoriale dell'attuale Serino, quali Monciello, De Pierro, Caporale, Virolla, Rogoglioso, Cheche, Stefanelli. L'esiguità delle rendite della chiesa di Sant'Eustachio spiega anche perché, nell'anno 1610, la chiesa più importante della parrocchia di Sant'Eustachio fosse ancora quella di Santa Maria della neve, tanto che in essa era stata trasferita anche la cura dei fedeli della diruta chiesa parrocchiale di Santo Stefano, esistente nella frazione S. Gaetano, com' è documentato ( a meno di una madornale svista del visitatore o del suo amanuense) nell'inizio del verbale di una visita pastorale, eseguita il 24 ottobre 1610, che testualmente dice: "E successivamente visitò la chiesa di Santa Maria della neve, nella quale chiesa è trasferita la cura delle anime di Santo 72 Sala di Serino Stefano per il fatto che essa era diruta"88 Da quello stesso verbale si evince che la chiesa aveva "entrate annue di ventisei ducati l'anno all'incirca, et le decime de più"; queste decime erano costituite dall'undicesima parte del raccolto, mentre le limosine per le esequie dei defunti ammontavano a quindici carlini per morto , in conformità all'usanza di Serino; (dixit che le decime l'esige de unnici una et li morti quinnici carlini per morto, che si esige per tutto Serino). Nel dicembre 1615, a quarantasette anni dal trasferimento delle funzioni parrocchiali dalla chiesa di Sant'Eustachio a quella di Santa Maria della neve, la situazione era immodificata, sebbene la chiesa di Santo Eustachio fosse stata ricostruita, come risulta da due visite pastorali eseguite il 12 dicembre 1615. Esse, dicono: Santa Maria della neve Il giorno 12 del mese di Xbris 1615 Il predetto reverendo signor- visitatore, proseguendo la visi- ta, di mattina si recò alla chiesa di Sta Maria della neve, di cui- è curato Don Angelo Tramaglia, nella quale chiesa è trasferita- la cura delle anime della chiesa parrocchiale di Sto Eustachio, e non ha rettoria- e, dopo aver celebrato la messa nell'altare maggiore di detta chiesa- visitò il Santissimo Sacramento [custodito] in un tabernacolo ligneo finemente doratofoderato di seta rossa- entro una pisside argentea con piedeindorato, ben tenuto; c'è anche un'altra pisside, piccola, d'argento senza piede.- Ha una mobilia descritta nella precedente visita e, per dimenticanza,- furono tralasciate delle pianete di damasco di colore rosso e giallo- con stola e 88 A D S, Visite pastorali; (Et successive visitavit Ecclesiam Ste Marie ad nives, in qua ecclesiam est traslata cura animarum Sti Stefani ex eo quo erat dirutta) II 021: 73 Filomeno Moscati manipolo, un'altra smerlata di colore neromanipolo, un'altra di velluto ceruleo, vecchia. II 302 con stola e Fu ordinato che questa non sia usata. Di nuove, per verità, sono state aggiunte- una grande tovaglia d'altare con ornamento di rete di filo, un baldac- chino sopra l'altare di damaschello di vivido colore.Ha un reddito di ducati venticinque e in censi quelli descritti nella precedente visita.Nello stesso altare è eretta la confraternita intitolata a Sta Maria- della neve, di cui sono maestri Angelo Saccardo, Giovanni Pietro- Todisco, Aloisio Saccardo, Bartolomeo Todisco, Francesco Guari- nus et Simeone Marra. Fu ordinato che esibiscano i conti certi dell‘amministrazione ……………….. Ha un reddito annuo di quaranta ducati consistenti in- una taverna sita nel casale di Sala, che viene data in affitto ognianno, e nel presente anno fu affittata per quarantadue ducati;parimenti ducati quattro sopra una selva di Giovan Pietro Todisco,- dove si dice lo Toppolo, vicino ai beni di Mario e Giuseppe- de Nicolais, Innocenzio e Ferdinando Saccorani, come- da istrumento rogato per mano del notaio Salvatore de Mattia;- parimente ducati quattro e tareni due sopra tutti i beni di Otta- vio Moscati per il capitale di ducati quaranta, come da istrumento- confezionato per mano del notaio Giovanni Antonio Brescia;- parimenti carlini diciotto sopra una selva dove si dice- Capo Revuottolo, vicino ai beni di Bartolomeo Anzuoni, degli eredi- del fu Angelo Vistocco, del notaio Giovanni Antonio Brescia e- altri confinanti, per legato del defunto Reverendo Don Giovanni VincenzzoTrammaglia. II 303 74 Sala di Serino La pagina successiva, di questo verbale di visita, è andata dispersa o distrutta e , pertanto, abbiamo giudicato preferibile considerarla conclusa. Nello stesso giorno ( 12 dicembre 1615 ) fu eseguita anche la visita alla chiesa di Santo Eustachio, il cui verbale dice: Chiesa di Santo Eustachio E, di seguito, si recò alla Chiesa parrocchiale di Sto Eustachio, che- di nuovo è stata riedificata dai filiani del casale di Dogana- vecchia nella quale si asserisce che prima fossero amministrati- i Sacramenti; di cui è beneficiato Don Angelo Trammaglia.- I redditi di detta chiesa sono descritti nella visita di Santa Maria- della neve. Vi sono mobili descritti nella visita precedente- ai quali è stata aggiunta la custodia per il Santissimo Sacramento.- Asserirono che fosse stato fatto un legato dal dottor Orazio Corsetti, di duca- ti cinquecento da dividersi fra le chiese di San Luca, di San Giovanni- Battista89 del Casale dei ferrari e di Santo Eustachio, che, fino a questo momento,- non è stato ancora recuperato. Si adoperino , con diligenza, per recuperarlo.- In detta chiesa si celebra, con licenza della Curia, dal reverendo Tommaso Iannella.- Fu ordinato che facciano due candelabri di legno, dorati- e un messario nuovo.Ha un legato del defunto Mariano Marra, il quale lasciò il frutto di due- anni, di una sua data selva, per fare due cande- labri grandi davanti all'altare; fu ordinato ai filiani che- applichino diligenza nel recuperare detto legato. Beneficium Sante Marie 89 N.d..A, La chiesa è invece quella parrocchiale di San Giovanni Evangelista, confusa, per una svista del visitatore o del suo amanuense , con la chiesetta campestre di San Giovanni Battista, realmente esistente fino alla seconda metà del secolo XX nell'ambito della parrocchia di Ferrari, in prossimità del confine fra gli attuali Comuni di Serino e San Michele di Serino. Oggi è diruta 75 Filomeno Moscati Gratiarum E di seguito visitò la cappella diruta di Santa Maria- delle grazie che si dice annessa alla chiesa di San Paolo di cui - il beneficiato è Don Orazio Moscatus II 305 La notizia più importante, che si ricava dalla lettura di queste due visite pastorali, è che la chiesa parrocchiale di Santo Eustachio di Dogana vecchia, malgrado l'esiguità delle sue rendite, era stata completamente ricostruita, alla data del 12 dicembre 1615, soltanto "dai filiani del casale di Dogana vecchia", come letteralmente recita il verbale di visita; e ciò benché la parrocchia di Santo Eustachio abbracciasse un vasto territorio e comprendesse nel suo seno anche i casali San Giacomo, Raiano e Sala, come chiaramente risulta dal verbale di un'altra visita pastorale effettuata nel giorno 1 luglio 1648. La constatazione che è possibile effettuare dalla lettura dei due verbali di visita del 12 dicembre 1615. è che la chiesa di Santo Eustachio, pure essendo stata "de novo riedificata", non aveva ancora riacquistato le sue funzioni primarie; a essa, infatti, competevano sia la cura delle anime che l'amministrazione dei sacramenti, funzioni e mansioni adesso attribuite ed esercitate , con pieno diritto, dalla chiesa della Madonna della neve e ciò fin dal momento in cui, nell'anno 1568, la cura delle anime era stata traslata dalla chiesa di Santo Eustachio a quella di Santa Maria della neve. Da allora entrambe le chiese si contendevano il titolo e le funzioni di Chiesa parrocchiale. L'inizio palese di questa contesa, che sarà lunga e annosa, può essere fissato con sicurezza alla data del 14 gennaio 1615, data in cui i filiani della parrocchia di Santo Eustachio, appartenenti ai soli casali di Dogana vecchia e Raiano, ricorrono alla Curia Arcivescovile di Salerno, perché, avendo essi provveduto a riedificare la chiesa di Santo Eustachio e a fornirla di tutto il necessario alla celebrazione delle funzioni religiose, la Curia provveda, a sua volta, a reintegrarla nelle 76 Sala di Serino sue antiche funzioni. Nel ricorso alla Curia era dato il massimo rilievo al fatto che i filiani di Dogana Vecchia e Raiano avevano versato una somma di circa 400 ducati sia per riavere il Santissimo Sacramento, sia perché si potesse , di nuovo, celebrare la messa nella loro chiesa. Il ricorso , a sostegno di quanto in esso richiesto e per sottolineare l'importanza e l'antichità della chiesa di Santo Eustachio e delle tradizioni ad essa legate, affermava che quando la dogana era ancora attiva e i signori di Serino risiedevano in zona, il Santissimo, dopo la processione del Corpus Domini (che attraversava tutta Serino) veniva riposto nella chiesa di Santo Eustachio; che nei giorni di mercato e di pubblica fiera, essendo la chiesa insufficiente a contenere la folla convenuta , si celebrava mediante un altare portatile situato fuori della chiesa. 90 Il ricorso, presentato dagli abitanti di Dogana vecchia e Raiano, diede luogo a un'inchiesta da parte della Curia, che evidenziò come gli abitanti di Sala e San Giacomo, che costituivano la maggioranza dei filiani della parrocchia, si fossero sempre opposti alla riedificazione della chiesa di Santo Eustachio e non avessero contribuito a cosa alcuna che riguardasse il mantenimento del culto in detta chiesa. È questa la ragione per cui l'arcivescovo di Salerno, Lucio Sanseverino (1612-1623), (la cui attività pastorale si estrinsecò soprattutto con personali e accurate visite alle parrocchie della sua diocesi ) essendo in visita a Serino, dopo aver ascoltato le parti in contesa e avere vagliato le ragioni da esse esposte, decretò verbalmente che la sede della parrocchia di Santo Eustachio dovesse rimanere a Sala nella Chiesa della Madonna della Neve. La decisione verbale dell'arcivescovo fu tramutata dalla Curia Arcivescovile in decreto scritto, emanato in data 30 90 Crisci Generoso, Salerno Sacra, a cura di De Simone V., Rescigno G., Manzione F., De Mattia D. , Edizioni Gutenberg,, Lancusi (SA) 2001, Vol. II p.305. 