RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE IN MATERIA DI SUCCESSIONI

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RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE IN MATERIA DI SUCCESSIONI
SCUOLA DI NOTARIATO DI CATANIA
“JACOPO DA LENTINI”
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CORSO DI SPECIALIZZAZIONE DI
DIRITTO DELLE SUCCESSIONI 2015/2016
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ALBERTO SPINA E DIEGO BARONE
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RASSEGNA DELLE PIU' RECENTI PRONUNCE
GIURISPRUDENZIALI IN MATERIA SUCCESSORIA
RETRATTO SUCCESSORIO
ART. 732 COD. CIV.
Diritto di prelazione
Il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve
notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i
quali hanno diritto di prelazione. Questo diritto deve essere esercitato nel
termine di due mesi dall'ultima delle notificazioni. In mancanza della
notificazione, i coeredi hanno diritto di riscattare la quota dall'acquirente e da
ogni successivo avente causa, finché dura lo stato di comunione ereditaria.
Se i coeredi che intendono esercitare il diritto di riscatto sono più, la quota è
assegnata a tutti in parti uguali.
Cassazione, sentenza 24 marzo 2016, n. 5865, sez. II civile
La "denuntiatio" dell'alienazione della quota al coerede, effettuata ai sensi
dell'art. 732 c.c., costituisce una proposta contrattuale nei confronti dello
stesso e, pertanto, va realizzata in forma scritta e notificata con modalità
idonee a documentarne il giorno della ricezione da parte del destinatario, ai fini
dell'esercizio della prelazione.
Cassazione, sentenza 15 gennaio 2015, n. 594, sez. II civile
In tema di successione per rappresentazione, il discendente legittimo o
naturale (rappresentante), nel subentrare nel luogo e nel grado dell'ascendente
(rappresentato) - che non possa o non voglia accettare l'eredità - succede
direttamente al "de cuius", sicché egli in qualità di successore "jure proprio"
nell'eredità, è legittimato all'esercizio del retratto successorio.
Cassazione, sentenza 2 febbraio 2016, n. 1987, sez. II civile
In caso di successione per rappresentazione, essendo il rappresentato
successore iure proprio nell'eredità, ha la qualità di coerede ai sensi dell'art.
732 c.c., con la conseguenza che non può essere considerato soggetto estraneo
alla comunione nei cui confronti è possibile esercitare il diritto di riscatto di cui
all'art. 732 c.c.
Cassazione, sentenza 24 novembre 2015, n. 23925, sez. II civile
Se un erede aliena ad un estraneo la quota indivisa dell'unico cespite
ereditario, si presume l'alienazione della sua corrispondente quota, intesa come
porzione ideale dell'universum ius defuncti, e perciò il coerede può esercitare il
retratto successorio (art. 732 c.c.), salvo che il retrattato dimostri, in base ad
elementi concreti della fattispecie ed intrinseci al contratto (volontà delle parti,
scopo perseguito, consistenza del patrimonio ereditario e raffronto con l'entità
dei beni venduti), con esclusione del comportamento del retraente, estraneo al
contratto medesimo, che, invece, la vendita ha ad oggetto un bene a sé stante.
Cassazione, sentenza 3 maggio 2016, n. 8692, sez. II civile
In tema di retratto successorio, ove uno degli eredi alieni ad un estraneo la
quota indivisa dell'unico cespite ereditario, si presume che l'alienazione
concerna la quota che lo riguarda, intesa come porzione ideale dell'"universum
ius defuncti", sicché il coerede può esercitare il diritto di prelazione ex art. 732
c.c., salvo che il retrattato dimostri, in base ad elementi concreti della
fattispecie ed intrinseci al contratto (quali la volontà delle parti, lo scopo
perseguito, la consistenza del patrimonio ereditario ed il raffronto con l'entità
dei beni venduti), che la vendita ha, invece, ad oggetto un bene a sé stante,
mentre non assume alcun rilievo il comportamento del retraente, estraneo al
contratto medesimo.
RINUNCIA ALL'EREDITA'
Cassazione, sentenza 22 febbraio 2016, n. 3389, sez. II civile
La rinuncia all'azione di riduzione da parte del legittimario totalmente
pretermesso diverge, sul piano funzionale e strutturale, dalla rinuncia
all'eredità, non potendo il riservatario essere qualificato chiamato all'eredità
prima dell'accoglimento dell'azione di riduzione volta a rimuovere l'efficacia
delle disposizioni testamentarie lesive dei suoi diritti, sicché il creditore del
legittimario totalmente pretermesso che intenda esperire l'azione ex art. 524
c.c., deve previamente impugnare la rinunzia di costui all'azione di riduzione.
