I siti reali e la rappresentazione del paesaggio

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I siti reali e la rappresentazione del paesaggio
I siti reali e la rappresentazione del paesaggio agrario in Terra di Lavoro*
Maria Rosaria Iacono
Il tentativo della monarchia borbonica - insediatasi nel 1734 con Carlo (1716-1788) al
governo del regno di Napoli - di contrastare l’arretratezza feudale del paese e l’accentramento
della proprietà feudale in Napoli si concretizzò con l’introduzione di riforme economiche e sociali
ispirate alle idee illuministiche che si proponevano di conseguire: ”la modernizzazione della
macchina statale ed il potenziamento delle istituzioni laiche; lo sviluppo economico; la
realizzazione di una società più equa e più stabile”1. Se e in quale misura questi obiettivi fossero
conseguiti è argomento di dibattito a tutt’oggi. E’ tuttavia innegabile, che pur in maniera
contradittoria, i governi di Carlo e Ferdinando IV di Borbone apportarono originali e importanti
trasformazioni in Italia meridionale2. Innovazioni furono introdotte in campo economico, giuridico,
commerciale, militare; si incrementarono le opere pubbliche, si incoraggiarono le arti e le scoperte
di antichità; si cercò di limitare lo strapotere dei baroni e l’incremento della proprietà
ecclesiastica.
Per rimuovere la struttura feudale del territorio era ben chiaro agli intellettuali e agli
aristocratici illuminati dell’epoca il ruolo che l’agricoltura avrebbe dovuto svolgere per la
rigenerazione del tessuto sociale. A questo proposito ricordiamo l’opera appassionata di Domenico
Grimaldi, illuminista impegnato, allievo del Genovesi, figura autorevole dell’illuminismo
economico e tecnico. Nella sua opera Piano di riforma per la pubblica economia nelle province del
regno di napoli e per l’agricoltura delle Due sicilie ( Napoli 1780) affermava, in base all’esperienza
della sua fattoria sperimentale a Seminara in Calabria ”la necessità di nuove tecniche agricole, di un
adeguato sistema di irrigazione,…di conquistare i campagnoli più intraprendenti alla causa della
produzione”. Studiando il vivere civile e la felicità dei cittadini elaborò un piano di
ammodernamento agricolo per iniziare la felice rivoluzione dell’economia “campestre”
introducendo le pratiche rustiche che erano una realtà negli altri paesi.
Consentendo all’agricoltura di applicare nuovi metodi e conseguire miglioramenti tecnici, si
compiva un’opera illuminata d’istruzione e di rigenerazione del tessuto sociale, a cominciare dalla
base, ossia dall’attività primaria dell’agricoltura.
“D’altra parte lo stesso sovrano dava esempio di migliorare la agricoltura nelle terre di sua
proprietà o destinate a siti di delizia della real casa, facendovi praticare tutt’i nuovi utili trovati, ed
introducendo le necessarie macchine”3.
Le considerazioni dell’economista Ludovico Bianchini, che nel 1859 pubblicava la Storia
economica del regno di Napoli, fanno comprendere la strategia di recupero, costruzione e
valorizzazione del territorio in area campana che, in fasi successive, comporta l’acquisizione dei
territori alla casa reale e la loro trasformazione prima in riserve di caccia (Agnano, Astroni,
Capodimonte, Portici, Venafro, Persano, Carditello, San Leucio, Licola e Procida) e
successivamente trasformati in siti reali abbelliti con casini e residenze reali4; lo sviluppo di una
rete di infrastrutture che collegano i siti reali tra loro e con la capitale; la bonifica della pianura con
1
S. Woolf, La storia politica e sociale in Storia d’Italia, Torino, Einaudi 1974, III, p. 80
cfr. B. Croce, Storia del regno di Napoli.Bari Laterza, 1984 passim ; A. Massafra Il Mezzogiorno preunitario.
Economia, società , Istitruzioni. Bari 1988 pp. 17,19
3
L. Bianchini, Della storia delle finanze del regno di napoli. III ed. Napoli dalla stamperia lreale, 1859 p. 367
4
G. Alisio, Siti reali borbonici Roma 1976. L’appartenenza organica dei siti reali alla politica di controllo del territorio
messa in atto dai Borbone è evidenziata anche in G. Cilento La metropoli agraria napoletana nel secolo XVIII Napoli
1983
2
la ristrutturazione dei Lagni; il progetto di una capitale nell’entroterra (Caserta) 5; l’incentivazione
delle attività produttive primarie (l’agricoltura e l’allevamento) soprattutto nei siti reali di San
Leucio e di Carditello.
