Linee guida ISS cianobatteri - Portale Acque
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Linee guida ISS cianobatteri - Portale Acque
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Cianobatteri potenzialmente tossici: aspetti ecologici, metodologici e valutazione del rischio A cura di Enzo Funari, Simona Scardala ed Emanuela Testai Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria ISSN 1123-3117 Rapporti ISTISAN 08/6 Istituto Superiore di Sanità Cianobatteri potenzialmente tossici: aspetti ecologici, metodologici e valutazione del rischio. A cura di Enzo Funari, Simona Scardala ed Emanuela Testai 2008, 92 p. Rapporti ISTISAN 08/6 I cianobatteri sono un gruppo ubiquitario di procarioti in grado di fotosintetizzare, che possono raggiungere densità elevate e formare fioriture e schiume, soprattutto nelle acque superficiali interne eutrofiche. Molte specie di cianobatteri producono, come metaboliti secondari, alcune cianotossine, che rappresentano un potenziale rischio per la salute dell’uomo. Sulla base delle loro proprietà tossicologiche, le cianotossine vengono raggruppate in: epatotossine, neurotossine, citotossine, tossine con potenziale irritante, in grado di agire anche sul sistema gastrointestinale. L’uomo può essere esposto alle cianotossine attraverso la via orale, che è di gran lunga la più importante, a seguito dell’ingestione di acqua potabile, alimenti, alcuni supplementi alimentari o di acqua durante le attività di balneazione. L’esposizione ad elevati livelli di cianotossine nelle acque potabili e di balneazione è stata associata ad effetti acuti e a breve termine nell’uomo. L’esposizione cronica a bassi livelli di cianotossine rappresenta un motivo di preoccupazione per la salute umana, i cui possibili effetti rimangono un argomento critico da approfondire. Questo rapporto riassume le informazioni ecologiche, chimiche, tossicologiche, epidemiologiche disponibili su questa problematica, identifica gli scenari di esposizione a rischio e, ove possibile, fornisce valori di riferimento. Parole chiave: Cianobatteri, Cianotossine, Aspetti ecologici, Metodi di analisi, Valutazione del rischio Istituto Superiore di Sanità Potentially toxic cyanobacteria: ecological and methodological aspects and risk evaluation. Edited by Enzo Funari, Simona Scardala and Emanuela Testai 2008, 92 p. Rapporti ISTISAN 08/6 (in Italian) Cyanobacteria are a ubiquitous group of photosynthetic procariota. Especially in eutrophic inland surface waters, they attain high densities and may form blooms and scums. Several cyanobacterial species produce, as secondary metabolites, cyanotoxins which can threat human health. On the basis of their toxicological properties they are grouped into: hepatotoxins, neurotoxins, cytotoxins, toxins with irritating potential, also acting on the gastrointestinal system. Humans may be exposed to cyanotoxins via the oral route, which is by far the most important, as a consequence of ingesting contaminated drinking water, food, some dietary supplements or water during recreational activities. High levels of cyanotoxins in drinking and bathing waters have been associated with acute and short-term toxic effects in humans. Some concern is raised also with respect to the chronic exposure to low cyanotoxin levels, whose effects remain a critical issue to be clarified. This report summarizes the ecological, chemical, methodological, toxicological and epidemiological information available on this issue, identifies the actual risky exposure scenarios, and, when possible, provides reference values. Key words: Cyanobacteria, Cyanotoxins, Ecological aspects, Methods of analysis, Risk assessment Per informazioni su questo documento scrivere a: [email protected] Il rapporto è accessibile online dal sito di questo Istituto: www.iss.it. Citare questo documento come segue: Funari E, Scardala S, Testai E (Ed.). Cianobatteri potenzialmente tossici: aspetti ecologici, metodologici e valutazione del rischio. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2008. (Rapporti ISTISAN 08/6). Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e Direttore responsabile: Enrico Garaci Registro della Stampa - Tribunale di Roma n. 131/88 del 1° marzo 1988 Redazione: Paola De Castro, Sara Modigliani e Sandra Salinetti La responsabilità dei dati scientifici e tecnici è dei singoli autori. © Istituto Superiore di Sanità 2008 INDICE Introduzione....................................................................................................................................... 1 Distribuzione e fisiologia dei cianobatteri potenzialmente tossici in Italia Daniela Mattei, Mara Stefanelli ......................................................................................................... 4 Metodi chimici per la rilevazione delle cianotossine Simona Scardala, Sara Bogialli, Antonio Di Corcia .......................................................................... 30 Metodi biologici per la rilevazione delle cianotossine Emanuela Testai, Daniela Mattei ....................................................................................................... 49 Metodi genetici nell’identificazione di cianobatteri e della loro potenziale tossicità Susanna Vichi, Simonetta Gemma, Emanuela Testai ......................................................................... 59 Valutazione del rischio associato alla esposizione a cianotossine Enzo Funari, Emanuela Testai ........................................................................................................... 68 Indirizzi internazionali per la tutela della salute Enzo Funari, Simona Scardala, Emanuela Testai .............................................................................. 89 i ii Rapporti ISTISAN 08/6 INTRODUZIONE I cianobatteri sono un gruppo di batteri fotosintetici distribuiti in tutto il pianeta. Nei corpi idrici superficiali eutrofici possono raggiungere densità molto elevate, formare fioriture e schiume. Molte specie di cianobatteri producono tossine e per questa ragione possono essere annoverati tra i microrganismi patogeni emergenti (Bruno et al., 2003). I cianobatteri non sembrano in grado di colonizzare, invadere organismi animali. Tuttavia, è stato dimostrato che possono comportarsi come microrganismi eterotrofi e stabilire un rapporto di simbiosi con piante tropicali (Cox et al., 2003). Inoltre, non può essere del tutto esclusa la possibilità di un rapporto di simbiosi anche in organismi animali (Stipa et al., 2006). Sono caratterizzati da una grande variabilità morfologica, con forme unicellulari, coloniali e filamentose. In genere le cellule sono circondate da uno strato gelatinoso o mucillaginoso, che permette loro di sopravvivere anche in condizioni di siccità (Whitton, 1992). Sono presenti soprattutto nell’ambiente acquatico, dove possono sopportare notevoli variazioni di salinità e temperatura e fotosintetizzare anche in condizioni di bassa intensità luminosa (Rai, 1990). La loro maggiore diffusione si verifica nei laghi naturali e negli invasi artificiali. Molti cianobatteri d’acqua dolce producono come metaboliti secondari una grande varietà di cianotossine. Nel 50-75% dei casi, la tossicità delle fioriture di cianobatteri è dovuta alla presenza contemporanea di diverse tossine (An & Carmichael, 1994), la cui percentuale relativa e distribuzione spaziale può subire variazioni, determinando differenze di tossicità della fioritura. La stessa specie di cianobatteri può essere associata sia a fioriture tossiche che non tossiche. Nel caso delle microcistine, è stato dimostrato che la tossicità di un ceppo dipende dalla presenza di un gene che codifica per la produzione della tossina e che le popolazioni naturali sono generalmente costituite da cianobatteri con entrambi i genotipi; conseguentemente il contenuto di microcistine non può essere correlato direttamente alla biomassa (Kurmayer et al., 2002). Le concentrazioni delle microcistine nei corpi idrici sono soggette ad una notevole variabilità (Sivonen & Jones, 1999), che viene attribuita a due tipologie di fattori: le condizioni ambientali, che potrebbero influenzare la velocità di produzione delle tossine, e la dinamica delle popolazioni, che altera la proporzione dei genotipi tossici all’interno della popolazione di cianobatteri (Dittmann & Börner, 2005). La produzione di microcistine in colture di Microcystis mostra una correlazione diretta con la velocità di crescita della popolazione, in condizioni di limitazione di azoto (Orr & Jones, 1998). I fattori ambientali che influiscono sulla produzione di cianotossine sono numerosi; includono luce, età della cultura, temperatura, pH e concentrazione di nutrienti. Tuttavia gli studi condotti per valutare il contenuto cellulare di microcistine in condizioni nelle quali venivano modificati i valori di questi parametri hanno dato luogo ad una variabilità contenuta, non superiore ad un fattore cinque (Sivonen & Jones, 1999). Le cianotossine possono essere classificate in categorie che rispecchiano gli effetti osservati nei sistemi fisiologici, a carico degli organi e dei tessuti primariamente colpiti (Codd et al., 2005). Includono: − epatotossine (oltre 80 varianti di microcistine, 6 varianti note di nodularine); − neurotossine (anatossina-a, omoanatossina-a, anatossina a-(S), 20 varianti note di saxitossine); 1 Rapporti ISTISAN 08/6 − citotossine (cilindrospermopsina); − endotossine lipopolisaccaridiche (disturbi gastrointestinali e infiammatori); − tossine gastrointestinali prodotte da cianobatteri marini (aplisiatossina, debromoapsiatossina, lingbiatossina). Sono state inoltre identificate altre cianotossine per le quali il profilo tossicologico o ecotossicologico è ancora molto parziale, come la microviridina J (Rohrlach et al., 2003) e la βN-metilammino-L-alanina (Cox et al., 2005). La problematica dei cianobatteri nei suoi diversi aspetti è all’attenzione della comunità scientifica internazionale, come è facilmente dimostrabile dall’elevatissimo crescente numero di pubblicazioni scientifiche disponibili, in particolare in relazione agli aspetti ecologici e metodologici. Un certo ritardo è invece individuabile nel settore della valutazione del rischio, che inevitabilmente si riflette nella carenza di normative adeguate a tutela della salute delle popolazioni. Negli anni recenti, tuttavia, sono state avviate importanti iniziative per colmare questo ritardo da parte di organizzazioni internazionali prestigiose, come l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (WHO, 2003, 2004; IARC, 2006). In questo Rapporto vengono presentate le attuali conoscenze disponibili su questa problematica con un’attenzione particolare a quelle che permettono di valutare il rischio per la salute umana associato alle diverse fonti e vie di esposizione alle cianotossine. Bibliografia An J, Carmichael WW. Use of a colorimetric protein phosphatase inhibition assay and enzyme linked immunosorbent assay for the study of microcystins and nodularins. Toxicon 1994;32:1495-507. Codd GA, Morrison LF, Metcalf JS. Cyanobacterial toxins: risk management for health protection. Toxicol Appl Pharmacol 2005;203:264-72. Cox PA, Banack SA, Murch SJ. Biomagnification of cyanobacterial neurotoxins and neurodegenerative disease among the Chamorro people of Guam. Proc Natl Acad Sci USA 2003;100:13380–3. Cox PA, Banack SA, Murch SJ, Rasmussen U, Tien G, Bidigare RR, Metcalf JS, Morrison LF, Codd GA, Bergman B. Diverse taxa of cyanobacteria produce beta-N-methylamino-L-alanine, a neurotoxic amino acid. Proc Natl Acad Sci USA. 2005;102:5074-8. Dittmann E, Börner T. Genetic contributions to the risk assessment of microcystin in the environment. Toxicol Appl Pharmacol 2005;203:192-200. IARC. Cyanobacterial peptide toxins. In: Ingested nitrates and nitrites, and cyanobacterial peptide toxins. Vol. 94. International Agency for Research on Cancer; 2006. Disponibile all’indirizzo: http://monographs.iarc.fr/ENG/Meetings/94-cyanobacterial.pdf 2006; ultima consultazione 30/12/2007. Kurmayer R, Dittman E, Fastner J, Chorus I. Diversity of microcystin genes within a population of the toxic cyanobacterium Mycrocystis spp. in lake Wannsee (Berlin, Germany). Microb Ecology 2002;43:107-18. Bruno M, Scaradala S, Funari E. Cyanobacteria in drinking waters and related risks to human health. In: Expert meeting on emerging risks to drinking water supplies: best practice for improved management and preparedness to protect public health; Cuernavaca (Messico), 28-30 luglio 2003. OECD; 2003. p. 2 Rapporti ISTISAN 08/6 8. Disponibile all’indirizzo: http://www.oecd.org/dataoecd/21/57/4871029.PDF; ultima consultazione 30/12/2007. Orr PT, Jones GJ. Relationship between mycrocystin production and cell division rates in nitrogenlimited Microcystis aeruginosa cultures. Limnol Oceanogr 1998;43:1604-14. Rai AN (Ed.). CRC handbook of symbiotic cyanobacteria. Boca Raton (FL, USA): CRC Press; 1990. Rohrlack T, Christoffersen K, Hansen PE, Zhang W, Czarnecki O, Henning M, Fastner J, Erhard M, Neilan BA, Kaebernick M. Isolation, characterization, and quantitative analysis of Microviridin J, a new Microcystis metabolite toxic to Daphnia. J Chem Ecology 2003;29:1757-70. Sivonen K, Jones G. Cyanobacterial toxins. In: Chorus I, Bartram J (Ed.). Toxic cyanobacteria in water: a guide to their public health consequences, monitoring and management. London: E & FN Spon; 1999. p.41-111. Stipa G, Taiuti R, De Scisciolo G, Arnetoli G, Tredici MR, Biondi N, Barsanti L, Lolli F. Sporadic amyotrophic lateral sclerosis as an infectious disease: a possible role of cyanobacteria? Med Hypoteses 2006;67:1363-71. Whitton BA. Diversity, ecology and taxonomy of the cyanobacteria. In: Mann NH, Carr NG (Ed.). Photosynthetic Prokaryotes. New York: Plenum Press; 1992. p.1-51. WHO. Guidelines for safe recreational water environment. Volume1. Coastal and fresh waters. Geneva: World Health Organization; 2003. WHO Guidelines for drinking-water quality. 3nd Edition, Volume 1. Recommendations. Geneva: World Health Organization; 2004. 3 Rapporti ISTISAN 08/6 DISTRIBUZIONE E FISIOLOGIA DEI CIANOBATTERI POTENZIALMENTE TOSSICI IN ITALIA Daniela Mattei (a), Mara Stefanelli (b) (a) Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma (b) Dipartimento Insediamenti Produttivi ed Interazione con l’Ambiente, Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, Monteporzio Catone (RM) Introduzione I cianobatteri, conosciuti anche con il nome di Cyanophyta o alghe verde-azzurre, per la presenza al loro interno di pigmenti colorati, pur essendo procarioti, condividono alcune caratteristiche con le cellule algali eucariote tra cui la grandezza e la capacità di svolgere la fotosintesi sia in condizioni aerobiche che anaerobiche. Queste particolarità, unite all’estremo polimorfismo a livello fenotipico hanno sempre determinato difficoltà nella classificazione, soprattutto se basata sulla sola osservazione morfologica. Comunque, lo studio di questi microrganismi dal punto di vista molecolare ed una più attenta analisi morfo-funzionale hanno permesso di considerarli distinti dalle alghe per citologia, fisiologia e biochimica. Infatti, a differenza delle cellule eucariote algali, i cianobatteri non posseggono cloroplasti, ma tilacoidi, contenenti pigmenti quali clorofilla-a, ficocianina, ficoeritrina, carotenoidi e xantofille (Ressom et al., 1994; Duy et al., 2000). Inoltre, sulla base delle sequenze nucleotidiche più conservate usate per classificazioni filogenetiche, quali quelle degli rRNA 16S e 5S, i cianobatteri sono stati considerati dei veri e propri batteri inclusi nel gruppo Eubacteria (Skulberg et al., 1993). La presenza dei cianobatteri nelle acque superficiali ha origine naturale, hanno un ruolo fondamentale negli ecosistemi in cui si trovano, contribuendo alla fissazione dell’azoto atmosferico. Tuttavia, la crescente eutrofizzazione dei corpi idrici, dovuta all’aumento delle immissioni di nutrienti di origine antropica, ha favorito la loro crescita anche a livelli elevati, con la conseguente formazione di fioriture. Il problema sanitario legato alla presenza dei cianobatteri è dovuto alla loro capacità di produrre sostanze tossiche (cianotossine) alle quali l’uomo può essere esposto attraverso varie vie. Caratteristiche ecologiche e fisiologiche La sopravvivenza dei cianobatteri è legata alla presenza di acqua, anidride carbonica, substrati inorganici e luce, ma esistono eccezioni, visto che si conoscono specie capaci di sopravvivere, anche per lunghi periodi, in completa oscurità. La maggior parte dei cianobatteri è autotrofa aerobia, ma alcuni mostrano una distinta abilità per la nutrizione eterotrofa (Fay, 1965). I cianobatteri sono in grado di colonizzare substrati anche poco fertili, come cenere vulcanica, sabbia desertica e rocce (Dor & Denin, 1996) e possono, inoltre, sopravvivere sia alle alte che alle basse temperature. Nonostante la capacità di adattarsi ad ambienti estremi, proibitivi per altri microrganismi, i cianobatteri sono per lo più distribuiti in ambienti acquatici, sia dulciacquicoli che marini, dove costituiscono uno dei componenti predominanti del 4 Rapporti ISTISAN 08/6 fitoplancton marino (Gallon et al., 1996). Alcune specie di acqua dolce sono anche capaci di tollerare alte concentrazioni di sale (alotolleranti), ma la loro maggiore diffusione si registra nelle acque lentiche, sia nella zona epilimnica che ipolimnica. La diffusione dei cianobatteri nelle acque dolci rappresenta un problema di crescente interesse legato alla qualità delle acque di superficie. L’eccessivo apporto di nutrienti (in particolare fosforo e azoto) determina il fenomeno dell’eutrofizzazione delle acque, durante il quale vengono saturati i meccanismi di depurazione naturale, e favorisce l’abbondante crescita di differenti specie di cianobatteri, micro e macro-alghe. In particolare lo sviluppo dei cianobatteri risulta legato a determinate condizioni climatiche (temperatura compresa tra i 10 ed i 30 °C, assenza di vento, basse pressioni, assenza di turbolenza delle acque), e a particolari caratteristiche idrogeochimiche del bacino (come il rimescolamento verticale ciclico delle acque, tipico dei laghi temperati (monomittici e dimittici) a cui segue un rimescolamento delle sostanze nutritive lungo la colonna d’acqua). Il successo nella competizione con altri microrganismi appartenenti al fitoplancton viene garantito da alcuni meccanismi di adattamento estremamente efficaci, che consentono ai cianobatteri di ridurre anche la predazione da parte dello zooplancton. Le principali caratteristiche che contribuiscono all’adattamento dei cianobatteri riguardano: – la capacità di aggregazione; – la fissazione dell’azoto; – lo sfruttamento di sostanze nutritive a concentrazioni molto inferiori rispetto a quelle necessarie ai microrganismi competitori; – l’assorbimento della radiazione luminosa con un’efficienza particolarmente elevata attraverso differenti pigmenti fotosintetici; – la capacità di spostarsi attivamente lungo la colonna d’acqua (buoyancy); – la produzione di cianotossine. Aggregazione Durante il periodo vegetativo, diverse specie di cianobatteri sono capaci di aggregarsi sottoforma di colonie o filamenti risultando distribuiti in modo non omogeneo all’interno della colonna d’acqua. I generi che dimostrano di avere questo comportamento sono Microcystis, Anabaena e Aphanizomenon. Sulla superficie dell’acqua il tasso di fotosintesi delle colonie è più alto e le cellule producono un’elevata quantità di carboidrati. Le proprietà fisiologiche dei cianobatteri variano tra le diverse specie. Le specie unicellulari e coloniali sono fisse, mentre molte forme filamentose sono in grado di compiere movimenti striscianti od oscillatori. In quasi tutte le specie le cellule sono avvolte in involucri gelatinosi dovuti alla mucillagine delle membrane cellulari (es. Chrococcales) o secreti dalla cellula stessa. Fissazione dell’azoto I cianobatteri sono capaci di fissare l’azoto atmosferico grazie alla presenza dell’enzima nitrogenasi che può funzionare solo in assenza di ossigeno. A tale scopo, alcuni cianobatteri, come Anabaena e Nostoc, hanno compartimentalizzato l’enzima in cellule specializzate che non rilasciano ossigeno (eterocisti) rivestite da una parete impermeabile ai gas. Invece, alcuni ceppi unicellulari e molti ceppi filamentosi come Oscillatoria sono in grado di fissare l’azoto in condizioni anaerobie. 5 Rapporti ISTISAN 08/6 Sfruttamento delle sostanze nutritive L’eutrofizzazione, vale a dire l’arricchimento dei sistemi acquiferi con nutrienti disciolti (Rosenberg & Freeman, 1991), è caratteristica di molti corpi idrici in tutto il mondo ed è uno dei maggiori problemi legati alla qualità delle acque. I principali elementi coinvolti in questo processo sono il fosforo (essenzialmente come fosfati disciolti), l’azoto (sotto forma di nitrati e ammoniaca) ed il carbonio. I cianobatteri sono in grado di utilizzare questi nutrienti a concentrazioni molto inferiori rispetto a quelle necessarie ai microrganismi competitori (Lindholm et al., 1992). Il tasso di crescita dei cianobatteri risulta essere più basso rispetto a quello delle microalghe eucariote, ma i cianobatteri, in compenso, mostrano un’alta capacità di assimilare sia azoto che fosforo, quest’ultimo è anche facilmente immagazzinabile (Reynolds, 1987; Mankiewicz et al., 2003; Mateo et al., 2006). Assorbimento della radiazione luminosa Oltre alla clorofilla, tutti i cianobatteri contengono dei pigmenti accessori detti ficobiline: di colore azzurro (ficocianina e alloficocianina) e di colore rosso (ficoeritrina), che spesso mascherano il colore verde della clorofilla. Le ficobiline, come gli altri pigmenti accessori, svolgono l’importante funzione di captare radiazioni luminose di lunghezza d'onda diversa da quella assorbibile dalla clorofilla e di trasmetterla a quest'ultima per lo svolgimento del processo fotosintetico. Inoltre, i cianobatteri posseggono carotene e xantofilla. A differenza degli altri batteri fotosintetici, nei cianobatteri sono presenti entrambi i tipi di fotosistemi tipici dei vegetali eucarioti (PS I e PS II), i quali funzionano usando l'acqua come donatore di elettroni per la produzione di energia chimica (ATP e NADPH) con liberazione di ossigeno. Buoyancy Molti cianobatteri planctonici (es. Microcystis aeruginosa) sono capaci di regolare il loro galleggiamento in risposta alla luce, alle condizioni di turbolenza dell’acqua e ai nutrienti disponibili. Questa caratteristica permette loro di migrare lungo i gradienti termici della colonna d’acqua durante l'anno, in risposta a stimoli luminosi (Reynolds, 1984) ed esigenze nutritive. In questo modo, infatti, possono utilizzare i nutrienti “intrappolati” negli strati più freddi e profondi della colonna d’acqua (Walsby & Klemer, 1974; Klemer, 1976). Il galleggiamento dei cianobatteri è controllato attraverso il bilanciamento tra il contenuto intracellulare di carboidrati (prodotti dalla fotosintesi) e la presenza di minuscole vescicole gassose (<300 nm), che riducono la densità delle cellule o dei filamenti, aumentando le capacità di galleggiamento. Produzione di cianotossine Ad oggi non è noto il significato fisiologico associato alla produzione di cianotossine. Tuttavia alcune evidenze mostrano che le microcistine possono essere trasportate all’esterno della cellula nell’ambiente acquatico circostante attraverso processi di trasporto attivo (Rapala et al., 1997) che comportano un dispendio energetico non trascurabile. Questo farebbe 6 Rapporti ISTISAN 08/6 presupporre che i cianobatteri possano utilizzare il rilascio delle tossine per difendersi, e/o attaccare organismi competitori. Fattori chimici e fisici che contribuiscono alla formazione delle fioriture La crescita dei cianobatteri si verifica durante tutto l’anno nei laghi tropicali, mentre in quelli temperati la crescita e le fioriture dei cianobatteri dipendono dalle temperature (ottimali in genere tra 10 e 30°C) e dalle specifiche caratteristiche del cianobatterio. I generi Anabaena e Aphanizomenon passano l’inverno nei sedimenti come acineti o spore, Microcystis come colonie vegetative (Reynolds & Walsby, 1975), mentre le fioriture si verificano maggiormente nella tarda estate e all’inizio dell’autunno. Planktothrix sp. rappresenta un’eccezione: la sua temperatura ottimale di crescita è, infatti, più bassa rispetto agli altri cianobatteri. I tempi di replicazione mostrano variabilità inter- e intraspecifica e dipendono da fattori ambientali quali temperatura, luce e disponibilità di nutrienti. Il tempo medio di duplicazione per molte specie varia da 21 ore a 14,7 giorni. In condizioni ottimali, le cellule si replicano tanto velocemente da poter dare luogo in circa 2 giorni ad una fioritura, che può persistere per circa 57 giorni (Ressom et al., 1994). Macronutrienti e micronutrienti I principali elementi coinvolti nel processo di eutrofizzazione sono il fosforo (come fosfati), l’azoto (sotto forma di nitrati e ammoniaca) ed il carbonio. Il fosforo è naturalmente presente in tutti gli ecosistemi derivando dall’erosione delle rocce e dal riciclo attraverso la biosfera. La maggior parte del fosforo presente nelle acque, sia in forma organica che inorganica, si trova adsorbito sui sedimenti. La maggior parte del fitoplancton è capace di assimilare azoto e utilizzarlo come ammoniaca, nitrato, nitrito. I cianobatteri sembrano favoriti in ambienti dove la principale fonte di azoto inorganico è rappresentato da azoto ammoniacale (Prescott, 1968; Bold & Wynne, 1985). Sembra inoltre che un pH elevato e bassi valori di CO2 favoriscano la crescita dei cianobatteri, soprattutto quando questi sono il gruppo tassonomico dominante, dal momento che sono in grado di utilizzare in modo efficace la CO2 anche a basse concentrazioni, inibendo lo sviluppo di altre alghe. Rispetto ai metalli presenti nelle acque, manganese e rame sono tossici per i cianobatteri a concentrazioni micromolari, mentre ferro e molibdeno sembrano promuoverne la crescita (Reuter & Petersen, 1987). È stato dimostrato che in assenza o a basse concentrazioni di ferro (<2,5 μM) e di zinco, Microcystis aeruginosa cresce molto più lentamente che ad alte concentrazioni ma le cellule producono il 20-40% in più di tossine (Lukac & Aegerter, 1993). Luce I cianobatteri sono principalmente fotoautotrofi, dipendendo dalla luce per la fotosintesi e da fonti di nutrimento per la crescita. Inoltre, hanno mostrato di essere in grado di sopravvivere in condizioni di bassa intensità di luce, come sul fondo di laghi eufotici, nei sedimenti e in grotte, o in totale assenza di luce, come nel tratto intestinale degli animali (Langeron, 1923a,b; Farre, 7 Rapporti ISTISAN 08/6 1842). Le popolazioni di cianobatteri sono inoltre in grado di adattarsi alla diminuzione della luce durante la crescita, aumentando il contenuto di clorofilla-a, ficocianina, ficoeritrina e l’efficienza fotosintetica. Molti cianobatteri sono sensibili ai prolungati periodi di alta intensità luminosa. Ad esempio i cianobatteri appartenenti al genere Oscillatoria sono adattati a crescere in condizioni di bassa luminosità in quanto ricchi di carotenoidi, mentre le specie appartenenti al genere Microcystis, che danno fioriture superficiali, sono meglio adattate a condizioni di alta luminosità. Questo adattamento sembra dipendere dalla diversa morfologia dei due generi (Paerl et al., 1983). La specie Cylindrospermopsis raciborskii rappresenta un’interessante eccezione: studi condotti in laboratorio hanno mostrato che il tasso di crescita di questa specie è indipendente dall’intensità luminosa, così come è risultata indipendente dall’intensità luminosa la produzione della cilindrospermopsina (Garnett et al., 2003). In condizioni di bassa intensità luminosa, i cianobatteri possono mantenere un tasso di crescita relativamente più alto rispetto ad altri organismi fitoplanctonici, dando loro un evidente vantaggio rispetto ad altri competitori. pH Le fioriture di cianobatteri si verificano soprattutto in acque con pH neutro o lievemente alcalino. L’intervallo di pH tollerato dai cianobatteri va da 6 a 10: valori troppo elevati causano la precipitazione del ferro, non più assimilabile, mentre pH troppo bassi non consentono più l’assimilazione del molibdeno, necessario ai coenzimi delle nitrogenasi e nitratoreduttasi, coinvolte nella fissazione dell’azoto atmosferico. Rimescolamento dell’acqua Nei laghi temperati, come quelli italiani, il processo di destratificazione, dominato dai moti convettivi, inizia in autunno con i primi consistenti raffreddamenti superficiali e quando il bilancio termico della massa d’acqua diventa negativo. Si origina così il progressivo raffreddamento dell’epilimnio accompagnato dal suo continuo approfondimento. Responsabile del fenomeno è l’energia cinetica turbolenta che si sviluppa negli strati superiori con i moti convettivi che tendono ad interessare uno strato sempre maggiore. Il motore di questo meccanismo è rappresentato, in parte, dall’energia potenziale presente nel lago, che però diminuisce in modo direttamente proporzionale alla perdita di calore in superficie, e in parte dall’azione di stress che il vento esplica fino al livello del salto termico, con più o meno energia in rapporto alla sua intensità. In base alle loro vicende termiche stagionali i laghi sono stati classificati sulla base del numero di circolazioni verticali che possono verificarsi nel corso del ciclo annuale (Hutchinson, 1957). In questo senso si riconoscono laghi amittici, monomittici freddi o caldi, dimittici e polimittici. In realtà, le acque di alcuni bacini profondi possono circolare completamente solo in condizioni meteorologiche particolarmente favorevoli (venti forti e temperature atmosferiche rigide), mentre più spesso, come già si è detto, l’isotermia interessa solo una parte della loro massa d’acqua (laghi olo-oligomittici). Anche se la classificazione di Hutchinson è generalmente accettata e quasi tutti i laghi vi sono inquadrati, le peculiarità meteo-climatiche, morfologiche, idrologiche e chimiche dei singoli laghi possono indurre alcune varianti nello schema standard della circolazione verticale. Il rimescolamento dei nutrienti nei laghi e nei fiumi è incrementato anche dalle forti piogge. Le piogge determinano, oltre all’aumento dei nutrienti, la disponibilità di materia particolata, organica ed inorganica, favorendo lo sviluppo delle popolazioni cianobatteriche. Le piogge, 8 Rapporti ISTISAN 08/6 incrementando la sospensione dei sedimenti, contribuiscono all’aumento della torbidità; ne deriva una riduzione della penetrazione della luce e la risalita lungo la colonna d’acqua dei cianobatteri per compensare questa carenza (QWQTF, 1992). Nei canali e nei corsi d’acqua caratterizzati da una considerevole velocità di spostamento delle masse d’acqua, le fioriture sono rare. Le minori velocità che si possono verificare in estate possono favorirne la crescita. La siccità determina la concentrazione dei nutrienti e la riduzione dell’ossigenazione dell’acqua, condizioni che sono spesso associate ad ingenti fioriture di cianobatteri (May, 1981). Movimenti dell’aria La diminuzione dei venti favorisce la cessazione del rimescolamento del corpo d’acqua e di conseguenza la formazione di schiume superficiali. Molte di queste schiume si formano durante la notte, quando i cianobatteri non regolano attivamente il loro galleggiamento (Pearson et al., 1990). Distribuzione Casi di avvelenamenti di animali associati ad esposizione a tossine cianobatteriche in acqua dolce sono riportati in letteratura da molti anni: il primo caso di avvelenamento dovuto a fioriture di cianobatteri risale al 1878 in Australia (Francis, 1878). Il primo caso descritto per la specie umana fu un disturbo gastroenterico causato da tossine cianobatteriche presenti nel Fiume Ohio nel 1931: sfortunatamente le specie e le tossine responsabili non furono identificate (Tisdale, 1931; Veldee, 1931). Il caso più grave è stato segnalato in Brasile, dove un numero elevato di pazienti in dialisi è deceduto a causa della presenza di microcistine nelle acque utilizzate (Jochimsen et al., 1998). La presenza di fioriture di cianobatteri è stata documentata in tutto il mondo (Tabella 1). Tabella 1. Paesi nei quali sono state segnalate fioriture di cianobatteri Continente Paese Europa Belgio, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Latvia, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina America Argentina, Bermuda, Brasile, Canada, Cile, Messico, USA (27 Stati), Venezuela Asia Arabia Saudita, Bangladesh, Corea del Sud, Filippine, India, Israele, Giappone, Giordania, Malesia, Nepal, Cina, Sri Lanka, Tailandia, Vietnam Australia Australia, Nuova Caledonia, Nuova Zelanda Africa Botswana, Egitto, Etiopia, Kenia, Marocco, Sud Africa, Zimbabwe Distribuzione in Italia In Figura 1 viene riportata la distribuzione dei cianobatteri nelle varie regioni italiane, secondo le segnalazioni riportate nella letteratura aperta e grigia. 