Cassazione, sentenza 4 luglio 2016, n. 13599, sez. IV civile
La rinuncia all'eredità non fa venir meno la delazione dei chiamati e non è
pertanto ostativa alla successiva accettazione, che può essere anche tacita,
allorquando il comportamento del rinunciante sia incompatibile con la volontà di
non accettare la vocazione ereditaria.
CHIAMATO NEL POSSESSO DI BENI EREDITARI
Cassazione, ordinanza 16 novembre 2015, n. 23406, sez. VI civile
Successioni – Abitazione familiare – Coniuge superstite.
La permanenza, dopo il decesso del coniuge, di quello superstite nell'abitazione
familiare, integra l'ipotesi di esercizio del diritto di abitazione e di uso dei
mobili; tale diritto è posto in capo al coniuge superstite dalla legge, ai sensi
dell'art. 540 c.c. ed è, pertanto, escluso che lo stesso possa ritenersi
possessore di bene ereditario per gli effetti previsti dall'art. 485 c.c.
INSTITUTIO EX RE CERTA
Cassazione, sentenza 11 giugno 2015, n. 12158, sez. II civile
SUCCESSIONI - Institutio ex re certa - Beni non compresi nel testamento Coesistenza con la successione legittima - Esclusione - Fondamento.
L'interpretazione della volontà del testatore espressa nel testamento, si risolve
in un accertamento in fatto demandato al giudice di merito cui è riservata la
scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire detta
volontà, con la possibilità di avvalersi, in tale attività interpretativa, delle regole
ermeneutiche di cui all'art. 1362 c.c., con gli opportuni adattamenti per la
particolare natura dell'atto, con la conseguenza che ove tale operazione è
aderente a dette regole e la statuizione è sorretta da congrua e logica
motivazione, la stessa esula dal sindacato di legittimità.
In tema di distinzione tra erede e legatario, ex art. 588 c.c., l'assegnazione di
beni determinati configura una successione a titolo universale (c.d. institutio ex
re certa) ove il testatore abbia inteso chiamare l'istituito nella universalità dei
beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come
legato se egli abbia voluto attribuire singoli, determinati beni.
In tema di delazione dell'eredità, non ha luogo la successione legittima (nella
specie, per la somma risultante da un credito su un conto corrente intestato al
"de cuius", non oggetto di legato) agli effetti dell'art. 457, secondo comma,
cod. civ., in presenza di disposizione testamentaria a titolo universale, sia pur in
forma di istituzione "ex re certa", tenuto conto della forza espansiva della
stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
Cassazione, sentenza 4 marzo 2016, n. 4312, sez. II civile
In tema di distinzione tra erede e legatario – ai sensi dell'art. 588 c.c. - la
assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale
(institutio “ex re certa”) qualora il testatore abbia inteso chiamare l'istituito
nella universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve
interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, individuati beni.
In ogni caso la indagine diretta a accertare se ricorra l'una o l'altra ipotesi si
risolve in un apprezzamento di fatto, riservato ai giudici di merito, e, quindi,
incensurabile in Cassazione, se congruamente motivato. Tale indagine – in
particolare – deve essere sia di carattere oggettivo, riferita cioè al contenuto
dell'atto, sia di carattere soggettivo, riferita all'intenzione del testatore. Deriva
da quanto precede, pertanto, che solo in seguito a tale duplice indagine – che è
di competenza del giudice di merito – può stabilirsi se attraverso la
assegnazione di beni determinati il testatore abbia inteso attribuire una quota
del proprio patrimonio unitariamente considerato (sicché la successione in esse
è a titolo universale) ovvero abbia inteso escludere la istituzione nell'universum
ius, sicché la successione è a titolo di legato.
In tema di delazione dell'eredità, non ha luogo la successione legittima agli
effetti dell'art. 457, comma 2, c. c., in presenza di disposizione testamentaria a
titolo universale, sia pur in forma di istituzione ex re certa, tenuto conto della
forza espansiva della stessa per i beni ignorati dal testatore o sopravvenuti.
L'operatività del principio della vis expansiva della istitutio ex re certa
presuppone, evidentemente, che il testamento non abbia esaurito con le
attribuzioni di beni determinati l'intero asse ereditario, e che, pertanto, anche i
beni di cui non si è disposto espressamente debbano essere devoluti agli eredi
o all'erede la cui chiamata non avvenga mediante formale attribuzione del titolo
da parte del testatore, ma in maniera implicita, attraverso l'assegnazione di
beni determinati.
Cassazione, sentenza 24 febbraio 2009, n. 4435, II sez. civ.
La disposizione testamentaria di attribuzione dell'usufrutto generale sui beni
(mobili e immobili) costituisce istituzione di erede e non di legato.
