ATTI DEL CONVEGNO RIcostruire

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ATTI DEL CONVEGNO RIcostruire
ATTI DEL CONVEGNO
redatto da Fiera Bolzano Spa
RIcostruire ?!
Albergatori e architetti alla ricerca di nuove
strade
Luned 21 ottobre 2013 | Bolzano
Ore 15.00 - 18.00
Organizzato da :
Programma
Saluto ed introduzione
Gernot Rössler, presidente di Fiera Bolzano
Manfred Pinzger, presidente dell’Unione Albergatori e Pubblici Esercenti (HGV)
Madame Grusinskaya non abita più qui - Il patrimonio alberghiero nelle Alpi da conservare
e curare
Dr.- Ing. Wolfgang Bachmann, editore della rivista di architettura “Baumeister – Magazin
für Architektur”
Pietra e legno nel genius loci del paesaggio alpino
Franco Laner, Architetto, prof. ordinario di tecnologia dell’architettura, Università IUAV di
Venezia
In vacanza come una volta
Beat Haag, fondazione per la tutela del patrimonio architettonico „Ferien im Baudenkmal“
(CH)
Albergatori si raccontano
Waltraud Watschinger - Hotel Drei Zinnen (Sesto)
Stefan Pramstrahler - Romantik Hotel Turm (Fiè allo Sciliar)
Stefano Barbini - San Lorenzo Mountain Lodge (San Lorenzo)
Moderazione: Gabriele Crepaz, Alto Adige Marketing SMG
Dr.- Ing. Wolfgang Bachmann, editore della rivista di
architettura “Baumeister – Magazin für Architektur”
Nato il 19.05.1951 a Ludwigshafen in Germania
Diplomi di laurea in agraria e architettura nel 1976 presso l’Università
Tecnica di Aquisgrana RWTH
Tesi sull’architettura dell’antroposofia
Tre anni di tirocinio in diversi studi di architettura e ingegneria, in
parallelo ha svolto un’attività da giornalista
1982 redattore presso la rivista Bauwelt di Berlino
Dal 1991 capo-redattore presso la rivista Baumeister di Monaco, di cui è
anche editore dal 2011
2008 premiato come “Giornalista specializzato dell’anno” (2 premio)
2010 la rivista Baumeister è premiata come “Rivista specializzata dell’anno”
Tiene conferenze, modera convegni, partecipa a giurie, conduce visite guidate sull’architettura, scrive
critiche, tiene rubriche, scrive brevi racconti per giornali, riviste e annuari di architettura e altro ancora.
Madame Grusinskaja non abita più qui.
Il patrimonio alberghiero alpino da conservare e tutelare
Non posso affrontare l’argomento con gli occhi esperti di un economista o di un operatore turistico, ma ho
due referenze importanti al mio attivo: sono un amante dell’architettura, e un appassionato di turismo
godereccio e contemplativo.
Un esempio tipico di architettura alberghiera trascurata e fatiscente nell’arco alpino è quello della celebre
località turistica di Bad Gastein, dove ancora oggi svettano vecchi alberghi di lusso, costruiti nell’Ottocento
per una società diversa che nutriva interessi diversi. In sostanza, si trattava di turisti danarosi che venivano
in “villeggiatura” con servitù e bauli al seguito, per passare le giornate dedicandosi all’ozio e ai contatti
sociali. Quella tipologia architettonica era pensata per i passatempi preferiti degli aristocratici, che venivano
sì in montagna, ma non volevano rinunciare al loro stile di vita abituale delle città. Benché quelle
gigantesche fortezze alberghiere siano poi state rimodernate a più riprese, è un dato di fatto che, a
prescindere dalla congiuntura economica e dalle guerre mondiali, oggigiorno si faccia un turismo diverso.