9 Rapporti ISTISAN 08/6 LOMBARDIA M. aeruginosa P. agardhii P. rubescens A. flos-aquae A. lemmermannii Ap. flos-aquae TRENTINO M. aeruginosa P. agardhii P. rubescens A. flos.aquae Ap. flos.aquae VENETO P. agardhii P. rubescens A. lemmermannii EMILIA ROMAGNA C. raciborskii PIEMONTE M. aeruginosa P. rubescens Anabaena spp. A. lemmermannii Ap. flos-aquae UMBRIA M. aeruginosa P. agardhii C. raciborskii TOSCANA M. aeruginosa MARCHE M. aeruginosa P. agardhii P. rubescens MOLISE M. aeruginosa SARDEGNA M. aeruginosa P. rubescens A. flos-aquae A. planctonica C. raciborskii Ap. flos-aquae LAZIO M. aeruginosa P. agardhii P. rubescens A. lemmermannii C. raciborskii Ap. ovalisporum SICILIA M. aeruginosa P. agardhii P. rubescens A. planctonica Figura 1. Distribuzione dei cianobatteri nelle varie regioni italiane La maggior parte dei laghi artificiali della Sardegna (circa 40) le cui acque sono destinate al consumo umano, è interessato da un elevato stato trofico (eutrofia e ipertrofia) e dalla presenza di massicce fioriture di cianobatteri potenzialmente tossici che si ripetono soprattutto nei mesi estivi. I generi responsabili di queste fioriture sono nella maggior parte dei casi Microcystis (M. aeruginosa e M. flos-aquae), Aphanizomenon (Ap. flos-aquae) e Anabaena (A. flos-aquae e A. planctonica); in qualche caso è stata rilevata la presenza di Planktothrix rubescens (Cattini, 2005). Le fioriture algali di Microcystis aeruginosa avvenute nel 1991, nel Lago Liscia in Sardegna, furono causa di morie di pesci e morie sono state riscontrate anche nel Lago Liscione in Molise. 10 Rapporti ISTISAN 08/6 La stessa specie causò fioriture nel 1998, sempre in Sardegna nel Lago Cedrino e nelle Marche nel Lago Polverina (Melchiorre et al., 2002). Studi limnologici condotti dal 1978 (Naselli & Barone, 1995; Barone & Naselli, 2000) sui laghi artificiali siciliani hanno permesso di individuare una serie di corpi idrici nei quali si sono manifestate fioriture di specie potenzialmente tossiche. Anche l’Italia settentrionale presenta casi di fioriture di cianobatteri tossici. Nel lago di Iseo, a metà agosto del 1997 si verificò un’importante fioritura di Anabaena flos-aquae durata fino alla fine di settembre (Garibaldi et al., 1998; Garibaldi et al., 2000). Due anni dopo, nel 1999, una estesa fioritura di Planktothrix rubescens si è sviluppata nel mese di giugno fino ad estate inoltrata e a fine agosto è stata in parte sostituita da Anabaena flos-aquae che dalla superficie del lago è stata poi spinta dai venti lungo la riva. La stessa situazione si è verificata nel Lago di Varese, durante l’estate del 1997, in cui la fioritura fu caratterizzata dalla dominanza di un cianobatterio filamentoso del genere Leptolyngbya, causando morie di pesci e bivalvi. Nel Lago di Garda, dal 1989, sono state documentate estese fioriture estive di Anabaena lemmermannii sulla superficie del lago. Ulteriori analisi hanno riguardato la dinamica stagionale dei principali cianobatteri del Garda, che oltre ad A. lemmermannii hanno dimostrato la presenza di Planktotrhix spp. Da qualche anno sono presenti nel Lago Maggiore cospicue fioriture causate dalla specie Anabaena lemmermannii (Salmaso, 2005). Nel 2000 quattro regioni hanno segnalato la presenza di fioriture e si è riscontrata la presenza di Microcystis aeruginosa nel Lago Liscia in Sardegna (Sechi, 2000), nel Trasimeno in Umbria e a Canterno nel Lazio (Melchiorre et al., 2002); la presenza del ceppo tossico di Anabaena affinis sempre nel lago di Canterno e quella di Planktothrix rubescens nel lago di Iseo in Lombardia e nel lago di Albano e Nemi, nel Lazio. Fioriture tossiche di Planktothrix sp. interessano da anni (1999-2003) i laghi della provincia di Macerata, in particolare il lago Fiastrone e i bacini Borgiano e le Grazie ad esso collegati (Serenelli, 2005). La stessa specie dal 2003 sta interessando un altro lago della Regione Marche, il Lago di Gerosa, situato nella provincia di Ascoli Piceno. Massicce fioriture di Cylindrospermopsis raciborskii sono state notate nell’estate del 1995 nei Laghi di Albano (Lazio) e Trasimeno (Umbria). Nel 2003-2004 tricomi di questa specie sono stati osservati, nei mesi di Settembre e Novembre, nel Lago Cedrino in Sardegna (Messineo et al., 2006; Manti et al., 2005) e in Emilia Romagna (Manfredini & Ghion, 2005). Dal 2004, nel lago di Albano si rilevano anche fioriture estive della specie Aphanizomenon ovalisporum a cui è stata associata la produzione di cilindrospermopsina riscontrabile fino a livelli di 18 μg/L (Bogialli et al., 2006). Inoltre, dalla metà degli anni novanta il Lago di Massaciuccoli (Toscana) è interessato dalla presenza di Microcystis aeruginosa. Nel 2003 sono stati registrati livelli di microcistine fino a 160 μg/L in acqua, mentre valori ben più elevati sono stati riscontrati nell’epatopancreas di esemplari appartenenti alla specie Mugil cephalus e nella porzione cefalica del gambero di acqua dolce Procambrus clarkii (Simoni et al., 2004). Cianobatteri potenzialmente tossici La stessa specie di cianobatteri può essere associata sia a fioriture tossiche che non tossiche. Nel caso delle microcistine, è stato dimostrato che la tossicità di un ceppo dipende dalla presenza di un gene che codifica per la produzione della tossina e che le popolazioni naturali sono generalmente costituite da cianobatteri con entrambi i genotipi (Kurmayer et al., 2002). Le 11 Rapporti ISTISAN 08/6 diverse condizioni ambientali non sono in grado di modificare significativamente l’espressione del gene, per cui la produzione delle microcistine è una caratteristica relativamente costante nei batteri con il genotipo produttore di tossina. L’ambiente può influire sulla composizione relativa della popolazione, anche se i fattori responsabili della predominanza del ceppo tossico sul non tossico non sono ancora noti. La produzione di cianotossine tende ad aumentare durante la fase di crescita esponenziale per diminuire gradualmente durante la fase stazionaria (Watanabe & Oishi, 1985). Molti studi indicano che i cianobatteri producono la massima quantità di tossine in condizioni di luce e di temperatura ottimali per la loro crescita (Ressom et al., 1994). La più elevata produzione di cianotossine da parte delle specie estive avviene generalmente a temperature comprese tra 18° e 25°C (Chorus & Bartram, 1999). Una maggior produzione di tossine può essere stimolata da condizioni di stress ambientale e, in alcune specie, da basse intensità di luce e brevi fotoperiodi (Ressom et al., 1994). È stato generalmente riconosciuto che in molti ceppi la maggior tossicità delle fioriture è correlata a squilibri nella disponibilità di nutrienti (soprattutto il fosforo) rispetto al rapporto ottimale N/P. Di seguito (Tabella 2) sono riportate alcune delle specie più rappresentative di cianobatteri tossici d’acqua dolce appartenenti agli ordini delle Chroccales, Oscillatoriales, Nostocales e Stigonematales. Tabella 2. Alcune delle specie più rappresentative di cianobatteri tossici d’acqua dolce Ordine Tossina Bibliografia neurotossine, epatotossine Fitch et al., 1934 microcistine Cronberg et al., 2003 microcistine microcistine microcistine microcistine Carmichael et al., 1988 Henriksen et al., 1996 Watanabe et al., 1988 Yasuno et al., 1995 neurotossine, epatotossine Berg et al., 1986 microcistine Gkelis et al., 2001 neurotossine, epatotossine PSP Teneva et al., 2003 Chrococcales Genere Specie Coelosphaerium C. kuetzingianum Genere Specie Cyanobium C. bacillare (sin:Synechoccus bacillare) Genere Specie Microcystis M. aeruginosa M. botrys M. viridis M. wesembergii Genere Specie Woronichinia W. naegeliana Oscillatoriales Genere Specie Limnothrix L. redekei Genere Specie Lyngbya L. aerugineo-coerulea Specie L. wollei Carmichael et al., 1988, 1997 sin: sinonimo segue 12 Rapporti ISTISAN 08/6 continua Ordine Tossina Bibliografia microcistine, anatossine Sivonen et al., 1989 microcistine Skulberg et al., 1985 microcistine, anatossine Carmichael, 1988 microcistine Nogueira et al., 2001 microcistine, omoanatossina-a Skulberg et al., 1992 Sivonen et al., 1989 Humpage et al., 1994 Carmichael et al., 1984 Henriksen, 1996 A. planctonica A. spiroides anatossine, PSP anatossine, microcistine anatossina-a(s), saxitossina, microcistine anatossina-a anatossina-a Genere Specie Anabaenopsis A. milleri anatossina Lanaras et al., 1989 Genere Specie Aphanizomenon A. gracile A. flos-aquae A. ovalisporum PSP anatossina cilindrospermopsina Pereira et al., 2004 Rapala et al, 1993 Banker et al., 1997 Genere Specie Cylindrospermopsis C. raciborskii cilindrospermopsina, saxitossina Hawkins et al., 1985 Genere Nostoc sp. microcistine Beattie et al., 1988 Oscillatoriales (continua) Genere Specie Planktothrix P. agardhii (sin: Oscillatoria agardhii) P. rubescens (sin: Oscillatoria rubescens) P. isothrix (sin: P. mougeotii e Oscillatoria agardhii var. isothrix) P. planctonica (sin: Oscillatoria ornata f. planctonica) Genere Specie Phormidium P. formosum (sin:Oscillatoria formosa) Nostocales Genere Specie Anabaena A. circinalis (sin: A. hassalii) A. flos-aquae A. lemmermannii Park et al., 1993 Park et al., 1993 Stigonematales Genere Specie Hapalosiphon H. hibernicus H. fontinalis microcistine neurotossine, epatotossine Prinsep et al., 1992 Moore et all., 1984 Genere Specie Schizothrix S. calcicola dermatite da contatto Prinsep et al., 1992 Genere Specie Umezakia U. natans cilindrospermopsina Harada et al., 1994 sin: sinonimo Le specie di cianobatteri tossici più rappresentativi in Italia, la descrizione delle loro caratteristiche morfologiche, delle condizioni favorevoli alle fioriture, e l’indicazione delle tossine prodotte sono presentate nel paragrafo seguente sottoforma di schede monografiche, per facilitarne la consultazione. 13 Rapporti ISTISAN 08/6 Cianobatteri tossici in Italia: schede monografiche Anabaena circinalis Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Anabaena Specie Anabaena circinalis Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University) and Cyanosite (www-cyanosite.bio.purdue.edu) Autore Rabenhorst (Bornet & Flahault) Anno 1888 Descrizione Tricomi liberi a forma di spirale, lunghezza 70-120 µm. Rivestimento mucillaginoso assente o lieve. Le cellule vegetative con vescicole gassose, di forma sferica o compressa, 7-9 µm di lunghezza, 7-8-11 di larghezza, di colore verde-azzurro. Le eterocisti sferiche delle stesse dimensioni delle cellule vegetative. Gli acineti ellissoidali (a volte con estremità conica) 20-28 x 15-21 µm. Condizioni favorevoli per le fioriture Acque temperate eutrofiche. Popolazioni prive di acineti in zone tropicali Tossine prodotte Anatossine (Sivonen et al., 1989) PSP (Humpage et al., 1994) Microcistine (Vezie et al., 1998) Distribuzione Australia, Bangladesh, Italia (Lombardia), Nuova Zelanda, Romania, Spagna, Svezia e Turchia. Ceppi di riferimento CCAP 1403/18 CCAP 1403/25 14 Rapporti ISTISAN 08/6 Anabaena flos-aquae Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Anabaena Specie Anabaena flos-aquae Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University) and Cyanosite (www-cyanosite.bio.purdue.edu) Autore Brebisson (Bornet & Flahault) Anno 1886 Descrizione I tricomi sono legati irregolarmente, riuniti in piccoli fiocchetti gelatinosi. Le cellule vegetative, con vescicole gassose, sono sferiche o a forma di cilindro, 6-8 µm di lunghezza e 5,5 µm di larghezza. Le eterocisti sferiche o poco ellissoidali, 6-10 µm di lunghezza, 4-9 µm di larghezza. Gli acineti ellissoidali o cilindrici, lievemente curvati, 30-35 µm di lunghezza, e distanti dagli eterocisti. Condizioni favorevoli per le fioriture La specie di Anabaena flos-aquae, tipicamente eutrofica, non necessita di acque particolarmente ricche di nitrati o materia organica. Ha caratteristiche di stenotermia calda, con cisti di resistenza invernali bentoniche. Questa specie è in grado di fissare l’azoto atmosferico, quindi dipende molto dalla disponibilità di fosforo. Le condizioni favorevoli per le fioriture sono: temperatura tra 20 e 25°C, luce elevata, stratificazione. Tossine prodotte Anatossina-a (Carmichael, 1989; Himberg et al., 1898) Anatossina-a(s) (Mahmood et al., 1987) Microcistine (Sivonen et al., 1992; Harada et al., 1991) Distribuzione Distribuita soprattutto in Canada, Africa, Asia ed Europa (Finlandia, Danimarca, Norvegia, Portogallo). In Italia segnalazioni provengono dalla Sardegna, dalla Lombardia e dal Trentino. Ceppi di riferimento ATCC 22664 CCAP 1403/13 UTEX 1444= FACHB 245 UTEX LB 2383 UTEX LB 2558 UTEX LB 2557 SAG 30.87 15 Rapporti ISTISAN 08/6 Anabaena lemmermannii Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Anabaena Specie Anabaena lemmermannii Foto: Gianluca Corno, CNR-ISE Autore Richter Anno 1903 Descrizione Presenta tricomi avvolti compattamente o lentamente, liberi e solitari oppure legati, con involucro mucillaginoso. Le cellule vegetative, con vescicole gassose, possono essere cilindriche con parte terminale arrotondata, a forma di cannuccia e sferiche, 5,1-7,3 µm di diametro e 7,6-11,9 µm di lunghezza. Le eterocisti sono sferiche o ellissoidali, 6,2-8,7 µm di dimetro e 7,5-11 µm di lunghezza. Gli acineti cilindrici con terminale arrotondato, qualche volta leggermente curvati, 6,8-10,3 µm di diametro e 13,4-36,9 µm in lunghezza, e situati ai due lati delle eterocisti. Gli acineti e le eterocisti si raggruppano sempre al centro del tricoma legati quando maturo. Condizioni favorevoli per le fioriture Specie tipica di laghi più estesi e meno eutrofizzati e quindi ambienti meno produttivi. Presenta una spiccata stagionalità essendo più presente nel periodo che va da fine giugno alla fine di settembre. È in grado di svilupparsi in acque piuttosto calde (media 20°C), presentando una bassa tollerabilità a temperature < di 17°C; richiede condizioni stabili della colonna d’acqua e calma di vento. Sviluppo ottimale si ha per valori elevati di pH (in media 8,5), alte radiazioni luminose e concentrazioni di azoto anche piuttosto basse. Tossine prodotte Anatossina-a(s) (Onodera et al., 1997; Henriksen et al., 1997) Saxitossina (Rapala et al., 2005) Microcistine (Tore et al., 2003) Distribuzione Presente soprattutto in Europa Nord Orientale (Mar Baltico), Romania. In Italia segnalazioni provengono dai laghi del Lazio, della Lombardia, del Veneto e del Piemonte Ceppi di riferimento NIVA-CYA 83/1 NIVA-CYA 281/1 NIVA-CYA 83/1 NIVA-CYA 266/1 16 Rapporti ISTISAN 08/6 Anabaena planctonica Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Anabaena Specie Anabaena planctonica Foto: Petr Znachor– www.fytoplankton.cz Autore Brunnthaler Anno 1903 Descrizione Tricomi liberi, solitari e diritti, con largo involucro mucillaginoso ialino. Le cellule vegetative, con vescicole gassose, sono sferiche o compresse a forma cilindrica, 6,7-14,6 µm di diametro. Le eterocisti sferiche, 5,5-14,6 µm di diametro. Gli acineti ellissoidali, maggiormente solitari, o in coppia e distanti dagli eterocisti, 8,8-23,7 µm di diametro e 14,7-39,8 µm in lunghezza. Condizioni favorevoli per le fioriture La temperatura ottimale di crescita è di circa 25°C. Le fioriture si hanno in particolare in primavera ed inizio estate. Cresce a valori di pH anche molto elevati (9,5) e preferisce laghi ipertrofici con alti livelli di nutrienti. Tossine prodotte Anatossina-a (Park et al., 1993) Distribuzione Ampiamente distribuita in Australia, Stati Uniti, Canada, Brasile. In Italia segnalazioni provengono dai laghi della Sardegna e della Sicilia. Ceppi di riferimento CCAP 1403/19 CCAP 1403/27 NIVA 66 17 Rapporti ISTISAN 08/6 Aphanizomenon flos-aquae Classe Cyanobacteria Ordine Nostocales Genere Aphanizomenon Specie Aphanizomenon flos-aquae Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University) and Cyanosite (www-cyanosite.bio.purdue.edu) Autore Ralfs (Linnaeus) Anno 1850 Descrizione Le cellule sono unite a formare una linea retta, un filamento non ramificato che si assottiglia leggermente verso la parte finale. I filamenti sono usualmente uniti a formare un fascio di filamenti paralleli, liberi di muoversi. Questi fasci appaiono prominenti ad occhio nudo, di colore blu-verdi. Le singole cellule hanno un diametro di 5-6 µm e sono lunghe 8-12 µm (6-8 µm la lunghezza più comune). Al centro di ogni filamento sono localizzati acineti ed eterocisti. Gli acineti, con diametro di 8 μm e lunghezza di 60-70 µm (30-35 µm l’intervallo di lunghezza prevalente), sono di forma allungata e sono posizionati vicino al centro del filamento. Le forma delle eterocisti varia da rettangolare a cilindrica, di 7 (4-9) µm di diametro e 12-20 (6-10) μm di lunghezza, e sono localizzate sempre centralmente ma non vicino agli acineti. A volte sia gli acineti che le eterocisti possono essere assenti. Condizioni favorevoli per le fioriture Aphanizomenon flos-aquae è una specie tipicamente eutrofica, capace di crescere in inverno, preferendo e tollerando le basse temperature. Riesce a sopravvivere al di sotto delle condizioni di crescita favorevoli formando acineti. La temperatura ottimale di crescita varia tra 15-28°C, e la temperatura minima di crescita è di 10°C. Predilige basse radiazioni luminose e l’intensità critica di radiazione è di 2,44 µmol m-2. Cresce a pH basici . Tossine prodotte Anatossina (Bumke-Vogt, 1998) Saxitossine (Li et al., 2003) Cilindrospermopsina (Preussel et al., 2006) Distribuzione Segnalazioni si hanno da USA, Europa (Francia, Portogallo, Spagna). In Italia segnalazioni provengono da laghi della Lombardia, del Trentino, del Piemonte e della Sardegna. Ceppi di riferimento UTEX LB 2384 PCC 7905/1 CCAP 1401/1 SAG 31.87 18 Rapporti ISTISAN 08/6 Aphanizomenon ovalisporum Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Aphanizomenon Specie Aphanizomenon ovalisporum Foto: Glen Shaw Senior Lecturer - School of Public Health, Griffith University Autore Forti Anno 1912 Descrizione Tricomi solitari di lunghezza 60-700 µm, limitatamente curvati alla fine, con poche cellule ialine terminali e le cellule vegetative contengono vescicole gassose, lunghe 2,5-6,9 µm e larghe 2,4-5,1 µm. le eterocisti, sferiche o ellissoidali, lunghi 4,4-10,5 µm e larghi 2,41-5,1 µm, e gli acineti, lunghi 16,0-27,8 µm e larghi 6,0-15,9 µm, sono localizzati i mezzo a tricomi. Condizioni favorevoli per le fioriture La presenza di questa specie è maggiormente ristretta all’epilimnio durante il periodo di stratificazione estivo e autunnale. La temperatura ottimale di crescita è 26-30°C. Il massimo tasso di crescita si ottiene a bassa irradiazione luminosa. La concentrazione di sodio di 5 mM sembra essere essenziale per la crescita di questa specie così come un alto valore di pH. Tossine prodotte Cilindrospermopsina (Banker et al., 1997) 7-Epicilindrospermopsina (White & Hansen, 2005) Distribuzione Australia, Asia, Israele, Grecia, Spagna, Turchia. In Italia segnalazioni provengono dal Lazio. Ceppi di riferimento Al momento non sono disponibili ceppi di riferimento. 19 Rapporti ISTISAN 08/6 Cylindrospermopsis raciborskii Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Nostocales Genere Cylindrospermopsis Specie C. raciborskii Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University) and Cyanosite (www-cyanosite.bio.purdue.edu) Autore Seenayya & Subba Raju (Wołoszyńska) Anno 1972 Descrizione Si tratta di un cianobatterio filamentoso variabile in lunghezza e largo 1-5 mm. Le estremità dei suoi tricomi sono appuntite e terminanti con eterocisti. Le singole cellule sono difficilmente distinguibili perché sono raramente circondate da una parete cellulare. Caratteristica di questo cianobatterio è la presenza di due morfotipi: dritto o curvato. All’interno di queste forme c’è poi un’alta variabilità dovuta alla grandezza ed al numero di tricomi per cellula. Il morfotipo dritto tende ad essere più largo ed a produrre più tossine. Inoltre crescono senza eterocisti e raramente hanno acineti. Condizioni favorevoli per le fioriture Cylindrospermopsis raciborskii è considerato una specie tropicale e sub-tropicale, ma recentemente è stato osservato anche in zone temperate. Ha la capacità di crescere in diverse condizioni ambientali rendendo difficile la predizione della sua presenza e proliferazione. Condizioni che favoriscono la crescita sono il riscaldamento dell’acqua superficiale, temperature maggiori di 23°C, condizioni di bassa luminosità, poca dipendenza dai nutrienti, pH di 8,0 o 8,7. Le fioriture sono difficili da rivelare in quanto non appaiono sottoforma di schiume ma c’è solo un leggero cambiamento del colore dell’acqua. Tossine prodotte Cilindrospermopsina (St Amand, 2002) Saxitossina (Oshima et al., 1995) Distribuzione Australia e Nuova Zelanda, Stati Uniti, Brasile, Portogallo. In Italia segnalazioni provengono dal Lazio, Sardegna, Umbria ed Emilia Romagna. Ceppi di riferimento UTEX LB 2897 CS-510=CR3 SAG 1.97 20 Rapporti ISTISAN 08/6 Microcystis aeruginosa Phylum Cyanobacteria Ordine Chroococcales Genere Microcystis Specie M. aeruginosa Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University) and Cyanosite (wwwcyanosite.bio.purdue.edu) Autore Kutz.em. Elenkin Anno 1846 Descrizione Le cellule di M. aeruginosa sono caratterizzate dalla presenza di vescicole gassose e mostrano la tendenza a formare aggregati o colonie in numero variabile che vanno da pochi a 100 individui, le cui dimensioni variano tra 600 e 900 µm di lunghezza. Le colonie possono apparire di forma sferica, lobata o reticolare. Le colonie sospese, ad occhio nudo, appaiono come piccoli grumi blu-verdi. Le singole cellule sono piccole, 4-6 µm di diametro, con pseudovacuoli visibili e altamente rifrattivi che causano il movimento ed il galleggiamento delle colonie sulla superficie dell’acqua. Le cellule della colonia sono tenute insieme da una matrice trasparente e gelatinosa che può essere difficile da discernere durante l’esame al microscopio. Gli acineti e le eterocisti sono assenti. Condizioni favorevoli per le fioriture Le specie di Mycrocistis sono particolarmente presenti nelle regioni temperate., specialmente in acque dolci in condizioni di bassa salinità. Le fioriture persistono nei corpi idrici se sono presenti livelli adeguati di nutrienti e temperature non al di sotto dei 15°C (ottimo di temperatura 25°C). Le fioriture si verificano normalmente nella tarda estate ed all’inizio dell’autunno e sono comuni in corpi d’acqua eutrofici o ipertrofici. Mycrocistis aeruginosa regola il proprio galleggiamento in risposta alla luce, alle condizioni di turbolenza dell’acqua ed ai nutrienti disponibili. Le piogge possono favorire la formazione delle fioriture in quanto aumentano i livelli di nutrienti (anche a seguito del dilavamento del suolo). Le fioriture sono rapide ed imponenti. Tossine prodotte Microcistine (Charmichael et al., 1988) Microviridina-J (Rohrlack et al., 2003) Distribuzione Stati Uniti, Cina, Australia e Nuova Zelanda, Germania, Romania, Spagna, Svezia, Turchia. In Italia segnalazioni provengono da Lombardia, Trentino, Piemonte, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Molise, Sicilia e Sardegna. Ceppi di riferimento PCC 7005; PCC 7806=CS-569; PCC 7813=CS-570; PCC 7820 CCAP 1450/4=UTEX LB 2385 UTEX B 2669; UTEX LB 2063; UTEX B 2661; UTEX B 2663; UTEX LB 2664; UTEX B 2664; UTEX LB 2665 NIVA CYA 43=CS573 SAG 14.85; SAG 1450-1; SAG 17.85; SAG 18.85; SAG 46.80 21 Rapporti ISTISAN 08/6 Planktothrix agardhii Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Oscillatoriales Genere Planktothrix Specie Planktothrix agardhii Foto: Roger Burks (University of California at Riverside), Mark Schneegurt (Wichita State University)and Cyanosite (wwwcyanosite.bio.purdue.edu) Autore Anagnostidis & Komárek (Gomont) Anno 1988 Sinonimi Oscillatoria agardhii Gomont 1892 Descrizione Le cellule di P. agardhii formano tricomi solitari, diritti, di colore verde-azzurro e di solito assottigliati nella parte finale (a volte terminante con una caliptra). I setti trasversali sono leggermente compressi tra una cellula e l’altra. I vacuoli gassosi sono relativamente larghi e sparsi nella parte periferica della cellula. Le dimensione delle cellule variano tra 3-4 µm per quanto riguarda la lunghezza. Condizioni favorevoli per le fioriture La specie P. agardhii ricca di ficocianina ha una ampia distribuzione e abita corpi d’acqua poco profondi, mesotrofici e ipertrofici. Nei laghi temperati la presenza di questa specie è favorita dalla penetrazione della luce e dalla limitazione dei nutrienti che permettono ai filamenti di crescere e aggregarsi in superficie. L’intervallo di temperatura ottimale per la crescita è di 10-30°C e la salinità tollerata è 7,8‰. Le fioriture si osservano soprattutto in tarda estate. Tossine prodotte Microcistine (Henriksen, 1996) Anatossine (Hawser et al., 1990) Distribuzione Danimarca, Finlandia, Norvegia, Germania, Francia, Svizzera, Spagna, Asia, Cina. In Italia segnalazioni si hanno nei laghi delle Marche, Umbria, Lazio, Lombardia, Trentino, Veneto e Sicilia. Ceppi di riferimento CCAP 1459/11 CCAP 1460/1 CCAP 1460/5 NIES 595 CCMP 600 CCMP 601 SAG 382 SAG 32.79 SAG 6.89 22 Rapporti ISTISAN 08/6 Planktothrix planctonica Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Oscillatoriales Genere Planktothrix Specie P. planctonica Foto: National Science Foundation McMurdo Dry Valley LTER Autore Anagnostidis & Komárek (Elenkin) Anno 1988 Sinonimi Oscillatoria ornata f. planctonica Elenkin Descrizione Planktothrix planctonica presenta tricomi diritti o leggermente incurvati. Le pareti trasversali non hanno restringimenti. Le cellule apicali sono di forma sferica prive di caliptra. Cellule vegetative sferiche o cilindriche, con vescicole gassose, 6,7-14,6 µm di diametro. Eterocisti sferiche, 5,5-14,6 µm di diametro. Acineti ellissoidali, solitari o in coppia e distanti dagli eterocisti, 8,8-23,7 µm di diametro e 14,7-39,8 µm di lunghezza. Le cellule mostrano vescicole gassose di dimensioni cospicue, posizionate nel centro della cellula. Condizioni favorevoli per le fioriture La temperatura ottimale di crescita è di circa 25°C. Le fioriture si hanno in particolare in primavera ed inizio estate. Cresce a valori di pH anche molto elevati (9,5) e preferisce laghi ipertrofici con alti livelli di nutrienti. Tossine prodotte Microcistine (Nogueira et al., 2001) Distribuzione Australia e Nuova Zelanda. Isole Hawaii. In Italia segnalazioni si hanno nei laghi delle Sardegna e della Sicilia. Ceppi di riferimento FACHB 708 23 Rapporti ISTISAN 08/6 Planktothrix rubescens Phylum Cyanobacteria Classe Cyanophyceae Ordine Oscillatoriales Genere Planktothrix Specie P. rubescens Foto: Daniel Stainer - Swiss Federal Institute for Environmental Science and Technology) Autore Anagnostidis & Komárek (De Candolle ex Gomont) Anno 1988 Sinonimi Oscillatoria rubescens De Candolle ex Gomont 1892 Descrizione Le cellule di P. rubescens formano tricomi di color rosso porpora o rosso bruno senza visibile guaina. Il diametro medio dei tricomi è 7 µm, la loro lunghezza è variabile e può raggiungere pochi mm. I tricomi sono composti da cellule adiacenti tutte identiche tra loro, di forma tonda, assottigliata o conica, tranne quelle apicali, che vengono usate per il riconoscimento morfologico. La lunghezza delle cellule è di 1,1-4,9 µm ed il diametro è di 3,9-9,4 µm. Condizioni favorevoli per le fioriture Specie P. rubescens contengono soprattutto ficoeritrina. Sono comuni in corpi d’acqua profondi, stratificati, oligotrofici o mesotrofici. Dovrebbero essere adattate a crescere in condizioni di basse radiazioni luminose, in virtù del loro corredo pigmentario ricco di carotenoidi. Temperatura ottimale di crescita è 10-20°C e la salinità tollerata è 4,3‰. Le fioriture, ben visibili di colore rosso porpora, si verificano in autunno-inverno. Tossine prodotte Microcistine (Chorus et al., 1999) Distribuzione Cosmopolita. In Italia segnalazioni sempre più frequenti provengono dai laghi del Lazio, della Sicilia, della Sardegna, delle Marche, della Lombardia, del Trentino, del Veneto e del Piemonte. Ceppi di riferimento CCAP 1459 CCAP 1460=STAUB 1961/SAG 5.89 UTCC 507 SAG 5.89 24 Rapporti ISTISAN 08/6 Bibliografia Banker PD, Carmeli S, Hadas O, Teltsch B, Porat R, Sukenik A. Identification of cylindrospermopsin in Aphanizomenon ovalisporum (Cyanophyceae) isolated from Lake Kinneret, Israel. J Phycol 1997;33:613-6. Barone R, Naselli Flores L. Bloom di cianobatteri nei laghi siciliani. In: Funari E (Ed.) Aspetti sanitari della problematica dei cianobatteri nelle acque superficiali italiane. Workshop. Atti. Roma, 16-17 dicembre 1999. Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2000. (Rapporti ISTISAN 00/30). p.93-101. Beattie KA, Kaya K, Sano T, Codd GA. Three dehydrobutyrine-containing microcystins from Nostoc. Phytochemistry 1998;47:1289-92. Berg K, Skulberg O, Underdal B, Willen T. 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Per queste sostanze è disponibile una vasta scelta di metodi, da quelli di screening, basati su saggi biologici (test immunologici o basati su attività enzimatica), ai metodi chimico-fisici che si basano essenzialmente su tecniche di separazione cromatografica accoppiate a diversi rivelatori (cromatografia liquida (Liquid Chromatography, LC) seguita da rivelatore UV, fluorimetro (FLuorimeter, FL) e spettrometro di massa (Mass Spectrometer, MS). Altre tecniche utilizzate, anche se molto meno comuni, sono l’elettroforesi capillare e la spettrometria di massa MALDI-TOF (Matrix-Assisted Laser Desorption/Ionization – Time Of Flight). A prescindere dal metodo utilizzato, ci sono alcuni criteri validi universalmente che devono essere soddisfatti per dare risultati affidabili: – le tossine devono essere identificate in modo inequivocabile; – deve essere disponibile uno standard analitico per la tossina specifica così che le concentrazioni possano essere determinate accuratamente. In questo capitolo saranno trattate anche la conservazione e la preparazione del campione, intesi come passaggi critici per assicurare un’accurata determinazione delle tossine. In fase di conservazione del campione, ad esempio, si può causare involontariamente la lisi cellulare o la degradazione fotochimica o microbiologica delle cianotossine, alterando il risultato finale. Per determinare correttamente la concentrazione delle tossine presenti in un campione acquoso, infatti, bisogna ricordare che per tutti i cianobatteri tossici le tossine prodotte possono trovarsi sia disciolte nell’acqua (contenuto extracellulare) che contenute all’interno delle cellule (contenuto intracellulare). Per consentire il rilascio della frazione intracellulare è necessario quindi causare la lisi cellulare. Tale processo può essere condotto come primo step in modo tale che venga misurato il contenuto totale di tossine, oppure le cellule possono essere separate dall’acqua in modo da analizzare separatamente il contenuto intra- ed extra- cellulare. La tecnica più appropriata per la lisi cellulare consiste nel congelare e scongelare i campioni solubilizzati in un solvente appropriato alla tossina in esame, generalmente acqua, metanolo o soluzioni acide. Per ciò che concerne la determinazione del contenuto intracellulare di cianotossine, dal punto di vista analitico è impossibile valutare con certezza le percentuali di recupero, non essendo possibile effettuare contaminazioni sulle cellule stesse, quindi sarà consigliata la procedura che fornisce i recuperi maggiori con una precisione accettabile. 30 Rapporti ISTISAN 08/6 Microcistine e nodularine Le MC (Figura 1) sono eptapeptidi monociclici con peso molecolare che può variare da 500 a 4000 Da anche se la maggior parte delle MC ha peso molecolare (PM) compreso tra 900 e 1100 Da. COOH CH 3 O N N H 3C OMe O N H CH 3 CH 3 NH CH 2 H 3C O CH 3 X O O H N Y COOH Figura 1. Struttura chimica delle MC La struttura generale delle MC è costituita da tre D-amminoacidi (aa) (D-alanina, D-eritro-βmetilaspartato e D-glutammato; la N-metildiidro-alanina; l’Adda, un amminoacido aromatico tipico dei cianobatteri e due L-amminoacidi variabili X e Y, la cui presenza identifica i diversi congeneri conosciuti (attualmente circa 80) (Sivonen & Jones, 1999; McElhiney & Lawton, 2005). I più comuni sostituenti X sono leucina (L), arginina (R) e tirosina (Z), mentre i sostituenti Y sono arginina (R), alanina (A) e metionina (M) (Carmichael, 1988). Le diverse microcistine si identificano proprio attraverso un suffisso, che indica i due L-amminoacidi X ed Y presenti, ad esempio MC-LR, MC-RR. MC-YR. Inoltre, piccole alterazioni nella struttura di altri aa, incluso l’Adda (es. demetilazioni e esterificazioni o presenza di isomeri geometrici) dà luogo ad un numero elevato di altri congeneri. I vari congeneri possono avere tossicità molto diverse tra loro; sono state identificate anche varianti non tossiche, come ad esempio la variante contenente il 6Z-stereoisomero dell’Adda. In generale, quasi tutte le modificazioni a carico dell’Adda generano composti non o molto poco tossici (van Apeldoorn et al., 2007). Le nodularine (NOD) (Figura 2) sono pentapeptidi monociclici contenenti l’Adda e con struttura analoga a quella delle MC (Rinehart et al., 1988): ad oggi si conoscono pochi congeneri, identificati per la variabilità dell’unico L-amminoacido presente in posizione 2, oltre a piccole modificazioni strutturali come le demetilazioni. O O CH3 H3C CH3 N N H NH CH3 CH3 COOH O O CH3 H N O NH O COOH N HN NH2 Figura 2. Struttura chimica della NOD 31 CH2CH3 Rapporti ISTISAN 08/6 Anche per le NOD è stata identificata la variante non tossica contenente il 6Z-stereoisomero dell’Adda. Conservazione del campione Alla conservazione del campione in genere non viene attribuita grande importanza, in realtà uno stoccaggio errato può portare ad una inesatta quantificazione delle tossine. Le MC e le NOD sono relativamente stabili in soluzioni acquose sterili ed in MeOH, tuttavia in presenza di pigmenti possono degradare per via fotochimica con una certa rapidità (Nicholson & Burch, 2001). Per questo motivo è bene conservare al buio i campioni che contengono detriti cellulari e tossine disciolte. Il pH non sembra avere grande rilevanza per la stabilità di MC e NOD, mentre tali tossine sono soggette a degradazione microbica. È consigliabile quindi mantenere i campioni in frigorifero fino all’analisi in quanto il freddo rallenta l’attività microbica. Tale effetto è molto evidente per la NOD; è stato dimostrato che questa degrada molto velocemente in campioni mantenuti a temperatura ambiente ed in modo particolare nei campioni prelevati da bloom piuttosto vecchi. L’emivita della NOD in tali campioni è risultata essere di 24 ore rispetto alle 54 ore rilevate in campioni di laghi non soggetti a fioriture (Heresztyn & Nicholson, 1997). Ad ulteriore conferma dell’origine di tale degradazione, la NOD è risultata stabile in acqua pura, sterile e in acqua trattata con rame, in tutti questi casi si suppone che la quantità di microorganismi presenti sia minima (Nicholson & Burch, 2001). È inoltre da considerare la stabilità delle singole tossine nei solventi di estrazione. La conservazione in frigo o in congelatore viene generalmente accettata come condizione necessaria alla prevenzione della degradazione dei composti in esame, tuttavia studi di laboratorio hanno mostrato che per la MC-RR a 4°C la stabilità varia in funzione del solvente utilizzato (Nicholson & Burch, 2001). Tale studio ha mostrato come sia preferibile, qualora la determinazione finale non venga effettuata subito dopo l’estrazione, l’utilizzo di metanolo puro o al massimo al 75% piuttosto che acqua o acido acetico al 5%. Infine un lavoro di Ikawa et al. (1999) ha mostrato come i normali additivi della plastica possono contaminare i campioni acquosi. Tali additivi possono avere tempi di ritenzione simili a quelli delle MC e poiché esibiscono assorbimento nella stessa regione dello spettro UV (238 nm), possono falsare il risultato delle analisi se si lavora in LC-UV. Per questo motivo si dovrebbero evitare i materiali plastici e preferire bottiglie in vetro scuro. Preparazione del campione Estrazione da tessuti Per l’estrazione da tessuti sono state utilizzate diverse miscele di solventi: − n-butanolo-metanolo-acqua (5:20:75) (Li et al., 2005; Lehtonen et al., 2003); − metanolo puro (Soares et al., 2004); − metanolo 75% (Cazenave et al., 2005); − acqua calda (Bogialli et al., 2005). È tuttavia possibile che le MC formino legami covalenti attraverso la N-metildeidroalanina con le subunità catalitiche della protein-fosfatasi 1 e 2. La formazione di tale addotto riduce l’efficacia dell’estrazione. Ott e Carmichael (2006) hanno messo a punto un metodo per determinare le MC totali (sia libere che legate), tale metodo prevede l’ossidazione del campione e la successiva determinazione dell’MMPB (acido 2-metil-3-metosi-4-fenilbutirrico) prodotto 32 Rapporti ISTISAN 08/6 dall’ammoniacido Adda. La NOD invece, non formando tale addotto viene estratta dai tessuti con maggiore facilità (Meriluoto, 1997). Estrazione da bloom Diversi studi hanno mostrato come nella fase di crescita del bloom le tossine siano contenute all’interno delle cellule, diventa quindi necessario un processo attivo di estrazione. Il primo passo consiste quindi proprio nel causare la lisi cellulare. In parte la lisi viene provocata già dal processo di liofilizzazione spesso utilizzato per isolare il bloom oggetto delle analisi. In molti lavori viene invece preferito effettuare la lisi con più cicli di congelamento (-20oC) /scongelamento o congelamento/essiccazione del campione. Si può anche procedere essiccando le cellule in stufa a 95oC o a 70oC e completando poi l’estrazione sonicando il campione (Meriluoto, 1997). L’estrazione delle microcistine una volta causata la lisi cellulare può essere effettuata utilizzando solventi diversi come soluzioni acquose di acido acetico in proporzioni diverse o soluzioni idro-alcoliche (Harada et al., 1997). Il metanolo puro e l’acqua risultano essere i solventi migliori per l’estrazione delle MC idrofobiche ed idrofiliche rispettivamente (Barco et al., 2005). L’utilizzo dell’acido acetico ha mostrato recuperi molto bassi per le MC più idrofobiche dal momento che la solubilità delle MC cambia in funzione del grado di protonazione dei gruppi carbossilici. L’utilizzo di miscele H2O:MeOH risulta quindi essere il compromesso migliore. La miscela che permette la migliore estrazione per tutte le varianti è costituita da MeOH–H2O al 75-80% (Barco et al., 2005). Matrice acquosa Per i campioni acquosi è difficile indicare una procedura standard a causa della variabilità della matrice di partenza. Infatti, contenuto di carbonio organico disciolto, di minerali, di cloro residuo e pH possono avere valori molto diversi da campione a campione. In generale il campione acquoso prima di essere concentrato e purificato viene filtrato su filtri GF/C per rimuovere cellule, detriti cellulari e materiale particolato che potrebbero interferire con le analisi successive. Qualora si tratti di acque potabili è raccomandabile aggiungere al campione solfito di sodio per rimuovere i residui di cloro libero (Meriluoto, 1997). Procedure di concentrazione e purificazione La necessità di rilevare concentrazioni basse, soprattutto nei campioni acquosi, fa sì che sia necessario concentrare il campione. Ad un semplice processo di evaporazione del campione si preferisce l’utilizzo di cartucce per l’Estrazione in Fase Solida (Solid Phase Extraction, SPE) in modo da effettuare, contestualmente alla concentrazione, anche la purificazione del campione. Per MC e NOD generalmente si utilizzano cartucce di tipo C-18 (Meriluoto et al., 1997), ma sono state utilizzate anche cartucce della famiglia dei Carbon Black Grafitizzati, tipo Carbograph (Bogialli et al., 2006) e colonne a immunoaffinità (Aranda-Rodriguez et al., 2003). In alcuni casi il materiale organico normalmente presente nei campioni, ad esempio di acqua di lago, può essere anch’esso concentrato attraverso l’utilizzo di cartucce C-18 con un elevato endcapping dei gruppi silanolici liberi (l’endcapping assicura un recupero migliore di tossine come la MC-RR, che possono interagire con i gruppi silanolici in virtù delle loro proprietà basiche). In casi simili, qualora l’interferenza da parte della matrice diventi consistente, è consigliabile effettuare una seconda estrazione su cartucce a base di gel di silice (Tsuji et al., 33 Rapporti ISTISAN 08/6 1994), l’efficienza di tale seconda estrazione è da attribuire alle interazioni polari tra i gruppi funzionali idrofili presenti nelle tossine ed i silani presenti nelle cartucce. Nel 1999 Hummert ha riportato un metodo di purificazione utilizzando direttamente cromatografia di permeazione su gel. Metodi di rivelazione La maggior parte dei metodi di analisi riportati in letteratura utilizzano la LC come tecnica separativa. Ci sono però alcuni lavori basati su gas-cromatografia (Gas Chromatography, GC). La determinazione si basa sulla identificazione e quantificazione del composto MMPB, derivante dall’aa Adda, spesso eseguita con la spettrometria di massa. Bisogna tuttavia prestare attenzione al fatto che questo composto derivato da un procedimento di ossidazione, fornisce una risposta relativa al contenuto totale di MC, come somma della frazione libera e coniugata (Hilborn et al., 2007; Orr et al., 2003). In alcuni casi è stato proposto uno standard interno deuterato per la quantificazione (Kaya & Sano, 1999), superando la necessità di standard analitici adeguati. La tecnica separativa più comunemente utilizzata nella determinazione di MC e NOD è l’HPLC (High Performance Liquid Chromatography) a fasi inverse. Le tossine vengono separate tra loro e da eventuali composti endogeni coestratti utilizzando generalmente colonne C-18 o C-8. La fase mobile maggiormente utilizzata è costituita da acqua e metanolo o acetonitrile. Una maggiore efficienza separativa si ottiene utilizzando gradienti ed aggiungendo opportuni modificanti. Tra questi, si usano frequentemente acetato di ammonio, acido formico, acetico o trifluoroacetico (TFA). Il TFA aumenta l’efficienza cromatografica sia protonando i gruppi carbossilici dei peptidi, sia come agente di coppia ionica, aumentando la ritenzione dei peptidi scarsamente trattenuti e minimizzando le interazioni tra i gruppi basici degli analiti ed i gruppi silanolici della silice della fase stazionaria (Spoof et al., 2001). La fase mobile acqua e acetonitrile acidificata con TFA ha un’ottima trasparenza all’UV ed è quindi la fase mobile d’elezione per questo tipo di rilevatore. L’acido formico utilizzato generalmente con i rivelatori di massa non dà buoni risultati con i rilevatori UV a causa dell’elevato assorbimento di questo acido alle lunghezze d’onda di interesse, che si traduce in un elevato rumore di fondo (N) con conseguente diminuzione del rapporto segnale/ rumore (S/N) in generale. L’utilizzo di acetato d’ammonio come tampone ha invece il limite di separare poco le MC che contengono arginina e di non poter essere impiegato ad alte concentrazioni in spettrometria di massa perché poco volatile. La fase mobile a carattere acido viene ritenuta in genere quella con la maggiore capacità di separare le numerose varianti esistenti. Per quanto riguarda le colonne vi sono dei limiti all’uso di colonne C-18, ad esempio le MCLR e MC–YR vengono difficilmente separate, tale separazione si ottiene invece piuttosto facilmente utilizzando una colonna a scambio ionico. La MC-LR e la MC-RR e le rispettive varianti 3-demetilate vengono efficacemente separate anche utilizzando colonne C-16 ammidiche (Spoof et al., 2001). Il rivelatore più comunemente utilizzato è il rivelatore UV. Le MC e la NOD presentano dei massimi di assorbimento prevalentemente tra i 220 ed i 240 nm. Quasi tutte hanno picchi di assorbanza massima a 238-240 nm, mentre le varianti che contengono amminoacidi aromatici, come il triptofano nella MC-LW presentano un assorbimento massimo a lunghezze d’onda minori e precisamente a 222 nm. Grosso limite dei rivelatori UV è che possono esistere molti composti interferenti con le MC che assorbono alle stesse lunghezze d’onda. In tali casi i 34 Rapporti ISTISAN 08/6 rivelatori photodiode array (DAD), che forniscono l’intero spettro di assorbimento delle molecole in esame, consentono di sostenere con maggiore sicurezza la presenza di MC. Sono stati utilizzati anche rivelatori elettrochimici amperometrici (Meriluoto et al., 1998). Questo rivelatore permette l’analisi di composti elettroattivi che possono essere cioè ossidati, come nel caso delle MC, o ridotti. Il metodo ottimizzato per la rivelazione delle MC-LR, -YR, -RR, è applicabile anche a tutte le altre MC che contengono l’arginina, quindi anche alla NOD, e la tirosina così come è applicabile anche a tutte quelle che contengono altri gruppi ossidabili come ad esempio il triptofano. Tuttavia l’identificazione inequivocabile delle MC si ottiene solo con rivelatori di massa. Lo spettro di massa è come un’impronta digitale della molecola in esame e quindi identifica la molecola in modo univoco. Le MC in particolare, hanno la possibilità di formare ioni monocarica ma anche bicarica, a seconda della basicità del componente amminoacidico variabile che ne caratterizza la struttura. Quindi è consigliabile che la scansione di questi composti sia fatta in un doppio range, quello dei monocarica (m/z ca 900-1200 Da) e quello dei bicarica (m/z ca 450-600 Da). Ulteriore evoluzione è rappresentata dai più selettivi rivelatori massa tandem e dalle trappole ioniche che forniscono dati sul pattern di frammentazione degli ioni con maggiore sensibilità e risoluzione. Tale tecnica si è rivelata molto utile nell’identificazione qualitativa delle MC note ma anche di varianti finora sconosciute o i cui standard non sono disponibili commercialmente (Hummert et al., 2001). Si potrebbe proporre una sorta di screening da effettuare con lo spettrometro di massa a triplo quadrupolo in modalità Precursor Ion Scan (Hiller et al., 2007, Bogialli et al., 2006). In questa modalità si possono acquisire tutti i composti che producono lo ione caratteristico delle MC e NOD, che ha un valore di m/z pari a 135 Da, derivante dalla frammentazione dell’Adda. Anche in questo caso è consigliabile effettuare una scansione nel range di valori di ioni monocarica e bicarica. Si può eseguire la stessa operazione anche con un singolo quadrupolo, con minori garanzie in termini di selettività. In casi simili per la quantificazione dei composti di cui non si possedeva lo standard, è stata assunta, in buona approssimazione, la stessa risposta dei composti conosciuti più simili strutturalmente (varianti demetilate e metilate p. es. Bogialli et al., 2006). Il grosso limite per l’analisi quantitativa rimane comunque in generale per tutte le tecniche di rivelazione la carenza di standard certificati per molte varianti di MC. Infine mancano i dati tossicologici per calcolare la tossicità equivalente rispetto alla MC-LR, tale limite peraltro appartiene a tutte le tecniche che determinano le singole tossine e non la tossicità totale. In Tabella 1 sono riportati alcuni esempi (presenti in letteratura) di analisi di MC e NOD in diverse matrici. La tabella riporta, inoltre, il metodo di rivelazione utilizzato, il trattamento subito dal campione prima dell’analisi strumentale e i limiti di rilevabilità (Limit of Detection, LOD). Tabella 1. Metodi di analisi per le MC e NOD Tipo di matrice Molecole analizzate Pre-trattamento del campione Metodo di rivelazione LOD Bibliografia Cianobatteri MC Estrazione con CHCl3:MeOH: H2O (7:6:3) LC-MS/MS Non specificato Vieira Frias et al., 2006 Cianobatteri congelati e scongelati MC e NOD Estrazione con MeOH al 75% con un sonicatore a sonda HPLC/UV LC-MS LC-MS/MS 500pg iniettati (HPLC) 50pg iniettati (LC-MS) Spoof et al., 2003 segue 35 Rapporti ISTISAN 08/6 continua Tipo di matrice Molecole analizzate Pre-trattamento del campione Metodo di rivelazione LOD Bibliografia Cianobatteri liofilizzati MC Estrazione con CH3OOH al 5% in bagno d’ultrasuoni seguita da purificazione su C-18 HPLC/ED Non specificato Meriluoto et al., 1998 MC e NOD Estrazione con MeOH-0,1 M CH3COOH, sonicando il campione Q-TRAP 6-100 pg iniettati Hiller et al., 2007 Cianobatteri e pesci MC Estrazione con MeOH Estrazione con n-butanolometanolo- acqua LC-MS Non specificato Li et al., 2005 Pesci MC Estrazione con MeOH 75% LC/UV LC-ESITOF-MS 0,00160,4 μg/g Cazenave et al., 2005 Tessuti animali MC Ossidazione delle MC a MMPB e purificazione con SPE LC/MS 5ug/g Ott et al., 2006 Acqua MC SPE utilizzando cartucce Carbograph LC-MS/MS 2-9 ng/L Bogialli et al., 2006 Cilindrospermopsina La cilindrospermopsina (CYN) appartiene alla classe degli alcaloidi guanidinici (PM: 415 Da). La molecola è costituita da un gruppo guanidinico triciclico combinato con idrossimetiluracile (Figura 3). OH -O3SO H3C O N NH HN NH + NH O Figura 3. Struttura chimica della CYN Sono state identificate anche altre varianti strutturali della CYN come, ad esempio, la demetossi-cilindrospermopsina, la deossi-cilindrospermopsina e la 7-epicilindrospermopsina (van Apeldoorn et al., 2007). Conservazione del campione La CYN viene adsorbita fortemente dal polietilene, è bene quindi evitare contenitori in polietilene per il campionamento e/o lo stoccaggio. 36 Rapporti ISTISAN 08/6 La CYN risulta inoltre essere stabile per diverse settimane se conservata al buio a pH compresi tra 4 e 10 e fino a temperature di 50° C, mentre degrada rapidamente alla luce in presenza di detriti cellulari (Nicholson & Burch, 2001). Preparazione del campione Estrazione da tessuti L’estrazione dai pesci della CYN viene effettuata da Saker et al. (1999) sonicando il campione in acqua distillata, l’acqua contenente la CYN viene filtrata per eliminare l’eventuale particolato presente ed analizzato. Estrazione da bloom Per l’estrazione da bloom la maggior parte dei metodi riportati in letteratura utilizzano solventi quali MeOH e H2O in diverse proporzioni su campioni preventivamente congelati e scongelati per causare la lisi cellulare o CH3COOH al 5% su campioni liofilizzati (Hawkins et al., 1997). L’acqua pura sembra tuttavia essere il miglior solvente di estrazione; è risultata, infatti, efficace anche con un solo step di estrazione (Welker et al., 2002). Solo per evitare fenomeni di ostruzione della colonna da parte di composti insolubili, come composti proteici rilasciati nella lisi cellulare, è stato aggiunto uno step di precipitazione aggiungendo lo 0,1% di TFA prima dell’iniezione in HPLC (Welker et al., 2002). Matrice acquosa Contrariamente a quanto accade per le MC la CYN viene rilasciata in acqua in maggiori proporzioni. È bene quindi non trascurare la matrice acquosa e seguire con particolare attenzione la fase di purificazione e concentrazione del campione. Procedure di concentrazione e purificazione Dato il carattere estremamente idrofilo della CYN è da escludere l’utilizzo di colonne di tipo C-18 per la purificazione dei campioni acquosi, sono stati invece utilizzati come adsorbenti alcune resine e carbone grafitato (Harada et al., 1994). Metcalf invece nel 2002 ha pubblicato un metodo dove la purificazione e concentrazione della CYN viene effettuata utilizzando in serie cartucce di tipo C-18 e carbone grafitato. In questo caso l’utilizzo della C-18 ha esclusivamente lo scopo di rimuovere i composti lipofili così da non sovraccaricare la seconda cartuccia migliorando sensibilmente la purificazione. In questo sistema l’eluente più efficace, dovendo recuperare concentrazioni a livello di tracce, è risultato essere MeOH al 100% aggiunto di 0,1% di TFA. Metodi di rivelazione La CYN viene generalmente analizzata con metodi chimico-fisici basati sulla cromatografia liquida accoppiata a diversi tipi di rivelatore. Cromatografia liquida Se si utilizzano rivelatori UV, la CYN ha un picco massimo di assorbimento a 262 nm. Tuttavia questi metodi non sono particolarmente sensibili, Metcalf et al. (2002) riporta, infatti, 37 Rapporti ISTISAN 08/6 un LOD di 400 µg/L, è quindi richiesta una forte concentrazione del campione che permette di raggiungere LOD pari a circa 1 µg/L, la concentrazione però può portare all’accumulo di altre sostanze che possono poi interferire con l’analisi. La scelta della fase mobile può variare l’intensità del segnale registrato in UV. È stato provato, infatti, che l’utilizzo di MeOH e di CH3CN a concentrazioni superiori al 50% e 30% rispettivamente si traducono in una riduzione dell’intensità del segnale (Metcalf et al., 2002). Recentemente sono stati ottimizzati metodi in LC-MS/MS sensibili a tal punto che è possibile iniettare direttamente il campione senza alcun processo di concentrazione o purificazione raggiungendo concentrazioni pari a 1 µg/L (Eaglesham et al., 1999) ma anche inferiori (Bogialli et al., 2006). In LC-MS vengono monitorati gli ioni molecolari 416 [M+H]+ per la CYN e 400 [M+H]+ per la deossi-CYN, mentre in LC-MS/MS vengono monitorate le transizioni 416/194 e 400/194 per la quantificazione delle due tossine rispettivamente e le transizioni 416/176 e 400/176 come conferma degli ioni (Li et al., 2001). Come metodo di screening è possibile utilizzare l’LC-MS/MS in modalità Precursor Ion Scan facendo una scansione del precursore dello ione m/z 194 relativo alla perdita del gruppo uracile e alla successiva perdita di SO3 tipica delle CYN (Hiller et al., 2007). Un recente lavoro (Rücker et al., 2007) ha mostrato come in Germania la CYN sia stata rilevata anche in molti laghi dove non erano presenti specie notoriamente produttrici. Ciò a dimostrazione del fatto che le informazioni a disposizione su tale tossina sono ancora scarse, soprattutto non sono ancora note tutte le specie che la producono, si consiglia quindi, qualora se ne abbia la possibilità, di effettuare un’analisi di screening (iniezione diretta in LC-MS/MS) per la determinazione della CYN su tutti i campioni contenenti cianobatteri. In Tabella 2 sono riportati alcuni esempi di analisi di CYN. Tabella 2. Metodi di analisi per la CYN Tipo di matrice Pre-trattamento del campione Metodo di rivelazione LOD Riferimento bibliografico Cianobatteri liofilizzati Estrazione con MeOH-0,1 M CH3COOH, sonicazione de campione Q-TRAP 9 pg iniettati Hiller et al., 2007 Estrazione con MeOH LC-MS/MS Non specificato Stirling et al., 2001 Estrazione con MeOH e purificazione