Cassazione, sentenza 26 gennaio 2010, n.1557, II sez. civ.
Il lascito di usufrutto universale non fa succedere il beneficiario in universum
ius del de cuius e, pertanto, non gli fa acquistare la qualità di erede.
Cassazione, sentenza 28 ottobre 2009, n. 22840, II sez. civ.
L'art. 468 c.c. circoscrive i limiti di applicazione dell'istituto della
rappresentazione, sia nella successione legittima sia in quella testamentaria,
nel senso che essa ha luogo a favore dei discendenti legittimi del chiamato che,
nella linea retta, sia figlio e, in quella collaterale, fratello o sorella del defunto.
Sono, pertanto, esclusi dalla rappresentazione i discendenti del nipote "ex filio".
Cassazione, sentenza 12 maggio 2010 n. 11496, I sez. civ.
L'acquisto di un immobile con denaro del disponente e intestazione ad altro
soggetto (che il primo intende, in tal modo, beneficiare) integra una
donazione indiretta dell'immobile e non del denaro. All'azione di riduzione di
liberalità indirette è inapplicabile il principio della quota legittima in natura,
cosicché il legittimario leso deve far valere le sue pretese con le modalità
tipiche del diritto di credito.
Cassazione, sentenza 1 febbraio 2010, n. 2313, II sez. civ.
L'art. 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, che prevede la nullità degli atti
"inter vivos" aventi ad oggetto diritti reali dai quali non risultino, per
dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad
edificare (o di quella rilasciata in sanatoria), pur riguardando anche gli atti di
scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici o loro parti, limita
espressamente il proprio campo oggettivo di applicazione ai soli "atti tra vivi",
rimanendo, perciò, inestensibile a tutta la categoria degli atti "mortis causa", ivi
compresi quelli comportanti la divisione di masse ereditarie o ad essa
finalizzati.
Cassazione, sentenza 30 aprile 2010, n. 6625, II sez. civ.
Il diritto di abitazione, riservato dall'art. 540, secondo comma, cod.civ. al
coniuge superstite sulla casa adibita a residenza familiare, si configura come un
legato "ex lege", che viene acquisito immediatamente da detto coniuge,
secondo la regola di cui all'art. 649, secondo comma, cod. civ., al momento
dell'apertura della successione. Ne consegue che non può porsi un conflitto, da
risolvere in base alle norme sugli effetti della trascrizione, tra il diritto di
abitazione, che il coniuge legatario acquista direttamente dall'ereditando, ed i
diritti spettanti agli aventi causa dall'erede. (Nella specie, in applicazione
dell'enunciato principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, la quale
aveva escluso la necessità della trascrizione del diritto di abitazione ex art. 540
cod. civ. ai fini della sua opponibilità al ricorrente, aggiudicatario in sede di asta
fallimentare di una quota di comproprietà dell'immobile appartenente ad un
coerede)
Cassazione, sentenza 5 luglio 2012, n. 11305, II sez. civ.
La vendita di bene ereditario da parte dell'erede apparente, ai sensi degli artt.
534, terzo comma, e 2652, n. 7, cod. civ., ove manchi l'anteriore trascrizione
della sua accettazione ereditaria (pur se accettazione tacita, trascrivibile ex art.
2648, terzo comma, cod. civ.), non è opponibile all'erede vero che abbia
trascritto l'accettazione posteriormente alla vendita stessa, né la mera
trascrizione dell'atto traslativo del bene ereditario comprova, di per sé,
un'accettazione ereditaria opponibile ai terzi o all'erede vero, potendo il bene
essere pervenuto all'alienante in virtù di un titolo diverso.
Cassazione, sentenza 8 gennaio 2013, n. 264, II sez. civ.
L'art. 459 c.c., nel prescrivere che l'eredità si acquista con l'accettazione, si
riferisce all'eredità in sé considerata, a prescindere dai titolo della chiamata,
legittima o testamentaria, presupponendo quindi un concetto unitario di
acquisto dell'eredità stessa. In tale contesto deve essere letto l'art. 480 c.c. che
stabilisce il termine di decorrenza della prescrizione decennale del diritto di
accettare l'eredità in ogni caso dal giorno dell'apertura della successione, e, in
caso di istituzione condizionale, dal giorno in cui si verifica la condizione, senza
porre quindi alcuna distinzione con riferimento al tipo di devoluzione. Ai sensi
del terzo comma dell'art. 480 c.c., poi, quando i primi chiamati abbiano
accettato l'eredità, ma successivamente vengono rimossi gli effetti
dell'accettazione, il suddetto termine non corre per gli ulteriori chiamati,
decorrendo quindi dal giorno in cui costoro hanno la possibilità giuridica di
accettare.