Oggi il turista vuole il bagno in camera, una piscina coperta in cantina, e il bus navetta per le piste di sci che
lo aspetta davanti alla porta dell’albergo, e così via. Col venir meno del turismo termale, a Bad Gastein la
situazione si fece drammatica, con tassi d’occupazione degli alberghi scesi fino al 30%. “L’aggravio
economico prodotto dai necessari interventi di ammodernamento, e le mutate caratteristiche della clientela
– si legge in una ricerca pubblicata di recente - hanno determinato il declino degli ex alberghi di lusso nel
centro del paese.” Leggendo la storia di quei “castelli spettrali” - spesso destinati a usi impropri, chiusi per
mesi interi, gestiti come pensioni dozzinali o come alberghi per gruppi giovanili, lasciati a marcire
abbandonati per decenni per poi finire nelle mani di speculatori senza scrupoli, o rasi al suolo dalle benne
delle scavatrici - sembra di avere in mano un libro giallo a sfondo sociale.
Un altro esempio di come si possono gestire oggi gli ex grandi alberghi è quello del Palace di Colle Isarco. Le
piste di sci della vicina Terme di Brennero furono smantellate già negli anni Ottanta, e quei campi da tennis
sotto l’autostrada, che sovrasta minacciosa l’albergo, non attraggono ormai più nessuno. Ciò che rimane è la
ricerca continua di un equilibrio difficile tra investimenti di manutenzione improcrastinabili e rendimento
precario della struttura. Non è più un grande albergo, semmai ricorda un transatlantico di lusso che, poco
prima di andare in disarmo, viene adibito a improbabile nave da crociera per saccopelisti squattrinati.
Con una serie d’immagini vorrei poi presentare il territorio del Berner Oberland, dove innumerevoli alberghi
ubicati in luoghi estremamente belli temporeggiano in attesa di un futuro quanto mai incerto. Molti sono
vuoti, anche se mancano dati statistici affidabili trattandosi di strutture in proprietà privata. Altri sono stati
riadattati a residence senza grandi pretese, altri a case di riposo, appartamenti in affitto, immobili
commerciali o strutture per corsi di formazione di basso profilo. Pochi, invece, sono stati risvegliati dal loro
torpore e trasformati in alberghi per congressi ed eventi di prestigio.
Una struttura alberghiera è un investimento più costoso e rischioso di un immobile per uffici.
Due casi tipici della Renania fanno capire quali problemi pongono questi grandi immobili e come li si
potrebbe risolvere.
Il loro recupero rispetterebbe in pieno i criteri di sostenibilità, poiché l’energia utilizzata per costruirli non
dovrebbe essere prodotta una seconda volta. Inoltre, andrebbe considerato il calo demografico: nella
regione della Renania-Palatinato, ad esempio, attualmente sono censite un milione di case di proprietà, ma
solo mezzo milione di nuclei familiari. Già oggi risultano vuote 50.000 case unifamiliari, e ogni anno il loro
numero aumenta. Eppure, si continuano a costruire alloggi nuovi a spron battuto, benché ormai tutte le
previsioni indichino che nel 2015 il rapporto tra nuove costruzioni e ristrutturazioni sarà di 30 : 70. Sono
convinto che di questo rischio si dovrebbe tenere conto anche nell’edilizia alberghiera.
Illustro, infine, alcuni casi da prendere ad esempio per efficienza e buona riuscita del progetto. La
ristrutturazione dell’Hotel Alpina di Vals è al tempo stesso un contributo al recupero urbanistico di tutta la
località. L’architetto che l’ha progettata, Gion Caminada, afferma che “bisogna opporre resistenza alla
distruzione della cultura prodotta da edifici alberghieri costruiti in modo scriteriato.”
Il Tannerhof di Bayrischzell è un altro esempio di recupero urbanistico di un intero villaggio, uscito arricchito
e impreziosito da rialzi, aggetti e nuove costruzioni realizzate ai margini del centro storico. L’architetto
Florian Nagler ha adattato oggetti funzionali delle case contadine, utilizzandoli per una ricostruzione critica
dell’architettura alberghiera.
