lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016
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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 291 (47.426) Città del Vaticano lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 . All’Angelus il Papa chiede che si evitino violenze nella Repubblica democratica del Congo Al centro della giornata per i migranti Appello al dialogo Profughi e nuove povertà E ai ragazzi dell’Azione cattolica raccomanda di parlare spesso con i nonni Papa Francesco ha lanciato un appello al dialogo nella Repubblica democratica del Congo, dove la crisi politica apertasi con la scadenza del mandato presidenziale di Kabila rischia di radicalizzare le contrapposizioni, alimentando un clima di odio e di violenza. «Chiedo a tutti voi di pregare affinché il dialogo nella Repubblica Democratica del Congo si svolga con serenità per evitare qualsiasi tipo di violenza e per il bene di tutto il Paese» ha invocato a conclusione dell’Angelus recitato in piazza San Pietro nella mattina del 17 dicembre. In precedenza il Pontefice aveva preso spunto dal vangelo dell’ultima domenica di Avvento per ricordare le figure di Maria e Giuseppe, che «per primi hanno accolto Gesù mediante la fede» e che «ci introducono nel mistero del Natale». La prima, ha spiegato, «ci aiuta a metterci in atteggiamento di disponibilità per accogliere il Figlio di Dio nella nostra vita concreta», mentre «il secondo ci sprona a cercare sempre la volontà di Dio e a seguirla con piena fiducia». Tutti e due, ha evidenziato, «si sono lasciati avvicinare da D io». Al termine, nel salutare i gruppi presenti, il Pontefice ha voluto «ringraziare tutte le persone e le istituzioni» che gli hanno fatto gli auguri in occasione del suo ottantesimo compleanno celebrato sabato 17. Per l’occasione Francesco ha ricevuto telefonate e telegrammi di augurio da diversi leader internazionali, mentre decine di migliaia sono stati i messaggi inviati via posta elettronica da tutto il mondo: i più numerosi in inglese, spagnolo, polacco e italiano. Significativi, in particolare, gli auguri giunti da Benedetto XVI attraverso un messaggio scritto e molto affettuoso, che è stato particolarmente apprezzato da Francesco. Nel pomeriggio di sabato 17 il Papa emerito ha anche cattolica italiana, ai quali ha raccomandato in particolare di parlare spesso con i propri nonni, perché — ha spiegato — «gli anziani hanno la sapienza della vita» e conservano sempre «la memoria della storia». PAGINA 7 europea», Mattarella ha affermato che «le migrazioni sono un fenomeno che va affrontato, in maniera strutturale e condivisa, con l’intento di far fronte anzitutto ai drammi umanitari che le caratterizzano e di impegnarsi a rimuovere le cause che sono alla base dei flussi». Ha inoltre ribadito che «un tale approccio necessita di una convinta unità di intenti a livello internazionale per raggiungere pace e stabilità». E ha ricordato che «ai migranti è naturalmente richiesto di compiere lo sforzo di adattarsi ad un contesto anche molto diverso da quello delle società di origine». Il presidente della Camera dei Deputati italiana, Laura Boldrini, ha ribadito che si tratta di «un fenomeno strutturale», sottolineando che «di fronte alla costante crescita del fenomeno delle migrazioni, è urgente che l’Europa risponda vincendo gli egoismi nazionali». Intanto, guardando alla situazione sui vari fronti di flussi di migranti, si deve riferire di 184 persone fermate dalle autorità turche mentre cercavano di attraversare il mar Egeo per arrivare in Grecia, su due diverse imbarcazioni. Si tratta di persone provenienti da Pakistan, Afghanistan, Siria, Bangladesh, Somalia, Iran e Iraq, ma in parte anche dalla Cina. La polizia turca ha fatto sapere di aver arrestato uno dei cinque trafficanti di uomini e di essere sulle tracce degli altri. Alla vigilia della scadenza del mandato di Kabila L’arcivescovo Pizzaballa sottolinea la gravità della situazione in Siria e Iraq Kinshasa deserta per timori di violenze Tragedia per i cristiani KINSHASA, 19. La capitale della Repubblica Democratica del Congo, Kinshasa, è oggi una città fantasma, massicciamente presidiata dalla polizia e dalla guardia nazionale, alla vigilia della fine del secondo e ultimo mandato del presidente Joseph Kabila, che non ha inteso convocare le elezioni presidenziali per determinare il suo successore. E la voce che corre è che Kabila intenda rimanere al potere a vita. La paura è quella dell’esplosione della violenza, che negli ultimi anni purtroppo non è mai mancata nei momenti politicamente topici per il grande paese africano. Kinshasa, una megalopoli di oltre dieci milioni di abitanti, solitamente piena di vita, commerci e Ai Musei vaticani Riapre il Braccio nuovo y(7HA3J1*QSSKKM( +]!#!?!$!"! chiamato personalmente il suo successore, inviandogli inoltre tre piccoli doni che Francesco ha ricevuto come tre segni molto personali e significativi per tutti e due. Infine, nella mattina di lunedì 19, nella Sala del Concistoro, il Pontefice ha ricevuto gli auguri natalizi da una delegazione di ragazzi dell’Azione BRUXELLES, 19. La giornata internazionale del migrante è stata celebrata, ieri, a chiusura di un 2016 che, con quasi cinquemila persone morte nel Mediterraneo, ha registrato il più alto numero di vittime dei viaggi della speranza. A 16 anni dall’istituzione della giornata per volere dell’Onu, il mondo si trova di fronte a un numero sempre maggiore di guerre, a più gravi povertà e più pesanti emergenze ambientali. Tutti fattori che scatenano disperati flussi migratori. Per quanto riguarda l’Europa, anche dopo il vertice europeo della settimana scorsa, risultano divisioni. In diversi paesi membri dell’Ue prevale la tendenza alla chiusura verso i migranti, anche per la temuta crescita elettorale di forze xenofobe e populiste. E l’Europa risulta, dunque, paralizzata sulla redistribuzione e i ricollocamenti di profughi e lascia il peso maggiore sui paesi di primo approdo, tra cui l’Italia. Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha ricordato ieri che «nell’ambito dell’Unione europea è indispensabile che tutti i paesi membri, non solo quelli di primo ingresso come l’Italia, facciano la loro parte sulla base di quei valori di solidarietà ed integrazione su cui si fonda l’Unione stessa». Sottolineando «la coerenza dell’Italia con i principi fondanti del progetto di integrazione ANTONIO PAOLUCCI A PAGINA 4 traffico, è silenziosa e praticamente deserta: circolano poche macchine e bus, i negozi sono in gran parte chiusi e anche gli ambulanti non hanno aperto le loro bancarelle. I blanc-bleu, gli scolari con le loro classiche uniformi, sono rimasti a casa e il numero dei poliziotti supera largamente quello dei rari passanti. Nei giorni scorsi era stata decisa la sospensione del campionato di calcio, per evitare che le manifestazioni sportive venissero trasformate in proteste politiche. Ora il governo centrale ha decretato un giro di vite sui social media e il divieto alle emittenti di trasmettere programmi a carattere politico. In questo clima di tensione il Belgio ha chiesto ai suoi cittadini di lasciare il paese e la Francia ha invitato quanti siano presenti nella Repubblica Democratica del Congo alla massima vigilanza. Intanto ieri sera i vescovi della Conferenza episcopale, che stavano svolgendo una mediazione tra gli uomini del presidente e l’opposizione, hanno dovuto annunciare la sospensione dei colloqui volti a favorire una soluzione pacifica alla crisi politica in corso. Il capo storico dell’opposizione Étienne Tshisekedi aveva annunciato la convocazione di manifestazioni in tutto il paese per cacciare Kabila in caso di fallimento delle trattative, ma finora il via libera alle contestazioni di piazza non è stato dato. Kabila, 45 anni, è al potere dal 2001 e la Costituzione gli impedisce di ripresentare la sua candidatura alle elezioni. Le trattative sotto l’egida della Chiesa locale dovevano servire a definire un percorso di transizione concordato fino al voto presidenziale. Al momento Kabila ha raggiunto un’intesa con una frangia minoritaria dell’opposizione per rimanere in sella fino al voto, lasciando il ruolo di premier a uno dei suoi antagonisti. La speranza nel paese è che gli incontri tra il governo e l’opposizione possano riprendere nella giornata di mercoledì. DAMASCO, 19. «La situazione dei cristiani in Siria, Iraq e Egitto è una completa tragedia». Così si è espresso oggi, nel corso di un incontro con i giornalisti, l’arcivescovo Pierbattista Pizzaballa, amministratore apostolico di Gerusalemme dei Latini. «In queste terre, origine della nostra civiltà, il ciclo vizioso della violenza che è all’opera sembra senza speranza e senza fine». Tutti noi — ha aggiunto — «abbiamo visto le immagini di Aleppo della scorsa settimana, ma anche di tutta la regione durante i lunghi anni del conflitto». Anche in Terra santa «riecheggia l’estremismo e il fondamentalismo che stanno crescendo in tutto il mondo». Intanto, oltre mille persone sono state evacuate questa mattina, dopo forti ritardi, dalle ultime aree controllate dai ribelli nella parte orientale di Aleppo: lo hanno reso noto fonti mediche, secondo quanto scrive l’emittente «Al Arabiya». Gli sfollati troveranno rifugio nei campi allestiti nei quartieri occidentali, prima di essere trasferiti altrove. Nelle ultime ore l’evacuazione della parte orientale della città è andata avanti a singhiozzo. Nel gelo della notte, più di trenta pullman hanno atteso di partire dalla zona assediata e portare via i civili stremati dai combattimenti. Domenica mattina, l’accordo tra le parti in conflitto era stato dato per certo, ma poi le operazioni di evacuazione erano state rinviate fino a nuovo ordine sia per Aleppo est che per i due villaggi sciiti di Fuaa e Kafraya. Principale motivo del rinvio, le violenze ancora in corso: diversi pullman che stavano trasportando civili fuori dalla città sono stati attaccati e dati alle fiamme. Fonti del governo siriano hanno accusato i ribelli e i gruppi jihadisti ancora presenti nell’area. Sono almeno 200.000 le persone che attendono di ricevere assistenza umanitaria nell’area di Aleppo; la cifra sale a due milioni se si guarda l’area che va da Aleppo fino al con- Le credenziali dell’ambasciatore di Corea Civili tra le macerie ad Aleppo est (Reuters) fine nord con la Turchia. Si tratta, tuttavia, soltanto di stime approssimative: né il governo né l’Onu sanno con esattezza quanti civili e quanti ribelli attendono di abbandonare Aleppo est. La sola certezza — dicono gli analisti — è che tutti hanno estremo bisogno di aiuti: da mesi scarseggia il cibo così come ogni sorta di servizio, a partire dall’energia elettrica e dall’acqua potabile. È stato intanto raggiunto al Consiglio di sicurezza dell’Onu, al termine di tre ore di serrate consultazioni a porte chiuse, l’accordo sul testo di una risoluzione che prevede il dispiegamento di osservatori delle Nazioni Unite ad Aleppo est per garantire le operazioni di evacuazione della popolazione e l’accesso di aiuti umanitari. Il voto sulla risoluzione dovrebbe avvenire oggi. NOSTRE INFORMAZIONI Nella mattina di lunedì 19 dicembre, Papa Francesco ha ricevuto in udienza Sua Eccellenza il Signor Jonghyu Jeong, nuovo ambasciatore di Corea, per la presentazione delle lettere con cui viene accreditato presso la Santa Sede Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Signor Jonghyu Jeong, Ambasciatore di Corea, per la presentazione delle Lettere Credenziali. della Conferenza Episcopale della Repubblica Democratica del Congo, con Sua Eccellenza Monsignor Fridolin Ambongo Besungu, Arcivescovo di Mbandaka-Bikoro, Vice Presidente. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: l’Eminentissimo Cardinale George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia; Sua Eccellenza Monsignor Marcel Utembi Tapa, Arcivescovo di Kisangani (Repubblica Democratica del Congo), Presidente Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza una Delegazione della «Asociación Iberoamericana de Ministerios Publicos»: Jorge Diaz (Uruguay), Ramiro Guerrero (Bolivia), Alejandra Gils Carró (Argentina). L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 Forze di sicurezza giordane in azione fuori dal castello di Karak (Ap) Rivendicata dall’Is Strage di soldati ad Aden Si sblocca la crisi libanese Fiducia al governo di Hariri BEIRUT, 19. Si sblocca la crisi politica in Libano. Il parlamento ha votato ieri la fiducia al nuovo esecutivo formato dal sunnita Saad Hariri, già premier dal 2009 al 2011. Figlio dell’ex premier Rafiq, ucciso nell’attentato del 14 febbraio 2005, Hariri era stato nominato il 3 novembre scorso. La fiducia è frutto dell’accordo che ha portato, il 31 ottobre scorso, il cristiano maronita Michel Aoun alla presidenza della repubblica, oltre due anni dopo la scadenza del mandato di Michel Sleiman. In base al patto nazionale del 1943, in Libano il primo ministro dev’essere un sunnita, mentre il presidente del parlamento uno sciita e il capo dello stato un cristiano maronita. Il nuovo esecutivo guidato da Hariri è formato da trenta ministri, espressione di tutte le maggiori forze politiche libanesi, compreso il partito sciita Hezbollah. «Questo è un governo di intesa» ha dichiarato Hariri, intervenendo in parlamento. Tra i nuovi ministeri, uno contro la corruzione e uno per la tutela delle donne. Sulla carta l’esecutivo dovrebbe essere rimesso in discussione il prossimo maggio quando sono previste — salvo un terzo rinvio — le elezioni politiche, le prime dal 2009. Sarà indispensabile, però, prima trovare un’intesa su una nuova legge elettorale, come sottolineano numerosi analisti. La priorità del suo nuovo governo, ha spiegato Hariri, «sarà preservare il nostro Paese dalle ripercussioni negative della crisi siriana». La prima riunione del nuovo esecutivo si terrà mercoledì. Gruppo armato uccide dieci persone Terrore in Giordania AMMAN, 19. Almeno dieci persone tra cui quattro poliziotti, una turista canadese e due civili sono stati uccisi ieri in una serie di attacchi in Giordania. L’azione principale ha riguardato un antico forte crociato nella città di Karak: un gruppo di uomini armati si è asserragliato all’interno del castello in cui si trovavano diversi turisti stranieri, tra cui un gruppo di quattordici malesi. Secondo fonti della sicurezza locale e i quotidiani giordani, negli attacchi sarebbero state ferite anche 27 persone. La polizia ha inviato rinforzi e ha assediato il castello ingaggiando diverse sparatorie con il gruppo di aggressori, uccidendone alcuni. Attualmente è in corso la bonifica della zona, dentro e fuori il Inaugurato a Istanbul dal presidente Erdoğan Tunnel sotto il Bosforo Non si ferma la violenza nel Kashmir Scontri tra israeliani e palestinesi Gli ultimi ritocchi nel tunnel sotto il Bosforo (Ap) L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va di paesi che sostengono il legittimo presidente Hadi dopo l’offensiva dei ribelli huthi che da oltre due anni controllano gran parte del territorio. Il viaggio di Kerry, l’ultimo da segretario di stato prima del cambio dell’amministrazione statunitense con il presidente eletto Donald Trump, giunge in un momento in cui i rapporti tra Washington e Riad si sono fatti meno cordiali proprio a causa dell’intervento saudita nel conflitto contro i ribelli huthi. Kerry ha espresso preoccupazione per l’aumento delle vittime civili e per il moltiplicarsi di attacchi a opera di gruppi terroristi che approfittano del caos per guadagnare influenza nel paese. Tre soldati indiani uccisi in un attacco A Ramallah TEL AVIV, 19. Non conosce tregua la violenza in Terra santa. Un adolescente palestinese è stato ucciso ieri durante scontri con militari e polizia israeliani a Ramallah, in Cisgiordania. I disordini sono scoppiati nel villaggio di Beit Rima, appunto vicino a Ramallah, dopo che alcuni soldati erano stati aggrediti da giovani palestinesi a colpi di pietre, almeno stando a quanto riportano fonti dell’esercito. Ne è seguito uno scontro a fuoco che ha portato in seguito alla morte del ragazzo e al ferimento di altre persone. Fonti palestinesi hanno riferito che il ragazzo ucciso aveva 19 anni. Come ricordano i media internazionali, dall’ottobre 2015 le violenze in Cisgiordania sono costate la vita a 244 palestinesi, 36 israeliani, due statunitensi, un giordano, un egiziano e un sudanese. E sempre ieri, intanto, le autorità israeliane hanno raggiunto un accordo con il movimento dei coloni per lo sgombero pacifico dell’avamposto illegale di Amona: circa quaranta famiglie hanno dovuto abbandonare la collina che avevano occupato. castello per verificare se ci siano altri uomini armati. Secondo le prime ricostruzioni fornite dalle autorità giordane, l’assalto è seguito a uno scontro a fuoco avvenuto davanti a una casa di Karak. Il gruppo ha attaccato le auto della polizia di pattuglia accorse sulla segnalazione di una casa in fiamme, poi è scappato a bordo di una automobile dirigendosi nella fortezza del XII secolo, nota meta turistica su una collina della città che si trova circa 120 chilometri a sud di Amman, dove c’è stata una violenta sparatoria. La polizia è riuscita a liberare una decina di turisti, altri sarebbero rimasti nascosti o trattenuti all’interno della fortezza. Il primo ministro Hani Al Mulki ha confermato al parlamento la morte di «alcuni agenti» avvertendo che le forze dell'ordine hanno messo sotto assedio il castello. La morte della turista canadese è stata poi confermata anche dal governo di O ttawa. SANA’A, 19. Si aggrava di ora in ora il bilancio dell’attentato suicida avvenuto ieri nei pressi della città di Aden, nello Yemen meridionale, che ha avuto come obiettivo militari in attesa della paga. L’ultima stima, ancora provvisoria, parla di 52 morti e 63 feriti, come hanno riferito fonti mediche dell’ospedale di Aden. Miliziani del cosiddetto stato islamico (Is) hanno rivendicato la strage. Fonti dell’intelligence hanno riferito che l’attentatore suicida, che indossava una cintura esplosiva, si è fatto saltare in aria tra un gruppo di soldati governativi che attendevano di ricevere lo stipendio, vicino alla caserma Nasser Anbouri, nel quartiere Khor Maksar di Aden. Quello di ieri è solo l’ultimo dei numerosi attentati nel paese, insanguinato da un lungo conflitto tra il governo e i ribelli huthi. Poco più di una settimana fa in un altro attentato suicida, rivendicato dall’Is, sono stati uccisi 48 militari, anche loro mentre erano radunati e in fila in attesa dello stipendio. Negli ultimi mesi si sono intensificati gli attacchi che hanno come obiettivo le forze di sicurezza yemenite, fedeli al presidente Abd Rabbo Mansour Hadi. Da mesi, le autorità yemenite stanno conducendo una vasta offensiva contro i jihadisti che operano nel sud e nell’est del Paese devastato dalla guerra. L’Is e Al Qaeda nella penisola arabica hanno approfittato del conflitto tra il governo e i ribelli huthi, che controllano la capitale Sanaa, per rafforzare la loro presenza soprattutto nel sud. E intanto, il segretario di stato statunitense, John Kerry, ha incontrato ieri a Riad il re saudita Salman per discutere, tra l’altro, della guerra nello Yemen dove il numero delle vittime civili è vertiginosamente salito. L’Arabia Saudita guida nello Yemen una coalizione ANKARA, 19. Un’autostrada sotto il Bosforo per collegare la sponda asiatica di Istanbul alla penisola storica del Corno d’oro. L’ultima scommessa del presidente Recep Tayyip Erdoğan, ennesimo tassello nella sua lista di grandi opere che stanno trasformando la Turchia, si annuncia come un gioiello di ingegneria e azzardo politico. Il tunnel Eurasia, che sarà inaugurato domani, era atteso l’estate prossima. Ma dopo il golpe di luglio, raccontano fonti del progetto, il presidente ha voluto un’accelerazione da record. Con un messaggio chiaro: la sua Turchia, nonostante tutto, non si ferma. Una corsa contro il tempo i cui effetti si vedono anche nei lavori, che proseguono frenetici fino all’ultimo, come verificato dall’agenzia Ansa in una visita in anteprima dentro la nuova galleria. Per i primi 30-40 giorni, la notte resterà chiusa proprio per completare i ritocchi finali e valutare l’impatto del traffico, spiegano gli ingegneri. Un progetto costato 1,245 miliardi di dollari e, come molti in Turchia, realizzato con il modello GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Bot (Build-Operate-Transfer) da un consorzio turco-sudcoreano. L’opera, promette il ministro dei trasporti, Ahmet Arslan, rivoluzionerà il traffico cittadino, riducendo da circa un’ora e mezza a un quarto d’ora i tempi di percorrenza dal Corno d’oro alla sponda asiatica. Con una distanza totale di 14,6 chilometri, di cui 5,4 sottomarini a una profondità massima di circa 25 metri, la galleria avrà due corsie per ciascun senso di marcia e sarà aperta solo ad auto e moto. Passaggio vietato invece a tir e autobus, sia per l’altezza ridotta del tunnel che per il peso dei mezzi, che potrebbe metterne a rischio la stabilità. La struttura è stata progettata per resistere a un terremoto di magnitudo fino a 7,5 gradi. Nella galleria, in queste ore gli operai continuano a sistemare i muri ed effettuare collaudi. Vigili del fuoco e ambulanze avranno una stazione in prossimità degli ingressi dai due lati della galleria, mentre per le emergenze è stato studiato un sistema di soccorso rapido in moto, per ovviare agli spazi stretti del tunnel. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va NEW DELHI, 19. Non si ferma la violenza nel Jammu e Kashmir, la regione himalayana contesa tra India e Pakistan. Tre soldati indiani sono stati uccisi ed altri due sono rimasti feriti in un attacco compiuto ieri da un commando armato a Pampore, nel distretto di Srinagar. Lo ha reso noto l’emittente televisiva Ndtv. Citando un comunicato dell’esercito, l’emittente ha precisato che i militanti sono entrati in azione lungo l’autostrada nazionale Srinagar-Jammu, sparando ripetuti colpi di arma da fuoco contro un autobus che faceva parte di un convoglio militare. Una fonte militare ha, da parte sua, precisato che le forze di sicurezza hanno risposto al fuoco, ma non hanno potuto sparare apertamente perché il quartiere di Kadlabal, dove è avvenuto l’attacco, era affollato di civili. La situazione rimane molto tesa. Poche ore prima, il Pakistan aveva dichiarato che in un attacco proveniente dall’India e diretto contro uno scuolabus nel distretto di Kotli del Kashmir sotto controllo di Islamabad, almeno una persona è morta e 10 bambini sono rimasti feriti. Lo ha reso noto l’emittente DawnNews, che ha citato una fonte della polizia di Kotli, secondo cui sul veicolo si trovavano una ventina di allievi di una scuola privata. Anche l’ufficio stampa dell’esercito pakistano ha confermato l’incidente. Da molti mesi la tensione è tornata alta lungo la “linea di controllo”, confine ufficioso indo-pakistano in Kashmir, con un bilancio di numerose vittime da entrambe le parti. Soldati indiani nella capitale Srinagar (Ansa) Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Il nuovo ambasciatore di Corea Sua Eccellenza il signor Jonghyu Jeong, nuovo ambasciatore di Corea presso la Santa Sede, è nato il 26 novembre 1950, è sposato e ha tre figli. È laureato in diritto presso la Chonnam National University, Gwangju, Corea (1976) e ha poi conseguito un dottorato di ricerca in diritto presso la Kyoto University, Giappone (1987). Ha ricoperto, tra gli altri, i seguenti incarichi: professore presso la facoltà di giurisprudenza, Chonnam National University, Corea (1981); Humboldt Visiting Professor presso l’università di Monaco, Germania (1990); Visiting Professor presso la Kyushu University, Giappone (1995); Visiting Professor presso la Hitotsubashi University, Giappone (1996); Fulbright Senior Researcher presso la Harvard Law School Stati Uniti (1997); decano della facoltà di giurisprudenza e scuola di specializzazione della pubblica amministrazione presso la Chonnam National University, Corea (2003); membro del comitato di bioetica presso la Conferenza dei vescovi cattolici di Corea (2005); presidente della Korean Association for Legal History (2006); presidente della Korean Civil Law Association (2008); professore presso la Law School, Chonnam National University, Corea (2009); inviato speciale del presidente della Repubblica di Corea presso la Santa Sede (2010); Visiting Professor presso la Keio University, Giappone (2011); cattedra presso la Kkottongnae University, Cheongju, Corea (2016). A Sua Eccellenza il signor Jonghyu Jeong, nuovo ambasciatore di Corea presso la Santa Sede, nel momento in cui si accinge a ricoprire il suo alto incarico, giungano le felicitazioni del nostro giornale. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 pagina 3 Poliziotto di pattuglia nelle strade di Caracas (Afp) I grandi elettori al voto per confermare Trump WASHINGTON, 19. Il collegio elettorale (l’insieme dei 538 grandi elettori espressi da ciascuno dei 50 stati dell’unione in base alla popolazione) si riunisce oggi per eleggere formalmente il 45º presidente degli Stati Uniti. E sarà il repubblicano Donald Trump, che ha ottenuto l’8 novembre scorso 306 grandi elettori contro i 232 della rivale democratica Hillary Clinton. E ciò nonostante quest’ultima abbia ottenuto ben 2,8 milioni di voti popolari in più. Il paradosso è tutto nel sistema elettorale statunitense che non è diretto (non vince chi prende più voti a livello nazionale dell’altro) ma indiretto e sulla base dei singoli stati (vince chi raggiunge quota 270 grandi elettori sui 538 in palio) e quindi chi prende anche un solo voto in più nel singolo stato, conquistandone il più possibile. Trump infatti ha vinto stati elettoralmente più pesanti (che attribuivano più grandi elettori) della rivale. Oggi — tra le 9 e le 15 locali, in base ai ben nove fusi orari che attraversano gli Stati Uniti, dalla costa est sull’Atlantico, alle Hawaii nel mezzo del Pacifico — nelle capitali di ciascuno dei 50 stati, più il distretto di Columbia dove sorge la capitale Washington che assegna solo tre voti, si riuniranno i grandi elettori che procederanno al voto. La loro designazione è stata materialmente fissata dopo il voto dell’8 novembre dai governatori dei singoli stati che hanno preparato sette “certificati di accertamento” dell’esito del voto, il documento ufficiale con i voti ottenuti da ogni singolo candidato. Uno dei sette certificati è inviato a Washington agli uffici del National Archives and Records Administration. Gli altri sei saranno usati per le complesse e ridondanti procedure materiali di voto. I grandi elettori sceglieranno infatti con due schede separate il presidente e il vicepresidente. I risultati saranno quindi trascritti sui sei “certificati di voto” che andranno appaiati ai sei rimanenti “certificati di accertamento” del voto popolare dell’8 novembre. Il 6 gennaio 2017 il Congresso (senato e camera) si riunirà in sessione congiunta e si inizierà la conta in ordine alfabetico (stato per stato) dei voti espressi dai grandi elettori. Il vicepresidente uscente, Biden, in qualità di presidente del senato annuncerà formalmente l’esito del voto e dichiarerà eletto il presidente e il suo vice. A mezzogiorno del 20 gennaio il presidente eletto giurerà sulla Bibbia e nelle mani del presidente della Corte suprema e automaticamente assumerà l’incarico. Somalia ancora senza pace MO GADISCIO, 19. Non conosce sosta in Somalia la violenza degli jihadisti del gruppo terroristico degli Al Shabaab, legati ad Al Qaeda. Una granata è stata lanciata ieri contro un minibus civile nei pressi di Qoryoley, nella regione Lower Shebelle, nel sud del paese africano, uccidendo almeno sei persone. Lo riferiscono i media locali, aggiungendo che la maggior parte delle vittime erano contadini, alcuni parenti tra di loro. La zona è sotto il controllo delle truppe somale e dell’Unione africana, ma i militanti islamici degli Al Shabaab spesso compiono attentati e attacchi suicidi. Una settimana fa, un attacco contro il porto di Mogadiscio, aveva provocato ventinove morti. A colloquio con le due yazide vincitrici del premio Sacharov Vittime della violenza dell’Is di FAUSTA SPERANZA Proteste in Venezuela per il ritiro delle banconote Trecento arresti CARACAS, 19. Sono più di 300 le persone arrestate in varie città del Venezuela in seguito ai disordini scatenati dalla decisione del governo di ritirare le banconote da 100 bolivar, le più diffuse nel paese. Tra le persone finite in carcere figurerebbero numerosi membri di partiti d’opposizione. Le città maggiormente interessate dai disordini sono Ciudad Bolivar, dove è stato vietato l’uso di motociclette per 48 ore e dove sono stati inviati 3200 poliziotti, il centro di El Callao dove sono arrivati circa 800 agenti e soldati, e la città di La Fria. Dopo le manifestazioni il governo venezuelano ha esteso fino al prossimo 2 gennaio l’uso della banconota da 100 bolivar. Si tratta del taglio più diffuso il cui ritiro, in assenza dell’annunciato rimpiazzo con quel- Alle presidenziali boliviane Morales si ricandida LA PAZ, 19. Il Movimento per il socialismo, il partito al potere in Bolivia del presidente Evo Morales, al termine di un congresso tenuto ieri a Montero, ha approvato all’unanimità la ricandidatura del capo dello stato. Cosa che Morales — primo presidente di origini indigene — ha già annunciato che farà. L’opposizione ha protestato, affermando che il referendum popolare tenuto il 21 febbraio scorso aveva escluso (con il 51,3 per cento dei voti) la possibilità di un quarto mandato consecutivo per Morales. Le presidenziali si terranno nel 2019. Il presidente boliviano Evo Morales (Reuters) Annuncio ufficiale del premier libico Al Sarraj Sirte liberata TRIPOLI, 19. Il governo di unità nazionale libico del premier designato, Fayez Al Sarraj, ha annunciato ufficialmente la liberazione completa di Sirte dal cosiddetto stato islamico (Is) a otto mesi dall’inizio dei combattimenti. Lo ha dichiarato ieri alla televisione pubblica il premier Al Sarraj dopo che il 5 dicembre le forze misuratine, autrici del grosso delle operazioni, con il sostegno dei raid aerei statunitensi avevano dato la stessa notizia. La scelta di tempo di Al Sarraj è legata alla coincidenza con il primo anniversario dell’accordo di Skirat, in Marocco, sotto l’egida dell’Onu, che vide la nascita del suo esecutivo che ha un controllo limitato ad alcune aree del paese. La Cirenaica a est, resta nelle mani dell’uomo forte del parlamento di Tobruk, il generale Khalifa Haftar, che gode del sostegno dell’Egitto, meno convinto della Francia, e da alcune settimane di quello quasi entusiasta della Russia che punta dopo Tartus in Siria a ottenere una seconda base navale nel Mediterraneo. Sirte — città natale di Muammar Gheddafi, dove venne ucciso il 20 ottobre 2011 — era diventata roccaforte dell’Is dopo la perdita di Derna, il primo centro sulla costa libica controllato dagli uomini del sedicente califfo Abu Bakr Al Baghdadi. Ma l’Is pur cacciata dalla sua roccaforte Sirte continua a uccidere in Libia. Un attentatore suicida del cosiddetto stato islamico si è fatto saltare in aria ieri a Bengasi uccidendo tre soldati e ferendone nove. E intanto, il ministro algerino per gli affari maghrebini e africani, Abdelkader Messahel, ha ricevuto ieri ad Algeri il generale libico Khalifa Haftar, al quale ha ribadito la posizione dell’Algeria, favorevole a una soluzione politica della caotica situazione che sta devastando la Libia. Lo scrive il sito Africanews, che cita fonti locali. L’Algeria confina con la Libia e in passato ha ospitato gli incontri di varie fazioni libiche avversarie. Messahel ha ricordato al generale Haftar gli sforzi fatti per «incoraggiare un accordo consensuale tra le parti che porti a risolvere la crisi». la da 500 bolivar, ha lasciato molti venezuelani senza liquidità. Maduro ha ritirato dalla circolazione la settimana scorsa il biglietto da 100 bolivar, il taglio più grande in circolazione equivalente a 0,15 dollari al tasso ufficiale più alto, per colpire le «mafie» che, nelle zone di frontiera, si sono accaparrate ingenti quantità di queste banconote. Il governo ha poi concesso 72 ore di tempo alla popolazione per restituire i biglietti nelle banche pubbliche e private. Trascorso questo tempo sono stati concessi altri 10 giorni, successivamente ridotti a cinque, per depositare le banconote al Banco Central de Venezuela. Il ritiro non è stato però accompagnato dall’arrivo dei nuovi biglietti di maggiore taglio la cui introduzione era stata annunciata. Il presidente Nicolás Maduro, in un discorso tenuto all’emittente televisiva nazionale, ha denunciato il ritardo e ha attribuito a un «sabotaggio internazionale» il mancato arrivo dei quattro aerei che trasportavano i nuovi biglietti. Il capo di stato non ha specificato da quale paese fossero partiti i velivoli che trasportavano banconote di vario taglio, le maggiori da 20.000 bolivar. «Devo denunciare che siamo vittime di un sabotaggio internazionale per cui i nuovi biglietti, che erano pronti, non possono essere trasferiti in Venezuela», ha detto Maduro, annunciando che per qualche giorno i 100 bolivar saranno ancora legali, in attesa che vengano messe a punto «le logistiche» per la distribuzione delle nuove banconote. La mancanza di moneta nell’imminenza delle festività natalizie ha aumentato la tensione tra la popolazione, già in grave difficoltà per la scarsità di cibo e medicine e per una svalutazione elevata. Il Venezuela ha il tasso di inflazione più alto del mondo. Maduro aveva dato l’annuncio sulla sostituzione dei 100 bolivar dopo che il loro valore era sceso a meno di 2 centesimi di dollaro, dagli originali 10 all’inizio del 2016. Nadia Murad Basse e Lamya Haji Bashar appartengono alla comunità degli yazidi, una minoranza religiosa, di etnia curda, con 4000 anni di storia. Hanno ricevuto il premio Sacharov per i difensori dei diritti umani dal parlamento europeo, nei giorni scorsi. Le abbiamo incontrate: hanno rispettivamente 23 e 18 anni e lo stesso desiderio sofferto, ma intenso, di denunciare che «ancora tremila giovani yazide sono in schiavitù». Dalla comunità internazionale si aspettano «la creazione di zone protette per il mezzo milione di yazidi che altrimenti moriranno o si riverseranno in Europa» e il giudizio della Corte penale internazionale sui «crimini contro l’umanità che l’Is commette». Le due giovani vivevano a Kocho, un villaggio vicino alla città di Sinjar, nel nord dell’Iraq, a poca distanza dal confine siriano. Il 3 agosto 2014 miliziani dell’Is hanno portato l’orrore: hanno ucciso gli uomini, hanno catturato i bambini e le donne, che hanno passato in rassegna, «per poi uccidere quelle che non avrebbero reso soldi al mercato delle schiave del sesso». La madre di Nadia è stata freddata da colpi di arma da fuoco davanti ai suoi occhi, insieme con altre 85 madri o sorelle maggiori. Lamya ha visto calpestare i cadaveri di disabili e anziani ed è stata catturata con le sue sei sorelle, che ancora sono nelle mani dell’Is, «se non si sono uccise». Sia Nadia che Lamya raccontano di tante ragazzine che «appena possono si tolgono la vita», non so- Cambi in Campidoglio mentre le inchieste svelano altri reati ROMA, 19. «È stata una settimana difficile», tuttavia «il lavoro per la città non si è fermato»: è quanto ha affermato il sindaco di Roma Virginia Raggi in merito alle tensioni provocate all’interno dell’amministrazione capitolina dall’arresto del capo del personale Raffaele Marra. Raggi ha pubblicato un messaggio sul suo profilo facebook, nel quale elenca le cose fatte, passando da alcuni aggiustamenti sui trasporti pubblici, alle operazioni di pulizia dei rifiuti, all’albero di Natale, alla questione municipalizzate. Nelle ultime, complicate, riunioni interne al Movimento 5 Stelle si è deciso di continuare con l’attuale giunta ma con alcune modifiche. Una riguarderà la carica di vicesindaco, dopo le dimissioni di Daniele Frongia, che ha mantenuto però le deleghe allo sport. Si parla anche di un rimpasto di altri assessori. Intanto sul fronte giudiziario, arrivano notizie di nuovi arresti nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti per la manutenzione delle scuole e delle strade della capitale. A finire in manette sono stati dieci imprenditori ma al momento risul- tano indagate una trentina di persone, fra le quali cinque funzionari comunali. Questi avrebbero favorito l’aggiudicazione degli appalti agli imprenditori arrestati, tutti di Artena, per i lavori da effettuare in alcuni edifici scolastici del Municipio XIV e per la ristrutturazione di via del Melone, nel I Municipio. Le scuole interessate dai lavori erano la Casal Sansoni, la Pietro Bembo, la Montarsiccio e la Cerboni. Le indagini avrebbero accertato l’esistenza di un accordo tra dirigenti capitolini e imprenditori per spartirsi parte