Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina

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Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina
VICENZAPIU.COM: Online il settimanale diventa quotidiano con i commenti ai fatti del giorno - www.vicenzapiu.com
Troppi boschi,
montagna
a rischio
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3
Ospedaletto, Sondaggio sul Pat
il paese by centrodestra:
diviso a metà le nostre risposte
pag
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8
10
www.vicenzapiu.com
n° 172
21 novembre 2009
euro 1,00
Settimanale di fatti, personaggi e vita vicentina
Direttore responsabile Luca Matteazzi
In edicola il sabato
Ultimo stadio
Si avvia alla conclusione il cammino per la costruzione di un nuovo stadio
L’intesa fra il consorzio Vicenza Futura e il Comune prevede
un nuovo impianto nella zona est. In cambio, un parco commerciale
I punti critici: scarse contropartite per il pubblico, condizioni-capestro
e consiglio comunale di fatto esautorato
Ciàcole
Q
L’acqua del sindaco
uella approvata nei giorni scorsi dal parlamento
con l’ennesimo voto di fiducia
(e con il sì dei federalisti della
Lega) non è una privatizzazione dell’acqua. È questo il ritornello che ripetono, a destra
come a sinistra, i sostenitori
del provvedimento. Tecnicamente hanno ragione: la legge
apre le porte ai privati nella
gestione del servizio idrico,
mentre proprietà e controllo
rimangono pubblici. Ma non
fatevi fregare. È il classico
caso in cui un piccolo passo
mette in moto un processo
praticamente irreversibile.
Anche da Vicenza si sono alzate voci di protesta: tra le altre,
quella della parlamentare Daniela Sbrollini, di Legambiente, e dell’assessore Antonio
Dalla Pozza. In realtà, non è
detto che le gare finiscano con
una vittoria dei privati, ma
molte delle preoccupazioni
appaiono condivisibili. Per la
logica del profitto applicata ad
un bene pubblico (se i comuni possono gestire il servizio
pensando solo al pareggio e
reinvestendo gli utili, perché
cederlo ad un privato che deve
giocoforza guadagnarci?); per
i probabili aumenti delle bol-
lette; per le minori tutele dei
lavoratori. E non solo. Come
osservava su queste pagine,
ormai un anno fa, il presidente di Acque Vicentine Giancarlo Corò, che certo non è
pregiudizialmente contrario
ai bandi di gara, gestire il servizio idrico vuol dire gestire
il territorio: falde, risorgive,
acquedotti. E questo impone
una riflessione in più. Ecco,
pensiamoci bene, se è proprio
questa la strada che vogliamo
seguire. Tanto più in una zona
come la nostra, dove il pubblico ha sempre fatto il suo dovere. E anche bene.
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il fatto
172 del21 novembre 2009
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Il ritorno della foresta
Montagna a rischio
Da Asiago al Grappa, negli ultimi quarant’anni sono cresciuti più i boschi delle case
Ma il ritorno della natura non è necessariamente positivo:
si perdono paesaggi, tradizioni e conoscenze
e ci si ritrova spesso con una boscaglia impraticabile. E pericolosa
| Terrazzamenti in Valsugana (foto di Mauro Varotto)
di Luca Matteazzi
G
eografi, antropologi. montanari e guardie forestali ne
discutono da anni. Tutti gli altri,
cioè chi in montagna ci va solo
per un weekend all’aria aperta o
per qualche settimana di vacanza,
probabilmente non se n’è nemmeno accorto. Ma nelle nostre montagne, dal Pasubio al Grappa (come
del resto sta avvenendo in tutto
l’arco alpino), è in corso una trasformazione epocale, che potrebbe
compromettere un patrimonio culturale, ambientale e paesaggistico
antico di secoli. E per una volta
non stiamo parlando dell’avanzata del cemento o del proliferare di
seconde case. In questo caso, infatti, l’insidia viene dall’avanzare
del bosco. Anzi, della foresta, che
si sta velocemente riprendendo
spazi e territori. Bene, verrebbe
da dire, ma la questione è ben più
complessa. Perché l’esplosione delle foreste è la diretta conseguenza
dell’abbandono. E il risultato non è
semplicemente una natura incontaminata, ma il più delle volte una
“boscaglia impraticabile”, come si
legge sul sito di Geograficamente,
associazione nata al dipartimento
di Geografia dell’università di Padova e che segue con un’attenzione
particolare le tematiche relative
all’ambiente e al territorio.
stati letteralmente mangiati dal
bosco, nel canale di Brenta. E anche nell’altopiano di Asiago. I dati
sono impressionanti. In Italia, nel
2005, c’erano quasi due milioni
di ettari di foreste in più rispetto
a vent’anni prima. Nell’Altopiano,
che pure è una delle zone d’Italia
dove l’urbanizzazione è cresciuta in modo più vertiginoso (negli
ultimi cinquant’anni il numero di
case è quasi quadruplicato, passando da 8.216 a 28.398, e solo
negli ultimi 35 anni sono state
costruite abitazioni su un milione
di metri quadrati di terreno, senza contare strade, marciapiedi e
altre opere di urbanizzazione), la
copertura forestale interessa oggi
i due terzi del paesaggio. Negli
ultimi quarant’anni, il bosco ha
guadagnato 7mila ettari di terreno, cioè 70 milioni di metri quadri, ben più dello sviluppo edilizio. A Rotzo il 90 per cento del
paesaggio è chiuso, cioè dominato
dal bosco o dalla foresta. A Lusiana, Roana, Foza, Gallio e Conco si
viaggia oltre il 75 per cento.
Le cifre
Cosa sta succedendo non è difficile da spiegare. Le zone di montagna, in particolare quelle di media
montagna, erano caratterizzate
da un’economia agropastorale
faticosa e, nella maggior parte di
casi, poco redditizia. Con il boom
economico del dopoguerra, paesi,
contrade e frazioni si sono svuotati, campi, orti e pascoli sono stati
lasciati a loro stessi, e la vegetazione ha ricominciato a guadagnare
terreno. Nel Vicentino lo si può
vedere ovunque: nelle malghe del
Pasubio ormai diroccate, tra i pascoli del Novegno, un tempo famosi per i formaggi e oggi frequentati
solo da qualche decina di mucche,
nella valli di Posina e Laghi, dove
terrazzamenti e contrade sono
La rivoluzione
“È il processo di trasformazione
più imponente in corso nel mondo occidentale - ci spiega Mauro
Varotto, docente di Geografia a
Padova e membro del comitato
scientifico del Cai -. Nemmeno
l’urbanizzazione può competere,
a livello quantitativo. Va chiarito, però, che l’avanzamento della
vegetazione non è l’avanzamento del bosco: il bosco è un luogo
curato dall’uomo, questo invece è
un processo spontaneo che deriva dall’abbandono”. Gli addetti ai
lavori parlano di riforestazione. E
nella differenza apparentemente
marginale tra bosco e foresta sta il
nocciolo del problema. L’avanzata
della natura, infatti, non è necessariamente un fattore positivo. “È
un modo di pensare tipicamente
urbano, che nasce con Rousseau,
o se vogliamo banalizzare che è
stato diffuso da prodotti come i
cartoni di Heidi, quello che vede
la natura come acriticamente positiva e l’uomo come un fattore
impattante - continua Varotto -.
Quello a cui assistiamo invece è
una estremizzazione degli habitat: da un lato c’è una concentrazione delle attività umane, con
una artificializzazione sempre più
forte dell’ambiente, dall’altra il ritorno del selvatico”. E non si deve
nemmeno scivolare nel rischio di
vedere nell’avanzare degli alberi
un pretesto per nuove urbanizzazioni. Come dire, costruite pure,
tanto c’è bosco. “È come dire che
possiamo inquinare di più tanto la
domenica andiamo in montagna a
respirare aria pulita. Non è equilibrio, è la somma di due contrari”.
Natura più povera
A farne le spese di questa estremizzazione degli ambienti è quel
paesaggio intermedio fatto di
prati, orti, pascoli, terrazzamenti
e boschi ben curati che in realtà era il vero elemento distintivo
delle montagne. Un paesaggio in
cui l’intervento dell’uomo era fondamentale, e che anzi trovava la
sua ricchezza proprio nell’equilibrio tra attività umane e natura.
Come ha scritto Paolo Rumiz su
La Repubblica del 20 settembre,
le praterie del Grappa e le distese
di pascoli di Asiago sono meraviglie artificiali frutto di una guerra
senza quartiere contro la sterpaglia. “In termini culturali questa
è una perdita secca - aggiunge
ancora Varotto -. Perdiamo un
patrimonio fatto di paesaggio, ma
anche di conoscenze, di pratiche e
di capacità di gestire questi territori. Chi è capace, oggi, di seguire
la manutenzione di un muretto a
secco? Ma anche in termini ambientali, la maggior naturalità di
un ambiente non significa tout
court maggior valore naturalistico. Il valore di un ambiente è dato
dalla sua ricchezza di specie e di
ambienti, e la riforestazione provoca spesso una semplificazione”.
Ad alta quota si ha così il moltiplicarsi dei mughi; più in basso è
tutto un rigoglio di acacie e altre
piante semi-infestanti.
Vipere e alluvioni
“Con l’infittirsi degli alberi e l’abbandono delle terre un tempo coltivate, i luoghi diventano sempre
più selvaggi - scriveva nel 1998
Mario Rigoni Stern -. Non si va
più a raccogliere la legna e l’abbandono fa crescere il sottobosco,
così aumentano le vipere, che lì
trovano in abbondanza il loro
cibo preferito, i topi, ma aumentano anche le volpi, le donnole, le
faine e gli uccelli rapaci. Luoghi
così inselvatichiti non sono buoni
nemmeno da funghi; i sentieri si
inerbano e spariscono tra rovi e
spini. Anche ai piedi delle montagne, dove queste si raccordano
con le colline prima della pianura,
dilagano le infestanti robinie, e
così quei luoghi diventano impraticabili”.
Le conseguenze si avvertono poi
anche a livello pratico, ad esempio
sul rischio idrogeologico. Il mantenimento di sentieri, terrazzamenti, coltivi, canali e boschi era
un’assicurazione, per quanto pic-
cola, contro frane e alluvioni. Con
la montagna lasciata a se stesse, i
rischi derivanti da questo tipo di
fenomeni crescono. Anche se in
pochi, almeno finora, sembrano
essersene preoccupati.
Le iniziative
Qualcosa, negli ultimi anni, comincia a muoversi. L’ultimo piano di sviluppo rurale promosso
dall’Unione Europea distribuisce
incentivi a chi tutela i paesaggi rurali, segno che sta maturando un
approccio più complesso. Anche a
livello locale, si registrano segnali di un ritorno alla montagna. A
Valstagna c’è un interessante progetto per il recupero delle terrazze, sul Tretto c’era una cooperativa che gestiva in modo naturale
una piccola mandria in cambio
della sottoscrizione di una specie
di “buoni ordinari bovini”, un po’
ovunque ci sono persone che provano a riprendere coltivazione e
allevamento, con alterne fortune.
“Ci vorrebbero delle facilitazioni
- conclude Varotto -, che non vuol
dire necessariamente esborso di
denaro pubblico. Pensiamo ad
esempio a quanto costano i danni
provocati da frane e smottamenti,
e a quanto ci costerebbero incentivi per prevenirli. Ma nessuno
mette mai a confronto queste due
voci di bilancio. Invece, anche dal
punto di vista del paesaggio, meglio il versante di una valle coltivato a terrazze o protetto da una
rete paramassi?”.
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Nuovo stadio,
a noi non Menti
La scheda
| Il Menti e, a destra, l’area dove dovrebbe sorgere il nuovo stadio.
Foto di Michele Biscaro
L’arena degli spettacoli sportivi (e non) a Vicenza Est
prevede grossi vantaggi
per la cordata Caoduro-Maltauro-Unicomm
Ecco i punti critici dell’accordo
ipotizzato che la giunta di Achille
Variati sia orientata per un trattamento di favore verso una parte precisa dei poteri forti locali.
di Alessio Mannino
Quelli appunto che sfilano nella
compagine del nuovo stadio, che
invece erano stati penalizzati dai
il grande affare della nuopredecessori di centrodestra, più
va Vicenza disegnata dal
attenti alle sirene dell’ex cabina di
Pat del centrosinistra. Lo stadio
comando di Assindustria (l’asse
a est della città che sostituirà il
Amenduni-Ingui, oggi in declino).
vecchio Romeo Menti è stato preNel dettaglio, l’intesa
sentato come il fiore
prevede di sistemare
all’occhiello fra gli
lo stadio in una suaccordi preliminari
perficie totale di 281
stretti
dall’ammimila metri quadrati
nistrazione Variati
a ridosso del casello
con alcuni privati
autostradale di Videl settore immobi- Il progetto
cenza Est. Il presupliare e commerciale. occupa da solo
posto è che vi sia la
Immaginato
come
buona parte
necessità (“particoun polo d’attraziolare interesse pubne non solo sportivo della superficie
blico”) di una nuoma anche ricreativo agricola
va costruzione che
e musicale (“arena utilizzabile
ospiti le partite dei
degli eventi”), l’imbiancorossi del Vipianto di cui si parla
cenza Calcio, società
da dieci anni pare
che fa capo a Sergio Cassingena
finalmente approdare al progetto
(gruppo commerciale Sisa), per
definitivo. Si sfregano le mani gli
altro avviato a passare la mano
imprenditori presenti nell’azioall’industriale chimico e parlanariato del consorzio Vicenza
mentare leghista Alberto Filippi.
Futura Spa, fra i quali figurano
I privati capitanati da Caoduro,
come soci di primo piano il colosmolto abilmente, fanno presente
so delle costruzioni Maltauro, la
nell’accordo che il Comune non è
più piccola Bilding del geometra
nelle condizioni finanziarie per
Giandomenico Marchetti (ex presobbarcarsi una spesa così ingensidente della società), il gigante
te (pag. 5), perciò se ne assumono
commerciale Unicomm di Mario
loro l’onere. In cambio, è naturaCestaro e la Caoduro (impianti
le, di una contropartita. L’esatta
d’aerazione) di Paolo Caoduro, a
stima globale di tale scambio non
capo della cordata e notoriamente
viene dichiarata, ma essa si idenvicino all’attuale sindaco. La loro
tifica in sostanza nel permesso di
proposta (P.G. n.63.620 del 6 otrealizzare un’area a destinazione
tobre scorso) accolta dal Comune
commerciale, direzionale, resicontiene infatti una serie di claudenziale e altro che si estenderà
sole molto favorevoli per i loro fuper 110 mila metri quadrati. In
turi profitti. Tant’è che esponenti
soldoni, la logica è la seguente: tu,
dell’opposizione, per giunta da
Comune, non puoi permetterti di
sponde opposte (come il pidiellino
pagarti lo stadio nuovo, e allora
Maurizio Franzina e la nodalmoio, privato, me ne faccio carico a
liniana Cinzia Bottene) hanno già
E’
patto che mi sia concesso il via
libera per una valorizzazione immobiliare destinata a grandi plusvalenze con le quali mi ripagherò
i costi di costruzione. In sostanza,
vedremo sorgere intorno al futuro
stadio una selva di attività commerciali (ma non un unico centro
commerciale vero e proprio, poiché la legge urbanistica regionale
non lo consente).
Primo: a chi giova?
Il fatto è che l’esigenza di una
struttura adeguata e rispettosa
di standard e norme di sicurezza
è un’esigenza primaria del Vicenza Calcio, società privata a fini di
lucro. Non direttamente del Comune. L’alternativa avrebbe potuto essere questa: la società calcistica individua una zona idonea,
pagandosi non solo l’acquisto del
terreno ma anche la viabilità di
collegamento relativa. Certo, con
la possibilità di edificazioni per
ottenere un tornaconto in termini
di business. Così, invece, il problema di fondo è che il Comune si
impegna dando luce verde ad un
insediamento commerciale nuovo
di zecca di 110 mila metri quadrati
che da solo si mangia una buona
fetta della Sau (la superficie agricola ancora utilizzabile per essere
edificata, il cui limite a Vicenza è
di 247 mila metri quadrati).
Secondo: costi per il privato.
Tra i costi che l’assessorato al Territorio retto da Francesca Lazzari
vanta di mettere sul conto di Vicenza Futura c’è la demolizione
del Menti e una serie di opere di
urbanizzazione collegate al nuovo impianto (pag. 6). Demolire
è un’operazione economicamente irrisoria rispetto a quella del
parco commerciale in progetto, e
inoltre per essa viene escluso che i
privati si accollino anche eventua-
Quinto: i tempi e la capienza.
Viene garantito l’obbligo di portare a termine il nuovo stadio entro
5 anni, tempo che però può essere allungato ad un totale di dieci
“per giustificati motivi”. Sicché
per assurdo il privato potrebbe
realizzare subito il parco commerciale mentre per lo stadio si
Terzo: l’indice di utilizzaziodovrebbe aspettare un decennio
ne territoriale, ossia la misura
o poco meno. Quanto ai posti, un
entro la quale il privato deve limiprimo stralcio potrà
tarsi a costruire. Nel
contenerne 10.000,
protocollo d’intesa
mentre, in previsione
è fissato a 0,4 metri
dell’ascesa in serie A,
quadrati al metro
per quello da 20.000
quadro (pag. 9). Ovsi parla di una non
vero il privato si im- I privati
meglio
specificata
pegna ad utilizzare possono
“seconda fase”. E se
fisicamente 40 metri recedere
questa seconda fase,
quadrati su 100. Tale
in caso
ovvero la salita in
valore, però, potrebA, non dovesse vebe lievitare in sede di di modifiche
rificarsi? Il rischio,
redazione del piano E’ prendere
quindi, è che lo stadegli interventi (la o lasciare
dio rimanga inchioprogettazione spedato a quota 10 mila
cifica di ogni interposti.
vento
urbanistico,
momento successivo all’adozione
Sesto:
la
condizione
del Pat che fa da cornice d’insiecapestro.
me). Anche questo elemento renVicenza Futura si riserva la posde impossibile una stima precisa
sibilità di recedere dall’accordo
della valorizzazione immobiliare,
col Comune «qualora con il Pat
rendendo opaco l’accordo nel suo
o con qualsivoglia eventuale atto
insieme.
pianificatorio...concessorio conseguente..., anche di scala attuaQuarto: assenza di vincoli
tiva e o edilizia sia imposto o preper il privato.
scritto qualsivoglia onere/contriCaoduro e soci promettono di forbuzione anche non direttamente
nire uno schema di convenzione
connesso all’ambito, ulteriore
per le attività commerciali-direrispetto a quanto precisato nella
zionali previste, ma non s’impepresente...» (pag. 10). Significa
gnano a rispettare alcun paletche se durante il passaggio del
to, neppure quello di rispettare
Pat in consiglio comunale spunlo schema stesso. Il quale verrà
teranno emendamenti che i prireso noto all’amministrazione
vati giudicano a loro danno persolo dopo l’approvazione del Pat
ché magari fissano vincoli o costi
(pag. 6). Allo stato e fino a quel
più onerosi a favore del pubblico,
momento, perciò, il Comune non
loro risponderanno facendo salavrà niente in mano per sapere
tare l’accordo. Insomma: prendel’esatto valore della contropartita
re o lasciare.
commerciale.
li bonifiche del sottosuolo o messa
in sicurezza del terreno. La viabilità e i sottoservizi previsti saranno solamente interni, lasciando
alle casse comunali il peso di inserire un insediamento di tali dimensioni nella rete urbana.