77 Filomeno Moscati giugno 1615 , e questo spiega perché l'esordio della visita pastorale del 12 dicembre 1615 sancisca che nella chiesa della Madonna della neve è trasferita la cura delle anime della chiesa parrocchiale di Santo Eustachio.91 Il decreto della Curia adduceva, a maggior sostegno della decisione a favore della chiesa della Madonna della neve, la sua centralità, che la poneva in una zona di intenso traffico, la sua maggiore ampiezza, il suo più alto reddito e, infine, la conformità ad altre decisioni dello stesso tipo prese in quello stesso lasso di tempo e per le stesse ragioni. Malgrado tutte le valide ragioni elencate, la questione della sede parrocchiale, che sembrava definitivamente risolta col decreto della Curia del 30 giugno 1615, ritornò prepotentemente alla ribalta l'8 marzo 1616, data in cui il Vicario generale della Diocesi di Salerno, evidentemente per pressioni ricevute, emise un altro decreto con il quale ritrasferiva la parrocchia nella sua antica sede di S. Eustachio. La decisione fu prontamente impugnata dai rappresentanti legali e dai maestri della confraternita della Madonna della neve, i quali comparvero presso la Curia Arcivescovile di Salerno, il giorno 15 marzo 1616, per dichiarare che la decisione presa dal Vicario doveva essere considerata nulla perché ingiusta e presa contro ogni diritto, e, pertanto, essi si erano appellati direttamente al Papa Paolo V (1605–1621) e alla Sede Apostolica per ottenere una decisione definitiva a favore della loro chiesa. . L' appello al Papa determinò una situazione di stallo per cui , nell'attesa della decisione definitiva da parte della Santa Sede, fu stabilito che, nelle more, la sede della parrocchia rimanesse a Sala, nella Chiesa della Madonna della neve, e che nella chiesa di S. Eustachio potesse celebrare un sacerdote nominato dalla Curia.92 91 92 Crisci Generoso, idem, p. 306. ADS, Benefici vari; 78 Sala di Serino Era una situazione interlocutoria, che non poteva durare a lungo e, difatti, dieci anni dopo la sede parrocchiale risultava di nuovo , e questa volta con pieno diritto, attribuita alla chiesa di S. Eustachio di Dogana vecchia, come, in modo chiarissimo, si evince da due visite pastorali eseguite il 25 agosto 1625, che riportiamo per intero. Esse, eseguite subito dopo quella alla chiesa di San Carlo, nel casale di San Biagio, dicono : Chiesa di Santa Maria della neve E successivamente visitò la chiesa di Santa Maria della neve nel casale- Sala, nella quale veniva esercitata la cura delle anime, che, poi,è stata trasferita alla chiesa di Santo Eustachio.- Visitò l'altare maggiore nel quale si celebra mediante un altare portatile e fu- rinvenuto decentemente ornato.- In detto altare c'è la confraternita che ha per titolo Santa Maria della neve- di cui sono maestri Santo De Feo, Martino Zaccardo,- Andrea Santoro, Antonio Molinari e Lucio Santoro- ai quali è stato ordinato che entro tutto il giorno seguente esibiscano- i conti della gestione della chiesa a partire dalla visita precedente sotto pena di scomunica- Fu prodotta la bolla di erezione [della confraternita] fatta dall'ordinario nell'ultimo giorno- di luglio 1558 con l'onere di pagare una libbra di cera bianca alla mensa- arcivescovile per ogni singolo anno.- Ha un reddito di ducati trentaquattro all'incirca- consistenti- in censi e in una taverna nel casale di Sala, là dove si dice- la taverna di Santa Maria. Fu esibito un inventario. I maestri dissero che debbono riscuotere, del passato, circa- ducati ottanta; fu ad essi ordinato che li riscuotano e. poi,- ne riferiscano alla Curia arcivescovile e non debbano spenderli senza- permesso [della Curia]. Fu assicurato che la chiesa abbisogna di riparazione e che il campa- nile non è completato. Fu stabilito che sia lecito che 79 Filomeno Moscati il denaro suddetto- sia speso nella riparazione della chiesa e del campanile con l'intervento- del reverendo arciprete di detto casale. II 369 I confratelli indossano sacchi bianchi con cappucci bianchi e mozzette- di colore violaceo e si impegnano nel seppellire i morti e in altre- opere pie e fanno celebrare messe nei giorni festivi- con i redditi predetti, le quali celebra Don Giovanni Domenico Trammaglia, al quale fu concessa licenza colbeneplacito della curia , ma fu a lui ordinato che nei giorni festivi di- precetto non possa celebrare messa in detta chiesa se non- dopo la messa della chiesa parrocchiale di Santo Eustachio sotto pena- di libbre di cera dieci per ciascuna volta [che ciò si verifica.] - Ha una mobilia di cui fu presa nota nella precedente visita. Non furono confezionate- una pianeta violacea, un messale, un altare portatile ed altre cose, così come- era stato ordinato nella precedente visita; non fu accomodato il calice finemente- dorato e , per equità, furono concessi tre mesi per- confezionarli, altrimenti, trascorso detto termine in detta chiesa non si celebri.- Visitò l'altare del Santissimo Rosario in cui c'è la confraternita dallo stesso titoloi cui maestri sono Salvatore Todisco, Giacomo Zaccardo- e Sabato Piscatore a cui fu ordinato che entro tutto il seguente- giorno esibiscano i conti dell'amministrazione sotto pena di scomunica.Fu esibita la bolla della concessione fatta dall'ordinario sotto la data Salerno- giorno 16 agosto 1609; e un' altra fatta dal Vicario generaledell'Ordine dei Predicatori il giorno 10 giugno 1578. I confratelli non indossano- sacchi ma fanno celebrare una messa nel giorno di sabato e nella prima domenica del mese.Ha un reddito di carlini quindici all'incirca e l'obbligo di pagare- una libbra di cera bianca alla mensa arcivescovile 80 Sala di Serino ogni anno.- Gli altri altari sono liberi; fu ordinato che a nessuno siano concessi II 370 E in essi non si celebri senza licenza fatta dalla Curia Arcivescovile.Chiesa parrocchiale di Santo Eustachio E subito dopo visitò la chiesa parrocchiale di Sant'Eustachio del casale- Dogana vecchia di cui è parroco il Reverendo Oraziode Filippo, preposto dalla sede apostolica come [evidenziato] nella bolla che esibìdatata Roma presso Santa Maria Maggiore21 giugno ( ante diem decimo Kalendis Julii ) 1620.Visitò il Santissimo Sacramento che è conservato nell'altare maggioredentro un tabernacolo, ha due pissidi, vi si celebra con un altare- portatile; tutti sono decentemente ornati.- Il parroco non abita nei confini della parrocchia; disse di non avere casain detto casale. Nella visita precedente fu comandatoche i parrocchiani avrebbero dovuto consegnare una casa al parroco entro- i confini della parrocchia a spese (sumptibus) degli stessi parrocchiani stante- la povertà della chiesa, il quale mandato non è stato eseguito. Ricomandatofu, con proprio decreto, che i parrocchiani entro quindicigiorni osservino il mandato fatto, altrimenti, trascorso detto termine- il parroco senza indugi trasferisca il Santissimo Sacramento dell'Eucarestiada detta chiesa a quella di Santa Maria della neve e iviamministri tutti i Sacramenti e in detta chiesa di Santo Eustachio- più non si concelebri; e debbano contribuire nella consegna- di detta casa tutti i parrocchiani di tutti i casali che- sono sotto [ la giurisdizione] di detta parrocchia; e il parroco vi debba sempre risiedere, sotto pena dell'interdetto verso il casale che ricusa di contribuire II 371 81 Filomeno Moscati nei confini della parrocchia di cui sopra, sotto la pena contenuta nei Sacri Concili- e nelle Costituzioni Sinodali. Il parroco insegna la dottrina cristiana, spiega il Vangelo, come i parroc- chiani riferirono; non ha uno scomunicato né un pubblico- peccatore.Esibì i libri parrocchiali e il libro dello stato delle animebene confezionati.Ha l'onere parrocchiale e l'obbligo di celebrare centodiecimesse all'anno in virtù del legato del defunto Orazio Corsetto, per- i quali percepisce l'elemosina di ducati undici all'annocome per testamento fatto per mano del notaio Pietro Iannella nello- anno 1614.La chiesa ha un reddito di ducati otto all'incirca, consistentiin diversi censi e possedimenti arbustati vicino- alla chiesa dai quali si ricavano quindici ducati annui o- quasi. Ha anche le decime di tutte le victualia (raccolte) del grano,dell'orzo, della canapa, del lino, delle fave, del granone, dell'olio e di altre victu- alia; fu ordinato ai parrocchiani che nel tempo del raccolto delle victu- alia non possano quelle rimuovere dall'aia se non alla presenza- del parroco o di persona da quello incaricata, sotto pena,- di scomunica Ha una mobilia annotata nella visita precedente, una pianeta di bianco colore,- i pulvinari e quattro vele non furono confezionate;un calice dorato non fu accomodato; per equità fu concessoun periodo di tre mesi per farlo al parroco e ai parrocchiani- sotto pena contro il parroco di libbre di cera venti, e controII 372 Contro i parrocchiani, da stabilire a proprio arbitrio. L'altare dal lato del cornu epistulae è libero; fu ordinato che a nessuno- esso sia concesso e che in esso non si celebri.- Visitò 82 Sala di Serino il fonte battesimale con gli oli sacri e con il Sacrario; fu ordinato- al parroco che entro un mese accomodi i cancelli intorno al Ciborioe quello mantenga con la serratura chiusa, sotto pena di libbre di cera dieci.Visitò il confessionale con la bolla, le pene e i casi. Furono inviati ordini a Sabato Pescatore - Giovanni Sullo e Domenico Todisco, detentori di quattro ducatipercepiti dalla quantità spettante alla chiesa parrocchiale- di Santo Eustachio e alla chiesa di Santa Maria della neve. Fu ordinato al parroco, sotto pena di scomunica, così come ai detentori che deb- bano esibire i beni durante la visita della sua chiesa al vespero. II 373 Alcune cose emergono , con assoluta chiarezza, dalla lettura di queste due visite pastorali; la prima, e la più importante, è che, nel 1625, la sede della parrocchia di Sala – Dogana vecchia era ritornata nell'antica chiesa di Santo Eustachio, ove risultava incardinata già dall'epoca della bolla di Papa Alessandro III, del 1168, nella quale venivano elencate e si definivano i confini di tutte le arcipreture della diocesi di Salerno; e fra queste era compresa quella di Serino. La contesa per l'assegnazione della sede parrocchiale sembra, così, essersi conclusa, in modo definitivo, a favore della chiesa di Santo Eustachio; ma, dall'epoca della bolla di Papa Alessandro III (1159-1181), erano passati circa 500 anni e la situazione topografica e demografica di Serino era cambiata. I casali di Dogana Vecchia e Raiano erano rimasti piccoli, poco popolati e, soprattutto, poco frequentati specie dopo il trasferimento della dogana a Mercato nuovo, nei pressi del mulino feudale; mentre Sala e S. Giacomo , situati in zona più centrale e di maggior traffico, erano cresciuti sia di popolazione che d' importanza e, in entrambi i casali, erano sorte due chiese notevolmente più grandi e belle di quella di S. Eustachio, oltre che più facili da raggiungere per gli abitanti 83 Filomeno Moscati dei due casali. A San Giacomo, infatti, erano sorti , nel 1615, la Chiesa e il Convento dei Santi Francesco e Giacomo (già abitato e funzionante nel 1621)93 al posto dell’angusta e diruta