delle risorse pubbliche destinate ai lavori. Gli imprenditori avrebbero corrisposto ai funzionari un importo pari al 20 per cento delle somme liquidate per interventi che, fra l’altro, non sono neanche mai stati eseguiti. Per quanto riguarda via del Melone, nelle vicinanze di piazza Navona, i reati contestati sono falso e turbativa d’asta. I lavori, inaugurati nel 2015, sono stati di nuovo appaltati nel 2016, dopo uno stanziamento di 100.000 euro da parte del Comune. Il valore dell’intervento è invece risultato notevolmente minore. stenendo tanto strazio. Le giovanissime in pubertà vengono «iniziate alla schiavitù con il rituale dello stupro di gruppo». Rituali e pratiche sono teorizzati in un agghiacciante manuale di 32 pagine, scoperto in vari covi dell’Is e pubblicato nei mesi scorsi dai media. Emerge una orrenda burocrazia delle violenze, listini dei prezzi e contratti d’acquisto delle schiave registrati da giudici. Si legge di «jihad sessuale» con le «femmine bottino di guerra». Proprio così si sono sentite appellare più volte le due ragazze, che sono riuscite a scappare in momenti diversi, dopo essere state vendute più volte. Nadia, dopo tre mesi, è stata aiutata da una famiglia vicina a un campo profughi. Non vuole spiegare maggiori dettagli perché ha paura per loro. Dal campo profughi è giunta in Germania. Il 20 dicembre 2015 ha ripetuto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la sua storia. A settembre di quest’anno la giovane yazida è stata nominata ambasciatrice dell’Onu in tema di tratta di esseri umani. Confida che i riconoscimenti ricevuti le restituiscano «quell’onore che l’Is voleva sopprimere», ma avverte: «Il radicalismo e il terrorismo sono ovunque e si deve fare di più». Quando le chiediamo se crede ancora nel bene dopo aver conosciuto tanto male, ci risponde senza esitazione: «Più il male mi toccava e più trovavo in me la forza di Dio che mai mi ha abbandonata, più trovavo il bene». E aggiunge: «Hanno ucciso mia madre, ma non hanno cancellato i suoi insegnamenti ad amare e a pregare». Lamya è riuscita a fuggire dopo otto mesi, al suo terzo tentativo, dopo vessazioni e violenze ogni volta peggiori. Ha oltrepassato la zona controllata dall’Is con altre due compagne, ma, a due passi da lei, una delle due è saltata in aria su una mina disseminata dai miliziani. È sopravvissuta solo Lamya, che ha perso l’uso di un occhio ed è rimasta gravemente ferita nel volto, su cui porta i segni dell’esplosione, ma soffre ancora dello choc per la morte atroce delle amiche, delle torture cui è stata sottoposta. Per lei è difficile anche abbozzare un sorriso. Ripete, con pacatezza ma con fermezza, che «esseri umani non possono essere ridotti a merci». Con voce tremolante, aggiunge: «Non ho mai visto un barlume di pietà in nessuno dei tanti uomini che mi hanno violata o costretta a confezionare cinture esplosive». E aggiunge: «L’Is non è l’islam: l’islam è un’altra cosa». Nadia ci lascia con una raccomandazione. Chiede di «spiegare bene al mondo» che «oggi si devono fronteggiare due grandissimi rischi: il pericolo del radicalismo e del terrorismo ma anche il pericolo di risposte sbagliate in cui cresce lo spazio per qualche forma di razzismo». Il suo appello è chiarissimo: «Bisogna prevenire ogni forma di radicalismo e razzismo, sempre più pericolosi ovunque». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 Riapre il Braccio nuovo dei Musei vaticani Una veduta del Braccio nuovo dei Musei vaticani Nove anni d’innamoramento di ANTONIO PAOLUCCI a vita di un direttore di museo è fatta di risultati. La formazione e l’etica dello storico dell’arte al servizio del patrimonio conducono alla concreta traduzione dei saperi scientifici e tecnici in cose fatte, in interventi conclusi. Per chi come me ha trascorso poco meno di mezzo secolo di vita professionale nelle soprintendenze, nei musei, nei laboratori di restauro d’Italia, la carriera si misura sulle cose fatte. Sono contento di accorgermi che i miei ultimi nove anni come direttore dei Musei vaticani hanno prodotto più di un risultato: dal restauro della cappella Paolina a quello della galleria delle Carte geografiche, alla messa in opera dei nuovi impianti di climatizzazione, ricambio d’aria, abbattimento degli inquinanti e di illuminazione nella cappella Sistina. Un risultato di cui sono particolarmente orgoglioso è questo che inauguro al termine del mio mandato vaticano. Sono grato ai colleghi — a Micol Forti in particolare, che ha diretto il cantiere architettonico ma anche, insieme a lei, a Giandomenico Spinola, a Claudia Valeri, a Eleonora Ferrazza, per la direzione del lungo restauro dell’intera collezione di sculture — che hanno voluto accelerare la velocità di esecuzione dei lavori così da consegnarmelo quasi nei tempi supplementari. Lo considero una specie di premio al mio novennale servizio vaticano, oltre che un segno di amicizia e di stima che mi ha fatto felice. Sto parlando della inaugurazione del Braccio nuovo nei Musei vaticani il 21 dicembre dopo un intervento plurale, delicato e complesso come pochi altri, durato complessivamente sette anni: circa centoquaranta sculture di medie e grandi dimensioni movimentate, pulite, restaurate, parecchie centinaia di metri quadrati di superfici dipinte e di stucchi restituite alla cromia originaria. Per non dire degli interventi sui mosaici pavimentali, a cura del Laboratorio restauro mosaici coordinato da Roberto Cassio. Per non dire dell’importante lavoro di revisione delle coperture, sistemazione dei lucernari, rinnovamento degli impianti elettrici realizzato dai colleghi dei Servizi tecnici del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano guidati dall’amico don Rafael García de la Serrana Villalobos. Io sono sempre stato affascinato dal Braccio nuovo e chi avrà voglia di leggere il saggio da me scritto alcuni anni or sono [Roma. Musei Vaticani, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2010, pp. 30-33, 279-300, da cui pubblichiamo uno stralcio in questa pagina] capirà le ragioni del mio innamoramento. Per questo desidero ringraziare in modo non formale gli operatori che hanno reso possibile la bella e degna impresa. Mi sia consentito, a questo proposito, di ricordare con L Regalo al futuro di SILVIA GUIDI a cosa di cui va più fiero è quella meno visibile di tutte, ma la più utile alle generazioni future, «perché i musei — sottolinea Antonio Paolucci con un sorriso — appartengono soprattutto a chi non è ancora nato. «La cosa che mi dà più soddisfazione — sottolinea il direttore dei Musei vaticani giunto al termine del suo incarico — è aver portato la cultura e la pratica della conservazione preventiva e della manutenzione ordinaria. Spero che il prestigio universale di questo luogo lo renda un modello da imitare anche per tante altre realtà italiane e straniere». Non è facile né scontato dedicare energie e risorse a progetti che hanno il minimo tasso di visibilità ma il massimo tasso di efficacia e di utilità per le generazioni che verranno. Di questa lungimiranza avrebbero bisogno molte delle più grandi e belle città italiane, spesso in balia della moda dell’“eventismo” fine a se stesso. La parola gratitudine è il leitmotiv di questi giorni di fine mandato; per il realizzarsi di un progetto molto amato e lungamente studiato e preparato, come quello del Braccio nuovo dei Vaticani, ma anche per gli anni della formazione, nella Firenze di Longhi, Contini e Garin, e il L museo del Bargello «la mia prima sede di lavoro, un concentrato di rarità e varietà nello sfaccettato universo delle arti: coralli, smalti, sculture, pitture. Un luogo magico, come anche del resto l’Opificio per le pietre dure, dove si possono toccare con mano i Cimabue, i Giotto, i Coppo di Marcovaldo». In prospettiva, la gratitudine mette in ombra anche le difficoltà, i problemi e i rallentamenti burocratici attraversati: «Tra i progetti più lunghi e faticosi realizzati ci sono i Nuovi Uffizi, di cui si era iniziato a parlare già dal dopoguerra, dagli anni quaranta, quando per la prima volta Ragghianti propose l’idea. Ma fatica non è l’aggettivo giusto perché francamente — continua Paolucci — mi manca l’esperienza del lavoro come fatica». Eppure qualche processo difficile da innescare c’è stato; sarebbe bello, continua Paolucci, valorizzare tutto, far capire a chi varca la soglia dei Musei vaticani che non c’è solo la cappella Sistina, che «camminando per le sale si capisce che cos’è l’umana artisticità, dagli aborigeni agli etruschi fino ad arrivare a Pinturicchio». Sarebbe bello ma non è facile, perché «l’industria turistica è brutale, ha leggi spietate e indefettibili. Come il Louvre siamo un totem dell’immaginario turistico universale». I tanti incarichi in curriculum, i tanti ricordi tratteggiano una mappa ideale: oltre a Rimini e Firenze c’è anche Urbino «città che amo anche per storia familiare, una città mirabile, in forma di palazzo, come scriveva Baltasar Castiglione, dove il palazzo dilaga fino a dare identità a tutto il resto, nucleo germinale della bellezza artistica italiana». Quella bellezza misteriosa e terapeutica che «ci rende felici, grati di esistere, riconoscenti a Dio e al destino di avere occhi per guardare, una mente per ricordare, un cuore per emozionarsi». La celebre frase di Dostoevskij che lega l’esperienza estetica alla salvezza, però, preferisce citarla alla rovescia; è il mondo che deve salvarla, per il suo bene. Si salva solo quello che si ama, e si ama solo quello che si conosce. «Longhi — conclude Paolucci — mi ha insegnato sostanzialmente due cose, la conoscenza tecnica dell’opera d’arte, nella sua specificità fisica e con la sua particolare storia collezionistica, e la capacità di avvertire il quid poetico che c’è nell’opera d’arte figurativa per tradurlo con le parole, con la mimesi verbale. E poi mi ha insegnato la spregiudicatezza, la libertà di giudizio. Mi ha contagiato con la sua sana, perenne insoddisfazione, con il suo non accontentarsi mai di schemi già formati e scambiati per assiomi immutabili. Servono occhi nuovi, e vedere un maestro all’opera è il modo migliore per impararlo». «Allegoria del fiume Nilo» (particolare) Armonie in grigio e avorio Le operazioni di restauro durante l’allestimento del Braccio nuovo dei Musei gratitudine ed affetto la giovane e bravissima restauratrice della Cbc Elisa Bianchi di Castelbianco, prematuramente scomparsa. Anch’io desidero unirmi al dolore di tutti quelli che a Elisa hanno voluto bene. Vorrei poter nominare tutti, a uno a uno, i tanti giovani operatori (cinquanta tra dipendenti o collaboratori delle varie ditte) che per tanti anni hanno lavorato al Braccio nuovo. Li ricordo sui ponteggi o intorno alle sculture da pulire, da restaurare, da movimentare, nel freddo umido dell’inverno, nel caldo torrido delle estati romane. Ne ho ammirato l’entusiasmo, la sapienza professionale, la impeccabile disciplina di impresa. Io, che considero il periodo più bello della mia vita di soprintendente i due anni passati a dirigere l’O pificio delle pietre dure e i laboratori di restauro di Firenze, ritengo una vera fortuna aver conosciuto restauratori di così alta qualità professionale e umana. A tutti loro va la mia viva ammirata gratitudine. on l’addizione architettonica conosciuta come Braccio nuovo la museografia moderna entra in Vaticano e ci entra con un capolavoro assoluto. Perché il Braccio nuovo è l’idea stessa di museo agli albori della modernità. Così come lo sono, per altre epoche della storia, la Tribuna degli Uffizi e la Galleria Borghese. «Nobile semplicità e pacata grandiosità» aveva detto Winckelmann dell’arte greca e il Braccio nuovo è “greco” nel suo chiaro ordine, nella sua armonia esatta e melodiosa. Allo stesso modo il Braccio nuovo è “moderno” per la progettazione architettonica d’avanguardia, per i dodici lucernari che fanno cadere luce zenitale sui mosaici del pavimento e leggermente obliqua sulle sculture così da evitare effetti di ombre portate. Ed è “moderno” per i criteri espositivi fondati (ancora Winckelmann) sulla «storia dimostrativa delle arti». Il C Museo dunque come manuale di sapienza e di bellezza, da abitare con piacere, da percorrere con curiosità e con gioia, soffermandosi di fronte a questa o a quella scultura, tornando indietro, passeggiando con agio