Settimo: nota ambigua.
A pagina 6 si legge che l’inserimento dell’accordo nel Pat “è
propedeutico all’introduzione nel
Piano degli Interventi, che potrà
anche definire ogni esigenza regolativa senza necessità di successivo strumento attuativo”. Quest’ultima nota significa letteralmente
“senza ulteriori passaggi in consiglio comunale”, cioè senza che vi
sia, al di là del Piano degli interventi, una provvedimento ad hoc
per far esaminare all’organo sovrano deliberativo della città sul
progetto finale. Perciò, una volta
superate le forche caudine del Pat
grazie alla condizione capestro
(vedi punto sesto), e del successivo
Piano degli interventi, il piano potrebbe tranquillamente veleggiare
verso l’approdo senza più pericoli
di scendere a compromessi con
quei rompiscatole di consiglieri
comunali. Questa ambiguità (voluta?) rende bene il quadro complessivo di un’intesa che sembra
forse congegnata un po’ troppo
su misura dell’interesse privato, e
non di quello pubblico.
Le cifre
del progetto
L
’iniziativa urbanistica conosciuta come “Nuovo Menti”
è una proposta di valorizzazione
immobiliare lanciata all’amministrazione comunale berica dalla
società Vicenza Futura spa. Fra i
soci più importanti di quest’ultima figurano il Gruppo Maltauro,
la Unicomm, la Bilding Immobiliare e la Caoduro. I lotti sono
situati nella zona orientale della
città a ridosso del casello di Vicenza Est. L’iniziativa abbraccia
una superficie totale di 280.000
metri quadri. Il privato prevede la
realizzazione di uno stadio utilizzabile anche per concerti ed eventi consimili, la proprietà del quale
rimarrà comunque del proponente e non della pubblica amministrazione. Contestualmente il privato si impegna a demolire a sue
spese il vecchio stadio Menti. Per
contropartita Vicenza Futura ottiene il cambio d’uso per un’area
agricola di 110.000 metri quadri
da destinare a commercio, direzionale ed altro. L’area destinata
alle attrezzature sportive e alle
funzioni collegate non è inclusa
nei 110.000 metri quadri prima
citati. Il privato, una volta siglato
l’accordo si prende cinque anni
di tempo (prorogabili per altri
cinque) per completare il “nuovo
Menti”.
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Nel servizio a fianco l’analisi entra nello specifico, mentre sul sito
di VicenzaPiù (www.vicenzapiu.
com) saranno disponibili le versioni elettroniche di questi pezzi,
unitamente all’allegato che contiene la bozza di accordo. Ma c’è
un dato di fondo che va considerato. Non viene esplicitata alcuna
stima dei valori sul piatto di Vicenza Futura e di quelli sul piatto
del comune. Così se ne può solo
fare una a spanne. I circa 110.000
metri quadri di edificabile concessi ai privati, una volta realizzati, potranno valere (la stima è
alla grossa e fa fede ai dati dichiarati; allo stato le planimetrie non
sono state misurate) 2.000 euro
al metro quadro. Ovvero 220 milioni di lire (con cui si dovranno
coprire, ovviamente, anche tutti i
costi di realizzazione). In cambio
il comune che cosa ottiene? Una
demolizione che vale qualche decina di migliaia di euro, un nuovo stadio che non apparterrà più
all’ente pubblico, la possibilità
(tutta teorica allo stato) di riservarsi l’uso dell’arena degli eventi
per qualche giorno l’anno e dulcis
in fundo l’onere, assai gravoso per
la collettività, di realizzare una
nuova viabilità.
Marco Milioni
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flickr.com/paPisc
Dalla Serenissima alla Nestlè
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L’oro di Recoaro
ecoaro, l’unico Comune in
cui “l’acqua del sindaco” è in
bottiglia. Se a Venezia il primo
cittadino Massimo Cacciari invita i veneziani ad aprire il rubinetto e bere la “sua” acqua al posto di quella imbottigliata, nella
“Conca di Smeraldo” il sindaco
Franco Perlotto strizza l’occhio
proponendo la sua “Recoaro” in
bottiglia, orgoglio di un Comune
così ricco di sorgenti. E lo fa dai
quotidiani e settimanali di tutto il
Veneto, sorridente in una foto che
ritrae anche il monte più amato
dai recoaresi, la parete di roccia
della Sisilla, alle spalle del rifugio
Campogrosso. Un’ “acqua del sindaco” che, nel piccolo borgo montano, è anche una necessità: lo
stabilimento, pur passato dai 700
dipendenti del 1980 ai 96 di oggi,
rimane sempre la più
grande fabbrica del
paese.
Verdi e Radetzsky La scoperta
Passaggi di mano
La storia cita come delle acque
lì per l’azienda,
data per la scoperta
risale alla fine Da
che nel frattempo era
delle acque oligoentrata a far parte
minerali recoaresi del Seicento,
il 1689, tempo del opera del conte delle “partecipazioni statali” (acquisita
dominio della Sere- Lelio Piovene
dallo Stato), inizia
nissima, ad opera
il declino: subisce la
del conte Lelio Pioprima riduzione ocvene che, con grande
cupazionale con la privatizzaziomodestia, diede alla fonte il suo
ne e un taglio di 200 dipendenti.
nome (“Lelia”). Da quel momento
cosa hanno mandato via l’amministratore».
Dal 1998 ad oggi
Sanpellegrino, oggi ramo di Nesltè, è fra i leader dei produttori di
acque minerali in Italia. Conta 7
marchi: S.Pellegrino, Acqua Panna, Levissima, Nestlé Vera, Recoaro, S.Bernardo, Pejo. «Nestlè,
quando è entrata, ha lavorato bene
a livello infrastrutturale - precisa
ancora Storti -: ha investito molto,
20 milioni di euro solo in impianti
nuovi. La multinazionale ha acquistato tutte le sorgenti da Recoaro Mille alla zona del Creme.
Ne ha comprate molte, sono state
recintate, e hanno eliminato l’alpeggio per evitare l’inquinamento
delle sorgenti: questa secondo noi
va vista come una cosa indispensabile se si vuole avere un futuro
per l’acqua oligominerale, è un fattore che permette alle sorgenti di
esistere. Altrimenti sarebbero in
costante pericolo: si pensi che per
sorgenti di montagna come queste
non solo abitazioni vicine ma anche un semplice mucchio di letame
potrebbe essere letale. Banalmente, un cumulo di letame potrebbe
essere una bomba ad orologeria,
se col tempo si infiltra e inquina i
pozzi non lo togli più. L’area è stata
sottoposta anche a vincoli specifici».
Campagne, strategie e
dimenticanze
Sanpellegrino ha investito sul
brand “Recoaro” negli ultimi anni
con azioni specifiche: nel 2006
con la campagna stampa e tv “Te-
sori della nostra terra”, nel 2007
con una campagna celebrativa per
gli 80 anni del marchio e nel 2008
con una campagna advertisement
“invito all’ascolto” associata al
meteo. Quest’anno, secondo dati
aziendali, con la grande crisi Recoaro ha visto un calo della propria quota di mercato pari al 7,8%,
tutto sommato in linea rispetto al
calo generale del mercato delle acque minerali nel Nordest (meno
7,5 %, sempre fonti aziendali). In
questi anni vi è stata comunque
una costante riduzione del personale e della produzione. «Oggi siamo arrivati a 96 occupati, prima
della più recente riorganizzazione
operata da Nestlè ce n’erano 112 commenta Storti -. Quest’anno la
produzione si è attestata attorno
ai 140 milioni di pezzi. Sull’operato di Nestlè, va detto che Recoaro
è sempre risultata “compressa”
all’interno dell’insieme dei marchi del gruppo Sanpellegrino. Le
due campagne promozionali degli
anni scorsi non hanno avuto grande visibilità. Inoltre hanno sempre dimenticato di promuovere il
Gingerino, un prodotto che vive di
vita propria al punto che quest’anno, senza pubblicità, è risultato il
prodotto più venduto nel mercato
degli aperitivi. Ha retto in modo
strepitoso, è la bibita che dà remunerabilità ed equilibrio economico all’azienda. Non abbiamo mai
capito bene quale ruolo la Nestlè
riserva a Recoaro all’interno del
mercato Sanpellegrino: la Regione Veneto sta monitorando anche
la proporzione fra la disponibi-
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| In alto, il gruppo del Carega,
sopra Recoaro
flickr.com/ialla
R
Nell’anno 1986 viene acquistata
dall’imprenditore Giuseppe Ciarrapico e perde altre 50 unità, per
una produzione di circa 430 milioni di pezzi. Dal 1993 al 1995 la
fabbrica entra nell’orbita di Raul
Gardini, e passa alla gestione
“Gardini Malgara” con un taglio
di ulteriori 140 unità: ne restavano ancora circa 300. Con la morte
di Raul Gardini c’è un nuovo passaggio di mano: da questo punto
in poi, ci si può affidare alla vivida memoria di uno dei sindacalisti che, ad allora ad oggi, si sono
occupati della fabbrica di bibite.
«Alla morte di Gardini subentrò
la famiglia Mentasti - ricorda Nicola Storti, della Uil Alimentare
-; a capo dello stabilimento, come
amministratore unico e fiduciario, misero Paolo Luni. Questi aveva una forte pregiudiziale contro
l’azienda: in San Pellegrino - perché i Mentasti avevano comprato
tutto il gruppo - iniziò una guerra
interna bestiale, in particolare a
Recoaro». È in quegli anni, secondo Storti, che il marchio perde
buona parte del suo prestigio, e
che altri cento posti di lavoro vengono lasciati per strada. La “guerra”, insomma, diventa sempre più
intensa, fino al 1997: in quell’anno
si arriva al “lodo” della Regione
Veneto che fissa la forza minima
di occupati in 120 unità fisse e 30
part-time, con una produzione
attestata in 220 milioni di pezzi.
«L’anno dopo la Nestlè, che aveva una partecipazione del 20 per
cento, ha comprato tutto il gruppo - continua Storti -: come prima
flickr.com/ialla
di Andrea Alba
la storia dell’acqua si accompagna
a quella di Recoaro: nel Settecento il paese ha un primo sviluppo
diventando meta di bagni termali,
che si tramuta in un vero e proprio
“boom” nell’Ottocento, sotto il dominio austro-ungarico e soprattutto con il Regno d’Italia, dopo
il plebiscito del 1866. La stazione
curativa e idrotermale era una
delle più rinomate d’Italia, frequentata durante l’estate da nomi
quali Giuseppe Verdi, Nietzsche,
Giacomo Zanella, Radetzsky, Lamarmora, Mayerbeer, Ponchielli,
molti membri della casa imperiale
degli Asburgo e la regina Margherita di Savoia. Ma la svolta, in senso industriale, si ha nel Ventennio
fascista. Nel 1927 avvia la produzione lo stabilimento dell’acqua
“Lora”: la società era la stessa che
gestiva le terme. In pochi anni è
“boom” anche per l’acqua in bottiglia: se alla fondazione lo stabilimento contava solo 60 dipendenti, nel dopoguerra lo sviluppo
occupazionale fu verticale, si pensi che nel
1981 la fabbrica contava 700 occupati.
flickr.com/foto silenziose
Il sindaco della cittadina termale è in prima fila per il rilancio dell’acqua minerale
Storia di un’industria che ha fatto la fortuna della Conca di smeraldo
e che, nonostante licenziamenti, crisi e globalizzazione,
è ancora oggi la fabbrica più grande della zona
| La nuova campagna pubblicitaria con il
sindaco Franco Perlotto
lità di acqua e l’acqua commercializzata, perché avere un certo
quantitativo di acqua sfruttabile e
sfruttarne solo una piccola parte è
una cosa strana».
Il rilancio
Con il 2009, e l’intenzione di una
nuova riorganizzazione interna alla
Sanpellegrino, c’è stata una mobilitazione che ha coinvolto anche le
istituzioni. La Regione, in particolare per volontà dell’assessore al Lavoro Elena Donazzan, ha legato lo
sfruttamento delle sorgenti d’acqua
oligominerale su suolo regionale al
mantenimento dell’occupazione.
Ne è seguito l’accordo che, tra l’altro, ha visto l’”acqua del sindaco”
finire sui giornali con la campagna
stampa “Orgoglioso di bere minerale, orgogliosi di essere Recoaro”.
L’acqua del sindaco
«Attraverso la campagna - osserva
Uno degli obiettivi è naturalmenStefano Agostini, amministratore
te anche contrastare quanto afdelegato Sanpellegrino - vogliamo
fermato dal sindaco di Venezia,
lanciare un messaggio a tutti quegli
e rilanciare l’acqua in bottiglia.
attori istituzionali che credono nel
«Quando me l’hanvalore dell’acqua mino detto ho spiegato
nerale come imporche per me questa
tante industria per il
è acqua del sindaco
Paese e come elemenne più ne meno di
to fondamentale per Nel 1981
la salute dei cittadini. lo stabilimento quell’altra - commenta Franco Perlotto,
Il nostro obiettivo è
aveva 700
sindaco sostenuto da
di costruire un nuoun’inedita alleanza
vo modello di colla- dipendenti
Lega-Pd, un passaborazione pubblico/ Ora sono
to da alpinista ed
privato per lavorare un centinaio
esperto internaziocongiuntamente alla
nale di cooperaziovalorizzazione di un
ne ed emergenza -;
prodotto che rappregli ho spiegato che ero pronto a
senta l’eccezionalità del patrimonio
sostenere il marchio se c’era un
naturalistico italiano nel mondo».
impegno analogo dell’azienda. Il
cambio di direzione si vede, fuori
dallo stabilimento è stato rimesso
il marchio “Recoaro”. Mancava da
vent’anni». Perlotto ha voluto anche la “sua” pubblicità. «Recoaro
è un marchio territoriale come
pochi altri in Italia. Questo può
servire anche a trainare il nostro
paese, le nostre montagne - spiega
-, non a caso ho chiesto al fotografo di salire a Campogrosso e fotografare la Sisilla alle sue spalle,
la montagna-simbolo di Recoaro,
con la sua madonnina sulla cima.
Su questa parete di roccia negli
anni ‘70 abbiamo fatto per la prima volta in Italia “free climbing”,
scalato senza alcun chiodo». La
speranza, per il primo cittadino, è
che la produzione “riparta”. «Che
in questi dieci anni ci sia stato
un calo continuo è innegabile. Si
spera in un’inversione di tendenza: questo è il primo intervento
commerciale di rilievo in tanti
anni». Su questo, anche il sindacato ha da dire la sua. «Per il 2010
non ci hanno dato le previsioni di
produzione - conclude Storti - ma
presumiamo saranno in linea con
quest’anno. Per noi questo non va
bene, Recoaro deve assolutamente crescere. Per essere viva deve
tornare a 200 milioni di pezzi.
Con questo accordo, l’ultimo, che
abbiamo firmato speriamo sia la
volta buona che oltre a concedere
investimenti promozionali per un
milione di euro ripensino allo spazio commerciale del brand all’interno del gruppo Sanpellegrino.
Recoaro deve avere più spazio di
vendita. Hanno promesso di farlo,
stiamo a vedere cosa succederà».
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Ospedaletto,
il paese debilitato
Pat, le domande
L’ipotesi di creare una microarea per nomadi ha messo in subbuglio la frazione
Tra viabilità problematica, grandi opere che incombono
e servizi che mancano, viaggio in un paese diviso a metà
PdL, Lega e Udc propongono un sondaggio
sul nuovo piano urbanistico
Ecco le nostre risposte
(un po’ farlocche) del centrodestra
P
| Qui sopra, i manifesti contro i nomadi apparsi ad Ospedaletto.
Nelle altre foto alcuni scorci della frazione
di Luca Matteazzi
“
mentari, la latteria, la macelleria,
il ciabattino, un negozio di profumi e detersivi, un supermercato
che all’epoca era un signor supermercato, il dottore; la farmacia
no, quella non c’è mai stata, ma il
resto sì”. Adesso la macelleria ha
chiuso, il ciabattino anche, il negozio di detersivo lo stesso, e il supermercato è diventato un piccolo
supermercato di periferia. Rimane un negozietto chiamato trovatutto (“Perché ci trovi davvero di
tutto, e fortuna che c’è quello”),
e qualche altro piccolo esercizio:
una maglieria, un negozio di vini,
il tabacchino. “Il lotto c’è - scherza
Santinon -. E ci sono
anche tre parrucchieri”. Poco altro.
Basta fare il confronto tra un
lato e l’altro del ponte: di là
è tutto curato, ordinato, tenuto
bene, lampioncini nuovi, marciapiedi in porfido; di qua sembra di
essere rimasti indietro di qualche
decennio”. Giampietro Santinon è
una delle anime della frazione di
Ospedaletto: animatore del coro
Amici della Montagna, presidente del circolo ricreativo culturale, gestore della sala
parrocchiale,
ma
soprattutto una vita
passata lì, tra quelle
Un paese, una
case affacciate sull’ex
parrocchia
percorso della stataIl cuore del paese è
le per Treviso. “Cin- Sono rimasti
quantasette anni di bar, tabaccheria, raccolto attorno alla
Ospedaletto”, sotto- e supermercato chiesa e alle sale della parrocchia, che
linea con una punta
di orgoglio. Il ponte Per tutto il resto sono l’unico punto di
a cui fa riferimento bisogna spostarsi ritrovo disponibile
(“Anche se uno non
è in realtà il pontici crede, deve venire
cello sul Tribolo che
lì: non c’è altro”). Poi
divide praticamente
ci sono i bar, le birrerie e le pizzea metà la frazione, mettendone in
rie, che quelli sì sono rimasti. “Ma
evidenza carenze e contraddizioper i ragazzi non è proprio il masni. Il paese - perché Ospedaletto
simo”, osserva Santinon. Gli spazi
in fondo ha ancora l’anima del picverdi? “C’è un giardinetto dietro
colo paese - è uno. Ma di là, come
le elementari, ma saranno 50 medicono gli abitanti del posto, è sottri quadrati, basta appena per chi
to il comune di Bolzano Vicentino;
vuole leggersi il giornale. Il parco
di qua è Vicenza. E la differenza
giochi nuovo è di là, sotto Bolzasi sente.
no”. I campi sportivi? “Di là, li ha
fatti Bolzano, se no non avremmo
L’emorragia
nemmeno quelli”. Percorsi pedo“È un paese debilitato”, aggiunge
nali e passeggiate? “Di là”.
Santinon. In tante cose, non solo
E dire che gli spazi, in una frazionella differenza di arredo urbane immersa nella campagna, non
no tra la metà vicentina e quella
mancherebbero: c’è, ad esempio,
bolzanina. Fino a qualche decenun’area pubblica proprio di fronte
nio fa, Ospedaletto si aggirava
agli impianti sportivi (ma di qua)
sui 700 abitanti (“anni belli, ci si
sulla quale da anni erano previste
conosceva uno per uno”) e aveva
aree verdi e servizi. Le aree verdi
quasi tutto quello di cui c’era bierano inserite anche nel vecchio
sogno. “Cerano tre negozi di ali-
piano regolatore degli anni ’80,
ma non si sono mai viste: “Molti
di noi, allora bambini, pensavano
di utilizzarle per giocarci - si legge nel volantino che il Comitato
Ospedaletto Sicuro ha diffuso in
questi giorni per richiamare l’attenzione sui problemi della frazione -. Speranza delusa, lottiamo
almeno per portarci i nostri figli”.
Così come non si sono mai visti
nemmeno gi altri spazi pubblici.