cappella di S. Giacomo, sconsacrata nell'anno 1576; e a Sala era stata costruita, da parte dell'omonima confraternita, la chiesa della Madonna della neve. La chiesa di Santo Eustachio doveva essere, pertanto, così poco frequentata che il visitatore, nel tentativo di favorire l'afflusso dei fedeli all'antica chiesa, ritenne necessario imporre a Don Giovanni Domenico Trammaglia, sacerdote celebrante in Santa Maria della neve con il permesso della Curia, che nei giorni festivi e di precetto dovesse celebrarvi la messa soltanto dopo che fosse stata celebrata quella in Santo Eustachio, comminandogli la pesante pena pecuniaria di dieci libbre di cera , da pagare alla Curia arcivescovile, ogni volta che a ciò avesse contravvenuto. Dalla visita alla chiesa della Madonna della neve si ricavano notizie importanti sia riguardo alla confraternita che la costruì che riguardo alla chiesa stessa. Nel verbale di visita si afferma che i maestri della confraternita di S. Maria della neve esibirono, al visitatore, la bolla di erezione emessa dall'Arcivescovo in data 31 luglio 1558, con la quale si sanciva la fondazione ufficiale della confraternita che aveva costruito la chiesa dallo stesso nome. L' esistenza di fatto, ma non di diritto, della confraternita doveva essere, comunque, anteriore di qualche decennio. La chiesa era, difatti, già esistente alla data del 6 novembre 1557, quando fu sottoposta a visita pastorale assieme alla confraternita che l'aveva edificata e a cui fu ordinato , fra l'altro, di procurarsi la bolla, che i maestri adesso esibivano, e di far demolire i monumenti funebri costruiti sui sepolcri esistenti nella chiesa, (evidentemente costruita per costituire il luogo di sepoltura dei confratelli) a 93 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg , Penta di Fisciano (SA) 2005 , p. 283, 84 Sala di Serino meno che ogni monumento fosse stato dotato di una cappella e di un compatrono (Vedi p. 71) .94 Ciò ci consente, inoltre, di poter fissare la data di inizio della costruzione della Chiesa della Madonna della Neve fra la fine del secolo XV e i primi decenni del secolo XVI; le costruzioni e specie quelle delle chiese, infatti, a quei tempi dovevano andare per le lunghe, com'è dimostrato dal fatto che il verbale di visita, del 25 agosto 1625, afferma che all'atto della visita il campanile della chiesa non era stato ancora completato. Dal verbale di visita si evince anche la presenza, nella chiesa della Madonna della neve, di una seconda confraternita con una propria cappella e un proprio altare; la Confraternita del Santissimo Rosario, eretta ufficialmente il 10 giugno 1578, con bolla emessa dal Vicario generale dell'Ordine dei Predicatori, cioè di S. Domenico ( che era uno dei tre ordini mendicanti) e confermata, il 16 agosto 1609, con bolla emessa dall'Arcivescovo di Salerno. La presenza di queste due confraternite, nella Chiesa della Madonna della Neve, costituisce un chiaro segno dell'importanza che il casale Sala e la sua chiesa avevano assunto e, per contro, il costante e sempre crescente declino dell'importanza del casale Dogana Vecchia e della sua antica chiesa. Questo declino appare evidente in alcuni documenti dell'epoca e, soprattutto , nei verbali di alcune visite pastorali da cui si ricava un quadro chiaro della situazione di precarietà e di insufficienza della chiesa parrocchiale di S. Eustachio. La visita del 25 agosto 1625 aveva messo in evidenza che il parroco non risiedeva nell'ambito della parrocchia , perché questa non possedeva una casa in grado di alloggiare il curato; né i filiani avevano provveduto a fornirgliela malgrado il mandato ricevuto nella visita precedente. La situazione non era sostanzialmente mutata tredici anni dopo quando, in una visita 94 A D S, Visite pastorali; 85 Filomeno Moscati pastorale del 1638, nella chiesa di S. Maria della neve viene per la prima volta rilevata la presenza, sull'altare maggiore, di una grande icona dalle molte immagini (ad ecclesiam Ste Maria de nive- in casale Sala- visitavit altare maius in qua [est] servata icona magna in pluribus imaginibus); III 47895 e, per contro, nella chiesa di S. Eustachio, fu, ancora una volta, rilevato che il parroco non risiedeva nei confini della parrocchia, ragione per cui fu comandato, sotto pena della confisca dei frutti e degli altri redditi, nella forma sancita dai Concili Sinodali, che il parroco dovesse risiedere, in futuro, entro i confini della Parrocchia (" fuit instatum quod parochus non residet intra fines Parrochie, fuit mandatum sub pena confiscatione fructum et aliorum intra forma Sac. Conc:Sind., quod cum effectu intra fines parochie resideat in futurum.") III 47996 Quattro anni dopo, malgrado la pesantissima pena prevista, la situazione rimaneva immutata e, il 15 febbraio 1642, ai filiani che protestavano perché il parroco non risiedeva in parrocchia, fu comandato che lo avessero provvisto di una casa abitabile e decente e allora il parroco sarà tenuto a risiedervi sotto pena della privazione della parrocchia ( fuit instatum a filianis quod Parochus non residet, fuit demandatus quod provideant de domo abitabile et decente, et tunc ipse Parochus teneatur in abitatione residere... sub pena privationis).97III 123 L'obbligo, per i parroci, di residenza entro i confini della propria parrocchia, sancito in uno dei decreti del Concilio di Trento(1542-1563) era stato riaffermato, con vigore, nei mandati generali a parroci e sacerdoti della Charta Sereni riuniti nella chiesa di Santa Lucia, durante la visita dell'agosto 95 ADS, Visite pastorali; ADS, Visite pastorali, 97 ADS., Visite pastorali; 96 86 Sala di Serino 1625; 98 tale obbligo non poteva, però, essere materialmente rispettato da Don Orazio De Filippo, parroco di S. Eustachio fin dal 1620 ( ut in bullis expeditis in sede apostolico sub die 12 Julii 1620) sia per la mancanza dell'abitazione, sia per l'esiguità del reddito della chiesa parrocchiale, e ciò generava un contrasto insanabile. Il contrasto sfociò in una vera e propria controversia tra visitatore e parroco nella visita del 17 giugno 1644. In essa il visitatore, dopo aver costatato che il parroco non risiedeva nella parrocchia, gli ingiunse di risiedervi o di rinunciare ad essa sotto le pene comminate nelle bolle pontificie sull'obbligo della residenza; e delle pene arbitrarie per coloro che vi siano precedentemente incorsi (Parochus non residet in Parochia, fuit eidem iniunctum ut resideat aut resignet iusta penis contentis in bullis Pontificiis residentiae oblighi preservando; penarum incursorum de preterito ad arbitrio Illmi Domini). Il visitatore dopo avere rilevato, inoltre, che il parroco al suo arrivo non fece suonare le campane; né accendere la lampada; né fece trovare il turibolo (incensiere) pronto, adducendo la scusa di essere stato impedito da una necessità impellente; gli ordinò di fare una copia del verbale di quella visita entro dieci giorni e di presentarsi in Curia (Parochus in avvento nostro non fecit pulsare campanas accendere lumen reperire turibularium promptum, se excusavit ex quod ad necessitate sibi occurrente. Fuit mandatus Parocho ut procuret copiam presentis visitationis infra dies decem sub pena libre cere decem, presentetur in curia). Il parroco, sotto la pressione del visitatore, abdica e rinuncia alla parrocchia nel corso della visita, poiché non vuole in quella risiedere, fatti salvi i frutti 98 ADS., Visite pastorali,( Mandata generalia facta in visitatione Charta Sereni – Parochi habitare debent in propriis parochiis sub pena suspensionis- aliisque penis contentis in Costitutionibus Sinodalibus-----); 87 Filomeno Moscati dell'anno in corso per il suo servizio fino al mese di ottobre. La rinuncia fu accettata dal visitatore, anche per conto dell'economo, fino a quando non si fosse provveduto, da parte del coadiutore diocesano don Tommaso Croanicus?, alla nomina di un legittimo successore mediante licenza della Curia Arcivescovile 99 Il curato presentò, avverso le decisioni prese dal visitatore, il seguente ricorso : Presentatus Salerni in die 22 Junii 1644 Nella Corte Arcivescovile di Salerno compare D. Horatio de Felippo- curato della chiesa parrocchiale di Santo Eustachio della Terra di Serino- et dice come nella prossima visita passata in detta sua Curatia- fatta dal Sig.re Canonico Sabbatino sotto colore che esso supplicante- non residesse minacciava condannarlo a diverse pene; ancorché nontenesse licentia in scriptis fu astrecto dire in voce che renunciava- decta Parrochia, il quale subbito ammesse decta renuncia et la prese- l'economo e perché quella non picca subsisteva, essendo stata fatta- coacte per timore delle pene, sì non fu fatta in scriptis- conforme ordine de franchis nel capitulo da passe de officio de- narij, 3° non possendo essere ancho ammessa decta renuncia non essendo- titulo di suo patrimonio non havendo sub specie di possedere quello; etrenunciavo il patrimonio al predecto signore visitatore non havendone- speciale mandato da Monsignore Arcivescovo di ricevere la renuncia- di beneficio senza lo quale de securo non potevano farlo né ri- cevere detta rinuncia niuna causa subsistente de poterse- admettere detta renuncia; Ricorre perciò alla decta Corte- Arcivescovale et dimanda declarasi nulla decta renuncia et dicto- pretenso acto fatto in visita et che sia mantenuto nella suapossessione altrimente si 99 ADS. Visite pastorali, III 153 ; 88 Sala di Serino protesta contro cuis per esservi metamentum (stato costretto con minaccia)-100 III 154 Il Vicario generale dell'Archidiocesi di Salerno, in data 23 giugno 1644, giudica che la rinuncia fatta da Don Orazio de Filippo è nulla perché fatta non secondo l'ordine giuridico e contro la forma dei Sacri Canoni e che, pertanto, il detto Don Orazio de Filippo possa essere mantenuto nel beneficio di Curato di Santo Eustachio (Reverendissimus Dominus Vicarius Generalis Salernitanus visto Decreto visitatoris et considerato de iure considerando............... ....... decernit et providet renunciationem predictam esse nullam tamquam facta non Iuris ordinamento servato et contra formam Sacrorum Canonum et ...dictum Don Horatium de Felippo posset esse manutenutum in possessione dicti benefici Curati Sti Eustachij). Quattro anni dopo, nel 1648, era mutato il parroco ma non la situazione, veramente precaria, in cui il nuovo curato era costretto ad esercitare la sua missione pastorale, perché la Chiesa di Santo Eustachio, oltre a essere priva di abitazione per il curato, mancava totalmente di mezzi, come chiaramente si evince dal verbale di una visita pastorale, eseguita il 2 luglio di