e in tranquillità di fronte agli eroi del mito, agli dei e agli imperatori. Una delle esperienze più gradevoli che il visitatore colto può concedersi è la sosta nel Braccio nuovo, di solito poco frequentato e di norma bypassato dai flussi turistici che puntano sulla Sistina. Capirà, nella luce argentea che spiove dai lucernai, sostando sui mosaici romani che parlano delle avventure di Ulisse, soffermandosi di fronte alla statua colossale del Nilo o all’Augusto di Prima Porta, che il Braccio nuovo è l’ultimo organico omaggio che la nostra civiltà ha saputo tributare all’Antico. Dopo nessuno saprà più farlo con altrettanta sensibilità e intelligenza. Dopo prevarranno la retorica o il filologismo. Dentro il Braccio nuovo, nella luce “greca” di Antonio Canova, noi sentiamo che la bellezza della classicità ci è vicina e fraterna. Ci pervade e ci consola. Per intendere il clima culturale e politico che portò alla nascita di questa mirabile addizione inaugurata il 10 febbraio del 1822, l’anno stesso della morte di Canova, bisogna risalire al 1816. L’idea di costruire una nuova galleria nel braccio breve del Cortile della Pigna che guarda il nicchione di Pirro Ligorio è di Pio VII Chiaramonti. Fra il chirografo del 1802 e l’editto del cardinale Pacca (7 aprile 1820) che disciplinava con criteri già moderni il governo delle arti nelle città e nello Stato, si dispiega con energia, con metodo e lucida preveggenza, la politica culturale di quel grande Pontefice. Passata la tempesta napoleonica, rientrata a Roma la parte più significativa dei tesori requisiti dai commissari francesi, ora occorreva riorganizzare il sistema museale vaticano, arricchirlo di nuove acquisizioni, qualificarlo e modernizzarlo. È significativo che proprio in quell’anno 1816, quando il Papa decideva di trasformare in spazio espositivo il deposito degli agrumi e degli attrezzi agricoli che stava sul lato breve del Cortile della Pigna, venisse promulgato il primo regolamento dei Musei e Gallerie pontificie. Con orari di apertura al pubblico, modalità di accesso, mansionario per il servizio di custodia, disciplina delle riproduzioni. Era architetto dei Sacri Palazzi Raffaele Stern, ispettore generale dei Musei Antonio Canova, nonché presidente di una commissione di consulenti, per gli acquisti e per l’allestimento, che comprendeva Bertel Thorvaldsen, Antonio d’Este, Carlo Fea, Filippo Aurelio Visconti. Praticamente il meglio della intelligenza italiana ed europea nei settori dell’arte e della archeologia. Raffaele Stern era un professionista di cultura e di formazione internazionali. Probabilmente ebbe modo di conoscere Leo von Klenze, l’architetto tedesco che proprio nel 1816 iniziava a costruire, per le collezioni di Luigi di Baviera, la Gliptoteca di Monaco. La Gliptoteca e il Braccio nuovo sono contemporanei, si assomigliano, sono il frutto di una stessa cultura europea che cercava di coniugare bellezza e funzione, ordine classico e moderna sensibilità estetica. Raffaele Stern moriva per un incidente il 30 dicembre 1820, ma i lavori edilizi continuarono e si conclusero senza modifiche. Possiamo capire e facilmente condividere lo stupore e l’ammira- zione dei presenti alla inaugurazione del febbraio 1822. Non si era mai visto nulla di simile prima di allora. Mai il patrimonio scultoreo antico era stato presentato con tanta nobile eleganza e, al tempo stesso, con tanta efficacia didattica. I principi estetici teorizzati da Winckelmann e interpretati e messi in figura da Canova avevano qui la loro applicazione perfetta. Il Braccio nuovo è una Galleria voltata a botte e illuminata dall’alto dai lucernari. Ventotto nicchie con statue a figura intera sono distribuite lungo le pareti, alternate a settantaquattro busti collocati su rocchi e su colonne di granito oppure esposti su mensole. Al termine del percorso, isolato al centro, c’è il busto di Pio VII, capolavoro di Antonio Canova, l’omaggio dello scultore all’uomo che lo aveva paragonato a Raffaello. Con ciò consapevolmente replicando, nell’incarico giustificato dalla comparazione, il breve del suo predecessore di tre secoli prima, Leone X Medici. Al fine di evitare un possibile effetto di monotonia la galleria si interrompe al centro con una esedra e con una scala aperta sul Cortile della Pigna. Un fregio continuo in stucco con scene bacchiche, centauromachie, trionfi e sacrifici romani, pezzi tratti dalla Colonna Traiana o dall’Arco di Tito, episodi dell’Iliade e dell’Odissea, percorre la parte alta delle pareti. Ne fu autore Francesco Massimiliano Laboureur, che riuscì a bilanciare in questa occasione l’idealismo antiquario di Bertel Thorvaldsen con i teneri sensi della natura canoviana. L’effetto cromatico d’insieme è il bianco avorio declinato in grigio. Pochi, e scelti con raffinato discernimento, sono i marmi colorati distribuiti nell’allestimento. (antonio paolucci) L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 pagina 5 Un impiegato negli anni trenta «Internet non è la risposta» di Andrew Keen Il nuovo potere digitale ce di provocare una maggiore apertura e la distruzione delle gerarchie, una società di rete non regolamentata sta aggravando la disuguaglianza econodavvero internet uno strumento capace mica e culturale, e portando alla creazione di una di democratizzare gli aspetti positivi generazione digitale di padroni del mondo. Questo della realtà e disgregare quelli negativi, nuovo potere insomma si traduce in enorme riccreando così un mondo più aperto e chezza e potenza per una piccola manciata di paritario? Questa è solo una delle do- aziende e privati». Basti pensare che più della memande che si pone Andrew Keen, autore del libro tà di quello che viene speso online va a finire nelle Internet non è la risposta (Milano, Egea, 2015, pagi- casse di due sole aziende, Amazon e Google. Un altro ritornello della narrazione dominante ne 248, euro 22). Secondo Keen, internet a partire dal 1993 — ovvero da quel web inventato da Tim che Keen intende sfatare è l’ineluttabilità di ciò Berners-Lee che insieme al primo browser grafico, che Joseph Schumpeter chiama «distruzione creativa», che è un’altra parola per dire «danno collaterale» inflitto dal processo di disruption (rottura) tipico delle aziende della new technology. In poche parole: per creare un nuovo modo di produzione bisogna prima distruggere il vecchio. Bisogna però guardare alle dimensioni di quanto viene distrutto, rispetto a quanto di nuovo viene creato. Molti critici ne parlano ma Keen è andato a vedere di persona quello che disruption tecnologica realmente significa. L’autore infatti va a Rochester, New York, la città che un tempo era il centro produttivo della Eastman Kodak, il gigante di fatto cancellato dall’avvento della fotografia digitale. Kodak impiegava 145.000 persone in tutto il mondo. Oggi Rochester non è solo una città fantasma in stile Detroit, ma vi sono 55.000 ex L’inventore di internet Tim Berners-Lee su un francobollo delle Isole Marshall dipendenti le cui pensioni sono svanite nella bancarotta. Per fare un rapporto con uno Mosaic, ha permesso la navigabilità nella rete — si dei giganti della rete, il numero di impiegati di è evoluto invece in una macchina globale per la Twitter nel mondo è di appena 3800 persone. creazione di un mondo caratterizzato da vasta e L’autore mette sotto la lente di ingrandimento crescente disuguaglianza. anche quelle che appaiono le verità più solide sulla «L’errore che fanno i cosiddetti web-entusiasti — rete, ad esempio quella di essere un circuito che scrive — è quello di supporre che la tecnologia de- genera emozioni concrete e positive. Agli occhi centralizzata di internet si traduca naturalmente in dell’autore internet appare piuttosto un circuito una società meno gerarchica o disuguale. Ma inve- perfetto per la moltiplicazione di feedback negativi. di CRISTIAN MARTINI GRIMALDI È Nel libro Keen cita uno studio del 2013 condotto dalla Beihang University di Pechino, secondo cui l’emozione che si diffonde più rapidamente sui social media è infatti la rabbia, mentre la gioia arriva seconda a molta distanza. Questo sentimento prevale a prescindere dall’area geografica nella quale ci troviamo. Secondo lo psicologo Ryan Martin dell’Università del Wisconsin, la rabbia è un sentimento virale online perché la sua condivisione con estranei ci fa sentire meno il peso della nostra (ma lo sapevano già i latini: commune naufragium omnibus solacium, “un naufragio collettivo è un sollievo per tutti”). La gioia invece la preferiamo condividere con amici (reali) e familiari. In passato Kodak impiegava 145.000 persone Oggi la sede di Rochester non è solo una città fantasma ma vi sono 55.000 ex dipendenti le cui pensioni sono svanite nella bancarotta Ma anche sul fronte “pari-opportunità”, sempre secondo l’autore, internet non promette nulla di buono. L’autore cita la scrittrice femminista e giornalista Amanda Hess, secondo la quale le donne non sono benvenute in rete. Lo dimostrerebbero i tantissimi casi di commenti maschilisti verso donne al centro dell’interesse mediatico. Quando la politica attivista Caroline Criado-Perez fece una petizione alla Banca d’Inghilterra per aggiungere Jane Austen sulla faccia delle banconote, ricevette una valanga di minacce di morte e di violenza fisica su Twitter. In Italia diverse donne politiche sono state vittime dello stesso tipo di aggressione verbale. Numerosi sono i casi di blogger donne che hanno chiuso i propri spazi di pensiero per via dei numerosi commenti offensivi della loro dignità. Da questa critica a 360 gradi della rete, non sfugge neppure l’enciclopedia più famosa del mondo. E qui l’autore prende in prestito il pensiero di Tom Simonite che in un articolo intitolato «Il declino di Wikipedia» ricorda che su questo grande dizionario globale ci sono troppe voci su videogames e pornostar femminili, mentre la copertura di scrittrici donne o di località nell’Africa sub-sahariana resta solamente abbozzata. La ragione di questa “stortura” è nota, scrive l’autore. Wikipedia viene curata da un grande collettivo composto per il 90 per cento da maschi, che opera sotto una ferrea burocrazia, in un clima che scoraggia l’accesso di nuovi operatori, accesso che invece potrebbe aumentare la partecipazione e dunque ampliare la copertura delle voci presenti. Resta dunque il fatto, conclude Simonite, che quello che si ottiene in Wikipedia è il mondo come viene osservato da un giovane maschio occidentale bianco. Insomma lungi dall’essere la risposta ai problemi della società, Keen individua nella rete la radice di molti di questi problemi, il maggiore dei quali resta certamente quel processo di distruzione creatrice che, se da una parte ha offerto la possibilità ai più talentuosi e creativi giovani di tutto il mondo di accumulare enormi ricchezze e rendere più agili molte operazioni quotidiane un tempo tediose, se non del tutto impossibili, dall’altra ha affondato un bel pezzo di classe media. Secondo Keen per le democrazie si pone oggi una questione fondamentale: possono i governi eletti controllare quei movimenti di distruzione creatrice che la rivoluzione digitale ha moltiplicato o possono solo restare a guardare come spettatori inermi? Su questo per ora non c’è davvero risposta. Sulla rivalutazione dell’opera di Clemente Rebora Come il poeta tornò dall’esilio «Voce» di Prezzolini e dalla pubblicazione dei Frammenti lirici (1913) e Canti anonimi dei (1922). Ma erano perlopiù apprezzamenti retroattivi, innescati dal recupero della prima stagione, quella del cosiddetto Rebora vociano, interprete di un «violento espressionismo stilistico» (Contini): recupero propiziato da una ristampa a cura di Piero Rebora, che del fratello aveva raccolto per Vallecchi tutte le Poesie scritte dal 1913 al 1947. Rebora con i giovani del Circolo Santa Croce Di riesami più approsul Sacro Monte Calvario di Domodossola (1932) fonditi ed equilibrati si resero comunque promotori i primi biografi, fra cui suor Margherita Marchione e in sedi MARCO BECK guito don Umberto Muratore. Ma si sael 1991 Giovanni Raboni inter- rebbe dovuto attendere sino alla fine del venne a un convegno indetto a secolo perché un ineguagliabile analista Rovereto per conferire il giusto delle rifrazioni tra fede e letteratura, il gerisalto alla figura ancora evane- suita