Educare i giovani ad una crescita sana

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Educare i giovani ad una crescita sana
Educare i giovani ad una crescita sana
Intervista a Laura Boggio Gilot
1) Parlando di educazione ad una crescita sana, vengono subito in mente i
fattori che inevitabilmente condizionano la psiche del giovane e, fra i tanti, gli
effetti dell'essere sottoposto ad immagini violente, o aventi contenuto
negativo, che sono spesso veicolate dai film e da altri contenuti multimediali
(messaggi pubblicitari, videogiochi, videoclip). Esiste, secondo la sua
visione, una relazione tra immagini negative e azioni negative, e, in tal caso,
come si esplica?
Esiste un rapporto ben preciso tra immagine violenta (o negativa) e azione violenta (o
negativa). Diversi anni fa, in una valutazione da me fatta sugli effetti dei film a contenuto
violento misi in rilievo che, nella notte successiva alla prima rappresentazione del film “I
guerrieri della notte”, si era verificata la triplicazione della delinquenza giovanile nella città
di New York.
È fuor di dubbio che un film possa contenere una carica esplosiva, così come
qualunque altra immagine violenta che varchi i confini della coscienza. Secondo una legge
di psicodinamica “le idee e le immagini tendono a suscitare le emozioni e gli atti ad esse
corrispondenti”. Ogni immagine infatti ha in sé un elemento motore ed ogni idea è una
azione in fase potenziale. William James, un pioniere della psicologia transpersonale, è
stato il primo a richiamare l'attenzione sul rapporto diretto tra ciò che vediamo e ciò che
sentiamo, e poi tra ciò che pensiamo e ciò che diventiamo. Roberto Assagioli, il padre
della psicosintesi, ha ampiamente trattato questo tema nel suo libro “L'atto di volontà”.
L'esistenza di questo rapporto è stata provata dagli effetti dell'influsso ipnotico e, negli
stati di veglia, dal fenomeno della suggestione e dell'autosuggestione. La psicoterapia
stessa centrata solo sul retto uso della parola ed applicata anche con tecniche ideoimmaginative, quale il “sogno da svegli guidato”, l'uso della parola stimolo, per evocare
sentimenti positivi ecc., attesta che ciò che è ascoltato ed udito non è uno stimolo
indifferente, e che come esiste un effetto terapeutico nella parola e nell'immagine, ne
esiste uno patogeno.
2) Come mai le persone, e in modo particolare i giovani, cadono così
facilmente vittime delle immagini violente o a contenuto negativo?
Purtroppo come tutto ciò che non è toccabile, questo sottile rapporto causale non è
verificabile da tutti. Solo chi ha la coscienza non turbata da un flusso ininterrotto e caotico
di pensieri ed abituata a sapersi controllare, può avvertire le modificazioni che uno stimolo
porta nel suo essere bio-psichico; la persona comune non recepisce che sensazioni a cui
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spesso non sa dare neanche una spiegazione, e che inconsciamente si traducono in una
modificazione del suo apparato psicosomatico.
Da tutto ciò si può facilmente dedurre quanto possa essere pericoloso proporre
immagini di violenza alla coscienza dell'uomo normale, e quanto possano essere negativi
tutti gli stimoli non edificanti ed in qualche modo depressivi. Chi fa le peggiori spese di
suggestioni negative che creano una atmosfera psichica avvelenata, è colui che ha la
psiche più plasmabile e meno cristallizzata, e cioè il giovane.
Lo scontento, il disadattamento, la nevrosi, la violenza ed il massiccio fenomeno
della droga, avrebbero un corso ben diverso, se invece di fornire al giovane una sorta di
persuasione occulta distruttiva e nichilista, gli si proponessero modelli di vita e di essere
creativi, quali la fiducia, l'ottimismo, la volontà, e perché no, qualche valore veramente
umano.
3) Credo che sia d'accordo nell'affermare che quest'opera dovrebbe essere
compiuta primariamente nella cellula familiare. Venendo dunque al rapporto
diretto tra genitori e figli, in cui talvolta scorrono anche contenuti negativi e
non di rado violenti, come valuta un metodo educativo improntato ad
esempio al permissivismo?
Il permissivismo è utile nella misura in cui aiuta il figlio a svilupparsi secondo le sue
potenzialità interiori, e di manifestare la sua volontà senza inibizioni. Non è più utile
quando diventa abbandono e lascia i figli senza punti di riferimento a cui riferirsi. Il
permissivismo ad oltranza diventa mancanza di cura e lascia il figlio sprotetto in quei
momenti difficili in cui l'autorità del genitore è anche la garanzia della forza e del potere del
genitore al servizio dei bisogni del giovane.