Il Castello di Sonnenburg a San Lorenzo di Sebato è un esempio di come un uso alberghiero abbia permesso
di salvare un edificio storico. In seguito si è ingrandita la parte interrata nella roccia per realizzare una zona
benessere e una piscina coperta, e si è deciso di coltivare l’ampio giardino. Dal 2011, del complesso
alberghiero fa parte anche l’attiguo palazzo Pfister, eretto nel 1470, dove sono stati messi a nudo degli
elementi gotici, integrati da inserti strutturali realizzati in stile semplice e moderno con materiali di
produzione locale.
Tornando a Bad Gastein, vorrei citare gli esempi del palazzo Hirth e dell’Hotel Miramonte. I gestori sono
riusciti a creare un’atmosfera di benessere senza ricorrere ad abbellimenti artificiali, fondendo decenni di
storia architettonica in un ambiente ovattato e accogliente. L’architetto Ike Ikrath ha aggiunto un
arredamento retrò, accettando che i mobili antichi originali recassero le tracce dei loro usi precedenti, ma
lavorando con modifiche e aggiunte graduali per “evitare che gli ospiti dei due alberghi si sentissero
intellettualmente sopraffatti.”
Molto spesso, gli alberghi storici sono ubicati in luoghi paesaggisticamente o urbanisticamente di rara
bellezza, ma difficilmente accessibili, e dove al giorno d’oggi nessun comune concederebbe mai una licenza
edilizia. Eppure, sono convinto che demolire queste strutture per sostituirle con architetture da campeggio
sia semplicemente immorale.
Gli alberghi antichi destano stati d’animo nelle persone, e il compito dell’architetto – come scriveva Adolf
Loos – è di dare a questi stati d’animo dei contorni più precisi. Conservarli è un interesse pubblico, poiché
non appartengono solo ai turisti.
Per riuscire in questo intento, non ci sono ricette già pronte, ma in compenso molti buoni esempi. Ciò che
conta non è di conservare la scenografia di un turismo obsoleto, ma dotare testimonianze architettoniche
autentiche delle comodità previste per il loro utilizzo nella nostra epoca. Gli alberghi, infatti, non devono
piacere solo al sovrintendente alle belle arti, ma anche a chi li usa.
Gli edifici alberghieri esistenti sono – per dirla in termini edili – dei “rustici” già pronti, e utilizzarli equivale a
risparmiare preziosa energia “grigia”. E non dovremmo smettere di sperare che il turismo possa diventare
sostenibile anche senza essere incalzato da crisi economiche drammatiche. Al tempo stesso, dovremmo
augurarci che ci siano sempre più turisti mossi da amore per la cultura e da coscienza ambientale, e sempre
più persone entusiaste dei centri storici, che apprezzano le proposte alternative ai soliti viaggi esotici nei
mari del Sud. In l’Alto Adige, questi turisti sarebbero sicuramente in buone mani.
Franco Laner, Architetto, prof. ordinario di tecnologia
dell’architettura, Università IUAV di Venezia
è nato a Cortina d’Ampezzo (Bl) il 21 luglio 1941.
Architetto, è professore ordinario di Tecnologia dell’architettura ed ha
insegnato presso l’Università Iuav di Venezia.
La sua attività di ricerca riguarda la storia della tecnologia, sistemi
costruttivi antisismici, sperimentazione di materiali edili, in particolare
legno e laterizio, in quanto è stato sperimentatore del Laboratorio Ufficiale
prove dell’Iuav.
In quarant’anni di attività di ricerca, ha pubblicato memorie ed articoli,
circa 400, fra cui diversi libri, specie sull’impiego del laterizio, calcestruzzo
e legno. Con quest’ultimo materiale ha progettato e calcolato impegnative strutture, in parte riportate nel
suo libro “Il legno lamellare, il progetto”, sia di nuova concezione, sia di ristrutturazione, come il Teatro “la
Fenice” di Venezia.