quell' anno, di cui riportiamo, tradotti, i passi più significativi: "Ecclesia Parrocchialis Santi Eustachij Dogane Veteris Il giorno 2 del mese di luglio 1648. E di seguito l'Illustrissimo e Reverendissimo Signor Visitatore di mattina- si recò alla predetta Chiesa di Sto Eustachio, di cui è curato il Reverendo Don Alessandro- de Auria come da bolle pontificie compilate con data 13 dicembre 1646, essendo pontefice Innocen- zo X; ci sono tutti i regolamenti, in detta bolla, circa- la presa di possesso in data 4 gennaio 1647 e la professione di fede il 100 ADS., Visite pastorali 89 Filomeno Moscati giorno seidi marzo dello stesso anno ..................................... Il predetto curato ha sotto di sé i casali Dogana Vecchia, la Sala, San- Giacomo e Raiano, i quali casali di Sala, Raiano e San Giacomo niente corrispondono- alle spese del curato i cui redditi sono tenui;- infatti non superano i quaranta ducati fra certi e incerti e non sono sufficienti- per vivere onestamente, né per sostenere le spese del curato e specialmente per confezionare gli ornamentie per mantenere la lampada davanti al Santissimo.III 198 ........Il curato non ha casa dove poter risiedere in detto casale, né per il passato vi risiedettero- i curati. Al presente tuttavia il curato per suo beneplacito vi risiede...III 199 Nello stesso giorno il visitatore, dopo la visita alla Chiesa di Santo Eustachio, eseguì quelle alla chiesa dell'Annunziata , alla chiesa parrocchiale di S. Sossio e alle cappelle di S. Paolo e di S. Maria dell'Arco a Troiani, per recarsi , infine, alla chiesa della Madonna della neve nel cui altare maggiore viene, ancora una volta, rilevata la presenza di una icona lignea, che è così descritta: " In altare maiori adest icona lignea cum diversis efficiebus ornatis et- coloratis in cui medio adest titulus Ecclesiae et in eius capite effigies Crucifixi aurati."101 III 212 Di grande interesse risulta la chiusa del verbale di questa visita perché, per la prima volta, rivela l'esistenza in questa chiesa di una cappella di patronato di un membro della famiglia Cammarota, alla quale è stata invece attribuita la costruzione della chiesa stessa. Essa dice : 101 ADS., Visite pastorali; <<Nell'altare maggiore c'è una icona lignea composta da diverse immagini incorniciate e colorate e in mezzo ad esse il titolo della chiesa e, sulla sua sommità, l'immagine di un Crocifisso dorato.>> 90 Sala di Serino Visitò la cappella dalla parte del Cornu Epistulae, esistente dopo il Santissimo Rosario sotto il titolo- di Sta Maria delle Grazie, la quale è del Signor Francesco Cammarota; Ha- un onere di messe sessantadue che si debbono celebrare in detto altare, ma, per il fatto che- non vi sono le cose necessarie alla celebrazione, fu ordinato al detto signore che- procuri al più presto di completarle.102 III 212 Nel 1650 la chiesa di Santo Eustachio conserva ancora il titolo di chiesa parrocchiale, come si evince dal verbale di una visita eseguita il 22 giugno di quello stesso anno, ma il nuovo curato, Don Sebastiano Capuano, nominato con bolla del 29 novembre 1649, di nuovo non abita nella parrocchia in quanto non ha una casa (curatus non habitat in Parochia cum non habet domos) quasi a sottolineare e confermare la situazione di insufficienza e di cronica indigenza della sede dell'antica parrocchia. Ciò malgrado , fra alti e bassi, la situazione rimase invariata, per altri due secoli, fino a quando l' Arcivescovo, Marino Paglia, che dedicò gran parte della sua opera pastorale al riordino e alla sistemazione delle parrocchie per renderle più adatte alle esigenze della popolazione, nell'anno 1846 decise di trasferire la sede parrocchiale, assieme al suo titolo, nella chiesa di Santa Maria della neve di Sala di Serino. La chiesa della Madonna della neve, quasi in previsione del ruolo ufficiale che essa avrebbe assunto nel futuro, ma che in pratica già esercitava, fu abbellita, nel secolo XVIII, da "un pregevole quadro di Michele Ricciardi," 103 rappresentante il miracolo della nevicata avvenuta a Roma, nella notte fra il 4 e il 5 di agosto dell'anno 352 d.C. Michele Ricciardi, membro di una famiglia di Penta di Fisciano (SA) nacque "in una località del territorio foggiano 102 ADS,.Visite pastorali; Romei Gennaro, Serino sacra. Chiese e santi, Poligrafica Ruggiero s.r.l., Avellino 1994, p.16; 103 91 Filomeno Moscati (dove si era trasferita la famiglia per lavoro) intorno al 1672 e morì il 1753." 104 La prima notizia della sua presenza artistica a Serino ci viene data da Alfonso Masucci , il quale afferma che "il pittore Ricciardi" era, nei primi decenni del 700, "un pittore in gran voga a Serino, che riempi del suo lavoro chiese, chiostri e case signorili," fra cui il Salone del palazzo dei Baroni Brescia- Morra in S. Sossio di Serino, su commissione di Gaetano Brescia.105 Il Ricciardi fu, in realtà, un pittore che dedicò la sua vita soprattutto ad affrescare conventi, come si deduce da quanto scrive P. Arcangelo Pergamo, il quale lo definisce come un pittore che, " seguendo una tradizione secolare, trascorse la vita peregrinando di convento in convento, dove affrescava povere chiese francescane e silenziosi chiostri."106 "La sua costante presenza nel territorio è confermata dai censimenti parrocchiali" ed è facilmente spiegabile se si tiene presente che, a seguito della morte della sua prima moglie, egli "sposò Agnese De Simone del casale San Sossio di Serino nel 1715; " 107 ma la sua presenza , e la sua opera, nell'ambito del territorio serinese risalgono ad almeno sei anni prima, poiché, nel 1709, egli, nel chiostro del Convento dei Francescani Riformati di Serino, illustrò, accanto ad episodi della vita di S. Francesco, i principali momenti delle vite dei maggiori Santi dell'Ordine Francescano, S. Antonio di Padova, 104 Carotenuto Simona, Pittori napoletani del Sei e Settecento nel territorio di Serino", Paparo editore, Salerno 2008, p. 109 105 Masucci Alfonso, Serino, ricerche storiche, Tipografia di Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, Vol. I, p.170; 106 P. Teofilo M. Giordano, I frati minori a Serino, in Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005, p. 284; 107 Carotenuto Simona, Pittori napoletani del Sei e Settecento nel territorio di Serino, Paparo editore, Salerno 2008, p 109; 92 Sala di Serino S. Pietro d'Alcantara, S. Teresa d' Avila, S. Giovanni da Capestrano; e, in uno dei medaglioni del Chiostro dedicato all'Immacolata Concezione, lasciò una testimonianza non peregrina della sua arte in una composizione pittorica in cui diede il meglio di sé.108 Nel 1710 su commissione di Agostino Brescia (o meglio dell'Abate Agostino, che ebbe lunga vita e fu quasi sempre governatore della Chiesa del Corpo di Cristo) egli decorò "il soffitto ligneo della chiesa del Corpo di Cristo, in S. Sossio di Serino, con un apparato scenografico di finti stucchi, estesi sull'intera navata e sul transetto, al cui interno erano presenti le tele raffiguranti il Miracolo di Bolsena e il Cristo Salvatore," in cui è ravvisabile l'influsso di Luca Giordano e di altri pittori del tempo;109 purtroppo sia il soffitto ligneo del Corpo di Cristo che i dipinti del salone di Palazzo BresciaMorra, che illustravano, nel soffitto, quattro scene guerresche (fra cui un episodio della vita di Giovanni dalle Bande Nere), e lungo le pareti stemmi nobiliari, 110 sono andati perduti. Sul filo di questa tradizione, di abbellimento delle chiese con soffitti lignei dipinti, o con tavolati dipinti da affiggere al soffitto, il Ricciardi dipinse il tavolato con Il Trionfo della Vergine, nella chiesa delle Clarisse di Santa Lucia di Serino, nel 1715; e, nel 1716, il tavolato con il Miracolo della neve, nella chiesa della Madonna della neve di Sala di Serino. Nel Tavolato con il Miracolo della neve "l'evento sacro viene reso in chiave monumentale attraverso l'introduzione di partiti architettonici che danno solennità alla composizione," 108 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, p.284; 109 Carotenuto Simona, Pittori napoletani del Sei e settecento nel territorio di Serino, Paparo editore, Salerno 2008, p. 110; 110 Masucci Alfonso, Serino(Ricerche storiche), Tipografia di Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, Vol. I, p.170; 93 Filomeno Moscati la quale mette in risalto, nelle diverse partizioni sovrapposte, "un intricato movimento di figure angeliche e di santi," che conferiscono al quadro un marcato effetto di "illusionismo scenografico"111 Questo tavolato, restaurato dopo il terremoto del 23 novembre 1980, ancora campeggia, ancorato al soffitto della Chiesa della Madonna della neve; però , a detta di alcuni filiani della parrocchia di Sala particolarmente attendibili112, esso non vi è stato affisso nella posizione originaria, ma con una rotazione di 180 gradi. A conferma della predilezione del Ricciardi per i soffitti lignei dipinti, Simona Carotenuto gli attribuisce anche quello della cappella dell' Eremo di S. Gaetano,113 che viene così descritto da Alfonso Masucci: "Notevole è il soffitto di legno, tutto ornato con fregi in stile settecentesco......Sempre nel soffitto e in corrispondenza dell'altare, è questa iscrizione: Vs/ Vs/R 1727 e non ho saputo interpretarla."114 L'attribuzione, fatta da Simona Carotenuto, è da ritenersi fondata, perché suffragata oltre che dallo stile dei fregi, tipico del Ricciardi, dal fatto che la cappella di S. Gaetano, fatta costruire da Nicola Brescia fra il 1657 e il 1662, apparteneva , nel 1727, a suo figlio Gaetano, cioè a colui che aveva abbellito il suo palazzo, in San Sossio di Serino, con i dipinti di Angelo Michele Ricciardi; il quale Gaetano era fratello dell'Abate Agostino, che, nella sua qualità di Governatore della Confraternita, aveva commissionato i dipinti del soffitto ligneo del Corpo di Cristo, e, in quello raffigurante Il miracolo di Bolsena, si era fatto ritrarre dal Ricciardi nella forma di un sacerdote seduto 111 Carotenuto Simona, idem, pp. 110, 111; N. d. A., come l’insegnante Gaetano Vigorita, nato e vissuto a pochi passi dalla chiesa della Madonna della neve 113 Carotenuto Simona, ibidem, p.112; 114 Masucci Alfonso, Serino (Ricerche storiche), Tipografia di Giuseppe Rinaldi, Napoli 1923, Vol. I p.130; 112 94 Sala di Serino accanto al Papa incredulo,115 seguendo la moda del tempo che voleva che i pittori raffigurassero, nei loro quadri , l' immagine dei loro committenti. Particolarmente significativa, nell'ambito dei molti quadri della Madonna di Montevergine dipinti dal Ricciardi, è l'icona, del 1743, che adorna l'altare maggiore della Chiesa di Santo Eustachio di Dogana Vecchia, in cui la Madonna è raffigurata assieme ai santi Antonio di Padova e Vincenzo Ferrer, perché s'inquadra nell'interesse dimostrato dal Ricciardi per la ripresa, in chiave moderna, di alcune icone medioevali.116 L'icona costituisce, secondo Gennaro Romei, una testimonianza in favore della tradizione popolare, che ricorda la chiesa di Sant'Eustachio come antico luogo di sosta per coloro che, partendo dal territorio salernitano, si recavano in pellegrinaggio al Santuario di Montevergine sul Monte Partenio.117 Essa ci dice inoltre, a conferma della povertà della Chiesa di Sant'Eustachio, che solo nel 1743, e cioè circa duecento anni dopo l'ingiunzione fatta dal visitatore nella visita del 6 novembre 1557, l'altare maggiore fu dotato di una icona. 