Miosite - CSL Behring
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Miosite - CSL Behring
EM CSL immunews1/09 cop:EM ZLB A B S 20-03-2009 T R 11:45 A C Pagina I T C O L L E C T I O N immunews 6 2009 17-03-2009 13:23 Pagina II Depositato AIFA il 13/11/2008 EM CSL immunews1/09 cop:EM ZLB EM CSL immunews6-09 170309:EM ZLB A B S 20-03-2009 T R 11:51 A C Pagina 1 T C O L L E C T I O N 6 2009 Anno III - N.1 - 2009 Quadrimestrale di aggiornamento scientifico Reg. Trib. N. 642 del 18.10.2007 ISSN 1974-4641 Direttore responsabile Wubbo Tempel Editore Elsevier srl Via Paleocapa, 7 20121 Milano (MI) Redazione In-folio - Torino Grafica Studio Sismondo - Roma Stampa Grafiche Ortolan Opera (MI) Edizione riservata CSL Behring per i Sigg. Medici Fuori commercio immunologia 5 Miosite Miopatie infiammatorie idiopatiche: attuali e future opzioni terapeutiche Wiendl H Efficacia della terapia con immunoglobuline endovena nel trattamento della polimiosite Kristofova B, Oetterova M, Valocikova I, Macejova Z, Pidanicova A, Firment J, Majernik M, Lazurova I 7 Debolezza dei muscoli respiratori nella dermatomiosite in gravidanza: efficacia del trattamento con immunoglobuline endovena Nozaki Y, Ikoma S, Funauchi M, Kinoshita K 9 8 Caratteristiche cliniche e istopatologiche della miopatia nei pazienti giapponesi con autoanticorpi anti-SRP Takada T, Hirakata M, Suwa A, Kaneko Y, Kuwana M, Ishihara T, Ikeda Y 10 Sicurezza delle immunoglobuline endovena nel trattamento della dermatomiosite giovanile: le reazioni avverse sono associate al contenuto in immunoglobuline A Manlhiot C, Tyrrell PN, Liang L, Atkinson AR, Lau W, Feldman BM 11 ematologia 13 Leucemia linfatica cronica © 2009, Elsevier srl - Tutti i diritti riservati. È vietato riprodurre, archiviare in un sistema di riproduzione o trasmettere sotto qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per fotocopia, registrazione o altro, qualsiasi parte di questa pubblicazione senza autorizzazione scritta dell’Editore. L’Editore non si assume alcuna responsabilità per qualsiasi lesione e/o danno a persona o beni in quanto responsabilità di prodotto, negligenza o altrimenti, oppure a operazione di qualsiasi metodo, prodotto, istruzione o idea contenuti nel materiale di cui trattasi. A causa del rapido progresso nella scienza medica, l’Editore raccomanda la verifica indipendente delle diagnosi e del dosaggio dei medicinali. Complicanze specifiche della leucemia linfatica cronica Dearden C Pemfigo paraneoplastico in associazione a leucemia linfocitaria a linfociti B e a epatite C: risposta favorevole alle immunoglobuline endovena e al prednisolone Nanda M, Nanda A, Al-Sabah H, Dvorak R, Alsaleh QA 15 17 BAFF, un nuovo bersaglio terapeutico per le immunoglobuline nell’autoimmunità e nelle neoplasie Le Pottier L, Bendaoud B, Dueymes M, Daridon C, Youinou P, Shoenfeld Y, Pers JO 18 Immunoglobuline endovena e citochine: focus sui membri della famiglia del fattore di necrosi tumorale BAFF e APRIL Le Pottier L, Sapir T, Bendaoud B, Youinou P, Shoenfeld Y, Pers JO 19 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:36 Pagina 2 neurologia 20 Neuropatia motoria multifocale Neuropatia motoria multifocale: rassegna su un disordine immunomediato trattabile Rajabally YA 22 Immunoglobuline endovena come terapia a breve e a lungo termine della neuropatia motoria multifocale: studio retrospettivo della risposta alle IVIG e dei fattori predittivi in 40 pazienti Léger JM, Viala K, Cancalon F, Maisonobe T, Gruwez B, Waegemans T, Bouche P 23 Neuropatia motoria multifocale: spettro diagnostico e risposta al trattamento 24 Slee M, Selvan A, Donaghy M Mofetil micofenolato come terapia aggiuntiva per i pazienti con MMN: uno studio randomizzato controllato Piepers S, Van den Berg-Vos R, Van der Pol WL, Franssen H, Wokke J, Van den Berg L 25 Trattamento con rituximab in pazienti con polineuropatia immune IVIG-dipendente: uno studio pilota prospettico Gorson KC, Natarajan N, Ropper AH, Weinstein R 27 aggiornamenti 29 CIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica) Sindrome di Lewis-Sumner con esordio esclusivo agli arti superiori: caratteristiche diagnostiche, prognostiche e terapeutiche PTI (porpora trombocitopenica idiopatica) Infusione antenatale di immunoglobuline endovena nella porpora immune trombocitopenica cronica: case report e revisione della letteratura Sindrome di Guillain-Barré Varianti cliniche della sindrome di Guillain-Barré: aspetti di diagnosi differenziale Immunodeficienze primitive Immunoglobuline endovena: evoluzione delle preparazioni commerciali di IVIG Una terapia sostitutiva appropriata con immunoglobuline endovena protegge i pazienti con immunodeficienza primaria dalle infezioni da HBV? Descrizione di una casistica Sclerosi multipla L’azione terapeutica delle immunoglobuline endovena nella sclerosi multipla coinvolge la modulazione dell’espressione di chemochine Sindrome di Kawasaki Livelli elevati di granulocyte colony-stimulating factor (G-CSF) predicono il fallimento della terapia nei pazienti con sindrome di Kawasaki Miastenia grave Miastenia grave giovanile APS (sindrome da anticorpi antifosfolipidi) Andamento della gravidanza in donne con anticorpi antifosfolipidi: uno studio retrospettivo ADEM (encefalomielite acuta disseminata) Encefalite post-vaccinale grave con encefalomielite acuta disseminata: guarigione con l’infusione precoce di immunoglobuline endovena, steroidi ad alte dosi e immunoglobuline anti-vaccinia (VIG) Pemfigo e pemfigoide Effetti della terapia con immunoglobuline endovena sui livelli sierici di anticorpi IgG1 e IgG4 antidesmogleina 1 e antidesmogleina 3 nel pemfigo volgare 31 31 31 31 31 31 32 32 32 32 33 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:37 Pagina 3 introduzione Questo numero di Immunews è suddiviso, come di abitudine, in tre sezioni, ognuna dedicata a una patologia nella quale, sotto vari aspetti, il trattamento con immunoglobuline endovena (IVIG) può assumere un ruolo particolare. La prima sezione, a firma della prof.ssa Danieli, discute le attuali conoscenze sulle varie forme di miosite primitiva autoimmune, in particolare per quanto riguarda i meccanismi patogenetici, ancora largamente ignoti, di queste patologie. Il trattamento delle miositi autoimmuni rimane quindi principalmente empirico e la scelta delle varie opzioni terapeutiche (comprese le IVIG) basata sulle evidenze cliniche di efficacia nei diversi sottogruppi di pazienti. La sezione dedicata alla leucemia linfatica cronica, firmata dalla dott.ssa Orsini, affronta un ambito parzialmente diverso: quello di un’emopatia maligna in cui la compromissione del sistema immunitario induce un aumento sia delle complicanze infettive sia delle patologie concomitanti autoimmuni. L’infusione di IVIG, che si è dimostrata efficace su entrambi questi fronti, rappresenta in questi pazienti un approccio terapeutico con caratteristiche e indicazioni uniche. Infine, viene affrontato il tema della neuropatia motoria multifocale, una forma di neuropatia motoria pura caratterizzata dalla reversibilità della sintomatologia e dalla risposta pressoché esclusiva alla terapia con IVIG. Per quale ragioni la malattia, pure a postulata patogenesi autoimmune, non risponda ad altri tipi di trattamento (inclusi i corticosteroidi e la plasmaferesi), non è noto, ma l’osservazione pone interessanti questioni sulla peculiarità di azione delle IVIG rispetto agli altri agenti immunomodulanti. Un breve rassegna di aggiornamenti sugli argomenti trattati nei numeri precedenti di Immunews, con la segnalazione di alcuni interessanti studi, articoli di revisione e case report apparsi negli ultimi mesi, chiude il presente volume, che vuole essere, come i precedenti, un chiaro strumento di informazione per il clinico nei diversi ambiti di applicazione delle terapie immunomodulanti. 3 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:38 Pagina 4 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:38 Pagina 5 immunologia Maria Giovanna Danieli Miosite Clinica Medica, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Polo Didattico-Scientifico Torrette di Ancona Con il termine miosite vengono indicati diversi tipi di miopa- La scarsa conoscenza dei meccanismi patogenetici di queste tie infiammatorie acquisite, fra cui le tre forme idiopatiche malattie si traduce in un approccio terapeutico essenzial- principali sono la polimiosite (PM), la dermatomiosite (DM) e mente empirico e basato in primo luogo su agenti immuno- la miosite da corpi inclusi (IBM). Accanto a caratteristiche soppressori. I corticosteroidi rappresentano il cardine del trat- comuni (rappresentate essenzialmente dalla comparsa di tamento in tutte le forme di miosite: a una prima fase di debolezza muscolare, generalmente simmetrica e prossima- attacco ad alte dosi seguono generalmente una riduzione le), i diversi tipi di miosite presentano peculiarità cliniche, progressiva dei dosaggi e l’istituzione di una terapia di man- eziopatologiche e terapeutiche specifiche. La PM colpisce tenimento a lungo termine. Ai cortisonici occorre in alcuni generalmente individui adulti, può essere associata a dolore casi aggiungere farmaci immunosoppressori, quali l’azatio- muscolare e coinvolgimento cardiaco e polmonare ed è prina, il metotrexate, la ciclosporina o la ciclofosfamide. Oggi caratterizzata dal reperto istopatologico alla biopsia musco- molti Autori consigliano di associare l’immunosoppressore lare di infiltrati infiammatori composti essenzialmente da lin- sin dall’esordio del trattamento. fociti T CD8+. La caratteristica principale della DM è la presen- La somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG) si za di specifiche alterazioni della cute, in associazione al coin- è dimostrata efficace in molte forme di miositi e un tratta- volgimento muscolare ed extramuscolare oltre che talora a mento basato sull’infusione di 2 g/kg di peso corporeo ogni neoplasie maligne. Questa forma interessa principalmente i 1 o 2 mesi può avere effetti benefici nelle DM, specie giova- bambini e i soggetti di età avanzata, con reperti istopatologi- nili, dove le IVIG vengono spesso somministrate precoce- ci compatibili con una vasculite. La IBM, infine, è più comune mente per evitare il ricorso agli agenti immunosoppressori, dopo i 50 anni di età, colpisce in modo asimmetrico anche i gravati da pesanti effetti collaterali. Nella PM, la terapia con gruppi muscolari distali, non è generalmente associata a IVIG è indicata nei casi resistenti o intolleranti agli altri tratta- coinvolgimento cardiaco e polmonare e potrebbe essere menti (Wiendl). legata a un processo degenerativo con accumulo di fibrille Numerosi sono i casi clinici riportati, anche recentemente, di proteiche patologiche. somministrazione di IVIG con esito positivo in pazienti con Sebbene la patogenesi delle miositi idiopatiche non sia del forme gravi di miositi non rispondenti ai corticosteroidi e agli tutto nota, esse vengono classificate fra le malattie neuromu- immunosoppressori. In particolare, nei casi in cui sopravvie- scolari a patogenesi autoimmune. Tuttavia, l’antigene (o gli ne interessamento polmonare, l’insufficienza respiratoria che antigeni) target della reazione autoimmunitaria non è stato ne consegue può rappresentare una vera emergenza clinica, ancora identificato. In una certa percentuale di casi sono pre- con necessità di ventilazione meccanica e ricovero in unità di senti autoanticorpi circolanti diretti verso le tRNA-sintetasi, terapia intensiva. In questi casi, l’infusione di IVIG può indurre tra le quali l’anti-Jo-1 è il più frequente. È possibile, come ipo- un rapido miglioramento del quadro clinico e permettere tizzato da Wiendl nella sua review sulle terapie attuali e futu- l’uscita dalla fase critica (Kristofova et al.). re delle miositi, che i meccanismi immunitari alla base delle Un’altra condizione particolare in cui il trattamento con IVIG diverse forme siano differenti fra loro, con un prevalente può avere indicazione specifica è data dalle miositi che insor- coinvolgimento dell’immunità cellulo-mediata nella PM e gono in donne in stato di gravidanza. Queste forme sono nella IBM, a fronte di un maggior ruolo giocato da linfociti B piuttosto rare, ma pongono problemi clinici e terapeutici e auto-anticorpi nella DM. particolari, da una parte per l’alta frequenza di aborti e morte 5 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:39 Pagina 6 immunologia 6 fetale a cui sono associate, dall’altra per i rischi per la salute Anche in questo caso, tuttavia, la relativa incertezza circa i del feto legati all’uso di farmaci citotossici e immunosoppres- meccanismi immunologici alla base della malattia, da una sori. Sebbene la terapia corticosteroidea sia considerata rela- parte, e le modalità d’azione della IVIG, dall’altra, rappresenta- tivamente sicura, nei casi resistenti ai dosaggi abituali l’utiliz- no un approccio terapeutico essenzialmente empirico, basa- zo di alte dosi per un periodo di tempo relativamente lungo to sulle osservazioni disponibili in letteratura. non è comunque raccomandabile in queste pazienti. Al con- Caratteristica peculiare della terapia con IVIG è, come abbia- trario, l’infusione di IVIG è stata efficacemente utilizzata mo visto, l’alto livello di tolleranza: gli effetti collaterali del durante la gravidanza in molte malattie autoimmuni e non trattamento sono generalmente limitati a reazioni transitorie presenta controindicazioni o effetti collaterali rilevanti. Nel come cefalea, nausea, febbre, artralgia e malessere generale, caso riportato da Nozaki et al., una donna in stato di gravidan- eventi che comunque negli adulti non superano il 5% dei za con DM accompagnata da grave debolezza dei muscoli casi e che sono risolvibili rallentando la velocità di infusione respiratori, sono stati ottenuti ottenuto la remissione della del farmaco. Reazioni gravi all’infusione di IVIG sono molto sintomatologia e il parto prematuro di un bambino sano con rare e solo sporadicamente segnalate. Per quanto riguarda i l’infusione di IVIG nel periodo contiguo al parto. soggetti pediatrici, in particolare quelli affetti dalle forme gio- La IBM rappresenta, dal punto di vista terapeutico, un caso a vanili di DM, nella casistica di ben 1056 infusioni riportata da parte nel panorama delle miositi idiopatiche, per la sua rela- Manlhiot et al. effetti collaterali lievi sono stati segnalati in 92 tiva resistenza a tutti i tipi di trattamenti, inclusi corticosteroi- soggetti, pari al 9% dei casi. La variabilità intrinseca nelle di e immunosoppressori. Fra i diversi approcci terapeutici diverse preparazioni commerciali di IVIG, in termini di con- alternativi sperimentati, l’infusione di IVIG è risultata efficace centrazione, osmolarità, pH e contenuto in varie sostanze, in alcuni studi randomizzati, per cui, in assenza di trattamen- pone naturalmente la questione se, a parità di efficacia, pro- ti ottimali, un tentativo iniziale con IVIG per un periodo di 6 dotti differenti possano essere associati a una differente fre- mesi appare giustificato. Un’eventuale prosecuzione della quenza di eventi avversi. Manlhiot et al. identificano il conte- terapia è indicata nei casi rispondenti (Wiendl). È probabile nuto in IgA come l’unico fattore significativo in questo senso, che questa forma di miosite presenti caratteristiche eziologi- con una correlazione diretta con la comparsa di febbre, nau- che e patogenetiche peculiari, che ne condizionano la sea e letargia. Altri effetti collaterali, come la cefalea, non suscettibilità a diversi trattamenti. sarebbero invece in relazione con questo parametro. L’eterogeneità dei diversi tipi di miosite e le possibili conse- Indipendentemente dall’eventuale ulteriore conferma di guenze sull’efficacia delle differenti terapie sono esemplifica- queste osservazioni, il trattamento con IVIG si conferma sicu- te dalla casistica di 23 pazienti con PM/DM positiva agli anti- ro e generalmente ben tollerato anche nei bambini. corpi anti-SRP riportata da Takada et al. Questo tipo di auto- Il trattamento delle miositi autoimmuni è ancora largamen- anticorpi si riscontra raramente nelle miositi e appare asso- te empirico e nuove prospettive terapeutiche potranno ciato a un quadro clinico peculiare, caratterizzato da una PM forse aprirsi nei prossimi anni, di pari passo con la migliore pura di notevole severità. La frequente resistenza al tratta- definizione dei meccanismi immunitari alla base di queste mento con corticosteroidi viene interpretata degli Autori alla patologie e con la disponibilità di agenti immunomodulato- luce delle osservazioni istopatologiche sulle biopsie musco- ri specifici e maggiormente personalizzati ai singoli casi. Al lari, riportanti un quadro con scarsi fenomeni infiammatori e momento, il trattamento con IVIG rappresenta un’utile prevalenti meccanismi di degenerazione e rigenerazione opzione terapeutica, in particolare nei pazienti resistenti o delle fibre muscolari. È da sottolineare la possibilità, in queste intolleranti alla terapia steroidea e nei casi in cui sia necessa- forme, di utilizzare come approccio terapeutico alternativo la ria una rapida risposta clinica in assenza di effetti collaterali somministrazione di IVIG, accanto ad agenti citotossici. rilevanti. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:40 Pagina 7 immunologia Miosite Miopatie infiammatorie idiopatiche: attuali e future opzioni terapeutiche Wiendl H Le miopatie infiammatorie idiopatiche (in particolare polimiosite e dermatomiosite) sono malattie relativamente rare, con una presentazione clinica eterogenea. È stato condotto solo un numero limitato di studi clinici randomizzati controllati in doppio cieco, mentre le misure per valutare l’esito clinico e la risposta al trattamento necessitano di essere ancora validate. La prima scelta per il trattamento iniziale della malattia è rappresentata dai corticosteroidi, sebbene questi siano stati raramente testati in studi randomizzati controllati. Purtroppo, non tutti i pazienti rispondono ai corticosteroidi e molti sviluppano effetti collaterali indesiderati. Per questo, vengo- severità di presentazione clinica, durata, eventuale coinvolgimento extramuscolare, terapie precedenti, refrattarietà e controindicazioni ad agenti particolari. Circa il 25% dei pazienti è non-responder e presenta ricadute cliniche ripetute; sono quindi candidati a opzioni di trattamento alternative e terapie sperimentali. Prospettive promettenti di ricerca e applicazione clinica vengono da nuove terapie immunoselettive dirette verso la modulazione delle citochine, la migrazione delle cellule immunitarie o la modificazione di alcuni sub-set immuni (linfociti B e T). In questo articolo vengono presentate e discusse le potenziali opzioni terapeutiche future. no utilizzati anche trattamenti di seconda linea o agenti immunosoppressori, in combinazione con i corticosteroidi. Per la dermatomiosite/polimiosite, la combinazione più comune è quella con azatioprina. Nei casi in cui questo approccio non sia sufficiente o applicabile, è giustificato il ricorso alle immunoglobuline endovena (IVIG). Sono anche in uso agenti immunosoppressori alternativi o più forti, come ciclosporina A, ciclofosfamide, metotrexate o micofenolato. Non esistono linee guida definite o protocolli di trattamento ottimale con consenso internazionale per queste malattie; l’approccio clinico deve quindi essere individualizzato sulla base di Neurotherapeutics 2008;5(4):548-557 • L’articolo di revisione offre un’estesa descrizione delle possibilità terapeutiche attualmente disponibili per il trattamento delle tre forme di miositi idiopatiche (polimiosite, dermatomiosite, miosite da corpi inclusi), insieme alle nuove opzioni terapeutiche, in sperimentazione o ancora potenziali. • Gli Autori sottolineano ripetutamente come la mancata conoscenza (ad oggi) degli esatti meccanismi patogenetici ed eziologici alla base di queste malattie renda difficile un trattamento mirato e curativo. Gli agenti più diffusamente indicati come terapia di prima scelta (corticosteroidi, se necessario con l’aggiunta di immunosoppressori o IVIG) vengono usati in modo largamente empirico, al fine di ottenere una stabilizzazione della malattia. • Nonostante le scarse certezze, è probabile che diversi meccanismi immunitari siano coinvolti nelle differenti forme di miosite: la possibilità di utilizzare trattamenti immunosoppressivi e immunomodulatori personalizzati si basa sulla futura identificazione degli esatti processi patogenetici in atto nel singolo paziente. 7 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:41 Pagina 8 Miosite immunologia Efficacia della terapia con immunoglobuline endovena nel trattamento della polimiosite Kristofova B, Oetterova M, Valocikova I, Macejova Z, Pidanicova A, Firment J, Majernik M, Lazurova I La polimiosite è un’infiammazione del tessuto muscolare a eziologia sconosciuta. È caratterizzata da debolezza muscolare simmetrica, principalmente prossimale, danno delle fibre muscolari documentato dalla biopsia, aumento degli enzimi muscolari e della mioglobina e reperti elettromiografici peculiari. Possono essere coinvolti anche altri sistemi, come le articolazioni, i polmoni, il cuore e l’apparato gastrointestinale. L’interessamento dei polmoni è piuttosto comune. Il sinto- Lo stato della paziente è migliorato progressivamente e dopo 7 settimane di trattamento la donna è stata trasferita in una Unità di Riabilitazione in condizioni significativamente migliori. In conclusione, il trattamento con IVIG può essere un approccio terapeutico efficace nella gestione della complicanze acute della polimiosite, specialmente nei casi in cui le altre strategie terapeutiche siano inefficaci o dannose. mo più frequente è la difficoltà respiratoria dovuta alla debolezza muscolare. Riportiamo qui il caso di una donna di 66 anni con polimiosite primitiva idiopatica. Il quadro clinico della paziente era complicato da debolezza muscolare progressiva, disfagia e insufficienza respiratoria. A seguito della mancata risposta al trattamento con corticosteroidi e ciclofosfamide, è stata iniziata la terapia con immunoglobuline ad alte dosi. somministrando un totale di 100 g di immunoglobuline endovena (IVIG). Bratisl Lek Listy 2008;109(9):412-413 • Viene descritto il caso di una paziente di 66 anni con polimiosite idiopatica rapidamente ingravescente. La donna, nonostante la terapia corticosteroidea (500 mg/die di metilprednisolone) è andata incontro a un grave peggioramento delle condizioni generali, con la comparsa di disfagia e la necessità di ventilazione meccanica, fino a richiedere il ricovero in terapia intensiva. • La terapia con IVIG (0,04 mg/kg/die per 5 giorni), instaurata a seguito di un ulteriore fallimento del trattamento con ciclofosfamide, è stata in grado di indurre un rapido miglioramento della sintomatologia e il recupero della capacità respiratoria. • Le forme acute e severe di polimiosite, in particolare con complicanze polmonari, possono rappresentare una grave emergenza per la vita di questi pazienti: il trattamento con IVIG può costituire un’efficace opzione terapeutica in questi casi. 8 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:42 Pagina 9 immunologia Debolezza dei muscoli respiratori nella dermatomiosite in gravidanza: efficacia del trattamento con immunoglobuline endovena Miosite Nozaki Y, Ikoma S, Funauchi M, Kinoshita K J Rheumatol 2008;35(11):2289 Abstract non disponibile • L’articolo riporta un caso di dermatomiosite insorto in una giovane donna in stato di gravidanza, trattato inizialmente con prednisolone per via orale. Il peggioramento della sintomatologia respiratoria, incorso nonostante la parziale riduzione dei livelli di creatinina chinasi, con conseguente necessità di respirazione meccanica, ha richiesto la somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG). • La terapia con IVIG al dosaggio di 2 g/die per 5 giorni, attuata in concomitanza del parto, ha permesso il recupero della funzionalità respiratoria, unitamente al miglioramento della debolezza muscolare e alla normalizzazione dei livelli enzimatici. • La comparsa di dermatomiosite in donne in stato di gravidanza è un evento non comune, principalmente a causa della rarità della malattia durante l’età fertile. Tuttavia, rappresenta un’eventualità clinica di difficile gestione, principalmente per i rischi collaterali per la salute del feto associati al trattamento con corticosteroidi ad alte dosi o con agenti citotossici. Le IVIG, in questo quadro, rappresentano un’alternativa sicura e già sperimentata nei casi di gravidanza in corso di altri tipi di malattie autoimmuni. 9 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:44 Pagina 10 Miosite immunologia Caratteristiche cliniche e istopatologiche della miopatia nei pazienti giapponesi con autoanticorpi anti-SRP Takada T, Hirakata M, Suwa A, Kaneko Y, Kuwana M, Ishihara T, Ikeda Y Per chiarire le caratteristiche cliniche e istopatologiche associate alla presenza di autoanticorpi anti-SRP (Signal Recognition Particle), sono stati studiati 23 pazienti giapponesi con questa specificità, selezionati fra 3500 soggetti con polimiosite/dermatomiosite e altre malattie del connettivo. Gli autoanticorpi anti-SRP sono stati determinati con l’analisi di RNA e le componenti proteiche con i test di immunoprecipitazione. L’indagine istologica è stata condotta utilizzando le colorazioni specifiche, incluse la miosina ATPasi e la colorazione tricromica di Gomori una predominanza di fibre di tipo I alla colorazione con ATPasi, reperto non presente in 8 pazienti di controllo con miosite senza autoanticorpi anti-SRP. Non vi era correlazione fra altre caratteristiche all’esame istologico e la presenza di autoanticorpi anti-SRP. Lo studio suggerisce che gli autoanticorpi anti-SRP hanno una maggiore probabilità di essere presenti nelle forme di miopatia resistente alla terapia corticosteroidea e senza segni istopatologici di infiammazione. modificata. Dei 23 pazienti, 21 (92%) erano affetti da miosite, 8 (38%) dei quali hanno richiesto il trattamento con agenti citotossici e immunoglobuline endovena (IVIG) in aggiunta alla terapia corticosteroidea. Quattro pazienti (16%) avevano un’artrite reumatoide, in due casi senza segni di miosite. L’esame istologico dettagliato di campioni da biopsia muscolare di 11 pazienti ha mostrato in tutti i casi necrosi delle fibre muscolari e/o rigenerazione; solo in un caso era presente un infiltrato di cellule infiammatorie. Sei (55%) degli 11 pazienti mostravano Mod Rheumatol 2008 Dec 17 [Epub ahead of print] • Lo studio esamina retrospettivamente le caratteristiche cliniche e istopatologiche di 23 casi di miosite caratterizzati sierologicamente dalla presenza di autoanticorpi anti-SRP. Autoanticorpi anti-SRP si documentano raramente in questa malattia e sono associati a un quadro clinico più severo e a una maggiore resistenza ai corticosteroidi, rispetto alle più frequenti forme con anticorpi anti-Jo-1. • Le peculiarità cliniche di questa particolare casistica (forme severe, per la maggior parte di polimiosite pura, senza interessamento di altri organi) sembrano indicare specifici meccanismi patogenetici e modalità di insorgenza in questi pazienti. • Le osservazioni istopatologiche riportate dagli Autori confermano questa ipotesi: al quadro infiammatorio, con ricco infiltrato mononucleato, delle forme tipiche di miosite si sostituiscono qui meccanismi predominanti di degenerazione e rigenerazione delle fibre muscolari con predominanza di fibre di tipo I, tipica delle miopatie non infiammatorie, come la distrofia muscolare. • Dal punto di vista clinico, questi dati possono aiutare a comprendere la scarsa risposta alla terapia corticosteroidea, legata forse ai limitati fenomeni infiammatori, e la necessità di ricorrere a trattamenti alternativi (agenti citotossici e IVIG). 10 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:45 Pagina 11 immunologia Figura. Decorso clinico di un caso tipico di miosite anti-SRP positiva: una donna di 41 anni sottoposta a terapia corticosteroidea a lungo termine, con gravi effetti collaterali e limitata efficacia terapeutica, a cui sono state somministrate anche azatioprina e immunoglobuline endovena. Miosite 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 Prednisolone (mg/die) 40 60 100 90 γ-globulina ev Metotrexate Azatioprina (mg/die) ev (52 volte) 50 50 CK (UI/l) 3388 1900 100 70 Azp (mg/die) Azp (mg/die) Azatioprina (mg/die) 50 100 100 72,5 50 100 1345 1372 50 100 1282 1000 800 600 400 200 0 Debolezza muscolare Sicurezza delle immunoglobuline endovena nel trattamento della dermatomiosite giovanile: le reazioni avverse sono associate al contenuto in immunoglobuline A Manlhiot C, Tyrrell PN, Liang L, Atkinson AR, Lau W, Feldman BM Obiettivo: Comunicazioni anedottiche hanno ipotizzato l’esistenza di differenze nella tolleranza dei soggetti pediatrici ai diversi tipi di immunoglobuline endovena (IVIG); tuttavia, sono stati condotti pochi studi su questo argomento. Abbiamo quindi cercato di determinare se le differenti preparazioni di IVIG usate nel trattamento della dermatomiosite giovanile siano egualmente ben tollerate dai pazienti e, in caso contrario, se queste differenze nella tolleranza possano essere legate al contenuto in immunoglobuline A. Pazienti e metodi: È stata rivista la storia clinica dell’infusione di IVIG (tipo di prodotto somministrato ed eventi avversi) dei soggetti che hanno frequentato la clinica per la dermatomiosite giovanile dell’Hospital for Sick Children dal 1986 al 2005. I prodotti con un contenuto di immunoglobuli- immunoglobuline G, livello di immunoglobuline A, pH, contenuto in glicina, glucosio o sodio e osmolarità, solo il livello di immunoglobuline A era significativamente associato alla comparsa di eventi avversi. Conclusioni: Le IVIG sono risultate sicure e ben tollerate nella maggior parte dei soggetti con dermatomiosite giovanile. Tuttavia, in contrasto con quanto osservato negli studi sugli adulti, abbiamo riscontrato differenze significative nella tolleranza a differenti preparazioni di IVIG, molto probabilmente a causa della concentrazione di immunoglobuline A. Questo studio conferma comunicazioni anedottiche riportanti che un alto livello di immunoglobuline A nelle IVIG è meno ben tollerato dai bambini e dimostra che la scelta del prodotto è importante nella terapia pediatrica. ne A >15 µg/ml sono stati classificati come “immunoglobuline A alte”. I dati sono stati analizzati usando un modello di regressione logistica aggiustato per misure ripetute. Risultati: Trentotto pazienti con dermatomiosite giovanile hanno ricevuto 1056 infusioni presso l’Hospital for Sick Children. Eventi avversi sono stati riportati in 92 occasioni (9%), interessando 25 pazienti (66%), una frequenza maggiore di quella generalmente riportata negli adulti (<1-5%). Eventi avversi sono stati riportati più frequentemente con prodotti che contenevano alte dosi di immunoglobulina A (15,0% vs 8,0%). La differenza era dovuta in particolare alla comparsa di febbre (8,0% vs 1,0%), letargia o malessere (2,0% vs 1,0%) e nausea o vomito (5,0% vs 1,0%). Dei possibili fattori predittivi farmacologici, inclusi dose, concentrazione di Pediatrics 2008;121(3):e626-630 11 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:46 Pagina 12 Miosite immunologia • Questo studio retrospettivo ha analizzato la frequenza di reazioni avverse associate all’infusione di IVIG nei soggetti pediatrici con dermatomiosite giovanile. • Sebbene generalmente limitati, e mai potenzialmente fatali, gli effetti collaterali osservati sono risultati più frequenti nel caso di preparazioni di immunoglobuline ad alto contenuto di IgA. Per spiegare queste osservazioni gli Autori ipotizzano l’intervento di recettori Fc-α presenti sulla superficie dei mastociti che, stimolati dalle IgA presenti nella preparazione, porterebbero alla loro degranulazione e alla comparsa di febbre e altri effetti collaterali. • Le reazioni avverse associate alla somministrazione di alte dosi di IgA sono inoltre risultate ben specifiche, e limitate a febbre, nausea e letargia. Altri effetti collaterali, come la cefalea, appaiono avere meccanismi differenti. • Poiché non esistono dati definitivi sulla differente efficacia delle diverse preparazioni commerciali di immunoglobuline nei bambini, l’incidenza di eventi avversi, pur non gravi, va tenuta in debito conto nella scelta del prodotto, anche per gli effetti sulla qualità della vita dei pazienti. Tabella. Frequenza delle reazioni avverse in relazione al contenuto in IgA Reazione avversa Qualunque IgA alte (n = 956), n (%) Stima ± SE Odds Ratio (IC 95%) p 77 (8) 15 (15) 0,771 ± 0,376 2,3 (1,1-4,5) 0,040 Febbre 9 (1) 8 (8) 2,045 ± 0,628 7,7 (2,3-26,5) <0,001 Cefalea 46 (5) 7 (7) 0,351 ± 0,560 1,4 (0,5-4,3) 0,531 Letargia 3 (<1) 2 (2) 1,877 ± 0,925 6,5 (1,1-40,0) 0,043 Nausea o vomito 13 (1) 5 (5) 1,334 ± 0,522 3,8 (1,4-10,6) 0,011 Altra 35 (4) 3 (3) –0,015 ± 0,553 1,0 (0,3-2,9) 0,978 IC, intervallo di confidenza. 12 IgA basse (n = 100), n (%) EM CSL immunews6-09 170309:EM ZLB 20-03-2009 11:54 Pagina 13 ematologia Leucemia linfatica cronica Enrica Orsini Specialista in Ematologia La leucemia linfatica cronica (LLC) è una malattia linfopro- opportunistiche causate da Pneumocistys carinii, herpes liferativa cronica a linfociti B che colpisce in particolare zoster, varicella, candida e altri funghi. Nel complesso, le pazienti di età avanzata. Rappresenta la più comune forma complicanze infettive finiscono per essere la causa di di leucemia nel mondo occidentale ed è caratterizzata dal- morte di oltre la metà dei pazienti con LLC. l’accumulo di linfociti B maturi, bloccati nelle fasi iniziali del Accanto alla profilassi antibiotica e al trattamento tempe- ciclo cellulare, e da significative alterazioni del sistema stivo delle infezioni, la somministrazione profilattica di immunitario. In particolare, i pazienti con LLC mostrano immunoglobuline endovena (IVIG) è stata utilizzata nei difetti dell’immunità sia cellulo-mediata sia umorale e pazienti con LLC ad alto rischio. Studi randomizzati hanno un’aumentata suscettibilità alle infezioni. Le complicanze dimostrato che l’infusione periodica di IVIG è in grado di infettive sono infatti la prima causa di morte in questi sog- ridurre l’incidenza di complicanze infettive nei casi di LLC getti. Tuttavia, accanto a una ridotta funzione della difesa con ipogammaglobulinemia marcata. Tuttavia, non è stato verso gli agenti infettivi, le alterazioni immuni presenti osservato un effetto positivo in termini di sopravvivenza nella LLC comportano anche un’aumentata incidenza di globale, per cui l’uso profilattico di IVIG è al momento rac- patologie autoimmuni, principalmente ematologiche comandato solo per particolari categorie di pazienti, con (anemia emolitica autoimmune [AEA] e porpora tromboci- bassi livelli di immunoglobuline circolanti e infezioni batte- topenica immune [PTI], in particolare) ma anche di tipo riche ricorrenti (Dearden). extra-ematologico (pemfigo paraneoplastico, tiroiditi Anche le complicanze autoimmuni sono molto frequenti autoimmuni, vasculiti o lupus eritematoso sistemico) nei pazienti con LLC, in particolare sotto forma di AEA, di (Dearden). cui questa forma di leucemia rappresenta la causa più Il rischio infettivo dei pazienti con LLC è legato in primo comune. Come già per la suscettibilità alle infezioni, anche luogo alla riduzione dei livelli di immunoglobuline circo- la tendenza all’autoimmunità può essere aggravata in que- lanti, la cui severità tende ad aumentare con l’avanzare sti pazienti dalla terapia anti-leucemica, in particolare dal della malattia ma che è presente anche negli stadi più pre- trattamento con fludarabina. La forme di anemia autoim- coci, con conseguente maggiore suscettibilità alle infe- mune associate a LLC possono essere anche molto gravi e zioni batteriche (specie Streptococcus pneumoniae e richiedono un trattamento con corticosteroidi, farmaci Haemophilus influenzae). Si ritiene che, accanto ai difetti dei immunosoppressori (ciclofosfamide, mofetil micofenolato) linfociti T pure presenti in questi pazienti, l’ipogammaglo- o anticorpi monoclonali (rituximab, alemtuzimab). Questi bulinemia sia dovuta all’influenza inibitoria del clone mali- casi di AEA, così come la PTI, rispondono alla somministra- gno sui linfociti B normali, attraverso meccanismi di con- zione di IVIG, che rappresentano una valida opzione tera- tatto o rilascio di mediatori solubili. In aggiunta, vanno peutica in particolare nei casi resistenti agli steroidi e in cui considerati anche gli effetti immunosoppressivi di molti sia necessario ottenere una rapida risposta. Inoltre, l’uso di farmaci utilizzati nella terapia della LLC, come fludarabina o IVIG può essere raccomandato nei pazienti ad alto rischio anticorpi monoclonali, che aumentano ulteriormente il per infezioni, circostanza come abbiamo visto