“Ci si poteva fare qualcosa per gli
anziani come le piste di bocce - riprende Santinon -, o un campetto
di pallavolo, magari una passeggiata curata per collegarlo al centro del paese. Invece...”.
Invece non si è fatto niente. Così
Ospedaletto rimane un paese
tranquillo, in cui la microcriminalità che in altre zone desta allarme è quasi assente (“E’ un bel
po’ che non succede niente”), dove
le nuove lottizzazioni realizzate
negli ultimi anni sono state assorbite senza scossoni, e in cui le uniche preoccupazioni potrebbero
essere le fognature ancora assenti
(“Scarichiamo ancora nel Tribolo.
E siamo nel 2009, è possibile?”) e
l’ipotesi di un futuro microcampo
per nomadi, contro cui sono comparsi manifesti un po’ ovunque.
Potrebbero, perché in realtà la
cronica carenza di servizi, tutto
sommato comprensibile in una
frazione così piccola, è resa ancora più pesante dalla difficoltà dei
collegamenti. È la viabilità, infatti, il primo cruccio di chi vive da
queste parti.
Viabilità: promesse e attese
Le scuole medie sono ad Anco-
9
pag
questo spostamento alle porte del
netta, le poste pure, l’ambulatorio
paese, se ci sono interessi legati
medico più vicino è in viale Triealla possibile valorizzazione di
ste, e per arrivarci c’è una sola
alcuni terreni. Anche perché abpossibilità: lo “stradone”, cioè
biamo già l’autostrada che sbarra
quel chilometro di statale iperil paese dall’altra parte: se adesso
trafficata che va da villa Imperiali
ci mettono la tangenziale davanti,
al curvone di ingresso al paese.
non ci muoviamo più. Un altro po’
Senza marciapiedi, senza protee ci chiedono il visto per entrare”.
zioni, senza piste ciclabili. “Non
c’è niente - illustra ancora SantiSegnali di risveglio
non -. Quando ero ragazzino non
Battute a parte, negli ultimi temera così: c’era un po’ di marciapiepi qualcosa si sta muovendo.
de in ghiaino, e c’era lo stradino
Dopo anni di lavori finanziati da
che lo teneva in ordine. Adesso
parrocchia, regione e cittadini,
no: come fai a mandarci i ragaznel febbraio scorso ha riaperto il
zini per farli arrivare a scuola. O
piccolo teatro della frazione. E il
un anziano? Devi accompagnarli.
primo anno di attiviOppure usare il meztà sta andando bene.
zo pubblico”.
“Ogni quindici giorni
Da anni gli abitanla sala è praticamenti chiedono almeno
te piena - racconta
una pista ciclabile,
Santinon -. Adesso
ma come tutte le al- Sono anni
c’è una rassegnatre cose anche que- che si chiede
concorso che si chiusta è rimasta una una ciclabile
il 12 dicembre
promessa
sentita
per Anconetta derà
con una serata di
decine di volte ed
eternamente rinvia- Tante promesse, gala”. Non solo. La
sala sta diventando
ta. Con la rotatoria zero risultati
un punto di richianel curvone, se non
mo anche per altre
altro, chi si muove in
attività: un paio di
macchina fa un po’
settimane fa una comunità di immeno fatica, anche se recentemigrati l’ha chiesta in affitto per
mente proprio lì c’è stato un incifesteggiare un matrimonio, segno
dente mortale: “Delle rotatorie si
che l’integrazione, nel quotidiano,
può dire quello che si vuole, ma
sta facendo passi avanti. Rimane
prima non si riusciva ad uscire dal
la grande incognita della viabilità.
paese, adesso la mattina ci si muoE rimane il rischio di diventare un
ve”. Anche qui, però, la situazione
semplice satellite, un dormitorio
potrebbe cambiare: nel nuovo Pat
per la città. “Il nostro problema è
si prevede che il prolungamento
che siamo troppo vicini a Vicenza,
di via Aldo Moro passi proprio
e quindi per il lavoro e per tutte le
lì, dove ora c’è la rotatoria, invealtre cose ci si sposta; e al tempo
ce che qualche centinaio di metri
stesso siamo troppo lontani: non
più in là, come era previsto nel
riusciamo a far sentire la nostra
vecchio Prg. “Il vecchio tracciato
voce, non pesiamo. Si ricordano
segue l’elettrodotto - rimarca Sandi noi solo quando ci sono le eletinon -, dove c’è già un corridoio
zioni”. Alle ultime amministrative
non costruito: basterebbe interla frazione ha votato all’80 per
rare i cavi dell’elettricità e costrucento per il centrodestra. Se Vairci sopra la strada per prendere i
riati vuole riguadagnare posizioni
classici due piccioni con una fava.
deve darsi da fare.
Mi piacerebbe capire il perché di
opolo delle Libertà, Lega Nord
e Udc hanno lanciato un sondaggio on line sul piano urbanistico (Pat) che ridisegnerà il volto di
Vicenza per i prossimi dieci-venti
anni secondo la visione del centrosinistra di Achille Variati. Al di
là della buona volontà di “sentire
il popolo”, vanno fatte subito due
considerazioni. La prima è che in
realtà i contenuti del Pat non sono
stati sviscerati e resi pubblici se
non per sommi capi e riguardo i
progetti più grossi, e anche di questi si ha una conoscenza approssimativa, sulle generali, perciò gli
elettori non possono esprimere
un’opinione abbastanza ragionata.
La seconda è la conseguenza della
prima, con l’aggiunta di una certa
colpevole, ma legittima malizia di
chi ha stilato il questionario: l’opposizione, che deve fare l’opposizione, ha infatti dato per scontate
o volutamente travisate intenzioni
che la giunta Variati non ha mostrato di avere, o che non ha comunque inserito nel testo del Pat.
Tuttavia, ci siamo ugualmente
provati a rispondere, a queste nove
domande del centrodestra (che
potete trovare cliccando su http://
www.lamiavicenza.it/). Ecco cosa
è venuto fuori.
AREA EX DOMENICHELLI: sei d’accordo che in
quest’area siano inseriti:
centro sociale, uffici comunali, nuovo comando di Polizia Municipale? Sì, no, non mi
interessa
Il centro sociale, stando alle carte e alle dichiarazioni dell’amministrazione, non ci sarà. Quanto
meno non nell’accezione comune
del termine, cioè uno spazio di
proprietà pubblica dato in autogestione ad un gruppo di ragazzi
in genere di precise idee politiche
(estrema sinistra). Si è parlato invece di centro culturale e giovanile. Questa, perciò, è una domanda
trabocchetto per solleticare l’intolleranza dell’opinione pubblica
di centrodestra verso il mondo
dell’ex Ya Basta. Sul nuovo comando dei vigili, di per sé, non si
vede perché no, ma il giudizio su
questo va messo assieme a quello
sul nuovo municipio, per il quale
rimandiamo ad una risposta successiva.
AREA SAN BIAGIO: quale futuro per il polo san Biagio?
Centro storico culturale, nuovi
fabbricati residenziale/commerciale, parcheggi.
Parcheggi a parte, il Pat dell’assessore Francesca Lazzari sogna
per San Biagio sia un centro mu-
con Hullweck oggi
consigliere
comunale Pdl: «in
Comune, su input
della precedente
amministrazione
che ha lanciato il
bando e lo ha cavalcato per due
campagne
elettorali, sono state
presentate 1.498
richieste di nuova
capacità edificatoria: 239 domande hanno già
ottenuto risposta all’interno dei
piani frazione e come annessi ruAREA ZONA EST AEROPOR- stici; delle 1.259 domande rimaTO DAL MOLIN: quale vuoi nenti, 300 sono relative al consoche sia la futura destinazione lidamento urbano previsto nella
dell’area? Aeroporto, eliporto nuova pianificazione e quindi sa(senza elicotteri), parco pubblico, ranno accolte; 146 sono già accolte perché rientrano negli accordi
parco pubblico più eliporto.
L’aeroporto continua ad avere il sottoscritti con i privati; 263 insisuo strenuo difensore in Claudio stono in aree agricole caratterizCicero, ma ormai è fuori dalla zate da edifici preesistenti e perrealtà: non c’è un imprenditore ciò rappresentano un’espansione
che ci creda ed esca di tasca le razionale, quindi condivisibile. Ne
palanche necessarie, e la base restano ancora 550, di cui 65 riamericana che sorgerà a fianco è guardano aree vincolate dove non
stata la pietra tombale di un fal- è ammesso costruire e 40 sono
limento tutto vicentino. Anche fra intercettate dalla variante alla
i contrari dalla base c’è chi, come SP46 e per questo non possono essere accolte. Rispetto
Franca Equizi, vealle rimanenti 445,
drebbe bene una pictutte su aree agricocola pista per l’aerole senza preesistenze
club e per voli privati
e senza sottoservizi,
a chiamata. I riforposso dire che non
misti del Patto per Dal Molin est?
vogliamo illudere le
Vicenza vorrebbero Bene parco
persone come altri
un “bosco urbano” e
anno fatto, ma che
l’eliporto. In realtà ed eliporto
cercheremo di acquesta domanda do- Ma senza
cettare tutte le dovrebbe essere riformande che rientrano
mulata chiedendo se nuove
nell’articolo 57 del
si vuole o no la base edificazioni
Pat, che consente
Usa, ma ormai sial’edificazione quanmo fuori tempo masdo l’alloggio rappresimo. Tutta l’area
sarebbe stata magnificamente senta davvero un risposta ad un
convertibile a verde, senza aerei, fabbisogno di rilevanza sociale».
elicotteri e tanto meno parà della Ulteriore chiarimento sulle aree
173sima brigata aviotrasportata agricole è arrivato giovedì 19 nodell’esercito statunitense. A que- vembre: «La Regione non ha consto punto, un parco pubblico più diviso l’ipotesi di dare parere poeliporto sarebbe forse la soluzione sitivo alle istanze di chi, sulla base
preferibile. Basta non si costrui- del bando promosso dalla precesca altro (a buon intenditor, poche dente amministrazione, chiedeva
parole: vero signori del mattone nuova edificazione in area agririmasti a bocca asciutta dal fa- cola: l’indicazione regionale è di
dare parere positivo solo in caso
moso “indotto” della Ederle 2?).
di aggregato abitativo preesistenBANDI INTERESSI DIFFUSI te pari ad almeno cinque abitazio(B.I.D.): è giusto che il P.A.T. ni». C’è da dire che una parziale
abbia cancellato le richieste risposta alle richieste del Bid la
dei cittadini? Sì, no, non mi in- dà il piano-casa recepito dalla
maggioranza di centrosinistra a
teressa
Non le ha “cancellate”, le ha dra- fine ottobre. In ogni caso, l’idea
sticamente ridotte. Il sindaco Va- del bando in sé non è sbagliata.
riati ha illustrato così il ridimen- La difficoltà sta nell’escludervi
sionamento del bando ideato da categoricamente gli interessi di
Maurizio Franzina, ex assessore costruttori e immobiliari e di conseale, archivistico e culturale che
abitazioni, uffici e negozi di vicinato. Sogna perché bisognerà vedere nel concreto, con la fase due
(il Piano degli Interventi), quanta
porzione di terra verrà mangiata
dall’area culturale e quanta dal
residenziale/commerciale.
Ricordiamoci che in centro città le
attività commerciali languono e
le case sfitte sono più di 2 mila.
Meglio un vero polo dove risistemare la biblioteca Bertoliana, dotato, perché no, di un parcheggio
riservato ai fruitori, che poi sono
studenti e anziani.
ciliarlo con il disegno strategico
della città.
CAMPI NOMADI: ritieni opportuno prevedere 5 micro
campi nomadi al costo di €
650.000? Sì, no vanno eliminati
anche gli esistenti, ne è sufficiente
uno.
Uno solo sarebbe una sorta di riedizione del ghetto di ebraica memoria. I cinque previsti sono stati
stralciati dal Pat, e la domanda
diventa automaticamente superata dagli eventi. Le microaree
sarebbero state un passo avanti
rispetto alla situazione attuale.
Anche se, in generale, non ci dovrebbe essere nessun campo per
sinti e rom, che vanno aiutati a
trovarsi una casa e un lavoro
come tutti.
MU N ICIPIO/T R IBU NA L E:
dove ritieni giusto collocare
gli uffici comunali? Dove sono
ora, area ex Domenichelli, teatro
nuovo (viale Mazzini), nel vecchio
tribunale.
Il vecchio tribunale non presenterebbe vantaggi rispetto all’attuale collocazione storica, fra
Palazzo Trissino e Palazzo degli
Uffici in piazza Biade: praticamente sarebbe un trasloco inutile.
L’idea della giunta è di trasferirli
nell’area ex Domenichelli per rivitalizzare la zona di viale Milano. Il
fatto è che lì i terreni da acquistare sono privati, mentre accanto al
nuovo teatro non si dovrebbe procedere a nessun acquisto perché
il terreno è già del Comune. Dal
punto di vista finanziario, perciò,
converrebbe questa seconda ipotesi.
STADIO: sei d’accordo a spostare lo stadio a Vicenza Est?
Sì, no meglio il Menti ristrutturato, non mi interessa.
In questo numero diamo conto dei
dubbi e delle zone d’ombra dell’intesa preliminare fra Comune e
privati del consorzio Vicenza Futura. Al di là del merito specifico,
l’amministrazione intende il nuovo stadio come un sito per eventi
e spettacoli di grosso calibro, perciò fuori città è meglio che dentro.
Senza contare che il Menti, per
la zona in cui è collocato, è inadeguato rispetto a tutte le nuove
norme sulla sicurezza negli stadi.
TANGENZIALE: condividi la
realizzazione della tangenziale Nord? (prolungamento di
via Aldo Moro) Sì, no, non mi interessa.
Chiaro che messa così siamo d’accordo tutti, dato che una tangenziale a nord che assieme alla sud
costituisca una circonvallazione
attorno alla città contribuisce
ad una mobilità complessiva più
comoda e veloce. I problemi però
sono due: come si srotolerà sul
territorio, speriamo nel modo
meno invasivo possibile per la vivibilità di zone come Saviabona e
Anconetta, e quanti mezzi militari
americani ingolferanno il suo percorso per fare la spola fra Ederle 1
ed Ederle 2. Perché la tangenziale
nord, che nasce povera in canna
quanto a finanziamenti statali
(gli Americani si guardano bene
dallo scucire un dollaro per opere
utili a loro ma fuori dal perimetro
delle loro caserme), vedrà la luce
chissà quando anche per collegare le due basi.
ZONA STADIO: nel caso in cui
si sposti lo stadio quale destinazione prevedere all’area?
parco pubblico e parcheggi, polo
universitario, residenziale e polo
meccatronica ITIS Rossi.
Cosa mettere al posto del Menti
mandato in pensione e demolito?
Il Pat parla di polo della meccatronica ed eventualmente di
alloggi universitari. Ecco, non
vorremmo che ci siano più alloggi che meccatronica, e che poi
questi alloggi rimangano sfitti
per poi essere messi sul mercato
come appartamenti per famiglie:
avremmo ottenuto così l’ennesimo quartierino residenziale per il
profitto dei soliti furbetti. Un polo
universitario con adeguato sfogo
verde sarebbe l’ideale, ma senza
speculazioni edilizie, please.
172 del21 novembre 2009
focus
numero
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172 del21 novembre 2009
blog
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numero
Condominio 3, l’integrazione
parte dal vicino. Di casa
Multe e pericoli,
Ad Arzignano il primo progetto di mediazione civica capillare:
30 mediatori sempre reperibili per risolvere i contrasti
In dieci mesi oltre cento interventi: molti successi,
ma tanto lavoro è ancora da fare
Giro di vite sui ciclisti che non rispettano il codice della strada. Giusto
Ma non si dimentichino i continui pericoli che minacciano chi si muove in bici
e i tanti ostacoli che ancora costellano la città
trasgressioni su due ruote
N
di Giulio Todescan
G
europeo, non c’è un progetto simile per numero di persone coinvolte, che sono oltre 1.700 nei primi
dieci mesi» spiega Roberto Fumagalli, responsabile del progetto.
I numeri
Quindici mediatori professionisti, provenienti dal master in
mediazione familiare, civica e
penale dell’Università patavina,
affiancano nelle strade della vallata dell’Agno altrettanti mediatori non professionisti, che hanno
seguito un corso di formazione
organizzato dal master stesso. I
quindici non professionisti fanno
parte della comunità migrante
arzignanese e, come gli altri, girano in lungo e in largo o accolgono nella loro sede le persone
che si rivolgono al servizio, oltre
ad essere reperibili 24 ore su 24
Eccellenza europea
tramite grazie ad un numero verLo fanno ogni giorno da dieci
de. I numeri dei primi dieci mesi
mesi i trenta mediatori civici del
sembrano confermare l’utilità del
progetto «Condominio 3» di Arservizio: oltre 110
zignano. Dove il 3 sta
«progetti», ovvero
per «Regole, Rispetto
interventi per risole Solidarietà per una
vere le più svariate
cittadinanza condiforme di conflitto,
visa». Si tratta di una In dieci mesi
dei quali 44 concluvera e propria «eccel- 17 interventi
si
positivamente,
lenza» del nostro ter- nelle scuole,
con il ripianamento
ritorio, dal momento
dell’incomprensione
che è il primo, e fino 36 nei
o del litigio. Sono 17
ad ora unico, servizio condomini,
gli interventi nelle
di mediazione civica 41 tra privati
scuole, 36 nei concapillare in Italia e
domini, 41 fra priin Europa. «Il provati cittadini: fra
getto, finanziato dal
datore di lavoro e lavoratore, fra
Ministero delle politiche sociali
vicini di casa, e così via.
e gestito per la parte formativa
dall’Università di Padova, sarà
In classe...
presentato come buona pratica al
Il fulcro dei micro-conflitti è il
Forum mondiale della mediaziorapporto non sempre sereno fra
ne che si terrà in Venezuela dal 27
«comunità accogliente» e «coal 29 novembre. Siamo il primo
munità migrante». «Un progetesempio nel nostro genere a livello
flickr.com/urbatem
ira e rigira, alla fine si ritorna
sempre lì: gli odori, i rumori,
i corpi, il pianerottolo da pulire,
la diversità di linguaggi o accenti.
L’intolleranza - come la possibile
convivenza pacifica e costruttiva passa per di qui, e forse per capire
il successo della Lega nei nostri
territori può valere di più passare una giornata in un condominio
«multietnico», lì dove nascono e
si incancreniscono le mille paure
quotidiane abilmente solleticate
dai politici «padani», che mille
convegni sulla politica post-ideologica.
to è considerato concluso solo
quando le due parti dichiarano
di non aver più nulla da recriminare» dice Fumagalli. «Un intervento particolarmente riuscito
è stato in seguito a un conflitto
in una classe di Arzignano, con
conseguente denuncia da parte
di un genitore il cui figlio è stato aggredito - racconta ancora il
responsabile -. I due minori sono
stati sospesi dalla scuola, ma a
quel punto i mediatori hanno
lavorato con loro affinché la sospensione diventasse educativa
e pedagogica, non solo punitiva.