su C-18 LC-MS/MS Non specificato Li et al., 2001 Testate diverse estrazioni con: MeOH, 5%CH3COOH, MeOH: 5%CH3COOH=1:3, H2O HPLC/PDA 1 ng iniettato Welker et al., 2002 Campione sospeso in H2O ed estratto con CH3CN:H2O:HCOOH=80:19,9:0.1 HILIC-MS 3,2 pmol iniettati Dell’Aversano et al., 2004 Cianobatteri e pesci Sonicazione del campione in H2O distillata LC-MS/MS 0,2 μg/L Saker et al., 1999 Cianobatteri e acqua Filtrazione del campione, purificazione con SPE utilizzando 2 cartucce in serie (C-18 e carbone grafitato) HPLC/PDA 0,5 μg/L Metcalf et al., 2002 38 Rapporti ISTISAN 08/6 Anatossine La ATX-a è un alcaloide amminico biciclico a basso peso molecolare (165 Da); la omoanatossina-a è caratterizzata dalla stessa struttura e differisce solo per la presenza di un addizionale gruppo metilico, mentre la ATX-a(s) è invece un estere fosforico della N-idrossiguanidina (Figura 4). a b c Figura 4. Struttura chimica della ATX-a (a), della omoanatossina (b) e della ATX-a(s) (c) L’ATX-a(s) è l’unico estere fosforico prodotto dai cianobatteri. Conservazione del campione L’ATX-a è relativamente stabile al buio, mentre se esposta alla luce va incontro a degradazione fotochimica anche in assenza di pigmenti (van Apeldoorn et al., 2007); è da notare come tale degradazione sia indipendente dall’ossigeno a dimostrazione del fatto che non sia da attribuirsi ad una foto-ossidazione ma esclusivamente all’intensità della luce e al pH. Tale degradazione viene accelerata anche da condizioni alcaline (Osswald et al., 2007). È bene quindi conservare i campioni al buio evitando lo stoccaggio con soluzioni alcaline. Preparazione del campione Estrazione da tessuti L’estrazione dai muscoli dei pesci dell’ATX viene effettuata con una miscela MeOH/H2O/CH3COCH3, aggiungendo esano per rimuovere i lipidi dall’estratto. Il residuo acquoso viene quindi addizionato con H2O e MeOH e passato su una cartuccia SPE polimerica a base di stirene divinil benzene (Hormazabal et al., 2000). Un altro metodo presente in letteratura prevede la preparazione di tessuti muscolari di pesce con la tecnica della Matrix Solid Phase Dispersion (MSPD). Il campione, omogeneizzato in un mortaio con cristobalite, viene estratto con 4 mL di H2O a 80°C acidificata a pH 2 con HCl. Dopo acidificazione e filtrazione, l’estratto viene iniettato all’apparato di rivelazione (Bogialli et al., 2005). Estrazione da bloom L’estrazione dell’ATX dalle cellule è possibile utilizzando diversi tipi di solventi. I più comuni risultano essere: H2O pura, H2O acidificata, MeOH acidificato o miscele H2O/MeOH. In 39 Rapporti ISTISAN 08/6 una review del 2007 Osswald ha confrontato diversi metodi estrattivi. Da questo lavoro emerge come l’H2O acidificata sia il migliore estraente, poiché da i recuperi maggiori, tuttavia l’utilizzo di MeOH al 50% riduce il numero dei picchi interferenti e da comunque buoni recuperi. L’uso del MeOH puro ha invece il vantaggio di essere veloce da evaporare. Come per le MC, l’estrazione delle ATX dalle cellule richiede la lisi cellulare, a questo scopo i campioni di bloom vengono congelati-scongelati o liofilizzati. Tali procedure vengono normalmente coadiuvate da processi meccanici quali l’agitazione o la sonicazione. La sonicazione, meglio se effettuata con sonicatore ad immersione piuttosto che con il bagnetto ad ultrasuoni, seguita da centrifugazione per rimuovere i detriti cellulari, risulta essere il metodo maggiormente utilizzato (Osswald et al., 2007). Matrice acquosa Per campioni acquosi o anche per gli estratti cellulari è possibile effettuare l’estrazione anche con un’estrazione liquido-liquido (Liquid-Liquid Extraction, LLE) (Fromme et al., 2000) con CH2Cl2 a pH 11. La LLE ha comunque il grande svantaggio di richiedere l’uso di elevate quantità di solventi tossici (Osswald et al., 2007), si preferiscono quindi tecniche di SPE. Procedure di concentrazione e purificazione La maggior parte dei metodi di concentrazione e purificazione delle ATX prevedono l’utilizzo di tecniche di SPE. I metodi più comuni prevedono che il campione venga caricato su cartucce (Pietsch et al., 2001; Ballot et al., 2005) o dischi (Takino et al. 1999) di tipo C-18 ed eluito con MeOH. Possono essere utilizzate anche cartucce a debole scambio cationico per campioni acquosi o estratti dalle cellule e portati a pH 7 (James et al., 1997). L’eluizione in questo caso è stata effettuata con MeOH allo 0,2% di TFA. Con questo metodo si ottengono percentuali di recupero intorno all’85% per tutte le ATX. Namera et al. (2002) hanno messo a punto un metodo per la simultanea estrazione, purificazione e concentrazione delle ATX utilizzando la microestrazione in fase solida (SPME). Questa tecnica permette l’automazione dell’analisi effettuando l’estrazione online con il rilevatore, tuttavia non si ottengono grandi risultati dal punto di vista dei recuperi né del limite di rilevabilità del metodo (20 μg/L). Un recente lavoro pubblicato da Bogialli et al. (2006) descrive la possibilità di effettuare l’analisi dell’ATX-a nelle acque tramite iniezione diretta del campione filtrato in un apparato LC-MS/MS. I limiti di quantificazione sono molto bassi, dell’ordine di (13 ng/L), con il vantaggio indiscutibile di non dover trattare il campione reale. Metodi di rivelazione I metodi maggiormente utilizzati nella rivelazione delle ATX sono metodi che prevedono la separazione cromatografica, principalmente HPLC, accoppiata a rivelatori UV, fluorimetro e massa. La rilevazione dell’ATX-a in matrici ambientali e biologiche ha mostrato un grande limite nella scarsa stabilità della tossina (emivita inferiore ad un giorno). Un altro grosso limite è rappresentato anche in questo caso dalla carenza di standard di riferimento soprattutto per la omoanatossina e per tutti i composti di degradazione. Il rivelatore più comunemente accoppiato all’HPLC è l’UV, risulta poco efficace nella rivelazione delle ATX poiché poco sensibile e specifico, inoltre non consente di identificare gli eventuali prodotti di degradazione presenti. La sensibilità può essere notevolmente migliorata 40 Rapporti ISTISAN 08/6 derivatizzando con 4-fluoro-7-nitro-2,1,3-benzossadiazolo (NBD-F) ed utilizzando un fluorimetro come rivelatore. In campioni acquosi è possibile raggiungere un LOD di 20 ng/mL per ATX-a (Namera et al., 2002). L’aggiunta di o-ftaldialdeide e mercaptoetanolo all’estratto prima della derivatizzazione consente di eliminare le ammine primarie, diminuendo così il rumore di fondo e migliorando quindi la sensibilità del metodo (Osswald et al., 2007). La GC è stata applicata all’analisi delle ATX in campioni di acqua dolce sia utilizzando rivelatori di massa sia rivelatori a cattura di elettroni, i due rivelatori hanno infatti mostrato sensibilità paragonabili. L’utilizzo della GC richiede tuttavia la derivatizzazione dell’ATX-a, che viene effettuata principalmente per acetilazione e alchilazione della molecola. Una comune derivatizzazione consiste nell’acetilazione del gruppo amminico con piridina ed anidride acetica (Edwards et al., 1992). L’uso dei rivelatori di massa sia in HPLC che in GC ha permesso un notevole sviluppo nei metodi per la determinazione sia dell’ATX-a che della omoanatossina ed ha inoltre permesso l’identificazione dei prodotti di degradazione. L’utilizzo di tecniche LC-MS (Maizel & Budde, 2004) ed LC-MS/MS (Pietsch et al., 2001) consentono di evitare la derivatizzazione. Come metodo di screening è possibile utilizzare l’LC-MS/MS in modalità “Precursor Ion Scan” cercando il precursore dello ione m/z 91 dato dalla perdita di NH3 tipica delle ATX (Hiller et al., 2007). Recentemente, è stata posta l’attenzione su un possibile errore di identificazione della ATX-a in campioni di origine biologica, anche con l’utilizzo della spettrometria di massa (Gugger et al., 2005; Furey et al., 2005; Bogialliet al., 2006). In queste matrici è sempre presente un amminoacido essenziale, la fenilalanina, che produce lo stesso ione molecolare dell’ATX-a a tempi di ritenzione simili. Anche i prodotti di frammentazione sono uguali, ed è quindi facile, se i due composti non vengono separati cromatograficamente, incorrere in errore, anche se, in effetti, le abbondanze relative degli ioni sono differenti (Bogialli et al., 2006). In questo caso, paradossalmente, il rivelatore UV si rivela più utile, perchè gli spettri di assorbimento di fenilalanina e ATX-a sono significativamente differenti. In Tabella 3 viene presentata una selezione di metodi analitici per l’analisi delle ATX presenti in letteratura. Tabella 3. Metodi di analisi per le anatossine Tipo di matrice Pre-trattamento del campione Metodi di rivelazione LOD Bibliografia Cianobatteri Campione sonicato con acqua (pH=2,5) e purificata tramite LLE con CH2Cl2 Estrazione con 0,05 M CH3COOH, purificazione con cartucce a scambio ionico Estrazione con MeOH-0,2 M HCl e purificazione mediante SPE-con C-18 Estrazione con MeOH-0,1 M CH3COOH, sonicazione del campione Estrazione con MeOH (pH 4), purificazione mediante SPE a debole scambio ionico Campione trattato con gli ultrasuoni edue step di purificazione mediante SPE con C-18 SPME con CW/TPR TLC 10 μg/g HPLC/UV Q-TRAP Non specificato 10-50 μg/kg 700 pg HPLC/FLD 10 ng/L GC/ECD 5 ng iniettati HPLC/FLD 20 ng/mL Ojanperä et al., 1991 Harada et al., 1989 Rawn et al., 2005 Hiller et al., 2007 James et al., 1998 Stevens & Kreiger, 1988 Namera et al., 2002 Cianobatteri liofilizzati Acqua e cianobatteri Acqua 41 HPLC/FLD Rapporti ISTISAN 08/6 Tossine PSP Le tossine responsabili della PSP sono conosciute come saxitossine e sono tetraidropurine idrosolubili (Figura 5). O R4 H N R1 N ⊕ H2 N ⊕ N H N R2 NH2 OH OH R3 Figura 5. Struttura chimica delle PSP Le saxitossine vengono suddivise in quattro classi a seconda della loro struttura. Le saxitossine propriamente dette (STX) sono quelle con la struttura più semplice, ci sono poi le saxitossinesolfate, dette anche gonyautossine (GTX) perché prodotte dal genere Gonyaulax, le saxitossinedisolfate, più comunemente note come C-tossine, ed infine le decarbamil-saxitossine (dc-STX). In Tabella 4 vengono riportati alcuni dei congeneri di PSP più frequentemente rilevati. Tabella 4. Congeneri di PSP più frequentemente rilevati Tossina R1 R2 R3 R4=CONHSO3 Carica netta Tossicità relativa STX NEO GTX2 GTX3 GTX5 C-1 C-2 dcSTX dcGTX-2 H OH H H H H H H H H H H OSO3 H H OSO3H H H H OSO3H H OSO3 H H OSO3- CONH2 CONH2 CONH2 CONH2 CONHSO3 CONHSO3 CONHSO3 H H +2 +2 +1 +1 +1 0 0 +2 +1 1 0,924 0,994 0,359 0,638 0,006 0,096 0,513 0,651 Conservazione del campione La conservazione dei campioni acquosi contenenti saxitossine è attualmente oggetto di studi. È, infatti, noto che a 25°C si hanno conversioni significative delle tossine-C, dalla bassa tossicità, nelle più tossiche tossine dcGTX, non si hanno invece informazioni su cosa accada nei campioni refrigerati. È consigliabile quindi evitare lo stoccaggio dei campioni per lunghi periodi prima dell’analisi, in quanto pur restando invariata la concentrazione totale delle saxitossine potrebbe risultare sostanzialmente differente il profilo delle tossine presenti. Nella conservazione del campione gioca un ruolo molto importante anche il solvente utilizzato nell’estrazione. Nel caso di estrazione delle saxitossine da cianobatteri prove di laboratorio hanno mostrato che utilizzando come solvente CH3COOH 0,05 M le tossine risultano essere stabili per almeno due settimane a temperatura ambiente e a 4°C. 42 Rapporti ISTISAN 08/6 Estrazione Anche per le saxitossine è valido quanto affermato sopra per MC e NOD, e cioè che le tossine sono presenti principalmente all’interno delle cellule e quindi prima di procedere all’estrazione con solvente è necessario causare la lisi cellulare. Molti dei metodi estrattivi sono stati ottimizzati per l’estrazione selle saxitossine da dinoflagellati, è stato comunque dimostrato che tali estrazioni sono applicabili anche ai cianobatteri (Nicholson & Burch, 2001). Una volta lisate le cellule l’estrazione viene effettuata generalmente utilizzando CH3COOH 0,01 M o anche MeOH acidificato. L’estrazione delle saxitossine sono state effettuate anche su cellule intatte con CH3COOH 0,05 M, tuttavia è stato verificato che si hanno recuperi migliori se prima dell’estrazione il campione viene congelato e scongelato (Nicholson & Burch, 2001). L’estrazione delle saxitossine dai campioni di fitoplacton viene notevolmente complicato dalla rapida interconversione di alcune delle tossine in esame. Ad esempio l’acido acetico ha mostrato lo stesso profilo di tossine estratte in un range di concentrazione che va da 0,05 N a 1,0 N, l’utilizzo di HCl nel range 0,03-1,0 N invece causa la conversione elle tossine C1 e C2 nelle più tossiche GTX2 e GTX3. Utilizzando concentrazioni nel range 0,01-0,02 N si ottiene un profilo confrontabile con quello ottenuto con l’acido acetico (Ravn et al., 1995). Per l’estrazione delle saxitossine dai mitili il solvente maggiormente utilizzato è costituito da soluzioni acquose di HCl, utilizzato in un range di concentrazione da 0,01 a 1,0 M (Nicholson & Burch, 2001). Da uno studio condotto da Van Egmond et al. (2004), per verificare l’efficacia dell’estrazione delle PSP dai mitili, è emerso che anche nell’estrazione dai mitili l’utilizzo dell’HCl come estraente, in questo caso portato ad ebollizione, può portare alla parziale idrolisi di alcune PSP, portando alla conversione di alcune di alcune varianti negli omologhi più tossici (ad esempio GTX5 viene convertito in STX). L’utilizzo di una procedura estrattiva meno aggressiva, come ad esempio CH3COOH a temperatura ambiente lascia inalterato il profilo delle tossine eventualmente presenti. Concentrazione e purificazione Il carattere estremamente idrofilico delle saxitossine rende difficoltoso l’uso delle tecniche più comunemente utilizzate quali l’uso di solventi organici o l’estrazione in fase solida con cartucce che lavorano in fase inversa tipo le C-18, anche se tali cartucce risultano molto utilizzate (Oshima, 1995); in alternativa possono essere utilizzate cartucce in carbone grafitato (Nicholson & Burch, 2001). Le tossine vengono estratte in presenza di un agente di coppia ionica, quale l’acido eptansulfonico, ed eluite poi in successione con soluzioni acquose di MeOH e CH3COOH. Tale procedura ha mostrato buoni recuperi con quasi tutte le saxitossine ad eccezione della tossina C2 che generalmente mostra recuperi inferiori al 50% e risente negativamente dell’aggiunta dell’agente di coppia ionica. Metodi di rivelazione Anche per le saxitossine i metodi più comunemente utilizzati sono metodi cromatografici accoppiati a rivelatori fluorimetrici (FLD) con lunghezze d’onda di eccitazione e di emissione pari a 300nm e 390-400 nm (Costa et al., 2006; García et al., 2004). I metodi più comuni prevedono una ossidazione alcalina post-colonna (Molica et al., 2006) anche se viene utilizzata anche l’ossidazione pre-colonna (Costa et al., 2006) seguita da cromatografia di coppia-ionica accoppiata a rivelatori fluorimetrici. L’ossidazione post-colonna, nonostante possa dare origine 43 Rapporti ISTISAN 08/6 a picchi piuttosto allargati, a causa dei volumi piuttosto ampi dei tubi di reazione (FAO, 2004), viene preferita alla più semplice ossidazione pre-colonna in quanto diverse saxitossine danno poi origine allo stesso derivato permettendo in questo caso di determinare solo la concentrazione totale delle tossine perdendo quindi informazioni preziose sul loro profilo. Dal punto di vista cromatografico le tossine PSP presentano caratteristiche e polarità piuttosto diverse, diventa quindi difficile riuscire a separarle tutte con una sola corsa cromatografica, è possibile allora effettuare tre corse con fasi mobili diverse per separare correttamente le PSP apparteneti al gruppo delle STX (carica netta 2+), quelle appartenenti al gruppo delle GTX (carica netta 1+) e delle C-tossine (carica netta 0). Per la risoluzione delle PSP, mediante una colonna C-8, vengono adottate le seguenti fasi mobili (Oshima, 1995): − 1-eptansolfonato in fosfato d’ammonio con aggiunta di CH3CN per le saxitossine e senza aggiunta di CH3CN per le GTX, l’utilizzo di tale fase mobile permette la separazione dalle tossine decarbamate dagli analoghi carbamati; − per la risoluzione delle C-tossine viene invece utilizzato tetrabutilammonio fosfato aggiustato a pH 5,8 con CH3COOH. Nel 2001 Jaime et al. hanno messo a punto un metodo per la quantificazione delle PSP utilizzando la cromatografia di scambio ionico accoppiata alla spettrometria di massa. Le misurazioni sono state effettuate in modalità Single Ion Monitoring (SIM). Sono stati quindi monitorati gli ioni molecolari [M+H]+ delle diverse varianti di PSP disponibili. I LOD di questo metodo sono paragonabili a quelli ottenuti con rivelatori fluorimetrici per alcune varianti, mentre per altre sono leggermente superiori. Il metodo viene comunque proposto dagli autori come metodo di conferma, inoltre l’unione dei due rivelatori, fluorimetrico e di massa, possono essere utilizzati per l’identificazione di composti ancora sconosciuti. Anche per le tossine PSP un grosso limite per la accurata determinazione analitica è rappresentato dalla scarsa reperibilità degli standard per molte delle varianti. In Tabella 5 viene presentata una selezione dei metodi analitici per l’analisi delle anatossine presenti in letteratura. Tabella 5. Metodi di analisi per le PSP Tipo di matrice Pre-trattamento del campione Metodo di rivelazione LOD Bibliografia Cianobatteri liofilizzati Estrazione con NaCl 0,9% HPLC/FLD 0,5-1,2 µg/L Estrazione con CH3COOH 0,1 M HPLC/FLD Estrazione con CH3COOH 0,5 M seguita da ossidazione con NaOH 1M e H2O2 al 5% e HIO4 0,03 M, HCOONH4 0,3 M e Na2PO4 0,3 M Campione omogeneizzato ed estratto attraverso bollitura con 0,1 M HCl, estratto purificato poi con C-18 Estrazione con CH3COOH 0,03 N seguita da omogeneizzazione, centrifugazione e filtrazione Tessuti e fluidi omogeneizzati in HCL 0,1 o N ed estratti a 85 C HPLC/FLD Non specificato Non specificato Molica et al., 2005 Ferreira et al., 2001 Costa et al., 2006 Mitili Tessuti umani e fluidi biologici 44 HPLC/FLD 0,02-0,11 pmol Oshima, 1995 LC/MS 0,5-2 ng iniettati Jaime et al., 2001 HPLC/FLD 1 pmol PSP García et al., 2004 Rapporti ISTISAN 08/6 Bibliografia Aranda-Rodriguez R, Kubwabo C, Benoit FM. 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A tale scopo, oltre ad una serie di metodi fisico-chimici descritti nel precedente capitolo, possono essere impiegati una serie di metodi biologici, immunoenzimatici e biochimici che si sono rivelati particolarmente utili soprattutto per lo screening di campioni ambientali. Si tratta di metodi qualitativi e/o semiquantitativi, a risposta rapida, che non necessitano di standard analitici, non in grado di discriminare tra le varie tossine e con livelli di sensibilità variabili a seconda del metodo utilizzato. Nel presente capitolo vengono descritti i metodi comunemente impiegati per lo screening, con particolare riferimento alle microcistine (MC), le cianotossine più ampiamente studiate, pur non omettendo di segnalare eventuali metodi disponibili per le altre cianotossine. Saggi in vivo Si tratta di saggi biologici che si avvalgono di animali da laboratorio, sia vertebrati (es. Mouse BioAssay, MBA) che invertebrati (es. Artemia salina). Tali saggi consentono di misurare il livello di tossicità totale del campione e, in alcuni casi, avvalendosi della comparsa di sintomi clinici specifici o in seguito a necropsia, del tipo di tossina presente (es. epatotossina, neurotossina). Il MBA è stato ed è tuttora usato di routine per screening di campioni incogniti, perché identifica la presenza di qualsiasi tossina, indipendentemente dal fatto che sia conosciuta e/o determinabile con altri metodi; è relativamente veloce e poco costoso, di facile applicazione e fornisce indicazioni di tossicità. Il test si basa sulla somministrazione a topi (per iniezione intraperitonelae) di un estratto acido di omogenati di tessuto (es. da prodotti ittici) o di altro campione (es. acqua). Se nel periodo di osservazione (60 min/24 h) non si rilevano mortalità o chiari segni di tossicità, il campione è considerato negativo (= non contiene livelli tossici di cianotossine). Il MBA presenta comunque una serie di svantaggi: − ha una sensibilità piuttosto bassa (es. il limite di determinazione per i prodotti ittici è circa 300 mg di MC/kg di tessuto); − richiede l’utilizzo di un discreto numero di animali ponendo problemi etici legati al benessere animale, tanto da non essere più praticato in alcuni paesi; − è un metodo esclusivamente qualitativo, e non permette di discriminare tra le diverse cianotossine presenti; 49 Rapporti ISTISAN 08/6 − il tempo di osservazione limitato a 60 min/24 h preclude l’identificazione di effetti ritardati, come nel caso della cilindrospermopsina; − la somministrazione intraperitoneale è spesso poco rappresentativa della reale esposizione umana. Il test su Artemia salina (Lawton et al., 1994) non pone problemi etici ed ha l’indubbio vantaggio di essere di facile esecuzione; i nauplii sono esposti a diluizioni diverse del campione da testare nel mezzo di coltura a 25°C: la tossicità si osserva generalmente dopo 18-24 ore. I risultati sono espressi come Lethal Concentration al 50% (LC50) (vale a dire la concentrazione che causa il 50% di mortalità). Il test presenta però molti degli svantaggi già descritti per il MBA, come la bassa sensibilità (LC50 = 5-10 mg/L per le MC) e l’assenza di specificità, con l’ulteriore svantaggio che le indicazioni di tossicità ottenute su Artemia sono difficilmente estrapolabili ad una situazione di rischio reale per i mammiferi. Inoltre non è noto se ci sia una suscettibilità diversa di A. salina alle varie cianotossine e il risultato può essere fortemente influenzato dall’effetto matrice del campione. Sporadicamente sono stati riportati in letteratura altri test, ad esempio su Daphnia o su colture cellulari, ma, al momento, nessuno di essi ha subito processi di validazione e non è stato impiegato su larga scala tale da avere risultati che possano realmente dimostrarne la validità. Questi metodi sono sempre più spesso sostituiti da metodologie biochimiche ed immunoenzimatiche, che sono molto più sensibili (circa 0,1 µg/L nel caso delle MC) e che, paragonati ai metodi di rilevazione chimica sono molto più veloci, meno costosi e in grado di rilevare la presenza di tossine, indipendentemente dalla disponibilità di standard analitici, caratteristiche che li hanno resi particolarmente utili per lo screening di campioni ambientali. Metodi immunoenzimatici I primi test ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay) sono stati sviluppati agli inizi degli anni ’90, dopo che furono prodotti anticorpi policlonali anti-MC-LR; in seguito la produzione di anticorpi monoclonali contro la stessa tossina ha permesso non solo lo sviluppo di kit ELISA più specifici, ma anche la possibilità di determinare la presenza nei tessuti di addotti della MC-LR con le fosfatasi attraverso procedure di immunoblotting (Liu et al., 2000) o di utilizzare gli anticorpi per tecniche cromatografiche di immunoaffinità (Kondo et al., 2002). Oggi sono disponibili sul mercato diversi kit ELISA diagnostici per la presenza non solo di MC, ma anche per la cilindrospermopsina (CYN) e le saxitossine (STX) e si dividono in: – test per competizione diretta, che usano generalmente anticorpi policlonali; – test per competizione indiretta, con anticorpi monoclonali. Nei test per competizione diretta, anticorpi policlonali anti-MC sono adesi al supporto solido, spesso costituito da una piastra ad alta capacità legante. Un complesso MC-LRperossidasi è utilizzato per competere direttamente con le MC del campione da testare per i siti di legame dell’anticorpo legato al supporto (Figura 1). Dopo circa 1 ora di incubazione, si procede al lavaggio per rimuovere il materiale che non ha reagito e si aggiunge l’opportuno reagente per lo sviluppo della colorazione dovuto alla reazione della perossidasi legata alla MC-LR: il colore sviluppato è inversamente proporzionale alla concentrazione delle MC nel campione. La quantificazione avviene per confronto/estrapolazione con una curva standard, costruita con la MC-LR, nella quale si riportano in scala semilogaritmica le concentrazioni di MC-LR vs. % della assorbanza dello standard rispetto alla assorbanza del controllo negativo (B0%). 50 Rapporti ISTISAN 08/6 Complesso MC-LR-perossidasi MC nel campione ambientale Piastra ‘pre-coated’ con anticorpi policlonali anti MC B0 % Tipica curva standard per un metodo ELISA diretto: il contenuto in MC del campione si estrapola dalla curva standard confrontando il valore di B0% Concentrazione di tossine µg L-1 Figura 1. Schema di un test ELISA per competizione diretta e curva standard per il calcolo della concentrazione di un campione ignoto Il controllo negativo è dato da una soluzione non contenente MC-LR, il cui valore di B0% corrisponde al valore massimo (100%) di assorbanza ottenibile, essendo l’anticorpo adeso al supporto completamente saturato dal complesso MC-LR-perossidasi (Carmichael & An, 1999). Un aspetto particolarmente importante è legato alla costruzione della curva standard, che deve avvenire utilizzando un numero adeguato di punti, in modo tale che il tratto lineare sia ampio e ben definito. Infatti, per una corretta estrapolazione, il dato di assorbanza del campione dovrebbe cadere nel tratto lineare della curva standard e non agli estremi, dove la risposta non è più proporzionale alla concentrazione. Nel metodo per competizione indiretta, sul supporto solido è immobilizzato un complesso proteico della MC (es. un coniugato con la siero-albumina bovina – Bovine Serum Albumin: MC-LR-BSA) che funziona da antigene, in competizione con quello contenuto nel campione. In Figura 2 viene illustrato lo schema del test per competizione diretta. Nella fase 1 il controllo negativo (soluzione non contenente MC), le soluzioni standard a diverse concentrazioni di MC-LR (per costruire la curva di calibrazione) e il campione incognito competono con il complesso antigenico immobilizzato per gli anticorpi (generalmente monoclonali) anti-MC in soluzione, aggiunti nei pozzetti stessi successivamente. Dopo l’incubazione il materiale in eccesso viene rimosso. Nella fase 2 si aggiunge l’anticorpo secondario che riconosce soltanto il complesso antigene-anticorpo primario. Dopo lavaggio per rimuovere il materiale in eccesso, l’anticorpo secondario reagendo con un substrato specifico dà luogo ad una colorazione, la cui intensità è inversamente proporzionale alla quantità di MC che era presente nel campione da analizzare: infatti, maggiore la concentrazione di MC nel campione, maggiore sarà la competizione con l’antigene complessato, che avrà a disposizione meno anticorpo con cui reagire. Conseguentemente, il bianco (controllo negativo) corrisponderà al 100% di assorbanza. La quantificazione avviene per confronto/estrapolazione con la curva standard, esattamente come descritto per il metodo per competizione diretta. 