115 Masucci Alfonso, idem, Vol. I, p.169; Carotenuto Simona, ibidem, pp. 113, 114; 117 Romei Gennaro, Serino Sacra. Chiese e Santi, Poligrafica Ruggiero s.r.l., Avellino 1994, p. 17; 116 95 Filomeno Moscati Bibliografia Carotenuto Simona, Pittori napoletani del Sei e Settecento nel territorio di Serino, Paparo editore, Salerno 2008; Crisci Generoso, Campagna Angelo, Salerno Sacra, Edizione della Curia Arcivescovile, Salerno 1962; Crisci Generoso, Salerno Sacra, a cura di De Simone V., Rescigno G., Manzione F., De Mattia D., Edizioni Gutenberg, Lancusi (SA) 2001; Giordano P. Teofilo M., I frati minori a Serino, Tipografia dei monasteri, Subiaco (Roma) 1968; Masucci Alfonso, Serino (Ricerche storiche), Tipografia di Giuseppe Rinaldi. Napoli1923; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005; Romei Gennaro, Serino Sacra. Chiese e Santi, Poligrafica Ruggiero s. r. l., Avellino 1994; 96 Sala di Serino I 012 I 013 I 014 97 Filomeno Moscati II 189 II 190 II 191 II 192 98 Sala di Serino II 193 II 194 99 Filomeno Moscati II 195 II 021 II 302 100 Sala di Serino II 303 II 305 II 369 II 370 101 Filomeno Moscati II 371 II 372 II 373 III 478 102 Sala di Serino III 123 III 153 III 154 103 Filomeno Moscati III 198 III 199 III 212 104 Sala di Serino VI I leoni del Monte Terminio Benedetto Croce sostiene, nella sua ―Storia del regno di Napoli‖ , che fu nel corso delle parziali riforme legislative e della generale riforma del costume, instaurate dai primi due re della monarchia borbonica (Carlo III 1735-1759, Ferdinando I 1759-1825) , che nell’Italia meridionale ―irruppe l‘impetuosa corrente della Rivoluzione Francese e trascinò l‘Italia meridionale…in una sequela di guerre e rivolgimenti e rivoluzioni… che… non ebbe termine se non dopo circa 70 anni. È una storia questa dei settant‘anni…trasmessa a noi non solo da libri e documenti ma dalle persone di quelli che ne furono attori e dei loro figliuoli‖, cioè ―una prossima e appassionata storia familiare‖.118 Questa storia familiare ebbe i suoi episodi anche a Serino e ne furono protagonisti uomini della borghesia, dell’aristocrazia, del clero e studenti dell’Università; una minoranza, costituita da esponenti di una classe politica e intellettuale formatasi di recente119 e appartenenti a famiglie ancora oggi esistenti nel territorio dell’antica Serino Essi nel 1799, all’epoca della Repubblica Partenopea, tentarono un’impresa difficile e pericolosa cercando di trapiantare anche a Serino l’ideale della libertà. Fra coloro che più si distinsero, all’epoca della Repubblica Partenopea (gennaio-giugno1799), nel tentativo di trapiantare anche nel popolo gli ideali di libertà scaturiti dalla Rivoluzione Francese, vanno annoverati, innanzitutto, alcuni membri della famiglia Anzuoni del casale Dogana Vecchia, individuati e condannati come rei di Stato per le azioni 118 Croce Benedetto , Storia del Regno di Napoli, a cura di Giuseppe Galasso, Adelphi Edizioni, Milano 1992, p. 273. 119 Croce Benedetto, idem, p.275. 105 Filomeno Moscati rivoluzionarie dell’anno 1799. Tali furono definiti Anzuoni Matteo fu Giacomo, napoletano, avvocato, di anni 41, domiciliato in Serino; Anzuoni Nicola Maria del quondam (defunto) Giacomo, di anni 36, napoletano, negoziante, dimorante in Serino; Anzuoni Gaetano di Serino; Anzuoni Raffaele, figlio di Matteo, di anni 16, studente. Essi furono riconosciuti colpevoli di reità contro lo Stato, 120 i loro beni venero sequestrati e sottoposti ad amministrazione statale121 ed essi stessi espulsi dal regno o esiliati. Nelle vicende rivoluzionarie dell’anno 1799 importanza notevole ebbero anche Domenico Moscati e sua moglie Carmela Clarizia. La prima notizia della loro partecipazione agli avvenimenti rivoluzionari del 1799, che portarono alla nascita e alla breve vita della Repubblica Partenopea , ci pervengono dal Diario napoletano di Carlo De Nicola, il quale, in data 9 ottobre 1799, annota che ―sono state arrestate una tale Barbara Sancaprè, moglie di un capitano di Marina, celebre per bellezza e brio, per cui molto di sé ha fatto parlare negli anni passati, e d. Carmela Clarizia, moglie di d. Domenico Moscati, che fu uno dei più sciocchi e decisi patriotti, che si portò in parecchie spedizioni‖122 Carmela Clarizia era figlia di un personaggio importante, Carlo Clarizia, designato come uno dei ministri del Tribunale Civile Repubblicano.123 e personaggio importante ella stessa, negli avvenimenti rivoluzionari di quell’epoca, tanto che Carlo De Nicola, nel suo minuzioso diario, annota che‖si parla molto 120 Filiazione dei rei di Stato esiliati , agosto 1799, p.21, 23, 26 121 Amministrazione dei beni dei rei di Stato, anno 1799, fascicoli 110 e 127: 122 Carlo De Nicola, Diario napoletano, 1799, ottobre, mercordì 9; 123 Carlo De Nicola, idem, 1799. Sabato 1 giugno ,; 106 Sala di Serino della cospirazione ultima scoperta, e si dice che ne saranno fatte pubbliche le notizie. La cassiera si dice che fosse la figlia di d. Carlo Clarizia. D. Carmela, moglie del patriota Domenico Moscati.124 Domenico Moscati, divenuto fervente giacobino soprattutto per opera di sua moglie Carmela, si arruolò nell’esercito del generale Championnet ancor prima che Napoli fosse occupata dai Francesi. Fu, poi, uno dei protagonisti della difesa della Repubblica guidando, col grado di capitano, la prima colonna di patrioti napoletani accorsi in difesa dei francesi che si trovavano in difficoltà a Monteforte e, quivi, si oppose con successo alla colonna guidata da un altro ―Serinese‖ di salda fede borbonica, l’ufficiale Costantino De Filippis, respingendola e costringendola a ritirarsi sui monti Picentini, tra Giffoni e Serino. Alla fine della Repubblica, con l’arrivo dei sanfedisti e del cardinale Ruffo, egli fu arrestato e venne così descritto nelle Filiazioni dei rei di Stato:‖Domenico Moscati, figlio del quondam ( defunto) Francesco e di Prudernza Spadano, di anni 31, nativo di Serino, Provincia di Montefusco, capelli e ciglia castagni, occhi falbi (giallo rossicci), viso tondo, con un neo sulla ciglia sinistra, viso profilato, con folte barbette, statura 5,3 e 6.‖ Fu inquisito, e, ritenuto colpevole di reità contro lo Stato, i suoi beni vennero sequestrati e sottoposti all’amministrazione dei beni dei rei di Stato e, infine, esiliato. Esule a Marsiglia si arruolò nell’esercito francese col grado di capitano e, per molti anni, non diede notizia di sé, tanto che i suoi parenti lo piansero, reputandolo morto, e la moglie, per la stessa ragione, decise di consolarsi altrimenti.125 124 Carlo De Nicola, ibidem, 1800, ottobre 3; Moscati Ruggero, Una famiglia borghese del Mezzogiorno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1964, p.123; 125 107 Filomeno Moscati Nelle vicende connesse con La Repubblica Partenopea importanza notevole ebbero anche: Gennaro Rutoli, il quale, col grado di colonnello, guidò, il 20 maggio del 1799, una colonna di uomini armati, che, forzato il passo di Contrada, si congiunse con un’altra colonna, proveniente dal Passo di Monteforte agli ordini del generale Marra; le quali, dopo aver conquistato Avellino, che era in mano ai ―sanfedisti‖, la saccheggiarono;126 Giacomo Stefanelli, il sacerdote Giuseppe Parrella, Nicola e Antonio Tramaglia, tutti arrestati e dichiarati rei di Stato, ebbero i loro beni sequestrati e sottoposti ad amministrazione statale.127 Questa pattuglia di giacobini costituì la classe dirigente nel periodo rivoluzionario del 1799. Essa , aperta alle nuove idee di libertà, aderì agli ideali della rivoluzione francese impiantando a Serino un’amministrazione repubblicana, che fu resa visibile anche materialmente con l’erezione, nelle piazze di Serino, San Michele di Serino e Santa Lucia di Serino, dell’albero della libertà, secondo la moda di quei tempi. Fu una libertà effimera, perché i sanfedisti guidati da Costantino De Filippi, un ufficiale borbonico di Santa Lucia di Serino, li abbatterono, invano contrastati dalle principali famiglie borghesi del Serinese, Anzuoni, Stefanelli, Moscati, Rutoli e Magnacervo, tutte decisamente schierate a fianco dei 126 Barra Francesco, La rivoluzione del 1799, in Storia Illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Ed. Sellino e Barra, Pratola Serra (AV) 1966, Vol. IV, Il Risorgimento, p.14; 127 Filiazioni dei rei di Stato; Amministrazione dei beni dei rei di Stato, fascicoli 110,127; Vedi anche Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg , Penta di Fisciano (SA) 2005, pp,319-321; 108 Sala di Serino repubblicani, ma senza seguito fra la popolazione rimasta pervicacemente borbonica.128 La storia familiare di cui parla Benedetto Croce, fatta di insurrezioni e rivolgimenti sopiti durante il decennio francese (1805-1815), riprese con la restaurazione borbonica e divenne manifesta con il consolidarsi della Carboneria, che da pochi anni si era andata diffondendo nel Regno di Napoli. Lo prova una notizia dell’aprile 1820: Costantino De Filippi, l’ufficiale borbonico del 1799 (vedi p. 107) ora divenuto alto funzionario del Regno di Napoli con la qualifica di Intendente della Terra di Lavoro, mentre soggiornava per motivi di salute in Santa Lucia di Serino, suo paese di origine, aveva ricevuto da suo nipote Tommaso De Filippi, colonnello dei militi della provincia, la notizia che nei Due Principati si stava preparando una rivolta, e, a seguito di ciò, aveva anticipato il suo ritorno a Caserta per riferire la notizia ai ministri Medici e Tommasi.129 La notizia era correlata all’esistenza in Irpinia della Carboneria, ―un‘organizzazione settaria‖ radicata sul territorio in modo talmente forte che ―ogni Comune aveva la sua vendita o le sue vendite con denominazioni che impegnavano un programma di virtù e di patriottismo.