Quando sono ritornati in classe,
i compagni li hanno visti entrare
dalla porta mano nella mano. I
due bambini hanno prodotto un
cartellone insieme, che è stato
appeso in classe. Loro si sono riconciliati, e poi lavorando con i
carabinieri abbiamo fatto sì che
fosse ritirata la denuncia, facendo trovare un punto di incontro
fra i genitori dei due minori».
mati nel condominio Cartanese,
… e nelle case
dove la situazione, a detta degli
Arzignano, Chiampo, Montecamministratori di condominio,
chio, Montorso, San Pietro Musera disastrosa, un ghetto. Risolina, Altissimo: sono i comuni
fiuti ammonticchiati fuori dai
dove il servizio di mediazione
portoni, automobili
arriva. Comuni ad
abbandonate, sporco
alta densità mispazi comuni
grante e dove, reA Montecchio negli
- continua Fumacentemente, si sono
galli -. L’azienda che
insediate molte am- ci siamo
gestisce i rifiuti non
ministrazioni della incontrati
passava più a ritirare
Lega Nord. «Ci sia- con il Comune
l’immondizia perché
mo incontrati con
non veniva diffel’amministrazione per la
renziata.
Abbiamo
di Montecchio per questione
incontrato le 33 fadiscutere del pro- panchine
miglie che ci vivono
blema delle pane abbiamo fatto forchine che il Comumazione, insegnanne ha tolto ad Alte
do la pulizia degli spazi comuni.
Ceccato. Siamo stati invitati a
Insieme ai bambini abbiamo crepartecipare al prossimo incontro
ato un giornalino a fumetti, in cui
fra Comune e amministratori di
i più piccoli spiegavano agli adulcondominio». Sono stati portati
ti come si fa raccolta differenziaa termine fino ad ora cinque inta. Ora il condominio è tornato
terventi «condominiali» a Monpulito, ma il nostro lavoro non è
tecchio, altrettanti a Chiampo.
finito: ora va mantenuto tale».
«A Chiampo siamo stati chiapresso pizzeria da Mario
music & drinks
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venerdì aperto fino alle 3,00 • sabato aperto fino alle 4.30
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on so se qualcuno ha mai sentito la storia di Guido Trenti,
ciclista professionista che qualche
tempo fa, durante un allenamento,
si schiantò contro un’auto sbucata
da una strada laterale senza dare
la precedenza, uscendone letteralmente con le ossa rotte. Qualche settimana di convalescenza e
poi, quando ancora era costretto
a nutrirsi con una cannuccia per
le conseguenze dell’incidente, la
beffa: a casa gli fu infatti recapitata una contravvenzione perché la
sua bici, al momento dell’incidente, era sprovvista del campanello
che secondo il codice della strada
è invece obbligatorio per tutti i velocipedi.
Le multe
L’episodio mi è tornato in mente
perché anche a Vicenza, la notizia
è di ieri, la polizia municipale ha
iniziato a tener sotto osservazione e a sanzionare i ciclisti: dieci i
multati nella sola giornata di sabato, in parte perché viaggiavano
contromano in corso San Felice,
in parte perché avevano svoltato a
sinistra in fondo a corso Palladio,
all’uscita di piazza Matteotti, e in
parte perché circolavano senza fanale. Qualcuno pure con qualche
aggravante, come il fatto di circolare ubriaco, di parlare con il cellulare o di pedalare troppo velocemente. Da ciclista dico: ben vengano i controlli, e anche le multe,
se date con un po’ di buon senso.
Circolare contromano, ad esempio, è sicuramente pericoloso, così
come muoversi di sera senza luci.
Rimango più perplesso di fronte all’eccesso di velocità: a meno
di non chiamarsi Fabian Cancellara, infatti, o di non buttarsi in
picchiata dalla pontara di Monte
Berico, anche solo avvicinarsi ai
50 chilometri all’ora in bicicletta
è ardua; superarli quasi impossibile. Ma forse il ciclista in questione, pur muovendosi a velocità
più contenuta, stava sfrecciando
in una circostanza oggettivamente
pericolosa, ad esempio tra le auto
incolonnate.
Rigore
Detto questo, mi auguro che ci sia
altrettanto rigore anche per tutti
quei comportamenti, e sono tanti,
che mettono a rischio l’incolumità
dei ciclisti, come chiunque provi
a spostarsi in bicicletta per le vie
della città sperimenta ogni giorno.
E non mi riferisco ai comportamenti più difficili da sanzionare:
| Auto in sosta lungo la ciclabile di Sant’Agostino.
so bene che vedere multate le auto
che ti sorpassano per poi svoltare improvvisamente a destra, tagliandoti la strada e obbligandoti
ad inchiodare, rimarrà un sogno.
Così come rimarrà un’utopia vedere contravvenzionato chi esce
da una strada laterale senza dare
la precedenza, chi si butta in una
rotatoria anche se in mezzo c’è già
una bici (che quindi ha diritto di
passare), e i tanti che dopo aver
parcheggiato spalancano la portiera senza nemmeno provare a
guardare se c’è qualche ciclista in
arrivo. Però si potrebbe almeno
provare a fare qualche controllo
su altre cattive abitudini, più facilmente intercettabili e punibili. Ad
esempio su chi parcheggia nelle
ciclabili.
In media vengo in città in bicicletta due o tre volte alla settimana e,
per quanto possa sembrare paradossale, nel tragitto tra casa mia
e l’ufficio il tratto più pericoloso
è la pista ciclabile di Sant’Agostino, in particolare nel tratto che
va dall’incrocio con via del Lavoro a quello con via dell’Industria.
I motivi? Le auto e i furgoni che
sbucano dai cancelli laterali senza
far caso alle bici, i camion che si
fermano per il carico-scarico delle
merci proprio sulla ciclabile, e soprattutto le auto che parcheggiano
sulla corsia riservata alle due ruote, obbligandoti a salire sul marciapiede o a buttarti in strada. Ce
ne sono sempre, di giorno come di
sera. Di multe, invece, non ne ho
mai vista neanche una.
Punti critici
C’è poi un altro punto da sottoli-
neare. Alcuni dei comportamenti multati nei giorni scorsi sono
spiegabili (sottolineo: spiegabili,
non giustificabili) con le scelte viabilistiche fatte in città negli ultimi
anni. Scelte tutte orientate a fluidificare il traffico veicolare, anche
con buoni risultati, ma che molto
raramente hanno preso in considerazione le esigenze dei ciclisti.
Qualche esempio. Chi arriva da
ovest, poniamo da viale Verona,
ed è diretto in centro, una volta
arrivato alla rotatoria tra viale
Mazzini e viale Milano non può
proseguire dritto. L’unica è buttarsi in viale Milano e allungare
il giro passando davanti alla stazione per poi risalire viale Roma:
ora, se questo costa poco o nulla a
chi è in auto, diventa invece un bel
pezzo di strada in più (e di strada
pericolosa in più) per chi si muove in bicicletta. Stesso discorso
dall’altro capo della città: per imboccare corso Padova chi arriva da
viale della Pace deve infilarsi in via
Quadri fino alla rotatoria con via
Pizzocaro, allungando non di poco
il tragitto. Se in auto può essere
conveniente fare un chilometro di
strada a ritmo scorrevole piuttosto
di duecento metri incolonnati, in
bici lo stesso ragionamento non
funziona. E a forza di creare ostacoli e strettoie, si finisce che la bici
rimane in garage. Allora, cara amministrazione, accanto alle multe,
inizia a pensare anche a come rendere Vicenza più pedalabile. Con
un po’ più di fantasia, e se necessario di coraggio, di quanto mostrato
finora.
Luca Matteazzi
11
pag
Rifondazione:
“Più diritti per rom e sinti”
Ma l’integrazione
non si fa coi campi-ghetto
Gentilissimo Mannino,
Leggo sul settimanale Vicenzapiù n.171 a p. 10 un suo articolo
“Campi nomadi? Ecco perché
no”. Non comprendo perché tanta
ostinazione contro questi cittadini che non sono nomadi o zingari, ma sinti e rom, al fatto che
possono vivere tranquillamente
ed educare i propri figli in un
ambiente sereno e igienicamente adatto ad ogni essere umano.
Non capisco perché invece di racchiuderli in “campi di concentramento”, non possiamo seguire le
linee civili designate in Europa e
in altre città italiane, dando loro
la possibilità di avere delle aree
dove risiedere unicamente con la
loro famiglia. Una famiglia che
seguendo la loro tradizione che
fino a qualche tempo fa era anche
la nostra, è allargata. Ha ragione
a dire che dei cittadini non possono usufruire solamente dei diritti, ma hanno anche dei doveri e
mi sembra che anche questi cittadini ne siano a conoscenza, tanto
che fino ad ora a loro è stato solo
chiesto, ma le amministrazioni
comunali, non hanno mai fatto
nulla per loro. Anzi da anni cercano di avere colloqui con gli amministratori per rivendicare che
il campo dove li hanno insediati
non è a norma igienico sanitaria,
che hanno gli estintori fuori uso,
che esistono due bagni per 90
persone, ma tutti sono sempre
stati sordi. Quando finalmente è
sembrata arrivare una soluzione
ai loro problemi ecco che i soliti
cittadini maggioritari impauriti
dagli stereotipi mediatici, bloccano tutto. Dove sono quindi i loro
diritti di cittadini? A me sembra
che siano stati nuovamente calpestati. Per quanto riguarda l’integrazione debbo affermare che
questi cittadini, pur mantenendo
le loro tradizioni si sono integrate benissimo, essendo - almeno
per quanto riguarda i sinti - da
millenni cittadini italiani e da
generazioni cittadini vicentini.
Alcuni di loro infatti, hanno fatto
richiesta di unità abitative comunali e altri invece proprio per loro
cultura preferiscono vivere nelle
“campine”. Certo non pretendo
che qualcuno di noi maggioritari borghesi, abituati a vivere comodamente nelle nostre quattro
mura possa comprendere questo
modo di vivere, ma certo potrebbe proprio per una interazione,
anzi integrazione con queste
comunità, accettarlo. La invito
comunque a fare un giro con me
al campo di Viale Cricoli e a conoscere queste famiglie per comprendere quanto non siano diverse dalle nostre e forse potrebbe
ricredersi su alcuni costrutti che
spesso ci costruiamo.
Cara signora Rui,
le rispondo con ordine. A chiarire per primo che è sbagliato
chiamarli nomadi sono stato io
nell’articolo. Proprio per questo,
e cioè per il fatto che sono stanziali e molti di loro cittadini regolari a tutti gli effetti, secondo
me la soluzione non può essere
quella prospettata dall’assessore
John Giuliari e caldeggiata da lei
e, deduco, dal suo partito. Perché,
invece di avere due grandi “campi di concentramento”, come li
chiama lei, ne avremo cinque,
solo più piccoli. E’ proprio la logica del ghetto, anzi dell’autoghettizzazione che ho contestato
e che contesto (e che mi compiaccio di vedere abbandonata dalla
giunta di centrosinistra, che ha
proceduto allo stralcio dal Pat
delle micro-aree osteggiate da
parte del Pd e criticatissime dal
Pdl). Alcuni di loro hanno fatto
richiesta per case popolari? Benissimo: questa è la strada giusta. Quella, ribadisco, per cui il
Comune deve sì farsi carico di
questa minoranza, ma a patto
di metterla sullo stesso piano di
parità col resto della popolazione
bisognosa. Nessuna ostinazione
o pregiudizio da parte mia, come
vede, semmai il contrario. L’ultima questione, che poi è quella
di fondo, è l’accettazione di uno
stile di vita diverso dal modo di
vivere della maggioranza, che
nel caso dei rom e sinti s’identifica con la “famiglia allargata”,
con il clan. Ora, poniamo che io
volessi vivere in una comune hippie, e che perciò necessiti di uno
spazio sufficientemente grande e
separato per impiantarci la mia
comunità di fricchettoni. Dovrei
comprarmi un terreno, dopodiché sarei libero di invitarci
dentro chi mi pare e realizzare
la mia società alternativa. Non
sarebbe anche questo un “modo
di vivere” da rispettare? Eppure non potrei avanzare nessun
diritto particolare all’amministrazione pubblica, se non quello di lasciarmi in pace. So bene
che qui stiamo parlando di una
parte di popolazione con caratteristiche etniche e culturali sue
proprie, ma insomma, parliamoci chiaro: non si può pensare
all’integrazione “a pezzi”, un po’
sì e un po’ no, cinque campetti al
prezzo di due, evitando di affrontare i nodi essenziali che sono
un’abitazione come tutte le altre
e un lavoro che li inserisca nel
tessuto sociale. Oppure niente, si
dica pure no al dogma dell’integrazione a tutti i costi, qua mica
siamo fissati. E allora essi stessi
per primi, gli eredi dei gloriosi
nomadi, tornino ai loro antichi,
nobilissimi, errabondi costumi.
Irene Rui
Resp. dipartimento per le politiche migratorie ed etniche
Rifondazione Comunista Federazione di Vicenza
Alessio Mannino
fiabe
172 del21 novembre 2009
numero
12
pag
“Il povero Pinocchio corse subito al focolare, dove c'era una pentola che bolliva e fece l'atto di scoperchiarla, per vedere che cosa ci fosse dentro, ma la
pentola era dipinta sul muro. Figuratevi come restò. Il suo naso, che era già lungo, gli diventò più lungo almeno quattro dita.” (C. Collodi)
Il fossile L’elefante
Il fossile fu
molti anni fa
fiore o conchiglia
mollusco od insetto
ora è spirale
in forma di pietra
e racconta una storia
lontana e segreta
Il fossile fu
in forma di vita
prima dell’uomo
e dei dinosauri
Il fossile fu
all’inizio del mondo
Il fossile fu
molte ere fa
un mondo di future
possibilità
Pino Costalunga
Illustrazioni
di Benedetta Pasetto
Gigante
Elefante
D’argento
Elefante
Zanne bianche
quante?
Ne ha due
Elefante!
Spruzzante
Elefante
Bastimento
Elefante
Zampe grosse
quante?
ne ha quattro
Elefante!
Obbediente
Elefante
Paziente
Elefante
l’uomo non ha
virtù così tante
Pennina
e il grande volo
Errata corrige
Anche le filastrocche Leone, L'acquario e L'asino pubblicate nel numero 170 erano lavori di Pino Costalunga. Per un
disguido tecnico in fase di impaginazione è saltata la firma
dell'autore. Ce ne scusiamo con l'interessato e con i lettori.
La chiamarono Pennina perché aveva la forma di una piccola penna di pettirosso. Era stata l’ultima fogliolina a spuntare sul ramo e tutte le sue sorelle ricordavano il giorno in
cui era venuta al mondo.
- E come potremmo dimenticarlo! - sussurravano tra loro
quando il vento della sera solleticava il loro maestoso faggio sul limitare del bosco. Nessuna foglia con un minimo
di clorofilla nelle venature si sarebbe mai sognata di venire al mondo in una giornata come quella! Era accaduto un
mattino della seconda settimana di marzo: il sole, che nei
giorni precedenti aveva risvegliato la terra assopita facendo
fremere tutti gli alberi del bosco, era d’un tratto sparito. Il
cielo si era oscurato, era iniziato a piovere a dirotto e un
vento gelido ululava tra i rami del faggio. Le piccole foglie,
spuntate da poche ore ai teneri raggi del sole, s’erano strette al ramo tutte intirizzite. Mentre cercavano di difendersi
da quell’improvviso cataclisma, Verdina, la foglia più vicina
alla punta del ramo, esclamò :
- Sorelle! Sta spuntando una nuova foglia!
Le altre inquiline del ramo si voltarono a fatica, lottando
contro il vento e la pioggia.
- Con questo tempo!
- Impossibile!
- Cose da pazzi!
Pennina, mentre le compagne frusciavano tra la tempesta,
mise fuori la testa dal ramo e si guardò intorno. Era la prima volta che vedeva il mondo e in quel momento le sembrò davvero brutto, ma pensò che ormai era spuntata e non
poteva tornare indietro. Si affacciò verso Verdina, sorrise
e disse:
- Ciao!
Verdina la salutò con un rispettoso inchino e la scrutò a lungo con l’aria severa .
- Qua fuori è sempre così? - chiese allora Pennina per rompere il ghiaccio.
- No, ma adesso non mi parlare.
- Perché? Ho fatto qualcosa di male?
- Sì, hai occupato il
mio posto.
- Il tuo posto? Ma qui
ci stiamo bene tutte…
- Ma il posto sulla
cima del ramo era
mio!
Pennina all’improvviso si sentì triste e
si pentì di aver scelto
quel giorno per spuntare. Si ripiegò su se
stessa e per il resto
della giornata non
parlò più.
Il giorno seguente il
sole splendeva di nuovo nel cielo, i raggi si
riflettevano sui rami
fiabe
ancora umidi, rimbalzavano sui sassi e cadevano tra l’erba bagnata. Pennina non poté resistere a quello spettacolo.
Era la prima volta che vedeva così tanta luce, così tanto verde attorno a sé. Dimenticò il giorno prima e si sentì la foglia
più felice del mondo. Avvertiva un desiderio di muoversi, di
correre lungo il ramo, di farsi trasportare dal vento che la
accarezzava lieve e caldo, ma non riuscì a muoversi dal punto in cui si trovava. Si voltò allora verso le sorelle e rimase
di stucco. Le altre foglie del ramo erano cresciute di almeno
due centimetri rispetto a come le aveva viste il giorno prima. Cercò allora di guardare la propria superficie e notò
con delusione che lei era cresciuta molto meno rispetto alle
sorelle. Mentre era intenta ad osservare il proprio corpicino sentì uno strano fruscio poco lontano. Alzò lo sguardo e
vide le sorelle ridacchiare.
- Ah, ah, questa è bella - dicevano tra loro, - deve essere
per il fatto che è nata col tempaccio di ieri. Le ha bloccato
la crescita!
- Ma ci pensate? - ghignava una, - non produrrà mai quanto
noi!
E un’altra aggiungeva: - Sarà un peso per il ramo e un’eterna incapace!
E ridacchiavano. Pennina cercò di non far caso alle loro
parole ma non poté più fingere di non sentire quando le sorelle composero una filastrocca che le recitarono beffarde.
Suonava così:
Un giorno di pioggia è nata Pennina
La più brutta tra tutte, la più piccolina!
Tenta di essere simile a noi,
ma è tonta, minuta e non crescerà mai!
La ripetevano tra loro e ridacchiavano maligne. Quando lei
si voltava le altre si giravano tutte verso il tronco, offrendole le spalle. Così Pennina cominciò a guardare giù, verso il
prato che si estendeva a pochi passi o un po’ più in su, in direzione del bosco. Osservava le lucertole che si appostavano
al sole, le formiche operose e i ragni che tessevano le loro
tele brillanti ai raggi del mattino. E avrebbe voluto unirsi
a loro, muoversi anche lei, correre, camminare, gettarsi in
volo. Come le sarebbe piaciuto vedere il mondo, abbracciarlo tutto con uno sguardo! E invece era costretta a starsene
su quel ramo, tutta sola, senza mai parlare con nessuno.
Al mattino una lacrima di rugiada le rigava il corpicino:
scendeva seguendo le venature e precipitava a terra con un
tonfo. La sua non poteva certo dirsi una vita felice, eppure
ogni mattina, quando vedeva il sole spuntare in lontananza, sentiva dentro di sé il brivido che aveva provato il giorno
in cui era nata. Allora per un attimo la certezza di essere
sola svaniva e Pennina si sentiva parte di quello spettacolo
unico e sempre nuovo che ogni mattina si ripeteva davanti
a lei. Nelle sere di giugno, benché non fosse cresciuta più di
un paio di centimetri da quando era nata, Pennina volgeva
lo sguardo verso il sole che tramontava. Si lasciava colorare
le gote dai raggi color fuoco e poi guardava verso il bosco,
dove il terreno sembrava bruciare, tanto era colore del sole.