51 Rapporti ISTISAN 08/6 Fase 1 MC nel campione Complesso MC-LR-BSA adeso al supporto Fase 2 Anticorpo primario Anticorpo secondario Figura 2. Schema di un test ELISA per competizione indiretta I due metodi forniscono risultati molti simili, anche se il metodo indiretto ha generalmente sensibilità più elevate; d’altra parte i kit diretti sono meno costosi e di più rapida esecuzione, quindi la scelta dipende essenzialmente dalle finalità con cui un test viene eseguito. In entrambi i casi è necessario tener presente che il metodo di rilevazione è spettrofotometrico e dipende dallo sviluppo di una colorazione: questo significa che nella preparazione del campione (es. estrazione da liofili di cianobatteri e/o da tessuti animali), sarebbe opportuno utilizzare solventi che non favoriscono lo sviluppo di colorazioni o introdurre un passaggio di parziale purificazione (es. passandolo su una colonnina C-18) per rimuovere la presenza di pigmenti, che potrebbero interferire con la misura di assorbanza. I kit sviluppati più di recente non hanno mostrato interferenze dovute alla presenza di vari composti organici ed inorganici nei campioni ambientali, ma soprattutto quando si hanno tessuti e/o liquidi biologici non si può escludere a priori che ciò avvenga, per cui il passaggio di prepurificazione è comunque consigliabile. È comunque buona norma non avere nei campioni concentrazioni di metanolo (il solvente più utilizzato) >10%. L’affidabilità e la sensibilità di un test ELISA dipendono essenzialmente dalla natura dell’anticorpo e dalla sua cross-reattività con i vari congeneri di MC e con suoi analoghi, inclusi i coniugati. Una scarsa cross-reattività dell’anticorpo utilizzato, come avviene quando si usano anticorpi monoclonali molto specifici, può dare informazioni accurate su uno specifico congenere di MC, ma ovviamente questa caratteristica è poco utile se lo scopo del test è lo screening. Infatti, per sapere se campioni ambientali siano o meno contaminati da MC, indipendentemente dal congenere, è auspicabile la massima cross-reattività possibile. È quindi fondamentale conoscere con esattezza le caratteristiche del kit a disposizione, per capire se risponde o meno alle esigenze dello sperimentatore e soprattutto per dare la giusta interpretazione ai risultati ottenuti. Dal punto di vista dello screening, potrebbe sembrare un vantaggio avere una elevata crossreattività attraverso lo sviluppo di un pool di anticorpi contro una miscela di congeneri di MC, in grado di riconoscere come apteni parti diverse della molecola: purtroppo la fluttuazione nella 52 Rapporti ISTISAN 08/6 risposta immunitaria può causare variazioni notevoli nella proporzione relativa dei vari anticorpi, anche quando ottenuti in tempi diversi dallo stesso animale, per cui il livello di crossreattività e la risposta non sono riproducibili tra batches diversi di antisiero e questa possibilità non è quindi praticabile (Mc Elhiney & Lawton, 2005). La maggior parte dei kit disponibili commercialmente impiegano anticorpi sviluppati in animali (pecore, capre o topi) contro uno specifico congenere (generalmente MC-LR): ne consegue automaticamente che la reattività massima sarà verso quella variante e che le altre MC saranno identificate con una sensibilità diversa, essendo la affinità di legame antigene-anticorpo più bassa. Quindi la quantificazione sopra descritta, fatta rispetto ad una curva standard contenente solo MC-LR, non può essere accurata ed è per questo motivo che i metodi immunoenzimatici sono considerati semiquantitativi. Molti dei kit commerciali riconoscono come antigene l’Adda, l’amminoacido specifico di MC e nodularine: questa caratteristica ha assicurato un buon grado di cross-reattività (vengono riconosciute con affinità di legame simile: MC-LR, -YR, -LF, -RR, -LW e Nodularine e altre con affinità diverse). Contemporaneamente, la limitazione nel numero delle regioni della molecola per il riconoscimento e il legame antigene-anticorpo ha fornito una maggiore riproducibilità e una sensibilità <0,1 µg/L. Ovviamente, essendo l’Adda il sito di riconoscimento per il legame, il kit è diagnostico anche per i vari prodotti di degradazione ambientale che contengano tale amminoacido, indicativi comunque della presenza di contaminazione, e per i coniugati con glutatione e cisteina prodotti dalla detossificazione delle MC ad opera delle glutatione S-trasferasi (Kondo et al., 1996; Metcalf et al., 2002). Questo aspetto è particolarmente interessante: è stato, infatti, visto che i vari coniugati della MC-LR con GSH, cisteina-glicina e cisteina reagiscono con un test ELISA con la stessa affinità della cianotossina parentale (assumendo 100% la reattività della MC-LR, quella dei coniugati oscilla nell’intervallo 96-112%) (Metcalf et al., 2000). In un campione biologico, i test ELISA disponibili non sono quindi in grado di discriminare tra molecole parentali e coniugati che però hanno tossicità minore, sia misurata attraverso l’inibizione della attività fosfatasica in vitro sia in vivo. Infatti, i valori di Inhibition Concentration al 50% (IC50) (la concentrazione in grado di inibire l’attività enzimatica del 50%) sono per i coniugati circa 10 volte inferiori a quelli della MC-LR e l’iniezione i.p. di 67-75 µg/kg pc, dosi simili alla Lethal Dose al 50% (LD50) della MC-LR (50 µg/kg bw), non ha prodotto effetti rilevanti nel topo, essendo gli animali sopravvissuti senza segni clinici con il fegato che alla necropsia risultava normale e del tutto simile ai controlli (Metcalf et al., 2000). Questo aspetto è particolarmente rilevante per l’interpretazione di dati in termini di valutazione tossicologica, perché l’impossibilità di distinguere la tossina dai prodotti di detossificazione porta automaticamente ad una sovrastima della concentrazione e della potenziale tossicità del campione. Il problema può essere in parte mitigato se il test ELISA venisse utilizzato con altri test complementari in grado di dare indicazioni sul potenziale di tossicità, come l’inibizione dell’attività fosfatasica. La possibilità di ottenere anticorpi monoclonali, anche attraverso tecnologie ricombinanti, che isolano frammenti di anticorpo, ha offerto la possibilità di avere risposte da test ELISA con una più elevata sensibilità, ma anche maggiore specificità (dovuta a scarsa cross-reattività con minore possibilità di avere falsi positivi), che si sposa bene con necessità specifiche, ma molto meno con lo screening. Ovviamente avere una batteria di anticorpi monoclonali da testare rappresenterebbe uno strumento di lavoro ideale, ma i costi elevati non sarebbero compatibili con attività di monitoraggio e/o di routine. È stato descritto l’uso di un anticorpo monoclonale specifico per le varianti di MC che contengono arginina in posizione 4 (MC-LR, -RR, -WR e -YR) con un limite di determinazione per la MC-LR di 8 ng/L e per gli altri congenere nell’ordine del picomolare (Zeck et al., 2001). Ovviamente quando fosse utilizzato questo anticorpo la presenza di tutte le altre varianti non verrebbe determinata. 53 Rapporti ISTISAN 08/6 Recentemente si è andata sviluppando anche la tecnica di produzione che sfrutta il riconoscimento anticorpale di polimeri detti MIP (Molecularly Imprinted Polymers) specificamente impiegati per pre-concentrare campioni di acqua o per purificare campioni con matrici più complesse. Metodi biochimici La conoscenza dei meccanismi di azione delle varie cianotossine ha permesso di utilizzare alcune caratteristiche attività, per sviluppare test biochimici diagnostici della contaminazione di un campione. Le MC e le Nodularine sono tra i più potenti inibitori naturali delle fosfatasi proteiche (serina/treonina) PP1 e PP2A (Yoshizawa et al., 1990): sfruttando questa capacità è possibile misurare la presenza delle cianotossine, attraverso la misura della inibizione della attività enzimatica; il test che ne deriva è sensibile, rapido, di facile realizzazione (gli enzimi PP1 e PP2A sono facilmente reperibili commercialmente) e relativamente poco costoso. Si possono indifferentemente utilizzare sia la PP1 che la PP2, anche se con la PP1 il test è circa 50 volte meno sensibile che con la PP2A (Honkanen et al., 1994). Se il campione da analizzare è un liofilo e/o un campione biologico, è raccomandabile fare un’estrazione con metanolo al 100%, che denatura le fosfatasi aspecifiche che potrebbero essere presenti e che vengono in questo modo denaturate, evitando l’interferenza nella misura successiva. Ovviamente, prima del test sarà necessario eliminare il metanolo portando a secco e ri-sospendere in acqua e/o tampone. Potrebbe essere in alcuni casi utile purificare parzialmente il campione, passando su filtro per eliminare la presenza di materiale pigmentato o su una colonnina C-18 per eliminare anche composti inorganici come il sodio floruro che è un potente inibitore delle fosfatasi. La quantificazione della inibizione può essere fatta con tre tecniche diverse (Mc Elhiney & Lawton, 2005): 1) metodo colorimetrico (sensibilità 0,25-2,5 µg/L); 2) metodo fluorimetrico (sensibilità 0,1 µg/L); 3) metodo radiometrico (sensibilità 0,1 µg/L). Nel primo caso si utilizza come substrato delle fosfatasi il p-nitrofenilfosfato, che viene attivamente defosforilato dalla PP1 e dalla PP2A (Heresztyn & Nicholson, 2001) e la MC-LR a concentrazioni scalari note (tra 8 e 10) per costruire una curva di inibizione standard (in scala semilogaritmica). Tale curva verrà utilizzata per quantificare, per estrapolazione, la concentrazione di tossina nel campione ignoto. Il saggio consiste nell’incubare le fosfatasi a 37°C con il substrato e l’inibitore, monitorando l’aumento di assorbanza a 405 nm, preferibilmente con modalità cinetica, più affidabile rispetto alla misura della cinetica per punti. Il test è relativamente aspecifico, in quanto non discrimina tra loro i congeneri e non distingue tra MC e Nodularine; tuttavia, le varianti hanno un potere inibitorio diverso tra loro, e la sensibilità nella determinazione è perciò diversa. Come nel caso dei metodi immunoenzimatici, essendo la curva di calibrazione costruita con un congenere specifico (generalmente la MC-LR), la quantificazione non è esatta e il metodo di inibizione delle fosfatasi, indipendentemente dal metodo utilizzato può essere considerato soltanto semiquantitativo. Il metodo fluorimetrico sfrutta lo stesso principio del metodo colorimetrico, del quale può essere considerato una alternativa valida e almeno due volte più sensibile. Essenzialmente, al substrato colorigenico, si sostituisce un substrato fluorigenico, il 4-metil-umbelliferilfosfato: le sua defosforilazione, catalizzata dalle fosfatasi, dà luogo alla formazione del metabolita fluorescente 4-metilumbelliferone (Bouaicha et al., 2002). La terza possibilità è quella di utilizzare come substrati defosforilabili sostanze marcate con 32P: l’inibizione viene calcolata sulla base della misura della quantità di radioattività liberata 54 Rapporti ISTISAN 08/6 (MacKintosh et al., 1990; Xu et al., 2000). Questo approccio, pur essendo più sensibile del metodo colorimetrico, viene utilizzato in misura minore rispetto agli altri due, perché non sempre è agevole lavorare con materiale radioattivo e data la semivita limitata del 32P, l’approvvigionamento dei substrati marcati non può essere fatto in anticipo, con mantenimento di scorte da poter utilizzare all’occorrenza. In ogni caso è importante che la curva standard sia costruita correttamente, con un numero adeguato di punti e un tratto lineare il più ampio possibile. La risposta che si ottiene agli estremi (inibizioni ≤15% e ≥85%) è generalmente poco affidabile, ed è perciò necessario che per una corretta estrapolazione il dato di inibizione del campione cada nel tratto lineare della curva standard. In caso contrario, se l’inibizione è troppo alta, è necessario diluire il campione o, se l’inibizione del campione è troppo bassa, costruire un’ulteriore curva standard con una quantità minore di proteine e concentrazioni di standard più basse, per essere sicuri che il dato non sia un falso negativo. In alcuni casi, per capire se il risultato ottenuto è attendibile, può essere importante testare il campione a diluizioni diverse, che dovrebbero rispondere proporzionalmente, essendo l’inibizione direttamente correlata alla concentrazione. Quando il coefficiente di variazione è >15% tra controlli, standard e campioni incogniti, l’attendibilità delle misure ottenute è generalmente piuttosto limitata. Il livello di inibizione delle fosfatasi è direttamente proporzionale alla tossicità di ciascuna variante delle cianotossine, quindi il risultato che si ottiene ha il vantaggio, rispetto ai metodi immunoenzimatici, di dare indicazioni sul potenziale di tossicità della miscela di MC presenti nel campione. È stato recentemente proposto di utilizzare una combinazione dei risultati ottenuti con il metodo biochimico e con quello immunoenzimatico (Mountfort et al., 2005), per avere una informazione aggiuntiva sulla potenziale tossicità della miscela dei congeneri e delle eventuale presenza di coniugati e prodotti di degradazione non tossici, che non vengono discriminati dal test ELISA, ma che hanno invece un limitato potenziale di inibizione delle fosfatasi. Infatti, se il contenuto totale della miscela di MC è stato determinato con un metodo ELISA sufficientemente aspecifico, la predominanza di una o più varianti con tossicità simili può essere identificata dal rapporto tra la risposta di inibizione della PP2A e quella del test ELISA, ottenuta utilizzando la MC-LR come standard. È stato infatti evidenziato che varianti con bassa tossicità vale a dire con basso potenziale di inibizione delle fosfatasi (corrispondente ad un alto valore di IC50) danno luogo ad un rapporto PP2A:ELISA basso, e vice-versa (Mountfort et al., 2005). Risultati simili si ottengono anche quando si consideri il rapporto PP2A: LC-MS (Liquid Chromatography-Mass Spectrometry) (Tabella 1). Tabella 1. Tossicità acuta di alcune cianotossine espressa sia come LD50 e come IC50 per l’inibizione della fosfatasi PP2A e rapporto tra diversi metodi di indagine per avere indicazioni sommarie sul potenziale di tossicità di una miscela Cianotossina MC-LR MC-YR MC-RR Nodularina LD50 (μg/kg) 50 70 600 50 IC50 (nM) 2,2 90 175 1,8 Rapporto PP2A:ELISA Rapporto PP2A:LC-MS 1,03 0,63 0,06 2,2 1,21 0,65 0,12 1,47 Sulla base dei risultati ottenuti è stato proposto che un campione ambientale che dia un rapporto PP2A:ELISA ≥ 0,8 avrà un ranking di tossicità paragonabile alla tossicità di un campione contenete MC-LR o varianti con la stessa tossicità acuta. Un campione con un 55 Rapporti ISTISAN 08/6 rapporto PP2A:ELISA ≤ 0,2 avrà una tossicità comparabile a quella della MC-RR (10 volte meno tossica della MC-LR). Nella fascia intermedia (rapporto compreso tra 0,2 e 0,8), la tossicità sarà più simile a quella della MC-YR. Ovviamente l’approccio combinato fornisce solo indicazioni preliminari e per avere informazioni sulle varianti realmente presenti e quantificarle è comunque necessario ricorrere alla determinazione cromatografica. Per quanto il loro sviluppo e la loro utilizzazione in ambito di screening non sia ancora avanzato, è possibile pensare che saggi di inibizione della sintesi proteica su cellule in vitro possano venire adottati per la determinazione della CYN e che un saggio di inibizione della acetilcolinesterasi (semplice dosaggio spettrofotometrico) possa essere utilizzato per identificare la presenza di anatossina-a(S). Questa ultima opportunità è limitata dalla interferenza esercitata da pesticidi organofosforici, strutturalmente analoghi alla anatossina-a(S) e potenti inibitori dell’enzima, la cui presenza è frequente nei campioni ambientali. Alcune di queste reazioni enzimatiche sono state sfruttate per l’allestimento di alcuni biosensori, che hanno sensibilità, rapidità di risposta e specificità sufficienti da poter essere utilizzati agevolmente come metodi di screening sul campo, senza bisogno di processare il campione. Tuttavia nessuno ha subito alcun processo di validazione, e i risultati possono essere considerati una indicazione preliminare, da confermare con studi più accurati in laboratorio. Considerazioni finali Sebbene siano disponibili diversi metodi per determinare le cianotossine, nessuno singolarmente è sufficientemente esaustivo e in grado di dare indicazioni sia sul contenuto di tutte le tossine presenti in un campione e la sua potenziale tossicità. Una comparazione dei vari metodi biologici e della loro diversa sensibilità è presentata in Tabella 2. Tabella 2. Comparazione dei metodi biologici per la determinazione di cianotossine e loro limiti di sensibilità Metodo Sensibilità Specificità Commenti MBA LD50=50 μg/kg pc (rispetto alla MC-LR) Non specifico (tutte le tossine) Poco sensibile; utilizza molti animali (problemi etici) Artemia salina LC50=5-10 mg/L (rispetto alla MC-LR) Non specifico (tutte le tossine) Poco sensibile, elevata variabilità di risposta; effetto matrice marcato ELISA Relativamente specifico (cross-reattività con coniugati e prodotti di degradazione) Molto specifici a) e b) 2. Anticorpi monoclonali (scarsa cross-reattività) a) anti-MC con Arg: 0,06 μg/L Relativamente specifico c) b) anti-CYN: 0,5-2 μg/L (cross-reattività con altre c) anti-STX: 0,02-0,4 μg/L tossine PSP) 3. Frammenti di anticorpi Specifico ricombinanti: 4 μg/L Necessità di trovare un compromesso tra la crossreattività e la specificità; difficoltà di interpreta-zione dei dati in termini di potenziale tossico Inibizione delle fosfatasi 1. Colorimetrico:0,25 μg/L 2. Fluorimetrico: 0,1 μg/L 3. Radiometrico: 0,1 μg/L Non distingue tra congeneri ma dà una misura della tossicità; l’uso del radioattivo può limitarne l’applicazione 1. Anticorpi policlonali a) anti-MC-LR: 2,5 μg/L b) anti-Adda: 0,6 μg/L Non specifico (tutte le MC e NOD) 56 Rapporti ISTISAN 08/6 Uno dei problemi principali è la mancanza di standard certificati di riferimento; infatti, in uno studio interlaboratorio per confrontare risultati di HPLC (High Performance Liquid Chromography), inibizione della fosfatasi ed ELISA, il dato emerso è una grande variabilità in molti casi non dovuta alle differenze tra i metodi, ma tra i laboratori per la diversità degli standard utilizzati (Fastner et al., 2002). D’altra parte uno studio condotto in Canada in uno stesso laboratorio per identificare la contaminazione da cianotossine di più di 100 campioni di integratori alimentari attraverso LC-MS/MS, ELISA e saggio colorimetrico per l’inibizione delle fosfatasi, ha mostrato che le tre metodiche hanno dato risultati molto simili. I campioni contenevano un numero limitato di varianti di MC, identificate con la LC-MS/MS: i risultati confrontabili ottenuti con gli altri due metodi suggeriscono l’assenza in quei campioni di altre tossine (Lawrence et al., 2001). Infatti, i risultati diversi che spesso si ottengono non sono dovuti ad una scarsa performance di uno o più dei tre metodi, ma semplicemente al fatto che misurano cose diverse: – I metodi chimici sono molto specifici, ma non sono al momento in grado di identificare tutte le tossine e quindi in molti casi potrebbero essere fonte di sottostime del grado di contaminazione. – I test ELISA con la loro aspecificità hanno il vantaggio di poter identificare la presenza delle varie tossine presenti, ma reagendo anche con prodotti con tossicità scarsa e/o assente possono portare ad una sovrastima dei rischi associati alla esposizione a quel campione, riportando i dati in termini di MC-LR equivalenti. – Il saggio di inibizione della fosfatasi (che comunque è limitato alla determinazione di MC e nodularine) può dare indicazioni del potenziale di tossicità di un campione, ma a meno che non venga associato per confronto ad uno degli altri due metodi descritti, difficilmente può dare informazioni precise dal punto di vista quantitativo del profilo di congeneri presente. Sarebbe buona norma, quando possibile, prevedere che in un piano di monitoraggio potessero essere utilizzate combinazioni di più metodi, da utilizzare con approcci a step successivi almeno su quei campioni risultati positivi con il metodo scelto come primo screening. Bibliografia Bouaïcha N, Maatouk I, Vincent G, Levi Y. A colorimetric and fluorometric microplate assay for the detection of microcystin-LR in drinking water without preconcentration. Food Chem Toxicol 2002;40:1677-83. Carmichael WW, An J. Using an Enzyme Linked Immunosorbent Assay (ELISA) and a Protein Phosphatase Inhibition Assay (PPIA) for the detection of microcystins and nodularins. Nat Toxins 1999;7:377-85. Fastner J, Codd GA, Metcalf JS, Woitke P, Wiedner C, Utkilen H. An international intercomparison exercise for the determination of purified microcystin-LR and microcystins in cyanobacterial field material. Anal Bioanal Chem 2002;374:437-44. Heresztyn T, Nicholson BC. 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La loro grande diffusione negli habitat acquatici è stata attribuita alle peculiari caratteristiche fisiologiche e alla grande capacità di adattamento in ogni condizione ambientale, che li rende capaci di raggiungere livelli di biomassa enormi (fioriture), spesso in grado di dominare l’intero biota acquatico, e, in presenza di particolari condizioni ambientali, di accumularsi sulla superficie, producendo schiume. Il phylum dei cianobatteri contiene più di 1000 specie, ma solo un numero limitato di esse (circa una trentina quelle identificate fino ad oggi) produce come metaboliti secondari alcuni composti noti come cianotossine, che hanno effetti tossici sui mammiferi incluso l’uomo, agendo a livello dei neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale e periferico, delle cellule epatiche, del sistema gastro-enterico e delle mucose o producendo effetti topici di tipo irritativo/allergico. La potenziale tossicità di questi microorganismi e la loro capacità di compromettere qualitativamente le acque che li ospitano hanno richiamato l’attenzione crescente da parte della comunità scientifica per tentare di controllare il fenomeno ed approntare opportune misure di prevenzione e protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente. A tale scopo sono essenziali piani di monitoraggio specifici per ciascun bacino, che rendano possibile l’identificazione della specie responsabile della fioritura, la presenza al suo interno di batteri in grado di produrre tossine e la quantificazione delle cianotossine prodotte. Tradizionalmente l’identificazione dei cianobatteri veniva eseguita mediante osservazione delle cellule al microscopio: i membri del phylum dei cianobatteri venivano classificati utilizzando regole tassonomiche mutuate dalla botanica e dalla batteriologia (Neilan et al., 2002). La sola analisi morfologica, però, comporta dei limiti dovuti alla difficoltà per l’operatore nell’interpretare piccole, a volte impercettibili, differenze morfologiche e al numero limitato di parametri alla base del sistema di nomenclatura per cui spesso si hanno attribuzioni non corrette e una sottostima della biodiversità del campione naturale. Inoltre le condizioni ambientali variabili possono alterare temporaneamente la morfologia modulando l’espressione di alcune proteine, ad esempio di pigmenti fotosintetici che possono indurre a classificazioni non corrette. Non ultimo, l’analisi morfologica non permette di discriminare fra individui che geneticamente sono in grado di produrre cianotossine da quelli non tossici, che possono coesistere all’interno di una popolazione senza presentare alcuna differenza visibile. Le informazioni derivanti dall’analisi morfologica richiedono dunque di essere integrate con quelle ottenute dall’analisi diretta delle cianotossine attraverso saggi chimici, biochimici o immunoenzimatici e più recentemente dallo studio delle caratteristiche genotipiche dei cianobatteri. Capire il ruolo di queste tossine nei microorganismi produttori e contemporaneamente le risposte dei loro geni all'ambiente può suggerire mezzi per il controllo delle fioriture e della loro 59 Rapporti ISTISAN 08/6 tossicità per la gestione della qualità delle acque destinate al consumo umano. I notevoli passi avanti degli ultimi anni nella conoscenza dei meccanismi e delle basi genetiche della biosintesi delle tossine da parte di vari gruppi di cianobatteri hanno permesso lo sviluppo di approcci di screening genetico sia per la caratterizzazione del genere predominante che per il monitoraggio della presenza di specie tossiche sin dalle fasi più precoci delle fioriture. Approcci molecolari comuni nella caratterizzazione delle specie cianobatteriche Le metodologie molecolari, rapide e relativamente economiche una volta che si dispone della strumentazione e dell’expertise necessario, offrono elevata specificità e consentono il diretto utilizzo del campione ambientale, senza dover necessariamente allestire una coltura del microrganismo. Sono inoltre metodiche estremamente sensibili, per cui si rivelano particolarmente utili negli studi di monitoraggio ambientale, soprattutto nei casi in cui la concentrazione del microrganismo target all’interno di un campione eterogeneo non sia sufficiente da poter essere rilevata con metodi classici. In Figura 1 sono schematizzati gli approcci molecolari più comuni utilizzati a questo scopo. Campione ambientale qPCR T-RFLP Estrazione DNA/RNA PCR RT-PCR DGGE Sequenziamento Allineamento Figura 1. Metodi molecolari comuni per la determinazione di microorganismi Nell’approccio qualitativo si utilizza la metodica classica della PCR (Polymerase Chain Reaction) che, attraverso l’utilizzo di corte sequenze oligonucleotidiche complementari a una porzione della sequenza del gene di interesse, permette l’amplificazione esponenziale del frammento genico oggetto di studio. Due delle tecniche di fingerprinting genetico più comunemente usate nella caratterizzazione dei profili molecolari delle comunità microbiche sono l’elettroforesi su gel a gradiente denaturante (Denaturing Gradient Gel Electrophoresis, DGGE) e l’analisi del polimorfismo dei 60 Rapporti ISTISAN 08/6 frammenti di restrizione mediante T-RFLP (Terminal-Restriction Fragment Lenght Polymorphism). La DGGE permette la separazione di piccoli frammenti di DNA (taglia massima 1000 bp) della stessa lunghezza ma di sequenza differente in relazione alle loro proprietà di denaturazione (melting); possono essere separati anche frammenti che differiscono per una singola sostituzione di base. Tipicamente per prevenire la completa denaturazione dei frammenti a doppia elica si aggiunge all’estremità 5’ del primer forward una sequenza di 30-40 bp ricca in GC o “GC clamp”. Il numero, le posizioni e le intensità delle bande DGGE che si ottengono sono indicativi della diversità all’interno della comunità microbica (Boutte et al., 2006). La tecnica T-RFLP (Terminal-Restriction Fragment Length Polymorphism) è basata sulla digestione con endonucleasi dei prodotti di PCR. Uno o entrambi i primers utilizzati sono legati ad una molecola fluorescente che permette di rilevare, mediante elettroforesi capillare, solo la presenza del frammento di restrizione terminale. Il risultato è un elettroferogramma per ogni campione, i cui i picchi corrispondono ai frammenti terminali legati ai primers fluorescenti usati nella PCR; l’analisi dei diversi profili risultanti, effettuata in modo automatico da un analizzatore genetico, permette di caratterizzare la variabilità del campione naturale. Un’altra possibilità è offerta dal sequenziamento del prodotto della PCR associato a tecniche di bioinformatica; una volta sequenziato il tratto di DNA di interesse può essere confrontato con librerie genomiche disponibili anche in rete per ipotizzare relazioni filogenetiche tra gli individui; risulta di particolare utilità l’utilizzo di programmi di allineamento automatico di sequenze come BLAST, anch’esso disponibile in rete. Recentemente la messa a punto di saggi quantitativi come la real-time PCR consentono la determinazione della concentrazione di cianobatteri (o la % all’interno della popolazione totale) mediante il rilevamento del segnale di fluorescenza, proporzionale alla quantità di amplificato, emesso da sonde disegnate all’interno di specifici geni marker (Ouellette et al., 2003). La quantificazione del cDNA è poi fondamentale per lo studio della espressione dei geni (RT-PCR: Reverse Transcriptase-PCR); infatti dato che molte funzioni dei cianobatteri sono influenzate dalle condizioni ambientali (luce, temperatura, presenza di nutrienti) non è sufficiente che i geni relativi alla produzione della cianotossina siano presenti, perché la modulazione della loro espressione potrebbe corrispondere a variazioni nell’efficienza di sintesi della cianotossina e in ultima analisi in una differenza del potenziale di tossicità di una fioritura. Metodi molecolari nella identificazione tassonomica La caratterizzazione molecolare dei cianobatteri è di particolare importanza nell’identificazione tassonomica (a livello di genere, specie, ceppo) di questi microrganismi, che hanno un elevato grado di variabilità fenotipica in relazione alle diverse condizioni ambientali, e sono dunque di difficile classificazione. L’identificazione tassonomica si realizza mediante la ricerca di specifiche sequenze marker diagnostiche nell’ambito di ogni phylum. Una delle prime metodiche messe a punto che ha permesso approfondite analisi filogenetiche sulle comunità batteriche in genere ed utilizzata per l’identificazione di batteri potenzialmente tossici anche in ambiente ospedaliero, prevede l’amplificazione tramite PCR del gene per l’RNA ribosomale 16S (rDNA 16S) (Neilan et al., 2002). Alla base di questa scelta sta la constatazione che l’rDNA 16S presenta tassi di mutazione piuttosto bassi e costanti che lo rendono un buon marcatore adatto ad approfondire le relazioni evolutive fra i microrganismi. Dopo isolamento del materiale genetico da matrici, spesso eterogenee, si amplifica la miscela di rDNA 16S mediante l’uso di primers universali, disegnati su regioni ben conservate del gene. In generale con la PCR si ottiene un unico prodotto di amplificazione che, da solo, non è sufficiente a 61 Rapporti ISTISAN 08/6 discriminare tra specie diverse; il trattamento con endonucleasi di restrizione, tuttavia, è in grado di generare un profilo di restrizione caratteristico e spesso diagnostico di una specie o, in alcuni casi, anche di singoli ceppi (Neilan et al., 2002). Una tale metodica è ancora più valida quando si analizzano le sequenze ITS (Internal Transcribed Spacer), in quanto la natura stessa di queste regioni ad alta variabilità li rende buoni marcatori negli studi di tassonomia per distinguere ceppi più vicini evolutivamente e quindi con elevati livelli di omologia. Un altro gene utilizzato per la tassonomia è lo spaziatore intergenico dell’operone della ficocianina (PC-IGS), che è stato identificato come regione potenzialmente ad alta variabilità utile per la caratterizzazione dei cianobatteri a livello di ceppo. La ficocianina è un pigmento accessorio dell’apparato fotosintetico PSII, ubiquitario nei cianobatteri, e dunque costituisce un buon marcatore per il loro rilevamento all’interno di un campione ambientale. L’intero operone contiene due geni codificanti per due subunità di bilina e tre polipeptidi linker (Figura 2). PC-IGS cpcB cpcA cpcC cpcD cpcE 3 peptidi linker 2 biline α e β Figura 2. Schematica rappresentazione dell’operone PC La sequenza IGS fra i due geni delle due subunità designate b (cpcB) e a (cpcA) viene analizzata mediante PCR-RFLP e permette di ottenere una inequivocabile identificazione di un isolato batterico a livello di genere, specie e di ceppo (Neilan et al., 1995). Nella Figura 3 è mostrato uno schema di conduzione di un saggio per l’identificazione della ficocianina e il relativo gel elettroforetico. L’uso di queste tecniche permette di verificare la presenza di cianobatteri diversi all’interno di una fioritura nella quale una specie sia predominante. Il dato può essere rilevante soprattutto se la specie dominante è non tossica (es. A. flos aquae), al contrario delle minoritarie (es. M. aeruginosa o A. issatschenkoi), tanto da indurre all’errore di pensare che non sia necessario ricercare la presenza di tossine. Questo aspetto è stato evidenziato in uno studio di Saker et al. (2005) che mostra come attraverso la ricerca di marcatori genetici genere-specifici sia stato possibile rilevare l’organismo produttore della microcistina presente come contaminante in alcuni integratori alimentari in commercio a base di A. flos aquae, organismo normalmente non produttore di microcistina. Lo studio ha mostrato la presenza di M. aeruginosa in grado di produrre la cianotossina identificata come contaminante. Il rischio che microrganismi tossici vengano accidentalmente inclusi nella preparazione degli integratori sussiste quando si utilizzano specie prelevate direttamente dall’ambiente naturale di crescita, come A. flos aquae, che possono coesistere con altre specie presenti in quantità limitate tanto da non essere evidenti all’analisi al microscopio. L’impiego dei cianobatteri in quanto fonte di antiossidanti naturali è oggi in crescente aumento sia in campo alimentare (integratori) che cosmetico (creme solari e prodotti antiageing). L’impiego di tecniche ad elevata sensibilità come la PCR è dunque di particolare utilità e rilevanza nell’ambito delle procedure del controllo di qualità dei prodotti destinati ad uso umano. 