1. prime pagine.pmd - Dike Giuridica Editrice

Transcript

1. prime pagine.pmd - Dike Giuridica Editrice
1417
LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI
9. Prova della simulazione relativa parziale: applicazioni pratiche in tema di compravendita e locazione.
Il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch’esso deve risultare per iscritto e
per intero quando per tale contratto è prevista la
forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest’ultima sussista in relazione alla
manifestazione di volontà di vendere e di acquistare. In altri termini, la prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda un elemento accessorio del contratto, in
relazione al quale non opera il divieto di cui all’articolo 2722 c.c., ma un elemento essenziale, con
conseguente applicabilità delle limitazioni in tema
di prova previste da tale disposizione. Cass., Sez.
Un., 26 marzo 2007, n. 7246.
La pattuizione di un prezzo di vendita diverso
da quello apparente indicato nel documento contrattuale non può, nei rapporti tra le parti, essere
oggetto di prova per testi, giacché i limiti alla prova testimoniale di cui all’art. 2722 c.c. operano
anche in presenza di una simulazione soltanto
parziale, ogni qual volta questa si traduca nell’allegazione di un accordo ulteriore e diverso da quello
risultante dal contratto, comunque destinato a
modificare l’assetto degli interessi negoziali riportato nel documento sottoscritto dalle parti. Cass.
19 marzo 2004, n. 5539.
Nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il
contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad
eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati
con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni della pattuizione di
celare una parte del canone di un contratto di locazione non incontra fra le parti i limiti dettati dall’art. 1417 c.c. né contrasta col divieto posto dall’art. 2722 c.c., in quanto una tale pattuizione non
può essere equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi
di dissimulazione del contratto, sicché la prova relativa ha scopo e natura semplicemente integrativa e può a tale stregua risultare anche da deposizioni testimoniali o presunzioni. Cass. 24 giugno
2003, n. 10009.
10. Prova della simulazione e curatore
fallimentare.
L’acquirente di un bene convenuto in revocatoria dal fallimento del venditore (art. 67, n. 1, L.
fall.), qualora deduca la simulazione del prezzo, ha
l’onere di provare, con un documento di data certa anteriore al fallimento, sia il versamento del
maggior prezzo dissimulato, sia il collegamento
di tale versamento con il contratto revocabile;
inoltre, nel caso in cui la prova documentale della
simulazione relativa non sia data da un unico documento, bensì da una serie di documenti tra loro
ricollegabili, ciascuno di essi, secondo il regime
probatorio suo proprio, deve avere data certa anteriore al fallimento. Cass. 1 marzo 2005, n. 4285.
L’opponibilità alla curatela fallimentare della
simulazione di un contratto di compravendita
immobiliare deve essere provata per mezzo di
controdichiarazione che deve avere data certa, ai
sensi dell’art. 2704, c.c., che ne dimostri sia la formazione prima della dichiarazione di fallimento, sia
il perfezionamento in epoca anteriore o coeva alla
stipulazione dell’atto simulato, in quanto, qualora
sia stata stipulata successivamente a quest’ultimo,
integra una modifica del contratto originariamente
stipulato e, quindi, è inidonea a dimostrare l’asserita simulazione. Cass. 10 dicembre 2003, n. 18824.
Il curatore del fallimento, nella qualità di organo investito di una pubblica funzione nell’ambito
dell’amministrazione della giustizia, svolge un’attività distinta da quella del fallito o dei creditori, agendo egli imparzialmente, e non in rappresentanza o
in sostituzione di costoro, onde far valere, di volta
in volta, e sempre nell’interesse della giustizia, le
ragioni dell’uno o degli altri, ovvero della massa
attiva fallimentare. Ne consegue che, nel giudizio
in cui egli eserciti l’azione di simulazione spettante al contraente poi fallito, il curatore stesso
cumula la legittimazione già spettante al fallito
con quella già spettante ai creditori (agendo, pertanto, come terzo quoad probationis), avendo tale
cumulo rilevanza, peraltro, soltanto nei confronti
delle altre parti dell’atto impugnato, e non anche
nei confronti del fallito, rispetto al quale non è, pertanto, legittimamente configurabile alcun contrasto di interessi. Cass. 15 gennaio 2003, n. 508.