Avrebbe voluto andare fin laggiù, correre a vedere, ma la
stessa forza che l’aveva tenuta ferma quando era spuntata la
teneva sempre ancorata al ramo. Avrebbe desiderato chiedere alle sue sorelle, che parlottavano sempre tra loro senza
mai coinvolgerla, ma non le avrebbero mai rivolto la parola.
Pensò allora di chiedere ad un uccellino, uno di quelli che si
posavano al mattino a pochi centimetri da lei, facendo ondeggiare la punta del ramo, ma alla sera essi tornavano nei
propri nidi e poi lei non parlava il loro linguaggio.
- È inutile - mormorò triste Pennina, - non saprò mai com’è
fatto il mondo. Fu allora che avvertì un brivido più forte
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13
pag
Conosci il tuo nome ?
ANNA
Questo bellissimo nome palindromo, cioè che si legge nello stesso modo da sinistra a destra e viceversa, ha una derivazione ebraica: significa “ Dio ha concesso la grazia”.
Ma il nome esisteva anche nell’antica Roma, così infatti
si chiamava la dea Anna Perenna, alla quale si sacrificava
per poter passare felicemente da un anno all’altro. Perciò
“Anna” non era altro che l’anno al femminile, cioè la Luna,
che determinava il tempo ruotando intorno alla Terra. Tutte
le bambine che portano questo nome hanno perciò il viso
splendente come quello del nostro satellite e amano la notte.
Il loro onomastico si festeggia il 26 luglio. Il poeta Giorgio
Caproni dedicò a sua madre Anna questi dolcissimi versi:
Come scendeva fina
e giovane le scale Annina.
Mordendosi la catenina
d’oro, usciva via
lasciando nel buio una scia
di cipria che non finiva.
ROBERTO
È uno dei nomi più diffusi in Europa. Il suo significato è
“l’illustre famoso” e deriva dal germanico antico. La storia ci tramanda figure di uomini illustri (appunto!) che si
chiamavano così: Roberto il Guiscardo, che creò il regno
normanno nel sud Italia e Roberto d’Angiò, re di Sicilia. I
bambini che portano questo nome dovranno faticare molto per esserne all’altezza. Festeggeranno l’onomastico il 29
aprile oppure il 13 maggio.
Libri belli belli
Per bambini che amano le avventure
divertenti e scoppiettanti e che credono
fermamente che al mondo non c’è niente
di inutile, neppure l’aria che esce dalla
pancia. Dai nove anni.
Il dottor Prottor
e la superpolvere per Petonauti
di Jo Nesbo
Salani
Per bambini che perdono i denti da
latte e che hanno gli stessi problemi
di crescita di un bambino-vampiro.
Dai sette anni.
Vampiero,
morderò un bambino vero
di Nicola Cinquetti
Raffaello
Per bambini-fiori in cerca della loro
casa ideale, un racconto pieno di
poesia dalle magnifiche illustrazioni.
Dai cinque anni.
Rosso papavero
di Anselmo Roveda, Chiara Dattola
Lapis
“…Non c’è conquista più grande che insegnare la magia
della lettura a un bimbo di sei anni…”
J. Mcbride
educatori e insegnanti
Galla Girapagina Viale Verdi 26 a Vicenza
lungo il dorso e
attraverso le venature. Si voltò,
ma dietro a lei non
c’era nessuno.
In quello stesso
istante udì una
voce che la chiamava.
- Chi è? - chiese
Pennina.
- Sono io - rispose
la voce.
- Io chi?
- Io, il vento. Non
mi senti? Da mesi
volevo parlarti. Di
solito non lo faccio, passo tra voi
foglie e vi lascio
parlare tra voi,
perché so che non mi amate.
- Davvero? - domandò Pennina. - E perché?
- Perché quando giunge il tempo del grande volo sono io
che vi stacco dal ramo. So che le altre non te l’hanno detto.
È per questo che ho deciso di parlarti. Voglio che tu sappia
cos’è quel colore rosso sul terreno. È laggiù che ogni foglia
finisce la propria vita; quel rosso siete voi a formarlo. Ogni
anno.
- Vuoi dire che laggiù…
- Sì. Morendo vi depositate una sull’altra; poi verrà l’inverno, cadrà la neve che vi ricoprirà e a primavera, mentre sul
ramo torneranno nuove foglie, il sole ogni sera verrà ad illuminarvi. È il destino di ogni foglia finire laggiù, e io sono
chiamato a compierlo. Ma ascolta, io voglio farti un regalo…
- Un regalo? E cosa?
- Sarà una sorpresa - sussurrò il vento. E aggiunse:- Al tempo del grande volo.
Poi, prima di andarsene, la solleticò dolcemente sul dorso.
Venne l’estate col suo calore, i frutti maturi e gli insetti rumorosi e svolazzanti, passò agosto, poi settembre e il sole
cominciò a riscaldare meno il bosco e il prato. Le foglie si
dipinsero a poco a poco del colore dei rami. Erano tristi le
foglie: sapevano che il tempo del grande volo sarebbe presto
giunto. Solo Pennina appariva felice in quei giorni. Pensava
al vento e alla sua promessa che di lì a poco si sarebbe realizzata. Un giorno d’ottobre le foglie iniziarono a cadere dal
ramo: precipitavano verso il terreno tra i lamenti tristi delle
sorelle. Pennina attendeva in silenzio; le dispiaceva che le
sorelle fossero così tristi. Un pomeriggio sentì che anche il
suo momento era giunto. Si lasciò andare.
- Sono qua - sentì mormorare alle sue spalle. Conosceva
quella voce. Il vento la staccò leggermente dal ramo e la
portò in alto, tra innumerevoli piroette. Pennina da lassù gettò uno sguardo verso il mondo. Non aveva mai visto
niente di più bello. L’abbracciò con un sorriso e si sentì felice. Aveva realizzato il suo sogno.
Michele Santuliana
Disegni di Angela e Cecilia, scuola primaria 2 giugno
a cura di Paola Valente
LIBRERIA
TRAVERSO
genitori,
libri per bambini e ragazzi,
172 del21 novembre 2009
numero
economia&mercati
172 del21 novembre 2009
numero
14
ViPiù
Castelli e leggende
il Veneto stregato
festa a metà
Ultimi giorni del festival “Spettacoli di mistero”
Spettacoli, passeggiate e dibattiti per scoprire le tradizioni del territorio
tra antichi manieri, creature leggendarie e detti popolari
a recessione è ufficialmente
finita anche in Italia. Venerdì
13 novembre l’Istat ha infatti comunicato le stime preliminari per
il terzo trimestre 2009, stime che
hanno evidenziato una crescita
del nostro Pil dello 0,6% rispetto
al trimestre precedente (-4,6% rispetto ad un anno fa). La notizia
non ha suscitato particolare euforia in quanto era ampiamente attesa, anzi le previsioni erano per
un incremento ancora superiore
(+0,7%).
Due dei tre macro settori in cui
normalmente viene suddivisa
l’economia, l’industria ed i servizi,
hanno registrato una variazione
positiva, mentre l’agricoltura ha
evidenziato ancora un calo. Il dato
rimane comunque confortante in
quanto un simile incremento non
si verificava dal quarto trimestre
2006.
Le cattive notizie
Probabilmente, però, non si è potuto festeggiare il risultato ottenuto poiché, contemporaneamente
al dato sul Pil, veniva pubblicato
dalla Banca d’Italia il supplemento Finanza Pubblica del bollettino
statistico, dal quale si apprendeva
che nello stesso mese di settembre
è stato toccato il nuovo record negativo per il nostro debito pubblico, salito a 1.786,8 miliardi di euro
dai 1.757,5 del mese di agosto.
Infine il Ministero dell’Economia
rende noto un altro dato preoccupante, anche se ampiamente
prevedibile: nei primi nove mesi
dell’anno le entrate tributarie
sono calate del 3.3%. In pratica
nelle casse dello Stato mancano
all’appello 9.575 miliardi di euro
rispetto allo stesso periodo del
2008. Per questi motivi non possiamo gioire completamente per
la fine della recessione in quan-
Il miraggio del sesto posto
Il nostro Presidente del Consiglio
ha, comprensibilmente, rimarcato
con particolare enfasi il risultato
conseguito dal Pil del nostro Paese, sottolineando ancora una volta
come la fase peggiore della crisi
economica possa considerarsi superata. Egli ha poi messo in risalto il sorpasso che, pare, sia stato
effettuato dall’economia italiana
nei confronti della Gran Bretagna:
“Siamo la sesta nazione più ricca
del mondo” ha annunciato.
Non vogliamo sminuire i risultati
ottenuti evidenziando come il sorpasso sia avvenuto più per demerito della Gran Bretagna che per
meriti nostri: dopotutto vincere,
anche se solo su autogol, è sempre meglio di perdere. Noi, però,
non siamo uomini politici, e non
dobbiamo far risaltare i successi
minimizzando le sconfitte: siamo analisti ed amiamo la logica e
l’obiettività. Parlando di sesta potenza mondiale si ingenera, consapevolmente o meno, l’idea che i
suoi cittadini siano al sesto posto
nella classifica dei più ricchi del
mondo. Non è così. E’ evidente,
ma forse conviene ribadirlo.
Pil e Pps, ricchezza a confronto
E’ chiaro che per valutare il benessere di una popolazione occorre dividere la ricchezza prodotta
per il numero di abitanti ottenendo così il “Pil pro-capite” che
è senz’altro un indicatore che ci
permette confronti fra cittadini
appartenenti a stati diversi; ma
non basta. Per stilare con obiettività una classifica del benessere
Lussemburgo
271,4
Malta
75,5
Irlanda
136,6
Portogallo
75,5
Olanda
135,0
Slovacchia
71,9
Austria
123,1
Estonia
68,2
Svezia
121,5
Ungheria
68,2
Danimarca
118,7
Lituania
61,1
Regno Unito
117,2
Polonia
57,6
Germania
116,1
Lettonia
55,8
Finlandia
115,1
Romania
45,8
Belgio
113,9
Bulgaria
40,2
Francia
107,4
Stati Uniti
154,4
Spagna
103,4
Norvegia
190,2
ITALIA
100,5
Svizzera
141,6
Europa 27
100,0
Islanda
119,8
Cipro
96,4
Giappone
111,0
Grecia
93,9
Croazia
63,1
Slovenia
90,7
Turchia
45,5
Rep. Ceca
80,1
Macedonia
32,6
Didascalia tabella
Ecco, in base ai dati Eurostat, il P.I.L. Pro-capite in PPS relativo al 2008.
La media dell’Unione Europea è stata posta pari a 100. Ai 27 Paesi membri dell’Unione Europea abbiamo aggiunto altri 8 Stati che possono essere di interesse per un raffronto ancor più completo a livello internazionale.
Le parole dell’economia
BENCHMARK
Riferimento per valutare il rendimento delle proprie scelte di investimento. Il benchmark è quindi
un parametro, normalmente un
indice o un mix di più indici che
rispecchia un profilo di investimento, in termini di obiettivo e rischio. Ad esempio, se una persona
investe la totalità del proprio capitale in azioni italiane, avrà come
benchmark l’indice della Borsa di
Milano.
Per un Fondo di Investimento
superare il proprio benchmark è
indicativo di una buona qualità
nella gestione, in quanto l’operatività sui mercati è gravata da
costi, in termini di commissioni e
spese, che inevitabilmente vanno
a ridurre il rendimento dell’investimento.
flickr.com/mararie
L
flickr.com/stuartpilbrow
Dopo quindici mesi di calo, il Pil italiano ha ripreso a salire (0,6 per cento)
Ma c’è poco da festeggiare: il debito pubblico è a livelli record,
le entrate fiscali crollano, e se si guarda alla ricchezza reale
l’Italia è solo al 13° posto in Europa
degli abitanti di nazioni diverse,
occorre ponderare il Pil pro-capite con un coefficiente che standardizzi il dato rispetto al potere
d’acquisto. Uscendo dal linguaggio tecnico statistico il concetto è
semplice: se due persone, di paesi
diversi, hanno lo stesso reddito,
ma in uno dei due stati il costo
della vita è doppio rispetto all’altro, i due cittadini non godranno
di certo dello stesso tenore di vita,
anzi, uno sarà esattamente il doppio più ricco rispetto all’altro.
Per questo motivo gli statistici
hanno costruito il PPS (Purchasing Power Standards), in pratica
uno standard di potere d’acquisto
che annulla le differenze tra i diversi livelli di prezzo dei vari paesi. In questo modo otteniamo una
unità di misura, artificiale, ma
con la quale è assolutamente possibile fare dei raffronti: in pratica
con un PPS si acquista la stessa
quantità di beni e servizi in tutti
i Paesi.
Ora, esiste un Organismo sovranazionale serio ed affidabile che
esegue con rigore scientifico e
pubblica periodicamente questo
genere di rilevazioni statistiche?
Ebbene sì, si tratta di Eurostat,
l’ufficio di statistica europeo. Unico neo è che i dati non sono propriamente “in tempo reale”: così,
a tutt’ora, non disponiamo ancora
dei dati definitivi per l’anno 2008,
ma riteniamo molto attendibili
le stime preliminari pubblicate a
fine giugno.
Ecco una tabella riassuntiva.
Come si vede, in questa classifica l’Italia si piazza al tredicesimo
posto a livello di Unione Europea,
e ancora più indietro se si allarga
lo sguardo anche ad altre nazioni
extra Ue. Ben lontani, dunque, dal
sesto posto indicato dal Pil complessivo. Ma di questo parleremo
più approfonditamente la settimana prossima.
15
pag
ViPiù
Recessione finita,
to la riduzione del gettito fiscale,
ed il conseguente deterioramento
della finanza pubblica, peseranno
come macigni su questa debole,
ed appena accennata, ripresa economica.
172 del21 novembre 2009
numero
cultura
economia&mercati
di Giancarlo Marcotti
cultura
pag
| Marostica: visite guidate per scoprire i segreti dei castelli
M
ni di festival
isteriosi diari di pietra, cariservano
daveri scomparsi, passaggi
comunque
qualche
segreti, creature fatate, leggende e
sorpresa: ecco una carrellata sugli
misteri. Quasi in risposta al dilaeventi rimasti in cartellone (per il
gare di zucche, scheletri danzanti
programma dettagliato c’è il sito
e feste in maschera d’importaziowww.spettacolidimistero.it).
ne, dai primi di novembre in tutto
il Veneto ha preso il via “SpettacoLionora e i passaggi segreti
li di Mistero”, un festival lanciato
Non c’è castello che non abbia il
dalla Regione per valorizzare le
suo contorno di misteri, leggende
tradizioni locali e richiamare l’ate fantasticherie, e il castello di
tenzione su centri ingiustamente
Marostica non fa certo eccezioconsiderati minori. Più di duecenne. La giornata del 29 novembre
to appuntamenti, tra spettacoli,
una serie di visite guidate accomconcerti, letture, dibattiti, campagnerà i visitatori alla scoperta
minate e cacce al tesoro, in oltre
delle origini e della
cento luoghi diversi,
storia del Castello
dalle calli di VeneInferiore (e, di rizia ai borghi del Caflesso, anche delle
dore, passando per
altre fortificazioni
città d’arte e corti di A Marostica
della città), guidancampagna. Tutto in si ricorda
doli attraversando il
compagnie di miti e
Lionora,
mastio, le prigioni,
credenze popolari:
le sale con i costuanguane, salbanel- a Recoaro
mi storici e il camli, mazzarioli, orchi, la bella
mino di ronda, illustrighe, fate, diavoli, Etele
strando
tecniche
cavalieri e fantasmi,
di costruzione e
ma anche alchimiantiche usanze, per
sti, studiosi dell’ocarrivare a parlare dei passaggi
culto e artisti. In questo grande
segreti che unirebbero con luncalderone, il vicentino ha fatto la
ghi cunicoli sotterranei il castelsua parte, coinvolgendo una quinlo Inferiore a quello Superiore, e
dicina di paesi: a Orgiano si è anquest’utlimo con il monastero di
dati alla ricerca delle origini dei
San Benedetto. Non mancherà,
Promessi Sposi, a Caldogno hanovviamente, nemmeno il riferino ripreso vita il filò e la “scartomento alla vicenda della bella
sada” dei morti, a Lonigo si è rieLionora che sta all’origine della
vocato il miracolo della Madonna,
celebre partita a scacchi, e si poa Isola sono stati rappresentati
trà sbirciare attraverso le merlastrani episodi cinquecenteschi di
ture verso la leggendaria tomba
donne spiritate, e altri eventi sono
del cavaliere longobardo San Bestati organizzati a Bassano, Cartinedetto.
gliano, Costabissara, Fara, Thiene
e Lugo. Anche gli ultimi dieci gior-
Anguane e montagne spaccate
A Recoaro rivive invece la leggenda della Montagna Spaccata,
che vede protagonisti alcuni dei
personaggi più tipici dell’immaginario popolare vicentino, e veneto
in generale: le anguane, creature
misteriose, ora affascinanti ora
malvagie, che popolavano le notti
di boschi, fiumi e torrenti. Il cuore
della leggenda è la storia d’amore tra Etele e il giovane boscaiolo
Giordano: i due decidono di sposarsi, nonostante la ragazza sia
destinata a sparire nel giorno in
cui sua madre, la Maga del bosco,
morirà. E quando quel momento
arriva, è la montagna stessa ad inghiottirla, aprendosi davanti a lei
e respingendo Giordano con una
impetuosa cascata. L’eco di tutto
questo si può ancora oggi ammirare alla Montagna Spaccata, dove
la fenditura nella roccia, gli squarci di cielo, i giochi d’acqua del torrente Torrazzo richiamano subito
alla mente l’atmosfera magica e
fatata della leggenda. Appuntamento sabato 21 con passeggiate e
visite guidate, e domenica 22 con
racconti in piazza e uno spettacolo
presso il teatro comunale.
I segreti di Sarcedo
Sarcedo propone una storia di
intrighi e misteri ambientata
nell’edificio più antico del paese,
quella Cà Terzo che sembra una
fortezza pur senza esserlo, che ha
un granaio decorato con indecifrabili incisioni e le cui origini si
perdono nella notte dei tempi. La
storia parte alla fine della prima
guerra mondiale, quando un uffi-
I misteri dei magnagati
Sempre di mistero si tratta, ma
questa volta maghi e folletti non
c’entrano. A Malo la proloco ha
infatti organizzato una serata
dedicata ai detti e ai proverbi
del territorio. In particolare al
più famoso e “misterioso” di tutti: quello secondo cui i vicentini
sarebbero noti “magnagati”. Da
dove è nato questo modo di dire?
