libri e letture oltre le barriere
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libri e letture oltre le barriere
con Sezione Ragazzi ABRUZZO libri e letture oltre le barriere CASA CIRCONDARIALE PESCARA con Sezione Ragazzi CASA CIRCONDARIALE PESCARA ABRUZZO Liberastorie: libri e letture oltre le barriere Progetto di sostegno alla genitorialità attraverso i libri e la lettura promosso da Associazione di volontariato “Leggiamo una storia” con il sostegno di Centro Servizi per il Volontariato, Provincia di Pescara dicembre 2014 in collaborazione con Casa Circondariale di Pescara Agenzia per la Promozione Culturale della Regione Abruzzo - Biblioteca “F. Di Giampaolo”, Pescara Progetto “Nati per Leggere” Associazione Italiana Biblioteche (AIB - Abruzzo) Associazione Culturale Pediatri (ACP - Abruzzo) hanno partecipato Francesco Costanzo, riprese e montaggio video studio Moby Dick, progetto e impaginazione report finale Bibliografica, stampa e allestimento report finale www.leggiamounastoria.it libri e letture oltre le barriere marzo-settembre 2014 presidente Associazione Italiana Biblioteche, sezione Abruzzo Tito Vezio Viola Agire nei luoghi della marginalità costituisce una delle prospettive professionali e funzionali delle biblioteche e dei servizi ad esse connessi, dando strade e vie ai profili che l’IFLA (International Federation Library Association) e l’UNESCO hanno individuato, ad iniziare dal 1994, per un servizio dichiarato imprescindibile all’esercizio della cittadinanza e della democrazia. In questi orizzonti l’azione nei luoghi di detenzione è diventato un intervento specifico delle biblioteche, anche in ragione del progressivo spostamento delle pratiche di giustizia penale e detenzione dalla punizione all’educazione, alla riabilitazione e all’uso costruttivo del tempo. La biblioteca di conseguenza diventa una parte importante dell’ambiente carcerario, grazie al suo sostegno ai programmi educativi, ricreativi e riabilitativi, per garantire un livello di “normalità” in un ambiente altamente regolato, dove gli individui sono liberi di fare le loro scelte e impegnarsi in attività autonome, regalando una finestra sul mondo esterno. Il progetto “Liberastorie: libri e letture oltre le barriere” presso la Casa Circondariale di Pescara si colloca a pieno titolo dentro questi obiettivi internazionali contribuendo, ci auguriamo, a costituire una delle best pratice per l’uso del patrimonio librario in ragione di uno sviluppo civile e umano delle persone detenute, e insieme una esperienza riproducibile in altre realtà detentive. IFLA-UNESCO, Il manifesto IFLA UNESCO sulle biblioteche pubbliche, 1994. Lehmann V. and Locke J., Guidelines for library services to prisoners, 3rd Edition, IFLA, 2005. controcorrente Massimo Marcucci direttore CSV Centro Servizi di Volontariato di Pescara Occorre riflettere sul valore intrinseco all’idea stessa che ha mosso l’iniziativa del progetto “Liberastorie, libri e letture oltre le barriere”. Innanzitutto, la scelta di operare nel carcere è una scelta difficile, controcorrente, con enormi problemi burocratici, tempi di attuazione e di permessi lenti, insiti nell’istituzione stessa. E poi insegnare ai padri a leggere storie ai propri figli, a relazionarsi correttamente con loro. In un momento di crisi di valori nella società, questo è un esempio di ricostruzione, di nuova vita, è un seme di speranza per il futuro. pagine di affetto direttore Casa Circondariale di Pescara Franco Pettinelli Il progetto “Liberastorie” nasce e si colloca nell’ambito di un ampio progetto e contesto che è quello della “genitorialità”. L’allontanamento della persona detenuta dal proprio contesto familiare rappresenta un difficile momento non solo per la stessa persona, ma anche per i suoi familiari e soprattutto per i figli. Il padre è, infatti, una figura importante di riferimento nel processo di crescita dei figli minori i quali, in quanto soggetti particolarmente vulnerabili, diventano le vittime ignare di un sistema che ha il potere/ dovere di tutelarli. Il mantenimento dei rapporti con i figli è dunque fondamentale per il recluso ed è, in linea con gli obiettivi risocializzativi della pena, vantaggioso per il detenuto, per il figlio e anche per la società. La persona detenuta che mantiene il rapporto con la famiglia è, infatti, meno soggetta a problemi psico-fisici durante la detenzione, contribuisce ad un’armoniosa crescita del figlio ed è una persona che rappresenta un rischio minore per la società. Di qui l’importanza del riconoscimento dell’affettività e della genitorialità all’interno del carcere e il progetto “Liberastorie” vuole fare proprio questo, contribuire a costruire un percorso che aiuti in modo costante ed efficace il detenuto a