Ha in corso ricerche sul patrimonio archeologico dell’età nuragica in Sardegna.
Pietra e legno nel genius loci del paesaggio alpino
Il tema del Convegno, incentrato sulla possibile innovazione degli interventi di recupero del particolare
settore della ricezione e gli interlocutori -albergatori e progettisti- mi induce ad una breve introduzione sulle
tendenze del recupero edilizio nel nostro Paese, indotte sia dal dibattito culturale, sia dalla crisi economica
di questi anni.
Brevemente vorrei dire dello spazio che si sta guadagnando il “progetto del restauro”, ovvero dell’approccio
che non esclude aggiunzione (o addizione) all’esistente.
Dia 1-11
La sequenza delle immagini vuole sostenere che il progetto di recupero dell’esistente, storico o recente, è
ricco di esempi virtuosi, che non solo conservano, ma che aggiungono invenzione ed emozione. Il progetto
del recupero, capace di coniugare l’esistente con nuove addizioni annovera molti eccellenti esempi.
A questo proposito, mi piace far vedere l’intervento di A. Bruno nel Castello di Lichtenberg, in Alsazia, con
importanti addizioni e consolidamento dell’esistente.
Il progetto di aggiunzione nel costruito storico mi pare una strada da proporre e perseguire anche per molti
abbandonati castelli altoatesini. A sostegno di questa proposizione non soccorre tanto una volontà di
superare l’atteggiamento conservativo, quanto l’eccellenza degli esempi che non solo conservano e
valorizzano l’esistente, ma al contempo rivelano la continuità della concezione architettonica e strutturale
originaria.
In sintesi dunque penso che vada conservato l’atto mentale, l’intenzione, che ha guidato la realizzazione
originaria, piuttosto che la mera materia. L’ossessiva conservazione materica sconfina a volte con il
feticismo!
Dia 12 – 22
Il tema centrale del mio intervento gira attorno alla parola chiave paesaggio. Paesaggio da non intendere
semplicemente come sfondo o panorama. Intendo per paesaggio il patrimonio naturale ed artificiale, dove i
contadini sono stati architetti dei campi e dei boschi, i pastori gli architetti dei pascoli e i muratori ed i
carpentieri gli architetti dell’ambiente costruito. Paesaggio come documento su cui è stata scritta la storia,
la tradizione, il carattere di una comunità.
Interpreto il paesaggio come fosse un palinsesto (territorio su le vicissitudini sono state più volte raschiate e
riscritte da interventi successivi) in cui inserire le nuove esigenze in armonia con l’esistente e senza tradire
il vecchio testo.
In altre parole mi richiamo soprattutto al rispetto del genius loci che si può individuare in ogni vallata alpina,
caratterizzata non solo morfologicamente e climatologicamente, bensì dai materiali costruttivi, dalle
maestranze, dalle tipologie, fino ai fattori d’identità, in quanto non è possibile trattare arbitrariamente il
paesaggio, come una giovane moglie altera il salotto della suocera appena scomparsa (anche l’arredo di un
salotto è un paesaggio che rivela i segni culturali di chi l’ha vissuto)!
Per la lettura del paesaggio si può partire dai particolari per arrivare ad una concezione d’insieme come
sommatoria di gesti mentali e culturali.
Se infatti si osservano le soluzioni costruttive adottate nelle varie vallate si deduce come la stessa esigenza
sia stata risolta in modo diverso e con differenti particolari costruttivi, come diverso è il dialetto fra una valle
ed un’altra.