particolar- rischio infettivo in questi pazienti. Nelle fasi più avanzate mente frequente in questi pazienti, grazie alla mancanza di della malattia si possono aggiungere anche infezioni effetti negativi sulla funzionalità della risposta immune agli 13 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:48 Pagina 14 ematologia 14 agenti patogeni, effetti che possono controindicare l’utiliz- fattore in grado di contribuire alla proliferazione e all’inibi- zo degli altri agenti. zione dell’apoptosi delle cellule tumorali, favorendo nel Un esempio di terapia efficace con IVIG nelle complicanze contempo una tolleranza immunitaria da parte del com- autoimmuni della LLC non ematologiche è riportato da partimento linfocitario non neoplastico. Nanda et al.: un caso di pemfigo paraneoplastico in un Recentemente, un nuovo fattore solubile appartenente paziente con LLC in fase avanzata, trattata con polichemio- alla famiglia del TNF (tumor necrosis factor), BAFF, si è ag- terapia e fludarabina, e portatore anche di epatite C croni- giunto alla lista delle citochine in grado di aumentare la ca. Il paziente, considerato a forte rischio infettivo e quindi sopravvivenza dei linfociti B e la cui produzione è aumen- non adatto a una terapia con farmaci immunosoppressivi, tata nei pazienti con LLC. In combinazione con il legame ha ricevuto un ciclo di 5 giorni con IVIG ad alte dosi, segui- del B cell receptor, BAFF è in grado di proteggere i cloni to da cicli bimensili di mantenimento, insieme a un tratta- auto-reattivi di linfociti B della delezione periferica e favo- mento steroideo a basse dosi, ottenendo una risoluzione risce la sopravvivenza delle cellule di LLC e di linfoma a progressiva e completa della sintomatologia. Il pemfigo linfociti B. Risultano quindi di particolare interesse i dati paraneoplastico rappresenta una condizione pericolosa sperimentali in vitro che dimostrano come le preparazio- per la vita nei pazienti con LLC e l’uso di IVIG è raccoman- ni di IVIG contengano anticorpi anti-BAFF, capaci di inibi- dato nei pazienti ad alto rischio infettivo a causa della re l’azione anti-apoptotica di quest’ultimo sui linfociti B malattia sottostante, delle comorbilità o dei trattamenti (Le Pottier et al.). Gli anticorpi anti-BAFF agirebbero legan- precedenti. dosi alle forme di membrana di BAFF, bloccandone gli Da quanto detto, risulta evidente come la somministrazio- effetti sulla sopravvivenza cellulare in maniera dose- ne di IVIG possa svolgere un ruolo peculiare nel trattamen- dipendente. to dei pazienti con LLC, essendo l’unica opzione terapeuti- Sulla base di questi dati, Le Pottier et al. ipotizzano un ruolo ca in grado di agire su entrambi i fronti della disfunzione dell’inibizione di BAFF e di APRIL (un ligando con effetti immunitaria presente in questi soggetti, la suscettibilità proliferativi, pure appartenente alla famiglia del TNF) nel- alle infezioni e la tendenza all’autoimmunità. Tuttavia, l’azione terapeutica delle IVIG nelle patologie autoimmuni molte incertezze rimangono circa l’esatto meccanismo e nelle neoplasie linfoproliferative a linfociti B. Livelli sierici d’azione delle IVIG, le quali sembrano in grado di agire su e/o tissutali di BAFF aumentati infatti sono stati descritti molteplici aspetti della risposta immune, fra cui la modula- nel lupus eritematoso sistemico, nella sclerosi multipla e zione dei recettori Fc e del complemento, la differenziazio- nella stessa LLC. Le osservazioni in vitro discusse sopra ne e la funzione dei linfociti T e B, le interazioni anti-idioti- necessitano ovviamente di studi ulteriori, che confermino piche, la neutralizzazione degli antigeni e il legame ai la riduzione dei livelli di BAFF e APRIL nei soggetti sottopo- mediatori solubili dei processi immunoinfiammatori. In sti a terapia con IVIG e gli effetti funzionali sui linfociti B cir- particolare, per quanto riguarda quest’ultimo punto, colanti. Tuttavia, esse si propongono come un interessan- numerosi dati dimostrano come le citochine infiammato- te modello concettuale, in grado di fare nuova luce sui rie possano essere implicate nella LLC nell’espansione del meccanismi d’azione delle IVIG. In particolare nella LLC, clone leucemico e nelle alterazioni della risposta immune. esse aggiungono un ulteriore razionale alle già citate indi- Un’alterata produzione di citochine è stata invocata come cazioni cliniche per l’utilizzo di IVIG in questa malattia. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:49 Pagina 15 ematologia Leucemia linfatica cronica Complicanze specifiche della leucemia linfatica cronica Dearden C La maggioranza delle complicanze specifiche nella leucemia linfatica cronica (LLC), in particolare le infezioni e i fenomeni autoimmuni, è legata alle alterazioni sottostanti della funzione immunitaria. Sia l’immunità cellulomediata sia quella umorale sono alterate nella LLC, con difetti qualitativi e quantitativi a carico dei linfociti B, T e NK, dei neutrofili e della linea monocito/macrofagica. Praticamente tutti i pazienti con LLC hanno livelli ridotti di immunoglobuline, anche negli stadi più precoci, e questo reperto è associato a una maggiore frequenza e severità degli episodi infettivi. Sebbene l’uso profilattico di immunoglobuline endovena (IVIG) possa essere associato con mia emolitica, ha dimostrato che quest’ultima compariva più frequentemente nei pazienti sottoposti a trattamento con clorambucil o fludarabina da sola rispetto alla combinazione di fludarabina e ciclofosfamide e ha mostrato che la presenza di un test di Coombs positivo e lo sviluppo di AEA sono segni prognostici negativi. Il trattamento dei fenomeni autoimmuni associati alla LLC si basa su una buona terapia di supporto e sull’uso di terapie immunosoppressive, come steroidi e ciclosporina. La splenectomia rimane un’utile alternativa e gli anticorpi monoclonali (rituximab e alemtuzimab) hanno dato risultati promettenti. un beneficio clinico in alcuni pazienti, esso non riduce la mortalità e presenta alti costi. Le complicanze autoimmuni colpiscono fino a un quarto dei pazienti con LLC e riguardano principalmente i globuli rossi. L’anemia emolitica autoimmune (AEA) è la manifestazione più comune; la trombocitopenia autoimmune, l’aplasia eritrocitaria pura e la neutropenia autoimmune sono meno comuni, mentre fenomeni autoimmuni non ematologici sono rari. Lo studio UK CLL4 è stato il più largo trial clinico prospettico a esaminare il significato clinico della presenza di un test di Coombs positivo e di AEA. Lo studio ha confermato l’utilità del test di Coombs nel predire lo sviluppo o meno di ane- Hematology Am Soc Hematol Educ Progra 2008; 2008:450-456 • L’articolo di revisione riassume le alterazioni del sistema immunitario presenti nei pazienti con LLC e le loro conseguenze cliniche, sotto forma di due tipi di fenomeni, apparentemente opposti: maggiore suscettibilità alle infezioni e patologie autoimmuni. Entrambe queste condizioni sono da riportare a un sistema immune alterato sia quantitativamente sia qualitativamente e caratterizzato da deficit delle funzioni citotossiche e anticorpali e aumento delle risposte soppressorie. • La terapia di questi disordini è principalmente basata su trattamenti e profilassi antibiotici per le complicanze infettive e sull’uso di corticosteroidi e immunosoppressori per le manifestazioni autoimmuni (specie AEA e trombocitopenia). Tuttavia, questi ultimi trattamenti hanno lo svantaggio, nei pazienti con LLC, di peggiorare ulteriormente la suscettibilità alle infezioni. • L’infusione di IVIG si è dimostrata efficace, in diverse patologie, sia nel trattamento delle ipogammaglobulinemie e delle loro complicanze infettive sia nella gestione dei fenomeni autoimmuni. L’uso di IVIG può quindi trovare un ruolo nella profilassi delle complicanze infettive nei pazienti con LLC con titolo anticorpale molto basso e infezioni ricorrenti e nel trattamento delle AEA e della trombocitopenia immune associate alla malattia, con scarsi effetti collaterali. (segue) 15 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:50 Pagina 16 ematologia Leucemia linfatica cronica • Fenomeni autoimmuni non ematologici possono pure comparire in associazione alla LLC, seppure più raramente. Per alcuni di essi (pemfigo, polineuropatie, vasculiti e lupus) la somministrazione di IVIG rappresenta una valida opzione terapeutica. Tabella. Complicanze autoimmuni non ematologiche nella leucemia linfatica cronica Angioedema Pemfigoide bolloso/pemfigo paraneoplastico Sindrome di Churg-Strauss Sindrome nervosa (glomerulonevrite) Polineuropatia Sindrome di Sjörgen Lupus eritematoso sistemico Sindrome di Raynaud Artrite reumatoide Colite ulcerativa Vasculite 16 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:51 Pagina 17 ematologia Leucemia linfatica cronica Pemfigo paraneoplastico in associazione a leucemia linfocitaria a linfociti B e a epatite C: risposta favorevole alle immunoglobuline endovena e al prednisolone Nanda M, Nanda A, Al-Sabah H, Dvorak R, Alsaleh QA Int J Dermatol 2007;46(7):767-769 Abstract non disponibile • L’articolo riporta il caso di un uomo di 57 anni affetto da LLC a linfociti B e con epatite C cronica che ha sviluppato una grave forma di pemfigo paraneoplastico, con erosioni multiple della mucosa orale e lesioni bollose della cute, associate a reperti istopatologici e presenza di autoanticorpi specifici del pemfigo. • In considerazione delle malattie sottostanti (LLC ed epatite cronica), l’utilizzo di agenti con forte attività immunosoppressiva è stato considerato controindicato e il paziente è stato trattato con prednisolone (30 mg/die) e infusione di IVIG, queste ultime al dosaggio di 400 mg/kg/die per 5 giorni e poi 2 g/kg ogni 2, 4 e infine 8 settimane. La buona risposta terapeutica ottenuta già dalla prima infusione ha permesso la riduzione progressiva del dosaggio cortisonico. • Il pemfigo paraneoplastico è una grave complicanza di molte neoplasie linfoidi (e della LLC in particolare), con prognosi spesso infausta. Il caso clinico riportato dimostra come la terapia con IVIG possa essere altamente efficace in questi pazienti e fattibile anche nei casi con comorbilità importanti. Figura. Erosioni della mucosa orale (A) e lesioni vescicolo-bollose delle estremità inferiori (B) dovute a pemfigo paraneoplastico associato a leucemia linfatica cronica. A B 17 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:52 Pagina 18 ematologia Leucemia linfatica cronica BAFF, un nuovo bersaglio terapeutico per le immunoglobuline nell’autoimmunità e nelle neoplasie Le Pottier L, Bendaoud B, Dueymes M, Daridon C, Youinou P, Shoenfeld Y, Pers JO Le immunoglobuline endovena (IVIG) sono state usate per il trattamento delle malattie autoimmuni e delle neoplasie linfoidi, mostrando alcuni effetti terapeutici. In entrambe le patologie vi è una produzione aumentata di BAFF (fattore attivante i linfociti B della famiglia del TNF) e di APRIL (ligando con effetti proliferativi). La presenza di anticorpi (Ab) con specificità anti-BAFF e antiAPRIL nelle preparazioni di IVIG è stata preparazioni di IVIG e dai loro frammenti F(ab’)(2). L’ingombro sterico preveniva gli effetti antiapoptotici di BAFF sui linfociti B. Questo lavoro documenta le presenza di anticorpi anti-BAFF e anti-APRIL nelle IVIG. Essi possono neutralizzare funzionalmente il ruolo di BAFF nella sopravvivenza dei linfociti B. Queste IgG anti-BAFF potrebbero inibire gli effetti deleteri di BAFF nelle malattie autoimmuni mediate da linfociti B. J Clin Immunol 2007;27(3):257-265 studiata attraverso test di immunoassorbenza enzimatica e analisi Western Blot. L’apoptosi è stata misurata con il metodo del legame dell’annessina V e confermata usando la tecnica TUNEL (terminal deoxynucleotidyl transferasemediated dUTP nick end labeling). BAFF ricombinante non glicosilato, BAFF glicosilato purificato per affinità e APRIL ricombinante (ma non il TNFα) sono stati riconosciuti da alcune IgG nelle Figura. 18 Cellule in vita (%) Cellule in vita (%) • Questo studio riporta una serie di esperimenti volti a provare la presenza di anticorpi anti-BAFF con azione neutralizzante nelle preparazioni terapeutiche di IVIG. Gli Autori dimostrano un legame specifico delle IVIG con BAFF e APRIL (ma non con il TNFα) e la capacità delle stesse IVIG di inibire l’azione anti-apoptotica di BAFF sui linfociti B. • Queste osservazioni vengono spiegate sulla base della presenza di anticorpi naturali anti-BAFF nel siero di soggetti normali e aggiungono un ulteriore potenziale meccanismo d’azione terapeutico per le IVIG nelle patologie autoimmuni e nelle sindromi linfoproliferative come la LLC, situazioni nelle quali è stato dimostrato un aumento dei livelli sierici e/o della produzione di BAFF. • Sono necessari ulteriori studi per verificare se la somministrazione di IVIG sia effettivamente in BAFF ricombinante grado di ridurre i Anticorpi monoclonali anti-BAFF IVIG (µg/ml) BAFF ricombinante (µg/ml) livelli di BAFF e APRIL IgG specifiche e diminuire il numero di linfociti B nei pazienti con autoBAFF ricombinante immunità e neoplaAnticorpi monoclonali anti-BAFF IVIG sie a linfociti B. Influenza di BAFF e IVIG sull’apoptosi dei linfociti B. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:53 Pagina 19 ematologia Leucemia linfatica cronica Immunoglobuline endovena e citochine: focus sui membri della famiglia del fattore di necrosi tumorale BAFF e APRIL Le Pottier L, Sapir T, Bendaoud B, Youinou P, Shoenfeld Y, Pers JO La presenza di autoanticorpi naturali contro le citochine è stata riportata negli individui sani. Poiché le citochine circolanti possono essere implicate nell’andamento clinico di numerose patologie, la modalità d’azione delle immunoglobuline endovena (IVIG) (risultanti da un pool di sieri di oltre 1000 soggetti normali) potrebbe coinvolgere l’immunomodulazione del network citochi- la presenza di anticorpi con specificità anti-BAFF e anti-APRIL (un ligando con effetti proliferativi). Abbiamo trovato che le IVIG riconoscono BAFF e APRIL e che il legame con le IVIG inibisce BAFF dall’esercitare i suoi effetti anti-apoptotici sui linfociti B. Queste immunoglobuline anti-BAFF potrebbero prevenire gli effetti deleteri di BAFF nelle patologie autoimmuni mediate da linfociti B. Ann N Y Acad Sci 2007;1110:426-432 nico. Riassumiamo qui gli effetti anticitochinici delle IVIG così come le conseguenze dell’infusione di IVIG sulla produzione delle citochine stesse. Inoltre, le IVIG possiedono effetti terapeutici nelle malattie autoimmuni e nelle neoplasie linfoidi. Queste due condizioni hanno in comune un’aumentata produzione di BAFF (fattore attivante i linfociti B della famiglia del TNF). È stata inoltre studiata IgG specifiche IVIG totali Anticorpi monoclonali anti-BAFF IgG specifiche Anticorpi monoclonali anti-APRIL IVIG totali IgG specifiche Anticorpi monoclonali anti-TNFα IVIG totali • L’infusione di IVIG può esplicare la propria azione immunomodulante in numerosi modi, agendo sui diversi effettori della risposta immune. Questo studio focalizza gli effetti che le IVIG possono avere sulla produzione e sull’azione delle citochine, riassumendo i dati che dimostrano un’azione antagonista sulle citochine pro-infiammatorie e di promozione della sintesi dei mediatori anti-infiammatori. • In particolare, nelle malattie linfoproliferative a linfociti B (come la LLC) e nelle patologie autoimmuni potrebbe essere importante il ruolo svolto da BAFF, un ligando della famiglia del TNF con azione anti-apoptotica sui linfociti B. Le preparazioni di IVIG contengono anticorpi anti-BAFF e sono in grado di inibirne l’azione. • Sebbene preliminari, i dati riportati pongono le basi per un meccanismo terapeutico comune delle IVIG nelle patologie autoimmuni e nelle linfopatie a linfociti B (e ancor più nelle condizioni caratterizzate da una compresenza dei due fenomeni, come spesso accade nella LLC), basato sul blocco dell’azione di BAFF, fattore in grado di proteggere i linfociti B auto-reattivi dalla delezione periferica e di favorire la sopravvivenza delle cel24 kDa lule di LLC. 24 kDa Figura. Reattività anti-BAFF e anti-APRIL nelle TNFα APRIL BAFF IVIG. 19 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:55 Pagina 20 neurologia Neuropatia motoria multifocale Descritta per la prima volta solo circa 20 anni fa, la neuropatia motoria multifocale (Multifocal Motor Neuropathy, MMN) è una malattia ritenuta a patogenesi autoimmune, sebbene gli esatti meccanismi alla base della patologia non siano ancora stati identificati. È caratterizzata da debolezza muscolare asimmetrica distale, generalmente agli arti superiori, reversibile dopo trattamento. Quest’ultimo aspetto rappresenta un elemento distintivo, che sottolinea l’importanza di riconoscere un’eventuale MMN nei casi di sospetta diagnosi di malattia del motoneurone (o sclerosi laterale amiotrofica), patologia notoriamente intrattabile. La MMN si presenta generalmente come una neuropatia motoria pura, senza interessamento dei nervi sensoriali o dei muscoli cranici o respiratori. Vengono interessati dalla malattia i neuroni distali e non vi è coinvolgimento dei neuroni prossimali e bulbari. Il reperto elettrofisiologico peculiare è dato dalla presenza di blocchi di conduzione, localizzati al di fuori delle aree di compressione meccanica dei nervi, diagnosticati in presenza di un ridotto potenziale di azione muscolare composto (CMAP) dopo stimolazione sovramassimale del corrispondente tronco nervoso a un sito prossimale rispetto a un sito distale. Diversi criteri sono stati introdotti negli anni per la definizione di blocco di conduzione possibile o probabile nella MMN; tuttavia, il reperto non è presente in tutti i pazienti e non sempre è correlato alla sintomatologia clinica o alla risposta alla terapia. La patogenesi autoimmunitaria della MMN è stata postulata sulla base del quadro fisiopatologico di demielinizzazione focale dei nervi motori, di evidenze istologiche compatibili con danno da auto-anticorpi diretti verso la mielina o verso l’assolemma a livello dei nodi di Ranvier e della presenza, in una percentuale di pazienti variabile dal 30% all’80%, di auto-anticorpi di tipo IgM anti-ganglioside GM1. Il reperto tuttavia non è specifico della malattia né necessario per la diagnosi, sebbene esperimenti in vivo e in vitro abbiano dimostrato che il siero di pazienti con MMN e anticorpi anti-GM1 è in grado di indurre blocchi di conduzione focali. La scarsa conoscenza dei meccanismi autoimmunitari alla 