riacquisire il proprio ruolo di genitore. Non bisogna pensare che in quanto detenuta, la persona è automaticamente anche un cattivo genitore, ma la “separazione” che si crea nel contesto detentivo senza dubbio rompe quel rapporto di stabilità affettiva proprio del contesto libero. A maggior ragione, poi, quando si diventa padri in carcere, perché è complicato esserlo vedendo crescere i figli attraverso pochi colloqui visivi e telefonici. Attraverso la “lettura” si è accompagnato e sostenuto il genitore nel rapporto con il figlio, rapporto che non deve essere né sminuito in forza della separazione vissuta per la detenzione, né idealizzato, ma meramente valorizzato, mantenuto e fatto crescere, aiutando il padre e il figlio a comprendere, accettare e vivere serenamente una situazione familiare così particolare. la metafora del viaggio Il presupposto da cui si è partiti nell’affrontare il progetto, come partenariato dell’Agenzia per la Promozione Culturale di Pescara, è che il libro e la lettura sono “luoghi” e occasioni di scoperta, di immaginazione, di creatività che aprono relazioni e mettono a confronto figure e sfondi superando ogni limite di soluzione ai problemi e liberando la mente da zavorre iper-razionali e oltrepassando le barriere della realtà. Con i laboratori di lettura ad alta voce, che si tenevano all’incirca una volta alla settimana, e con i laboratori di illustrazione e di grafica su temi particolari, per i contenuti di valori profondi e di potenziale ricerca di senso, basati su tematiche “profonde” scelte dall’associazione “Leggiamo una storia” nell’ottica della non-direttività, si è cercato di far emergere le problematiche latenti dei papà detenuti e del rapporto tra gli stessi e la famiglia, ma soprattutto tra gli stessi e i figli. Il lavoro ha rappresentato come modalità strategica la “metafora del viaggio”. Il viaggio in questo caso era un viaggio di esplorazione che oltrepassava le mura della casa circondariale, ma soprattutto le mura interiori dell’atteggiamento rassegnato e pessimistico di chi vive nella restrizione del carcere. La tesi sostenuta dall’Agenzia per la Promozione Culturale di Pescara insieme all’associazione “Leggiamo una storia” è stata quella di riconoscere il limite, che molto spesso viene a crearsi non solo a chi vive la realtà della segregazione, ma anche in tutte le circostanze più latenti e subdole della vita normale, che generano responsabile Agenzia regionale per la Promozione Culturale - Biblioteca “F. Di Giampaolo” Pescara Oriano Notarandrea nella persona gabbie mentali e riduzionismo del ragionamento e della riflessione personale. La sonorità diversa della parola “propria” rivolta non solo a sé stessi ma anche ad un pubblico apre alla persona, attraverso le storie, nuove rotte e nuove direzioni del proprio viaggio di vita. Tutto questo è stato gestito nell’arco di sei mesi e strutturato attraverso un sistema flessibile di valutazioni ex-ante, durante ed expost che insieme all’analisi della registrazione fonica di tutti i laboratori hanno confermato attraverso gli indicatori di risultato il raggiungimento degli obiettivi del progetto. Pertanto, non posso che plaudire all’iniziativa realizzata e ringraziare tutti gli operatori e le Istituzioni partecipanti, auspicando una continuità per gli anni a venire. un momento di autentica fragilità funzionario giuridico pedagogico della Casa Circondariale di Pescara Ylenia Di Febo Il progetto ha riscontrato fin dall’inizio una forte adesione, non parlo dal punto di vista numerico, ma rispetto a quello che i detenuti partecipanti hanno subito sottolineato e fortemente voluto: cogliere il senso vero del fine di questo bel percorso fatto insieme. Il successo è dovuto all’incontro di diversi fattori. La scelta dei volontari che si sono alternati in questa meravigliosa esperienza, volontari che hanno saputo cogliere, con grande sensibilità, le emozioni di ognuno di loro, nel rispetto delle diverse situazioni. Poi c’è la scelta dei detenuti partecipanti. Persone realmente motivate e spinte dal forte desiderio di far sentire la loro presenza ai figli, pur trovandosi dietro le sbarre. Hanno saputo spostare l’attenzione da se stessi all’altro, si sono messi in gioco, hanno voluto “dare” per il desiderio di donare, senza ricevere, senza sapere forse che, presto o tardi, ciò che hanno fatto, arriverà al cuore dei loro bambini. Hanno scoperto un linguaggio nuovo per parlare ai figli attraverso la fiaba, hanno realizzato con amara consapevolezza cosa è mancato loro da piccoli e quanto è prezioso quel momento di condivisione. L’aspetto che più ricordo è stato lo smarrimento iniziale che si leggeva nei loro occhi, e nello stesso tempo la curiosità e lo stupore di chi, per la prima volta, sfogliava