‖ Due di queste vendite erano presenti, nel 1820, anche nella Terra di Serino. La prima, fondata in San Biagio di Serino da Sabato Perreca, all’epoca sindaco di Serino, era denominata I leoni del Monte Terminio; la seconda, in San Michele di Serino, era denominata I seguaci di Cassio. 130 128 Barra Francesco, La rivoluzione del 1799, in op. citata, p. 22; 129 Cannaviello Vincenzo, Gli Irpini nella Rivoluzione del 1820 e nella Reazione, Tipografia Pergola, Avellino 1941, p. 11. 130 Cannaviello Vincenzo, Lorenzo De Concilj o liberalismo irpino, De Angelis Editore, Avellino 2001, pp. 31, 32; 109 Filomeno Moscati I membri di queste due vendite carbonare furono protagonisti dell’insurrezione che infiammò Serino il 2 luglio 1820. L’insurrezione prese l’avvio dall’arrivo a Serino del colonnello Lorenzo de Concilj, che percorreva la provincia per organizzare la rivolta. Egli, nella mattina del 2 luglio, dopo essersi recato prima a Forino e Montoro, riunì i maggiori esponenti delle due vendite carbonare in San Michele di Serino, in casa del sindaco Michele Molinari, che era sita in via Corticelle, nel fabbricato, che, fino al XVI secolo, aveva ospitato il mulino delle monache, feudatarie di San Michele di Serino. Alla riunione parteciparono, oltre al Sindaco Michele Molinari altri due cittadini di San Michele, Nicola Cotone fu Michele e Ciriaco De Cicco fu Matteo, e i membri più importanti della vendita carbonara di Serino, Raffaele Anzuoni, Sabato Perreca, Emerico Tedeschi, Baldassarre Tedeschi. Raffaele Anzuoni, di Dogana Vecchia, era quello stesso che nel 1799, all’epoca della Repubblica Partenopea, era stato esiliato assieme al padre e definito, nei registri della polizia di Stato, ―giacobino, studente, di anni 16, figlio di Matteo.‖ Egli era uno dei superstiti di quella pattuglia di giacobini, che, rientrati dall’esilio all’avvento dei regni napoleonici di Giuseppe Bonaparte e Gioacchino Murat (1805-1815), conquistati dalle idee di libertà, fraternità e eguaglianza, scaturiti dalla Rivoluzione Francese, diedero forma, vita e ideali alle vendite carbonare al tempo della restaurazione borbonica. Non a caso, quindi, Raffaele Anzuoni, definito studente e giacobino nel 1799, divenne carbonaro e Gran Maestro di Vendita nel 1820. La sua fede e la sua fedeltà agli ideali egli le manifestò anche nell’azione, e, dopo aver partecipato all’abboccamento segreto col tenente colonnello de Concilj in casa Molinari, in quello stesso giorno 2 luglio 1820 insieme al sindaco Sabato Perreca, al parroco Baldassarre 110 Sala di Serino Tedeschi, al capitano Emerico Tedeschi, a Domenico dei baroni Brescia, ai fratelli Lanzillo e a molti altri, percorse le vie di San Biagio e di tutti gli altri casali di Serino, con la bandiera tricolore della Carboneria (rossa, nera e celeste) spiegata, propagandovi la rivolta e minacciando di morte tutti quelli che non volevano seguirli. La sera del 2 luglio, postosi alla testa di parecchi uomini armati, dopo essersi diretto ad Avellino si portò a Monteforte per congiungersi alle truppe di Morelli e Silvati provenienti da Nola. Unitosi a queste truppe Raffaele Anzuoni, con i suoi, marciò su Avellino, e, dopo averla occupata, il 3 luglio 1820, chiese, assieme agli altri, che fosse promulgata, nel Regno di Napoli, la Costituzione di Spagna del 1812; poi, esposta la bandiera tricolore sui principali palazzi della città, prese parte al corteo, che, con alla testa Lorenzo de Concilj, sfilò per le vie principali di Avellino al grido di “Viva la Costituzione, viva la libertà‖. A lui il tenente colonnello Lorenzo de Concilj affidò il compito di bloccare la strada, che da Salerno portava ad Avellino, e di sbarrare il passo alle truppe borboniche del generale Campana che si dirigevano sulla città, come risulta dal Rapporto, che il de Concilj fece al Tenente Generale Pepe, circa i movimenti dell’armata rivoluzionaria dal 2 al 6 luglio 1820. Il de Concilj, fra l’altro, così si esprime circa gli avvenimenti del giorno 3 : ―feci marciare sulle frontiere di Salerno il capitano Anzuoni colla sua compagnia di milizie. Verso la fine di quello stesso giorno furono fatti prigionieri 15 gendarmi, che si avanzavano verso Solofra.. Erano questi una piccola avanguardia del generale Campana, il quale non tardò a comparire, forte di 500 uomini del reggimento fanteria Real Palermo, e 150 del cavalleria Principe; ma fu così ben ricevuto dal nostro fuoco, che fu obbligato a retrocedere fino a Torchiato, paese quattro miglia al di là di Solofra.‖ 111 Filomeno Moscati Fu l’Anzuoni, alla testa della compagnia dei militi di Serino insieme a mezzo squadrone di cavalleria di Morelli e Silvati e ad altri rivoltosi, a costringere il generale Campana e le sue truppe a battere in ritirata. La vittoria fu così completa che le truppe carbonare, guidate dai capitani Anzuoni, Belli, Nisco, Paolella e Pristipino, dopo aver cacciato le truppe borboniche da tutti i luoghi da esse occupati, inseguirono il nemico fino a Salerno, vi entrarono fra le acclamazioni del popolo e proclamarono la Costituzione.131 Il capitano Raffaele Anzuoni, dopo l’occupazione di Salerno, inviò al tenente colonnello Lorenzo de Concilj, comandante delle truppe rivoluzionarie, questa missiva: A dì 6 luglio 1820 Signor tenente colonnello, Noi siamo in Salerno fin da ieri sera; tutto è tranquillo, la truppa si unisce a noi. Venite a dar tuono alle altre provincie, in somma venite al voto generale. Anzuoni Dopo le elezioni dei Deputati al Parlamento Napoletano, indette il 22 luglio 1820, quando la reazione stava per prendere il sopravvento, Raffaele Anzuoni, Serinese di Dogana Vecchia, a ulteriore conferma e testimonianza della sua fede nella Costituzione e del suo amore per la libertà, marciò verso l’Abruzzo con l’esercito del generale Guglielmo Pepe, per opporre l’ultima resistenza agli austriaci, nel vano tentativo di impedire l’invasione dell’Italia Meridionale e l’abolizione della Costituzione da poco concessa; e partecipò alla battaglia di Androdoco (7 -9 marzo 1821), oggi generalmente considerata come la prima battaglia risorgimentale. Dopo la sconfitta, per sfuggire alle persecuzioni generate dal prorompere della reazione, si ecclissò per ricomparire soltanto 131 Cannaviello Vincenzo, LORENZO DE CONCILJ. o liberalismo irpino, De Angelis Editore, Avellino 2001, p.41; 112 Sala di Serino quando riuscì ad ottenere un passaporto per Roma, dove egli giunse, insieme al figlio Nicolantonio, il 30 marzo 1822; passò poi a Livorno e , ottenuto un passaporto per la Francia, sbarcò a Marsiglia con l’intento di stabilirsi a Parigi, ma, a causa delle difficoltà opposte dalla Prefettura di Polizia, preferì recarsi in Svizzera, a Losanna, e da qui, dopo averne ottenuto il permesso, si trasferì di nuovo a Roma.132 Quando Ferdinando II promulgò, il 18 dicembre 1830, l’indulto che consentiva il rientro dei fuorusciti, che fu pubblicato a Roma il 10 gennaio 1831, anche il suo ritorno in patria fu difficoltoso, forse perché , per la molteplicità dei permessi che aveva dovuto ottenere per i suoi trasferimenti da un Paese all’altro, il suo nome era stato cambiato da Raffele in Tommaso, ed egli, per poter rimpatriare, fu costretto a dimostrare che quel Tommaso non esisteva. Ritornò a Serino nella primavera del 1831.133 Matteo Anzuoni, suo padre, antico giacobino all’epoca della Repubblica Napoletana, rientrato dall’esilio al tempo di Giuseppe Bonaparte, divenne un adepto della Carboneria dopo la restaurazione borbonica ed ebbe, in essa, una posizione di rilievo, tanto da essere nominato componente della Giunta Elettorale Provinciale e in questa veste fu presente, il 4 settembre 1820, all’elezione dei deputati al Parlamento Costituzionale.134 Parroco della parrocchia di Dogana Vecchia era D. Baldassarre Tedeschi, che fu attivamente presente nei moti insurrezionali del 2 luglio 1820. Egli, essendo uno dei principali adepti alla carboneria serinese, partecipò all’abboccamento segreto con il tenente colonnello Lorenzo de Concilj in casa del sindaco di 132 Cannaviello Vincenzo, Gli Irpini nella Rivoluzione del 1820 e nella Reazione, Tipografia Pergola, Avellino 1941, p. 251; 133 Cannaviello Vincenzo, idem, p.209; 134 Cannaviello Vincenzo, idem, p. 55; 113 Filomeno Moscati San Michele di Serino, Michele Molinari. Dopo il colloquio fu tra quelli che percorsero le vie dei principali casali di Serino, con il tricolore carbonaro spiegato, inneggiando alla libertà e alla Costituzione. Fu anche fra quelli che, al seguito del capitano Raffaele Anzuoni, parteciparono alla difesa dei passi collinari, e, dopo aver respinto le truppe del generale Campana, consentirono l’occupazione di Salerno da parte degli insorti. Per questa sua partecipazione fu esiliato e gli fu concesso di rientrare a Serino solo dopo l’indulto pubblicato a Roma il 10 gennaio 1831.135 Settario e carbonaro fu giudicato l’impiegato comunale D. Gennaro Anzuoni, che, perciò, fu destituito dall’impiego.136 Faceva parte della Carboneria anche Carmine Solimene di Dogana Vecchia. Egli accompagnò Raffaele Anzuoni all’incontro segreto con il tenente colonnello de Concilj, e, come trabante ( attendente), fu chiamato a testimoniare su quell’incontro il 28 dicembre 1822.137 Figura di rilievo tra i carbonari serinesi dev’essere considerato Tommaso De Filippi, quello che nell’aprile 1820 aveva confidato a suo zio Costantino, Intendente di Terra di Lavoro, che in Irpinia stava per iniziare un’insurrezione. . Egli, settario fra i più antichi e fondatore di vendite, ebbe parte rilevante negli avvenimenti insurrezionali del 1820, che portarono alla concessione della Costituzione il 13 luglio di quell’anno, poiché, quale colonnello dei militi di Avellino, il 2 luglio ordinò a tutti i capitani della provincia di marciare sul capoluogo con le loro compagnie. Il mattino successivo, 3 luglio 1820, insieme al tenente colonnello De Concilj le passò in rivista nel Largo dei Tribunali, e, dopo essersi unito alle 135 Cannaviello Vincenzo, idem, pp. 250, 209; Cannaviello Vincenzo, idem, p. 160; 137 Romei Gennaro, 1820. I rivoluzionari di Serino. Poligrafica Ruggiero, Avellino 1941, p. 29. 