62 Rapporti ISTISAN 08/6 Campione ambientale Cellule su filtro 0,2 µm Estrazione DNA PCR Primer specifici per il genere Planktothrix Elettroforesi su gel al 2% 1 2 3 4 5 6 Figura 3. Procedura per testare la presenza di Planktothrix in un campione ambientale. La fotografia mostra il prodotto di amplificazione della regione PC-IGS usato come marcatore genere-specfico: 1 = campione contenente Microcystis: assenza di amplificato; 2 = campione contenente miscela di Microcystis e Planktothrix: debole amplificato; 3 e 4 = campione ad elevata concentrazione di Planktothrix: prodotto abbondante; 5 = bianco; 6 = ladder Monitoraggio di specie tossiche mediante sonde molecolari L’osservazione che il contenuto di microcistine in un lago mostri variazioni non solo stagionali (Sivonen & Jones, 1999) ma anche in periodi molto più brevi (Kurmayer & Kutzenberger, 2003) e il fatto che i livelli di cianotossina non possano essere correlati direttamente alla biomassa dei cianobatteri produttori (Kurmayer et al., 2004) ha portato ad ipotizzare che, unitamente a fattori ambientali in grado di modulare la produzione di tossina, le fluttuazioni potessero essere imputate a dinamiche di popolazioni in grado di alterare il rapporto relativo tra i genotipi tossico/non tossico. Inoltre la produzione di una particolare tossina non risulta necessariamente legata ad un unico genere, ma spesso lo stesso gruppo di cianobatteri produce più di una cianotossina. L’ipotesi di utilizzare metodi molecolari nel monitoraggio delle specie tossiche ha trovato perciò applicazione affiancando alla ricerca di cianotossine l’identificazione degli individui potenzialmente in grado di produrle. Le cianotossine più ampiamente studiate sono le microcistine, eptapeptidi ciclici epatotossici la cui attività biologica si esplica nell’inibizione delle fosfatasi di tipo 1 e 2A, a cui consegue un’iperfosforilazione delle proteine del citoscheletro degli epatociti (Funari & Testai, 2008). Probabilmente anche per questo motivo al momento sono considerate le cianotossine più diffuse e più frequentemente associate a casi di avvelenamento di animali e di effetti sull’uomo. Gli 63 Rapporti ISTISAN 08/6 studi genetici non fanno eccezione e anche in questo settore le informazioni più abbondanti sono disponibili per le microcistine. Alla base della sintesi delle microcistine c’è la sintesi peptidica non-ribosomale che è stata dimostrata nei cianobatteri anche per il tripeptide glutatione e per alcuni peptidi della parete. La sintesi peptidica non-ribosomale è ottenuta per mezzo della funzione di tiotemplato di grandi complessi a struttura modulare, chiamati peptide sintetasi non-ribosomali (NonRibosomial Peptide Synthetase, NRPS), codificati da uno dei più grandi cluster genici batterici conosciuti, il cluster genico mcy. In Microcystis comprende 10 geni trascritti con modalità bidirezionale. Ciascun modulo è responsabile per la attivazione, la solfurazione, la modifica e la condensazione di uno specifico amminoacido alla catena. Ben 45 delle 48 reazioni che sequenzialmente partecipano alla sintesi delle microcistine fanno capo ai domini catalitici di sei sintasi/sintetasi multienzimatiche (mcyA-E, G). Una rappresentazione schematica dell’organizzazione genica dell’operone mcy in Microcystis è mostrata in Figura 4; mcyA-C contengono cinque dei sette moduli che servono per la sintesi: sono ritenuti responsabili della attivazione e della incorporazione successiva di Mdha, D-Ala, L-X, D-MeAsp, e L-Z durante la biosintesi della microcistina; mcyE e G sono enzimi chimerici con funzione di peptide sintetasi e polichetide sintasi e insieme a mcyD sono responsabili della sintesi dell’Adda (Dittmann & Corner, 2005). 10 mcy J I H mcyG mcyF = Peptide sintetasi 30 20 mcyE mcyD = Polichetide sintasi 40 mcyA 50 mcyB = Modifica kb mcyC = Trasporto Figura 4. Organizzazione del cluster mcy per la biosintesi delle microcistine in Microcystis Ortologhi dei geni mcy per la microcistina sintetasi sono stati caratterizzati e sequenziati in molti altri cianobatteri tossici inclusi Planktothrix, Nostoc, Anabaena e Nodularia (Dittmann & Corner, 2005); ciò ha permesso la messa a punto di vari disegni sperimentali per la determinazione della presenza dei geni responsabili della produzione della microcistina con metodiche molecolari. Sebbene il core del cluster genico mcy sia abbastanza conservato nella scala evolutiva, alcuni geni e/o parti di essi sono soggetti alla presenza di mutazioni ed eventi ricombinanti con una frequenza maggiore rispetto ad altri geni definiti housekeeping e conseguentemente ad una più elevata variabilità. Microcystis e Planktothrix ad esempio mostrano un livello di variabilità particolarmente elevato in 2 moduli NPRS (il 2° di mcyA ed il 1° di mcyB), che è stato associato almeno parzialmente alla possibilità di produrre diversi congeneri di microcistine da parte dei singoli ceppi. La determinazione della presenza di cianobatteri produttori di microcistine si realizza attraverso PCR combinata a RFLP o all’analisi di sequenza per l’assegnazione al ceppo di origine. In uno dei primi studi di fingerprinting genetico su Microcystis (Kurmayer et al., 2003) la PCR è stata applicata per evidenziare la presenza di due specifiche sequenze: la regione dello 64 Rapporti ISTISAN 08/6 spaziatore intergenico entro l’operone PC per la classificazione del genere, e la regione mcyB per evidenziare i ceppi tossici. Nell’applicazione dei metodi genetici è di fondamentale importanza della scelta del marker “giusto” nell’individuazione dei ceppi tossici: è stata, infatti, evidenziata l’esistenza di alcuni geni mcy anche in organismi non produttori di microcistine, che evidentemente avevano quei geni, ma difettavano di altri per cui il cluster biosintetico era incompleto (falso positivo); parallelamente, ceppi che erano stati erroneamente considerati non tossici per la presenza di mutazioni entro il cluster sia in Microcystis che in Planktothrix hanno mostrato la capacità di produrre cianotossina. A tale proposito, un recente studio (Mbedi et al., 2005) ha identificato mcyB e mcyE come validi marcatori per la discriminazione di cianobatteri del genere Planktothrix produttori di tossina, in quanto è stata osservata una correlazione positiva fra numero di copie di mcyB e mMcyE e contenuto in microcistine nelle acque analizzate, mentre altri marcatori all’interno del cluster possono a volte generare falsi negativi (mcyA) o falsi positivi (mcyT, mcyTD) (Tabella 1). Tabella 1. Analisi di marcatori mcy in relazione alla presenza di microcistine in differenti ceppi di P. agardhii e P. rubescens Ceppo P. agardhii HUB076/A1 P. agardhii LAN2 P. agardhii Max01 P. agardhii Max02 P. agardhii Max08 P. rubescens BL1 P. rubescens BL11 P. rubescens HUB148 microcistina mcyT mcyTD mcyA mcyB mcyE + + + + + + + + + + + + + + + + + + + - + + + + + + + + In particolare il ruolo di mcyE come marcatore di ceppi tossici ha trovato plausibilità biologica nel fatto che codifica per il dominio coinvolto nella biosintesi dell’Adda e nell’incorporazione del D-Glu nelle microcistine, la cui presenza ha un ruolo chiave per la tossicità (Vaitomaa et al., 2003; Rantala et al., 2006). Accanto a metodiche molecolari “classiche” sono state messe a punto tecniche di real-time PCR (qPCR) che permettono di ottenere risultati quantitativi e non solo qualitativi nella determinazione dei genotipi tossici presenti in un campione ambientale. In uno di questi studi (Kurmayer et al., 2003) un saggio TaqMan è stato applicato in Microcystis per quantificare il numero di individui mcyB-positivi rispetto a tutti quelli che hanno il gene PC ottenendo così una stima del numero di genotipi potenzialmente tossici rispetto alla concentrazione della popolazione generale. Per quantificare il numero di copie di individui PC-positivi e mcy-positivi presenti in un campione ambientale eterogeneo è necessario costruire precedentemente una curva standard per ogni genotipo target utilizzando diluizioni seriali di una coltura pura a concentrazione nota. Una simile procedura è stata utilizzata per quantificare cellule produttrici e non produttrici di microcistina in Microcystis, Anabaena e Planktothrix. Questo è stato l’approccio da noi utilizzato in uno studio tuttora in corso per seguire il fenomeno delle fioriture cianobatteriche dovute a P. rubescens nelle acque del lago di Gerosa. Nel corso di un anno di rilevamenti è stato possibile descrivere le oscillazioni di numerosità degli individui tossici e non tossici in relazione alla presenza di microcistine nelle acque. Lo studio ha evidenziato in alcuni casi che il picco di concentrazione delle microcistine totali non corrispondeva al picco numerosità degli individui. Dati preliminari (Tabella 2) indicano che tale sfasamento tra il 65 Rapporti ISTISAN 08/6 numero degli individui e la produzione della microcistina potrebbe essere parzialmente spiegato con una variazione della percentuale degli individui ‘tossici’ (in grado cioè di produrre la cianotossina) rispetto a quelli ‘non tossici’ (Funari et al., 2007). Tabella 2. Quantificazione mediante real-time PCR dei genotipi mcyB positivi rispetto alla popolazione totale di P. rubescens nel lago di Gerosa nei mesi di novembre e dicembre 2006 Novembre (superficie) Metodo Dicembre (superficie) Microcistine (µg/L) ELISA LC/MS/MS N. cellule (106) Microscopio invertito 44 3,7 mcyB vs Pc (%) qPCR 31 63,7 1,28 0,046 2,04 0,4 ELISA: Enzyme Linked Immunosorbent Assay; LC/MS/MS: Liquid Chromatography/Tandem Mass Spectrometry Recentemente, la messa a punto di metodiche di RT-PCR nei saggi di espressione genica ha reso possibile una più completa caratterizzazione dei ceppi tossici, poiché è stato osservato che la produzione di tossine può essere indotta o repressa in risposta a specifici stimoli ambientali come l’abbondanza o scarsità di nutrienti (fosforo, azoto, ferro). In particolare è stata fatta l’ipotesi che l’espressione dei geni della biosintesi della microcistina non sia la sola ad essere modulata da fattori ambientali. Infatti, l’esistenza di un gene che codifica per un trasportatore ABC di membrana nel cluster genico potrebbe suggerire che un aumento della sua espressione incrementerebbe il trasporto attivo della microcistina in sede extracellulare, in seguito al quale la cellula aumenterebbe la sintesi della tossina per mantenere costante il contenuto intracellulare, per ragioni legate ad un ancora non chiaro ruolo fisiologico delle cianotossine. Alcuni studi (Tonk et al., 2005) evidenziano come la produzione di microcistine sia incrementata in modo consistente anche in risposta a una aumentata irradiazione solare sia in Microcystis che in Planktothrix; la produzione di tossine risulta dunque aumentata nei mesi estivi, cioè nel periodo in cui le attività ricreative nei corpi idrici sono maggiormente frequentate. L’approccio molecolare nell’ambito del monitoraggio di corpi idrici interessati da fioriture di cianobatteri può dunque offrire un potente strumento per monitorare il fenomeno sin dalle fasi più precoci per una migliore gestione della qualità delle acque potabili e di balneazione. Bibliografia Boutte C, Grubisic S, Balthasart P, Wilmotte A. Testing of primers for the study of cyanobacterial molecular diversity by DGGE. J Microbiol Methods 2006;65(3):542-50. Dittmann E, Borner T. Genetic contributions to the risk assessment of microcystin in the environment. Toxicol Appl Pharmacol 2005;15:203(3):192-200. Funari E, Testai E. Human health risk assessment related to cyanotoxins exposure Crit Rev Toxicol 2008;38:97-125. Funari E, Manganelli M, Bogialli S, Corradetti E, Gemma S, Mattei D, Scardala S, Stefanelli M, Testai E, Vichi S. Seasonal dynamics of Planktothrix rubescens, microcystins production and microbial activity in a small lake in central Italy (Gerosa). In: Abstract book. International Conference on Toxic Cyanobacteria, Rio de Janeiro State, 5-10 August 2007. p. 104 66 Rapporti ISTISAN 08/6 Hisbergues M, Christiansen G, Rouhiainen L, Sivonen K, Borner T. PCR-based identification of microcystin-producing genotypes of different cyanobacterial genera. Arch Microbiol 2003;180(6):402-10. Neilan BA. The molecular evolution and DNA profiling of toxic cyanobacteria. Curr Issues Mol Biol 2002;4(1):1-11. Neilan BA, Jacobs D, Goodman AE. Genetic diversity and phylogeny of toxic cyanobacteria determined by DNA polymorphisms within the phycocyanin locus. Appl Environ Microbiol 1995;61(11):3875-83. Kurmayer R, Kutzenberger T. Application of real-time PCR for quantification of microcystin genotypes in a population of the toxic cyanobacterium Microcystis sp. Appl Environ Microbiol 2003;69(11):6723-30. Kurmayer R, Christiansen G, Fastner J, Borner T. 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Appl Environ Microbiol 2003;69(12):7289-97. 67 Rapporti ISTISAN 08/6 VALUTAZIONE DEL RISCHIO ASSOCIATO ALLA ESPOSIZIONE A CIANOTOSSINE Enzo Funari, Emanuela Testai Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria, Istituto Superiore di Sanità, Roma Introduzione L’uomo può essere esposto alle cianotossine attraverso diverse vie, la principale delle quali è quella orale, a seguito dell’ingestione di alcuni alimenti (prodotti ittici, prodotti agricoli), di supplementi alimentari (capsule e pillole contenenti estratti/liofili di cianobatteri), di acque potabili o dell’ingestione accidentale o involontaria di acque ad uso ricreazionale. Tuttavia l’esposizione alle cianotossine può avvenire anche attraverso la via cutanea e inalatoria (attività ricreative e professionali in acque contaminate, uso domestico delle acque, es. doccia). Esiste poi la possibilità di esposizione attraverso la via parenterale, quando acque provenienti da corpi idrici superficiali vengono utilizzate per emodialisi: pur essendo meno frequente ed interessando un gruppo specifico e ristretto di individui (i pazienti sottoposti al trattamento terapeutico), questa via di esposizione rappresenta, per le sue caratteristiche, un rischio maggiore per i soggetti esposti. Il processo di valutazione del rischio segue procedure consolidate e adottate dalle varie organizzazioni internazionali (Funari & Testai, 2007). In accordo a tali procedure, per valutare adeguatamente il rischio per la salute derivante dall’esposizione alle cianotossine è indispensabile disporre delle informazioni relative al loro profilo tossicologico, provenienti sia da studi su modelli animali che da dati sull’uomo, e da studi epidemiologici, oltre che di misure del livello di esposizione rappresentative e rilevanti per i vari scenari da considerare. Proprietà tossicologiche delle cianotossine Una visione sinottica delle principali caratteristiche tossicologiche delle varie cianotossine è presentata nelle Tabelle 1 e 2; per una descrizione dettagliata dei vari aspetti (meccanismo di azione, tossicocinetica, tossicità acuta e per dosi ripetute, genotossicità, cancerogenesi e tossicità dello sviluppo) si rimanda ad una rassegna recentemente pubblicata (Funari & Testai, 2008). Dal punto di vista tossicologico le cianotossine più studiate sono sicuramente le microcistine (MC) e tra queste la maggior parte dei dati sono disponibili per uno dei 70 congeneri, la MCLR, che sulla base dei risultati di tossicità acuta è uno dei più epatotossici. Per questo motivo, non avendo disponibili dati sugli altri congeneri e anche sulle nodularine (che condividono bersaglio e meccanismo di azione con le MC), spesso si parla di livelli espressi come MC-LR equivalenti, pensando all’applicazione di un approccio conservativo nei confronti della protezione della salute. È tuttavia ancora da dimostrare che il ranking di tossicità delle MC stabilito in base agli effetti acuti sia estrapolabile come tale anche agli effetti a breve e lungo termine. 68 69 50-1200 (in dipendenza del congenere) 50 2100 (24 h) 200 (6 giorni) 375 330 20-40 10-20 40-190 mg/kg pc Microcistine(MC) Nodularine (NOD) Cilindrospermopsina (CYN) Anatossina-a (ATX-a) Omoanatossina-a Anatossina a-(s) Saxitossine (STX) Endotossine LPS** ND 263 (topo) ND 5000 4400-6900 (2-6 giorni) ND** 5000 LD50 orale (µg/kg p.c.) Pelle e mucose (irritazione, effetti topici) Sistema neuromuscolare (blocco dei canali ionici di membrana) Effetti acuti sull’uomo: 144-304 µg/persona: sintomi lievi 456-1200 µg/persona: sintomi da moderati a gravi (paralisi e decesso) Sistema nervoso periferico (inibizione della acetilcolinesterasi ed ipereccitabilità nervosa ) Simile alla anatossina-a Sistema neuromuscolare (legame al recettore nicotinico Ach ed effetti depolarizzanti sulla membrana) Rene e Fegato (composto parentale: inibizione della sintesi proteica; Metaboliti: meccanismo diverso ma ancora non chiarito) Fegato (inibizione delle fosfatasi PP1 e PP2A ) Fegato (inibizione delle fosfatasi PP1 e PP2A. dosi alte: danni ai capillari sinusoidi ed emorragia intraepatica; dosi basse: induzione di proliferazione cellulare e ipertrofia epatica) Organo bersaglio e meccanismo di azione *Le referenze bibliografiche sono rintracciabili in Funari & Testai,2008. **i.p.= intraperitoneale; ND= Non Determinato; g.i. =gastrointestinale; LPS=lipopolisaccaridiche LD50 i.p.** (µg/kg p.c.) Cianotossina Non ci sono informazioni specifiche Assorbimento g.i. rapido, ampia distribuzione e passaggio della barriera emato-encefalica. Escrezione rapida. Indicazioni indirette di detossicazione Bioaccumulo elevato in crostacei e molluschi. Nessuna informazione diretta, ma possibile assorbimento g.i.** rapido, degradazione ed eliminazione rapide Simile alla anatossina-a Assorbimento g.i. rapido, degradazione ed eliminazione rapide, limitato potenziale di bioaccumulo Molto idrofila. Trasporto attivo (sistema degli acidi biliari) ma anche passivo. Evidenze indirette di bioattivazione da citocromo P450. Escrezione urinaria Non ci sono informazioni specifiche (probabili similitudini con MC) MC-LR: molto idrofila. Trasporto attivo sistema degli anioni organici (OATP) e degli acidi biliari Coniugazione con GSH nel fegato: i coniugati sono molto meno tossici del parentale Escrezione urinaria Informazioni di tossicocinetica Tabella 1. Caratteristiche tossicologiche delle principali cianotossine : tossicità acuta, meccanismo di azione e tossicocinetica* Rapporti ISTISAN 08/6 ND** (possibile riferirsi alla MC-LR) 30 (Topi; 11 settimane; gavaggio) Nodularine (NOD) Cilindrospermopsina (CYN) 70 Non esiste un NOEL Rischio cronico limitato >510 (Topi; 54 giorni; acqua potabile) Rischio cronico limitato Non esiste un NOEL Rischio cronico limitato Non esiste un NOEL Rischio cronico limitato Non esiste un NOEL Rischio acuto > cronico – – – – ND 60 ND 200 LOEL** (µg/kg/g) – – – – 0,51 (UF=1000) 0,03 (UF=1000) – 0,04 (UF**=1000) ADI/TDI** (µg/kg/g) Non ci sono informazioni Non ci sono informazioni Non ci sono informazioni Non ci sono informazioni Non genotossica: risultati positivi secondari a citotossicità MC-LR: attività di promotore tumorale (categoria 2B secondo la IARC) Non ci sono informazioni specifiche Attività di promotore tumorale (dati non sufficienti alla classificazione secondo la IARC) Tossina parentale: non genotossica: risultati positivi secondari a citotossicità Metaboliti: possibili effetti genotossici Cancerogenesi: non ci sono dati affidabili Non ci sono informazioni Genotossità/ Cancerogenesi Attività teratogena in larve di pesce e anfibio. Nessuna informazione su mammiferi Non ci sono informazioni Non ci sono informazioni Non ci sono informazioni Non tossica per la riproduzione e lo sviluppo Nessun effetto evidenziato al momento Non ci sono informazioni MC-LR pura: Non tossica per la riproduzione e lo sviluppo. Estratti: attività teratogena in rane Tossicità riproduttiva e dello sviluppo *Le referenze bibliografiche sono rintracciabili in Funari & Testai, 2008. **NOEL= No Observed Effect Level; LOEL = Low Observed Effect Level; ND= Non Determinato; UF= fattori di incertezza; ADI/TDI= dose giornaliera accettabile/tollerabile Endotossine LPS Saxitossine (STX) Anatossina a-(s) Omoanatossina-a Anatossina-a 40 (MC-LR; topi; 13 settimane; gavaggio) 330 (MC-LR in estratti; topi; 13 settimane; orale-dieta) Microcistine (MC) Estratti di C. raciborskii più tossici della CYN pura NOEL** subcronico (µg/kg/g) Cianotossina Tabella 2. Caratteristiche tossicologiche delle principali cianotossine: tossicità ripetuta, genotossicità, cancerogenesi e tossicità riproduttiva* Rapporti ISTISAN 08/6 Rapporti ISTISAN 08/6 Relativamente alla tossicità acuta questo approccio porta inevitabilmente ad una sovrastima della tossicità di miscele di MC e NOD; per una valutazione più realistica è stato perciò proposto (Wolf & Frank, 2002) di utilizzare un metodo simile a quello adottato per le miscele di PCB e diossine, che prevede il calcolo di un fattore noto come Toxicity Equivalent Factor (TEF) a partire dai dati tossicologici disponibili sui principali congeneri. Al congenere di riferimento, la 2,3,7,8-TCDD che è il più tossico all’interno del gruppo, viene per definizione assegnato un TEF=1; agli altri congeneri sarà assegnato un TEF (≤ 1) proporzionale al loro potenziale tossicologico nei confronti della 2,3,7,8-TCDD. Moltiplicando poi il TEF per la concentrazione dei corrispondenti congeneri presenti nella miscela e sommando i valori ottenuti si otterrà la tossicità della miscela. La tossina di riferimento può essere considerata la MC-LR, cosicché il suo TEF è =1. Il TEF individuale di una tossina X può essere calcolato dal rapporto tra il valore di LD50 della MC-LR e della tossina X, secondo l’equazione: TEFX = LD50 MC-LR/ LD50X Considerando di avere una miscela ipotetica composta da MC-LR (30 μg/L); MC-RR (100 μg/L) e MC-YR (15 μg/L) e NOD (20 μg/L), seguendo l’approccio conservativo, la tossicità della miscela sarebbe considerata equivalente a quella dovuta alla presenza di 165 μg/L di MCLR. Se invece fosse applicato l’approccio descritto, il risultato indicherebbe una tossicità equivalente molto inferiore, come esemplificato in Tabella 3. Tabella 3. Applicazione del TEF ad una miscela di MC e NOD secondo l’approccio proposto da Wolf & Frank (2002) Tossina MC-LR MC-RR MC-YR NOD Totale Concentrazione (μg/L) 30 100 15 20 165 TEF Equivalente di tossicità 1,0 0,1 1,0 1,0 30 10 15 20 75 Per quanto riguarda gli studi di tossicità per dosi ripetute, studi a lungo termine non sono disponibili per alcuna cianotossina; una delle ragioni principali sta nella difficoltà di disporre di quantità adeguate di cianotossine pure per i trattamenti previsti per un test secondo le linee guida OECD. Lavorare con gli estratti non sembra la soluzione più idonea, anche perché in molti casi gli estratti hanno mostrato un livello di tossicità maggiore rispetto alle cianotossine pure, suggerendo che possano esserci altre componenti della cellula cianobatterica corresponsabili degli effetti o in grado di interagire con le cianotossine, aumentandone la tossicità (Falconer, 2007). Molta attenzione è stata dedicata anche a presunti effetti genotossici e cancerogeni delle cianotossine: in realtà, nella maggior parte dei casi gli effetti genotossici evidenziati in vivo ed in vitro solo ad elevate concentrazioni sia di MC che di cilindrospermopsina (CYN) sono secondari all’elevata citossicità. Tali effetti possono essere attribuiti alla attività di endonucleasi in grado di frammentare il DNA a seguito dei fenomeni di necrosi (Rao et al., 1998; Zhan et al., 2004; Humpage et al., 2005). La loro rilevanza è quindi marginale. I risultati positivi ottenuti con estratti di cianobatteri ma non con la MC-LR purificata fanno ipotizzare che anche per gli effetti genotossici gli estratti possano contenere altre componenti attive, diverse dalle cianotossine (Ding et al., 1999). L’unica eccezione è rappresentata dai metaboliti prodotti dalla bioattivazione P450-dipendente della CYN: in epatociti primari di topo metabolicamente 71 Rapporti ISTISAN 08/6 competenti sono stati ottenuti risultati positivi nel comet assay a dosi di CYN ≤ 0,05 μM, che suggeriscono una possibile attività genotossicità non secondaria alla citotossicità (Humpage et al., 2005). Dal momento che il test utilizzato dà indicazioni di lesioni pre-mutagene, non è possibile trarre conclusioni definitive sulla genotossicità della CYN. Tuttavia, questo è sicuramente uno dei settori nei quali è necessaria l’acquisizione di maggiori informazioni. Relativamente agli effetti cancerogeni, la MC-LR che non ha attività di iniziazione, ha però mostrato proprietà di promozione tumorale in modelli animali (Falconer, 1991; NishiwakiMatsushima et al., 1992; Wanght & Zhuth, 1996; Sekijima et al., 1999), che hanno indotto la International Agency for Research on Cancer (IARC) a classificare la MC-LR come un cancerogeno di classe 2B (IARC, 2006). I dati sulle nodularine e sulla CYN non sono sufficienti per trarre conclusioni relative alle attività cancerogene di queste tossine. Un altro settore non sufficientemente esplorato è lo studio delle proprietà tossicologiche delle endotossine LPS (lipopolisaccaridiche). Gli effetti topici che sono stati associati a contatto diretto con le tossine LPS dei cianobatteri, tra cui irritazioni cutanee e oculari, problemi di tipo gastrointestinale e reazioni allergiche e infiammatorie, non sono mai stati dimostrati sperimentalmente. Tali effetti sono stati attribuiti alle LPS cianobatteriche in analogia a ciò che si verifica per contatto con le LPS presenti nella membrana dei batteri Gram negativi. Tuttavia l’entità dell’analogia strutturale non è ancora nota, soprattutto rispetto alla componente lipidica, che è responsabile del grado di tossicità nelle LPS batteriche. Dati disponibili sull’uomo L’uso di acque superficiali interessate da presenza di cianobatteri tossici per l’emodialisi rappresenta un rischio notevole per i pazienti sottoposti a questo trattamento: la via di esposizione di tipo parenterale aumenta notevolmente la possibile dose interna di tossine, che entrano direttamente in circolo. L’episodio di maggiore rilevanza sanitaria è stato riportato in Brasile, dove sono deceduti 56 pazienti dei 130 sottoposti a dialisi con acqua risultata poi contaminata da microcistine (Jochimsen et al., 1998; Azevedo et al., 2002). Acque potabili In dipendenza dei livelli di cianotossine nelle acque grezze e dell’efficienza dei processi di trattamento delle acque per la rimozione di cianobatteri e cianotossine disciolte, nelle acque per uso umano può essere presente un ampio range di livelli di cianotossine. Alcuni episodi di intossicazioni acute per consumo di acque contaminate hanno chiaramente dimostrato la plausibilità di una tale eventualità (Tabella 4). Relativamente al rischio cronico associato al consumo di acque contaminate, sono stati condotti alcuni studi epidemiologici, ma le informazioni sono limitate e non permettono di trarre alcuna conclusione. Infatti, in nessuno degli studi è stato possibile provare che le cianotossine fossero il vero agente causale degli effetti osservati, ma semplicemente uno dei più plausibili. In alcune zone della Cina, in cui gli abitanti consumavano per uso potabile acqua di stagno o di canale non trattata, sono state esaminate le possibili cause della incidenza (doppia rispetto ad altre aree) di tumori primitivi del fegato (Ueno et al., 1996). 