Il curatore fallimentare che agisca per la declaratoria di simulazione relativa di un atto di compravendita di un immobile, stipulato da un terzo alienante e da un acquirente fittiziamente interposto,
che dissimulava un trasferimento all’interponente,
poi fallito, cumula la legittimazione già spettante al
fallito con quella che la legge attribuisce ai creditori dell’interponente per far valere la simulazione che
pregiudica i loro diritti. Pertanto, in tale ipotesi, il
curatore agisce come terzo - senza che detta posizione di terzietà sia compromessa dalla circostanza che nello stesso giudizio, sotto altro aspetto e
diverso profilo, agisca anche in sostituzione del
fallito - con la conseguenza che egli può fornire la
prova della simulazione senza limiti, ai sensi dell’art. 1417 c.c., e, quindi, anche a mezzo di presunzioni. Cass. 17 novembre 2000, n. 14895.
11. Prova della donazione dissimulata da
una vendita fittizia: la posizione dell’erede.
L’erede legittimario che chieda la dichiarazione di simulazione di una vendita compiuta dal “de
cuius” siccome celante una donazione, assume la
qualità di terzo rispetto ai contraenti - con conseguente ammissibilità della prova testimoniale o
presuntiva senza limiti o restrizioni - quando agisca a tutela del diritto, riconosciutogli dalla legge, all’intangibilità della quota di riserva, propo-
– 2184 –
1470
LIBRO QUARTO - DELLE OBBLIGAZIONI
quando sulla base di questi si riscontri una concreta
divergenza dell’estensione del fondo rispetto alla misura e ai dati catastali, ai quali le stesse parti hanno
fatto riferimento. Ne consegue che in tal caso occorre verificare, sul piano storico, lo stato dei luoghi
esistenti e conosciuti dalle parti al momento della
stipula dell’atto, giacché, mentre costituisce un valido criterio di indagine la presunzione di conformità
di tale stato a quello anteriore, non altrettanto può
dirsi della presunzione di una conformità del medesimo a quello successivo, dovendosi in quest’ultima ipotesi accertare quando si sia verificata la divergenza fra i confini risultanti dalle mappe catastali
e quelli successivamente individuati. Cass. 22 novembre 2004, n. 22038.
In tema di compravendita immobiliare, ai fini
dell’individuazione dell’immobile oggetto del contratto, i dati catastali non hanno valore determinante rispetto al contenuto descrittivo del titolo
ed ai confini indicati nell’atto, ad eccezione solamente del caso in cui le parti ad essi abbiano fatto
esclusivo riferimento per individuare l’immobile, e
manchi un qualsiasi contrasto tra gli stessi ed i confini del bene. Cass. 14 maggio 2004, n. 9215.
La vendita alternativa (o di genere limitato) è
configurabile anche per gli immobili allorché le
parti concordino di trasferire una determinata
estensione immobiliare da distaccarsi da un’entità di maggiori dimensioni. Il contratto in tal modo
concluso, di natura obbligatoria, acquista effetti reali
allorquando si procederà alla concreta individuazione del bene venduto sulla base della scelta che
dovrà operare il soggetto indicato nel contratto
stesso e, ove si tratti di preliminare, questo viene a
porsi come preparatorio di un contratto ad effetti
esclusivamente obbligatori, in relazione al quale
soltanto si pone il problema della scelta, essendo
questione di interpretazione della comune volontà
dei contraenti l’identificazione della parte a cui spetta tale diritto. Cass. 23 marzo 2004, n. 5757.
Le piante planimetriche allegate ai contratti
aventi ad oggetto immobili fanno parte integrante della dichiarazione di volontà, quando ad esse
i contraenti si siano riferiti nel descrivere il bene,
e costituiscono mezzo fondamentale per l’interpretazione del negozio, salvo, poi, al giudice di
merito, in caso di non coincidenza tra la descrizione dell’immobile fatta in contratto e la sua rappresentazione grafica contenuta nelle dette planimetrie, il compito di risolvere la quaestio voluntatis della maggiore o minore corrispondenza di tali
documenti all’intento negoziale ricavato dall’esame complessivo del contratto. Cass. 5 maggio
2003, n. 6764.
In tema di compravendita immobiliare, ai fini
della sussistenza del requisito della determinatezza o della determinabilità dell’oggetto del contratto, nell’atto devono essere indicati gli elementi necessari per la identificazione del bene venduto, i quali devono essere certi ed oggettivi, e cioè
idonei per la individuazione dell’oggetto. Detta ipotesi, pertanto, non ricorre nella vendita di un bene
- costituito da un lotto di terreno da staccarsi da
uno più grande - di cui non siano specificati i confini e venga indicata solo per approssimazione
anche l’estensione, essendo tali elementi privi di
certezza in ordine alla oggettiva consistenza del
bene. Cass. 12 luglio 2000, n. 9235.