un libro per bambini. Stavolta non c’erano benefici da chiedere, né la voglia di passare un po’ di tempo fuori la stanza, c’era solo il desiderio di scoprire, di arricchirsi di cose nuove per poi restituirle in un momento, per al- cuni vicino, per altri più lontano, in cui si ritroveranno a casa insieme ai loro figli. Chi deve scontare una condanna non perde solo la libertà, perde ogni momento di vita quotidiana con i propri cari. Si perde la bellezza di rimboccare le coperte ai propri figli, dare il bacio della buonanotte, raccontarsi favole volando con la fantasia… mancano quei momenti che rafforzano il legame, lo rendono unico e insostituibile. Talvolta si sentono inadeguati, come padri, per gli errori commessi, per la loro assenza, sentono che il giudizio dei loro figli è più severo di ogni altro giudice, di fronte alle domande dei loro bambini, così ingenue e senza filtri da essere talmente vere da rimanere attoniti e impreparati. In questa avventura vissuta in un’aula del Reparto Penale del carcere hanno immaginato e fantasticato, anche con paura e timore, quel momento che un giorno vivranno insieme ai loro bambini. Grazie a coloro che hanno permesso di realizzare tutto ciò e soprattutto, alle persone qui ristrette per il bel momento di autentica emozione! progetto Liberastorie pagina, dopo pagina chi conosce la storia di Cappuccetto rosso? Alla fine del Seicento Charles Perrault attinge al patrimonio orale per consegnare una versione scritta di Cappuccetto rosso che differisce sostanzialmente dall’intonazione del racconto popolare: mentre il folktale si pone come celebrazione della fiducia in sé raggiunta da una giovane contadina, del potere della donna di controllare il proprio destino all’interno della società contadina tradizionale, nella versione scritta di Perrault il carattere di Cappuccetto rosso è completamente modificato. Mentre la contadinella è schietta, astuta, adopera l’ingegno per sfuggire al pericolo, la bimba di Perrault è carina, viziata, ingenua e indifesa. L’aggiunta leziosa del copricapo rosso rimanda ad un certo egocentrismo, ad una civetteria che è causa del suo destino di morte: con grande maestria Perrault disegna il ritratto di un nuovo bambino protagonista delle fiabe, indifeso, bisognoso di aiuto e di guida adulta. In questa direzione, quando si confronteranno con le numerose versioni popolari e letterarie di Cappuccetto rosso, i Grimm non si accontenteranno di far morire il lupo una volta, ma aggiungeranno un secondo finale in cui la bambina, trovatasi nuovamente a confronto con il lupo, si dirige immediatamente dalla nonna, e insieme a lei inganna l’animale facendolo morire annegato. Concedendo una maggiore enfasi all’impianto didattico e ripulendo la fiaba di ogni elemento di crudeltà e sessualità, il senso del racconto slitta, in pieno accordo con i dettami della pedagogia di primo Ottocento, verso il richiamo della bambina all’obbligo di conformarsi alle regole di responsabilità previste dal sistema normativo adulto. Ilaria Filograsso docente di Storia della Letteratura per l’infanzia, Università “G. d’Annunzio” Chieti Negli ultimi decenni il motivo tradizionale della “bambina e il lupo” è stato contestato e sottoposto a riscrittura: sono molti i riadattamenti che privilegiano il registro comico o paradossale per ribaltare il ruolo passivo della protagonista, da Tofano a Rodari, da Dahl a Ross, sino ai lavori illustrati di Philippe Corentin (Signorina Si-salvi-chi-può) o di Elise Fagerli (Ulvehunger) e al recente Un piccolo cappuccetto rosso di Marjolaine Leray, che con efficace gioco cromatico di rosso e nero riprende il tema dell’intraprendenza e dell’autonomia della bambina; in altri casi è il tono rarefatto e pensoso a prevalere, come nell’albo In bocca al lupo di Fabian Negrin, che non inverte i ruoli tradizionali ma racconta la storia dalla parte del lupo, affascinato dalla bellezza della fanciulla e forse ricambiato. Ma è Cappuccetto rosso. Una storia moderna, illustrata da Roberto Innocenti e scritta da Aaron Frisch, una delle più recenti versioni in cui la metafora del divoramento è chiaramente spiegata, riportata ad una realtà metropolitana, confusa, inquietante, di sopraffazione e violenza sull’infanzia, ancora più subdola e pericolosa che nelle culture tradizionali: ora è il cacciatore a farsi carnefice, proprio quella figura che dovrebbe salvare e proteggere la bambina. Tuttavia, il finale evita i toni più angosciosi aprendosi volutamente alla speranza, e dunque alla progettazione di un’ipotesi diversa, alternativa, rimandando alla trasformazione e al cambiamento come aspetti inerenti la logica stessa delle fiabe, che per la loro natura molteplice e combinatoria rappresentano da sempre un repertorio plurale