E cosa rispondiamo quando qualcuno ce ne chiede l’origine? “Secondo un’ipotesi diffusa - recita
il depliant illustrativo - i vicentini
sono stati chiamati magna gatti
A spasso con i salbaneli
dopo che non restiA Brendola, dove già
tuivano più a Venenelle due domeniche
zia una schiera di
scorse si è andati alla
gatti chiesti in prescoperta delle antiche
stito per sconfiggetradizioni locali, nel
re un’invasione di
pomeriggio di dome- Da dove arriva
topi che tormentava
nica 22 è prevista una
la città. I maldicenti
passeggiata dalla fra- il soprannome
supponevano che
zione di San Vito alla di magnagati?
forse la mancata refontana dell’Orco, at- Tre ipotesi
stituzione dei felini
traverso i boschi della
in ballo
era da ricollegarsi
zona. “Il bosco era luoad un utilizzo cugo di leggende e paure:
linario dei gatti
l’abitazione prediletta
dovuta alla fame e alla povertà
di streghe, folletti, fate ed orchi dell’epoca. Un’altra ipotesi è lesi legge nell’invito -. Quante volte i
gata alle parlate locali: per dire la
giovanotti passando da filò in filò
frase ‘hai mangiato?’ nel dialetto
alla ricerca di avventure amorose,
antico vicentino si chiedeva ‘gatu
nel ritorno verso casa attraversanmagnà?’. Questa pronunciata fordo il bosco incontravano i folletti se diede lì occasione agli oppositosalbanei - (minuscoli uomini vestiti
ri di altre province per affibbiare
di rosso)che saltando di ceppaia in
ai vicentini il sopranome di ‘maceppaia facevano venire la tremagna gatu’”. E forse c’è anche una
rella. Erano esseri capaci di scherterza ipotesi, basata sulla storia
zi malvagi, di disturbare il sonno
vicentina del Quattrocento. Apdegli uomini, di intrecciare la coda
puntamento giovedì 26 novembre
dei buoi e delle mucche con robualle 20,30.
sti e minuscoli nodi, di far perdere
l’orientamento”.
ciale inglese ferito sull’Altopiano
e ricoverato nel granaio della villa insieme ad alcuni commilitoni
sente parlare di cadaveri scomparsi e strani esperimenti. Proverà a fare chiarezza, ma rischierà
anche lui una brutta fine come
scopriranno, trent’anni più tardi, due giovani innamorati che si
sono dati appuntamento proprio
in quel granaio. Se volete sapere
come andrà a finire, non resta che
fare una capatina allo spettacolo,
sabato 21 novembre, alle 15,30.
cultura
172 del21 novembre 2009
numero
16
ViPiù
Sette note e dintorni
Giada Meggiolaro e Nereo Marulli sono due giovani artisti selezionati
per il Premio Giovani Danz’Autori 2010. Con un progetto sperimentale
ed auto-ironico dedicato alla propria “maldestrezza”
di Giulia Galvan
G
iada Meggiolaro e Nereo Marulli sono nella rosa dei giovani artisti selezionati per il Premio Giovani Danz’autori (Gd’A)
del Veneto 2010: lei è di Montecchio Maggiore, lui di Ferrara, ed
entrambi hanno conseguito una
laurea di primo livello in Pittura all’Accademia delle Belle Arti
di Venezia. Al momento Nereo
Marulli è iscritto al biennio specialistico Arte e Spazio Pubblico
e Giada Meggiolaro ha ottenuto
quest’anno il Diploma di abilitazione presso l’Accademia.
Le loro intuizioni artistiche riescono a coniugare preparazione
coreografica con originali suggestioni performativo-installative.
Giada si è formata nella danza
classica e in quella moderna/contemporanea, seguendo al contempo svariati workshop nell’ambito
della coreografia: i laboratori di
improvvisazione e composizione
di Chiara Bortoli, per la quale ha
danzato in In margine sospeso
nel 2007, Scene (d)allo specchio.
Performance per cinque donne
sedute da TU.UT e 7 autoritratti+
1 collettivo nel 2008, il workshop
“Conosco i miei polli”, con Freddie
Opoku Addaie, che ha avuto luogo
a Montorso nel luglio di quest’anno, e quelli tenuti da nomi illustri
della scena contemporanea quali
le coreografe israeliane Yasmeen
Godder e Iris Erez. Specialmente
quest’ultima ha segnato un momento di svolta per la danzatrice
castellana, portandola a partecipare allo spettacolo Progetto Canova nel 2007 a Possagno.
Nereo, invece, vanta numerose
partecipazioni ad eventi espositivi
di arte contemporanea in Veneto,
Friuli Venezia Giulia e Slovenia
fin dal 2005. Si citano in particolar modo la personale La visione
dell’oscuro tenuta presso la Galleria Caterina Tognon di Venezia e
la collettiva ZTL - Zona a Traffico
Limitato alla Galleria A+A di Venezia. La sua versatilità gli è valsa il terzo posto al Premio Aletti
ArtVerona 2008 per le categorie
Pittura, Scultura, Video, Installazione e Mixed Media.
Il progetto di ricerca che i due artisti hanno proposto per il Premio
Gd’A porta il nome auto-ironico
di Verecondia/Frequentando la
172 del21 novembre 2009 pag17
numero
movida
Giovani danzatori
promettenti e maldestri
propria maldestrezza e si serve
dell’immaginario organico suscitato dall’utilizzo di una pesante
guaina bianca riempita d’acqua e
termosaldata a mano, una sorta
di placenta tramutata in abito che
Giada indossa durante la performance. La composizione, ancora
allo stato embrionale, ma che promette già degli esiti accattivanti,
sfida le possibilità dell’uso di un
costume di questa foggia, una
scelta mirata a modificare il peso
e l’equilibrio della danzatrice.
“Come una massa acquosa la danzatrice assumerà tutte le forme
possibili dal movimento per poi
tradirle, lasciarle continuamente
sotto il peso della propria identità
mutevole, la cui unica soluzione
è potersi liberare”, si legge nella presentazione del progetto. In
questa collaborazione, come nei
lavori precedenti, Giada Meggiolaro e Nereo Marulli si integrano
a vicenda: “io sono più fisica, più
terrena, lui è più concettuale”, afferma la danzatrice.
Da tempo i due artisti condividono
l’elaborazione della loro indagine
artistica, ma per la prima volta il
Gd’A permette loro di costruire insieme un progetto più complesso.
Si ricordi a questo proposito che il
programma Giovani Danz’autori
si articola in più mesi ed è finalizzato allo sviluppo dei progetti
presentati dagli artisti mediante diverse iniziative, che, oltre a
quelle più strettamente legate alla
coreografia, spaziano dalla videodanza alle classi di drammaturgia
e di lighting design. In corrispondenza di ogni fase sono previste
delle sessioni di feedback individuali o di gruppo per discutere del
progresso dei lavori. “È un arricchimento totale, caratteriale, fisico, che ci metterà alla prova non
soltanto a livello artistico - spiega
Giada Meggiolaro -. Di solito dai
il massimo soprattutto quando sei
in scena, qui invece ci si allena ad
esserci al 100% sempre, qui e ora,
si tratta molto della concretezza e
dell’onestà di quello che si è”.
“Trovo molto importante il momento di feedback con gli altri, relazionarci con persone diverse che
sperimentano, magari, gli stessi
problemi - aggiunge Nereo Marulli -. È molto importante la parte
formativa che ci mette a disposizione il Gd’A. È una rivoluzione
del metodo, le dinamiche di un
gruppo sono diverse dalle nostre,
è un metterci alla prova”.
I risultati della loro ricerca artisti-
movida
pag
ecco l’Altramusica
ca su Verecondia saranno svelati
nel corso della semifinale del Gd’A
il 28 febbraio 2010 al Teatro Fondamenta Nuove di Venezia.
| Giada Meggiolaro
L’Amleto di Timi
e la leggenda di Cerri
Sul palco dell’Astra Filippo Timi riscrive e
interpreta un Amleto beffardo e irriverente
Al Comunale, dopo Eros Pagni, serata jazz
con il grande chitarrista Franco Cerri
| Filippo Timi
E’ un fine settimana costellato
di grandi nomi quello che attende gli appassionati di musica e di
teatro. All’Astra, per la rassegna
gusti Astrali, arriva infatti Filippo
Timi, uno degli attori emergenti
più eclettici ed amati. Domenica
22 novembre, alle 21, porterà in
scena “Il popolo non ha il pane?
Diamogli le brioche”, spettacolo
con il quale si cimenta con l’interpretazione, la riscrittura e la regia
di Amleto, facendone una tragedia
beffarda ed irriverente. “Un poveraccio quando esce fuori di testa si
sente Re, un Re quando impazzisce che cosa si può mai immaginare di essere?”. È questo l’incipit
sul palco e l’assunto di partenza
di tutto il progetto, come spiega
lo stesso Timi: “Il mio è un principe orgiastico, tutto cibo e denti
marci, lo specchio consapevole del
mondo da cui proviene, quello dei
potenti che nel ‘600 potevano permettersi di uccidere un uomo solo
per il gusto di farlo. Un principe
che ha preso coscienza di sé e della
sua identità e che vuole svelare il
gioco della finzione teatrale anche
a tutti gli altri personaggi”.
Timi utilizza la maschera di Amleto come pretesto per una critica
ai cliché del teatro: stufo di dover
tornare in scena, ogni volta, con
gli stessi costumi, per una volta vorrebbe fare altro, riuscire a
prendersi meno sul serio, stare
coi propri compagni d’arme a gozzoviglie e con le proprie donne. E
queste ultime son le vere protagoniste dello spettacolo: consapevoli
del loro spessore, loro sì che sapranno vivere e districarsi.
Al Comunale, invece, dopo il triplo
appuntamento con Eros Pagni per
l’apertura della stagione di prosa
(venerdì 20, sabato 21 e domenica 22), lunedì sera arriva Franco
Cerri, una leggenda del jazz italiano, e non solo. Cerri aveva sedici
anni e lavorava come ascensorista
alla Montedison quando il padre
gli regalò una chitarra,
e diede una svolta alla
sua vita. Inizia a suonare da autodidatta e negli anni della seconda
Guerra Mondiale suona
nei dopolavoro milanesi con alcune orchestrine. Nel 1945 Gorni
Kramer, su segnalazione del Quartetto Cetra,
lo fa entrare nella sua
grande orchestra. Cinque anni più tardi inizia
ad esibirsi come solista
ed in varie formazioni,
collaborando con tutti i più grandi jazzisti
del momento: Django
Reinhardt, Barney Kessel, Wes Montgomery,
Chet Baker, Gerry Mulligan, Billie Holiday,
Lee Konitz.
Ottantatre anni fra po-
che settimane, Franco Cerri è uno
dei jazzisti più popolari e autorevoli di casa nostra. Lo è grazie
alla sua tecnica raffinata, alla sua
lunga carriera discografica, ma
anche perché, negli anni ’60 e ’70,
si impegnò molto per far entrare
il jazz nelle case degli italiani ideando popolari trasmissioni televisive come di “Jazz in jazz”. Nella
stagione del centenario, la Società
del Quartetto ha dunque deciso di
tributargli una “serata d’onore”.
Cerri arriva a Vicenza alla testa
di un trio formato dal chitarrista
Michele Calgaro e dal tastierista
Alberto Gurrisi per una serata “in
punta di dita” che ripercorrerà 65
anni di carriera ai vertici del jazz
internazionale.
| Franco Cerri
A Montecchio ha aperto un nuovo centro didattico
Dalle lezioni di piano e chitarra, ai corsi di fotografia e di architettura della canzone
Il fondatore Luca Pellizzaro: “Più che una scuola, è un circolo artistico”
sabato 21
CAMILLAS
Nuovo Bar Astra - contrà Barche
14, ore 19
Concerto aperitivo - musica rock
demenziale dalle Marche
Free entry
sabato 21
ZOYSIE
Equobar - strada marosticana
350, ore 21
Concerto rock alternativo
Free entry
di Francesca Danda
I
giovani vicentini e la musica
vanno d’accordo, l’ abbiamo già
detto. Tra gli under 30 almeno
uno su quattro canta, suona uno
strumento, o comunque sa cosa
vuol dire spendere ore di studio
su leggii e spartiti. Ed essendoci
la domanda, prolifera l’offerta:
la provincia conta innumerevoli
scuole di musica, dal tradizionale Conservatorio alla celeberrima
Thelonious dell’Arci a grossi poli
come quello valdagnese (“Progetto Musica”, con più di 1000 iscritti). Ma c’è qualcuno di nuovo che
fa capolino sulla scena. Promettendo a gran voce “Tutta un’Altramusica”. E’ un gruppo di ragazzi
tra i 25 e i 30 anni, che ad ottobre
ha inaugurato a Montecchio un
nuovo centro didattico consacrato
alle sette note. Che, a partire dalla scelta del nome - “Altramusica”
appunto - propone un approccio
del tutto originale.
«Più che una scuola di musica, è
un circolo artistico per promuovere la cultura musicale nel territorio, congiuntamente a tutte le
arti espressive collegate» spiega
Luca Pellizzaro, musicista ideatore dell’iniziativa. In primavera
il vulcanico 28enne ha coinvolto
i suoi compagni di ventura - perlopiù membri assieme a lui dei
Pensiero Zero, pop band vicentina approdata l’anno scorso sul
palco dell’Ariston per le finali di
Sanremo Lab - nella stesura di un
progetto etico-giovanile da candidare a un bando regionale GPS
(Giovani Portatori di Significato).
«Senza alcuna speranza» sottolinea Luca. Che si sbagliava, visto
che la proposta ha sbaragliato la
concorrenza, guadagnando i finanziamenti di start up per l’apertura della struttura.
«Un’impresa comunque titanica
quando si è tutti ex studenti o la-
Gli appuntamenti
sabato 21
BUBE SAPRAVIE TRIO
Teatro Busnelli - via Roma 24
(Dueville), ore 21.30
Concerto etnofolk di musica
Klezmer con Luca Nardon (percussioni), Nereo Fiori (fisarmonica) e Riccardo Marogna
(clarinetto)
Ticket (5,00 euro)
sabato 21
BENOIT MARTINY BAND +
MENROVESCIO + RESTLESS
YELLOW FLOWERS
CSC Centro Stabile di Cultura - via Val Leogra (San Vito di
Leguzzano), ore 22
Concertto contaminato tra garage, jazz e rock’n’roll dal Belgio
+ concerto rock psichedelico +
concerto rock alternativo
Riservato soci CSC
| Lo staff di Altramusica
voratori a progetto…». Per trovare
la sede idonea, causa diffidenza
dei proprietari di immobili, restii
ad affittare spazi a chi produce
“rumori molesti”. Per contenere
le spese, magari improvvisandosi
manovali per dipingere ed insonorizzare i locali faticosamente
concessi. Per assumersi il rischio
di firmare senza alcuna garanzia
di successo contratti d’affitto che
stanno abbondantemente sopra
i tre zeri. Ma non per convincere
altri avventurieri che, carichi di
professionalità ed entusiasmo,
salgano a bordo. «Trovare partner
per dare corpo all’idea non è stato difficile: quando tracci la direzione verso qualcosa di diverso e
valido, la gente partecipa». Ed infatti sono già 10 gli insegnanti di
musica reclutati, che offrono corsi
- individuali o di coppia - di canto, chitarra, basso, batteria, piano e tastiere, violino, violoncello,
sax, tromba e musica d’insieme.
A prezzi decisamente concorrenziali, visto che la filosofia d’azione
sconfina nel nonprofit.
Oltre a docenti che curano labo-
| I locali della scuola
ratori di teatro, arti visive e così
via. Perché la scuola di musica
è un pretesto per innescare un
processo di contaminazione artistica a 360 gradi. Ed allora via
al corso di pittura acrilica, al laboratorio di storia e tecniche di
fotografia, alla panoramica sul
cinema di Tarantino, allo stage
per diventare tecnici del suono e
allo studio dell’architettura della
canzone, curato dallo stesso Luca.
Senza contare i progetti in cantiere, come pomeriggi musicali per
bambini, laboratori di musicoterapia e l’avvio di servizi musicali
offerti a rassegne e contest della
zona. Motivo per cui “Altramusica” si è guadagnata il patrocinio
e la collaborazione del Comune
di Montecchio. L’iniziativa piace
e le iscrizioni fioccano, di tutte le
età. Forse perché non è mai troppo tardi per prendere confidenza
con le sette note… (infoline: www.
altramusica.net -0444.1700270)
sabato 21
iMELT + GUEST
Yourban Music Lab - via 51° Stormo 3 (Thiene), ore 22.30
Concerto del gruppo indie rock
alternativo per presentare il
nuovo cd “Il nostro cuore a pezzi”
Free entry
domenica 22
DEEP MATTER
Panic Jazz Club - piazza degli
Scacchi (Marostica), ore 21
Concerto di musica jazz con
Francesco Caliari al sax, Luigi
Vitale al vibrafono, Beppe Calamosca al trombone, Federico
Valdemarca al c.basso, Marco
Carlesso alla batteria
Free entry
martedì 24
KARMA TO BURN + MAYA
MOUNTAINS
Sabotage Bar - viale dell’Industria 12, ore 22
Serata di musica stoner rock
con il gruppo leggenda anni ’90
direttamente dagli Usa
Free entry
giovedì 26
MC HOMELESS + RIDDLORE
CVE + ZOEN + SWEET POISON
Bar Sartea - corso Ss. Felice e
Fortunato 362, ore 21
Disaster Week Festival - Serata
di concerti rap hardcore dagli
Usa e dalla Francia - Sotto il
palco, dancefloor exibhition con
Ritmo Metropolitano
Free entry
giovedì 26
VICENZA ROCK CONTEST
Route 66 - via Dal Ponte 128
(Marola), ore 21.30
Rassegna musicale - concerti di
Ultimo Controllo (rock sperimentale), Charlotte Bean (rock),
Blackout (hard rock), The Fishermen (skeletronic park), Latte+
(rock)
Free entry
venerdì 26
PAPU DJSET
Nuovo Bar Astra - contrà Barche
14, ore 19
Concerto aperitivo - musica a
360 gradi
Free entry
venerdì 27
PIANODRAMMA
Equobar - strada marosticana
350, ore 21
Concerto jazz alternativo del duo
piano elettrico - batteria
Free entry
venerdì 27
MISTY MONKEYS
Sabotage Bar - viale dell’Industria 12, ore 22
Serata di musica vintage-rockblues anni ’60-’70, con tributo
a Cream, Black Sabbath, Deep
Purple, Led Zeppelin, Rush…
Free entry
venerdì 27
VICENZA ROCK CONTEST
Route 66 - via Dal Ponte 128
(Marola), ore 22
Rassegna musicale - concerti
di Sajanega (street rock’n roll),
Marco Angelo (rock), Fonotopia (rock funk), Kimo (hip hop),
Sideffects (rock punk), Croxing
(rock progressivo)
Free entry
movida
172 del21 novembre 2009 pag18
tecnologia
numero
Salviamo Emmerich: c’è di peggio
Popcorn
172 del21 novembre 2009
numero
19
pag
ViPiù
Tecnologia
Fotocamera oscura
2012 si inserisce nel ricco e stereotipato filone del cinema catastrofico
Divertente la sceneggiatura, valido il messaggio: non tutto è da buttar via
di Marco Milioni
di Giuliano Corà
B
eh, insomma, lo sapete com’è
Emmerich: o lo amate (si fa
per dire) o lo buttate. Non è Michael Mann, per capirsi, e tanto
basterebbe per cambiare cinema.
Tuttavia, qualcosa per salvarlo si
può trovare, e, onestamente, non
si tratta d’una difesa d’ufficio. Primo. I film di Emmerich sono, per
lo meno, ‘divertenti’: nel senso che
stai lì a vedere come va a finire,
che fai il tifo per l’eroe di turno,
che non dici miodiochepallequandofinisce. Secondo. Nei film di
Emmerich gli effetti speciali non
sono fini a se stessi, come in quel
genere di cinema ultimamente
accade sempre più spesso (Transformers 2 non è un film, è uno
spot pubblicitario della Industrial
Light & Magic, e Parnassus vi si
avvicina molto), ma strumenti di
un particolare tipo di cinema. Di
cui qualcuno può anche legittimamente dire che ‘non è cinema’, ma
questo è un altro discorso. Terzo.