In ogni valle c’è un lessico costruttivo particolare, perché diverso è il genius loci, quel genietto che fa di
quella valle quella valle. Da osservazioni attente deve scaturire il progetto di recupero, colto, senza
importare soluzioni e nuove tendenze che vengono dall’estero o altrove. Vedo nel nuovo costruito troppa
decontestualizzazione e scimmiottamenti acritici, in definitiva non solo perdita culturale, spesso priva anche
del buon senso comune (es. tetti piani a 2000m.slm e tetti inclinati al mare…). Soprattutto le nuove case di
legno sono il veicolo di importazione superficiale e modaiola, fino a dimenticare che una casa in montagna
non è di legno, bensì di muratura di pietra e di legno).
Nemmeno la stalla e fienile è solo di legno. (dia da 23 a 27).
Dia 28 - 31.
Sull’uso del legno nel rivestimento degli edifici. C’è una grande ricchezza di soluzioni intelligenti e durabili
se si guarda alla tradizione.
Dia 32 - 37
Esempi di attacco a terra del legno per la durabilità. Vengono prese in considerazione le soluzioni adottate
per i crocefissi lignei che segnano il territorio alpino, ai bivi e trivi delle strade. Sono una interessante fonte
di innovazione trasferibile al costruito civile.
Dia 38 - 44
Elementi lignei di sacrificio per la durabilità del legno (esempio di passerelle lignee)
Dia 45 – 52
Attualità delle tecnologie a secco e impiego del cuneo come importante esempio da riconsiderare. Cenno
alle contemporanee macchine a controllo numerico per la lavorazione del legno
Dia 53 – 54 – 55
Le nuove opportunità offerte dalla normativa del Piano Casa per ampliamenti e sopraelevazioni
Conclusione.
La rilettura attenta del paesaggio, inteso come palinsesto, rivela soluzioni innovative, colte e capaci di offrire
razionalità e bellezza ad un ambiente che sempre più concede spazio agli stereotipi, finzioni e folklore, col
rischio che la maschera (l’artificio e il nuovo di moda) diventi il volto (la verità) da offrire al villeggiante. Mi
pare cioè che in montagna si stia costruendo un mondo immaginario, come pensiamo possa piacere agli
ospiti, tradendo spesso l’autentica tradizione Poco mi importa che al turista piaccia l’artificiosità di una
tradizione spesso inventata, o perlomeno esagerata, fatta di dirndl, jodler e case di legno. Così si asseconda
un turista che viene in montagna col costume da bagno al quale si offrono piscine o caminetti di forme mai
esistite, dove possano filosofeggiare intorno ai massimi sistemi. Non posso che sorridere osservando che
uno degli espedienti per richiamare turisti e rivalutare il bosco, sembra essere la tendenza di ripopolarlo di
animali più o meno estinti, come orsi e lupi.
Pensare al bosco come luogo dove i turisti respirino aria pura, vedono gli animali nel loro ambiente e dove il
legno lo si usa per essere bruciato (si brucino, per favore, gli scarti) mi viene mal di testa!
Se ciò risolve e giustifica il presidio sulla montagna, lo si faccia pure, ma con onestà, senza tentare di
spacciare tutto questo per “paesaggio tradizionale alpino”.
In altre parole penso che solo una forte rivalutazione culturale, che parta dalla comprensione del paesaggio
possa offrire innovazione e motivo di richiamo. Strada non facile, ma la sfida culturale e l’intelligente
riproposizione della tradizione che il paesaggio offre, è una strada da percorrere, nella convinzione -mia
perlomeno- che la cultura possa produrre nuova economia.
In vacanza come una volta
Beat Haag, presidente della Denkmal Stiftung Thurgau
La fondazione „Vacanze in edifici storici“ (www.magnificasa.ch)
La Fondazione fu costituita nel 2005 per iniziativa della Federazione per la tutela del patrimonio culturale
svizzero. Il suo obiettivo è di recuperare e ristrutturare monumenti architettonici abbandonati e a rischio di
demolizione, affittandoli poi come appartamenti per vacanze. Attualmente la Fondazione gestisce 19
immobili, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Questo connubio fra conservazione architettonica e
turismo sta producendo in molti luoghi nuove esperienze e nuove sensazioni, prova ne sia il fatto che queste
proposte turistiche sono sempre più apprezzate. Al momento l’organizzazione detiene tre immobili di
proprietà, mentre gli altri 16 appartengono a terzi, ma sono affidati alla Fondazione per l’attività di
promozione e locazione.