di possibilità e di ruoli, capace di “allenare” la mente del bambino nell’ottica della divergenza e dell’utopia, idea regolativa di un percorso formativo connotato da libertà e autodeterminazione, trasformabilità e responsabilità etica. MobyDick, editoria e comunicazione AnnaMaria Costanzo e Pierluca Moro libri, dialoghi e figure «A cosa serve un libro senza figure e senza dialoghi?» si chiedeva Alice nel libro a lei dedicato da Lewis Carroll. E i bambini, come Alice, sono affascinati dai colori e dalle immagini presenti nei libri e restano incantati nell’ascoltare le storie lette ad alta voce. Da queste considerazioni iniziali abbiamo preso spunto per rispondere agli obiettivi del progetto di aiutare e sostenere le capacità genitorali dei detenuti della Casa Circondariale di Pescara e abbiamo proposto un laboratorio in cui fosse presente un’azione fortemente affettiva. Leggere e disegnare per il proprio figlio sono stati entrambi gesti d’amore utili a consolidare il legame genitore-figlio, restituendo importanza al gesto in sé e non al come si legge o si disegna. Non era richiesta infatti una particolare competenza preliminare, ma solo la voglia di interagire in un approccio emotivo padre/figlio. L’oggetto libro è stato proposto in formati di carta con tagli e pieghe semplici ed essenziali, per consentire a tutti di potersi esprimere e, prima di tutto, di mettersi in gioco. E superati i primi istanti di imbarazzo (“io non so leggere”, “io non so disegnare”, “io non so fare”) la proposta è stata pienamente accettata, condivisa e sviluppata in tante varianti. È possibile stravolgere una storia nota, modificarne (volutamente) la struttura, cambiarne il finale? A partire dalle diverse versioni del testo, abbiamo analizzato la storia di Cappuccetto rosso dopo aver letto (a due voci) il testo/gioco di Rodari “A sbagliare le storie”; abbiamo verificato insieme che tutti gli elementi - protagonisti, personaggi, ambiente, emozioni, morale, conclusioni - che compongono la storia possono trasformarsi pur conservando la struttura narrativa di base. Dai famosi “cappuccetti” di Bruno Munari (bianco, giallo e verde) abbiamo conosciuto lo stravolgimento degli ambienti e della vita quotidiana: non solo il bosco, ma anche la città o l’assenza di punti di riferimento ambientale, possono rappresentare il pericolo, e la conclusione può essere molto lontana e diversa da quella a noi tutti nota. Nasce qui la volontà di un riscatto: il lupo da assalitore si trasforma in cane da guardia, guida, accompagnatore e amico di Cappuccetto e della nonna; da brutto, grosso e cattivo a buono e amico dei bambini. Guardando a Piccolo blu e piccolo giallo di Leo Lionni, abbiamo proposto l’essenzialità dei personaggi e della loro rappresentazione grafica, facendo sì che tutti potessero sentirsi “all’altezza” di una personale proposta illustrativa utilizzando ritagli di carte e veline, colla, pastelli, pennarelli… Risultato? Le versioni di Cappuccetto rosso si sono ora moltiplicate con le nuove ipotesi narrative che abbiamo riprodotto nel cofanetto; ad esse è seguito il tentativo di narrare, con la stessa tecnica, storie personali da raccontare per poter avviare un dialogo “a cuore aperto” con i propri figli. gesti d’amore per crescere insieme referente regionale del progetto Nati per Leggere per AIB Abruzzo, Nadia Guardiano bibliotecaria nella biblioteca “F. Di Giampaolo” di Pescara Negli incontri con il gruppo di papà coinvolto in “Liberastorie”, condotti dal pediatra e dalla bibliotecaria referenti del progetto nazionale Nati per Leggere*, è stato suggerito ai partecipanti di condividere con i propri bambini, durante i colloqui e gli incontri familiari, l’abitudine di leggere e scoprire insieme i libri, in quanto “buona pratica genitoriale” che aiuta a rafforzare il legame affettivo tra genitori e figli. Il tempo, l’azione, il contenuto che genitori e bambini si dedicano reciprocamente condividendo libri e lettura segnano una traccia comune di un percorso di crescita che li aiuta a conoscersi meglio. Sono momenti di dialogo sereno e partecipe che concorrono a sostenere il diritto dei bambini e dei genitori ad intrattenere regolarmente rapporti personali, contatti diretti e di qualità, contribuendo a mediare positivamente la condizione di lontananza, di mancanza e di privazione. Gli incontri con il gruppo di genitori hanno avuto carattere dialogante e interattivo a partire dalle loro aspettative e dal loro vissuto nel rapporto con i figli. È emersa una grande disponibilità a raccontarsi, esprimendo il desiderio di offrire e comunicare ai propri bambini opportunità positive, di voler essere genitori portatori di benessere nonostante le difficoltà. Si è parlato del loro rapporto attuale con la lettura