72 Rapporti ISTISAN 08/6 Tabella 4. Segnalazioni di effetti sull’uomo dovuti al consumo ad uso potabile di acque contaminate in varie aree geografiche Agente causale Luogo Effetti Bibliografia Fioritura di Anabaena e Microcystis spp. Brasile 2000 casi di gastro-enteriti e 88 decessi in 42 giorni Teixera et al., 1993 Trattamento di una fioritura di Cylindrospermopis raciborskii con solfato di rame Australia Byth, 1980; 140 bambini e 10 adulti ospedalizzati per danni epatici Hawkins & Griffiths, 1993 e renali in 1 settimana. Recupero completo di tutti i pazienti Firoriture di diversi cianobatteri Australia, Austria Danni epatici e gastroenteriti Botes et al., 1985; Fawell et al., 1993; Zilberg, 1996; El Saadi et al., 1995; Falconer, 1989, 1994 È comunque facile intuire che il consumo di acqua non potabilizzata proveniente direttamente da stagni e corpi idrici non controllati comporta la presenza di tanti e tali fattori di rischio microbiologico e chimico, che è pressoché impossibile trovare un nesso causale tra i due eventi. Inoltre il consumo da parte di quelle stesse popolazioni di cibi contaminati da aflatossina B1, potente epatocancerogeno, rappresenta un ulteriore fattore confondente. In Florida è stato condotto uno studio ecologico per valutare l’associazione tra rischio di contrarre tumore epatico o colorettale e consumo di acque superficiali potenzialmente contaminate da microcistine, utilizzando come popolazioni di controllo quelle che vivono in aree contigue, dove si consuma acqua di pozzo, assumendo a priori similitudine per stile di vita e caratteristiche demografiche. I risultati ottenuti non hanno permesso di provare né di negare alcuna associazione eziologia (Fleming et al., 2001, 2002). Alla luce della scarsa qualità dei dati epidemiologici disponibili, la IARC (2006) ha concluso che non è possibile associare l’eccesso di rischio di tumori epatocellulari e colorettale, riportati in alcuni studi, con l’esposizione alle MC. Integratori alimentari Recentemente si è andato diffondendo nei paesi industrializzati l’uso come integratori alimentari di estratti di alghe verde-azzurre (Blue Green Algae Supplements, BGAS), in passato diffuse in paesi orientali come Cina e India (Carmichael et al., 2000). Gli integratori, principalmente a base di Aphanizomenon flos-aquae e Spirulina spp., vengono consumati per le loro presunte attività di migliorare l’umore, aiutare nella perdita di peso durante diete ipocaloriche e come fonte energetica (Jensen et al., 2001) e sono anche somministrati a bambini in età scolare che soffrono di disturbi dell’attenzione e iperattività (sindrome della Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ADHD) come terapia alternativa. L’assunzione è strettamente dipendente da scelte individuali e può difficilmente essere controllata per la valutazione della esposizione. Recentemente è stato pubblicato un caso di decesso in una donna 34enne per tossicità epatica. Sebbene una diretta relazione causa-effetto non sia ancora stata stabilità con certezza, la morte è stata correlata all’assunzione cronica di BGAS, di cui la paziente era abituale consumatrice, dal momento che: i) i prodotti in suo possesso sono risultati contaminati da MC 73 Rapporti ISTISAN 08/6 (2,62-4,06 µg MC-LR equivalenti/g di peso secco); ii) sezioni epatiche della paziente sono risultate positive ad analisi immunoistochimiche con anticorpi anti-MC; e iii) i danni epatici non sono risultati compatibili con cirrosi da consumo di alcol, ma tipici degli effetti prodotti da MC (Dietrich et al., 2007). Acque di balneazione Per quanto riguarda il rischio associato alle attività ricreative in acque di balneazione, sembra opportuno premettere che in Paesi temperati, come il nostro, la stagione balneare è limitata ai 4-5 mesi più caldi dell’anno. Questo tipo di esposizione non ha pertanto le caratteristiche necessarie per prefigurare un rischio cronico. È invece possibile che in certe situazioni l’esposizione a cianobatteri durante le attività ricreative dia luogo ad effetti a breve termine, che sono stati, infatti, riportati in alcune pubblicazioni scientifiche. Un unico caso di decesso è stato a posteriori associato ad esposizione ad anatossina-a da un coroner negli Stati Uniti. Un ragazzo avrebbe ingerito involontariamente acqua contaminata da questa cianotossina in uno stagno di un campo da golf (la tossina era stata rilevata nel fegato). Tuttavia questa associazione è caratterizzata da rilevanti incertezze, soprattutto in relazione al lungo tempo di latenza tra esposizione e decesso (circa 48 ore), inconsistente con i tempi nettamente inferiori osservati negli animali di laboratorio (Stewart et al., 2006b). A seguito di esposizioni a cianobatteri nelle acque di balneazione sono stati riportati effetti sui bagnanti quali forti emicranie, polmoniti, febbre, mialgia, vertigini, formazione di vescicole (Dillenberg & Dehnel, 1960; Carmichael et al., 1985; Stewart et al., 2006c, Turner et al., 1990). In un episodio, 10 su 20 soldati esposti ad un’intensa, prolungata attività di nuoto e canottaggio in un invaso infestato da una fioritura di Microcystis, riportarono vari sintomi respiratori, inclusi due casi di polmonite (Turner et al., 1990). In uno studio epidemiologico condotto in Australia, non sono risultate significative le differenze nei sintomi tra esposti e non esposti a due giorni dall’esposizione mentre sono risultate significative dopo sette giorni dall’esposizione a densità di cianobatteri superiori a 5000 cellule/mL (Pilotto et al., 1997). Tuttavia, questo studio mostra diverse limitazioni, come, ad esempio, il numero ridotto di individui esposti e non. È stato anche osservato che le reazioni allergiche ritardate attribuite all’esposizione ai cianobatteri, osservate dopo 7 giorni, non sarebbero compatibili con i tempi tipici di queste reazioni, generalmente 4-24 ore dall’esposizione (Stewart et al., 2006b). In tre studi analitici condotti nel Regno Unito su 6 corpi idrici, 5 dei quali infestati da fioriture di cianobatteri, è emerso un quadro abbastanza comune: gli effetti osservati in tutti i casi erano comunque riconducibili a forme minori di morbidità (Philipp, 1992; Philipp & Bates, 1992). A seguito di un’estesa fioritura di Anabaena circinalis in un corpo idrico in Australia, è stato riportato un aumento significativo del rischio di disturbi gastrointestinali e dermatiti in persone che avevano utilizzato le acque grezze non trattate per uso domestico ma non in coloro (soltanto 50) che praticarono attività ricreative nel corpo idrico (El Saadi et al., 1995). In uno studio prospettico, 1331 persone furono reclutate per studiare possibili effetti associati all’esposizione ai cianobatteri in 19 corpi idrici utilizzati per attività ricreative in Australia e in Florida (Stewart et al., 2006b). Fu osservato un aumento significativo del rischio di sintomi respiratori e altri sintomi minori tra i soggetti esposti ai livelli più elevati di cianobatteri. Una relazione simile ma non significativa fu osservata per sintomi come febbre, dermatiti e otiti. Soltanto raramente le cianotossine vennero rilevate nelle acque utilizzate per attività ricreative; 74 Rapporti ISTISAN 08/6 quando presenti i livelli di MC, CYN e anatossina-a erano generalmente bassi (intorno ad 1 µg/L), molto inferiori ai valori in grado di causare effetti sistemici. A proposito degli effetti cutanei riportati in diversi studi, sembra opportuno rilevare che questi sono fortemente suggestivi di reazioni allergiche e che almeno alcuni dei sintomi osservati (come riniti, asma, congiuntiviti e urticaria) indicano una risposta dovuta a ipersensibilità immediata, probabilmente attribuibile ad una cascata di azioni scatenate all’azione infiammatoria delle citochine, consistente con le reazioni infiammatorie attribuite alle endotossine LPS. Non è possibile tuttavia escludere il ruolo dei batteri Gram negativi, come agenti eziologici per questi effetti, poiché anch’essi sono produttori di queste tossine. Infine, sembra opportuno rilevare che sintomi come dermatiti ed effetti gastrointestinali possono essere erroneamente attribuiti all’esposizione alle cianotossine ma potrebbero essere causati anche da altri agenti, come ad esempio alcuni composti organici rilasciati dalla lisi delle cellule dei cianobatteri (aldeidi, terpenoidi, chetoni, ecc.) che hanno proprietà irritanti e sensibilizzanti e altri fattori di rischio presenti nelle acque interne come la cercaria avicola, altri batteri e/o virus, ecc. (Stewart et al., 2006a). Sulla base dei dati aneddotici, epidemiologici e tossicologici (come illustrato di seguito) disponibili, sembra possibile concludere che il rischio di effetti gravi per la salute dei bagnanti è posto dai cianobatteri soltanto quando sono presenti in forma di fioriture o schiume. Non sono disponibili studi riguardanti i possibili effetti sulla salute umana associati ad altre fonti di esposizione (es. prodotti ittici). In conclusione, i dati disponibili mostrano che l’esposizione ad elevati livelli di alcune cianotossine e/o altri prodotti dei cianobatteri è in grado di causare effetti gravi (anche molto gravi) alla salute delle persone esposte (es. emodialisi, acque potabili, balneazione, supplementi alimentari). Tuttavia, nel loro insieme, i dati sull’uomo sono molto carenti, certamente non sufficienti per una valutazione esauriente del rischio associato all’esposizione, in particolare cronica, alle cianotossine. Queste carenze possono essere almeno in parte colmate utilizzando le conoscenze acquisite attraverso gli studi disponibili riguardanti le caratteristiche tossicologiche delle cianotossine. Sulla base di queste conoscenze sono possibili le seguenti valutazioni del rischio, in relazione alle diverse tipologie di esposizione note alle cianotossine. Rischio cronico Il valore di dose giornaliera accettabile/tollerabile per esposizioni a lungo termine (Acceptable Daily Intake/Tolerable Daily Intake, ADI/TDI), può essere ricavato seguendo l’approccio utilizzato a livello internazionale da varie organizzazioni (U.S. Environmental Protection Agency, EPA; Unione Europea) e seguito anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Generalmente il valore di TDI si ottiene dal rapporto tra il NOEL tossicologicamente rilevante e una serie di fattori di incertezza (Uncertainty Factors, UF) che tengano conto delle incertezze del dato sperimentale e dei possibili fattori di variabilità, utilizzando considerazioni di tipo conservativo per dare adeguati margini di sicurezza alla protezione della salute dell’uomo: TDI= NO(A)EL / UF . Di seguito viene effettuato il calcolo del valore di TDI per la MC-LR, la CYN e la ATX-a, per le altre tossine non esistono dati tali da poter ricavare una TDI: 75 Rapporti ISTISAN 08/6 – MC-LR In assenza di uno studio di tossicità cronica, è stato considerato come valido il valore di NOEL (No Observed Effect Level) subcronico quello derivante dallo studio a 13 settimane sul topo pari a 40 µg/kg pc/giorno (Fawell et al., 1999a). La scelta di questo NO(A)EL (No Observed Adverse Effect Level) rappresenta un esempio della applicazione dell’approccio conservativo; infatti è stato derivato da uno studio sul topo, che almeno rispetto agli effetti acuti della MC-LR si è dimostrato più sensibile rispetto al ratto; nello studio le dosi testate sono molto distanti e il LO(A)EL (Lowest Observed Adverse Effect Level) (dose immediatamente superiore al NOAEL) è 200 µg/kg pc/giorno con effetti molto leggeri e presenti solo in un numero limitato degli animali trattati, per cui il valore di NOAEL potrebbe essere verosimilmente più elevato di 40 µg/kg pc/giorno; infine la via di esposizione è il gavaggio piuttosto che la somministrazione attraverso la dieta. Quest’ultima modalità di trattamento è stata utilizzata in un altro studio subcronico che ha fornito un NOAEL più alto (300 µg/kg pc/giorno), sulla base del fatto che il gavaggio introduce una dose ‘bolo’ nel tratto gastrointestinale con il raggiungimento di dosi interne più elevate, mentre attraverso la dieta l’introduzione è graduale e i sistemi di detossificazione possono essere più efficienti. Al valore del NOAEL si applica un fattore di incertezza di 1000 dovuto alla moltiplicazione di 3 fattori pari a 10 che tengono conto: 1) della variabilità interspecifica (i dati sono ottenuti su animali sperimentali e si considera, a scopo puramente cautelativo, che l’uomo possa essere più sensibile); 2) della variabilità intraspecifica (si considera che all’interno della popolazione umana possano essere presenti individui più suscettibili per età come bambini e anziani, stati fisio-patologici e per caratteristiche genetiche e/o acquisite); 3) della mancanza di dati di tossicità cronica (lo studio subcronico corrisponde a circa 1/6 dell’intero arco della vita del topo) e delle proprietà biologiche della tossina. Dall’applicazione dei suddetti fattori di sicurezza si ottiene la TDI per la MC-LR di 0,04 µg/kg pc/giorno (quindi 2,4 µg per una persona di 60 kg di peso). Questo vuol dire che un’assunzione fino a 2,4 µg di MC-LR/persona ogni giorno per l’intero arco della vita non comporta un rischio sanitario apprezzabile. – CYN Anche in questo caso non esistono studi di tossicità cronica. Il valore di NOEL subcronico più rilevante è quello pari a 30 µg/kg pc/giorno, derivato da uno studio in cui l’effetto critico considerato è una variazione del peso del rene (Humpage & Falconer, 2003). A questo valore, analogamente a quanto descritto per la MC-LR, è applicato un fattore di incertezza di 1000 che tiene conto della variabilità inter- e intra-specifica e della mancanza di dati di tossicità cronica. Dall’applicazione dei suddetti fattori di sicurezza si ottiene la TDI di 0,03 µg/kg pc/giorno; quindi 1,8 µg per una persona di 60 kg di peso. Questo vuol dire che un adulto può assumere fino a 1,8 µg di CYN ogni giorno per l’intero arco della vita senza che tale ingestione comporti un rischio sanitario apprezzabile. Questo valore di TDI deve essere considerato provvisorio: infatti, nel momento in cui dovessero essere dimostrate proprietà mutagene e/o cancerogene della CYN, al momento non ancora chiare, si renderebbe necessario aggiornarlo. – ATX-a Sulla base degli studi disponibili, l’OMS ha considerato che i dati di tossicità ripetuta non sono sufficienti per calcolare una vera TDI (Falconer et al., 1999b). Infatti, negli studi per via orale disponibili (durata 4-7 settimane) non sono mai stati evidenziati effetti tossici 76 Rapporti ISTISAN 08/6 anche alle dosi più alte saggiate (fino a 510 µg/kg pc/d) (Astrachan et al., 1980): non è stato perciò possibile calcolare un vero e proprio NOEL, dal quale ricavare la TDI. Tuttavia, per le considerazioni sopra esposte, sembra ragionevole ipotizzare che gli effetti cronici per la salute umana siano meno rilevanti rispetto a quelli acuti. Prendendo come range di valori provvisori di NOAEL 120-510 µg/kg pc/d (pur sapendo che il valore reale è sicuramente più elevato e quindi assumendo un atteggiamento conservativo) e applicando un fattore di incertezza di 1000 (100 per la variabilità inter- e intraspecifica e altri 10 per la mancanza di dati di tossicità cronica) si otterrebbero TDI di 0,12-0,51 µg/kg pc al giorno. In quei casi nei quali acque interessate da fioriture di cianobatteri in corpi idrici superficiali siano utilizzate a scopo potabile, può configurarsi un rischio da esposizione cronica alle cianotossine. Tuttavia i trattamenti di potabilizzazione ai quali sono sottoposte le acque superficiali prima della loro distribuzione dovrebbero essere condotti in modo da ottenere una forte riduzione dei livelli delle cellule dei cianobatteri e delle cianotossine disciolte (Dietrich & Hoeger, 2005). Ovviamente dovrebbero essere evitate le condizioni, come ad esempio l’uso di alcuni disinfettanti, in grado di causare la lisi cellulare con il conseguente rilascio delle tossine (Jones & Orr, 1994). I trattamenti di potabilizzazione sono oggi in grado di rimuovere >99% delle cellule e delle cianotossine disciolte nelle acque grezze, ma dovrebbero comunque essere calibrati sulla base delle conoscenze sul corpo idrico e in relazione al contenuto delle cianotossine totali e di quelle disciolte in acqua. La somma del contenuto intracellulare e delle cianotossine disciolte è generalmente l’indice di esposizione più rilevante nella valutazione del rischio, tuttavia in alcuni casi è necessario differenziare tra forma particolata e disciolta. Ad esempio, quando i processi di potabilizzazione in atto sono capaci di rimuovere efficacemente solo le cellule di cianobatteri, il livello di tossine disciolte diventa il parametro di esposizione umana più rilevante. Il contenuto intracellulare delle MC è generalmente più alto della concentrazione di tossine disciolte nell’ambiente circostante (van Apeldoorn et al., 2007; Ibelings & Chorus, 2007), dove sono solo parzialmente rilasciate attraverso processi di trasporto attivo (Rapala et al., 1997). Al contrario la CYN spesso viene ritrovata in acqua a concentrazioni paragonabili e anche più elevate di quelle intracellulari (Rücker et al., 2007); per le altre cianotossine non sono disponibili informazioni attendibili sulla proporzione relativa di tossina disciolta in acqua rispetto al totale. Quando le fioriture sono in fase di decadimento o in seguito all’uso di agenti lisanti, è possibile che le concentrazioni di tossine disciolte siano piuttosto elevate (van Apeldoorn et al., 2007; Jones & Orr, 1994): il fenomeno è comunque limitato nel tempo a causa della forte diluizione all’interno del corpo idrico, del rimescolamento operato dal vento e da fenomeni di adsorbimento ai sedimenti e di (bio)degradazione. Acque potabili La possibilità di esposizione umana a MC attraverso l’acqua potabile è stata considerata dalla OMS, che ha derivato a partire dalla TDI di 0,04 µg/kg pc/giorno relativa alla MC-LR, un valore guida (Guidance Value, GV) di 1 µg/L per la concentrazione della MC-LR, avendo considerato che l’assunzione attraverso l’acqua potabile rappresenti l’80% della assunzione totale (Allocation Factor, AF) ed un consumo di 2 L di acqua/giorno per una persona di 60 kg di peso. GV = TDI × peso corporeo × AF 0,04μg/kg × 0,8 × 60 kg ≅ 1μg/L = consumo giornaliero (C) 2L 77 Rapporti ISTISAN 08/6 Non avendo a disposizione TDI relative agli altri congeneri, è stato proposto di estendere il GV al contenuto di MC totali (Chorus & Bartram, 1999). Considerando che la MC-LR è tra i congeneri più tossici, relativamente alla tossicità acuta, considerare che il livello di cianotossine totali sia espresso in equivalenti di MC-LR rappresenta un approccio conservativo per la protezione della salute. L’OMS non ha definito GV per altre cianotossine. Tuttavia partendo dai dati tossicologici disponibili e utilizzando lo stesso tipo di approccio è possibile ricavare valori indicativi sia per la ATX-a e per la CYN. Nel caso della ATX-a, pur non essendo stato identificato un NOEL per la tossicità subcronica, visto che nel range di concentrazioni 120-510 µg/kg pc/giorno non sono evidenziabili effetti (Astrachan et al., 1980; Fawell et al., 1999b), è possibile considerare il valore più alto saggiato come un NOEL, per ricavare una TDI provvisoria di 0,51 µg/kg pc/g, e un GV ≅ 12 µg/L (Duy et al., 2000). Partendo da questo valore di TDI provvisoria, è stato proposto che un valore guida di 1 µg/L per la concentrazione massima nell’acqua potabile fornirebbe un margine di sicurezza adeguato alla protezione della salute di popolazioni potenzialmente esposte (Fawell et al., 1999b). Relativamente alla CYN, dal valore di TDI=0,03 µg/kg pc/giorno, calcolata sulla base del NO(A)EL subcronico (Humpage & Falconer, 2003), e considerando una percentuale di assunzione attraverso l’acqua da bere del 90% (dovuta essenzialmente alla carenza di informazioni su una possibile esposizione attraverso cibi contaminati o altre fonti) si può ricavare un GV= 0,81 µg/L, che può essere arrotondato a GV= 1 µg/L (Codd et al., 2005). Dieta Un’altra fonte di esposizione cronica alle cianotossine è rappresentata dalla dieta: le cianotossine potrebbero essere ingerite attraverso: – le carni e/o il latte degli animali che si siano abbeverati con acque contaminate; – il consumo di vegetali irrigati con acque contaminate; – il consumo di prodotti ittici. Il rischio proveniente dal consumo di carni e latte non sembra essere significativo dai dati disponibili. Infatti, i risultati di studi su bovini trattati con MC o estratti di M. aeruginosa indicano l’assenza di residui nelle carni e nel latte (Orr et al., 2001; Feitz et al., 2002). Non sono disponibili dati per le altre cianotossine. Il possibile accumulo di cianotossine in prodotti vegetali, specialmente a foglia larga, è stato inizialmente ipotizzato sulla base di un lavoro nel quale piante di lattuga erano irrigate con acque contenenti fioriture e schiume di M. aeruginosa. L’analisi dei liofili del materiale ottenuto dalla fioritura indicavano la presenza di equivalenti di MC-LR fino a 3,23 μg/mg peso secco (Codd et al., 1999). Dopo 10 giorni dall’ultima irrigazione, furono trovati in estratti delle foglie di lattuga non lavati livelli di MC-LR tra 0,094 e 2,487 μg/g peso secco, che gli stessi autori attribuiscono con buona probabilità al contenuto intracellulare di cellule di cianobatteri depositate sulle foglie. Anche se in questo specifico caso si può considerare che i cianobatteri possano venire facilmente rimossi con le semplici operazioni di lavaggio delle verdure prima del consumo, altri lavori si sono interessati al possibile assorbimento delle tossine disciolte da parte di piante. Estratti di piantine di rapa e riso esposte ad acque contenenti MC-LR equivalenti fino a 3 mg/L contenevano livelli di MC proporzionali ai livelli di esposizione con livelli massimi di 651 e 5,4 ng/g peso fresco rispettivamente di rapa e riso (Chen et al., 2004). Lo studio quindi mostra che, seppur con marcate differenze di specie, alcuni vegetali possono trattenere MC presenti nelle acque di irrigazione. 78 Rapporti ISTISAN 08/6 Negli studi appena descritti vengono comunque utilizzate acque interessate da livelli di MC corrispondenti a fioriture sostenute e a schiume. Non solo questo non può che essere un evento episodico e di durata limitata per poter essere rilevante per un consumo cronico, ma quei livelli di MC sono in grado di inibire la crescita delle piante e di causare fenomeni visibili di fitotossicità (presenza di foglie gialle e brune), che ovviamente limitano la possibilità che tali prodotti possano venire consumati dalla popolazione (Chen et al., 2004). Quando invece vegetali come i broccoli siano stati irrigati con acque contenenti livelli di MC tipicamente misurati in acque superficiali (1-10 μg/L), le tossine sono rilevabili solo nelle radici, a livelli che non corrispondono ad alcun rischio apprezzabile per la salute umana (Järvenpää et al., 2007). L’insieme dei dati disponibili indica che il consumo di prodotti vegetali non rappresenta un rischio per la salute, anche se sembra ragionevole sconsigliare l’uso irriguo per acque chiaramente interessate da forti fioriture e schiume per piante ad uso alimentare. Le MC possono accumularsi negli organismi acquatici e il loro consumo può rappresentare un problema significativo per la salute umana (Duy et al., 2000), anche in seguito alla possibilità di accumulare lungo la catena alimentare. Dall’analisi dei dati disponibili sono state rilevate le seguenti concentrazioni massime di MC nelle parti eduli di pesci, nei crostacei e nei mitili: 300, 2700 e 16000 μg/kg, rispettivamente (Dietrich & Hoeger, 2005). Recentemente un valore anche più alto di MC (370 μg/kg) è stato riportato come livello di contaminazione nella carpa (bighead carp) pescata in un lago cinese (Chen et al., 2007). Per le altre cianotossine invece le informazioni sono molto carenti, ma, data l’instabilità delle anatossine, è ragionevole pensare che un loro accumulo nei prodotti ittici sia altamente improbabile. Gli organismi acquatici (pesci, molluschi bivalvi crostacei e altri macroinvertebrati) possono accumulare le cianotossine attraverso l’ingestione di cianobatteri e/o di cibo contaminato o assorbendo le tossine disciolte attraverso la via transdermica. Quest’ultima via di esposizione potrebbe essere particolarmente rilevante per la CYN, che si trova spesso preferenzialmente in forma disciolta piuttosto che localizzata all’interno delle cellule batteriche (Preussel et al., 2006; Rücker et al., 2007). Nel caso delle MC, sebbene concentrazioni elevate siano state misurate in acqua in seguito alla lisi di fioriture superficiali senescenti o per l’uso di agenti in grado di produrre lisi, può essere ragionevolmente assunto che l’esposizione del biota a livelli elevati di MC disciolte sia un evento poco frequente e comunque di durata molto limitata (Ozawa et al., 2003). Di conseguenza l’ingestione di cibo contaminato da MC e/o di cianobatteri rappresenta la via di esposizione più rilevante per il biota. Recentemente è stata pubblicata una rassegna molto accurata, a cui si rimanda per i dettagli, sul pattern di bioaccumulo delle cianotossine negli organismi eduli di acqua dolce e sulla possibilità di bio-magnificazione confrontata con i processi di bio-diluizione nella catena trofica (Ibelings & Chorus, 2007). Dai dati disponibili ad oggi è possibile concludere che la fonte più rilevante di ingestione di MC attraverso la dieta per l’uomo è rappresentata dal consumo dei prodotti ittici. La valutazione del rischio tossicologico associato al consumo cronico di prodotti ittici può essere effettuata confrontando la TDI con i livelli di cianotossine assunte giornalmente. Per valutare l’assunzione di cianotossine con i prodotti ittici è necessario misurarne per un periodo congruo le concentrazioni nelle parti eduli delle specie più rappresentative per il loro consumo, in modo da poter avere una stima attendibile della loro ingestione media. Se, nel caso delle MC, i valori di assunzione non superano o eguagliano la TDI definita dall’OMS (0,04 μg/kg pc/giorno, corrispondenti a 2,4 μg/giorno per una persona adulta di 60 kg di peso corporeo), anche consumi protratti per l’intero arco della vita non comportano un rischio sanitario significativo. L’identificazione del livello di esposizione è un aspetto cruciale nel processo di valutazione quantitativa del rischio. Nel caso del consumo di prodotti ittici per avere una stima attendibile dell’ingestione media di cianotossine, è necessario misurare il contenuto di cianotossine nelle 79 Rapporti ISTISAN 08/6 parti eduli delle specie consumate per un periodo di tempo sufficientemente lungo, tenendo nella dovuta considerazione le variazioni stagionali nella produzione di cianotossine. È pertanto necessario elaborare programmi di monitoraggio adeguati per il corpo idrico d’interesse. Una stima dell’esposizione non accurata non permette una valutazione del rischio attendibile. In riferimento alla stima delle quantità di cianotossine ingerite attraverso il consumo di prodotti ittici, non è noto in primo luogo quale forma delle cianotossine (libera, coniugata, associata alle proteine) sia realmente biodisponibile e a quale forma riferiscono i livelli misurati nei tessuti. Le differenze osservate applicando metodi immunoenzimatici e di LC/MS (Liquid Chromography/Mass Spectrometry) fanno ritenere che con i primi viene rilevata la somma di cianotossine in forma libera e coniugata e forse in parte legate alle proteine tissutali; con i secondi vengono rilevate le cianotossine in forma libera (anche se difficilmente sono determinate tutte le possibili varianti presenti), ma ovviamente dipende dal metodo utilizzato per trattare il tessuto prima della estrazione. Molti dei dati disponibili sono stati ottenuti in prove di laboratorio; quando invece provengano da prove sul campo, sono il frutto di misure sporadiche (valori picco) e non di piani di monitoraggio adeguati allo scopo o ottenuti su specie non comunemente consumate dalla popolazione: conseguentemente, i dati a disposizione sono generalmente poco rappresentativi della reale esposizione cronica dell’uomo. Pur con tutti i limiti appena esposti, non avendo a disposizione dati di consumo cronico attendibili, sono stati considerati validi i limiti del range di concentrazioni di MC nelle parti eduli di pesci (0,25-100 μg/kg). Assumendo, in uno scenario decisamente considerabile come un worst case, un consumo medio giornaliero per tutta la vita adulta di 200 g (equivalente al peso di un pesce da porzione, ma superiore di circa 3 volte al consumo di pesce giornaliero previsto dalla FAO, Food and Agriculture Organization, per la dieta del nostro