20 base della malattia rende di difficile interpretazione la differente suscettibilità dei pazienti con MMN ai vari trattamenti immunomodulatori. La MMN, infatti, non risponde alla plasmaferesi né alla terapia corticosteroidea, che possono peggiorarne l’andamento clinico o anche scatenare la malattia. L’unica terapia al momento riconosciuta efficace in questa patologia è l’infusione di immunoglobuline endovena (IVIG) (Rajabally). Diversi studi randomizzati hanno dimostrato, infatti, che la maggioranza di pazienti con MMN (60-80%) risponde al trattamento, con un aumento degli indici di forza muscolare nei distretti colpiti e riduzione della disabilità dopo un dosaggio iniziale di 400 mg/kg/die per 5 giorni. Attualmente, il problema principale nella terapia della MMN riguarda la gestione a lungo termine. Come riportato da Léger et al. e in altri lavori, solo una minoranza di pazienti con MMN (il 22% nello studio di Léger et al.) rimane in remissione stabile dopo uno o pochi cicli di IVIG. Nella maggior parte dei casi, la comparsa di un nuovo peggioramento dei segni clinici dopo 1 o 2 mesi richiede l’istituzione di una terapia di mantenimento con IVIG, a dosaggi che le linee guida della European Federation of Neurological Societies/Peripheral Nerve Society raccomandano pari a 1 g/kg ogni 2-4 settimane o 2 g/kg ogni 48 settimane. Inoltre, anche l’infusione periodica di IVIG non sempre riesce a prevenire la progressiva degenerazione assonale a lungo termine e la progressione della malattia. Molto spesso, il vantaggio clinico ottenuto con le prime dosi di IVIG tende a ridursi nel tempo, richiedendo un incremento del dosaggio o della frequenza delle somministrazioni. Le variazioni nel numero e nell’ampiezza dei blocchi di conduzione non sembrano invece essere correlati all’andamento della sintomatologia e alla risposta alla terapia. In un’altra casistica recentemente pubblicata (Slee et al.) su 47 pazienti con MMN, gli autori si sono applicati particolarmente nell’analisi delle caratteristiche cliniche della malattia e nella ricerca di fattori in grado di predire la risposta al trattamento con IVIG. È interessante notare come ancora oggi esista una certa incertezza nel definire i criteri neurofisiologici essenziali per l’identificazione dei blocchi di con- EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:56 Pagina 21 neurologia Neuropatia motoria multifocale duzione tipici della malattia. Dopo aver sperimentato due tipi di criteri, più o meno restrittivi, e aver incluso nel gruppo sottoposto a infusione di IVIG anche pazienti senza blocchi di conduzione evidenti, gli autori concludono che questo parametro non incide né sulla presentazione clinica della malattia né sulla risposta al trattamento. Valutare il decorso dei pazienti con MMN sulla base della disabilità inflitta dalla patologia e decidere su questa l’inizio e il proseguimento della terapia appare al momento la scelta più ragionevole per il benessere dei pazienti. Circa la metà dei pazienti riportati da Slee et al. hanno seguito un regime di mantenimento basato su infusioni endovenose di immunoglobuline domiciliari, a dosi ridotte con maggiore frequenza di somministrazione. I risultati in termini di disabilità funzionale sono stati sovrapponibili a quelli dei pazienti trattati in ospedale. Potrà essere interessante, in futuro, valutare l’efficacia, nei pazienti con MMN, della somministrazione sottocutanea di IVIG, resasi recentemente disponibile, che potrebbe migliorare significativamente la qualità della vita di questi soggetti, destinati a un trattamento a lungo termine. La terapia con IVIG è generalmente ben tollerata, raramente provoca effetti collaterali gravi e la tossicità principale è costituita da reazioni (cefalea, artralgie, febbre, ecc.) limitate e transitorie. Tuttavia, la necessità, nella maggior parte dei casi di MMN, di un trattamento, come accennato, a lungo termine e potenzialmente a tempo indeterminato, pone comunque problemi, legati in particolare all’alto costo di queste preparazioni e alla qualità di vita dei pazienti. Per questa ragione, sono stati compiuti tentativi con diversi agenti immunosoppressori, generalmente somministrati in aggiunta all’infusione di IVIG, allo scopo di aumentarne l’efficacia clinica o almeno di ridurne il fabbisogno. Tra i farmaci testati, con risultati piuttosto contrastanti, vi sono la ciclofosfamide, l’azatioprina e la ciclosporina, trattamenti che al momento andrebbero probabilmente riservati ai casi di rapido declino funzionale nei pazienti resistenti alle IVIG. Dati relativi all’efficacia del mofetil micofenolato, un farmaco immunosoppressore relativamente sicuro, in piccoli gruppi di pazienti con MMN e con altre patologie autoimmuni neuromuscolari hanno spinto alla realizzazione di uno studio randomizzato (Piepers et al.) condotto su 28 pazienti con MMN responsivi alle IVIG. Tuttavia, l’aggiunta di mofetil micofenolato non ha prodotto, in questa casisti- ca, una riduzione significativa del dosaggio di IVIG né ha indotto miglioramenti clinici significativi rispetto al placebo. La riduzione del 50% della dose di mantenimento di IVIG è stata osservata in un singolo caso. Questo era il primo studio randomizzato, benché su un numero di pazienti relativamente basso, sull’efficacia dell’aggiunta di mofetil micofenolato nella MMN che sembra contraddire alcuni dati positivi riportati in studi non controllati. Risultati simili sono stati ottenuti con l’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab da Gorson et al. in un piccolo studio pilota su 6 pazienti con polineuropatia immune recidivante, dipendente dall’infusione di IVIG, di cui 2 affetti da MMN. Anche in questo caso, l’aggiunta del rituximab non è stata in grado, complessivamente, di ridurre il fabbisogno infusionale di IVIG in questi pazienti né di aumentare la forza muscolare o diminuire la disabilità. Dei 2 pazienti con MMN trattati, uno ha però mostrato una risposta, con una riduzione della dose di IVIG pari al 43%, mentre nell’altro si è addirittura reso necessario un aumento del dosaggio. Può essere interessante notare come il mofetil micofenolato e il rituximab agiscano potenzialmente sullo stesso bersaglio, cioè i linfociti B. La mancata efficacia del primo farmaco e i risultati contrastanti ottenuti con il secondo sollevano molti dubbi sul vero ruolo patogenetico dell’immunità umorale nella MMN. Anche le già citate osservazioni sulla non costante presenza di auto-anticorpi nei pazienti con MMN e la loro indipendenza dalle caratteristiche cliniche e prognostiche della malattia, nonché la mancata riduzione delle IgM anti-GM1 dopo terapia con mofetil micofenolato, vanno nello stesso senso. L’identificazione della MMN come entità patologica a se stante ha rappresentato un notevole progresso perché ha indicato una possibilità di cura per pazienti che sarebbero stati facilmente confusi con casi affetti da neuropatie non trattabili. La somministrazione di IVIG induce una remissione della sintomatologia nella maggior parte dei casi e permette di evitare lo sviluppo di alterazioni funzionali invalidanti per molto tempo, per quanto a prezzo di una terapia costosa e di non facile somministrazione. Tuttavia, ulteriori sviluppi verranno solo dalla migliore conoscenza dell’eziologia e soprattutto della patogenesi immunitaria di quella che appare una malattia con caratteristiche sue proprie e forse distinte da quelle delle altre neuropatie autoimmuni. 21 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:57 Pagina 22 neurologia Neuropatia motoria multifocale Neuropatia motoria multifocale: rassegna su un disordine immunomediato trattabile Rajabally YA Descritta inizialmente solo circa 20 anni fa, la neuropatia motoria multifocale (Multifocal Motor Neuropathy, MMN) è una neuropatia motoria pura, prevalentemente distale, che colpisce soprattutto gli arti superiori. La MMN è un disordine immunomediato, spesso associato alla presenza di anticorpi anti-ganglioside GM1 del tipo IgM. La caratteristica peculiare della MMN è data dalla presenza di un blocco di conduzione negli studi sulla conduzione dei nervi motori. Vi sono, tuttavia, altre neuropatie immunomediate perché non risponde alla plasmaferesi e agli steroidi, trattamenti che possono entrambi provocare un peggioramento di questa patologia. Poiché la terapia è meno efficace nelle fasi più avanzate di MMN, una diagnosi precoce è essenziale. Il trattamento a lungo termine è, comunque, spesso complicato da una progressiva degenerazione assonale, con conseguente declino funzionale nonostante la terapia. forme di MMN in cui i blocchi di conduzione non sono presenti o non possono essere evidenziati con le tecniche diagnostiche comunemente disponibili. La MMN è una patologia trattabile, in cui l’80% circa dei pazienti risponde alla somministrazione di immunoglobuline endovena. Per questa ragione, occorre distinguerla dalla sclerosi laterale amiotrofica (o malattia del motoneurone), che è molto più comune, ma non risponde alle cure. La MMN deve anche essere distinta dalle Postgrad Med J 2008;84(992):287-292 • L’articolo passa in rassegna le attuali conoscenze patogenetiche, diagnostiche e terapeutiche sulla MMN, soffermandosi in particolare sui problemi posti dalla diagnosi differenziale (soprattutto rispetto alla sclerosi laterale amiotrofica), dalla definizione neurofisiologica dei criteri per l’identificazione dei blocchi di conduzione caratteristici della malattia e infine sulle questioni ancora aperte riguardo il trattamento. • Sebbene l’infusione di IVIG rappresenti infatti la terapia di elezione (e al momento l’unica efficace) in questi pazienti, il principale problema terapeutico rimane la gestione a lungo termine. La maggior parte dei pazienti risponde alle IVIG con una remissione della sintomatologia, ma richiede una terapia di mantenimento (1 g/kg ogni 2-4 settimane), che non sempre è in grado di impedire la progressione della malattia. Polso • Vengono riportati brevemente anche i dati relativi ad alcuni tentativi di associare alla terapia con IVIG la somministrazioAl di sotto del gomito ne di immunomodulatori (mofetil micofenolato, ciclofosfamide, azatioprina, ciclosporina, interferone beta, rituximab), Al di sopra del gomito essenzialmente allo scopo di ridurre il dosaggio periodico di queste ultime. Sebbene generalmente non tossica e ben tolAscella lerata, la terapia di mantenimento a lungo termine con IVIG presenta come problema principale i costi elevati. Punto di Erb Figura. 22 Blocco di conduzione parziale che interessa il nervo ulnare a livello del punto di Erb. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:58 Pagina 23 neurologia Neuropatia motoria multifocale Léger JM, Viala K, Cancalon F, Maisonobe T, Gruwez B, Waegemans T, Bouche P Immunoglobuline endovena come terapia a breve e a lungo termine della neuropatia motoria multifocale: studio retrospettivo della risposta alle IVIG e dei fattori predittivi in 40 pazienti Obiettivo: Documentare le risposte a breve e a lungo termine a un singolo tipo di immunoglobuline endovena (IVIG) in un’ampia coorte di pazienti con neuropatia motoria multifocale (MMN). Metodi: È stato condotto uno studio retrospettivo su 40 pazienti con MMN definita secondo i criteri dell’ENMC Workshop, trattati con infusioni periodiche di IVIG tra il 1995 e il 2003. La risposta a breve termine era definita come il miglioramento di almeno un punto al punteggio MRC in almeno due muscoli colpiti a 6 mesi. La popolazione studiata comprendeva 22 pazienti nuovi al trattamento (che J Neurol Neurosurg Psychiatry 2008;79:93-96 non avevano mai ricevuto IVIG prima dell’inclusione nello studio) e 18 pazienti già trattati. Per la valutazione a lungo termine (>6 mesi) i pazienti sono stati classificati in tre gruppi, sulla base della dipendenza o meno dalla somministrazione periodica di IVIG. Inoltre, sono stati valutati i cambiamenti nel blocco della conduzione e i criteri predittivi. Risultati: Il punteggio MRC è migliorato significativamente (p <0,0001) in 14 pazienti su 20 (70%; IC 95% 0,46-0,88) nuovi al trattamento (dati non disponibili per 2 pazienti). Nessuno dei criteri predittivi analizzati è risultato significativo. Alla fine del fol- low-up (media di 2,2 ± 2,0 anni), solo 8 dei 40 pazienti (22%) mostravano una remissione significativa, mentre 25 pazienti (68%) erano dipendenti da infusioni periodiche di IVIG. Il numero di blocchi di conduzione era diminuito o rimasto invariato in 12 pazienti nuovi e aumentato in 2. Conclusioni: Questo studio ha confermato una risposta a breve termine alle IVIG significativamente alta nei pazienti con MMN, ma ha mostrato risultati contrastanti nel follow-up a lungo termine. Non sono stati identificati fattori predittivi della risposta al trattamento con IVIG. Figura. Punteggio MRC in 6 pazienti trattati con IVIG per un periodo >12 mesi. Variazione del punteggio MRC (%/basale) • Lo studio ha esaminato retrospettivamente i dati relativi a 40 pazienti con MMN trattati con la somministrazione di IVIG allo scopo di valutare le percentuali di risposta a breve e, soprattutto, a lungo termine. • In termini di debolezza muscolare, la sintomatologia è risultata significativamente migliorata entro 6 mesi dall’inizio del trattamento con IVIG (2 g/kg per cicli di 3-5 giorni) nel 70% dei pazienti trattati per la prima volta. Questi dati sono sostanzialmente in linea con quanto riportato in altri studi, con percentuali di risposta intorno al 60-80%. • Più controversa è l’efficacia delle IVIG a lungo termine (>6 mesi): sul totale di 40 pazienti trattati, solo il 22% ha ottenuto una remissione stabile con interruzione della terapia, mentre il 68% necessitava della somministrazione periodica di IVIG per mantenere condizioni cliniche stazionarie; l’11% è stato classificato come non responsivo. • Inoltre, la valutazione della forza #3-R gruppo 2a #4-R gruppo 2b muscolare durante il mantenimen150 #5-NR gruppo 2b #13-R gruppo 1 to con IVIG nei pazienti responsivi Ciclofosfamide 125 #29-R gruppo 1 #43-R gruppo 2a 100 ha mostrato in 4 casi su 6 una par75 ziale perdita della risposta osserva50 ta dopo il primo ciclo di trattamen25 * * to. 0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 -25 -50 * = inizio dell’azatioprina (#3 e #4) Ciclofosfamide Tempo (mese/basale) 23 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 12:59 Pagina 24 neurologia Neuropatia motoria multifocale Neuropatia motoria multifocale: spettro diagnostico e risposta al trattamento Slee M, Selvan A, Donaghy M Obiettivo: Definire le caratteristiche cliniche in un’ampia coorte di pazienti con neuropatia motoria multifocale (MMN) e l’efficacia del trattamento con IVIG. Inoltre, sono stati testati due tipi di criteri neurofisiologici per i blocchi di conduzione per la rilevazione della risposta al trattamento. Metodi: Analisi retrospettiva di una coorte di 47 pazienti con MMN seguiti per un massimo di 12 anni. Risultati: Un totale di 32 casi (70%) ha mostrato un esordio agli arti superiori, del quale la maggior parte aveva segni clinici di blocco di conduzione: muscoli indeboliti, ma non devastati (67%) e debolezza diversa tra muscoli innervati da un comune terminale motoneuronico (54%). Una debolezza differenziata disabilità significativamente ridotta all’ultimo follow-up rispetto a prima della terapia. I pazienti passati a un programma di terapia domiciliare con IVIG hanno mantenuto le capacità funzionali in misura almeno equivalente a quelli trattati in ospedale. Conclusioni: In questo studio si enfatizza l’importanza del fenotipo clinico della neuropatia motoria multifocale. Né il blocco di conduzione né la presenza di auto-anticorpi rappresentano fattori predittivi affidabili di risposta al trattamento. Fare eccessivo affidamento sui criteri di consenso per il blocco di conduzione può negare l’accesso alla terapia con IVIG a pazienti con MMN responsivi al trattamento. Neurology 2007;69:1680-1687 dell’estensione delle dita costituiva un segno precoce caratteristico. L’applicazione dei criteri di consenso per la definizione di blocco di conduzione avrebbe negato un ciclo di trattamento a 6 pazienti con un tipico fenotipo secondo i nuovi criteri. Non è stata riscontrata alcuna associazione tra blocchi di conduzione e presenza di anticorpi anti-ganglioside GM1. Un totale di 24 (51%) pazienti è stato trattato con IVIG, terapia che è stata associata a un marcato miglioramento iniziale della disabilità autoriferita nella maggior parte dei casi. Il grado di miglioramento iniziale della disabilità non è stato costante in tutti i pazienti nel tempo. Tuttavia, la maggior parte dei soggetti trattati ha riportato una Punteggio di disabilità complessivo (IC 95%) • Questo studio retrospettivo su 47 pazienti con MMN è focalizzato sulla definizione delle caratteristiche cliniche della malattia, all’esordio e dopo trattamento, e sull’efficacia della terapia con IVIG. • Per la definizione di blocco di conduzione gli autori hanno applicato anche criteri meno restrittivi di quelli Iniziale/pre-terapia di consenso dell’American Attuale Academy of Electrodiagnostic 25 Medicine (AAEM), osservando 20 che l’infusione di IVIG era effip = 0,391 cace anche nei pazienti con 15 p = 0,239 p = 0,009 p = 0,015 blocchi di conduzione secondo i nuovi criteri, nonché nella 10 maggioranza dei casi senza 5 Test t per dati appaiati blocchi di conduzione. Figura. 