Ferdinando Castelli, dimostrasse, in scente di Clemente Rebora (1885-1957). Da Volti di Gesù nella letteratura moderna tempo estimatore dell’intellettuale lombar- (1995), che «l’opera reboriana è un itinerado ordinato sacerdote rosminiano nel 1936, rium mentis in Deum per la cui piena intelRaboni denunciò le cause — inerzia, con- ligenza è necessario oltrepassare i comuni formismo, «viltà culturale» — che conti- canoni della critica letteraria per approdanuavano a relegare la voce di Rebora in re a quel livello di partecipazione che è un limbo remoto dal panorama letterario comunione di anime»: l’esito che aveva presagito Raboni, convinto che l’attualità del Novecento. Non che fossero mancati all’indomani di Rebora continuasse «ad essere, in gran della morte, contigua alla seconda fioritu- parte, un’attualità futura». ra della sua poesia — emersa per iniziativa Oggi il poeta-sacerdote è definitivamendell’editore Vanni Scheiwiller con il Curri- te tornato dall’esilio. Non è più, diversaculum vitae del 1955 e con i Canti dell’infer- mente da altri scrittori della generazione mità del 1957 —, riconoscimenti più gene- vociana, un «maestro in ombra», come lo rosi rispetto alla ricezione in chiaroscuro raffigurò Pasolini; il quale ebbe anche il cui era andata incontro la produzione gio- merito di percepire, fin dal 1956, che la vanile segnata dalla collaborazione con la tarda poesia reboriana scritta «per intimo N impulso religioso» presentava una spiccata somiglianza con la temperie degli antichi Canti anonimi. Affinità peraltro non sufficiente a porre sullo stesso piano qualitativo la tensione laica verso una verità di ordine trascendente, propria del giovane Rebora intriso di idealismo mazziniano, e il misticismo che costituisce, non senza ingenue derive devozionali, la cifra del Rebora anziano, radicalmente immerso nell’amorosa contemplazione del sacrificio di Cristo e destinato a riviverlo nello sfacelo della sua stessa carne. Insomma, «il poeta della ricerca è più autentico del poeta del possesso» (Castelli). Anche se folgorazioni come «tutto va senza pensiero: / l’abisso invoca l’abisso», o — tra Teresa d’Ávila e Rosmini — «a non poter morire intanto muoio», trasfondono la stessa inquietudine agostiniana dei Frammenti, la stessa «imminenza di attesa» che in orizzontale irrorava Dall’imagine tesa, l’ultima, stupenda poesia dei Canti anonimi: «Ma deve venire, / verrà, se resisto / a sbocciare non visto, / verrà d’improvviso, / quando meno l’avverto». Maestro ormai in luce, dunque. A testimoniarlo, una serrata sequenza di convegni (da Assisi 1996 a Firenze-Panzano 2010) a cui si è aggiunta una messe di pubblicazioni postume. Per la riscoperta anche mediatica di Rebora è stato però il 2015 l’annus mirabilis. Nel numero di settembre-dicembre della rivista «Aevum» Roberto Cicala e Valerio Rossi, sulla base di un foglietto autografo rinvenuto nell’archivio reboriano e datato 1930, hanno proposto una soluzione al problema dell’identificazione sia dell’«imagine tesa», icona, nell’omonimo “canto”, di un’attesa indefinita, sia dell’oggetto di tale aspettativa: la pianista russa Lydia Natus o il Dulcis Hospes Animae? Se Rebora stesso attesta che un gioco di luce nella sua casa di via Tadino generava su una tendina una sorta di «ostia candida aureolata di quattro raggi, a guisa di croce» (ecco l’immagine), la persona attesa può ben essere — secondo un’ambivalenza mondano-spirituale ricorrente nella poetica «di sterco e di fiori» dei Canti anonimi — nella contingenza la donna amata, in una premonizione metafisica «il folle Amatore». Poi l’uscita nei «Meridiani» di Mondadori, che si deve alla sapienza di Adele Dei, coadiuvata da Paolo Maccari. Nel panoramico saggio introduttivo la curatrice tende a privilegiare i componimenti anteriori alla conversione. Ma riconduce la sua valutazione entro un alveo squisitamente letterario, ricusando ogni netta cesura fra il primo e il secondo Rebora, e anzi delineando una continuità nella discontinuità. Quella del maturo sacerdote è «una voce nuova e sorprendente, eppure del tutto riconoscibile, che sembra ripercorrere i temi e le forme degli antichi testi, cambiati però di segno, sradicati dal contesto originario e posti al servizio di un’urgenza totalizzante». Tra le frecce di cui è ricca la faretra reboriana di Dei spicca la Cronologia, intessuta di documenti e testimonianze, romanzeschi referti di una vita tanto dinamica in gioventù quanto statica in vecchiaia, a motivo della “crocifissione” al letto della sofferenza. Accende poi la curiosità dei lettori la rivelazione del talento di Rebora come saggista (su un inedito Leopardi musicologo o Sibilla Aleramo) e come traduttore dal russo (Tolstoj o Gogol). Dispiace solo che manchi una consistente campionatura della sua corrispondenza. Perché gli scarni brani di lettere citati nel corredo critico mostrano come soprattutto in sede di comunicazione epistolare il poeta interagisse con il prosatore. Le terre promesse del letterato Cesare Angelini (1886-1976) Si inaugura mercoledì 21 la mostra documentaria, organizzata dall’università di Pavia, su «Le terre promesse di Cesare Angelini». Allestita in occasione del quarantesimo anniversario della morte del prete letterato, l’esposizione (fino al 20 gennaio), a cura di Gianfranco Lavezzi, si tiene nel Salone teresiano della biblioteca universitaria. Nato il 2 agosto 1886 ad Albuzzano, Angelini studiò presso il seminario diocesano di Pavia e venne poi ordinato sacerdote. In seguito venne chiamato a insegnare lettere presso il seminario di Cesena dove conobbe lo scrittore e critico letterario Renato Serra: tale incontro segnò la sua carriera di letterato. Tra le sue opere spiccano Manzoni (1942), Carlo Dossi e la scapigliatura milanese (1970), La vita di Gesù narrata da sua madre (1976). Dal 1939 al 1961 fu rettore dell’Almo Collegio Borromeo di Pavia. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 La Chiesa contro la discriminazione di casta Accanto ai dalit ogni giorno NEW DELHI, 19. La Conferenza episcopale indiana ha approvato, nei giorni scorsi, un piano di politiche per migliorare le condizioni dei dalit all’interno della Chiesa cattolica in India. Si tratta di un lungo documento, frutto del lavoro a livello diocesano e locale di numerosi sacerdoti, laici, uomini e donne “di buona volontà” che hanno l’obiettivo comune di scardinare in via definitiva la tradizionale discriminazione di casta contro i dalit (“intoccabili”) in vigore da secoli. Il tema tocca in profondità la Chiesa locale, composta in maggioranza proprio da dalit: su un totale di diciannove milioni — secondo dati pubblicati da AsiaNews — circa dodici milioni di cattolici sono “intoccabili”. Il punto di partenza — scrivono i vescovi in un documento — «è affermare che la parola dalit non indica una connotazione negativa o un’identità di casta. Piuttosto, dobbiamo ripristinare un’identità affermativa, umanizzante e dotata di potere, che pone una domanda alla nostra fede». I cristiani dalit, continuano i presuli indiani, «mantengono vi- va la visione del Regno di Dio, di giustizia e di amore. Essi con coraggio invitano la Chiesa a porre giustizia e amore — valori fondamentali della Bibbia — al centro della sua missione». Il documento è stato presentato nel corso di un evento, considerato storico dai presuli, che si è svolto nella sede della Conferenza episcopale e al quale hanno preso parte il cardinale Baselios Cleemis Thottunkal, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei SiroMalankaresi e presidente della Catholic Bishops’ Conference of India (Cbci) e di Arun Jaitley, ministro delle finanze. «L’india — ha detto il cardinale Thottunkal — è la culla di molte civiltà e religioni. Grandi saggi hanno immaginato una comune famiglia umana e riconosciuto il raggio del Divino in ogni essere umano. Sfortunatamente nella società indiana ci sono ancora delle macchie, come il sistema delle caste e degli intoccabili». In un contesto di «trasformazione statale e di giustizia di transizione», i vescovi ritengono sia un «imperativo etico concepire un piano d’azione ispirato a una visione di costru- Seicento pellegrini ortodossi russi a Bari per san Nicola Emblema di unità fra i popoli BARI, 19. Gli ortodossi che seguono il calendario giuliano celebrano la festa di san Nicola di Bari, vescovo di Mira, oggi, cioè tredici giorni dopo i cattolici, che hanno onorato la memoria del santo il 6 dicembre. Per l’occasione sono venuti nel capoluogo pugliese, con voli charter da Mosca, circa seicento pellegrini russi. A guidare l’imponente delegazione di fedeli sono cinque alti rappresentanti del patriarcato: il metropolita di Ufa e Sterlitamak, Nikon, il metropolita di Kazan’ e Tatarstan, Feofan, il vescovo di Anadyr e Chukotka, Matfej, il vescovo di Neftekamsk e Birsk, Amvrosij, e il vescovo di Salavat e Kumertau, Nikolaj. Ne dà notizia, fra gli altri, il Centro economia e sviluppo italo-russo: «Bari accoglie sempre con stupore e meraviglia questo cammino spirituale dei cristiani ortodossi. San Nicola — si legge in una nota — è davvero un emblema di unità tra i popoli e di speranza per una pace senza confini». I pellegrini, da alcuni giorni, stanno partecipando alle funzioni religiose nella cripta della basilica che si susseguono una dopo l’altra. Ieri sera si è svolta una veglia di preghiera nella chiesa russa mentre questa mattina ha avuto luogo, in San Nicola, la liturgia principale, con la partecipazione dei metropoliti e dei vescovi ortodossi e di migliaia di pellegrini giunti anche da altre regioni italiane e dall’estero. «Siamo stati pronti come ogni anno — ha detto il rettore della chiesa russa di Bari, padre Andrey Boytsov — ad accogliere i tanti fedeli ortodossi arrivati per venerare san Nicola e per aprire il loro cuore alla città che noi consideriamo benedetta perché custode delle spoglie del nostro santo più amato». Da quando in Russia sono state aperte le frontiere a seguito della fine del regime comunista, i pellegrini ortodossi che vengono a Bari a maggio (per la festa della Traslazione) e a dicembre, sono aumentati in maniera esponenziale. Non solo russi, ma anche ucraini, armeni, romeni, serbi, provenienti da tutti i Paesi orientali e dal nord Europa. Avanzano lentamente, in silenzio, per sostare pochi secondi davanti alla tomba del santo, posare oggetti che una volta tornati in patria doneranno ai loro cari, deporre le preghiere con i nomi e le intenzioni di familiari e amici che non possono essere presenti. zione del regno di Dio». L’urgenza deriva dalle attuali molteplici forme di discriminazione che i dalit soffrono in India, e in particolare i dalit cristiani. Monsignor Anthonisamy Neethinathan, presidente dell’ufficio per le caste e le classi svantaggiate della Cbci, ha sottolineato che mentre quelli indù, sikh e buddisti godono di agevolazioni e politiche mirate, «i dalit cristiani vengono privati dei mezzi di sostentamento, come vantaggi economici, opportunità di lavoro, rappresentazione politica e protezione legale, in base a quanto stabilito dal “Prevention of Atrocities Act del 1989”. Questo — ha aggiunto — deriva da un ordine presidenziale del 1950, nel quale viene stabilito che chiunque professa una religione diversa da induismo, sikhismo e buddismo non può essere ritenuto membro delle “Scheduled Caste” (gruppi svantaggiati che tuttavia ricevono aiuti e sussidi)». Nonostante la Costituzione indiana vieti il sistema delle caste, è ancora diffuso un sentimento di supremazia legato all’origine sociale. Ne è sintomo l’elevato numero di violenze, stupri, omicidi nei confronti dei dalit: ogni 18 minuti, infatti, viene commesso un crimine contro di loro; ogni giorno tre donne vengono violentate, undici persone picchiate, due case bruciate. Il 37 per cento dei dalit vive al di sotto della soglia di povertà; il 54 per cento dei bambini è malnutrito; ottantatré neonati su mille muoiono nel primo anno di età. Per quanto riguarda l’ambito educativo, il 45 per cento dei dalit è analfabeta. Non solo, nel caso in cui essi riescano a farsi ammettere nelle scuole pubbliche — cosa assai difficile — il tasso di suicidio tra gli studenti è altissimo. I dalit cristiani vivono le stesse discriminazioni. Cosa ben peggiore, ammettono i vescovi, la discriminazione avviene anche all’interno