Nei film di Emmerich non è mai
tutto da buttar via, come sembrerebbe a prima vista. Così è di
questo 2012, secondo film di quel
suo sottofilone di cinema catastrofico che potremmo chiamare
‘Pentitevi-figli-di-p******-che-lafine-del-mondo-è-vicina’. Il primo è stato The day after tomorrow
(2004), in cui la fine arrivava per
colpa dei cambiamenti climatici
causati con criminale e suicida
incoscienza da parte dell’uomo
(chissà se Obama e i suoi amichetti cinesi l’hanno visto). Fu, sia pur
nella sua ‘spettacolarità’, un film
in grado di farci riflettere sull’immensa fragilità della nostra società tecnologica, e non fu facile di-
menticare quelle terribili immagini di strade, fino a poco prima colme di auto e merci, improvvisamente invase dall’acqua, che trasformava tutto in un ammasso di
inutile ferraglia; o di quella città,
fino a poco prima arrogante nella
sua potenza e ricchezza, in pochi
giorni ridotta a un pack gelido e
mortale, in cui pochi sopravvissuti bruciavano libri e mobili per
scaldarsi, e contendevano il cibo
ai lupi di uno stabulario (la nemesi!). Qui il pericolo viene da fuori: una particolarissima stagione
di tempeste solari aumenta oltre
ogni limite il flusso di neutrini
che investe la terra, rendendo fluida la crosta terrestre, causando
il fluttuare delle placche e provocando inimmaginabili terremoti,
apocalittiche eruzioni e tsunami
da Diluvio Universale. L’Umanità,
di fronte alla minaccia, mostra il
suo lato peggiore. Nell’impossi-
bilità di salvare tutti, costruisce
quattro gigantesche ‘arche’ destinate a navigare sulle acque dopo
la catastrofe, in cerca di un nuovo
Ararat su cui rifondare la razza
umana. Naturalmente il costo di
questa operazione è immenso,
per cui i biglietti sono riservati solo ad una ricchissima élite
di politici e potenti, mentre tutti
gli altri vengono tenuti rigorosamente all’oscuro. È angosciante il
cinismo classista che Emmerich
mette in bocca a questa gente (tra
parentesi, è impressionante la somiglianza tra il bravo Oliver Platt,
che interpreta Carl Anheuser,
il peggiore di loro, e il Ministro
Brunetta: che ci sia uno stereotipo fisiognomico degli ******?!), e
la presenza di pochi ‘buoni’ non
consola troppo. Un altro elemento collega i due film. Nel primo,
gli americani trovano riparo dalla nuova Glaciazione proprio in
quel Messico contro il quale hanno innalzato un Muro. Qui, dopo
la catastrofe, le arche fanno rotta
verso quell’Africa da cui tanti miseri barconi di disperati partono
ogni giorno, unico continente,
pare, sopravvissuto intatto alla
rovina: forse un altro ‘messaggio’
non casuale del regista. Altro elemento positivo, la sceneggiatura:
divertente, scoppiettante, mai loffia (esilarante la mimica del pollo
in procinto di essere decapitato: e
davanti ad un monaco buddista!),
che riesce a ritagliarsi uno status
autonomo di fronte ad effetti speciali semplicemente mirabolanti.
Insomma: continuo a pensare che
c’è di peggio, e tra poco, quando
cominceranno ad arrivare i Boldi
e De Sica di Natale, vedrete che mi
darete ragione.
Duemiladodici (R. Emmerich, USA/Canada, 2009)
L’allegra musica di Rodari
Sul comodino
Esce per Einaudi una raccolta di alcune delle opere più note dello scrittore di Omegna
Testi rivolti ai più giovani, ma che possono essere riletti con piacere anche dagli adulti
di Giovanni Magalotti
A
nche oggi, fra le primissime
letture di molti bambini italiani, insieme ai testi di autori
contemporanei, ci sono le storie
e le filastrocche di Gianni Rodari
(1920-1980): la qual cosa dimostra che lo scrittore di Omegna
(Novara) è ormai da tempo un
vero e proprio classico della lette-
ratura per l’infanzia.
In questi giorni esce per Einaudi
Ragazzi un prezioso volume intitolato “I libri della fantasia” che
raccoglie, con i disegni di Bruno
Munari, alcune fra le opere più
note di Rodari: le “Filastrocche
in cielo e in terra”, le “Favole al
telefono”, “Il Pianeta degli alberi
di Natale”, “Il libro degli errori”,
“C’era due volte il barone Lamberto” e “Il gioco dei quattro cantoni”.
Al di là del consistente spessore, si
tratta di un testo certamente indi-
rizzato ai più giovani, ma che merita attenzione anche da parte dei
lettori adulti.
In primo luogo per smentire un
vecchio luogo comune secondo il
quale la letteratura per l’infanzia
non può essere fruita con piacere
anche dai più grandi. In secondo
luogo, perché basta andare a rileggere, pure in velocità, qualche
racconto breve di Rodari, o qualche sua filastrocca, per apprezzarne la fantasia sfrenata e lo stile
spesso scoppiettante, e per co-
glierne la ricchezza di sfumature
e, forse, anche l’attualità. L’ironia,
il paradosso, il gioco dell’assurdo,
l’umorismo sottile, gli stravolgimenti del linguaggio rappresentano infatti gli strumenti grazie
ai quali prende forma una visione
profondamente morale del mondo. E valori come l’amicizia, la
fiducia, il rispetto e la tolleranza
che oggi spesso appaiono stonati
nella lugubre sinfonia del mondo,
tornano a suonare, almeno fra le
pagine di un libro, una musica al-
legra che fa guardare
al futuro con un po’ più fiducia e
serenità.
Gianni Rodari, I libri della
fantasia (disegni di Bruno Munari), Einaudi Ragazzi, 860 pp., e 24
L
e fotocamere digitali sono diventate uno strumento di larghissimo consumo, ma i princìpi
elementari della fotografia non
sono conosciuti dalla maggioranza degli utenti. Con l’effetto che si
spendono un sacco di soldi in prodotti non validi o con caratteristiche eccessivamente avanzate per
l’utilizzo reale.
I fondamentali
La fotografia digitale è quel procedimento che permette di ottenere
immagini a mezzo di tecnologie
elettroniche direttamente in forma digitale. Gli usi più comuni di
questa modalità sono quello dello
scanner e della macchina fotografica digitale appunto. Mi si conceda quindi una breve digressione
grammaticale sullo scanner.
L’azione di questo strumento (“to
scan” il verbo inglese, “scan” il
sostantivo corrispondente) in italiano ha il suo corrispondente in
scansionare. Il termine scannerizzare seppur di uso comune è
sbagliato. Anche il termine, meno
usato, scannare, è scorretto, visto che scannare è solo sinonimo
di sgozzare (scannare un maiale,
una capra e via dicendo, ma non si
può dire scannare una foto a meno
che questa non abbia una trachea
con i relativi vasi sanguigni).
Fattori determinati
Fattori determinanti nella riuscita di una fotografia digitale sono
la qualità delle ottiche, la qualità
dei sensori che trasformano in informazioni numeriche l’immagine
reale, i procedimenti informatici
(algoritmi) con i quali le immagini al grezzo vengono tramutate in
file compressi come i jpg, la grandezza dei sensori, nonché il numero dei punti immagine (si chiamano pixel e il concetto che sta alla
base del loro funzionamento è lo
stesso dei chiodini colorati che
adoperavamo all’asilo) presenti
nel sensore. Questa caratteristica
è nota come risoluzione. Per chi
voglia conoscere un po’ di più sui
rudimenti della fotografia digitale
e non solo, consiglio le pagine di
riferimento su Wikipedia. Se la
cosa poi vi appassiona ci sono in
città numerosi circoli fotografici
che organizzano corsi spesso ben
fatti a prezzi abbordabili. Rimane
il fatto però che per fare una buona foto ci vuole qualcosa da dire o
da trasmettere.
Prezzi e dotazioni
Oggi le case produttrici reclamizzano tantissimo la risoluzione dei
loro apparecchi (con la dicitura 3
mega pixel, 5 mega pixel, 10 mega
pixel, ovvero 10 milioni di pixel) e
spesso dimenticano fattori altrettanto determinanti, se non maggiormente determinanti, come la
qualità delle ottiche, la loro capacità di non deteriorare l’immagine
unitamente alla qualità del sensore. Oggigiorno con un centinaio di
euro si può acquistare una buona
macchina fotografica che è bene
sia dotata di stabilizzatore ottico
dell’immagine. Lo stabilizzatore
digitale corregge eventuali imperfezioni con un programma che
però non riesce ad eguagliare l’efficacia di uno “fisico”.
Piccoli consigli
Si può usare una risoluzione molto alta quando pensiamo che quella foto verrà stampata. Se invece
dobbiamo memorizzare l’immagine senza necessità specifiche
una risoluzione bassa o media ci
fa risparmiare spazio sulla memoria. Un’altra piccolezza. È assolutamente inutile (anzi dannoso
perché scurisce la foto invece di
illuminarla) usare il flash con
condizioni di luce buona o anche medio-bassa. Se la luce non
è tanta meglio tenere ben ferma la
macchina, aumentando se si può,
il tempo di esposizione, ovvero il
tempo in cui il diaframma (la palpebra del sensore) rimane aperto
per “fissare” l’immagine.
Tutti optano per le digitali, pochi sanno come usarle
Ecco alcuni consigli per spendere bene i vostri soldi
Provati per voi:
Adsl di emergenza
e dispositivi per l’ufficio mobile
U
n’interruzione del servizio di
connessione adsl può dare
moltissime noie, anche gravide
di conseguenze negative, a molti
utenti. Tra questi tra i più esposti
possono essere alcuni tra liberi
professionisti, artigiani, piccoli
imprenditori, negozianti, tecnici
specializzati, operatori dell’informazione (ma non si può escludere
anche l’utenza privata).
Nel mercato però ci sono alcuni
dispositivi per andare incontro ad
esigenze specifiche, soprattutto di
chi ha una piccola rete aziendale
o domestica. Un apparecchio che
può fare al caso nostro è il modem
router 3G 244 WN fabbricato dalla Atlantis (prezzo indicativo 170
euro). Si tratta di un normalissimo dispositivo che si collega alla
rete telefonica dalla quale accede
al servizio adsl classico, quello
fornito da Alice, Fastweb, Tiscali e simili. L’apparecchio è dotato di tre antenne per permettere
di condividere la connessione al
web ad altri pc dotati di periferica wireless. Via radio ovviamente
è possibile creare una vera e propria rete locale. Accesso al web e
accesso alla rete locale sono anche
g a r a n - titi via cavo da quattro
porte ethernet.
La chicca del router
Atlantis però sta in
una porta usb alla
quale per esempio
si può collegare una
chiavetta UMTS (internet ad alta velocità che sfrutta la rete
della telefonìa mobile 3G). L’apparecchio infatti non solo
è in grado di gestire
il
funzionamento
della chiavetta dati,
ma è pure in grado
di attivarla automaticamente se
il servizio si interrompe. Ugualmente è possibile attivarla quando
la normale connessione diventa
troppo lenta. La configurazione è
abbastanza semplice. Il manuale
accluso è esaustivo (info: www.
atlantis-land.com).
Per chi invece ha la necessità di
allestire alla veloce un vero e proprio ufficio fuori sede (magari in
una sala conferenze in albergo,
in una fiera o in altra sede temporanea) c’è il Novatel Mifi 2353,
prezzo 300 euro tondi. Sostanzialmente si tratta di un dispositivo che permette a più computer
di condividere la connessione
al web ottenuta attraverso
la rete 3G. Il gingillo, grande
come un pacchetto di sigarette, si attiva inserendo un
sim card compatibile
con lo standard 3G
abilitata per il trasferimento dati. Il pannello
di configurazione è so-
fisticato, ma facile
da usare. Una volta
completata la procedura sarà possibile condividere
l’accesso al web per
un massimo di cinque pc (info: www.
novatelw i r ele s s.
com).
Se poi le vostre necessità di “ufficio
provvisorio” sono
ancora maggiori (o
se si vuole approntarne uno senza
pagare gli allacciamenti di Telecom) esiste anche un dispositivo
che è in grado di far funzionare
un qualsiasi fax compatibile con
lo standard G3 (da non confondere col 3G. Questi fax sono ormai i
più diffusi). Tale dispositivo tecnicamente si definisce commutatore GSM. È una scatolina grande
come una videocassetta cui via
filo è collegata un’antennina da
posizionare dove c’è campo per il
telefonino. All’interno si inserisce
una normale sim per cellulare, ma
mai quelle della Tre, che non sono
compatibili. Tra i dispositivi con
queste caratteristiche c’è il modello FTC-333 della taiwanese Maxcomm; si tratta di una azienda
all’avanguardia in questo campo,
la quale produce anche un vero e
proprio apparato fax gsm dotato
di stampante interna: si tratta del
modello MW-8 GSM (info: www.
maxcomm.com.tw).
(M.M.)
sport
172 del21 novembre 2009
numero
20
ViPiù
sport
Pallavolo
sport
pag
Pallavolo / Fipav
Noventa, la storia è qui
172 del21 novembre 2009
numero
Nel volley berico
brilla la stella Altair
Sono quasi 40 gli anni del club rossoblu, legato a doppio filo
con la passione e l’impegno di Salvatore Fabio, ex insegnante alla scuola
media Fogazzaro e poi presidente e anima del volley noventano
21
pag
Gli appuntamenti
SABATO 21
Ginnastica Artistica
CAMPIONATO INTERREGIONALE
DI CATEGORIA E SPECIALITA’
Nell’interrato del PalaCampagnola si riuniscono i migliori
ginnasti di Veneto, Trentino-Alto
Adige, Friuli Venezia Giulia ed
Emilia Romagna. Alle 15 tocca
agli allievi di 1^, 2^ e 3^ fascia.
Alle 19.30 scatta il campionato
di categoria e di specialità per
junior e senior. Al termine le
premiazioni.
SCHIO,
PalaCampagnola: ORE 15.00
Calcio a 5
GIURIATO VICENZA
vs CIVITANOVA
Campionato Serie A2 - 8a giornata andata
ZANE’, Palasport: ORE 16.00
Volley femminile
MINETTI BPVI
vs PONTECAGNANO
Campionato Serie A2 - 7a giornata. Voglia di riscatto per Paccagnella e compagne dopo tre
stop consecutivi. Attenzione però
alla squadra ospite: le salernitane sono reduci dalla vittoria
casalinga sulla capolista Carpi.
PALAREWATT: ORE 18.00
GIOVEDI’ 26
Basket femminile
BERETTA FAMILA
vs SALAMANCA
Nel quarto turno di Euroleague le arancioni di Orlando si
giocano le chances per entrare
nei primi due posti del girone
nel big-match contro le temibili
spagnole del Salamanca.
SCHIO,
PalaCampagnola: ORE 20.30
Fondata nel 1963 in ambito parrocchiale,
la polisportiva di S. Pio X
è il punto di riferimento
per la pallavolo maschile in città
Ma la società presieduta da Pamela Franchini
raccoglie anche molte ragazzine del quartiere
| Cristian Tonello (Giuriato Vicenza)
| Alcune delle squadri giovanili gialloblu: Under 18
femminile, Under 18 e Under 16 maschile.
| Alcune foto d’epoca della società bassovicentina. A destra: un attacco di Ives Zuecco.
di Andrea Ragazzi
N
el 2010 festeggeranno insieme i loro primi quarant’anni.
Una distinta signora, con tanti
ricordi felici di gioventù, affatto
sfiorita dal passare del tempo, con
il suo fedele accompagnatore. Lei
è Volley Noventa, la più titolata
fra le società di pallavolo femminile della provincia, nata nel 1970
come Centro Sportivo Noventa.
Lui è il professor Salvatore Fabio,
una vita da dirigente tesserato
Fipav (39 anni, un record) e una
storia personale legata a filo doppio con quella della società bassovicentina.
La nascita del Centro Sportivo
Originario di Longi, piccolo comune del messinese (“il nome
- ci spiega da buon insegnante di
lettere - deriva dalla forma allungata dell’antico castello, in latino
“castrum longum”), Fabio arriva a Noventa Vicentina nel 1969.
È neolaureato quando si insedia
alla scuola media Fogazzaro (“33
anni, sempre in sezione C”). Ma
l’italiano gli va stretto, i ragazzi lo
vedono tanto in palestra quanto
in aula, alcuni lo scambiano per
l’insegnante di ginnastica. Pratica
e insegna ogni tipo di disciplina,
è arbitro, dirige una squadra di
ciclismo. Insomma, l’uomo giusto
per creare e gestire una società
sportiva. Sono anni importanti
per la scuola, nell’area berica si
combatte contro il basso livello
di istruzione e cultura generale,
fonte di pesanti carenze socioeconomiche. In questo contesto,
la Fogazzaro è una media sperimentale, con orario che copre l’intera giornata. Centinaia di ragazzi
ci entrano con l’anticipo alle sei
del mattino. Lezioni, doposcuola e tempo libero arrivano fino
alle ventidue. Il preside, Alfredo
Veronese (il palazzetto cittadino
porta il suo nome) crede quanto
Fabio nel valore sociale ed educativo dello sport. Insieme si dedicano alla creazione del Centro
Sportivo Noventa, una polisportiva che in breve arriva a contare
360 iscritti tra tennistavolo, calcio, calcetto, volley, basket e altro
ancora. Quando Veronese, primo
presidente del Centro, lascia per
sopraggiunti incarichi politici, è
Fabio a subentrargli.
La NazionalNoventa
Si capisce presto che l’attività di
punta della polisportiva può essere il volley femminile. Sembra che
le ragazze noventane ce l’abbiano
nel dna. Il vivaio cresce, nel 1975 a
Palermo arriva una prima storica
medaglia d’argento ai Giochi della
Gioventù, un anno più tardi il titolo italiano categoria ragazze, quello allieve nel ’77. Nel ’79 e ’80 il
cerchio si chiude e le bassovicentine sono per due anni consecutivi
campionesse juniores. Nel frattempo il Centro Sportivo Noventa
si struttura e nel giro di un amen
si arrampica dalla terza divisione
alla B2, dove trova ad aspettarla,
è il 1977, un’altra formazione noventana, la Primavera. Il derby si
disputa un anno soltanto. I due incontri della stagione si giocano in
un palazzetto stracolmo. I ricordi
di Fabio sono un fiume in piena:
“Si respirava un clima incredibile. La gente che non era riuscita ad entrare ascoltava da fuori i
rumori della partita, un milione
e cinquecentomila lire di incasso,
un paese intero a seguire l’evento”.
A fine anno, destini opposti per i
due club: sparisce la Primavera,
mentre il Noventa sale in B, poi in
A2 (1978), infine in A1 (1981). Le
protagoniste della scalata sono le
ragazze della finale di Palermo del
‘75, che dalle glorie giovanili passano alle convocazioni in nazionale maggiore. “Allora in azzurro
- spiega il professore - andavano
due blocchi: 6 atlete di Ravenna,
la squadra più titolata in quegli
anni, 5 di Noventa”. Per Salvatore,
come fosse ancora a scuola, snocciolare cognome e nome di quelle
cinque è una bella poesia da recitare a memoria: “Zuecco Ives,
Turetta Consuelo, Todesco Maria
Rosa, Caccaro Giovanna, Rossetto Elisabetta, che nei ritiri azzurri
divideva la stanza con una certa
Manù Benelli. Anche Bellon Cristina vide la nazionale, una volta
sola, prima di trovarsi a scegliere
tra convocazioni e posto di lavoro.