136 114 Sala di Serino truppe di Morelli e Silvati, sfilò con loro per le vie di Avellino.138 Il 22 luglio, dopo la concessione della Costituzione il 13 luglio 1820, fu nominato Presidente della Giunta Preparatoria per l’ elezione dei Deputati al Parlamento Costituzionale.139 Quando il vento della reazione si fece più impetuoso, egli, quale Presidente della più alta magistratura carbonara (Grande Eletto)140 pronunziò un discorso appassionato , invitando tutti gli adepti a difendere la Costituzione di recente conquistata rischiando la vita, e, il 13 marzo 1821, dopo la rotta di Androdoco, indirizzò, a militi e volontari, un appello stampato, invitandoli a sostenere il generale Pepe e a non dimenticare che essi, nell’affiliarsi alla carboneria, avevano giurato di far trionfare i principi della libertà, dell’eguaglianza e odio per la tirannia, e, qualora non fosse stato possibile tener fede a questo giuramento senza lottare, di combattere fino alla morte. Al ripristino del governo assoluto cercò di rimanere in patria assicurando, con atto pubblico, la sua futura buona condotta, versando a garanzia la somma di 3000 ducati, ma riuscì a ottenere soltanto un passaporto per lo Stato Pontificio. 141 Nell’agosto 1825 gli fu concesso di ritornare in patria, forse per i buoni uffici interposti da suo zio l’Intendente Costantino de Filippi, di comprovata fede borbonica;142 ma la sua condotta verso il governo borbonico non dovette essere esemplare, poiché un suddito zelante di Santa Lucia di Serino, sua patria, ritenne opportuno informare le autorità che il De Filippi riceveva, in un suo casino di campagna sito nel territorio di Santo Stefano del Sole, le visite dei principali settari del Circondario di 138 Cannaviello Vincenzo, idem, p. 201; Cannaviello Vincenzo, idem, p. 50; 140 Cannaviello Vincenzo, idem, p. 46; 141 Cannaviello Vincenzo, idem, p. 201e seg,; 142 Romei Gennaro, 1820. I rivoluzionari di Serino. Poligrafica Ruggiero, Avellino 1981, p. 44; 139 115 Filomeno Moscati Avellino, e, nel tornare da Giffoni , ove egli spesso risiedeva, si faceva scortare dalla guardia civica di Serino con a capo D. Raffaele Bastano, che era un effervescente carbonaro.143 Sabato Perreca , residente nel casale San Biagio e sindaco di Serino nell’anno 1820, , fu uno dei maggiori rappresentanti della Carboneria serinese. Era un massone divenuto carbonaro dopo il 1815, durante il periodo della restaurazione borbonica, così com’era avvenuto per molti altri iscritti alla massoneria.. Divenuto adepto della Carboneria fondò una vendita carbonara nel casale ove risiedeva, inducendo molti ad iscriversi ad essa e prodigandosi, poi, per istruirli nell’uso delle armi e negli esercizi militari. Il 2 luglio 1820, dopo il colloquio segreto con il tenente colonnello de Concilj, fu tra quelli che, partendo proprio da San Biagio, percorsero le vie dei principali casali di Serino, e, spiegando al vento il tricolore della Carboneria, dopo avere propalato la falsa notizia che a Napoli era scoppiata la rivolta e il re era morto, minacciarono di morte tutti quelli che non si univano a loro. Il 3 luglio, col grado di capitano, condusse in Avellino i carbonari da lui istruiti nell’arte militare, per unirsi al reggimento guidato da Morelli e Silvati, e, dopo la proclamazione della Costituzione, insignito della fascia tricolore presenziò, quale sindaco di Serino, alla messa di ringraziamento, cantata con Te Deum, che fu celebrata nella chiesa del convento francescano di S. Francesco e Giacomo. Il 13 giugno del 1821, mentre si recava alla casa comunale, fu arrestato e condotto in carcere ad Avellino, per essere poi trasferito nelle carceri napoletane, prima a Castel Capuano e poi al carcere di S. Francesco, ove rimase imprigionato per circa tre anni. Scarcerato, a causa di una grave malattia, gli fu concesso di espatriare nello Stato Pontificio dove rimase in 143 Cannaviello Vincenzo, Gli Irpini nella Rivoluzione del1820 e nella Reazione Tipografia Pergola 1941, , p. 201 e seg.; 116 Sala di Serino esilio, a Roma, fino al 1831, quando rimpatriò beneficiando dell’indulto del 18 dicembre 1830.144 Accanto a questi rappresentanti eminenti della Carboneria serinese un numero notevole di adepti, appartenenti a tutti i ceti sociali e a tutti i casali di Serino, partecipò attivamente ai moti rivoluzionari del 1820 e subì persecuzioni ed esilio. Citiamo, fra i tanti che sono degni di ricordo: i fratelli Rubino e Donato Lanzillo, di San Biagio, esiliati; D. Alessandro e D. Nicola Tramaglia, di San Biagio, esiliati; il barone Domenico Brescia, di San Sossio, esiliato; i sacerdoti Don Filippo Feoli, Don Donato Mariconda, Don Salvatore Masucci, parroco di San Sossio, Don Francescantonio Cheche, Don Vincenzo De Filippis, Don Carmine Mariconda, Don Francesco Mariconda, Don Raffaele Volpe, tutti insegnanti privati a cui fu revocato il permesso dell’insegnamento; e, insieme a loro, tantissimi altri cittadini che subirono la sorte di essere privati del loro incarico.145 Essi sono ben degni di essere ricordati come i leoni del Monte Terminio, in conformità alla denominazione della vendita carbonara cui erano iscritti. 144 Cannaviello Vincenzo, Gli Irpini nella Rivoluzione del 1820 e nella Reazione, Tipografia Pergola, Avellino 1941, p. 203; 145 Cannaviello Vincenzo, idem, pp. 121-160; 117 Filomeno Moscati Bibliografia Barra Francesco, La rivoluzione del 1799, in Storia illustrata di Avellino e dell‘Irpinia, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra , Avellino 1966; Cannaviello Vincenzo, Gli irpini nella rivoluzione del 1820 e nella reazione, Tipografia Pergola, Avellino 1941; LORENZO DE CONCILJ o liberalismo irpino, De Angelis Editore, Avellino 2001; Croce Benedetto, Storia del Regno di Napoli, a cura di Giuseppe Galasso, Adelphi Edizioni, Milano 1992; De Nicola Carlo, Diario; Moscati Filomeno, Storia di Serino , Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005; Moscati Ruggero, Una famiglia borghese del Mezzogiorno Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1964; Romei Gennaro, 1820. I rivoluzionari di Serino, Tipografia Pergola, Avellino1981; 118 Sala di Serino VII Sala e Dogana Vecchia in epoca contemporanea I due antichi casali di Sala e Dogana Vecchia, con il mutare dei tempi e l’impetuoso e travolgente avanzare della moderna civiltà tecnologica e digitalica, hanno subìto, nell’epoca posteriore alla II guerra mondiale e al terribile terremoto del 1980, una profonda trasformazione; una trasformazione evidente sia dal punto di vista fisico che da quello del costume, legati alle tradizioni e alla cultura della civiltà contadina che avevano caratterizzato la vita di Serino almeno fino al termine della seconda guerra mondiale. La prima e più vistosa trasformazione è quella fisica, giacché balza evidente, agli occhi di tutti, che i due casali, prima separati da un tratto di strada disabitato di un centinaio di metri, sono oggi congiunti da una strada completamente abitata senza soluzione di continuità, tanto da formare un corpo unico che induce a pensare che essi siano un solo casale; un casale che costituisce il cuore pulsante dell’odierna Serino. La trasformazione era, in realtà, iniziata già nel ventennio fascista, quando, nel corso degli anni trenta del secolo XX, il vento della tecnologia moderna si avvertì anche a Serino con l’impianto , in Sala di Serino, di una modesta sala per proiezioni cinematografiche, situata proprio là dove hanno inizio la strada per Fontanelle e la Salita di Turci; sala cui venne dato, forse a causa del numeroso pubblico che attirava nei giorni di proiezione dei film di propaganda del regime, il pomposo nome di Cinema Sirena. In Dogana Vecchia, invece, sotto il regime fascista venne costruito il locale dell’ECA (Ente Comunale di Assistenza), 119 Filomeno Moscati ove venivano distribuiti pacchi dono, derrate alimentari e generi di sussistenza per gli iscritti nell’elenco dei poveri. Le fondamenta delle trasformazioni più appariscenti dal punto di vista dell’aspetto fisico, ma soprattutto dal punto di vista della mutata mentalità e delle mutate esigenze della popolazione, furono gettate, nel dopo guerra, dal primo Consiglio Comunale democraticamente eletto nel marzo 1946, che, nella seduta del 4 maggio 1946, ratificò due decisioni della Giunta Comunale, deliberate in data 16 aprile 1946; decisioni che, pur potendo essere considerate soltanto come dichiarazioni d’intenti, costituiscono il primo passo del cammino verso la modernizzazione del paese. La prima, concernente il miglioramento delle comunicazioni viarie con le conseguenti ricadute economiche e commerciali, riguardava la progettazione di una strada, definita in delibera come una ―secolare aspirazione dei Serinesi‖, che, sostituendo la ― scomoda e preistorica mulattiera‖, congiungesse in modo agevole Serino e Giffoni. 146 Questa strada fu effettivamente realizzata nel corso degli anni sessanta.147 La seconda, mirante al miglioramento delle condizioni culturali e sociali della popolazione, prima in parte analfabeta, stabiliva l’istituzione, nell’ambito territoriale del Comune, di una Scuola Media.148 Sempre in questo ambito fu evidenziata, nell’anno 1951, la necessità di istituire a Serino una Scuola Media di tipo agrario,149 e di costruire in Sala di Serino un edificio scolastico con annesso campo sportivo;150 e, nel 1958, proseguendo nell’opera di modernizzazione del paese, fu 146 Deliberazione del Consiglio Comunale di Serino del 4 maggio 1946 Vedi anche Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni. Penta di Fisciano (SA) 2005, p.416; 148 Deliberazione del Consiglio Comunale di Serino del 4 maggio 1946; 149 Consiglio Comunale di Serino del 27 agosto 1951; 150 Consiglio Comunale di Serino del 27dicembre 1951; 147 120 Sala di Serino deciso l’acquisto di un’area per il Palazzo delle Poste e Telegrafi da costruirsi nella frazione capoluogo, Sala di Serino.151 Negli anni che vanno dal 1960 al 1970, che contrassegnarono il cosiddetto ―boom economico,‖ e, sulle ali di esso, la rimozione delle macerie della guerra e la ricostruzione in tutto il Paese, a Serino, “nel 1963 fu decisa la ricostruzione del campanile della chiesa di Sala, crollato per effetto dei bombardamenti del Settembre 1943; nel 1965, fu approvato il progetto generale per la costruzione della sede municipale, in sostituzione del vecchio ―Municipio‖, parzialmente crollato per effetto degli stessi bombardamenti; nel 1967, fu contratto un mutuo a questo scopo…… Nell‘anno 1969, avendo ormai risanato le ferite della guerra, completato l‘iter dell‘edilizia scolastica e della viabilità con l‘apertura della strada Serino Giffoni, della S. S. Terminio e della superstrada AvellinoSalerno, fu iniziata l‘opera di industrializzazione, mirata a creare posti di lavoro e condizioni di vita migliore per i lavoratori dei campi, che costituivano la gran parte dei cittadini di Serino. Si iniziò con la costituzione della “Cooperativa agricola Serino e Valle del Sabato”, che aveva come scopo una vendita sicura a prezzo adeguato dei prodotti della Valle;….e, nel 1970, vennero individuate le zone di sviluppo industriale e furono concesse le licenze edilizie per la costruzione delle fabbriche per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli S.E.C.A. SUD e S.O.S. (Società Ortofrutticola Serinese) e, nel 1971, della “Serena S.r.l.”