e di quello di quando erano piccoli, che la maggior parte ricorda negativo o inesistente. Durante gli incontri sono stati mostrati molti libri per l’infanzia e i partecipanti sono stati coinvolti attivamente a scoprire varie modalità di lettura ad alta voce, sia per conoscersi come adulti che leggono ai bambini, sia per scoprire come leggere sia un’atti- vità che può divertire, emozionare e gratificare profondamente. Ogni genitore, infatti, sa trovare il suo modo di leggere con il proprio bambino, il quale apprezza certamente l’esperienza perché sulla “bravura” prevale l’importanza del linguaggio comune e familiare, l’affettività. Nelle fasi di approfondimento degli argomenti, si ponevano domande e dubbi, anche se i partecipanti erano sempre più compresi e coinvolti. * Il progetto Nati per Leggere è promosso a livello nazionale da AIB Associazione Italiana Biblioteche, ACP A sorprenderli e convincerli ulteriorAssociazione Culturale Pediatri, CSB Centro per la Salute mente ha contribuito l’illustrazione del Bambino www.natiperleggere.it dei benefici che tutto ciò determina nello sviluppo dei bambini per l’acquisizione del linguaggio, per la capacità di esprimersi, per l’ascolto e l’attenzione, per l’immaginazione e per favorire il successo scolastico. Nell’ultimo incontro i genitori hanno raccontato, con molta emozione, di aver letto i libri ai propri figli nei più recenti colloqui e di aver scoperto un modo nuovo, sereno e anche divertente di stare insieme: hanno percepito la tenerezza e il valore di quei momenti, vissuti da se stessi e dai propri bambini come atti d’amore. Nell’occasione dei saluti hanno detto che l’esperienza del progetto rappresenta per loro un’intima crescita personale. il benessere della lettura pediatra di base, referente regionale progetto Nati per Leggere Domenico Cappellucci per l’Associazione Culturale Pediatri Non lo nego, ma esattamente trenta anni fa, prima di occuparmi di bambini svolgevo il mio primo servizio da medico, proprio in questo istituto penitenziario. Sapevo poco di pratiche mediche, ancora meno di detenuti e delle loro patologie, nonché dei rischi legati a questo ambiente. Anni dopo ho lasciato questo lavoro per dedicarmi alla pediatria di base, sapevo ancora poco di pratica pediatrica, ancora meno di prevenzione in ambito pediatrico, i consigli alla buona pratica di lettura in pediatria non esistevano, almeno in Italia, negli USA erano già attivi proprio come pratica preventiva ai comportamenti sociali a rischio e alla riduzione della produttività. Non avrei mai pensato che quindici anni dopo la nascita del progetto Nati per Leggere sarei tornato in questo istituto sotto una veste completamente diversa, quella di un pediatra che si rapporta con delle persone che scontano una pena dando a loro consigli di sostegno alla genitorialità. Sono tornato tra questi corridoi con un po’ di ansia e nostalgia di un tempo passato, ricordandomi di interventi spesso drammatici, completamente diversi da quelli che invece proposti per il progetto NPL in carcere. È stata una grande sorpresa e anche una forte emozione sedermi tra queste persone che vivono il distacco affettivo dalle loro famiglie e in particolare dai loro bambini; difficile per loro spiegare o negare ai figli per mesi o anni cosa significhi “detenzione”. Ho incrociato i loro sguardi, occhi allegri e tristi, occhi furbi e rassegnati, occhi attenti e un po’ distratti, ma sono bastate poche parole, gesti e condivisione di argomenti di interesse e luoghi comuni, con qualche battutina adatta al disgelo per captare la loro attenzione. Parlargli di quanto sia importante la pratica della buona lettura ad alta voce con i loro bambini, perché e come viverla empaticamente ha fatto dimenticare, per qualche ora, il loro vivere quotidiano tra le mura di un carcere. Una buona parte dei detenuti, proveniente da un contesto sociale svantaggiato, riferiva che mai nessuno, durante l’infanzia, gli aveva raccontato una fiaba o una storia fatta di piccole cose, fantasiose e inverosimili, ma che al contempo stimolassero la fantasia, la crescita empatica e il loro linguaggio. Qualcun altro, invece, con basi di istruzione solide e buona propensione alla lettura, mi poneva domande mirate, riguardo ai libri e alle modalità di lettura, preoccupato della situazione detentiva e della relazione fisicamente distaccata dai suoi bambini e di come avrebbe affrontato questa nuova esperienza di relazione del progetto. Insomma abbiamo giocato con le parole, ho fatto comprendere con termini semplici quanto importante potesse essere la loro presenza, il sostegno empatico con un libro ai loro bambini, anche se per poche ore, durante le visite delle loro famiglie. Hanno compreso i loro errori, l’importanza di