La “Reale Tenuta di San Leucio” sorgeva sull’omonima collina posta a nord est della
Reggia, nata come luogo di svago, oltre che ospitare l’esperienza manifatturiera con il villaggio
operaio voluto da Ferdinando IV, diventò un’azienda agraria improntata a moderni criteri
agronomici6 applicati alle diverse colture alcune tradizionali come la vite e l’olivo , altre legate ad
esigenze più recenti. Fu introdotta infatti la coltivazione di ortaggi e frutta preferiti dai sovrani
(asparagi, ananas) ed incrementata quella del gelso, legata alla produzione della seta, che si
lavorava nei setifici leuciani. Perfettamente inserita nella riorganizzazione territoriale 7 si trovò ad
essere anche la tenuta di Carditello, vasto territorio pianeggiante, sito in Terra di lavoro a metà
strada tra Napoli e Caserta. La “difesa di cardito seu Carditello”8 appartenente al conte dell’Acerra
fin dal 1628, fu ritenuta da Carlo di Borbone particolarmente adatta, oltre che alla caccia, al
“perfezionamento della Razza de’ cavalli”, per cui dal 1744 la prese in fitto per 2800 ducati l’anno9.
Ferdinando IV (1751-1825) proseguì il progetto paterno ampliando la tenuta con diversi territori
“…ora acquistandoli ora rivalendosi di diritti che le leggi gli accordavano…” 10. Tutta
l’organizzazione territoriale della tenuta era in funzione dell’attività prevalente: gli allevamenti di
cavalli, bufali e vacche.
I siti reali non erano soltanto luoghi di ozio e svago in cui il signore profondeva capitali per
fastose costruzioni ed elaborati giardini, ma quasi un’azienda agricola moderna in cui il sovrano
illuminato investiva nelle trasformazioni agrarie necessarie ad uno sfruttamento ideale del territorio,
coniugando il ”bello” e l’”utile” secondo i dettami illuministici del Settecento, come anche se con
maniere e protagonisti diversi accadeva nel resto d’Italia. Si pensi alle grandi ville signorili sorte
dalla seconda metà del seicento per tutto il Settecento nel Piemonte, Lombardia, Liguria Veneto e al
ruolo che assunsero di “centri di riorganizzazione del paesaggio agrario in grandi aziende
padronali”11.
Anche la rappresentazione artistica o scientifica di Terra di Lavoro ci offre un “aspetto
caratteristico di questo paesaggio dell’azienda signorile… con la villa padronale, con l’annesso
vigneto, con i locali per la lavorazione e per la conservazione dei prodotti agricoli, con i poderi
vecchi e nuovi, sui quali più numerosi vengono sorgendo le case coloniche”12. La consapevolezza
dei grandi cambiamenti intervenuti nelle campagne e la necessità di rappresentarli a fini celebrativi,
catastali e militari spinse gli stessi sovrani, in particolare Ferdinando IV a che chiamare a corte
geografi, paesaggisti come il geografo padovano Antonio Rizzi Zannoni fondatore della Reale
Officina Topografica13 e il pittore paesaggista Jacob Philipp Hackert14. Le loro opere, accanto agli
intenti celebrativi, documentano i risultati raggiunti dalla monarchia nell’opera di
5
M. Colletta Il comprensorio storico-urbanistico. Metodologia ed esemplificazione di lettura (le valli del Volturno).
Padova 1991 pp. 458-479
6
M. R. Iacono La storia del sito in Lo bello vedere di San Leucio e le manifatture reali ESI Napoli 1998 p. 77-102
7
R. De Fusco, L’architettura della seconda metà del 700 in Storia di Napoli Napoli 1978 v. VII p. 400
8
“Il termine “difesa” deriva dal processo di usurpazione delle terre pubbliche e demaniali da parte dei feudatari che
appunto operavano una chiusura a difesa, una recinzione di queste terre escludendole dagli usi comunitari. Contro
questa pratica i sovrani di Napoli avevano ripetutamente posto delle proibizioni, ma il fatto stesso che fossero ripetute
indica che non sortivano alcun effetto” E. Sereni Agricoltura e mondo rurale in Storia d’Italia Einaudi Torino 1972 v. !