della Chiesa, soprattutto a livello di rappresentanza nella leadership religiosa e laica. Per questo i presuli esprimono la «necessità di affrontare con urgenza la questione». Prima di tutto, devono avvenire cambiamenti nel campo dell’educazione, dell’accesso alle risorse economiche e ai posti di lavoro. Ciò può essere effettuato attraverso Caritas India, che può promuovere e finanziare opere e progetti. Non solo, si deve puntare sull’accoglienza e sul sostegno alle vocazioni dei dalit, sempre in aumento, e su una loro piena partecipazione nelle più alte sfere dirigenziali ecclesiastiche. L’impegno delle religioni in Myanmar per il 2017 Anno di pace YANGON, 19. «È tempo di unirci — tutte le religioni, tutti i gruppi etnici — per rendere il 2017 davvero l’anno della pace». È l’appello lanciato in vista del nuovo anno dal cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Maung Bo, il quale ricorda come la pace sia possibile solo attraverso la «giustizia» e il «negoziato». Il porporato, riferisce l’agenzia Fides, sollecita tutte le religioni a osservare il 1° gennaio una giornata di digiuno e preghiera per la pace: «Facciamo sì che tutti coloro che affollano i nostri monasteri, chiese, templi e moschee portino cartelli e bandiere con la frase “Stop a tutte le guerre”. Cerchiamo di trascorrere la giornata in preghiera e digiuno per la pace, per cambiare i cuori di tutte le persone. Urge porre fine alle guerre che tuttora attraversano il Myanamr e rendere il 2017 l’anno della pace». Il porporato ricorda in particolare le principali questioni che continuamente minano la convi- venza e la pace del Paese. «Fratelli e sorelle del Myanmar, noi tutti diremo “felice anno nuovo”. Ogni anno ci salutiamo l’un l’altro con questo messaggio. Ma sinceramente — osserva il cardinale Bo — non c’è felicità in molte parti di questo paese. La guerra prosegue in molte aree. E per più di 200.000 sfollati nei campi profughi, non sarà un felice anno nuovo. La guerra, iniziata sessanta anni, ancora infuria. La Cambogia ha risolto i suoi conflitti, il Vietnam ha risolto le sue guerre. Questi paesi vicini sono in cammino verso la pace e la prosperità. Noi in Myanmar siamo ancora coinvolti in una guerra impossibile da vincere». Anche perché, rileva, «agonia della popolazione e sfollamento forzato sono gli unici risultati della violenza», anche se «la maggioranza silenziosa della gente è stata solo spettatrice di una guerra cronica». Ora, questo l’appello, «uniamoci, tutti insieme, per una autentica pace». Il cardinale Nzapalainga ha preso possesso del titolo di Sant’Andrea della Valle Nel pomeriggio di domenica 18 dicembre, il cardinale Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, ha solennemente preso possesso del titolo di Sant’Andrea della Valle. Nella chiesa romana in piazza Vidoni 6, il porporato è stato accolto dal rettore, il teatino padre Carlos Gómez Ruiz che gli ha presentato il crocifisso per il bacio e la venerazione. Dopo aver asperso i fedeli il cardinale ha celebrato la messa. Tra i presenti, anche il rappresentante del segretario delle Nazioni Unite e capo della missione Onu nella Repubblica Centrafricana, Onanga-Anyanga Parfait, e il comandante della Corpo della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani. Ha diretto il rito monsignor Vincenzo Peroni, cerimoniere pontificio. lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 Messa della Segreteria per la comunicazione La speranza fa notizia Una piccola «comunità internazionale» chiamata a rilanciare in tutto il mondo il messaggio Papa. L’articolato mondo della comunicazione vaticana si è raccolto, nella mattina di lunedì 19 dicembre, attorno all’altare della cattedra della basilica vaticana per la messa in preparazione al Natale. A celebrare è stato il prefetto della Segreteria per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò. Hanno concelebrato diciotto sacerdoti, tutti impegnati nelle nove istituzioni del dicastero: fra questi il segretario, monsignor Lucio Adrián Ruiz. Nell’assemblea erano presenti anche i responsabili delle varie direzioni. Commentando all’omelia le letture del giorno, monsignor Viganò ha approfondito le figure di cinque personaggi biblici: Manoach, Sansone, Zaccaria, Elisabetta e Giovanni. Tutti «emanano il fascino dello straordinario generato dall’incontro con Dio». Nelle loro storie — ha aggiunto il celebrante indicando una chiave di lettura utile a ogni persona — si scopre che «quando il muro dell’impossibile sembra precludere ogni speranza, ecco che si presenta Dio». Un Dio «tenace, caparbio, che non vuole che l’uomo si perda e per questo si fa uomo». Al termine, nel fare gli auguri, il prefetto ha ringraziato tutti per il lavoro svolto e, in particolare, le † La Segreteria di Stato comunica che è piamente deceduto S. E. Monsignor EDMOND FARHAT Arcivescovo titolare di Biblo Nunzio Apostolico Voglia Cristo, Buon Pastore, in cui il compianto Presule ha creduto fermamente nel corso del suo generoso servizio alla Santa Sede e alla Chiesa, concedergli il meritato premio e accoglierlo accanto a sé nella gioia e nella pace. due famiglie religiose che operano direttamente nel dicastero, i gesuiti e i salesiani. Quindi ha concluso invitando i presenti a recitare insieme un’avemaria per Papa Francesco e per i suoi ottant’anni appena compiuti. La morte del nunzio apostolico Farhat L’arcivescovo Edmond Farhat, nunzio apostolico, è morto sabato 17 dicembre. Il compianto presule era nato il 20 maggio 1933 a Ain Kfaa (Jebeil) nel patriarcato di Antiochia dei Maroniti, in Libano. Ordinato sacerdote il 28 marzo 1959, si era laureato in Sacra scrittura e in diritto canonico. Entrato al servizio della Santa Sede come officiale della Congregazione per la dottrina della fede, dal 1970 era stato officiale della segreteria generale del Sinodo dei vescovi fino a divenirne sotto-segretario nel 1984. Eletto alla Chiesa titolare di Biblo il 26 agosto 1989, era stato nominato pro-nunzio apostolico in Algeria e in Tunisia e delegato apostolico in Libia. Il 20 ottobre 1989 aveva ricevuto l’ordinazione episcopale. Quindi il 26 luglio 1995 era divenuto nunzio apostolico in Slovenia e nella ex-Repubblica Jugoslava di Macedonia. L’11 dicembre 2001 era stato nominato nunzio apostolico in Turchia e in Turkmenistan. E il 26 luglio 2005 era divenuto nunzio apostolico in Austria. Il 13 gennaio 2009 aveva terminato il suo servizio. Le esequie sono state celebrate nella mattina di lunedì 19 dicembre all’altare della cattedra della basilica vaticana, di cui monsignor Farhat era canonico. † Nel pomeriggio del sabato 17 dicembre si è addormentato nel Signore Sua Eccellenza Monsignor † EDMOND Y. FARHAT La Segreteria di Stato comunica che è deceduta la Arcivescovo Nunzio Apostolico Canonico Vaticano Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Angelo Comastri, Arciprete della Basilica Papale Vaticana, e i Reverendissimi Capitolari di San Pietro, mentre danno l’annuncio della Sua scomparsa offrono preghiere affinché Cristo Buon Pastore Lo accolga nello splendore del Paradiso. Il Rito Esequiale ha luogo all’Altare della Cattedra, nella Basilica Papale Vaticana, lunedì 19 dicembre, alle ore 12. Signora MARIA FRANCESCA MINEO BARBERA madre di S.E. Monsignor Vito Rallo Nunzio Apostolico in Marocco. Nell’esprimere a S.E. Monsignor Rallo sentita partecipazione al suo dolore per la scomparsa della madre, i Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato assicurano la loro preghiera di suffragio e invocano dal Signore conforto per i familiari della cara defunta. Vaticano, 19 dicembre 2016 † Il Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi, Sua Em.za Rev.ma Cardinale Lorenzo Baldisseri, con il Sotto-Segretario Sua Ecc.za Rev.ma Monsignor Fabio Fabene, insieme a tutti i Collaboratori accompagnano alla Casa del Padre con preghiera e gratitudine S.E.R. Monsignor EDMOND FARHAT per tanti anni collaboratore della Segreteria Generale e già Sotto-Segretario del Sinodo dei Vescovi. † Il Cardinale Prefetto, l’Arcivescovo Segretario e il Sotto-Segretario, unitamente a tutti gli Officiali e Collaboratori della Congregazione per i Vescovi, partecipano sentitamente al grande dolore che ha colpito il Reverendo Gianluigi Valente, per la perdita dell’amato padre FRANCESCO VALENTE venuto a mancare nella giornata di lunedì 19 dicembre. Al Reverendo Valente, a sua madre e ai familiari tutti assicurano la vicinanza nella preghiera nella serena speranza che scaturisce dal mistero della Risurrezione del Signore. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 19-20 dicembre 2016 pagina 7 L’invito del Papa ai ragazzi dell’Azione cattolica italiana Parlate con i nonni Il Papa ha raccomandato ai bambini di parlare spesso con i nonni: «Gli anziani hanno la sapienza della vita» ha spiegato ai ragazzi dell’Azione cattolica italiana ricevuti in udienza nella mattina di lunedì 19 dicembre, nella sala del Concistoro. Cari ragazzi, buongiorno! Il Natale si avvicina e sono contento di incontrarvi per questo momento gioioso, in cui ci scambiamo gli auguri. Vi ringrazio della vostra visita e vi saluto con affetto. Voi provenite da diverse diocesi italiane, in rappresentanza dell’Azione Cattolica Ragazzi; attraverso di voi, desidero far arrivare il mio saluto e il mio augurio natalizio all’intera famiglia dell’Azione Cattolica Italiana. A Natale risuonerà l’annuncio dell’angelo ai pastori: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2, 10-11). La nascita di Gesù è annunciata come una “grande gioia” — e tu [si rivolge a uno dei ragazzi], ti ricordavi di questo, una “grande gioia”? —, originata dalla scoperta che Dio ci ama e, attraverso la nascita di Gesù, si è fatto vicino a noi per salvarci. Siamo amati da Dio. Che cosa meravigliosa! Quando siamo un po’ tristi, quando sembra che tutto vada storto, quando un amico o un’amica ci delude — o piuttosto noi deludiamo noi stessi! — pensiamo: “Dio mi ama”; “Dio non Appuntamento ad aprile Un tendone da circo nel cuore del quartiere Barra, alla periferia di Napoli, perché diventi «un simbolo di bellezza, di speranza e di coraggio» a sostegno dell’impegno per strappare i bambini dalle mani della criminalità organizzata. Quell’impegno che da oltre dieci anni è fatto proprio dalla cooperativa sociale «Il tappeto di Iqbal» e che l’Azione cattolica ragazzi (Acr) ha deciso di sostenere nell’iniziativa di solidarietà per il mese di gennaio intitolata: «Costruiamo la pace». Lo ha raccontato a Francesco uno dei ragazzi, descrivendo il cammino che l’associazione sta compiendo quest’anno. Lo slogan è «Circondati di gioia» e riprende l’invito rivolto tre anni fa all’Acr proprio dal Papa: scoprire che la missione della Chiesa è proprio di portare a tutti la gioia del Vangelo. Il ragazzo ha quindi dato appuntamento per il 29 aprile, quando tutta l’Azione cattolica si riunirà in piazza San Pietro per iniziare le celebrazioni in occasione dei 150 anni di vita. mi abbandona”. Sì, ragazzi, il nostro Padre ci è sempre fedele e non smette un istante di volerci bene, di seguire i nostri passi e anche di rincorrerci quando ci allontaniamo un po’. Per questo nel cuore del cristiano c’è sempre la gioia. Sempre! E questa gioia si moltiplica condividendola! La gioia accolta come un dono chiede di essere testimoniata in tutte le nostre relazioni: in famiglia, a scuola, in parrocchia, dappertutto. In questo voi ragazzi dell’Azione Cattolica siete aiutati dal vostro cammino formativo, che quest’anno ha come slogan «CIRCO ndati di GIOIA». È suggestiva questa metafora del circo, che è un’esperienza di fraternità, di gioia e di vita “nomade”. L’immagine del circo può aiutarvi a sentire la comunità cristiana e il gruppo nel quale siete inseriti come delle realtà missionarie, che si muovono di paese in paese, di strada in strada “CIRCO ndando” di gioia quanti incontrate ogni giorno. Annunciando a tutti l’amore e la tenerezza di Gesù, diventate apostoli della gioia del Vangelo. E la gioia è contagiosa! È vero che la gioia è contagiosa? D’accordo? [rispondono: “Sì!”] Contagiare gioia! Vorrei darvi un compito. Questa gioia contagiosa va condivisa con tutti, ma in modo speciale — e questo è il compito — con i nonni. Pensate bene a questo: questa gioia va condivisa con tutti, ma in modo speciale con i nonni. Parlate