Paese), possono essere calcolate ingestioni pari a 0,05-20 μg/persona al giorno. Il valore più basso è ben al di sotto il valore della TDI e quindi non c’è un rischio apprezzabile nel consumo di pesce; al contrario il valore più alto dell’intervallo è quasi 10 volte più alto della TDI, indicando chiaramente che l’ingestione cronica di pesce contaminato a quei livelli rappresenta un rischio sanitario da considerare. Considerazioni simili potrebbero essere utilizzate per valutare il rischio conseguente all’ingestione di pesci contenenti altre cianotossine, ma il data set disponibile è talmente limitato che ad oggi sembra azzardato anche condurre una valutazione di rischio provvisorio. Integratori alimentari Un’altra possibile fonte di esposizione è costituita dagli integratori alimentari di estratti di alghe verde-azzurre, principalmente a base di Aphanizomenon flos-aquae e Spirulina spp. Vengono consumati per le loro presunte attività benefiche e in virtù del loro essere ‘prodotti naturali’, anche in dosi relativamente elevate, fino a 20 g al giorno (Dietrich & Hoeger, 2005). Non essendo farmaci non esistono specifiche prescrizioni, l’assunzione è strettamente dipendente da scelte individuali e può difficilmente essere controllata per la valutazione della esposizione. Alcuni studi hanno evidenziato recentemente la contaminazione di alcuni integratori da MCLR, con livelli variabili fino ad un massimo di 35 µg/g, e comunque con una percentuale elevata di campioni con livelli superiori a 1 µg/g di peso secco (Dietrich & Hoeger, 2005). Per valutare il rischio che deriva da un’assunzione molto prolungata nel tempo di prodotti contaminati da MC-LR, dovrà essere confrontato il valore di MC-LR presente nella quantità totale di integratore ingerito nell’arco di una giornata con il valore di TDI di 0,04 µg/kg pc/g: valori inferiori o uguali alla TDI non comportano un rischio apprezzabile per la salute anche in 80 Rapporti ISTISAN 08/6 caso di consumo per l’intero arco della vita. Nel caso peggiore (worst case) in cui un adulto consumi 20 g di integratore al giorno (il livello più alto di consumo riportato in letteratura) contaminati da 35 µg/g di peso secco di MC-LR (il livello massimo determinato), si avrebbe una ingestione di 700 µg/persona/giorno con superamento significativo (≅ 250 volte) della TDI totale (che per un adulto di 60 kg è 2,4 µg/persona al giorno). Considerando scenari più realistici del sopradescritto worst case, potremmo assumere un consumo medio di 4 g di BGAS giornalieri (che da una indagine molto preliminare sui prodotti disponibili sul mercato corrispondono a 4-8 capsule) e un livello di contaminazione di 1 µg MC/g: si avrebbe una assunzione totale di 4 µg MC/persona al giorno, con un superamento della TDI che potrebbe configurare una situazione di rischio cronico per un adulto. Visto che una buona percentuale (>60%) dei campioni analizzati fino ad oggi conteneva livelli superiori a 1 µg/g di peso secco, appare evidente come il superamento della TDI possa verificarsi frequentemente. Alcuni autori (Gilroy et al., 2000) hanno proposto un valore limite provvisorio per gli integratori di 1 µg MC/g di peso secco, ottenuto utilizzando un approccio simile a quello usato dall’OMS per la determinazione del GV per l’acqua potabile. Tuttavia, come appena evidenziato, con tale contaminazione è sufficiente un consumo di 4 g giornalieri di BGAS per porre problemi alla salute umana a seguito di un consumo cronico per un adulto. Questo valore porrebbe comunque rischi non trascurabili per la salute dei bambini, per i quali è stato descritto il consumo di tali prodotti anche in tenera età come terapia ‘alternativa’ per la ADHD, in considerazione del loro minore peso corporeo. Infatti per un bambino in età scolare del peso di circa 30 kg, la TDI risulterebbe di circa 1,2 µg MC al giorno e con un livello di contaminazione pari a 1 µg di MC/g di integratore il consumo verosimile di circa 1 g al giorno (equivalente a 12 capsule) porterebbe ad una ingestione simile a quella della TDI. La presenza di cianotossine come contaminanti di integratori alimentari a base di alghe verde-azzurre non può essere trascurato e presuppone una attenzione particolare da parte delle Autorità sanitarie che nella impossibilità di bandire tali prodotti dal mercato dovrebbero porre limiti precisi e cautelativi per la popolazione per autorizzare la loro immissione in commercio. Rischio subacuto/subcronico Una delle possibili obiezioni alla conduzione di una valutazione di rischio associata ad un consumo cronico sia di prodotti ittici che di integratori alimentari è legato all’adozione di scenari di esposizione poco realistici. È, infatti, estremamente poco probabile che un individuo consumi pesce contaminato da cianotossine tutti i giorni della propria vita. Appare molto più realistico pensare che tale eventualità possa ragionevolmente verificarsi per un periodo di tempo limitato ma discreto, ad esempio in relazione alla stagione di fioritura dei cianobatteri nel corpo idrico di interesse. Questo scenario di esposizione configurerebbe un rischio associato ad un’esposizione subcronica e potrebbe essere considerato più rappresentativo delle reali condizioni di esposizione umana. Questa situazione nell’ambito della valutazione del rischio per il consumatore associato alla sicurezza d’uso dei prodotti fitosanitari, si traduce nella derivazione della dose acuta di riferimento (Acute Reference Dose, ARfD), allo scopo di proteggere gruppi di popolazione che consumino elevati livelli di una derrata contenente residui di prodotti fitosanitari dotati di una elevata tossicità acuta, soprattutto se si tratti di neurotossicità, come nel caso delle cianotossine. La ARfD viene calcolata sulla base del NO(A)EL subacuto/subcronico, al quale vengono applicati gli opportuni fattori di incertezza (UF). Per la MC-LR un UF = 100, che copra le differenze inter- e intra-specifiche è considerato sufficiente; il risultato è una ARfD = 0,4 µg/kg al giorno, corrispondente a 24 µg/persona al giorno per un adulto di 60 kg. Il confronto della 81 Rapporti ISTISAN 08/6 ARfD con i valori di intake calcolati assumendo un consumo medio di 200 g di prodotto ittico e l’intervallo dei valori medi di contaminazione da MC (0,05-20 μg/persona adulta al giorno), evidenzia che, mentre nella parte bassa dell’intervallo, non si corrono rischi per la salute, il valore più alto dell’intervallo è molto vicino al valore di riferimento e di conseguenza è consigliabile un atteggiamento di attenzione da parte delle Autorità locali sia nel seguire attentamente i livelli di contaminazione, sia raffinando la valutazione del rischio attraverso la considerazione delle altre possibili fonti di esposizione, che potrebbe portare come rischio cumulativo ad una situazione di preoccupazione per la salute. Una considerazione analoga può essere fatta anche per gli integratori alimentari, che possono essere assunti continuativamente ma per periodi relativamente brevi (qualche mese, ad esempio in concomitanza con una dieta dimagrante). Anche in questo caso si può considerare la dose acuta di riferimento ARfD per la MC-LR (0,4 µg/kg pc/g, corrispondente a 24 µg al giorno per una persona adulta di 60 kg), con la quale dovrebbero essere confrontati i dati sul contenuto di cianotossina negli integratori, per valutare i rischi di parte della popolazione che per un certo periodo ne abbia fatto uso. Nel worst case descritto per l’esposizione cronica (consumo massimo di 20 g giornalieri e livello massimo di contaminazione di 35 µg/g) la dose ingerita (700 µg) risulterebbe quasi 30 volte superiore alla ARfD per un adulto di 60 kg, ponendo un serio rischio per la salute. Volendo analizzare scenari più realistici, visto che livelli di MC superiori a 10 µg/g sono una eccezione, ma che una buona percentuale (>60%) dei campioni analizzati conteneva livelli superiori a 1 µg/g di peso secco, possiamo assumere 5 µg/g come un livello medio di contaminazione: in questo caso con un consumo di 4 g giornalieri (corrispondenti a 4-8 capsule), comporterebbe una assunzione di MC molto vicina al valore di riferimento della ARfD per cui sarebbe necessario condurre una valutazione del rischio considerando anche le altre possibili fonti di esposizione (dieta, acqua potabile, attività ricreative), che potrebbe portare come rischio cumulativo ad una situazione di preoccupazione per la salute. A maggior ragione una situazione del genere, porrebbe rischi non trascurabili per la salute dei bambini, in considerazione del loro minore peso corporeo. Rischio acuto La valutazione del rischio acuto può essere condotta considerando che sono disponibili alcuni studi di tossicità acuta i.p. su topo che permettono di stabilire un NOEL acuto, vale a dire una dose alla quale non si osservano effetti di alcun genere, in particolar modo nel fegato, che rappresenta l’organo bersaglio maggiormente sensibile ai danni indotti dalla MC-LR (Fromme et al., 2000; Dietrich & Hoeger, 2005). Tale NOEL si colloca in un intervallo di valori tra 25 e 50 μg/kg p.c. Dagli studi di tossicità acuta per via orale disponibili non è possibile ricavare un NOEL acuto perché alla dose più bassa testata (500 μg/kg p.c.) sono presenti segni di sofferenza epatica. I dati di tossicità acuta per via i.p. possono essere utilizzati per l’estrapolazione alla via orale moltiplicando il valore più basso dell’intervallo (25 μg/kg p.c.) per un fattore 10; si utilizza così un approccio conservativo, visto che i dati sperimentali indicano che le differenze tra le due vie di somministrazione sono più elevate (30-100 volte). Analogamente a quanto descritto per il rischio cronico, per estrapolare il dato ottenuto all’uomo è necessario applicare un fattore di sicurezza pari a 100, che tenga conto della variabilità inter- e intra-specifica: si ottiene un valore di dose acuta senza effetto =2,5 μg/kg p.c., che per un uomo di 60 kg equivale all’ingestione di 150 μg di MC-LR. Essendo la MC-LR la più tossica tra i vari congeneri, considerare tale valore valido per l’ingestione di MC totali dovrebbe assicurare un adeguato margine di protezione. Tuttavia, in considerazione della ripidezza della curva dose-risposta 82 Rapporti ISTISAN 08/6 osservata è opportuno utilizzare questa soglia soprattutto per promuovere le più adeguate misure per prevenire esposizioni pericolose. Acque potabili Per quanto riguarda le acque potabili, è possibile che vengano raggiunti livelli di esposizione alle cianotossine in grado di dar luogo ad effetti acuti. Questi superamenti sono possibili quando il corpo idrico superficiale utilizzato per l’approvvigionamento idropotabile è interessato da fioriture di cianobatteri o da schiume, che contengono livelli particolarmente elevati di cianotossine, anche di decine di mg/L (Chorus & Bartram, 1999). Se queste acque vengono usate tal quali per scopo potabile, le quantità di cianotossine presenti in un volume d’acqua ridotto, come quello di un comune bicchiere da tavola, possono essere sufficienti per causare effetti di tipo acuto. Nel caso delle MC, in un volume di acqua di 100 mL, il valore di dose acuta (150 μg per un adulto di 60 kg di peso) viene superato a partire da concentrazioni di microcistine di 1,5 mg/L. In relazione alle altre cianotossine, i dati tossicologici disponibili non consentono di derivare valori di sicurezza in relazione ad esposizioni acute. Tuttavia, non sembra improbabile che, analogamente alle MC, elevate densità dei cianobatteri che le producono possano dar luogo ad effetti acuti/a breve termine. Ad esempio, per l’anatossina-a(S) sono stati riportati livelli in Danimarca fino a circa 3,3 mg/g (Henriksen, 1997); per la CYN in Australia sono state rilevate concentrazioni comprese tra 0,2 e 10,1 mg/L, con un valore massimo di 589 mg/L (Sivonen & Jones, 1999). Ovviamente queste esposizioni si possono verificare soltanto nelle seguenti situazioni: acque grezze non sottoposte a trattamenti di potabilizzazione; avarie al sistema di potabilizzazione; utilizzo di agenti di disinfezione che causano il rilascio di grandi quantità di cianotossine intracellulari non intercettate successivamente. In paesi come il nostro, con conoscenze e tecnologie avanzate nel settore della potabilizzazione delle acque per uso umano, questo rischio dovrebbe essere assai remoto. Infatti, con semplici trattamenti delle acque grezze è possibile ottenere una riduzione anche superiore al 99% del numero di cellule di cianobatteri; con trattamenti specifici è possibile ridurre notevolmente i livelli delle tossine disciolte (Jones & Orr, 1994; Dietrich & Hoeger, 2005). Per quanto riguarda le cianotossine disciolte in acqua, è improbabile ma non impossibile che siano raggiunte concentrazioni in grado di causare effetti acuti/a breve termine. Le concentrazioni di MC disciolte in acqua risultano, infatti, in genere nettamente inferiori rispetto a quelle intracellulari (van Apeldoorn et al., 2007; Ibelings & Chorus, 2007). Notevoli quantità di MC, come di altre cianotossine, possono tuttavia essere rilasciate a seguito del decadimento di una fioritura/schiuma o al loro trattamento con alghicidi. Questa situazione è circoscritta e le concentrazioni delle cianotossine disciolte diminuiscono in genere rapidamente per i processi di diluizione, adsorbimento ai sedimenti, degradazione, trasporto lungo la catena trofica. In Germania sono stati rilevati livelli di MC disciolte a valori nettamente inferiori rispetto a quelle intracellulari; tuttavia sono stati riportati valori massimi fino ad alcune centinaia di µg/L, con un picco di 1.800 µg/L a seguito del decadimento di un’estesa fioritura (Sivonen & Jones, 1999). A queste concentrazioni le microcistine potrebbero, in effetti, causare effetti acuti. Ma valgono le considerazioni sopra accennate in riferimento alla permanenza di valori così elevati di concentrazione e ai sistemi di potabilizzazione. Contrariamente alle MC, la CYN disciolta in acqua può essere rilevata a livelli più alti di quella intracellulare. In Germania, questa tossina è stata rilevata in 19 dei 21 laghi analizzati; dei complessivi 115 campioni, la CYN è risultata presente in 45 campioni soltanto nella forma particolata e in 57 sia disciolta in acqua che in forma particolata (Rücker et al., 2007). Sono state riportate concentrazioni di 0,002-0,484 μg/L per la forma particolata e di 0,08-11,75 μg/L 83 Rapporti ISTISAN 08/6 per la forma disciolta. Per la CYN, non sono disponibili dati tossicologici per derivare una dose acuta senza effetto. Tuttavia, le concentrazioni appena riportate non sembrano essere particolarmente elevate, tali da comportare un reale rischio acuto per la popolazione. Per le altre cianotossine non risultano disponibili dati sulle concentrazioni raggiunte in acqua dalle forme disciolte. Prodotti ittici Relativamente alla dieta, il consumo di prodotti ittici costituisce una fonte di esposizione in grado di comportare un possibile rischio acuto. Infatti, nelle viscere di pesci (fegato e intestino) sono stati riportati livelli medi di MC = 13,4 mg/kg, con un valore massimo di 478 mg/kg; nelle parti eduli dei pesci sono stati determinati valori fino a 370 μg /kg (nelle carpe). Assumendo un consumo episodico di 300 g di pesce con questo livello di contaminazione (caso peggiore) si assumerebbe una quantità di MC anche superiore a 100 μg /per una persona adulta. Questa dose è piuttosto vicina alla dose di sicurezza da effetti acuti e richiederebbe un atteggiamento di cautela in considerazione della ripidezza della curva dose/risposta. Questo scenario è assai improbabile, ma poiché è possibile si ritiene necessario che nei corpi idrici interessati da presenza a densità elevate di cianobatteri tossici vengano condotte attività di monitoraggio adeguate per controllare questo tipo di rischio. In relazione al consumo di viscere, visto i livelli più elevati di contaminazione, il rischio di effetti acuti può essere elevato anche con consumi di 100 g. Il consumo di viscere non rientra nelle comuni abitudini alimentari, tuttavia, sulla base dei dati analitici disponibili, potrebbe essere opportuno sconsigliarlo esplicitamente con un’adeguata informazione ai cittadini. Acque di balneazione In riferimento alla balneazione, lo svolgimento di attività ricreative in acque infestate da elevate densità di cianobatteri tossici (fioriture o schiume) potrebbe dar luogo ad effetti acuti/a breve termine. In effetti, se si considera che nel corso di una nuotata possono essere ingeriti involontariamente/accidentalmente 100 mL di acqua, in questo volume potrebbero essere presenti dosi in grado di causare effetti acuti. Questo rischio non dovrebbe riguardare le persone adulte, ovviamente non attratte da un corpo idrico interessato dalla presenza di fioriture o schiume, ma non può essere escluso per i bambini. Per questa ragione è importante che in prossimità di corpi idrici dove vengono svolte attività ricreative siano predisposte le più opportune segnalazioni di esposizioni pericolose in situazioni di presenza di elevate densità di cianobatteri. Supplementi alimentari Per quanto riguarda i supplementi alimentari a base di cianobatteri, considerando i livelli più elevati di MC riscontrati in questi prodotti e di consumo (rispettivamente di 35 µg/g e 20 g/persona/giorno) risulterebbe un’assunzione in grado di causare effetti acuti (700 µg/persona adulta >> 150 µg). Ovviamente quello stesso livello di contaminazione particolarmente elevato di 35 µg/g, nel caso di un bambino di 30 kg di peso costituirebbe un rischio di danno acuto anche a seguito di un consumo contenuto di BGAS (pari a circa 2 g). 84 Rapporti ISTISAN 08/6 Bibliografia Astrachan NB, Archer BG, Hilbelink DR. Evaluation of the sub-acute toxicity and teratogenicity of anatoxin-a. Toxicon 1980;18: 684-8. Azevedo SM, Carmichael WW, Jochimsen EM, Rinehart KL, Lau S, Shaw GR, Eaglesham GK. Human intoxication by microcystins during renal dialysis treatment in Caruaru-Brazil. Toxicology 2002;181182:441-6. Byth S. Palm Island mystery disease. Med J Austr 1980;2:40-2. Carmichael WW, Drapeau C, Anderson DM. Harvesting of Aphanizomenon flos-aquae Ralfs ex Born. and Flah. var. flos-aquae (Cyanobacteria) from Klamath Lake for human dietary use. J Appl Phycol 2000;12:585–95. Carmichael WW, Jonesm CLA, Mahomood NA, Theiss WC. Algal toxins and water-based diseases. 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In effetti, fino ad alcuni anni or sono era stata prodotta una considerevole mole di dati su aspetti riguardanti la tassonomia, la chimica, l’ecologia, ecc.; gli studi epidemiologici e tossicologici disponibili erano invece limitati e non offrivano una base scientifica adeguata per definire in modo esauriente i limiti di sicurezza nei confronti dell’esposizione alle cianotossine. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito una linea guida provvisoria per la qualità dell’acqua potabile di 1 µ/L limitatamente alla microcistina-LR (WHO, 2004). Questo valore può essere esteso all’intera categoria delle microcistine (Chorus & Bartram, 1999; Funari & Testai, 2008) ed è stato utilizzato anche come riferimento per definire i valori di linea guida per le acque di balneazione (WHO, 2003). Non risulta che siano stati proposti da organizzazioni internazionali limiti protettivi dall’esposizione alle cianotossine con il consumo di alimenti (es. prodotti ittici). Questi limiti sono stati proposti tuttavia in pubblicazioni scientifiche recenti (Ibelings & Chorus, 2007; Funari & Testai, 2008) per alcuni scenari di esposizione alle microcistine a breve e a lungo termine, basati sulla Tolerable Daily Intake (TDI) (0,04 µg/kg peso corporeo= 2,4 µg/ persona adulta di 60 kg di peso corporeo= 0,4 µg/bambino di 10 kg di peso corporeo) definita dall’OMS (WHO, 2003). Alcuni autori (Gilroy et al., 2000) hanno proposto un valore limite provvisorio per gli integratori alimentari a base di cianobatteri di 1 µg microcistine/g di peso secco, ottenuto utilizzando questa TDI. Come è noto, le linee guida dell’OMS rappresentano concentrazioni protettive per esposizioni croniche. L’OMS non ha definito linee guida per altre cianotossine né limiti protettivi per esposizioni a breve termine. Nel capitolo precedente, facendo riferimento ad alcune pubblicazioni scientifiche degli ultimi anni, sono stati presentati i limiti specifici proposti per la protezione della salute della popolazione da esposizioni acute/subacute e sub-croniche alle microcistine e croniche ad altre cianotossine (Duy et al., 2000; Funari & Testai, 2008; Ibeling & Chorus, 2007; Gilroy et al., 2000). In conclusione, la maggiore disponibilità di informazioni scientifiche pubblicate negli ultimi anni ha permesso di migliorare nettamente le attività di valutazione del rischio, che possono ora essere utilmente applicate come riferimenti per la protezione della salute delle popolazioni. Le linee guida dell’OMS rappresentano un importante riferimento a livello internazionale e vengono ampiamente applicate in molti paesi (Chorus, 2005), come riassunto di seguito. Per quanto riguarda le acque di balneazione, l'Olanda ha definito un livello di allerta di 10μg/L; a 20μg/L viene vietata la balneazione. In presenza di schiume vengono avviate attività 89 Rapporti ISTISAN 08/6 di controllo più intense. In Francia, il Consiglio di Igiene Pubblica ha definito tre livelli di densità di cianobatteri per avviare piani di intervento che possono arrivare anche all'interdizione delle attività ricreative, incluse quelle sportive. Le informazioni sulla conta dei cianobatteri vengono pubblicate su un sito internet entro 5 giorni dal campionamento. In Australia la conta delle densità cellulari viene spesso preferita all'analisi delle tossine poichè risulta più semplice, veloce ed economica. Le draft Guidelines for managing risks in recreational water utilizzano tre livelli soglia per la gestione del rischio e valutano la vulnerabilità del corpo idrico alla proliferazione di cianobatteri, utilizzando i dati storici. In Germania la sorveglianza della qualità delle acque di balneazione viene condotta con un approccio a tre stadi. Il primo riguarda l’ispezione visiva e il monitoraggio dei nutrienti per valutare la capacita del corpo idrico di dare origine a fioriture; il secondo prevede l’analisi quantitativa dei cianobatteri quando si verificano fioriture; il terzo livello prevede anche l’analisi quantitativa delle microcistine. È interessante notare che, ovviamente, anche in presenza di fioriture consistenti, se le analisi chimiche rilevano basse concentrazioni di microcistine, non viene vietata la balneazione. In Danimarca, in presenza di fioriture massicce, viene analizzato il materiale organico, valutato il rischio ed eventualmente informata la popolazione con i più opportuni mezzi di comunicazione (cartellonistica, ecc.). In Finlandia le autorità competenti controllano questo problema con particolare attenzione, disponendo di specifiche linee guida già dalla fine degli anni ’80. È attualmente attivo un network che vede coinvolti anche i cittadini per le attività di segnalazioni basate sulla sorveglianza visiva. Per quanto riguarda le acque potabili, per le microcistine, viene fatto riferimento alla linea guida definita dall’OMS per la microcistina-LR (1 µg/L). Sono stati inoltre proposti i seguenti limiti per la tutela da esposizioni a lungo termine: 1 µg/L per la cilindrospermopsina (Humpage & Falconer, 2003; Codd et al., 2005) ≅ 12 µg/L per l’anatossina-a (Duy et al., 2000). In Brasile, il controllo della qualità delle acque potabili è basato sul monitoraggio dei cianobatteri nelle acque grezze. I controlli vengono intensificati e vengono effettuati test di tossicità e analisi delle tossine quando viene superato il limite di 10.000 cell/mL o 1 mm3 di biovolume. Per le microcistine, il Brasile ha applicato il valore limite di 1 µg/L senza fare distinzioni tra le varianti, ed ha raccomandato i valori di 3 µg/L per le saxitossine e di 15 µg/L per la cilindrospermopsina. Il Canada ha definito una concentrazione massima accettabile di 1,5 µg/L per la microcistina-LR. In Polonia è previsto un limite per la sola MC-LR di 1 µg/L nelle acque potabil, come nella Repubblica Ceca. In Francia è stato stabilito, con un decreto sulla qualità delle acque potabili, un limite di 1 µg/L per la MC-LR e le analisi vengono richieste quando si verificano nelle acque grezze fenomeni di proliferazione cianobatteriche. Il decreto spagnolo che stabilisce i criteri per le acque potabili include il limite di 1 µg/L per le microcistine in generale. In Germania ed in modo molto simile anche in Finlandia ed in Italia, la linea guida provvisoria dell’OMS per la MC-LR è un riferimento fondamentale per aggiornare l'attuale regolamentazione che prevede che le acque potabili non devono contenere sostanze in concentrazioni tali da rappresentare un rischio per la salute umana. In Ungheria il decreto sulle acque potabili include i cianobatteri tra i parametri biologici da monitorare al microscopio; nessun limite è stato posto per le cianotossine ma solo per il numero di cellule di cianobatteri. Linee guida di 3 e 1 µg/L di saxitossina-equivalenti vengono applicate rispettivamente in Australia (NHMRC, 2001) e in Nuova Zelanda (Orr et al., 2004). Inoltre la Nuova Zelanda ha stabilito un limite di 6 µg/L per le anatossine totali e l’Australia di 3 µg/L per l’anatossina-a (Chorus, 2005). 90 Rapporti ISTISAN 08/6 Acque di balneazione in Europa Nel 2006 è stata pubblicata la nuova direttiva europea sulle acque di balneazione (Direttiva 2006/7/CE), che valuta e classifica queste acque sulla base delle densità di due parametri microbiologici. Questa direttiva, tuttavia, non ignora affatto la problematica dei cianobatteri e del rischio ad essi associato attraverso le attività di balneazione. La direttiva riconosce l’importanza di questa problematica e richiede, nell’articolo 8 riportato di seguito, che vengano intraprese le misure più opportune per prevenire esposizioni pericolose. Articolo 8 Rischi da cianobatteri 1. Qualora il profilo delle acque di balneazione indichi un potenziale di proliferazione cianobatterica, viene effettuato un monitoraggio adeguato per consentire un’individuazione tempestiva dei rischi per la salute. 2. Qualora si verifichi una proliferazione cianobatterica e si individui o si presuma un rischio per la salute, vengono adottate immediatamente misure di gestione adeguate per prevenire l’esposizione, che includano l’informazione al pubblico. Per proliferazione cianobatterica si intende “un accumulo di cianobatteri sotto forma di fioritura, stratificazione o schiuma. La previsione di una situazione di rischio inaccettabile è uno degli aspetti più importanti ed innovativi della nuova direttiva, che supera ed integra le canoniche attività di monitoraggio, permettendo di promuovere le necessarie attività di prevenzione. Ovviamente, la gestione del rischio dovuto alla presenza di cianobatteri nelle acque di balneazione richiede una conoscenza adeguata della problematica e la capacità di prevedere, allo scopo di avviare le più opportune attività di prevenzione, situazioni tali da rappresentare un rischio significativo per i bagnanti. Situazione italiana In attesa del prossimo recepimento della nuova direttiva europea, la qualità delle acque di balneazione in Italia è normata dal DPR 470/82, attuazione della Direttiva 76/160/CEE. Tale DPR stabilisce limiti per una serie di parametri microbiologici, fisici e chimici ma non prevede un controllo costante delle specie algali potenzialmente tossiche. Tale monitoraggio viene richiesto solo qualora vi sia un superamento dei limiti consentiti del parametro “ossigeno disciolto”. Questo parametro viene considerato, nella normativa vigente, come indicatore di possibili proliferazioni algali. Nell’eventualità di superamenti dei valori stabiliti per questo parametro, è prevista la conduzione di programmi di sorveglianza algale. Il Ministero della Salute, con le circolari 9/4/98 e 31/07/98, ha definito una lista di specie algali tossiche note e suggerito una serie di metodiche analitiche per dosarne le tossine. Nella seconda circolare “si consiglia una soglia di 5.000 cell/mL per interdire totalmente la balneazione in acque con fioriture algali di cianoficee in atto: oltre questo livello si configura il rischio inaccettabile”. I contenuti di questo consiglio sono completamente superati da quanto sopra presentato. Il DL.vo 31/2001 in attuazione della direttiva 98/83/CE, relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano, include le alghe tra i parametri accessori. Tale inclusione comporta che le autorità competenti, quando ritengono che possa esservi un potenziale pericolo per la salute umana, dovrebbero avviare le indagini più appropriate per prevenire esposizioni 91 Rapporti ISTISAN 08/6 pericolose per la popolazione. Nel decreto non viene pertanto stabilito alcun limite di concentrazione massima per le cianotossine. Bibliografia Chorus I. Current approaches to cyanotoxin risk assessment, risk management and regulations in different countries. 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