Il giudice chiamato a interpretare la volontà
negoziale in un contratto di trasferimento di bene
immobile correttamente utilizza il tipo di frazionamento, tuttavia se vi sono altri dati contrattuali confliggenti con esso è legittimato a risolvere la quaestio voluntatis in base all’esame complessivo del
contratto stesso, dandone motivazione che, in
quanto riservata ai gradi di merito, è incensurabile in cassazione se corretta sul piano logico-giuridico. Cass. 26 maggio 1999, n. 5123.
Le schede di accatastamento fatte redigere
appositamente da un tecnico e riproducenti planimetricamente in scala, nella sua consistenza ed
estensione, un immobile non ancora censito in catasto, sono, di norma, dirette ad individuare il bene
compravenduto o assegnato e, pertanto, se assunte quali parti integranti dell’atto contrattuale
cui vengono allegate, sono da considerare, non
come semplici dati catastali con valore soltanto
indiziario e sussidiario, ma come fonti dei dati
medesimi, come tali idonee a determinare l’oggetto materiale del negozio. Cass. 28 novembre
1996, n. 10611.
L’oggetto, quale elemento essenziale della
vendita, è tanto quello diretto costituito dal diritto che viene trasferito, quanto quello mediato, costituito dalla cosa su cui cade tale diritto,
sicché ai fini del requisito della determinatezza o
determinabilità dell’oggetto occorre l’indicazione
precisa, sia del diritto, sia della cosa, o dei criteri
di identificazione della stessa. Ne consegue che
nel caso di vendita o promessa di vendita di beni
immobili, per le quali è richiesta la forma scritta
ad substantiam dagli art. 1350, comma 1, e 1351
c.c., anche le modifiche relative all’identità del
bene, concordate tra le parti successivamente alla
stipulazione del contratto, preliminare o definitivo, devono avvenire in forma scritta. Cass. 25
marzo 1987, n. 2891.
2. Prezzo.
Il prezzo è un elemento essenziale della vendita, per cui anch’esso deve risultare per iscritto
e per intero quando per tale contratto è prevista
la forma scritta ad substantiam, non essendo sufficiente che quest’ultima sussista in relazione alla
manifestazione di volontà di vendere e di acquistare. Perciò la prova per testimoni del prezzo dissimulato di una vendita immobiliare non riguarda
un elemento accessorio del contratto, in relazione al quale non opera il divieto di cui all’articolo
2722 c.c., ma un elemento essenziale, con conseguente applicabilità delle limitazioni in tema di
prova previste da tale disposizione. Cass., Sez.
Un., 26 marzo 2007, n. 7246.
In tema di contratto di compravendita immobiliare, nel caso in cui il venditore dichiari in sede di
– 2312 –
2723
LIBRO SESTO - DELLA TUTELA DEI DIRITTI
Costituendo il prezzo elemento essenziale
della vendita, e dovendo anch’esso risultare per
iscritto e per intero quando per il contratto è prevista la forma scritta ad substantiam, non è ammissibile nella controversia fra le parti del contratto la prova testimoniale diretta a dimostrarne
un’entità difforme da quanto risulta dal contratto, non rinvenendosi alcuna delle ipotesi di deroga
previste dagli artt. 1417, 2722 e 2725 c.c. Cass.,
Sez. Un., 26 marzo 2007, n. 7246; conforme Trib.
Napoli, 3 maggio 2007; Trib. Trani 1 febbraio 2008.
In materia di scrittura privata, benché non sia di
regola ammissibile la prova per testimoni o per presunzioni dell’esistenza di un accordo simulatorio concluso allo specifico fine di negare l’esistenza giuridica della quietanza, in virtù del combinato disposto
degli artt. 1417 e 2729 c.c., devono tuttavia ritenersi
ammissibili detti mezzi di prova, nel caso in cui la
domanda sia diretta a far valere l’illiceità dell’accordo simulatorio. Cass. 25 maggio 2005, n. 11017.
La pattuizione di un prezzo di vendita diverso
da quello apparente indicato nel documento contrattuale non può, nei rapporti tra le parti, essere
oggetto di prova per testi, giacché i limiti alla prova
testimoniale di cui all’art. 2722 c.c. operano anche
in presenza di una simulazione soltanto parziale, ogni
qual volta questa si traduca nell’allegazione di un
accordo ulteriore e diverso da quello risultante dal
contratto, comunque destinato a modificare l’assetto degli interessi negoziali riportato nel documento
sottoscritto dalle parti. Cass. 19 marzo 2004, n. 5539.