p.210-211
9
Platea de’ Reali Siti di Carditello e Calvi, s.d. ( ma dopo il 1834, cfr. p. 48 della stessa Platea) Archivio della Reggia
di Caserta v. 3571
10
Platea de’… op. cit. pp 9-9
11
E. Sereni Storia del paesaggio agrario italiano Laterza Bari 1972 p. 289
12
ibidem p.290
13
Giovanni Brancaccio, Geografia, cartografia e storia del mezzogiorno Guida Napoli 1991
14
Jacob Philipp Hackert. Paesaggi del regno a cura di Thomas Weidner Roma Artemide 1997
“ammodernamento politico e civile”15 del regno e l’attuazione della volontà regia di sottrarre la
proprietà fondiaria agli interessi immobiliari della nobiltà16.
La particolare efficacia artistica della Carta Topografica delle reali cacce di Terra di lavoro
e loro adiacenze disegnata da Rizzi Zannoni nel 1784 e rimasta manoscritta favorisce la
percezione immediata delle aree destinate alla caccia reale ( Torcino e Mastrati, Mondragone,
Riserva di Carditello, Demani di Calvi, Reali Fagianerie, montegrande, boscvarello, selva nuova,
caccia della spinosa cerquacupa, longano bosco di calabricito, bosco di s: Arcangelo) punti di
eccellenza in un’area vastissima, tra i quali si svilupperanno successivamente i siti reali di
Carditello e San Leucio. Numerosi dipinti di J.P.Hackert raffigurano questi luoghi ( Mietitura a
San Leucio, 1872, La famiflia reale alla vendemmia a Carditello 1791?, La famiglia reale alla
mietitura a Carditello, 1791 ? o la fertile pianura campana con i campi coltivati in bell’ordine ( La
reggia di Caserta dal convento dei cappuccini 1782, rappresentando fedelmente “le idee di
Ferdinando circa l’economia agricola del suo paese…nello spirito dei principi politici di stampo
paternalistico che Gaetano Filangieri aveva posto a fondamento di una agricoltura efficiente” 17.
La lettura, inoltre, di due piante tematiche particolarmente significative permette di cogliere le
opere di trasformazioni fondiarie e di piantagioni arboree ed arbustive adottate nelle tenute di San
Leucio e Carditello che hanno contribuito alla costruzione di attività economiche redditizie nelle
campagne e di un paesaggio agrario che ha connotato il nostro territorio fino ad alcuni decenni fa18,
in sintonia con quanto accadeva nel resto d’Italia.
Nella pianta acquerellata del Recinto del real bosco e delizie di San Leucio realizzata da
Domenico Rossi, “ tavolario” della Reale Amministrazione di Caserta19 nei primi decenni
dell’Ottocento, dedicata al Cavalier Antonio Macedonio20, attraverso la rappresentazione delle
qualità agricole del territorio e le coltivazioni si evince la complessa organizzazione territoriale del
sito coerente alla diverse esigenze che avevano portato alla sua realizzazione.
La maggior parte della superficie è ricoperta dai boschi, la più antica attrattiva del sito;
seguono le aree coltivate a uliveto e i vigneti, tra i quali si riconosce la vigna di recente impianto
detta del Ventaglio per la caratteristica forma, le due vigne più antiche poste ai lati del viale acceso
al Belvedere, a destra della Torretta, a sinistra del Pommarello e, più in alto, alle spalle del casino di
San Silvestro, la vigna omonima. Si riconoscono, inoltre, i fabbricati destinati a residenza e svago
dei reali ( il Casino del Belvedere, il casino vecchio) e alle attività “utilitaristiche” del sito (opifici,
comodi rurali, residenze degli operai) le strade e i condotti idrici.