fare qualcosa di costruttivo con i loro figli affinché l’esperienza negativa che stanno vivendo non si ripeta nelle loro famiglie. Ci siamo lasciati con qualche punto interrogativo, forse il tempo dedicato a quella seduta è stato troppo poco, forse volevamo dirci ancora cento cose, forse volevamo capire qualcosa di più da ambo le parti. Infine un breve saluto… io con un arrivederci… loro con un «torna dotto’?». una valigia di storie animatrice della lettura Rosa Di Valerio Quando decido di viaggiare non riesco mai a fare una scaletta dei luoghi da visitare. Se parto, so (più o meno) dove voglio arrivare, ma le tappe intermedie le scelgo in base a molte variabili: pigrizia, condizioni atmosferiche, incontri casuali, umore personale e via dicendo. Certo ci sono rischi e intoppi, ma quando arrivo alla meta è sempre un’esperienza formidabile. Ho adottato lo stesso metodo nel “viaggio” all’interno di “Liberastorie”, ho riempito una borsa di libri illustrati: storie scritte in rima, tenere, poetiche, insomma storie che sapessero raccontare l’universo complesso e affascinante dei bambini, e sono arrivata a incontrare papà motivati e pieni di aspettative. Il mio compito è stato quello di leggere ad alta voce alcuni libri che man mano, sia io che Nadia e Antonella, abbiamo proposto. Si è instaurato subito un rapporto di fiducia con i papà, abbiamo scoperto e reinventato storie, giocato con le parole e i suoni, ma soprattutto hanno scoperto che leggere al proprio figlio non è solo piacevole e costruttivo, ma è anche un momento di forte coinvolgimento affettivo. Mi soffermo su una tappa intermedia del percorso: la lettura di Federico di Leo Lionni. Quando ho iniziato a leggere ho sentito subito un silenzio carico di emozioni, alla fine della lettura uno dei papà ha voluto tenere il libro in mano, l’ha sfogliato, ha alzato gli occhi e mi ha detto: «Mio figlio si chiama Federico». Naturalmente regalerà il libro a suo figlio. Altro momento degno di nota: la lettura di gruppo, piena di stimoli, carica di allegria. I partecipanti si sono divertiti a inventare le voci dei personaggi, si sono scambiati consigli e infine hanno capito che questo poteva essere il modo più appropriato per leggere insieme ai figli, mettendo da parte imbarazzi e preconcetti condividendo un’esperienza intima. Sono arrivata alla fine del viaggio, non riesco a raccontare tutto il percorso, le emozioni, gli impacci, le aspettative, rischierei di essere banale. Sono certa però che il mio piccolo obiettivo sia stato raggiunto: la consapevolezza di aver dato stimoli e la certezza di aver vissuto un’esperienza fuori dall’ordinario. piccolo blu - cuore - storie lettrice volontaria dell’associazione “Leggiamo una storia” Alessandra Puca Da ruolo di osservatore per tenere il “diario di bordo” è stato inevitabile il coinvolgimento che solo le storie possono dare. Gli operatori hanno scelto di partire dall’albo Piccolo blu e piccolo giallo di Lionni. Di nuovo è scaturita la magia che tante volte nelle più disparate occasioni di lettura ad alta voce ho visto sprigionarsi. Le immagini e le parole hanno trasportato i partecipanti nella dimensione propria delle parole, dei colori, delle immagini liberando dall’intimo di ognuno, senza barriere, senza pregiudizi né condizionamenti, la fantasia, la creatività che c’è in ognuno di noi. Da fruitori più o meno scettici, ognuno si è lasciato coinvolgere imparando modalità di espressioni creative. Il primo passo è stato l’ascolto e la voglia di riascoltare, e poi richiesta, ad ogni incontro la presenza dei libri proposti, era come se questi diventassero i primi mattoni per ciò che si stava costruendo. La lettura della favola di Cappuccetto rosso, di come questa sia stata interpretata nel corso degli anni da vari autori, hanno fatto sì che il lupo diventasse protagonista e potesse dare la sua versione, personale per ognuno, della storia. Hanno preso forma ritagli di cartoncino colorato, su un foglio bianco, trasformandosi in personaggi, ambientazioni, con una trama ragionata e al termine avevano in mano un libro. Il percorso di scrittura è stato il passo successivo, che ha permesso di aprire piccole e grandi porte, ha mostrato che di tutto si può scrivere, poche o tante parole purchè siano scritte col cuore perchè arrivi il messaggio. Al termine di ogni incontro veniva tutto riposto nella scatola, o quasi, ci riportavamo i momenti condivisi, avevamo imparato che c’erano modalità diverse per comunicare ed esprimersi. Sono entrate storie, nuove storie sono uscite. scrittore Andrea Valente caro amico ti scrivo… Non è stato particolarmente difficile allacciare una comunicazione con i partecipanti a questo progetto: la lettura di un racconto ha socchiuso la porta, cosa per altro tipica