Nella donazione indiretta realizzata attraverso
l’acquisto del bene da parte di un soggetto con denaro messo a disposizione da altro soggetto per
spirito di liberalità, l’attribuzione gratuita viene attuata con il negozio oneroso che corrisponde alla
reale intenzione delle parti che lo pongono in essere, differenziandosi in tal modo dalla simulazione;
tale negozio produce, insieme all’effetto diretto che
gli è proprio, anche quello indiretto relativo all’arricchimento del destinatario della liberalità, sicché non
trovano applicazione alla donazione indiretta i limiti
alla prova testimoniale - in materia di contratti e simulazione - che valgono invece per il negozio tipico
utilizzato allo scopo. Cass. 27 febbraio 2004, n. 4015.
Qualora la domanda di simulazione sia proposta
da una delle parti e tenda all’accertamento del nego-
zio dissimulato del quale non si assume l’illiceità,
non è ammessa la prova testimoniale dell’accordo
simulatorio, in quanto volta a provare un patto contrario, contestuale alla conclusione del contratto asseritamente simulato. Cass. 6 maggio 2003, n. 6882.
Contra: Nell’ipotesi di simulazione relativa parziale, il contratto conserva inalterati i suoi elementi, ad eccezione di quello interessato dalla simulazione, con la conseguenza che, non essendo il contratto né nullo né annullabile, ma soltanto inefficace tra le parti, gli elementi negoziali interessati dalla simulazione possono essere sostituiti o integrati
con quelli effettivamente voluti dai contraenti. Pertanto, la prova per testimoni della simulazione del
prezzo della vendita non incontra fra le parti i limiti dettati dall’art. 1417 c.c. né contrasta col divieto posto dall’art. 2722 c.c., in quanto la pattuizione di celare una parte del prezzo non può essere
equiparata, per mancanza di una propria autonomia strutturale o funzionale, all’ipotesi di dissimulazione del contratto, sicché la prova relativa ha
scopo e natura semplicemente integrativa e può a
tale stregua risultare anche da deposizioni testimoniali o presunzioni. Cass. 24 giugno 2003, n. 10009;
conforme Cass. 24 aprile 1996, n. 3857.
È ammissibile la prova per testi, dedotta dal
terzo, per dimostrare la simulazione di un contratto stipulato per atto pubblico, perché l’efficacia probatoria privilegiata di esso è limitata ai fatti che il
pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza e
alla provenienza delle dichiarazioni, senza implicare
l’intrinseca veridicità di esse o la loro rispondenza
all’effettiva intenzione delle parti, come nel caso di
dichiarazione di prezzo ricevuto in cambio del bene,
difforme dal vero. Cass. 30 luglio 1998, n. 7500.
La prova testimoniale mediante la quale si tenda a dimostrare che oltre ai soggetti risultanti dall’atto scritto un altro soggetto è stato anche parte
dell’unico contratto stipulato congiuntamente, risolvendosi nella prova di un patto aggiunto e contrario ai termini soggettivi ed oggettivi (perché anche la semplice modificazione del lato soggettivo si
riflette necessariamente sul contenuto e sugli effetti del negozio documentalmente consacrati) incorre nella preclusione prevista dall’art. 2722 c.c.
ed è, pertanto, inammissibile. Cass. 27 giugno 1989,
n. 3119; conforme Cass. 22 giugno 1987, n. 5485.
2723. Patti posteriori alla formazione del documento.
Qualora si alleghi che, dopo la formazione di un documento, è stato stipulato un patto aggiunto o contrario al contenuto di esso, l’autorità giudiziaria può consentire la prova per testimoni soltanto se, avuto riguardo alla qualità delle parti, alla natura del contratto e a ogni altra
circostanza, appare verosimile che siano state fatte aggiunte o modificazioni verbali.
1. Accordo risolutorio; 2. Poteri del giudice; 3. Profili processuali.
1. Accordo risolutorio.
I patti aggiunti o contrari cui l’art. 2723 c.c. fa
riferimento sono solo quelli che apportano alle
clausole contrattuali stipulate in forma scritta
aggiunte e modifiche, destinate regolare diversamente per il futuro particolari aspetti del rapporto fra le parti, nel presupposto della persistenza
e prosecuzione del medesimo. Conseguentemente, non soggiace ai limiti di prova testimoniale da
– 3664 –