24 Blocco di conduzione parziale che interessa il nervo ulnare a livello del punto di Erb. (a due code) 0 n = 10 Domicilio n=9 n=9 n=4 Ospedale Non trattati Non responsivi al ciclo di terapia Sede del trattamento EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:01 Pagina 25 neurologia Neuropatia motoria multifocale Raccomandano quindi che la decisione di procedere al trattamento con IVIG venga presa sulla base dei dati clinici e del grado di disabilità riportato dal paziente, per non escludere pazienti potenzialmente responsivi. • La terapia di mantenimento con IVIG è stata somministrata al dosaggio mediano di 1,92 g/kg ogni 6 settimane. Alcuni pazienti hanno seguito un regime di trattamento domiciliare, alla dose mediana di 0,74g/kg ogni 2 settimane, con risultati funzionali sovrapponibili. In entrambi i gruppi la risposta ottenuta inizialmente con l’infusione di IVIG non è sempre stata mantenuta, ma i pazienti hanno riferito un grado di disabilità significativamente migliore di quello pre-terapia. Mofetil micofenolato come terapia aggiuntiva per i pazienti con MMN: uno studio randomizzato controllato La neuropatia motoria multifocale (MMN) è un disordine immunomediato caratterizzato da una debolezza degli arti lentamente progressiva e asimmetrica. Il trattamento con immunoglobuline endovena (IVIG) determina un miglioramento della forza muscolare. Evidenze aneddotiche suggeriscono che i farmaci immunosoppressivi possono essere di beneficio come terapia aggiuntiva. Il mofetil micofenolato (MMF) è un immunosoppressore sicuro e potente. La sicurezza e l’efficacia del MMF come terapia aggiuntiva per i pazienti con MMN che ricevono un trattamento di mantenimento con IVIG sono state valutate in uno studio randomizzato controllato. I pazienti con MMN responsivi all’infusione di IVIG erano eleggibili per la randomizzazione. La forza muscolare e lo stato funzionale sono stati determinati a intervalli mensili per un anno. Tre mesi dopo l’inizio della terapia con MMF o con placebo, le dosi di IVIG venivano progressivamente ridotte, fino alla comparsa di un deterioramento della funzione o di un declino della forza muscolare. L’endpoint primario è stato definito come una riduzione del 50% del dosaggio di IVIG durante il trattamento aggiuntivo. Endpoint secondari erano il miglioramento della forza muscolare e lo stato funzionale dopo 3 mesi e la riduzione del titolo di IgM anti-GM1 dopo 12 mesi di trattamento con MMF. Sono stati randomizzati Piepers S, Van den Berg-Vos R, Van der Pol WL, Franssen H, Wokke J, Van den Berg L Brain 2007;130:2004-2010 28 pazienti. Un paziente nel braccio MMF ha raggiunto l’endpoint primario di riduzione del 50% della dose di IVIG. Dopo 12 mesi, la riduzione del dosaggio di IVIG non risultava significativamente diversa nei due gruppi di trattamento. I pazienti non hanno mostrato tossicità da farmaco e nessuno ha avuto una progressione significativa della malattia dopo 12 mesi. I punteggi di forza muscolare dopo 3 mesi e il titolo di IgM anti-GM1 dopo 12 mesi non sono cambiati. Il trattamento aggiuntivo con MMF alla dose di 1 g due volte al giorno è sicuro nei pazienti con MMN, ma non modifica il decorso della malattia né consente una riduzione significativa del dosaggio di IVIG. • Questo studio clinico randomizzato su 28 pazienti con MMN riporta i risultati ottenuti aggiungendo una terapia con MMF al trattamento di mantenimento con IVIG. L’aggiunta di MMF è stata sperimentata sulla base dell’efficacia dimostrata da questo farmaco in alcune patologie neuromuscolari a base autoimmune (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica, miosite, miastenia grave) e di alcuni dati contrastanti riportati in letteratura nei pazienti con MMN. 25 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:02 Pagina 26 neurologia Neuropatia motoria multifocale • Nella popolazione studiata, l’aggiunta di MMF non ha prodotto una riduzione significativa del dosaggio di IVIG, che dopo un follow-up di 12 mesi è risultato sovrapponibile a quello del gruppo placebo. Inoltre, i pazienti trattati con MMF non hanno mostrato un miglioramento della forza muscolare né del grado di disabilità rispetto a quelli che ricevevano placebo. • Nonostante l’azione antiproliferativa sui linfociti B dimostrata dal MMF in altre patologie, nei pazienti con MMN il farmaco non ha prodotto una riduzione dei livelli di autoanticorpi anti-GM1, forse a causa di bassi tassi proliferativi in questa popolazione linfocitaria. In ogni caso, una migliore conoscenza dei meccanismi patogenetici alla base della malattia potrà permettere l’identificazione di sostanze immunomodulanti più attive nella MMN. Tabella. Effetti dell’aggiunta di MMF nei pazienti con MMN in terapia di mantenimento con IVIG Periodo Dose di IVIG (g/settimana) MMF Placebo Punteggio MRC complessivo MMF Placebo SES MMF Placebo Guy’s Neurological Disability Scale MMF Placebo 9HPT mano destra (sec) MMF Placebo 9HPT mano sinistra (sec) MMF Placebo Inclusione 3 mesi 6 mesi 12 mesi 15,5 (5) 16,2 (4) 15,5 (5) 17,2 (7) 13,7 (5,5) 13,1 (4,0) 18,0 (10) 20,2 (11) 164 (13) 161 (13) 162 (15) 163 (12) 162 (15) 160 (13) 160 (17) 163 (11) 2,0 (0,7) 1,8 (0,8) 2,0 (0,6) 1,7 (0,8) 1,6 (0,7) 2,0 (0,6) 2,1 (0,7) 1,7 (0,7) 2,4 (1,9) 2,9 (1,6) 2,9 (1,7) 2,9 (1,5) 2,9 (1,6) 3,4 (1,7) 3,1 (2,0) 3,0 (1,5) 24 (9) 28 (10) 22 (5) 31 (15) 24 (7) 32 (15) 22 (6) 28 (11) 29 (15) 22 (4) 28 (16) 22 (4) 30 (18) 24 (6) 27 (13) 22 (3) Nota. I dati sono espressi come media (DS). MMF, mofetil micofenolato; IVIG, immunoglobuline endovena; SES (self-evaluation scale), scala di autovalutazione; 9HPT, nine hole peg test. 26 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:03 Pagina 27 neurologia Neuropatia motoria multifocale Trattamento con rituximab in pazienti con polineuropatia immune IVIG-dipendente: uno studio pilota prospettico Gorson KC, Natarajan N, Ropper AH, Weinstein R Abbiamo studiato l’efficacia del rituximab nel permettere una riduzione della dose di immunoglobuline endovena (IVIG) in 6 pazienti con polineuropatia immune recidivante, dipendente dall’infusione di IVIG. Il rituximab (375 mg/m2 endovena ogni settimana per 4 settimane) è stato somministrato in uno studio prospettico in aperto a 2 pazienti con polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica (CIDP), 2 con neuropatia motoria multifocale (MMN), uno con neuropatia associata ad anticorpi antiMAG (glicoproteina associata alla mieli- nuito di oltre il 25% in un paziente con SS e in uno con MMN; la dose è rimasta invariata in un caso con CIDP, è stata leggermente ridotta in un paziente con neuropatia anti-MAG ed è aumentata in un paziente con CIDP e in uno con MMN. Non vi sono stati miglioramenti negli endpoint secondari. Non sono comparsi eventi avversi. In questo piccolo studio prospettico, il trattamento con rituximab non ha ridotto il fabbisogno di IVIG nella maggioranza di pazienti con polineuropatia immunomediata IVIGdipendente. Muscle Nerve 2007;35:66-69 na) e uno con neuropatia atassica da sindrome di Sjögren (SS). L’endpoint primario era costituito da una riduzione del dosaggio complessivo di IVIG di almeno il 25% dopo 1 anno di terapia con rituximab rispetto all’anno precedente. Gli endopoint secondari includevano un miglioramento del punteggio totale di forza muscolare di almeno 5 punti sulla scala del Medical Research Council, un punteggio sensoriale migliorato di almeno 4 punti o un incremento del punteggio di disabilità Rankin di almeno 1 grado. Il dosaggio totale di IVIG è dimi- • Questo articolo riporta un piccolo studio clinico su 6 pazienti con diverse polineuropatie autoimmuni dipendenti dalla somministrazione periodica di IVIG in cui è stata testata l’efficacia di un trattamento aggiuntivo con rituximab nel permettere una riduzione del dosaggio di IVIG o un miglioramento della sintomatologia clinica. • Nel complesso, sebbene ben tollerato, il rituximab non è risultato attivo su nessuno di questi obiettivi. In particolare, i due pazienti con MMN inseriti nello studio hanno mostrato risultati contrastanti, con una riduzione della dose di IVIG pari al 43% in un caso e un aumento del dosaggio nell’altro. • Nonostante i risultati non positivi, il piccolo numero di pazienti studiati, l’eterogeneità delle patologie di base e le risposte osservate in alcuni pazienti, lo studio incoraggia, secondo gli autori, l’esecuzione di trial clinici più ampi sull’utilizzo del rituximab in aggiunta al mantenimento con IVIG, eventualmente testando dosaggi più alti del farmaco. Tabella. Dosaggio cumulativo di IVIG e punteggi clinici prima e dopo terapia con rituximab Dose totale di IVIG (g) Paziente 1 2 3 4 5 6 Malattia CIDP CIDP MAG Ab SS MMN MMN Pre-rituximab 3360 720 1280 640 1100 2320 Post-rituximab Variazione a 12 mesi 5070 51% 720 0% 1020 –20% 240 –63% 630 –43% 2880 24% Punteggio MRC Basale 67 93 100 100 91 84 12 mesi 86 87 100 100 94 78 Punteggio sensoriale Basale 109 96 80 64 132 131 12 mesi 112 44 46 49 132 128 Punteggio Rankin Basale 4 3 4 2 2 3 12 mesi 3 3 4 2 2 3 Ab, anticorpi; CIDP, polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica; MAG, glicoproteina associata alla mielina; MMN, neuropatia motoria multifocale; MRC, Medical Research Council; SS, sindrome di Sjögren; Pre-rituximab, dose totale di IVIG nei 12 mesi precedenti la terapia con rituximab; Post-rituximab, dose totale di IVIG nei 12 mesi successivi alla terapia con rituximab. 27 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:05 Pagina 29 Aggiornamenti EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:05 Pagina 30 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:05 Pagina 31 aggiornamenti CIDP (polineuropatia demielinizzante infiammatoria cronica) Sindrome di Lewis-Sumner con esordio esclusivo agli arti superiori: caratteristiche diagnostiche, prognostiche e terapeutiche Rajabally YA, Chavada G Muscle Nerve 2009;39(2):206-220 L’articolo prende in considerazione oltre 100 casi, precedentemente riportati e di nuova osservazione, di sindrome di Lewis-Sumner, una variante asimmetrica di CIDP, con esordio esclusivo agli arti superiori. La malattia è caratterizzata elettrofisiologicamente dalla presenza di blocchi di conduzione nei nervi delle braccia e da una buona risposta alla terapia, soprattutto all’infusione di IVIG, che appaiono più efficaci dei farmaci corticosteroidei. È possibile che questa costituisca una forma più localizzata di CIDP, con minore tendenza alla diffusione, da distinguere dalle altre varianti asimmetriche. PTI (porpora trombocitopenica idiopatica) Infusione antenatale di immunoglobuline endovena nella porpora immune trombocitopenica cronica: case report e revisione della letteratura Howman RA, Barr AL, Shand AW, Dickinson JE Fetal Diagn Ther 2009;25(1):93-97 Viene riportato qui il caso di una donna con PTI, incinta di 3 gemelli dopo una precedente gravidanza complicata da trombocitopenia del feto, che è stata trattata, nelle ultime 11 settimane prima del parto, con infusioni settimanali di IVIG. Le IgG contenute nelle IVIG possono infatti passare la placenta e prevenire lo svi- luppo di trombocitopenia fetale. La terapia si è rivelata sicura ed efficace, permettendo la nascita di 3 neonati con conta piastrinica normale. denza attuale è quella di ottenere una maggiore resa di IgG e di usare prodotti a più alta concentrazione proteica. Sindrome di Guillain-Barrè Una terapia sostitutiva appropriata con immunoglobuline endovena protegge i pazienti con immunodeficienza primaria dalle infezioni da HBV? Descrizione di una casistica Joanna G, Slawomir Z, Barbara R, Barbara R Med Microbiol Immunol 2008;197(3): 325-328 Lo studio ha analizzato pazienti adulti con immunodeficienza primitiva in trattamento sostitutivo con IVIG per determinare se questa terapia fosse in grado di proteggere i pazienti dall’infezione da HBV, ad esempio nel caso di necessità di un intervento chirurgico. Sono stati riscontrati, nel siero dei pazienti trattati con IVIG, livelli protettivi di anticorpi anti-HBs (più di 100 UI/l), a dimostrazione del fatto che l’infusione di IVIG pare in grado di proteggere dall’epatite B. Varianti cliniche della sindrome di Guillain-Barré: aspetti di diagnosi differenziale Dididze M Georgian Med News 2009;(166):48-51 Questo articolo rivede 57 casi di sindrome di Guillain-Barré, trattati con plasma exchange (60%) o con infusione di IVIG (40%). La maggior parte dei pazienti (più dell’80%) ha risposto alla terapia e le IVIG sono risultate il trattamento più efficace. Gli autori descrivono alcune rare varianti cliniche (come 3 casi di diplegia facciale), in cui può essere cruciale la diagnosi differenziale, vista la buona risposta della malattia al trattamento eseguito precocemente. Immunodeficienze primitive Immunoglobuline endovena: evoluzione delle preparazioni commerciali di IVIG Hooper JA Immunol Allergy Clin North Am 2008; 28(4):765-778 L’articolo riassume l’evoluzione e i miglioramenti avvenuti nella produzione di IVIG per il trattamento dei pazienti con immunodeficienze primitive, a partire dalla prima sperimentazione del 1952. In questi decenni, sono state introdotte procedure di purificazione in grado di ridurre l’incidenza di eventi avversi e la trasmissione di infezioni, insieme all’aumento dell’efficacia clinica. L’utilizzo di IVIG negli Stati Uniti negli ultimi 10 anni è aumentato del 128%: la ten- Sclerosi multipla L’azione terapeutica delle immunoglobuline endovena nella sclerosi multipla coinvolge la modulazione dell’espressione di chemochine Pigard N, Elovaara I, Kuusisto H, Paalavuo R, Dastidar P, Zimmermann K, Schwarz HP, Reipert B J Neuroimmunol 2009 Feb 12. [Epub ahead of print] L’esatto meccanismo terapeutico dell’infusione di IVIG nei pazienti con sclerosi multipla non è noto. Questo studio, utilizzando metodiche di gene expression profile (GEP), ha identificato, tra gli altri, 4 geni codificanti per chemochine, la cui espressione sui 31 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:06 Pagina 32 aggiornamenti linfociti T periferici viene modificata dal trattamento con IVIG. Gli autori concludono che l’attività delle IVIG nei pazienti con sclerosi multipla è probabilmente complessa e comprende la riduzione dell’espressione di chemochine in grado di interferire con la funzione degli oligodendrociti dopo la migrazione delle cellule T nel cervello durante gli episodi di esacerbazione della malattia. Sindrome di Kawasaki Livelli elevati di granulocyte colony-stimulating factor (G-CSF) predicono il fallimento della terapia nei pazienti con sindrome di Kawasaki Abe J, Ebata R, Jibiki T, Yasukawa K, Saito H, Terai ML J Allergy Clin Immunol 2008;122(5): 1008-1013 Questo articolo riporta l’analisi condotta su 76 pazienti con sindrome di Kawasaki per individuare le modifiche indotte nell’espressione genica delle cellule del sangue periferico dall’infusione di IVIG. I pazienti non responsivi alla terapia presentavano livelli preIVIG più elevati della proteina PRV-1 (policitemia rubra vera 1) e di G-CSF nel siero rispetto ai pazienti responsivi. Oltre a essere di rilevanza clinica per la valutazione prognostica prima del trattamento, questi risultati suggeriscono che la stimolazione dei granulociti può rappresentare un importante fattore di rischio nella patogenesi della sindrome di Kawasaki. 32 Miastenia grave Miastenia grave giovanile Chiang LM, Darras BT, Kang PB Muscle Nerve 2009 Feb 19. [Epub ahead of print] L’articolo di revisione riassume le caratteristiche epidemiologiche, cliniche e terapeutiche delle forme prepuberali di miastenia grave rispetto a quelle che colpiscono gli adulti. In particolare per quanto riguarda la scelta del trattamento, questa è complicata nei bambini e negli adolescenti dalle conseguenze a lungo termine dei corticosteroidi, da una parte, e dal rischio neoplastico degli agenti immunosoppressori dall’altra. Per questa ragione, l’infusione di IVIG e la plasmaferesi possono assumere un ruolo preminente nella terapia di questa popolazione di pazienti. APS (sindrome da anticorpi antifosfolipidi) Andamento della gravidanza in donne con anticorpi antifosfolipidi: uno studio retrospettivo Heilmann L, Schorch M, Hahn T, Adasz G, Schilberz K, Adiguzel C, Fareed J Semin Thromb Hemost 2008;34(8):794802 La presenza di APS in gravidanza aumenta il rischio di aborto e complicanze emostatiche. In questo studio retrospettivo, sono stati confrontati i risultati di 78 pazienti in gravidanza con APS trattate con terapia standard (eparina a basso peso molecolare e aspirina) con quelli di 43 donne che ricevevano, in aggiunta, 0,2 g/kg di IVIG. La percentuale di nati vivi è stata dell’83,7% nel gruppo IVIG rispetto al 74,3% nel gruppo con trattamento standard e le percentua- li di complicanze tardive del 5,8% rispetto al 14,1%, rispettivamente. I risultati dimostrano l’utilità dell’infusione di IVIG nel migliorare l’esito della gravidanza nelle donne con APS. ADEM (encefalomielite acuta disseminata) Encefalite post-vaccinale grave con encefalomielite acuta disseminata: guarigione con l’infusione precoce di immunoglobuline endovena, steroidi ad alte dosi e immunoglobuline anti-vaccinia (VIG) Van Dam CN, Syed S, Eron JJ, Ostrander M, Engler RJ, Damon I, Montgomery JR, Tong S, Adimora AA, Kahn KA, Ruone S, Anderson L, Weber DJ Clin Infect Dis 2009 Jan 9. [Epub ahead of print] Questo articolo riporta il caso di un giovane militare statunitense che ha sviluppato una grave forma di ADEM 12 giorni dopo la vaccinazione antivaiolosa. Il paziente era stato trattato precocemente con IVIG (30 g/die per 5 giorni), in aggiunta a terapia corticosteroidea e infusione di VIG, ottenendo la progressiva e completa risoluzione della sintomatologia clinica. Gli autori attribuiscono il buon esito del trattamento, non comune in queste forme, alla tempestiva istituzione di una terapia multipla e, forse, alla precoce somministrazione di IVIG, già al 3° giorno dal ricovero. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:06 Pagina 33 aggiornamenti Pemfigo e pemfigoide Effetti della terapia con immunoglobuline endovena sui livelli sierici di anticorpi IgG1 e IgG4 antidesmogleina 1 e antidesmogleina 3 nel pemfigo volgare Green MG, Bystryn JC Arch Dermatol 2008;144(12):1621-1624 La presenza di anticorpi antidesmogleina è reperto comune e patogenetico nei pazienti con pemfigo. In questo studio sono stati analizzati i livelli di anticorpi antidesmogleina 1 e 3 in 9 pazienti con pemfigo volgare sottoposti a trattamento con IVIG. Non solo la terapia ha indotto una riduzione dei livelli anticorpali com- presa fra il 34% e l’80% nel 60-100% dei pazienti, ma gli autori hanno anche osservato una relazione diretta fra la diminuzione di IgG4 antidesmogleina 3 e il miglioramento clinico. Questi risultati suggeriscono un ruolo predominante degli anticorpi della classe IgG4 nel mediare la genesi del pemfigo volgare. 