Ma la passione le è rimasta, gioca
ancora con una squadra amatoriale”.
Il declino e la rinascita
Le belle favole finiscono. La grande pallavolo di provincia regge
finché può, ma, dopo tre lustri ad
alto livello, nel 1992 cede il titolo
alla neonata Battistolli Vicenza (la
futura Minetti), mentre Noventa
si avvia al declino. Nel ‘97 l’avventura nata nella scuola media Fo-
gazzaro sembra finire. Ma Fabio
non si da per vinto, trova nuova
linfa vitale nel territorio, sotto
forma di indispensabili sponsor
(Mobilfer, Verde Bio, Ipag, Trevi
Benne). Il Volley Noventa riapre i
battenti nel 2003, in serie C, e da
due anni ha ritrovato la ribalta di
un campionato nazionale, la serie
B2. Stagione partita peraltro alla
grande, con sette vittorie in altrettante gare, prima di perdere
match e primato in classifica sabato scorso nel big match contro
Porcia. Le tesserate sono tante
(148 tra prima squadra, Minivolley, Under 12,13, 16 e 18) per un
paese di 8000 abitanti, e garantiscono un futuro sereno.
L’amarezza del Prof.
“Certo oggi è tutto diverso - dice
amaro il professore - la società
è cambiata, come la pallavolo.
Una volta il volley era folklore, in
trasferta si partiva con due pullman di tifosi, c’era più allegria
e coinvolgimento. Oggi ci sono
più libertà, più possibilità, ma
nei giovani non vedo la pazienza
e lo spirito di sacrificio che caratterizzava le atlete del passato.
Inoltre ci si trova spesso di fronte
a genitori iperprotettivi, che non
accettano i limiti dei loro figli,
una panchina viene letta come
un’offesa personale”. La sfida,
per Fabio, è andare oltre questi
ostacoli, creare un ambiente in
grado di diffondere i valori e gli
ideali dello sport. Andrà anche
oltre la squalifica comminatagli
nel marzo scorso (20 mesi out da
ogni attività federale, poi ridotti a 10), per una vibrata protesta
nei confronti dell’arbitro del derby Noventa-Montecchio, che ha
rischiato di azzoppare la società
e di gettarlo nello sconforto. Ma
la risposta è arrivata con i fatti:
multa pagata, ricorsi nelle opportune sedi, puntuale accettazione
dei verdetti, pur se contrari. Volley Noventa e il professor Salvatore Fabio hanno girato ancora una
volta pagina, puntando lo sguardo agli imminenti festeggiamenti
per i loro primi quarant’anni.
| Il presidente Fabio tra i due tecnici attuali delle Verde Bio Ipag Noventa, Battistella e Ferrari.
di Alida Pretto
A
ltair è una delle stelle più brillanti del cielo e più vicine alla
Terra ed il nome significa in latino
“andare in alto” e in arabo “l’aquila volante”; termini che suonarono da messaggio benaugurate
per la società sportiva di Vicenza
fondata in ambito parrocchiale
nel novembre del 1963 nel popoloso quartiere di S. Pio X. Nata con
pochi dirigenti ed una trentina di
atleti, l’ U.S.D. Altair è cresciuta
proponendo varie attività e oggi
calcio e pallavolo sono le due discipline prevalenti, con il volley
che impegna circa 190 giovani e
più di 20 adulti tra accompagnatori dirigenti ed allenatori.
La società presieduta da Pamela
Franchini, è il punto di riferimento per la pallavolo maschile in città: se, infatti, sono molte le realtà
femminili, l’Altair è l’unica società
che opera con i “maschietti”, con i
quali ha vinto anche diversi titoli provinciali. Nelle sue squadre
inoltre è cresciuto dal 1977 al 1982
l’highlander del volley vicentino,
anche se di nascita è torinese, ovvero Luca Milocco, che dopo aver
“lasciato” l’Altair ha giocato per
15 anni nei campionati di serie A.
collezionando importanti risultati
come la Coppa Cev vinta nel 1987
e il titolo mondiale per club conquistato nel 1991, entrambi con la
maglia del Milano. Nel suo palmarès anche 65 presenze in nazionale, fra cui quelle ai Campionati
Europei del 1985 e ai Mondiali del
1986 insieme a campioni come
Lucchetta, Zorzi, Gardini, Bertoli
e Galli.
Il settore maschile è motivo d’orgoglio per la società, specialmente
negli ultimi anni in cui, statistiche
alla mano, tra i ragazzini è sempre
più difficile il reclutamento. Non a
caso il comitato FIPAV di Vicenza
ha istituito un osservatorio provinciale per la pallavolo maschile,
che si è radunato per la prima volta all’inizio di questa settimana.
L’Altair negli anni scorsi aveva
iniziato una collaborazione con
molte società della provincia per
cercare di far crescere il “movimento azzurro”, ma problemi logistici ed economici hanno messo
il progetto in stand-by ed oggi la
società accoglie soprattutto i ragazzi del quartiere e del circondario ed è ripartita facendo un
lavoro di promozione nelle scuole
per portare i giovani in palestra.
Obiettivo raggiunto, visto che
l’Altair è riuscito ad iscriversi a
tutti i campionati giovanili: under 13, 14, 16 e 18; quest’ultimi
partecipano poi anche al campionato di prima divisione con un
unico fuori quota, Enrico Lanaro, tornato nella società che lo ha
fatto crescere pallavolisticamente dopo le esperienze in categorie
superiori al Joy Volley Vicenza e
al Castellana. “Abbiamo soltanto
quattro atleti del 1992, otto del
‘93 ed addirittura due del ‘94 - ci
tiene a precisare il tecnico Alessandro Delia - Il nostro obiettivo
primario è rivolto all’under 18,
dove puntiamo alla finale provinciale, mentre per quanto riguar-
da la prima divisione ci interessa
accumulare più esperienza possibile, utile non solo per il campionato giovanile ma anche per
gli anni futuri, possibilmente salvando la categoria”. La squadra è
formata da gruppi provenienti da
altre realtà, come ACS Povolaro e
Ardens, e quindi l’amalgama non
è ancora dei migliori, ma l’allenatore è fiducioso di trovare presto
l’assetto ideale. Ottimi, fino a
questo commento, anche i risultati dall’under 16, che ha vinto
cinque incontri su cinque senza
perdere neanche un set.
Il punto di forza dell’Altair è sicuramente il florido settore maschile, ma la società opera anche
in ambito femminile con le formazioni under 12, 13, 14, 16, 18, seconda e terza divisione.
Quello che accomuna tutti è lo
sport inteso come momento di
educazione e di maturazione
umana, che si realizza con l’orgoglio di esprimere il proprio meglio
nelle leali battaglie di un gioco di
squadra, la gioia vivissima delle vittorie, la volontà di reagire
alle sconfitte e la determinazione
nel superare le difficoltà sparse
lungo il cammino. E’ per questo
che da alcuni anni in casa Altair
si porta avanti anche il “Progetto
Multisport”, per dare la possibilità al maggior numero possibile di
bambini di poter praticare un’attività motoria completa, formativa e divertente e favorire così uno
sviluppo armonico.
Passione, professionalità, impegno e divertimento: questo è
l’Altair, una delle stelle del firmamento della pallavolo vicentina.
DOMENICA 22
Nuoto
2° TROFEO SISA
VICENZA NUOTO MASTER
Tappa del circuito nazionale
Supermaster, in gara 700 atleti
provenienti da tutta Italia. Nel
programma: 100 farfalla, 50
rana, 100 misti, 200 stile libero,
staffetta 4x50 stile, 400 misti,
100 dorso, 200 rana, 50 stile
libero.
PISCINE DI VICENZA:
ORE 9.00
Rugby
RANGERS VICENZA
vs RUGBY ODERZO
Ultimo incontro casalingo del
2009 per i ragazzi di Cipriani;
poi seguiranno tre trasferte
consecutive (Livenza, Alpago,
Lido Venezia) e prima di rivedere
i biancorossi a Vicenza bisognerà attendere il 24 gennaio 2010.
La sfida ha tutto il sapore della
rivincita, perché il Rugby Vicenza intende riscattare la sconfitta
subita al termine della scorsa
stagione, quando i biancorossi
furono superati dal team opitergino nello spareggio per accedere ai play-off promozione.
CAMPO A.GOBBATO: ORE 14.30
| Foto di Marco Tomaino
SABATO 28
Calcio
PADOVA - VICENZA
Campionato Serie B - 16a giornata. Torna la sfida tra biancorossi
e biancoscudati. In classifica il
Padova sopravanza il Vicenza e
in più ha il vantaggio del fattore
campo, ma nei derby i pronostici
sfuggono a qualsiasi logica.
STADIO EUGANEO: ORE 15.30
Hockey Ghiaccio
MIGROSS ASIAGO vs FASSA
Campionato Italiano Serie A
15a giornata.
ASIAGO, PalaOdegar: ORE 20.30
Basket femminile
AS VICENZA vs NOVARA
Campionato Italiano Serie B
Eccellenza - 2a giornata ritorno.
PALALAGHETTO: ORE 20.30
DOMENICA 29
Hockey inline
CAODURO DIAVOLI
vs EDERA TRIESTE
Il big-match dell’8a giornata del
campionato Serie A1 - 5a giornata. I Diavoli biancorossi ospitano
i rivali storici dell’Edera in uno
scontro di altissima classica.
PATTINODROMO,
Viale Ferrarin: ORE 18.00
distribuzione
Diventa quotidiano
www.vicenzapiu.com
VicenzaPiù
è in edicola il sabato,
consultabile sul sito:
www.vicenzapiu.com
la domenica, e
successivamente in
distribuzione nei seguenti
punti:
CENTRO STORICO
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale Milano, 104
STAZIONE FTV
Viale Milano, 138
STAZIONE FERROVIARIA
LIBRERIA MONDADORI
presso Stazione Ferroviaria
LIBRERIA MONDADORI
Piazza delle Erbe, 9/A
PASTICCERIA “ALBERTONI”
Via Paolo Lioy, 32
BAR “CAFFÈ COMMERCIO”
Piazza Biade, 22
BAR “MON PLEN”
Contrà Santa Barbara, 21
172 del21 novembre 2009
numero
ViPiù
“BAR ITALIA”
Galleria Pozzo Rosso, 19
BAR “VICENZA”
Corso Palladio
BAR “BORSA”
Piazza dei Signori
COMUNE- PALAZZO
TRISSINO
Corso Palladio, 98
BAR “GARIBALDI”
Contrà Cavour, 7
RISTORANTE “DAI
NODARI”
Contrà Do Rode, 20
BAR/PASTICCERIA
“SORARÙ”
Piazzetta Palladio, 17
BAR “ILLY”
Contrà Muscherie
BAR “CAFFÈ ROMA”
Corso Fogazzaro
BAR/RISTORANTE “IRIS”
Corso Fogazzaro, 33
BAR “SAN LORENZO”
Corso Fogazzaro, 62
PASTICCERIA “RUDATIS”
Contrà Santa Barbara, 29
PROVINCIA - PALAZZO
NIEVO
Contrà Gazzolle, 1
BAR “TAZZA D’ORO”
Corso Palladio, 153
BAR “PEGASUS”
Piazza Matteotti, 8
BAR “NAZIONALE”
Galleria Porti, 7
BAR “BARASTRA”
Contrà Barche, 14
BAR “MAGAZZINO DEL
CAFFÈ”
Contrà Manin
UNIVERSITÀ
Contrà Barche, 57
BAR “ALLE 2 COLONNE”
Piazza dei Signori
RISTORANTE “MALVASIA”
Contrà delle Morette, 9
BAR “CHIERICATI”
Corso Palladio
SOCIETA’ GENERALE
MUTUO SOCCORSO
Corso Palladio, 186
LIBRERIA GALLA LIBRARSI
Contrà delle Morette
LIBRERIA TRAVERSO
Corso Palladio, 172
BAR “OVO SODO”
Contrà Pescherie Vecchie, 16
PASTICCERIA “SAN
FRANCESCO”
BAR “MERCATO”
Contrà Pescherie Vecchie, 25
TRIBUNALE
Contrà Santa Corona
BAR “SCRIGNI”
Piazzale De Gasperi, 8
LIBRERIA GIUNTI
Corso Palladio, 186
BAR “MINERVA”
Contrà Santa Corona, 11
PASTICCERIA “VENEZIA”
Contrà Pescheria, 4
distribuzione
SEDE AIM
Contrà Pedemuro San Biagio
BAR/PASTICCERIA
“FOGAZZARO”
Corso Fogazzaro
22
pag
Pelle
Tel: 0444 - 923362; mail: [email protected]
BAR “SUSANNA”
Via Calvi, 18
NEGOZIO “FORMAGGI
TIPICI”
Riviera Berica
CENTRO COMMERCIALE
PALLADIO
Strada Padana verso Padova
“BOUTIQUE DEL PANE!
Corso Fogazzaro, 142
PASTICCERIA “ALIANI”
Corso Fogazzaro, 163
ZONA EST E NORD
ZONA OVEST
BAR/RISTORANTE
“BOCCALETTO”
Via Trieste, 81
RISTORANTE “2 FOGHER”
Strada Pasubio, 2
BAR “CAPRICE”
Galleria ParcoCittà
FONTANA
Strada Pasubio, 17
BAR “TORRIONE”
Porta Castello, 3
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale Trieste
“PASTICCERIA SOLE”
BAR “CASTELLO”
Piazza Castello
BAR “PALAZZETTO”
Via Anconetta, 46
SEDE CISL
Contrà Cabianca, 20
PASTICCERIA “ARTIGIANA”
Via Medici, 69
BAR “PIGAFETTA”
Contrà Pescaria
MACELLERIA
“ZANELLATO”
via Medici, 50
PASTICCERIA “LA
VICENTINA”
Corso San Felice e Fortunato
LIBRERIA GALLA
Corso Palladio 11
PASTICCERIA “BOLZANI”
Corso Padova, 146
PASTICCERIA
“GAMBARATO”
Contrà Porta Padova, 105
BAR “IV NOVEMBRE”
Via IV Novembre, 79
BAR “BAR DEGLI ANGELI”
Via IV Novembre
ZONA SUD
BAR “LOSS BAR”
Via Prandina, 1
BAR “BAR CLASSICO”
Via Giaretta, 21
FIDAS
Via Baracca, 204
PASTICCERIA “VACCARI”
Via Vaccari, 85
SEDE CGIL
Via Vaccari, 128
STAZIONE DI SERVIZIO API
Via Fusinato
BAR/GELATERIA MONTE
BERICO
Via X Giugno, 84
STAZIONE DI SERVIZIO Q8
via Medici
PALESTRA INJOY
Strada Marosticana, 24
EQUOBAR
Strada Marosticana, 350
STAZIONE DI SERVIZIO
TOTAL
Viale della pace
PASTICCERIA “VIALE
DELLA PACE”
Viale della Pace, 106
BAR “DOLCE VITA”
Strada Cà Balbi, 236
PASTICCERIA “TOMMINI”
Strada Cà Balbi, 313
BAR “AVVENIRE”
via Nicolò Vicentino, 60
nome e cognome
Federico Pelle
titolo di studio
Maturità classica
età
37
professione
Ingegnere del suono/compositore
luogo di nascita
Parma
segni particolari
Pochi e scarsamente rilevanti
BAR “BABILONIA”
Via Pecori Giraldi, 30
PASTICCERIA “VERONA”
Via Legione Antonini
CINEMA PRIMAVERA
Via Ozanam, 11
BAR “CILLYLOUNGECAFFÈ”
Via Btg. Val Leogra, 80
CENTRO SPORT PALLADIO
Via Cavalieri di Vittorio
Veneto, 29
UIL
Via Quasimodo, 47
BAR “CIRKUS”
Via Enrico Fermi, 347
“RISTORANTINO GRAN
CAFFÈ”
Via Enrico Fermi
Il tratto principale del mio
carattere
Espansività
La qualità che preferisco in
un uomo
Intelligenza
La qualità che preferisco in
una donna
Intelligenza
Quel che apprezzo di più nei
miei amici
Lealtà
Il mio principale difetto
A volte l’arroganza
La mia occupazione preferita
Comporre
Il mio sogno di felicità
Che non succeda mai nulla ai miei
cari
STAZIONE DI SERVIZIO
AGIP
Viale San Lazzaro, 106
Quale sarebbe, per me, la più
grande disgrazia
Che succedesse qualcosa alle persone alle quali tengo
BAR “MONTECARLO”
Via Verona, 78
Quel che vorrei essere
Sereno
BAR “SARTEA”
Corso San Felice,
Il paese dove vorrei vivere
L’Italia che non c’è più
I miei film preferiti
“Once” di John Carney
Quel che detesto più di tutto
L’avarizia e la grettezza d’animo
Il personaggio storico più
ammirato
Leonardo da Vinci, per il genio
Laboratorio di assistenza tecnica
Server e sistemi di rete
Pc assemblati e delle migliori marche
e quello più disprezzato
Hitler per il male assoluto, G. W.
Bush tra i recenti
Il dono di natura che vorrei
avere
Avere una bellissima voce
Come vorrei morire
Senza (troppi) rimpianti
Offriamo connettività internet professionale
in collaborazione con MC-Link ( www.mclink.it ),
con molteplici servizi tra i quali: ADSL, ADSL2+,
SHDSL, telefonia VOIP, Gestione VPN,
noleggio apparecchi Hardware CISCO System ecc.
Stato attuale del mio animo
Moderatamente ottimista
Il mio prossimo impegno
nella vita
Comporre le musiche del Narciso
e proseguire gli studi in Conservatorio
Il mio credo politico o ideale
Continuare ad avere fiducia che
“prima o poi” riusciremo a cambiare le cose
Cosa mi piace e cosa non mi
piace di Vicenza
Mi piace la dimensione umana,
non mi piacciono alcune scelte legate alla viabilità
CENTRO COMMERCIALE
AUCHAN
Il piatto a cui non so rinunciare
Carne
LA BOTTEGA ARTIGIANA
DEL PANE
Via Zugliano, 49
PASTICCERIA “LA ROCCA”
Corso San Felice, 255
I miei libri della vita
“Novecento” di Alessandro Baricco
BAR “MERY’S BAR”
Galleria Tiziano, 22
SCUOLA ARTE E MESTIERI
Via Rossini, 60
I miei poeti preferiti
Pablo Neruda
Cosa mi piace e cosa non mi
piace dei vicentini
Mi piace la determinazione e la
forte appartenenza territoriale,
non mi piace questo eccessivo
provincialismo
CSMR
Via Vicenza, 204 - Altavilla
I musicisti che mi piacciono
di più
Beatles, Nicola Piovani
Le colpe che mi ispirano
maggiore indulgenza
Le proprie, quindi le mie
I miei pittori preferiti
L’impressionismo Francese
Il mio motto
Avanti tutta!
CENTRO ANZIANI “LA
RONDINE”
Via Calvi,
numero
Federico
Editoria, comunicazione
uffici stampa e marketing
PASTICCERIA “GALLA”
Riviera Berica, 84
172 del21 novembre 2009
botta&risposta
Vendita e creazione siti WEB e domini internet
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Orari: dal Lunedì al Venerdì dalle 14.30 alle 19.00, Sabato dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 15.00 alle 19.00