SUCCESSIONE NECESSARIA – AZIONE DI RIDUZIONE
Cassazione, sentenza 11 agosto 2015, n. 16698, sez. II civile
DIVISIONE - DIVISIONE EREDITARIA - FATTA DEL TESTATORE PRETERIZIONE DI EREDI E LESIONE DI LEGITTIMA - Soddisfacimento del
riservatario con somma di danaro non compresa nel "relictum" - Disposizione
del testatore a carico degli eredi - Nullità – Fondamento
Il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario
debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall'asse ereditario,
con la conseguenza che l'eventuale divisione operata dal testatore contenente
la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano
essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l'eredità mediante corresponsione
di somma di denaro non compresa nel "relictum" è affetta da nullità ex art.
735, comma 1, c.c.
Cassazione, sentenza 4 dicembre 2015 n. 24755, sez. I civile
SUCCESSIONE
Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie –
Successione testamentaria
La reintegrazione della quota di legittima, conseguente l'esercizio dell'azione di
riduzione, deve essere effettuata con beni in natura (salvi i casi
eccezionalmente previsti dall'art. 560, commi 2 e 3, c.c. per la riduzione dei
legati e delle donazioni), senza che si possa procedere alla imputazione del
valore dei beni, che è facoltà prevista per la sola collazione nel diverso ambito
della divisione ereditaria. Tale principio trova fondamento giuridico nella natura
della legittima, che è una quota di eredità, cosicché la riduzione delle
disposizioni testamentarie o delle donazioni poste in essere dal de cuius
attribuisce al legittimario la qualità di erede. Il legittimario, pertanto, ha diritto
di ricevere la sua quota di eredità in natura e non può essere obbligato a
ricevere la reintegrazione della sua quota in denaro.
Peraltro, quando la riduzione riguarda le disposizioni a titolo universale con le
quali sono stati nominati eredi testamentari, il legittimario interamente
pretermesso acquista, con la riduzione, la qualità di erede pro quota, che lo
rende partecipe della comunione ereditaria. La partecipazione alla comunione
ereditaria da parte del legittimario è limitata alla quota astratta o frazione
prevista dalla legge, in particolare dagli artt. 537 ss. c.c. (la metà; un terzo; un
quarto; etc.).
Pertanto, il giudice, nell'accogliere la domanda di riduzione, è tenuto a
dichiarare quali siano i beni ereditari e quale sia la quota astratta di
partecipazione alla proprietà degli stessi che spetta a ciascun legittimario,
divenuto erede necessario.
Diversa e distinta dall'azione di riduzione è l'azione di divisione ereditaria. E,
invero, mentre l'azione di riduzione tende, indipendentemente dalla divisione
dell'asse ereditario, al soddisfacimento dei diritti dei legittimari nei limiti in cui
tali diritti siano stati lesi dalle disposizioni testamentarie, l'azione di divisione
tende allo scioglimento della comunione ereditaria già esistente.
Cassazione, sentenza 7 marzo 2016, n. 4445, sez. II civile
SUCCESSIONI
"MORTIS
CAUSA"
SUCCESSIONE
NECESSARIA
REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - DONAZIONI
ANTERIORI E POSTERIORI AL SORGERE DEL RAPPORTO DA CUI DERIVA LA
QUALITÀ DI LEGITTIMARIO
In materia di successione necessaria, per determinare la porzione disponibile e
le quote riservate, occorre avere riguardo alla massa dei beni appartenenti al
"de cuius" al momento della morte - al netto dei debiti - maggiorata del valore
dei beni donati in vita dal defunto, senza che possa distinguersi tra donazioni
anteriori e posteriori al sorgere del rapporto da cui deriva la qualità di
legittimario; a tal fine, la posizione del coniuge del "de cuius" non è diversa da
quella dei figli - equiparazione giustificata rispetto alla "ratio" della riunione
fittizia - in quanto come il figlio sopravvenuto può chiedere la riduzione di tutte
le donazioni compiute in vita dal genitore, anche di quelle compiute prima della
sua nascita in favore dell'altro genitore o di altro coniuge ormai non più tale,
così il coniuge sopravvenuto rispetto ai figli può chiedere la riduzione di tutte le
donazioni compiute dal "de cuius" in favore dei figli, anche di quelle precedenti
il matrimonio poste in essere in favore dei figli nati da altro coniuge o nati fuori
dal matrimonio.