33 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 Riassunto delle caratteristiche del prodotto 13:08 Pagina 34 pianto contro ospite, il dosaggio viene adattato individualmente. La dose iniziale è normalmente 0,5 g/kg/settimana, iniziando sette giorni prima del trapianto e fino a 3 mesi dopo il trapianto. In caso di persistente deficit di produzione di anticorpi, è raccomandato il dosaggio di 0,5 g/kg/mese fino al ritorno alla norma del livello degli anticorpi. Terapia delle infezioni batteriche gravi Almeno 0,2 g/kg di peso corporeo; tale dose può essere ripetuta fino a somministrare, nell’arco di una settimana, una dose totale di 1 g/kg peso corporeo. Se necessario il trattamento può essere ripetuto. Sindrome di Kawasaki Il dosaggio raccomandato è da 1,6 a 2 g/kg suddiviso in varie dosi in 2-5 giorni, oppure 2 g/kg in dose singola. Il paziente deve essere sottoposto a concomitante terapia con acido acetilsalicilico. I dosaggi raccomandati sono riassunti nella tabella seguente: globuline umane normali, i pazienti ai quali una specialità contenente immunoglobuline umane normali sia stata sostituita con un’altra 1. NOME DELLA SPECIALITÀ MEDICINALE o i pazienti in cui sia trascorso un lungo periodo di tempo dall’infuSANDOGLOBULINA 1 g/33 ml Polvere e solvente per soluzione per sione precedente, dovrebbero essere monitorati durante la prima infusione infusione e per la prima ora dopo la prima infusione, per poter eviSANDOGLOBULINA 3 g/100 ml Polvere e solvente per soluzione per denziare eventuali reazioni avverse. Tutti gli altri pazienti dovrebbeinfusione ro essere osservati per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per In pazienti trattati con IVIg sono stati riportati casi di insufficienza infusione renale acuta. Nella maggior parte dei casi, sono stati individuati fattoSANDOGLOBULINA 12 g/200 ml Polvere e solvente per soluzione per ri di rischio quali preesistente insufficienza renale, diabete mellito, età infusione superiore ai 65 anni, ipovolemia, sovrappeso o assunzione concomitante di medicinali nefrotossici. In tutti i pazienti, la somministrazione 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA di IVIg richiede: Immunoglobuline umane normali (IgIV). - adeguata idratazione prima di iniziare l’infusione di IVIg; SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml - monitoraggio per la produzione di urina; Un flacone di polvere contiene: - monitoraggio dei livelli di creatinina serica; Indicazione Dose Frequenza di somministrazione Principio attivo: immunoglobuline umane normali 1,00 g - di evitare l’uso concomitante di diuretici dell’ansa. Terapia sostitutiva nella dose iniziale: ogni 2-4 settimane per ottenere SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml In caso di disfunzione renale, dovrebbe essere considerata immunodeficienza primaria 0,4-0,8 g/kg un livello di IgG di almeno 4-6 g/l Un flacone di polvere contiene: la sospensione di IVIg. Anche se casi di disfunzione renale mantenimento: Principio attivo: immunoglobuline umane normali 3,00 g e di insufficienza renale acuta sono stati associati all’uso di 0,2-0,8 g/kg SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml molte specialità registrate a base di IVIg, quelle contenenti Terapia sostitutiva nella 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane per ottenere Un flacone di polvere contiene: saccarosio come stabilizzante rappresentano una quota immunodeficienza secondaria un livello di IgG di almeno 4-6 g/l Principio attivo: immunoglobuline umane normali 6,00 g preponderante dell’intero numero. Nei pazienti a rischio, Bambini con AIDS 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml dovrebbe essere considerato l’uso di IVIg non contenente Immunomodulazione: Un flacone di polvere contiene: saccarosio. In caso di reazioni avverse, è necessario o ridurPorpora trombocitopenica 0,8-1 g/kg al giorno 1, possibilmente ripetuto Principio attivo: immunoglobuline umane normali 12,00 g re la velocità di infusione o interrompere l’infusione. Il tratidiopatica una sola volta entro 3 giorni per Le IgG costituiscono almeno il 96% delle proteine presenti in tamento richiesto dipende dalla natura e dalla gravità degli o 0,4 g/kg/die 2-5 giorni Sandoglobulina; almeno il 90% delle IgG è presente sotto effetti indesiderati. In caso di shock, il trattamento dovrebSindrome di Guillain-Barré 0,4 g/kg/die per 3-7 giorni forma monomerica con piccole quantità di dimeri; sono prebe seguire le linee guida per la terapia dello shock. Quando senti inoltre tracce di IgG polimeriche, IgA ed IgM e frammensi somministrano specialità medicinali ottenute da sangue Trapianto allogenico ti di IgG. La distribuzione delle sottoclassi di IgG è così ripartio plasma umano, non è possibile escludere completamendi midollo osseo: ta: IgG1 - 57,7%; IgG2 - 35,1%; IgG3 - 3,1%; IgG4 - 4,1%. te la comparsa di patologie infettive conseguenti alla traTrattamento delle infezioni 0,5 g/kg ogni settimana dal giorno 7 Per un elenco completo degli eccipienti vedi 6.1 smissione di agenti infettivi. Ciò risulta applicabile anche a e profilassi della malattia fino a 3 mesi dopo il trapianto patogeni di natura sconosciuta. Il rischio di trasmissione di da trapianto contro ospite agenti infettivi è comunque ridotto da: 3. FORMA FARMACEUTICA Persistente deficit 0,5 g/kg ogni mese fino al ritorno alla - selezione dei donatori mediante visita medica e screening Polvere e solvente per soluzione per infusione di produzione di anticorpi norma del livello degli anticorpi delle donazioni per i tre virus maggiormente patogeni, HIV, Sindrome di Kawasaki 1,6-2,0 g/kg in 2-5 giorni HCV, HBV; 4. INFORMAZIONI CLINICHE o 2 g/kg in dose singola - verifica dell’eventuale presenza di materiale genomico per 4.1. Indicazioni terapeutiche Terapia sostitutiva in: HCV nei pool di plasma; Sindromi da immunodeficienza primaria quali: - procedure di rimozione/inattivazione incluse nel processo di produModo di somministrazione - agammaglobulinemia congenita e ipogammaglobulinemia; zione che siano state validate utilizzando virus modello e siano conAlla prima infusione Sandoglobulina dovrebbe essere infusa per via - immunodeficienza variabile comune; siderate efficaci per HIV, HCV, HAV e HBV. endovenosa alla concentrazione del 3% con una velocità di 0,5-1 - immunodeficienza combinata grave; ml/min (corrispondenti a 10-20 gocce/min). Se ben tollerata ed entro - il processo produttivo di Sandoglobulina prevede diverse fasi di - sindrome di Wiskott-Aldrich. rimozione ed inattivazione virale che, nel loro complesso, come 15 minuti non si verificano effetti indesiderati, la velocità di somminiLeucemia linfatica cronica. documentato da studi eseguiti su una varietà di modelli sperimenstrazione può essere gradualmente aumentata a 1-1,5 ml/min (circa Bambini con AIDS congenito e infezioni ricorrenti. tali, portano alla rimozione/inattivazione dei virus eventualmente 20-30 gocce/min) per altri 15 minuti, e successivamente a 2-2,5 Immunomodulazione presenti; ml/min (circa 40-50 gocce/min). Nei pazienti sottoposti a regolare - Porpora trombocitopenica idiopatica (PTI), in bambini o adulti ad alto - il procedimento di frazionamento mediante il quale terapia di sostituzione che non hanno presentato effetti indesiderati, rischio di emorragia o prima di interventi chirurgici per il ripristino Sandoglobulina viene preparata a partire dal plasma include varie l’infusione può essere iniziata a 1-1,5 ml/min (circa 20-30 gocce/min). della conta piastrinica; fasi, che sono state validate, per l’eliminazione di virus incapsulati e In pazienti in terapia regolare con Sandoglobulina, che presentano - Sindrome di Guillain-Barré. non incapsulati. La sicurezza del prodotto è ulteriormente assicurabuona tollerabilità, il farmaco può essere infuso a concentrazioni eleTrapianto allogenico di midollo osseo e altri trapianti. Sindrome di vate (fino al 12%) ma l’infusione deve sempre essere iniziata a bassa ta, durante il procedimento di produzione, da una fase di inattivaKawasaki zione virale che prevede il trattamento a pH4 in presenza di pepsivelocità, e il paziente attentamente monitorato quando la velocità di na. Questo step possiede la proprietà di inattivare i seguenti virus: infusione viene gradualmente incrementata. 4.2. Posologia e modo di somministrazione HIV-1/2 (retrovirus incapsulato), pseudorabies virus (virus a DNA Posologia 4.3. Controindicazioni incapsulato), virus della diarrea bovina (virus a RNA incapsulato, La dose e lo schema terapeutico dipendono dall’indicazione. Nella tera- Ipersensibilità a uno qualsiasi dei componenti. modello per HCV) e semiliki forest virus (virus a RNA incapsulato, pia sostitutiva può essere necessario individualizzare il dosaggio per Ipersensibilità alle immunoglobuline omologhe, specialmente in casi modello per HCV); ogni paziente in relazione alla risposta farmacocinetica e clinica. Gli molto rari di carenza di IgA quando il paziente ha anticorpi anti-IgA. - ad integrazione dei metodi di eliminazione/inattivazione virale già schemi di trattamento riportati di seguito sono forniti come linee guida. presenti nel processo produttivo, è stato introdotto un procedimenTerapia sostitutiva in sindromi da immunodeficienza primaria 4.4. Avvertenze speciali e precauzioni per l’uso to di nanofiltrazione come ulteriore step di rimozione di virus. La Lo schema di trattamento dovrebbe indurre il raggiungimento di un Alcune gravi reazioni avverse possono essere correlate alla velocità di infucapacità di rimozione di virus incapsulati e non incapsulati di tale livello minimo di IgG (misurato prima della successiva infusione) di sione. La velocità di infusione raccomandata riportata in “4.2 Posologia e procedimento è stata stabilita mediante studi convalidati sui almeno 4-6 g/l. Dopo l’inizio della terapia sono necessari da tre a sei modo di somministrazione” deve essere rigorosamente rispettata. I seguenti modelli: HIV-1, virus della diarrea bovina, pseudorabies mesi per il raggiungimento dell’equilibrio. La dose di partenza raccopazienti devono essere attentamente monitorati e osservati per evidenvirus, sindbis virus ed entero-virus di origine bovina. Questo ulteriomandata è 0,4-0,8 g/kg seguita da almeno 0,2 g/kg ogni tre settimane. ziare la comparsa di qualsiasi sintomo durante il periodo di infusione. re step ha la potenzialità di eliminare anche virus di piccole dimenLa dose richiesta per raggiungere un livello di 6 g/l è dell’ordine di 0,2Alcune reazioni avverse possono presentarsi più frequentemente: sioni, come dimostrato per gli entero-virus di origine bovina; 0,8 g/kg/mese. Una volta raggiunto lo stato stazionario l’intervallo di - in caso di alta velocità di infusione; - le procedure di rimozione/inattivazione dei virus potrebbero risultadosaggio varia tra 2 e 4 settimane. Dovrebbero essere misurati i livelli - in pazienti con ipo- o agammaglobulinemia con o senza deficit di IgA; re di valore limitato contro virus privi di involucro quali il parvovirus plasmatici in modo da aggiustare la dose e l’intervallo di dosaggio. - in pazienti che ricevono immunoglobuline umane normali per la B19. Terapia sostitutiva in caso di leucemia linfatica cronica con grave ipogamprima volta o, in rari casi, quando la specialità contenente immunoNell’interesse dei pazienti, si raccomanda, se possibile, ogni volta che maglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti: terapia sostitutiva in globuline umane normali viene sostituita o quando il trattamento è Sandoglobulina viene loro somministrata, di registrare il nome combambini con AIDS e infezioni ricorrenti. stato sospeso per più di otto settimane. Vere reazioni di ipersensibili- merciale del prodotto ed il numero di lotto di produzione. La dose raccomandata è 0,2-0,4 g/kg ogni 3-4 settimane. tà sono rare. Queste possono manifestarsi nei rari casi di deficienza di Porpora trombocitopenica idiopatica IgA con anticorpi anti-IgA. Raramente, le immunoglobuline umane 4.5. Interazioni con altri medicinali e altre forme di interazione Trattamento di un episodio acuto: 0,8-1 g/kg il primo giorno. Il trattanormali possono causare una caduta della pressione sanguigna con Vaccini a base di virus vivi attenuati mento può essere ripetuto per una volta entro tre giorni, oppure posreazione anafilattica anche in pazienti che precedentemente aveva- La somministrazione di immunoglobuline può interferire per un sono essere somministrati 0,4 g/kg/die per 2-5 giorni. Il trattamento no tollerato un trattamento con immunoglobuline umane normali. periodo di 6 settimane e fino ad un massimo di 3 mesi con l’efficacia può essere ripetuto in caso di recidiva. Le potenziali complicanze possono essere evitate assicurandosi: di vaccini a base di virus vivi attenuati quali morbillo, rosolia, parotite Sindrome di Guillain-Barré - che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane nore varicella. Dopo la somministrazione di questo prodotto, bisogne0,4 g/kg/die per 3-7 giorni. Nei bambini l’esperienza è limitata. mali iniettando inizialmente il prodotto lentamente (0,5-1 ml/min rebbe far trascorrere un intervello di 3 mesi prima di procedere a vacTrapianto allogenico di midollo osseo pari a 10-20 gocce/min; con una concentrazione di 3%); cinazione con vaccini a base di virus vivi attenuati. In caso di morbilIl trattamento con immunoglobuline umane normali può essere utiliz- che i pazienti siano attentamente monitorati per evidenziare la com- lo, l’interferenza può persistere fino ad un anno. Di conseguenza bisozato come parte della terapia di condizionamento e dopo il trapianto. parsa di eventuali sintomi durante il periodo di infusione. In partico- gnerebbe controllare il titolo anticorpale dei pazienti trattati con il Per il trattamento delle infezioni e nella profilassi della malattia da tralare i pazienti che non hanno mai ricevuto in precedenza immuno- vaccino per il morbillo. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 13:09 Pagina 35 Interferenze con analisi sierologiche Dopo l’iniezione di immunoglobuline l’aumento transitorio dei vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue dei pazienti può indurre risultati positivi fuorvianti nelle analisi sierologiche. La trasmissione passiva di anticorpi contro gli antigeni eritrocitari es.: A,B,D può interferire con alcune analisi sierologiche (conta dei reticolociti, aptoglobina, test di Coombs). ne: non è stato ritenuto necessario effettuare studi sperimentali, soprattutto in specie eterologhe. 4.6. Gravidanza e allattamento La sicurezza di questa specialità medicinale per l’uso durante la gravidanza non è stata stabilita in studi clinici controllati e, quindi, essa dovrebbe essere somministrata con cautela alle donne gravide e alle madri in allattamento. L’esperienza clinica con le immunoglobuline suggerisce l’assenza di effetti dannosi sul corso della gravidanza o sul feto e sul neonato. Le immunoglobuline sono escrete nel latte e possono contribuire al trasferimento di anticorpi protettivi al neonato. 6.2. Incompatibilità Sandoglobulina non deve essere miscelata con altri medicinali; somministrare sempre Sandoglobulina in una linea di infusione separata. 4.7. Effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine Non sono stati osservati effetti sulla abilità di guidare e di usare macchine. 4.8. Effetti indesiderati Occasionalmente possono verificarsi reazioni avverse quali brividi, mal di testa, febbre, vomito, reazioni allergiche, nausea, artralgia, ipotensione e moderato dolore lombare. Raramente le immunoglobuline umane normali possono indurre una riduzione della pressione sanguigna e, in casi isolati, shock anafilattico, anche in pazienti che non hanno mostrato ipersensibilità a precedenti somministrazioni. Dopo somministrazione di immunoglobuline umane normali sono stati osservati casi di meningite asettica reversibile, isolati casi di anemia emolitica/emolisi reversibile e rari casi di reazioni cutanee transitorie. Sono stati osservati aumento della creatininemia e/o insufficienza renale acuta. Eventi trombotici sono stati riportati negli anziani, in pazienti con segni di ischemia cerebrale o cardiaca, e in pazienti sovrappeso e marcatamente ipovolemici. Per la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili, vedere la sezione 4.4. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1. Elenco degli eccipienti Flacone contenente polvere per soluzione per infusione: saccarosio Flacone solvente: acqua per preparazioni iniettabili, cloruro di sodio 6.3. Stabilità 3 anni. 6.4. Precauzioni speciali per la conservazione Conservare a temperatura non superiore a 25°C, al riparo dalla luce. Non congelare. 6.5. Natura e contenuto del contenitore Sandoglobulina è disponibile in kits contenenti un flacone di immunoglobulina umana liofilizzata, un flacone di soluzione fisiologica sterile per la ricostituzione e un set per la preparazione e l’infusione della soluzione. Entrambi i flaconi sono di vetro tipo II con tappo di gomma clorobutilica privo di lattice. Sono disponibili i seguenti dosaggi: - 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione; - 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione. 6.6. Istruzioni per l’uso, la manipolazione e lo smaltimento Seguire attentamente le “Istruzioni per la preparazione della soluzione” qui di seguito riportate: Preparazione di una soluzione al 3%, 6%, 9% o 12% utilizzando il kit: 1) Strappare la capsula protettiva di plastica del flacone del liofilizzato e di quello contenente il diluente. Disinfettare entrambi i tappi di gomma con alcool. Non usare soluzioni torbide o che presentino precipitati. I prodotti disciolti dovrebbero essere controllati visivamente per la presenza di particelle in sospensione o di colorazione anormale prima della somministrazione. Il prodotto dovrebbe essere portato a temperatura ambiente o temperatura corporea prima dell’uso. Una volta preparata, utilizzare la soluzione senza ritardi. Il prodotto inutilizzato e i residui dovrebbero essere smaltiti in accordo con le leggi nazionali. Preparazione per l’infusione - Rimuovere la guaina protettiva dal dispositivo per l’infusione e conficcarla con forza nel tappo di gomma del flacone contenente la Sandoglobulina (FIG. 5). - Chiudere bene il tubo flessibile per l’infusione mediante la pinza comandata dalla rotella (FIG. 6). - Esercitare con il pollice e l’indice una leggera pressione sulla camera di gocciolamento, in modo che la soluzione penetri in quest’ultima (FIG. 7). - Collegare il dispositivo per l’infusione con l’ago per l’infusione. Aprire la pinza comandata dalla rotella e riempire di soluzione il sistema per l’infusione (FIG. 8). Nei pazienti con cannula a permanenza, la tubazione flessibile deve essere disaerata prima di collegarla alla cannula a permanenza. La somministrazione dell’infusione può avere inizio. Prodotto e controllato da: CSL Behring AG-Berna Dispositivo di travaso CE 0123 CODAN Il dispositivo medico è conforme alla Direttiva 93/42/CEE 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 20149 Milano (Mi) 4.9. Sovradosaggio Il sovradosaggio può provocare un sovraccarico di fluidi e iperviscosità in particolare in pazienti a rischio, inclusi i pazienti anziani o i pazienti con compromissione della funzionalità renale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1. Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni e immunoglobuline: immunoglobuline umane normali, per somministrazione endovenosa, codice ATC: J06BA02. Le immunoglobuline umane normali contengono principalmente immunoglobuline G (IgG), con un ampio spettro di anticorpi contro agenti infettivi. Le immunoglobuline umane normali contengono gli anticorpi della classe IgG presenti nella popolazione normale. Vengono di solito preparate da pools di plasma provenienti da non meno di 1000 donatori. Posseggono una distribuzione di sottoclassi di immunoglobuline G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. Dosi adeguate di questa specialità medicinale possono riportare a valori normali livelli patologicamente ridotti di immunoglobuline G. Il meccanismo di azione in indicazioni diverse dalla terapia sostitutiva non è del tutto chiaro, ma include effetti immunomodulatori. Nota: le immunoglobuline umane normali per uso endovenoso (IGIV) possono essere di una certa utilità nella fase acuta nel trattamento di alcune neuropatie periferiche, quali la Neuropatia Motoria Multifocale (NMM), la Poliradiculoneuropatia Infiammatoria Cronica Demielizzante (CIPD), e la Miastenia Gravis (MG). Va tenuto conto, tuttavia, che i risultati del trattamento possono essere temporanei e che i dati clinici a sostegno dell’impiego delle IGIV in queste indicazioni derivano da esperienze cliniche perlopiù datate e condotte su piccoli numeri di pazienti, mentre non sono disponibili ad oggi studi clinici randomizzati controllati condotti in accordo alle norme di buona pratica clinica. 5.2. Proprietà farmacocinetiche Dopo somministrazione, le immunoglobuline umane normali sono immediatamente e completamente disponibili nella circolazione del ricevente. Esse si distribuiscono in maniera relativamente rapida tra il plasma e i fluidi extravascolari, l’equilibrio tra compartimenti intra ed extravascolari viene raggiunto approssimativamente dopo 3-5 giorni. Le immunoglobuline umane normali hanno una emivita di circa 21 giorni. Questa emivita può variare da paziente a paziente, in particolare nell’immunodeficienza primaria. Le IgG e i complessi IgG vengono degradati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale. 5.3. Dati preclinici di sicurezza Le immunoglobuline sono costituenti naturali dell’organismo. Nell’animale la prova di tossicità acuta non ha alcuna rilevanza poiché dosi più alte provocano un sovraccarico del circolo. Gli studi di tossicità ripetuta e quelli di tossicità embrio-fetale non sono fattibili a causa della conseguente produzione ed interferenza di anticorpi contro i determinanti antigenici umani. Non sono noti gli effetti del farmaco sul sistema immunitario del neonato. In base all’esperienza clinica non sono prevedibili effetti mutageni o oncogenici delle immunoglobuli- Rimuovere la guaina protettiva di una delle cannule del dispositivo di travaso e inserire l’estremità scoperta nel tappo di gomma del flacone contenente il diluente. 2a) e 2b) Rimuovere la seconda guaina protettiva dell’altra cannula del dispositivo di travaso. Afferrare entrambi i flaconi come illustrato nella figura 2a, introdurre rapidamente la parte libera del dispositivo di travaso nel tappo del flacone di liofilizzato e contemporaneamente portare i flaconi in posizione verticale con l’accortezza di posizionare il flacone del diluente nella posizione superiore (figura 2b). In questo modo si otterrà un immediato trasferimento del diluente nel flacone del liofilizzato. 3) Al termine del trasferimento del diluente (figura 3), togliere il flacone superiore dal set di trasferimento. In questo modo si ridurrà la schiuma formatasi col travaso e si faciliterà la completa soluzione del liofilizzato. Rimuovere completamente il dispositivo di trasferimento dal flacone di Sandoglobulina. 4) Roteare il flacone vigorosamente senza agitare per evitare il formarsi di schiuma che richiederebbe tempo per essere eliminata. La ricostituzione sarà completa in pochi minuti. Ricostituzione Sandoglobulina senza impiego del kit o con solventi diversi Per ricostituire Sandoglobulina con solventi diversi, partendo da un flacone da 1 g, 3 g, 6 g o 12 g, prelevare il volume di diluente necessario, usando una siringa ipodermica sterile e iniettarlo nel corrispondente flacone di Sandoglobulina. A seconda delle necessità possono essere utilizzati quale solvente, oltre alla soluzione fisiologica contenuta nel kit, anche acqua per preparazioni iniettabili o una soluzione glucosata al 5%, seguendo le indicazioni riportate nella seguente tabella: Di solito la soluzione è trasparente o leggermente opalescente. Concentrazione 3% 6% 9% 12% Flacone 1g 33,0 cc 16,5 cc 11,0 cc 8,3 cc 8. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 1 g + 1 flac. solvente da 33 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199011 SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 3 g + 1 flac. solvente da 100 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199023 SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 6 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199035 SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione 1 flac. polvere da 12 g + 1 flac. solvente da 200 ml + set infusionale A.I.C. n. 025199047 9. DATA DI PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE SANDOGLOBULINA 1 g/33 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 3 g/100 ml polvere e solvente per soluzione per infusione SANDOGLOBULINA 6 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 17.03.1984 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005 SANDOGLOBULINA 12 g/200 ml polvere e solvente per soluzione per infusione Prima autorizzazione: 29.03.1995 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2000 Rinnovo dell’autorizzazione: 01.06.2005 10. DATA DI (PARZIALE) REVISIONE DEL TESTO 17 Luglio 2007 VOLUME DI DILUENTE RICHIESTO Flacone 3g Flacone 6g 100 cc 200 cc 50 cc 100 cc 33 cc 66 cc 25 cc 50 cc Flacone 12g 200 cc 133 cc 100 cc EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Vivaglobin, soluzione di 160 mg/mL per iniezione (uso sottocutaneo). 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA 1 mL contiene: immunoglobulina umana normale (sottocutanea) 160 mg* *Corrispondenti al contenuto di proteine totali di cui almeno il 95% IgG. Distribuzione delle sottoclassi di IgG: IgG1 ca. 61% IgG2 ca. 28% IgG3 ca. 5% IgG4 ca. 6% IgA max. 1,7 mg/mL Per gli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione per iniezione (uso sottocutaneo). 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Terapia sostitutiva negli adulti e nei bambini affetti da sindromi di immunodeficienza primitiva (PID) quali: • agammaglobulinemia e ipogammaglobulinemia congenite, • immunodeficienza comune variabile, • immunodeficienza combinata grave, • carenza di sottoclassi IgG con infezioni ricorrenti. Terapia di sostituzione nel mieloma o nella leucemia linfatica cronica, con grave ipogammaglobulinemia secondaria e infezioni ricorrenti. 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Il dosaggio va determinato singolarmente per ciascun paziente, tenendo conto dei parametri farmacocinetici e della risposta clinica. I dosaggi qui di seguito riportati sono da ritenere come indicativi. Con somministrazione per via sottocutanea, il dosaggio deve essere scelto in modo tale da conseguire un livello sostenuto di IgG nel plasma. Può essere necessaria una dose di carico di almeno 0,20,5 g/kg (1,3-3,1 mL/kg) di peso corporeo, ripartita in più giorni, con una dose massima giornaliera di 0,1 fino a 0,15 g/kg di peso corporeo, e secondo quanto indicato dal medico curante. Dopo che i livelli di IgG abbiano raggiunto lo stato stazionario, le dosi di mantenimento si somministreranno a intervalli successivi, preferibilmente con cadenza settimanale tali da raggiungere una dose mensile complessiva compresa fra circa 0,4 e 0,8 g/kg (2,5-5 mL/kg) di peso corporeo. Per la regolazione della dose e degli intervalli di dosaggio di Vivaglobin vanno misurati i livelli minimi di IgG. Modo di somministrazione Vivaglobin deve essere somministrato per via sottocutanea. L’infusione sottocutanea nel trattamento domiciliare deve essere avviata da un medico esperto nel trattamento dell’immunodeficienza e nell’orientamento dei pazienti in tema di terapia domiciliare. I pazienti saranno istruiti sull’impiego della pompa a siringa, sulle tecniche di infusione, sulla compilazione di un diario di trattamento e sui provvedimenti da adottare in caso di gravi reazioni avverse. La velocità di infusione raccomandata è pari a 22 mL/h. In una sperimentazione clinica, nel corso della quale sono stati valutati 53 pazienti, la velocità di infusione di Vivaglobin è stata portata - nella fase di addestramento sotto la supervisione di un medico - dagli iniziali 10 mL/h a 22 mL/h. Vivaglobin deve essere preferibilmente iniettato nella parete addominale, nella coscia e/o nel gluteo. In ogni singolo sito di iniezione non devono essere iniettati più di 15 mL. Dosi di quantità superiore a 15 mL devono essere iniettate ripartendole in più punti. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità accertata nei confronti di qualsiasi componente del prodotto. Vivaglobin non deve essere iniettato per via intravascolare. Non deve essere somministrato per via intramuscolare in caso di trombocitopenia di grado severo e in altri disturbi della coagulazione. 4.4 Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego Non iniettare per via endovascolare! In caso di iniezione accidentale di Vivaglobin in un vaso sanguigno, è possibile che il paziente sviluppi uno shock anafilattico. La velocità di infusione raccomandata per Vivaglobin è indicata al paragrafo “4.2 Posologia e modo di somministrazione” e deve essere rispettata. I pazienti devono essere tenuti sotto stretto monitoraggio ed attentamente controllati durante l’infusione per accertare tempestivamente 13:10 Pagina 36 l’eventuale insorgenza di qualsiasi effetto avverso. Alcune reazioni avverse possono presentarsi con maggiore frequenza nei pazienti ai quali l’immunoglobulina umana normale è somministrata per la prima volta, oppure, ma raramente, quando si cambia prodotto o se il trattamento è stato interrotto per più di 8 settimane. Vere reazioni di ipersensibilità sono rare. Possono manifestarsi in rarissimi casi di carenza di IgA con anticorpi anti-IgA: questi pazienti devono essere trattati con cautela. Raramente, Vivaglobin può causare caduta pressoria accompagnata da reazione anafilattica anche in pazienti che hanno ben tollerato un precedente trattamento con immunoglobulina umana normale. Le potenziali complicanze possono essere sovente evitate, accertandosi: • che i pazienti non siano sensibili alle immunoglobuline umane normali, infondendo loro, la prima volta, il prodotto lentamente (vedere paragrafo ”4.2 Posologia e modo di somministrazione”); • che i pazienti siano attentamente monitorati per accertare con tempestività l’insorgenza di qualsiasi sintomo nel corso dell’infusione. In particolare, si raccomanda di monitorare i pazienti nel corso della prima infusione e per la prima ora successiva, al fine di potere subito individuare potenziali reazioni avverse che insorgano nelle seguenti situazioni: - pazienti non precedentemente trattati con immunoglobulina umana normale, - pazienti in precedenza trattati con un altro prodotto, oppure - quando è intercorso molto tempo dalla precedente infusione. Tutti gli altri pazienti devono essere comunque tenuti sotto osservazione per almeno 20 minuti dopo la somministrazione. In caso di sospetta reazione allergica o anafilattica si dovrà sospendere immediatamente la somministrazione del prodotto. In caso di shock devono essere adottate le procedure correnti standard per il trattamento dello shock. Le procedure standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di prodotti derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono somministrati prodotti derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV e HCV, e nei confronti dei virus non capsulati HAV e parvovirus B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministri Vivaglobin, si registrino sia il nome del paziente che il numero di lotto del prodotto stesso, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Vaccini con virus vivi attenuati La somministrazione di immunoglobulina può compromettere, in un periodo compreso fra 6 settimane e 3 mesi dalla vaccinazione, l’efficacia di vaccini vivi attenuati, come i vaccini contro il morbillo, la rosolia, la parotite e la varicella. Dopo la somministrazione di Vivaglobin deve intercorrere un intervallo di almeno 3 mesi prima di procedere alla vaccinazione con vaccini contenenti virus vivi attenuati. Nel caso del morbillo, questo effetto di indebolimento della vaccinazione può durare fino a 1 anno. Pertanto, nei pazienti vaccinati contro il morbillo si deve controllare la specifica situazione anticorpale. Interazioni con analisi sierologiche È opportuno tenere presente all’atto dell’interpretazione dei risultati di test sierologici che il transitorio aumento degli anticorpi trasportati passivamente in seguito ad iniezioni di immunoglobuline può rendere positivi i risultati dei test. La trasmissione passiva di anticorpi per gli antigeni eritrocitari, ad es. A, B e D, può interferire con alcuni test sierologici per la ricerca di allo-anticorpi eritrocitari (ad es. test di Coombs), con la conta dei reticolociti e con l’aptoglobina. 4.6 Gravidanza ed allattamento La sicurezza di questo medicinale in donne gravide non è stata stabilita in sperimentazioni cliniche controllate, pertanto, occorre porre particolare attenzione nel decidere se somministrare questa specialità medicinale durante la gravidanza o nella fase di allattamento al seno. L’esperienza clinica acquisita nell’impiego delle gammaglobuline non porta a ritenere la comparsa di effetti pericolosi in caso di somministrazione delle stesse durante la gravidanza né per la madre, né per il feto o per il neonato. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non vi sono indicazioni che Vivaglobin possa compromettere la capacità di guidare veicoli o di usare macchinari. 4.8 Effetti indesiderati In uno studio clinico eseguito con somministrazione sottocutanea in 60 soggetti, sono stati riportati i seguenti effetti indesiderati: reazioni al sito di infusione molto comuni e in gran parte di intensità lieve (gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi) all’inizio del trattamento sottocutaneo e con riduzione molto rapida entro le prime dieci infusioni, quando i soggetti si abituano a questo tipo di trattamento. (Le reazioni al sito di iniezione non sono state segnalate in uno studio in cui i pazienti erano stati trattati con immunoglobulina sottocutanea per anni prima della sperimentazione). In singoli casi: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione, • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, moderata lombalgia, sincope, capogiri, disturbi cutanei, broncospasmo. Durante la sorveglianza post-marketing di prodotti somministrati per via intramuscolare o sottocutanea, sono stati segnalati raramente i seguenti effetti indesiderati: • reazioni allergiche comprendenti caduta della pressione, dispnea, reazioni cutanee che, in casi isolati, sono progredite fino allo shock anafilattico, anche quando il paziente non aveva presentato reazioni di ipersensibilità in occasione di somministrazioni precedenti, • reazioni generalizzate come brividi, febbre, cefalea, malessere, nausea, vomito, artralgia e moderata lombalgia, • reazioni cardiovascolari, in particolare nei casi di accidentale somministrazione del prodotto per via endovascolare, • reazioni locali nel sito di infusione/iniezione: gonfiore, irritazione, arrossamento, indurimento, sensazione localizzata di calore, prurito, ecchimosi o rash. Per informazioni in merito al rischio di malattie infettive, vedere paragrafo 4.4 “Avvertenze speciali e opportune precauzioni d’impiego”. 4.9 Sovradosaggio Non sono note conseguenze da sovradosaggio. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Gruppo farmacoterapeutico: sieri immuni ed immunoglobuline; immunoglobuline umane normali, per somministrazione extravascolare. Codice ATC: J06B A01 L’immunoglobulina umana normale contiene principalmente immunoglobulina G (IgG), caratterizzata da un ampio spettro anticorpale verso vari agenti infettivi. Vivaglobin contiene gli anticorpi dell’immunoglobulina G che sono presenti nella popolazione normale. Per la sua preparazione si impiegano pool di plasma ottenuti da almeno 1.000 donatori. Vivaglobin presenta una distribuzione di sottoclassi di immunoglobulina G strettamente proporzionale a quella del plasma umano nativo. La somministrazione di dosi adeguate di questa specialità medicinale consente di riportare alla norma bassi valori di immunoglobulina G. 5.2 Proprietà farmacocinetiche Mediante somministrazione sottocutanea dell’immunoglobulina umana normale sono stati raggiunti nel circolo del ricevente valori di picco con un ritardo di circa 2 giorni. I dati ottenuti da una sperimentazione clinica (n = 60) hanno evidenziato che, nel plasma, possono essere mantenuti livelli di 8-9 g/L (n = 53), somministrando ogni settimana dosi di Vivaglobin comprese fra 0,05 e 0,15 g per kg di peso corporeo. Ciò è paragonato a un dosaggio cumulativo mensile di 0,2-0,6 g per kg di peso corporeo. La IgG e i complessi di IgG vengono catabolizzati nelle cellule del sistema reticolo-endoteliale 5.3 Dati preclinici di sicurezza Non esistono dati considerati rilevanti per la sicurezza clinica oltre ai dati inclusi in altre sezioni del Riassunto delle caratteristiche del prodotto. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Glicina, sodio cloruro, acido idrocloridrico o idrossido di sodio (in piccole quantità, per la regolazione del pH), acqua per preparazioni iniettabili. 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità questo prodotto medicinale non deve essere miscelato ad altri prodotti medicinali. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 6.3 Periodo di validità Il periodo di validità è di 3 anni. Il prodotto deve essere utilizzato immediatamente dopo l’apertura della fiala o del flacone. 6.4 Speciali precauzioni per la conservazione Vivaglobin va conservato in frigorifero (+2° C e +8° C) nella confezione. Non congelare! 