della narrativa in genere e della lettura ad alta voce in particolare. Il loro numero ristretto e il fatto che avessero scelto in autonomia di partecipare ha fatto il resto. Un altro fatto che sicuramente ha agevolato la loro buona disposizione verso il lavoro insieme è stato di utilizzare testi per ragazzi, sia perché di questo mi occupo e potevo offrire, sia perché, non potendo far partecipare i figli dei detenuti, li si evocava attraverso il linguaggio. Ultimo tassello, non meno importante, è stato il coinvolgimento di tutti in attività più di scrittura che di lettura, che ha reso gli incontri tutt’altro che passivi e ha permesso ai partecipanti di esprimere parte dei loro pensieri. Per il resto il lavoro non è stato molto diverso da ciò che generalmente propongo ai ragazzi nelle scuole, quando vengo coinvolto in attività di scrittura creativa o simile. Semmai ho notato qualcosa in più, cosa rara nelle attività rivolte agli adulti, generalmente molto più restii rispetto ai ragazzi nel fare attività più o meno creative. La cosa è stata chiara fin dall’inizio e mi ha dato modo di ricamarci vari pensieri durante tutti gli incontri: a partecipare alle attività era la parte bambina di loro, probabilmente mai espressa nemmeno quando l’età lo permetteva; e l’immedesimazione nei propri figli, cosa questa abbastanza solita in tutti i genitori desiderosi di interagire con i propri bambini, ma non così scontata in chi i ragazzi e i bambini gioco forza non li può frequentare. Pur nella brevità degli incontri, non c’è dubbio che questi abbiano lasciato un piccolo segno sia nei detenuti sia - e questo è certo - in me. Antonella Ranieri presidente dell’associazione “Leggiamo una storia” e referente di progetto Io non sono sempre stato io. Prima di essere me, non ero dentro me. Ero altrove. Altrove è tutto tranne me. Solo poi, sono diventato veramente io. Ho scoperto un paese. La sua capitale è il mio cuore. I suoi alberi sono i miei sogni. Questo Paese si trova dentro me. Dentro me Alex Cousseau - Kitty Crowther, Topipittori, Verona È l’incipit dell’albo illustrato Dentro me, uno dei numerosi albi mostrati ai papà detenuti in occasione dell’ultimo incontro in carcere, nel loro attuale “paese”. L’incantesimo dei libri e delle storie ha permesso a tutti gli operatori di progetto, ciascuno per le proprie competenze e specificità di linguaggio, lettura, scrittura e illustrazione, di entrare in contatto con il “paese del cuore” (che abita ognuno di noi). Ciascun partecipante si è sentito libero di scegliere la forma espressiva che meglio lo rappresentava attivando così un viaggio di scoperta, di riscoperta e di recupero di legami con le parole e con il loro suono e di sperimentazione di linguaggi grafici più congeniali per raccontarsi e raccontare. Chi inventa storie, anche di sole immagini, lo fa proiettando ciò che è e ciò che vive, traduce in racconto metaforico parti della propria esistenza senza tradirla. Tutto questo è avvenuto in modo naturale e senza eccessive forzature durante gli incontri, nel rispetto di chi ha perso la voglia di giocare. Alcuni luoghi del circuito giustizia diventano, purtroppo, spazi dove l’esperienza umana, senza libertà, si svuota di senso e diviene esperienza di sottrazione alla vita affettiva e relazionale della famiglia di provenienza ma il ruolo genitoriale non si interrompe, se non fisicamente, e il figlio/figlia assenti, proiezione al futuro e fiducia nel domani, rappresentano la motivazione più forte per rimettersi in gioco sollecitando così il recupero della centralità del rapporto genitore/figlio. Diverse le competenze e le professionalità in campo per condensare in pochi incontri un percorso progettuale innovativo per la realtà cittadina, che ha visto l’oggetto libro, in tutte le sue forme e declinazioni, utile a sostenere e a dare un senso alle solitudini di chi vive lontano da casa. Rilevante e indispensabile il ruolo della associazione “Leggiamo una storia”, promotrice e capofila del progetto “Liberastorie: libri e letture oltre le barriere” che, grazie al sostegno economico del Centro Servizi di Volontariato, ha potuto dimostrare, ancora una volta, l’importanza del volontariato quale strumento di inclusione sociale e cittadinanza attiva. Concludo ricordando e condividendo lo slogan lanciato in occasione del 34° convegno IBBY a Città del Messico: Que todos signifique todos (che tutti significhi tutti) dedicato alla lettura come inclusione fin dall’infanzia e per tutti. Facciamo le facce, Gribaudo, 2011 Beatrice Alemagna, Che cos’è un bambino?, Topipittori, 2008 Xosè Ballesteros e Oscar Villan, Il piccolo coniglio bianco, Kalandraka, 2008 Eleonora Bellini e Massimo Caccia, Ninna nanna per una pecorella, Topipittori, 2009 Linne