spesso con i vostri nonni; anche loro hanno questa gioia contagiosa. Domandate a loro tante cose, ascoltateli, loro hanno la memoria della storia, l’esperienza della vita, e per voi questo sarà un grande dono che vi aiuterà nel vostro cammino. Anche loro hanno bisogno di ascoltarvi, anche i nonni hanno bisogno di voi, hanno bisogno di ascoltarvi, di capire le vostre aspirazioni, le vostre speranze. Ecco il compito: parlare con i nonni, ascoltare i nonni. Gli anziani hanno la sapienza della vita. Per non dimenticare ripetiamo il compito: parlare con i nonni, ascoltare i nonni. Ragazzi e ragazze, tutti! [ripetono insieme: “parlare con i nonni, ascoltare i nonni”] Ma che deboli che siete! Un po’ più forte! [ripetono: “parlare con i nonni, ascoltare i nonni”]. Poi l’anno prossimo vi domanderò su questo, cosa avete fatto... Contagioso è anche il vostro impegno per la pace. Anche quest’anno avete voluto legare la parola “pace” alla parola “solidarietà”, con un’iniziativa in favore dei vostri coetanei di un quartiere disagiato di Napoli. È un buon gesto, che indica lo stile con cui voi volete annunciare il volto di Dio che è amore. Il Signore benedica questo vostro progetto di bene! Vedo che vi accompagnano i vostri educatori, i vostri assistenti e i responsabili nazionali dell’Azione Cattolica Italiana. Li saluto cordialmente e li ringrazio per l’impegno con cui si dedicano alla vostra educazione cristiana. A tutti auguro di cuore un felice e santo Natale. A tutti. Estendo questo augurio alle vostre famiglie e all’intera Associazione diffusa in tutte le dioce- si d’Italia. Il Signore vi benedica, e la Madonna vi protegga. E, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Il compito era parlare con i nonni e ascoltare i nonni. D’accordo? Ma io non vorrei finire questo incontro senza far memoria di un nonno, che se ne è andato, che il Signore ha chiamato: Don Mansueto [S. E. Mons. Mansueto Bianchi, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Azione Cattolica Italiana], al quale io volevo tanto bene. Che lui, dal cielo, ci insegni a parlare con i nonni e ascoltare i nonni. Aveva un nome bello: Mansueto, un uo- mo mite, un uomo buono, un nonno buono... Che lui ci insegni! E vi invito a pregare una Ave Maria per lui. [Ave Maria] Dopo la benedizione: Il compito? [rispondono: “Parlare con i nonni e ascoltare i nonni”] E l’anno prossimo vediamo... All’ultimo Angelus di Avvento Incontro a un Dio vicino Mistero di amore, mistero di vicinanza di Dio con l’umanità. Maria è presentata alla luce della profezia che dice: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio» (v. 23). L’evangelista Matteo riconosce che ciò è avvenuto in Maria, la quale ha concepito Gesù per opera dello Spirito Santo (cfr. v. 18). Il Figlio di Dio “viene” nel suo seno per diventare uomo e Lei lo accoglie. Così, in modo unico, Dio si è avvicinato all’essere umano prendendo la carne da una donna: Dio si avvicinò a noi e ha preso la carne da una donna. Anche a noi, in modo diverso, Dio si avvicina con la sua grazia per entrare nella nostra vita e per offrirci in dono il suo Figlio. E noi che cosa facciamo? Lo accogliamo, lo lasciamo avvicinarsi oppure lo rifiutiamo, lo cacciamo via? Come Maria, offrendo liberamente sé stessa al Signore della storia, gli ha permesso di cambiare il destino dell’umanità, così anche noi, accogliendo Gesù e cercando di seguirlo ogni giorno, possiamo cooperare al suo disegno di salvezza su noi stessi e sul mondo. Maria ci appare dunque come modello a cui guardare e sostegno su cui contare nella nostra ricerca di Dio, nella nostra vicinanza a Dio, in questo lasciare che Dio si avvicini a noi e nel nostro impegno per costruire la civiltà dell’amore. L’altro protagonista del Vangelo di oggi è san Giuseppe. L’evangelista mette in evidenza come Giuseppe da solo non possa darsi una spiegazione dell’avvenimento che vede verificarsi sotto i suoi occhi, cioè la gravidanza di Maria. Proprio allora, in quel momento di dubbio, anche di angoscia, Dio gli si fa vicino — anche a lui — con un suo messaggero ed egli viene illuminato sulla natura di quella maternità: «Il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (v. 20). Così, di fronte all’evento straordinario, che certamente suscita nel suo cuore tanti interrogativi, si fida totalmente di Dio che gli si avvicina e, «Cerchiamo di entrare nel vero Natale, quello di Gesù, che ci si avvicina: Dio-con-noi, vicino a noi»: è l’invito rivolto dal Papa ai fedeli presenti all’Angelus di domenica 18 dicembre, in piazza San Pietro. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! La liturgia di oggi, che è della quarta e ultima domenica di Avvento, è caratterizzata dal tema della vicinanza, la vicinanza di Dio all’umanità. Il brano del Vangelo (cfr. Mt 1, 18-24) ci mostra le due persone, le due persone che più di ogni altra sono state coinvolte in questo mistero d’amore: la Vergine Maria e il suo sposo Giuseppe. seguendo il suo invito, non ripudia la sua promessa sposa ma la prende con sé e sposa Maria. Accogliendo Maria, Giuseppe accoglie consapevolmente e con amore Colui che in lei è stato concepito per opera mirabile di Dio, a cui nulla è impossibile. Giuseppe, uomo umile e giusto (cfr. v. 19), ci insegna a fidarci sempre di Dio, che ci si avvicina: quando Dio ci si avvicina dobbiamo fidarci. Giuseppe ci insegna a lasciarci guidare da Lui con volontaria obbedienza. Queste due figure, Maria e Giuseppe, che per primi hanno accolto Gesù mediante la fede, ci introducono nel mistero del Natale. Maria ci aiuta a metterci in atteggiamento di disponibilità per accogliere il Figlio di Dio nella nostra vita concreta, nella nostra carne. Giuseppe ci sprona a cercare sempre la volontà di Dio e a seguirla con piena fiducia. Tutti e due si sono lasciati avvicinare da Dio. «Ecco la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio-con-noi» (Mt 1, 23). Così dice l’angelo: “Emmanuele si chiamerà il bambino, che significa Diocon-noi”, cioè Dio vicino a noi. E a Dio che si avvicina io apro la porta — al Signore — quando sento una ispirazione interiore, quando sento che mi chiede di fare qualcosa di più per gli altri, quando mi chiama alla preghiera? Dio-con-noi, Dio che si avvicina. Questo annuncio di speranza, che si compie a Natale, porti a compimento l’attesa di Dio anche in ciascuno di noi, in tutta la Chiesa, e in tanti piccoli che il mondo disprezza, ma che Dio ama e a cui Dio si avvicina. Al termine della preghiera il Papa ha lanciato un appello al dialogo nella Repubblica Democratica del Congo e ha salutato i diversi gruppi di fedeli, ringraziando in particolare per gli auguri ricevuti in occasione del suo ottantesimo compleanno. Cari fratelli e sorelle, In un videomessaggio il Pontefice ringrazia i protagonisti del concerto di solidarietà per Bangui e i terremotati italiani Per allargare l’orizzonte del giubileo «Questa serata allarga l’orizzonte del giubileo della misericordia partecipando e condividendo situazioni concrete di povertà e di bisogno»: lo ha detto il Papa in un videomessaggio inviato ai partecipanti al concerto di beneficenza svoltosi nella serata di sabato 17 dicembre, nell’aula Paolo VI. Sono molto contento di questa iniziativa promossa dalla Gendarmeria e che ha coinvolto molte istituzioni e persone, ciascuno con la propria professionalità: gli artisti, le maestranze, i tecnici, gli operai... Tutti “artigiani di misericordia” perché, come ho detto in altre occasioni, le opere di misericordia che trovano l’ispiratore in Dio e la materia nella misericordia stessa, sono modellate da mani e dai cuori di uomini e di donne. Al termine del Giubileo straordinario, consegnando la Lettera apostolica Misericordia et misera, ricordavo come la cultura della misericordia si forma nella preghiera assidua e come, per vincere la tentazione delle parole, della teoria sulla misericordia, è necessario trasformare la misericordia nella vita di tutti i giorni, vita che diventa partecipazione e condivisione. Questa serata dunque allarga l’orizzonte del Giubileo della misericordia partecipando e condividendo situazioni concrete di povertà e di bisogno: Bangui (capitale della Repubblica Centrafricana) e le terre terremotate del centro Italia. Questa sera tutti voi state partecipando concretamente e generosamente alla costruzione di due progetti rivolti ai più deboli e fragili, i bambini, progetti che saranno segni visibili dell’anno della misericordia e che porteranno la firma di tanti di voi. A volte qualcuno mi chiede: “Ma Lei, padre, parla sempre dei poveri e della misericordia”. Sì — dico — ma non è una malattia. È semplicemente il modo con cui Dio si è rivelato. Infatti il Natale ormai alle porte ci ricorda il modo con cui Dio è entrato nel mondo: nasce da Maria Vergine come tutti i bambini, viene avvolto in fasce, preso in braccio, allattato. Non solo: lui, la sua mamma e Giuseppe hanno dovuto fare i conti con il fatto che per loro non c’era posto nell’albergo. E ancora: la buona notizia, l’annuncio della nascita non viene consegnato a re e a principi, ma a pastori, uomini poco o male considerati, peccatori incalliti potremmo dire. Questo è il nostro Dio: non il totalmente altro ma l’assolutamente prossimo. Per questo diventare artigiani della carità e costruttori di misericordia è come investire non in borsa, ma in paradiso, nella vita beata del cielo, nell’amore del Padre. Grazie a tutti. Grazie a nome dei bambini di Bangui e di quelli delle zone terremotate. Non potremo fare cose grandi, realizzare grandi progetti, ma ciò che faremo avrà la firma della nostra passione per il Vangelo. Buon Natale a tutti! Se amore avrai «Se amore avrai», i progetti concreti per i bambini della Repubblica Centrafricana e dell’Italia centrale sconvolta dal terremoto potranno realizzarsi: ecco il messaggio lanciato sabato sera, 17 dicembre, da Claudio Baglioni nel concerto nell’aula Paolo VI, arricchito da significative testimonianze e brani del magistero di Papa Francesco, proprio nel giorno del suo compleanno. Promossa dal Corpo della Gendarmeria, per i suoi duecento anni di servizio, l’iniziativa porterà in particolare all’apertura di un ospedale pediatrico a Bangui e alla ricostruzione dell’oratorio di Santa Maria delle Grazie a Norcia. Tra i presenti — insieme al comandante della Gendarmeria, Domenico Giani — il cardinale Nzapalainga, arcivescovo di Bangui; il cardinale Bertello, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, con il ve- scovo segretario generale Vérgez Alzaga; l’arcivescovo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato; il vescovo Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana; e i pastori delle tre diocesi più colpite dal sisma: l’arcivescovo di SpoletoNorcia, Boccardo, il vescovo di Rieti, Pompili e il vescovo di Ascoli Piceno, D’Ercole. Era presente il presidente del Senato italiano, Grasso. vi saluto tutti, fedeli romani e pellegrini venuti da vari Paesi, le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. Chiedo a tutti voi di pregare affinché il dialogo nella Repubblica Democratica del Congo si svolga con serenità per evitare qualsiasi tipo di violenza e per il bene di tutto il Paese. In particolare saluto il folto gruppo dell’UNITALSI di Roma — che bel lavoro che fate voi, eh! grazie tante! — che ha dato vita a un presepe vivente inclusivo delle persone con disabilità; come pure gli studenti dell’Istituto Calabrese di Politiche Internazionali. Vorrei ringraziare tutte le persone e le istituzioni che ieri hanno voluto esprimermi i loro auguri. Grazie tante! Auguro a tutti una buona domenica: il tempo è bello. Domenica prossima sarà Natale. In questa settimana — mi raccomando — cerchiamo di trovare qualche momento per fermarci, fare un po’ di silenzio, e immaginare la Madonna e san Giuseppe che stanno andando a Betlemme. Immaginare come vanno: il cammino, la fatica, ma anche la gioia, la commozione, e poi l’ansia di trovare un posto, la preoccupazione..., e così via. In questo ci aiuta molto il presepe. Cerchiamo di entrare nel vero Natale, quello di Gesù, che ci si avvicina — D io-connoi, vicino a noi — per ricevere la grazia di questa festa, che è una grazia di vicinanza, di amore, di umiltà e di tenerezza. E in quei momenti anche ricordatevi di pregare anche per me. Buon pranzo e arrivederci!