6.5 Natura e contenuto del contenitore Flaconcino (vetro Tipo I) da 3 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 o 10 flaconcini; Fiala (vetro Tipo I) da 5 mL di soluzione - confezione da 1 o 10 fiale; Flaconcino (vetro Tipo I) da 10 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1, 2, 10 o 20 flaconcini; Flaconcino (vetro Tipo I) da 20 mL di soluzione con tappo (clorobutile) - confezione da 1 flaconcino. Solo la confezione da 2 flaconcini x 10 mL contiene i seguenti dispositivi: 1 siringa da 20 mL, 1 tubo-perfusore con ago, 2 aghi ipodermici, 2 aghi areatori, 3 tamponi con alcool. È possibile che non tutte le confezioni siano commercializzate. 13:11 Pagina 37 6.6 Speciali precauzioni per lo smaltimento Vivaglobin è una soluzione pronta per l’uso e deve essere somministrata a temperatura corporea. Vivaglobin è una soluzione limpida. Il colore può variare da trasparente a giallo pallido fino a marrone chiaro entro il periodo di validità. Non usare soluzioni che sono torbide o che presentano depositi. Il prodotto non utilizzato ed i materiali di scarto devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSLBehring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76 D-35041 Marburg - Germania 8. NUMERO(I) DELL’AUTORIZZAZIONE (DELLE AUTORIZZAZIONI) ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 037882014/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 fiala da 5 mL 037882026/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 fiale da 5 mL 037882038/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 10 mL 037882040/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 10 mL 037882053/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 20 flaconcini 10 mL 037882065/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 3 mL 037882077/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 10 flaconcini 3 mL 037882089/M - 160 mg/mL soluzione per infusione sottocutanea 1 flaconcino 20 ml 9. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 28 settembre 2007 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Aprile 2008 CSL Behring - P.zza S. Tuerr, 5 - 20149 Milano - Tel. 02 349641 EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 Riassunto delle caratteristiche del prodotto 1. DENOMINAZIONE DEL MEDICINALE Rhophylac 300 microgrammi/2 ml, soluzione iniettabile in siringa pre-riempita. 2. COMPOSIZIONE QUALITATIVA E QUANTITATIVA Immunoglobulina umana anti-D. 2 ml di soluzione iniettabile in siringa pre-riempita contengono 1500 UI (300 microgrammi) di immunoglobulina umana anti-D corrispondenti ad una concentrazione di 750 UI (150 microgrammi)/ml. Il prodotto contiene un massimo di 30 mg/ml di proteine plasmatiche umane, di cui 10 mg/ml sono costituiti da albumina umana come stabilizzante. Almeno il 95% delle altre proteine plasmatiche è costituito da IgG. Rhophylac non contiene più di 5 microgrammi/ml di IgA. Per l’elenco completo degli eccipienti, vedere paragrafo 6.1. 3. FORMA FARMACEUTICA Soluzione iniettabile in siringa pre-riempita. 4. INFORMAZIONI CLINICHE 4.1 Indicazioni terapeutiche Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative - Gravidanza e parto di un feto/neonato Rh(D)-positivo - Aborto/minaccia di aborto, gravidanza ectopica o mola idatiforme - Emorragia transplacentare conseguente ad una emorragia anteparto, ad una amniocentesi, ad una biopsia dei villi coriali o a procedure ostetriche di manipolazione, come ad esempio la versione cefalica esterna, o ad un trauma addominale Trattamento di soggetti Rh(D)-negativi dopo trasfusioni incompatibili di sangue Rh(D)-positivi od altri prodotti contenenti eritrociti. ITC 3080371 - Depositato AIFA il 09/10/2007 4.2 Posologia e modo di somministrazione Posologia Lo schema posologico seguente viene raccomandato sulla base degli studi clinici condotti con Rhophylac; tuttavia, occorre tenere in considerazione le linee guida professionali per l’impiego delle IgG anti-D nei vari Stati Membri dell’UE. Prevenzione della immunizzazione Rh(D) in donne Rh(D)-negative: • Profilassi ante-parto: la dose raccomandata è una dose singola pari a 300 microgrammi (1500 UI) somministrata per via endovenosa od intramuscolare alla 28° – 30° settimana di gravidanza. • Profilassi post-parto: per somministrazione endovenosa, si ritiene che 200 microgrammi (1000 UI) siano una dose sufficiente, mentre vengono raccomandati da 200 (1000 UI) a 300 microgrammi (1500 UI) per somministrazione intramuscolare. Rhophylac deve essere somministrato prima possibile entro 72 ore dal parto. La dose post-parto deve essere somministrata anche quando sia stata effettuata una profilassi ante-parto. Se si sospetta una emorragia materno-fetale massiva [maggiore di 4 ml (0,7-0,8% delle donne )], ad esempio in caso di anemia fetale o di morte fetale intrauterina, deve essere determinata la sua entità con metodi appropriati, ad esempio il test di KleihauerBetke, e devono essere somministrate ulteriori dosi di anti-D come indicato (20 microgrammi/100 UI per ciascun ml di emazie fetali). • Profilassi delle complicazioni della gravidanza: - Interventi ed incidenti che avvengono fino alla 12° settimana di gravidanza: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico; - Interventi ed incidenti che avvengono dopo la 12° settimana di gravidanza: devono essere somministrati non meno di 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico; - Biopsia dei villi coriali: devono essere somministrati 200 microgrammi (1000 UI) per via endovenosa od intramuscolare non appena possibile e comunque non oltre le 72 ore dall’evento che rappresenta rischio emorragico. Trasfusioni incompatibili La dose raccomandata è di 20 microgrammi (100 UI) di immunoglobulina anti-D ogni 2 ml di sangue Rh(D)-positivo trasfuso od ogni 1 ml di concentrato eritrocitario. Si raccomanda la somministrazione per via endovenosa. Se viene impiegata la via intramuscolare, occorre somministrare dosi elevate per un periodo di diversi giorni. In caso di trasfusioni incompatibili più ampie, è sufficiente una dose massima di 3000 microgrammi, indipendentemente dal fatto che il volume di trasfusione sia maggiore di 300 ml di sangue Rh(D)-positivo. 13:12 Pagina 38 Modo di somministrazione Rhophylac può essere somministrato sia per iniezione endovenosa che per iniezione intramuscolare. In caso di malattie emorragiche ove sia controindicata la iniezione intramuscolare, Rhophylac deve essere somministrato per via endovenosa. Se sono richieste dosi totali elevate (>5 ml) da somministrarsi per via intramuscolare, è consigliabile la somministrazione di dosi divise in differenti siti di iniezione. 4.3 Controindicazioni Ipersensibilità ad uno qualsiasi dei componenti. La via intramuscolare è controindicata in soggetti con trombocitopenia grave o altri disordini dell’emostasi. 4.4 Avvertenze speciali e precauzioni d’impiego Nel caso di uso post-partum, l’immunoglobulina anti-D è riservata alla somministrazione materna. Essa non deve essere iniettata al neonato. Il prodotto non deve essere usato in soggetti Rh(D) positivi. Le pazienti devono essere attentamente osservate per almeno 20 minuti dalla somministrazione. Se insorgono sintomi di reazioni allergiche o di tipo anafilattico, la somministrazione deve essere immediatamente interrotta. Possono determinarsi risposte allergiche alla immunoglobulina anti-D. I pazienti devono essere informati circa i sintomi precoci di tali reazioni di ipersensibilità, che comprendono orticaria, orticaria generalizzata, senso di oppressione al torace, difficoltà respiratorie, ipotensione ed anafilassi. Il trattamento richiesto dipende dalla natura e dalla severità dell’evento avverso. In caso di shock, devono essere osservati gli standard medici per il trattamento dello shock. Rhophylac contiene una concentrazione di IgA al di sotto del limite analitico di 5 microgrammi/ml. Il prodotto, tuttavia, può contenere tracce di IgA. Sebbene l’immunoglobulina anti-D sia stata impiegata con successo per il trattamento di pazienti selezionati carenti di IgA, i soggetti con deficit di IgA sono a rischio per sviluppare anticorpi IgA e possono andare incontro a reazioni anafilattiche dopo somministrazione di componenti del sangue contenenti IgA. Pertanto, il medico deve attentamente valutare il beneficio del trattamento con Rhophylac verso i rischi potenziali di reazioni di ipersensibilità. Informazioni sulla sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili Provvedimenti standard per prevenire infezioni che risultino dall’uso di medicinali derivati da sangue o plasma umano comprendono la selezione dei donatori, il controllo delle singole donazioni e dei pool di plasma per la presenza di specifici marcatori di infezione e l’adozione di fasi di produzione efficaci per l’inattivazione/la rimozione dei virus. Ciò nonostante, quando vengono somministrati medicinali derivati da sangue o plasma umano, non può essere totalmente esclusa la possibilità di trasmissione di agenti infettivi. Ciò vale anche per virus sconosciuti o emergenti e per altri patogeni. I provvedimenti adottati sono considerati efficaci nei confronti di virus capsulati come HIV, HBV e HCV. Tali provvedimenti possono essere di valore limitato nei confronti di virus non capsulati come HAV o parvovirus B19. Esiste una rassicurante esperienza clinica in merito alla non trasmissione dell’epatite A o del parvovirus B19 con la somministrazione di immunoglobuline e si ritiene anche che il contenuto anticorpale rappresenti un importante contributo alla sicurezza contro i virus. Si raccomanda in modo particolare che, ogni qual volta si somministra Rhophylac, si registrino sia il nome del paziente stesso che il numero di lotto del prodotto, in modo da stabilire un collegamento fra il nome del paziente e il numero del lotto. 4.5 Interazioni con altri medicinali ed altre forme d’interazione Le interazioni di Rhophylac con altri medicinali non sono state studiate. Pertanto, le informazioni contenute in questo paragrafo derivano dalla letteratura scientifica e dalle linee guida attuali. L’immunizzazione attiva con vaccini contenenti virus vivi (ad esempio, morbillo, parotite, rosolia o varicella) deve essere differita di almeno 3 mesi dall’ultima somministrazione di immunoglobulina anti-D, in quanto può essere compromessa l’efficacia del vaccino con virus vivo. Se vi è necessità di somministrare l’immunoglobulina anti-D entro 2-4 settimane da una vaccinazione con virus vivo, l’efficacia di tale vaccinazione potrebbe essere compromessa. Dopo l’iniezione di immunoglobulina, il transitorio aumento di vari anticorpi trasferiti passivamente nel sangue delle pazienti può causare un risultato falso positivo nei test sierologici per gli anticorpi anti-emazie, ad esempio il test di Coomb nel neonato. Rhophylac può anche contenere anticorpi ad altri antigeni Rh, ad esempio anticorpi anti-Rh(C), che possono essere rilevati con metodi sierologici sensibili dopo la somministrazione del prodotto. 4.6 Gravidanza ed allattamento Questo medicinale viene usato in gravidanza. Non sono stati segnalati eventi avversi correlabili con il farmaco in neonati di 432 pazienti che hanno ricevuto una somministrazione di Rhophylac prima del parto. 4.7 Effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari Non sono stati osservati effetti sulla capacità di guidare veicoli e sull’uso di macchinari. 4.8 Effetti indesiderati Quando le immunoglobuline anti-D vengono somministrate per via intramuscolare, possono essere osservati dolore locale ed iperestesia al sito di iniezione. Occasionalmente, possono insorgere febbre, malessere, cefalea, reazioni cutanee e brividi. In rari casi sono stati segnalati nausea, vomito, ipotensione, tachicardia, e reazioni allergiche o di tipo anafilattico, inclusi dispnea e shock, anche in pazienti che non avevano mostrato alcun segno di ipersensibilità ad una precedente somministrazione. Vedere il paragrafo 4.4 per quanto riguarda la sicurezza nei confronti di agenti trasmissibili. 4.9 Sovradosaggio Non sono disponibili dati riguardo il sovradosaggio. I pazienti che hanno ricevuto una trasfusione di sangue incompatibile ed a cui sono state somministrate dosi molto elevate di immunoglobulina anti-D devono essere attentamente monitorati sia dal punto di vista clinico che da quello dei parametri biologici per il rischio di reazioni emolitiche. In altri individui Rh(D)-negativi, un sovradosaggio non dovrebbe causare effetti indesiderati più frequenti o più gravi rispetto a quelli osservabili dopo una dose normale. 5. PROPRIETÀ FARMACOLOGICHE 5.1 Proprietà farmacodinamiche Categoria farmacoterapeutica: Immunoglobuline e sieri immuni: immunoglobulina anti-D. Codice ATC: J06BB01 Rhophylac contiene anticorpi IgG specifici contro l’antigene Rh(D) degli eritrociti umani. Durante la gravidanza, ed in particolare al momento del parto, le emazie fetali possono penetrare nella circolazione materna. Quando la madre è Rh(D)-negativa ed il feto Rh(D)-positivo, la madre può venire immunizzata all’antigene Rh(D) e può quindi produrre anticorpi anti-Rh(D) che attraversano la placenta e causano una malattia emolitica neonatale. L’immunizzazione passiva con gammaglobuline anti-D, se somministrate in quantità appropriate e ad un momento sufficientemente precoce dopo l’esposizione alle emazie fetali Rh(D)-positive, previene, nel 99% dei casi, l’immunizzazione Rh(D). Il meccanismo d’azione attraverso il quale l’immunoglobulina anti-D sopprime l’immunizzazione alle emazie Rh(D)-positive non è noto. Tale soppressione può essere correlata alla clearance eritrocitaria dalla circolazione sistemica prima che esse raggiungano siti immunocompetenti, o potrebbe essere dovuta a meccanismi più complessi che coinvolgono il riconoscimento dell’antigene estraneo e la presentazione dell’antigene da parte delle cellule appropriate ai siti appropriati, in presenza o in assenza di anticorpo. In volontari sani di sesso maschile Rh(D)-negativi, la somministrazione di 200 microgrammi (1000 UI) di Rhophylac sia per via endovenosa che intramuscolare, dopo 48 ore dalla iniezione di 5 ml di emazie Rh(D)-positive, ha determinato entro 24 ore una clearance delle emazie Rh(D)-positive quasi completa. Mentre la somministrazione endovenosa di Rhophylac ha determinato una scomparsa istantanea delle emazie Rh(D)-positive, la loro eliminazione dopo somministrazione del prodotto per via intramuscolare è stata ritardata, in quanto le IgG anti-D devono prima essere assorbite dal sito di iniezione. In media, il 70% delle emazie iniettate era stato eliminato dopo 2 ore dalla somministrazione endovenosa di Rhophylac. Dopo somministrazione intramuscolare, un simile grado di clearance delle emazie veniva misurato dopo 12 ore. Inoltre, l’efficacia, la sicurezza ed il profilo farmacocinetico di Rhophylac sono supportati dai risultati di tre studi clinici condotti in pazienti. Rhophylac 200 microgrammi (1000 UI) è stato somministrato post-partum in 139 pazienti. Rhophylac 300 microgrammi (1500 UI) è stato somministrato sia prima che dopo il parto in 446 ed in 256 pazienti, rispettivamente. Nessuno dei soggetti arruolati in questi studi ha sviluppato anticorpi contro l’antigene Rh(D). Non sono stati eseguiti studi clinici con Rhophylac a dosi inferiori a 200 microgrammi (1000 UI). 5.2 Proprietà farmacocinetiche Concentrazioni anticorpali misurabili vengono rilevate dopo circa 4 ore dalla somministrazione intramuscolare. I livelli sierici di picco si osservano normalmente dopo 5 giorni dalla somministrazione. EM CSL immunews1-09 170309:EM ZLB 17-03-2009 Dopo somministrazione endovenosa, vengono immediatamente ottenute concentrazioni misurabili di anticorpi. L’emivita media nella circolazione di donne in gravidanza con normali livelli di IgG è stata di 17 giorni. Le IgG ed i complessi IgG vengono degradati dalle cellule del sistema reticoloendoteliale. 5.3 Dati preclinici di sicurezza Non vi sono dati preclinici rilevanti per l’immunoglobulina anti-D. Le prove di tossicità per dose ripetuta e di tossicità embrio-fetale non sono state condotte né sono praticabili, date l’induzione di e l’interferenza con anticorpi. Non è stato studiato il potenziale mutageno delle immunoglobuline. 6. INFORMAZIONI FARMACEUTICHE 6.1 Elenco degli eccipienti Albumina umana Glicina Sodio cloruro 6.2 Incompatibilità In assenza di studi di compatibilità questo medicinale non deve essere miscelato con altri medicinali. 13:13 Pagina 39 6.3 Periodo di validità 3 anni. 6.4 Precauzioni particolari per la conservazione Conservare in frigorifero (2°- 8°C). Non congelare. Tenere la siringa (blister originale) nell’imballaggio esterno per tenerla al riparo dalla luce. Conservare fuori dalla portata e dalla vista dei bambini. 6.5 Natura e contenuto della confezione Siringa di vetro (Tipo I) pre-riempita con 2 ml di soluzione iniettabile (1500 UI anti-D-IgG). Confezione: 1 blister contenente 1 siringa pre-riempita e 1 ago per iniezione. 6.6 Precauzioni particolari per lo smaltimento e la manipolazione Rhophylac deve essere portato a temperatura ambiente o a temperatura corporea prima dell’uso. La soluzione deve presentarsi limpida o solo lievemente opalescente. Non usare soluzioni torbide o che mostrano depositi. Rhophylac è monouso (una siringa un paziente). Il prodotto non utilizzato ed i rifiuti derivati da tale medicinale devono essere smaltiti in conformità ai requisiti di legge locali. 7. TITOLARE DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO CSL Behring GmbH - Emil-von-Behring-Str. 76 D-35041 Marburg - Germania Distribuito da: CSL Behring S.p.A. P.le S. Türr, 5 -20149 Milano 8. DATA DELLA PRIMA AUTORIZZAZIONE/ RINNOVO DELL’AUTORIZZAZIONE 5 novembre 2004. 9. NUMERO DELL’AUTORIZZAZIONE ALL’IMMISSIONE IN COMMERCIO 036161026/M 1 siringa pre-riempita da 300 mcg/2 ml 10. DATA DI REVISIONE DEL TESTO Settembre 2007. Depositato AIFA il 13/11/2008 EM CSL immunews1/09 cop:EM ZLB 17-03-2009 13:24 Pagina III Immunoglobulina umana normale per somministrazione sottocutanea Nuova modalità di conservazione: conservare tra 2° C - 8° C; si può anche conservare fino a 3 mesi a temperatura ambiente (non superiore a 25° C) Novità: flacone da 3 mL Per i pazienti più piccoli e per una maggiore precisione posologica 20-03-2009 11:46 Pagina IV A1789 EM CSL immunews1/09 cop:EM ZLB Immunoglobulina umana normale (uso sottocutaneo) A1789. Deposito AIFA del 09/09/2008 Immunoglobulina umana normale (infusione endovenosa) Doppia opzione terapeutica nel trattamento con immunoglobuline
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