4) Cosa pensa invece della severità, l'aspetto polare del permissivismo?
La severità ha due volti come l'autorità. È utile nella misura in cui indirizza a capire e
prepara agli inevitabili no della vita; è utile quando insegna al giovane l'importanza della
scelta giusta per lui. È dannosa quando punisce e crea senso di colpa e disistima. La
severità critica e punitiva fa sentire il figlio in colpa e non amato dal genitore: i ragazzi
educati con severità hanno poca stima di sé e questo li priva della sicurezza. Essi hanno
sempre bisogno della conferma altrui per sentirsi accettati. Nella severità il genitore
investe spesso i suoi pregiudizi, oltre che i suoi bisogni di potere e sovente i suoi bisogni
di compensazione. Il pregiudizio è evidente nel padre che difende la castità della figlia,
perché ha un portato ancestrale maschilista che vede la sessualità femminile come colpa
e la sessualità in genere come patrimonio maschile.
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5) Un genitore che ami poco il figlio cosa può determinare in lui/lei?
Una carenza affettiva si manifesta con un bisogno inappagato di amore, con un senso di
solitudine e la sfiducia nella relazione con il mondo. Questi figli proiettano sul prossimo il
rifiuto che hanno ricevuto dal genitore e si sentono costantemente rifiutati. La carenza di
amore è la causa maggiore della nevrosi nelle forme depressive e nelle inibizioni da senso
di inferiorità: a volte la sete d'amore è così incolmabile, che queste persone arrivano ad
autodistruggersi.
6) Quali possono essere le conseguenze dell'autoritarismo?
L'autoritarismo inibisce l'istinto e la creatività in genere di un figlio. Questo fatto determina
due opposte reazioni: o il figlio si adatta ed allora non sviluppa la sua personalità in modo
autonomo, è carente di identità e nel complesso debole e dipendente; oppure, si ribella ed
entra in conflitto con il mondo. Gran parte della contestazione giovanile ha questo tipo di
matrice: è una risposta al mondo adulto castrante, un modo per sfuggire ad una violenza e
recuperare la propria identità. La violenza è spesso una compensazione della propria
impotenza ad emergere nell'ambiente famigliare.
7) E quali conseguenze può portare invece l'iperprotezione?
L'insicurezza e la dipendenza dal genitore. I figli iperprotetti hanno una bassa autostima,
perché difficilmente hanno potuto verificare sé stessi nella vita: le loro scelte sono state
sostituite da quelle dei genitori. L'iperprotezione non consente lo sviluppo della personalità
soprattutto per quanto riguarda l'integrazione tra razionalità e sentimento: infatti scegliere
al posto dei figli ciò che per loro è più sicuro vuol dire non metterli in condizione di
sviluppare la ragione e la volontà, nella sua forma della decisionalità. A lungo andare, la
dipendenza dal genitore erode il senso di responsabilità verso la propria vita di un figlio,
che si adatta anche nel rapporto sociale a situazioni precostituite. È per questo che
proprio i figli iperprotetti sono i più suggestionabili ed i più trascinabili in situazioni
pericolose.
8) Secondo la sua visione, qual è un giusto modo di amare un figlio?
L'amore, come dice Fromm, è un'arte, nel senso che si costruisce relativamente alle
esigenze dell'altro. L'amore deve essere legato all'altruismo, e deve mirare alla libertà. Il
genitore non deve aver bisogno del figlio, perché questo rende prigioniero il figlio; il
genitore deve aiutare a mettere in grado un figlio di staccarsi quanto prima dalla famiglia e
di saper camminare solo nella vita. Il vero amore non deve chiedere nulla e deve solo
preparare all'indipendenza.
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9) In definitiva, quali potrebbero essere a suo avviso alcune linee guida per
una educazione sana?
Educazione viene dal latino ex-ducere che vuol dire tirar fuori. Al contrario del normale
concetto di educazione, che consiste nell'imbottire i giovani di principi e idee precostituite,
l'educazione è il tirar fuori da un giovane le sue potenzialità, e cioè metterlo in grado di
estrinsecare la creatività, sia in senso mentale che spirituale. La creatività mentale è
relativa allo sviluppo del pensiero; quella spirituale è relativa allo sviluppo del senso dei
valori ed all'etica della vita. La creatività si sviluppa solo se il giovane non viene
indottrinato e indirizzato da idee altrui. Indi l'educazione consiste nell'aiutare il figlio ad
essere come vuol essere e ad assumere una precisa responsabilità verso la vita.
Costante deve essere l'indirizzo ad una scelta di valori, senza i quali i giovani sono prede
di chi li vuole strumentalizzare.
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