Cassazione, sentenza 10 marzo 2016, n. 4721, sez. II civile
SUCCESSIONI
"MORTIS
CAUSA"
SUCCESSIONE
NECESSARIA
REINTEGRAZIONE DELLA QUOTA DI RISERVA DEI LEGITTIMARI - AZIONE DI
RIDUZIONE (LESIONE DELLA QUOTA DI RISERVA) – OGGETTO
Ai fini della reintegrazione della quota di legittima lesa, devono anzitutto essere
ridotte le disposizioni testamentarie (art. 554 c.c.); tale riduzione colpisce
proporzionalmente tutte le disposizioni testamentarie, sia a titolo universale
che a titolo particolare, nei limiti di quanto è necessario per soddisfare il diritto
del legittimario (art. 558, comma 1, c.c.).
Il testatore non può impedire la riduzione delle disposizioni testamentarie, ma
può soltanto disporre che una disposizioni (cd. “disposizione privilegiata”) sia
ridotta dopo che siano state ridotte le altre e ciò non sia stato sufficiente a
reintegrare la quota di legittima lesa (art. 558, comma 2, c.c.).
In ogni caso, non è possibile procedere alla riduzione delle donazioni poste in
essere dal de cuius se non dopo aver operato la riduzione di tutte le
disposizioni testamentarie – anche privilegiate.
Infatti, in tema di successione necessaria, l'ordine da seguire nella riduzione
delle disposizioni lesive della quota legittima è tassativo ed inderogabile:
sicché può procedersi alla riduzione delle donazioni, dalla più recente alla più
risalente, solo dopo avere ridotto tutte le disposizioni testamentarie - anche
privilegiate - ed avere verificato che tale riduzione non è sufficiente a
soddisfare il diritto del legittimario leso.
CAPOZZI: Relativamente alla forma della dichiarazione del testatore, non
essendo richiesto dalla legge (art. 558 c. 2 c.c.) che la preferenza sia dichiarata
espressamente, si ritiene che la volontà del testatore possa anche essere
implicita e possa desumersi dal complesso delle espressioni usate; deve però
pur sempre risultare dalla dichiarazione del testatore in maniera inequivocabile.
Cassazione, sentenza 15 maggio 2013, n. 11737, II sez. civ.
In tema di successione ereditaria, la dichiarazione del testatore di avere già
soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni non è idonea a sottrarre
allo stesso la quota di riserva, garantita dalla legge anche contro la volontà del
"de cuius"; né tale dichiarazione può essere assimilata ad una confessione
stragiudiziale opponibile al legittimario, essendo egli, nell'azione di riduzione,
terzo rispetto al testatore.
Ai fini dell'individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie
di legittimari ed ai singoli legittimari nell'ambito della medesima categoria,
occorre far riferimento alla situazione esistente al momento dell'apertura della
successione e non a quella che si viene a determinare per effetto del mancato
esperimento, per rinunzia o prescrizione, dell'azioni di riduzione da parte di
taluno dei legittimari.
COLLAZIONE
Art. 724 cod. civ.
Collazione e imputazione.
I coeredi tenuti a collazione, a norma del capo II di questo titolo, conferiscono
tutto ciò che è stato loro donato.
Ciascun erede deve imputare alla sua quota le somme di cui era debitore verso
il defunto e quelle di cui è debitore verso i coeredi in dipendenza dei rapporti di
comunione.
Art. 737 cod. civ.
Soggetti tenuti alla collazione.
I figli e i loro discendenti ed il coniuge che concorrono alla successione devono
conferire ai coeredi tutto ciò che hanno ricevuto dal defunto per donazione
direttamente o indirettamente, salvo che il defunto non li abbia da ciò
dispensati.
La dispensa da collazione non produce effetto se non nei limiti della quota
disponibile.
PRIMA QUESTIONE
E' discusso se possa aver luogo la collazione in mancanza di relictum, cioè nel
caso in cui il de cuius abbia esaurito i suoi beni mediante donazioni fatte in vita
oppure mediante legati.
PRIMA TESI (Forchielli, Mengoni, Burdese – Cass. 6 giugno 1969 n.
1988)
L'obbligo della collazione sorge automaticamente all'apertura della successione
e vincola i donatari-coeredi dal momento dell'accettazione dell'eredità.
Presupposto per l'operare della collazione non è la presenza di relictum, ma
l'esistenza della delazione ereditaria e l'accettazione del chiamato (così anche
AMADIO, il quale ravvisa il presupposto della collazione non nella comunione
ereditaria, bensì nella coeredità, quale “concorso di più vocazioni ereditarie
accettate dai destinatari”).
La presenza di una comunione ereditaria (e quindi di un patrimonio da
dividere), secondo questa tesi, deriva, per effetto del meccanismo collatizio, dal
conferimento di tutte le donazioni fatte in vita dal de cuius.
La divisione pertanto avrebbe per oggetto il solo donatum, quale conseguenza
dell'obbligo collatizio sorto automaticamente all'apertura della successione e
divenuto operante con l'accettazione dell'eredità.