Bie, Rosalina gioca in casa, AER, 2009 Stephanie Blake, Caccapupù, Babalibri, 2012 Silvia Borando, Si vede non si vede, Minibombo, 2013 Claude Boujon, Il litigio, Babalibri, 2012 Cécile Boyer, Bau miao cip-cip, Franco Cosimo Panini, 2011 Tim Bowley e Andrè Neves, Amelia vuole un cane, Kalandraka, 2008 Robert Browning, Il pifferaio di Hamelin, Topipittori, 2007 libri letti, guardati, sfogliati durante gli incontri di Liberastorie L’associazione “Leggiamo una storia”, in collaborazione con la sezione ragazzi della biblioteca “F. Di Giampaolo” e la referente regionale del progetto Nati per Leggere, nell’intento di generare le condizioni affinché le buone pratiche proposte proseguano anche dopo la conclusione del progetto Liberastorie, libri e letture oltre le barriere, ha provveduto all’allestimento di un’accogliente area lettura presso la Casa circondariale di Pescara. In particolare, all’interno di una struttura, abitualmente destinata ai colloqui fra i papà-detenuti con i loro figli, sono stati messi a disposizione espositori per i libri, arredi, cuscini e tappeti per rendere fruibile e piacevole il momento della lettura durante gli incontri. Inoltre è stata fornita una ricca bibliografia di libri per bambini e (a.r.) ragazzi (0-14 anni). Eric Carle, Il piccolo bruco maisazio, Mondadori, 1989 David A. Carter, Piccolo cubo giallo: alla scoperta degli opposti. Un pop-up giallo, De Agostini, 2010 Alex Cousseau e Kitty Crowther, Dentro me, Topipittori, 2008 Kitty Crowther, Grat grat cirp splash!, Babalibri, 2011 Roald Dahl e Quentin Blake, Il GGG, Salani, 2007 Michael Escoffier e Matthieu Maudet, Un mammut nel frigorifero, Babalibri, 2013 Florence Faval, L’albero felice, Editions du Dromadaire, 2010 Florence Faval, Un futuro per i fiori, Editions du Dromadaire, 2011 Jules Feiffer, Abbaia, George, Salani, 2011 Olalla Gonzales e Federico Fernandez, Capretti caproni, Kalandraka, 2008 David Grossman e Michal Rovner, L’abbraccio, Mondadori, 2010 Chris Haughton, Oh Oh!, Lapis, 2012 Eric Hill, Dov’è Spotty?, Fabbri, 2011 Pierre Hornain e Florence Faval, Colore terra, Editions du Dromadaire, 2003 Pierre Hornain e Florence Faval, Luce lucertola, Editions du Dromadaire, 2001 Pierre Hornain e Florence Faval, Nuvolare. Eloisa e Cosimo, Editions du Dromadaire, 2004 Yuichi Kasano, Blub blub blub, Babalibri, 2009 Suzy Lee, L’onda, Corraini, 2008 Leo Lionni, È mio!, Fatatrac, 1986 Leo Lionni, Federico, Babalibri, 2005 Leo Lionni, Piccolo blu e piccolo giallo, Babalibri, 2004 Anne Louchard, Un collo lungo lungo, Mine edition, 2012 Iela Mari, Mangia che ti mangio, Babalibri, 2010 Iela Mari, La mela e la farfalla, Babalibri, 2004 Iela Mari, Il palloncino rosso, Babalibri, 2011 Bruno Munari, Cappuccetto verde, Corraini, 2012 Bruno Munari, Cappuccetto giallo, Corraini, 2013 Bruno Munari, Cappuccetto bianco, Corraini, 2014 Fabian Negrin, In bocca al lupo, Orecchio acerbo, 2005 Pino Pace e Chiara Dattola, Cappuccetto rosso e il sentiero nel bosco, Giralangolo, 2010 Kveta Pacowska, Cappuccetto rosso, Nord Sud edizioni, 2008 Charles Perrault, “Cappuccetto rosso” in Favole sotto le coperte, Biblioteca dell’immagine, 1993 Roberto Piumini e Anna Laura Cantone, Storie in un fiato, Einaudi ragazzi, 2006 Roberto Piumini e Cecco Mariniello, Lo stralisco, Einaudi ragazzi, 1999 Roberto Piumini e Cecco Mariniello, Storie dell’orizzonte, NER, 1985 Roberto Piumini e Yan Nascimbene, Motu-Iti: l’isola dei gabbiani, Einaudi, 1998 Claude Ponti e Florence Seyvos, La tempesta, Babalibri, 2002 Giusi Quarenghi e Giulia Orecchia, Lupo lupo, ma ci sei?, Giunti Kids, 2011 Gianni Rodari, “A sbagliare le storie” in Favole al telefono, Einaudi, 1995 Michael Rosen e Helen Oxenbury, A caccia dell’orso, Mondadori, 2013 Tony Ross, Il mio libro di fiabe, Lapis, 2010 Maurice Sendak, Nel paese dei mostri selvaggi, Babalibri, 1999 Liesbet Slegers, È l’ora del bagnetto!, Clavis, 2010 Gek Tessaro, Il fatto è. Lapis, 2011 Bruno Tognolini, Rime di rabbia, Salani, 2010 Hervè Tullet, Un libro, Franco Cosimo Panini, 2010 Andrea Valente e M. Monteiro, Le favole di Esopo, La nuova frontiera, 2014 Leen van Durme, Bravo!, Clavis, 2010 Mies Van Hout, Emozioni, Lemniscaat, 2011 Max Velthuijs, Ranocchio trova un amico, Bohem, 2013 Salina Yoon, Pinguino e pigna. Storia di un’amicizia, Lapis, 2013 Germano Zullo e Albertine, Gli uccelli, Topipittori, 2010 grazie a tutti i lettori volontari dell’associazione Leggiamo una storia che dal 2004 diffondono, attraverso le loro voci, l’amore per i libri e la lettura, nelle biblioteche, nelle scuole, nelle piazze, nei reparti pediatrici, nelle librerie, permettendo ai grandi di ritrovare il proprio e ai orecchio acerbo piccoli di crescere con le storie
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