. In quello stesso anno 1971 furono definitivamente eliminati i segni della guerra mediante l‘abbattimento di ciò che restava della vecchia sede comunale, sita nella frazione Sala alla Via 151 Deliberazione del Consiglio Comunale di Serino del 27 agosto 1958; Cfr. Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 200 5, pp. 421, 422; 121 Filomeno Moscati Municipio, giusta decisione del Genio Civile, per consentire la sistemazione esterna del nuovo edificio municipale,152 L’onda della modernizzazione e del miglioramento economico e culturale di Serino, contrassegnata dalla costruzione delle fabbriche e di nuove ed efficienti arterie viarie, fu resa evidente, malgrado l’ingente danno causato al patrimonio edilizio dal sisma del 1980, dal sorgere, nell’anno 1982, di un istituto bancario, la ―Cassa Rurale ed Artigiana,‖ che ebbe la sua prima modesta sede in Sala di Serino, alla Via Sala Fontanelle, in locali presi in affitto. Essa nacque come ―società cooperativa a responsabilità limitata ispirata ai principi cooperativi della mutualità senza fini di lucro‖ e il suo progredire, contrassegnato dall’apertura di una nuova agenzia ad Aiello del Sabato nel 1991; dal mutamento della denominazione sociale in ―Banca di Credito Cooperativo‖ nel 1997; dall’inaugurazione di una decorosa sede sociale, di proprietà della banca, nella centralissima Piazza della fontana di Sala di Serino, nel 1998; e dall’apertura di una seconda agenzia in Via Puntarola di Atripalda nel 2004; segna le tappe del progresso dei tre Comuni del Serinese negli anni che vanno dal 1982 al 2010. 153 Questo progresso fu reso ancora più evidente dall’aperura, sempre in Sala di Serino, di altre due agenzie bancarie , una della Banca Popolare dell’Irpinia ( poi denominata Banca della Campania) . l’altra del Banco di Napoli; e, nell’anno 1984, nell’intento di indirizzare il futuro sviluppo di Serino anche in ambito turistico, furono concesse, in questo senso, nuove destinazioni turistiche alberghiere, 152 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.422,423; 153 Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp.442-445 122 Sala di Serino come quelle riguardanti l’Hotel Serino e i ristoranti, Boschetto, Don Lorenzo. Tornola, Valleverde e Del Sole.154 Nell’anno 1988 fu dato l’avvio alla costruzione, sempre in Sala di Serino, di due importanti opere: il Mercato Coperto, teso a incrementare il commercio, nella frazione capoluogo, rendendolo più facile e pratico; e la costruzione di una Villa Comunale, che, oltre a costituire, con i suoi spazi verdi, un luogo di svago e di riposo per la popolazione di tutta Serino, servisse anche a rendere più bella e accogliente la frazione capoluogo. A sottolineare il mutamento e il passaggio dall’antico mondo contadino, che per millenni aveva caratterizzato la vita dell’antica Serino, a un nuovo mondo industrializzato e tecnologicamente avanzato, più moderno, e, perciò, più attento alla conservazione dei valori del sapere e della cultura umanistica legati all’ antica civiltà, dopo la morte del francescano Salvatore Floro di Zenzo, il 23 marzo del 1988, fu deciso di intestare a Lui, che di questo sapere e di questa cultura era stato il più valido rappresentante,155 la Biblioteca Comunale allogata nella restaurata Casa dell’ E. C. A. in Dogana Vecchia. Il mutamento culturale e sociale, causato dal passaggio dalla civiltà contadina alla moderna società industrializzata e digitalizzata, mi è stato reso palese proprio da un contadino, mio antico cliente ed ora soltanto mio amico, che, incontrandomi nel laboratorio di computer di Giacomino Mazza in Fontanelle di Serino, con la solita saggezza contadina mi fece capire quanto poco contasse il sapere antico 154 Moscati Filomeno, idem, p. 444; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Gutenberg Edizioni, Penta di Fisciano (SA) 2005, pp. 445-448; Salvatore Floro Di Zenzo, francescano poeta e poeta francescano, Edizione a cura del Comune di Serino, Europrint 2000, Sirignano (AV) 2008; 155 123 Filomeno Moscati dicendomi: ― Dottò, ricimmo ‗a verità, oggi chi nun sape usà ‗o computer è ‗nu perfetto analfabeta.‖ Questo passaggio epocale si appalesa anche nel mutamento e addirittura nella scomparsa di tradizioni e usanze, che erano l’espressione più genuina della cultura popolare dei nostri antenati, per cui oggi non è più possibile udire il canto che, in modo appena velato, i rivottolesi ( eredi dello spirito satirico e caustico espresso nei versi fescennini dai loro antenati latini) intonavano ogni anno, (almeno fino agli anni cinquanta del secolo XX) accompagnando in processione, il 13 di giugno, il simulacro (di mezzo busto) di S. Antonio quando attraversavano il centro di Sala di Serino: Sant‘ Antonio mio benegna A chilli ra Sala ‗na freve malegna, ‗e Santo Biase ‗nu pantecore, ‗e Funtanelle e Rivuottolo ‗na bella braciola. Le ragazze, invece, specie quelle cosiddette da marito (forse invidiose delle loro coetanee di Sala, considerate pericolose contendenti perché più evolute, più eleganti e più esperte nelle seduzioni d’amore) giunte all’altezza della chiesa della Madonna della Neve , rivolgevano alla Madonna la seguente invocazione: 124 Sala di Serino Maronna mia Fallo caré! Fallo caré!! E fallo caré!!! ‗o ponte ra Sala, a do‘ vanno ‗e Salaiole A fa‘ l‘amore. 156 156 N. d. A. Fescennini erano detti i canti rusticani , gioiosi , pieni di arguzie grossolane e spesso addirittura licenziose, che gli antichi romani usavano cantare in occasione della mietitura, della vendemmia, delle nozze e di qualsiasi altra festività. La loro denominazione, secondo una delle versioni tramandateci dal grammatico latino Festo, deriverebbe dal vocabolo latino fascinum = malocchio, assai calzante nei due casi di cui sopra . 125 Filomeno Moscati 126 Sala di Serino Bibliografia Abbate Francesco, Storia dell'Arte nell'Italia Meridionale, Editore Donzelli, Bari 2001; Accorsi C. A., Aiello A., Bartolini C., Castelletti L., Rodolfi G., Ronchitelli A., Il giacimento paleolitico di Serino (Avellino), stratigrafia, ambienti e paleoetnologia, in atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Memorie, serie A, 1979; Armellini Mariano, Lezioni di Archeologia cristiana, Tipografia della pace di Filippo Cuggiani, Roma 1898; Barra Francesco, La città dei Caracciolo, in Storia illustrata di Avellino e dell'Irpinia, Vol. III, L'Età moderna, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra (AV) 1996; Bianchini Lodovico, Della storia delle finanze nel regno di Napoli, Stamperia di Francesco Lao, Palermo 1839; Cannaviello Vincenzo, Gli Irpini nella Rivoluzione del 1820 e nella reazione, Tipografia Pergola, Avellino1941; LORENZO DE CONCILJ o liberalismo irpino, De Angelis Editore, Avellino 2001; Caracozzi Antonietta, Luigi Oberty e la diffusione del neoclassicimo nell'Italia meridionale, Edipuglia, Bari 1999; Carotenuto Simona, Pittori napoletani del Sei e Settecento nel territorio di Serino, Paparo editore, Salerno 2008; Crisci Generoso, Campagna Angelo, Salerno Sacra, Edizione della Curia Arcivescovile, Salerno 1962; Crisci Generoso, Salerno sacra, a cura di De Simone V., Rescigno G., Manzione F., De Mattia D., Edizioni Gutenberg, Lancusi (SA) 2001; Croce Benedetto, Storia del Regno di Napoli, Adelphi Edizioni 1992; De Maio Mimma, Documenti inediti sulla famiglia di Francesco Guarini, in Il Campanile, notiziario di Solofra, del 16 gennaio 2011; Foscolo Ugo, Dei sepolcri; Giordano P. Teofilo M., I frati minori a Serino, Tipografia dei monasteri, Subiaco (Roma) 1968; Leften Stavros Stavrianos, A global History from Prehistory to the Present, Prentice Hall, New Iersey (USA) 1991; 127 Filomeno Moscati Masucci Alfonso, Serino (ricerche storiche), Tipografia Giuseppe Rinaldi, Napoli 1927; Masucci Filippo, Serino nell'Età antica, Tipografia Pergola, Avellino 1959; Moscati Filomeno, Storia di Serino, Edizioni Gutenberg, Penta di Fisciano (SA) 2005; San Michele di Serino e la Chiesa di S. Michele Arcangelo, LUBIGRAF, Montoro Inferiore (AV) 2007; Salvatore Floro Di Zenzo, francescano poeta e poeta francescano, Europrint 2000. Sirignano (AV) 2008 Moscati Ruggero, Una famiglia borghese del Mezzogiorno, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1964; Nicali Antonio, Storia delle dogane, Edizione curata da Giuseppe Favale, Direttore Ufficio Amministrazione e Finanza; Paolo Diacono, Historia Langobardorum; Pianigiani Ottorino, Vocabolario etimologico della lingua italiana, Edizioni Polaris, Varese 1993; Ricca Erasmo, Istoria de Feudi delle Due Sicilie, Stamperia di Agostino de Pascale, Napoli 1869; Romei Gennaro, Serino Sacra, Chiese e Santi, Poligrafica Ruggiero s. r. l., Avellino1994; 1820. I rivoluzionari di Serino, Poligrafica Ruggiero, Avellino 1981; Ronchitelli A., Segnalazione di un'industria uluzziana a Tornola, Avellino, in Rassegna di Archeologia 1982,1983; Salmon E. T., Il Sannio e i Sanniti, Giulio Einaudi Editore, Steven L. Kuhn and Mary Stiner, What‘s a Mother to do? The Division of Labor among the Neandertals and Modern Humans in Eurasia, Current Anthropology. Vol. 47, n° 5, December 2006; Sue Rowland, Pre-History, Pre- Civilization, and Paleolithic People, in Informal Learning Women's History; Talamo Pierfrancesco, La preistoria, in Storia Illustrata di Avellino e dell'Irpinia, a cura di Gabriella Pescatori Colucci, Enrico Cuozzo, Francesco Barra, Sellino e Barra Editori, Pratola Serra (AV) 1996, Vol. I, L'Irpinia Antica; Tito Livio, Ab Urbe condita; Varrone reatino, De re rustica ; Vitolo Giovanni, Medioevo, Edizioni Bompiani, Milano 1996; 128 Sala di Serino Indice I-Sala di Serino- Antica terra................................,,,p.5 II- Sala di Serino –Dogana Vecchia Origine, evoluzione e significato del nome dei due casali.......................... p. 9 III- Dogana nuova alias Lo Mercato – Chiesa e Convento dello Spirito Santo......... p. 21 IV- Il Cimitero promiscuo.......................................p. 47 V - Parrocchia di S. Eustachio – Madonna della Neve .................................................................p. 59 VI – I leoni del Monte Terminio ………………….p. 105 VII -Sala e Dogana Vecchia in epoca contemporanea ………………………………………………. p.119 Bibliografia ..................................................p.127 Indice ……………………………………….p. 129 129 Filomeno Moscati Finito di stampare il 31 Gennaio 2012 presso il Centro stampa Emilio De Cunzo 83100 Avellino © Copyright. Tutti i diritti riservati 130