L'apertura della successione determina in pratica il sorgere dell'obbligo di
conferimento tra i coeredi: la collazione non potrà però avvenire per
imputazione, ma solo in natura.
Conseguenza pratica di questa tesi (da Capozzi)
Si supponga che Tizio abbia donato al figlio Caio un appartamento ed al figlio
Mevio una villa.
Dopo la morte di Tizio, i figli vorrebbero che l'appartamento fosse attribuito a
Mevio e la villa a Caio.
Il risultato si può raggiungere oltre che con una permuta, anche con una
divisione.
Il figlio Caio conferisce in natura l'appartamento, il figlio Mevio conferisce,
sempre in natura, la villa.
Per l'effetto del conferimento in natura, i due immobili diventano di proprietà
degli eredi in parti uguali ed indivise.
Della massa divisionale così formata, si potrà procedere a regolare divisione.
SECONDA TESI (Azzariti, Palazzo)
L'istituto della collazione si inquadra nell'ambito della divisione ereditaria,
costituendo un'operazione preliminare della divisione.
La collazione, in assenza di relictum (cioè di un patrimonio da dividere),
potrebbe operare solo dopo che sia stata esperita (vittoriosamente) l'azione di
riduzione.
Sussiste una netta differenza sostanziale tra l'azione di divisione ereditaria e
quella di reintegrazione della quota di legittima: l'esercizio della prima ha come
condizione imprescindibile l'esistenza di una comunione tra gli aventi diritto
all'eredità e tende allo scioglimento della comunione; la seconda mira al
soddisfacimento dei diritti dei legittimari nei limiti in cui tali diritti siano stati
lesi dalle disposizioni testamentarie o da donazioni fatte in vita dal de cuius.
Cassazione, sentenza 14 giugno 2013 n. 15026, sez. civ. II
SUCCESSIONE - - Collazione - Presupposti - Asse da dividere - Esistenza Necessità - Fondamento
La collazione presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e,
quindi, di un asse da dividere, mentre, se l'asse è stato esaurito con
donazioni o con legati, o con le une e con gli altri insieme, sicché viene
a mancare un "relictum" da dividere, non vi è luogo a divisione e,
quindi, neppure a collazione, salvo l'esito dell'eventuale azione di
riduzione.
Cassazione, sentenza 21 maggio 2015, n. 10478, sez. II civile
DIVISIONE EREDITARIA - COLLAZIONE ED IMPUTAZIONE - OGGETTO - Azione
di collazione autonoma dalla divisione ereditaria - Ammissibilità - Esclusione –
La collazione è disciplinata dalla legge come una fase della divisione
ereditaria, sicché non può formare oggetto di un'azione giudiziale
autonoma dalla divisione stessa, neppure a fini di mero accertamento
Cassazione, sentenza 23 maggio 2013 n. 12830, sez. civ. II
SUCCESSIONE – COLLAZIONE - DIVISIONE EREDITARIA – Divisione fatta dal
testatore - Formazione della comunione ereditaria - Esclusione - Conseguenze Inapplicabilità della collazione
L'istituto della collazione, limitato al conferimento nella massa ereditaria delle
donazioni non contenenti espressa dispensa, è incompatibile con la divisione
con la quale il testatore abbia ritenuto effettuata, ai sensi dell'art. 734 cod. civ.,
la spartizione dei suoi beni (o di parte di essi), distribuendoli mediante
l'assegnazione di singole e concrete quote ("divisio inter liberos"), evitando così
la formazione della comunione ereditaria e, con essa, la necessità di dar luogo
al relativo scioglimento, in funzione del quale soltanto si giustificherebbe il
conferimento nella massa previsto dagli artt. 724 e 737 cod. civ.
Nella divisio inter liberos è escluso che possa trovare applicazione l'istituto della
collazione, considerato che lo stesso, essendo diretto ad accrescere la massa
che deve effettivamente dividersi tra gli eredi, può operare soltanto nei rapporti
in cui tra i coeredi si instauri una comunione; il che non si verifica nella
divisione suddetta, con la quale il testatore abbia già provveduto, a propria
discrezione, tenendo conto dei bisogni e delle attitudini di ciascun erede, a
determinare le quote loro spettanti, che (fatto salvo il rispetto delle riserve in
favore dei legittimari), possono essere anche disuguali.
Tribunale Lecce, sentenza 22 aprile 2016, Sez. I
SUCCESSIONE – COLLAZIONE
La collazione, avendo luogo unicamente tra coeredi presuppone l'esistenza di
una comunione ereditaria e, quindi, di un asse da dividere, sicché se manca il
relictum non vi è luogo a divisione e nemmeno a collazione, salvo sempre
l'esito dell'eventuale azione di riduzione.