Di primo acchito tutto questo potrebbe sembrare semplice, ma come si finanzia la Fondazione? Quasi
sempre, per acquistare e ristrutturare un immobile da tutelare occorre attingere a offerte private. Per il 2012
il bilancio della Fondazione prevedeva entrate per circa un milione di franchi da offerte, ma purtroppo quella
cifra non è stata raggiunta. La manutenzione e la gestione degli immobili di proprietà è invece finanziata coi
canoni di locazione degli appartamenti.
L’esempio delle „case dei pescatori“ a Romanshorn
Si tratta di un immobile di proprietà della fondazione Denkmal Stiftung Thurgau (fondazione per la tutela
architettonica nel cantone Turgovia). Essendo io il presidente di questa fondazione, vi parlo di un esempio
che conosco bene, un progetto che possiamo considerare un vero e proprio fiore all’occhiello.
Dopo una disputa giudiziaria durata anni e arrivata fino al terzo grado di giudizio, quattro anni orsono
finalmente fu deciso in modo definitivo che quest’edificio, costruito nel 1670, non poteva essere demolito. Ma
l’immobile era in condizioni assai fatiscenti, e la fondazione dovette farsi veramente coraggio per acquistarlo
e restaurarlo, affrontando una spesa di ben 1,5 milioni di franchi. Questa cifra fu raccolta in tre parti più o
meno uguali da contributi pubblici, offerte di privati e mutui bancari. Ma il restauro riuscì talmente bene che
la risonanza nei mezzi d’informazione fu enorme, e all’immobile fu assegnato il Prix Lignum, un premio
svizzero concesso ai progetti che spiccano per la qualità dell’impiego del legno.
Gli appartamenti che vi furono ricavati attrassero ben presto i favori degli utenti, prova ne sia il buon tasso di
utilizzo registrato nei primi due anni.
Nel progetto di restauro si è cercato volutamente di utilizzare e recuperare tutti gli elementi architettonici
originali, con grande attenzione per la qualità della conservazione monumentale. L’unica concessione alle
esigenze odierne sono stati i bagni e i letti.
La locazione
Tornando alla fondazione „Vacanze in edifici storici“, che opera in tutta la Svizzera, come funziona la
locazione degli alloggi per le vacanze? Sul sito www.magnificasa.ch gli interessati possono accedere a un
software di prenotazione molto intuitivo, ma completo ed efficiente, che riporta
- una descrizione degli alloggi con fotografie
- le planimetrie
- i prezzi
- i periodi ancora disponibili
- un modulo da compilare online per inviare una richiesta di prenotazione.
Le proposte
L’offerta di alloggi per le vacanze non si limita a poche tipologie d’immobili o a singoli territori.
È comprensibile che non tutti gli edifici storici ristrutturati registrino il tutto esaurito, che varia dal 100 al 25
percento, ma un dato lusinghiero è che per tutte le strutture negli ultimi anni il tasso d’utilizzo è aumentato
di circa il 10% l’anno, nonostante le difficoltà in cui versa attualmente questo comparto turistico.
Considerazioni conclusive
Dalla mia esposizione si potrebbe trarre la sensazione che tutto funzioni a puntino. Ma davvero non ci sono
inghippi? Beh, un problema c’è: dobbiamo compiere degli sforzi enormi e continui per ricevere offerte
private, poiché sono queste, molto spesso, a determinare la velocità di realizzazione dei progetti, soprattutto
quando si ha l’obiettivo di individuare nuovi monumenti architettonici da recuperare e destinare a usi
turistici.