Tribunale
Napoli,
sentenza
20
settembre
2012,
Sez.
VI
SUCCESSIONE - Riduzione di donazioni e di disposizioni testamentarie –
Collazione
In materia di successione ereditaria, l'erede legittimario che sia stato
pretermesso acquista la qualità di erede soltanto dopo il positivo esercizio
dell'azione di riduzione. Di talchè, prima di questo momento, quest'ultimo non
può chiedere la divisione ereditaria né la collazione dei beni, poiché entrambi
questi diritti presuppongono l'assunzione della qualità di erede e l'attribuzione
congiunta di un asse ereditario.
Tribunale Trento, sentenza 25 settembre 2010
SUCCESSIONE - DIVISIONE - Donazione e legato - Collazione
La collazione costituisce un'operazione divisionale che presuppone una
comunione ereditaria fra i soggetti di cui all'art. 737 c.c. in quanto siano
effettivamente coeredi. Il legittimario beneficiato con legato sostitutivo della
legittima, pertanto, allorché non rifiuti la disposizione testamentaria dettata in
tal senso, non assume la qualità di erede, sì da rimanere estraneo alla
comunione ereditaria, con la conseguente impossibilità di invocare qualsiasi
istituto proprio della divisione dei beni ereditari, quale la collazione dei beni del
de cuius. (Nella specie, la domanda degli attori in ordine alla collazione dei beni
dell'eredità è stata rigettata, atteso che gli stessi quali legatari e non eredi non
potevano avvalersi della collazione dei beni né avevano titolo per chiedere lo
scioglimento della comunione ereditaria di cui gli stessi non facevano parte).
Corte Appello Roma, sentenza 12 ottobre 2011, Sez. III
SUCCESSIONE - Successione testamentaria – Collazione
In materia di successione testamentaria, l'applicabilità dell'istituto della
collazione presuppone l'esistenza di una comunione ereditaria e, quindi, di un
asse da dividere. Invece, se l'asse è stato esaurito con donazioni o con legati, o
con gli uni e con gli altri insieme, sì che manchi un relictum, non vi è luogo a
divisione e, quindi, neppure a collazione, salvo l'esito dell'eventuale azione di
riduzione. La circostanza che, anche quando il defunto abbia donato in vita o
legato tutte le sue sostanze, ciò nonostante, alla sua morte, rimane spesso un
relictum (di sia pur modico valore) non è sufficiente a far considerare
l'esistenza di tale relictum come fatto di comune esperienza, tale da rendere
sempre esperibile l'azione di collazione.
SECONDA QUESTIONE
Fermo restando le differenze tra collazione e riduzione sotto il profilo sia
soggettivo che procedimentale, resta da chiarire:
– se anche la collazione sia uno strumento di tutela del legittimario;
– se le due azioni possano coesistere o se, al contrario, la proposizione
dell'una (la collazione in sede di azione di divisione) escluda l'interesse ad
agire per l'altra (la riduzione).
Cassazione, sentenza 29 ottobre 2015, n. 22097, II sez. civ.
Il legittimario può esercitare l'azione di riduzione verso il coerede donatario
anche in sede di divisione ereditaria, atteso che gli effetti della divisione –
nonostante il meccanismo della collazione – non assorbono gli effetti della
riduzione, quest'ultima obbligando alla restituzione in natura dell'immobile
donato, mentre l'altra ne consente l'imputazione.
In sostanza secondo la S.C.:
* la domanda di divisione mira allo scioglimento della comunione
suo carattere precipuo è che nessun erede deduce di aver subito
della quota di riserva; il petitum consiste nel conseguimento
ereditaria, la causa petendi è data dalla qualità di coerede
testamentario;
ereditaria e
una lesione
della quota
legittimo o
* l'azione di riduzione si propone invece nel caso in cui le disposizioni
testamentarie o le donazioni fatte in vita dal de cuius siano eccedenti la quota
disponibile e come scopo ha pertanto innanzitutto quello di determinare
l'ammontare in concreto della quota di legittima; il petitum consiste nel
conseguimento della quota di riserva, previa determinazione del suo
ammontare (mediante il calcolo della disponibile e la susseguente riduzione
delle disposizioni testamentarie o delle donazioni); la causa petendi è data,
oltre che dalla qualità di erede legittimario, anche dalla asserita lesione della
quota di riserva.
Ne deriva che, “pur potendo la collazione di fatto comportare
l'eliminazione di eventuali lesioni di legittima, consentendo agli eredi
legittimi di conseguire nella divisione proporzioni uguali, la contestuale
proposizione della domanda di riduzione non può ritenersi priva di ogni
utilità: solo l'accoglimento di tale domanda, infatti, può valere ad
assicurare al legittimario leso la reintegrazione della sua quota di
riserva con l'assegnazione di beni in natura, privando i coeredi della
facoltà di optare per l'imputazione del relativo valore”.
Cassazione, sentenza 20 marzo 2015 n. 5659, sez. civ. II
SUCCESSIONE – Collazione – Dispensa
Il donante ha solo il potere di dispensare il donatario dalla collazione, ma non
può in alcun modo vincolare il donatario stesso, che sia tenuto alla collazione, a
conferire l'immobile in natura o attuare la collazione per imputazione.
Cassazione, sentenza 29 ottobre 2015, n. 22097, II sez. civ.
SUCCESSIONE - Divisione ereditaria - Operazioni divisionali - Formazione dello
stato attivo dell'eredità – Collazione ed imputazione - In genere - Resa dei conti
- Imputazione "ex se" della donazione - Dispensa testamentaria - Ammissibilità
- Fondamento
La dispensa del donatario dall'imputare la donazione alla propria quota di
legittima costituisce un negozio autonomo rispetto alla donazione medesima,
sicché essa può essere effettuata anche nel successivo testamento del donante.
Cassazione, sentenza 16 dicembre 2010 n. 25473, sez. civ. II
DONAZIONE - Facoltà del donante - Donazione con riserva di usufrutto Collazione - Valore corrispondente alla piena proprietà come acquisita dal
donatario all'epoca di apertura della successione - Necessità – Fondamento
La collazione per imputazione dell'immobile donato in nuda proprietà con
riserva di usufrutto va effettuata con riferimento al valore corrispondente alla
piena proprietà come acquisita dal donatario all'epoca di apertura della
successione, sia perché solo in tale momento si può stabilire il valore dell'intera
massa da dividere ed attuare lo scopo della collazione di ricomposizione in
modo reale dell'asse ereditario, sia perché l'acquisizione della piena proprietà
del bene in capo al donatario alla morte del donante (ovvero al tempo di
apertura della successione, come individuato dall'art. 456 cod. civ.) è,
comunque, effetto riconducibile al suddetto atto di donazione. In caso
contrario, il donatario si avvantaggerebbe ingiustificatamente del mancato
conferimento alla massa di un importo corrispondente alla differenza tra il
valore equivalente alla nuda proprietà e quello equivalente alla piena proprietà
del bene stesso.
Cassazione, sentenza 26 novembre 2015 n. 24150, sez. civ. II
SUCCESSIONE - DIVISIONE - Divisione ereditaria - Operazioni divisionali Formazione dello stato attivo dell'eredità - Collazione ed imputazione Collazione di immobili - Miglioramenti, spese, deterioramenti – Applicabilità
dell'art. 748 c.c. in favore del donatario nudo proprietario – Fondamento
In tema di collazione ereditaria di immobili, la deduzione per migliorie e spese
ex art. 748 c.c. spetta anche al donatario nudo proprietario che provi di aver
migliorato il bene donatogli dal "de cuius" con riserva di usufrutto, non essendo
giustificabile il conferimento in collazione di un valore accresciuto a spese del
conferente.
Cassazione, sentenza 4 settembre 2015 n. 17604, sez. civ. II
SUCCESSIONE – DONAZIONE INDIRETTA – COLLAZIONE
Nell'ipotesi di acquisto di un immobile con denaro proprio del disponente ed
intestazione ad altro soggetto, che il disponente medesimo intenda in tal modo
beneficiare, si configura la donazione indiretta dell'immobile e non del denaro
impiegato per l'acquisto, sicché, in caso di collazione, secondo le previsioni
dell'art.737 c.c., il conferimento deve avere ad oggetto l'immobile e non il
denaro.
Cassazione, sentenza 7 aprile 2015 n. 6925, sez. civ. II
SUCCESSIONE – DONAZIONE MODALE – COLLAZIONE
L'aggiunta del modus non snatura l'essenza della donazione, non potendo
assegnarsi ad esso la funzione di corrispettivo, con la sussunzione della
donazione modale nella categoria dei contratti a titolo oneroso, ma comporta
che la liberalità, che resta sempre la causa del negozio, attraverso il modus,
viene ad esserne limitata. Ne consegue che, nel concorrere alla successione
dell'ascendente, i figli legittimi e naturali ed i loro discendenti legittimi e
naturali, essendo tenuti a conferire ai coeredi tutto ciò che direttamente e
indirettamente abbiano ricevuto dal defunto (art. 737 c.c.), sono assoggettati
all'obbligo della collazione anche nell'ipotesi di donazione modale,
limitatamente alla differenza tra il valore dei beni donati e il valore dell'onere.