La pianta particolareggiata della Reale Difesa di Carditello21fu redatta nel 1834 all’ufficio
Topografico di Guerra in cui erano indicati quattordici fondi, suddivisi in sessantanove parchi, per
complessivi 6057 moggi di terreno boschivo, seminativo o a pascolo.I Parchi, delimitati da fossi,
argini, siepi, erano divisi in più parti con differenti denominazioni, conservate negli attuali
toponimi. Le diverse coltivazioni, sorte là dove c’erano precedentemente terreni acquitrinosi sono
agevolmente riconoscibili; il bosco preesistente si estende, per la più parte, a raggiera per 1591
moggi intorno alla residenza reale, da cui si dipana un sistema viario che attraversa tutta la tenuta;
1034 moggi c.a. risultano coltivati a cereali, foraggi, legumi, canapa, lino ed i restanti 3437 sono
lasciati a pascolo. La residenza reale fu costruita al centro della tenuta a partire dal 1787
dall’architetto Francesco Collecini (1723-1804) già allievo e collaboratore di Luigi Vanvitelli
15
Giovanni Brancaccio, Geografia op.cit. p.201
Giovanni Brancaccio, Geografia op.cit. p. 185, 203
17
Jacob Philipp Hackert. Paesaggi del regno a cura di Thomas Weidner Roma Artemide 1997 p. 33
18
E. Sereni Storia del paesaggio agrario italiano Bari Laterza 1972
19
Archivio della Reggia di Caserta serie: IRA b. 1765 bis fasc. 55. La pianta è conservata presso la Biblioteca
Nazionale di Napoli, sez. Manoscritti
20
Luigi Macedonio dei Marchesi di Roggiano, cavaliere del sovrano militare ordine gerosolimitano, consigliere di
Stato, intendente di Casa Reale durante il decennio francese (1805-1814) fu incaricato dell’amministrazione dei siti
Reali di Caserta, San Leucio e Carditello e delle Reali cacce; cfr. M. R. Iacono La storia del mito op.cit. p.100.
16
21
La costruzione sorge all’incrocio dei quattro stradoni principali dell’area antistante l’edificio:
tre dall’area antistante l’edificio si proiettano nella campagna verso sud, il quarto alle spalle del
complesso, attraversando la parte settentrionale della tenuta, si dirige verso la strada per Capua.
L’edificio comprendeva, al centro, i locali dedicati ai sovrani e la cappella e lateralmente i
corpi di fabbrica dedicati alle attività agricole e agli allevamenti. L’area antistante, formata da una
pista in terra battuta che richiamava la forma dei circhi romani, abbellita con fontane, obelischi e un
tempietto circolare, era destinata a pista per i cavalli. Un acquerello dipinto dal vero di Alessandro
D’Anna (1746-1810) conservato a Napoli nel museo nazionale di S. Martino, mostra il Real casino
di Carditello “in una prospettiva che pone in particolare risalto lo spazio antistante gli edifici”22.
Nella vastissima tenuta erano poi sorti i comodi rurali necessari al ricovero degli animali, alla
lavorazione dei prodotti e alle abitazioni del personale, mulini, masserie con cappelle,
“cavallerizze” con giardini, frutteti e un’aperia, case rurali. L’organizzazione della tenuta di
Carditello, forse più di San Leucio, ben rappresenta l’“azienda signorile” a cui precedentemente si
faceva riferimento e il ruolo svolto dalla monarchia borbonica nella trasformazione del paesaggio
agrario mediante l’attuazione del progetto di incentivazione dell’attività agricola che a Carditello,
prevedeva l’introduzione di nuove razze (le “ vacche lodigiane”); il miglioramento delle razze
equine; l’allevamento bufalino; l’ammodernamento del sistema di irrigazione con l’introduzione
della “tromba a fuoco” per innalzare l’acqua del Volturno. Il sito fu particolarmente caro a
Ferdinando IV che qui, come a San Leucio, poteva soddisfare la sua passione per la caccia ed il
piacere di partecipare alla vita agreste senza tuttavia indulgere in una visione arcadica della realtà.
Nelle grandi tele ad olio di Antonio Veronesi (1764- dopo il 1829) allievo di Ackert –
conservati nella Reggia di Caserta, La veduta di San Leucio (1818) e La Tenuta di S. Silvestro
(1818), l’artista ci mostra nobili cavalieri intenti nei loro aristocratici svaghi in cui il contatto con la
natura e la pratica della caccia costituivano contemporaneamente un segno di bun gusto, di
distinzione sociale e di oculatezza economica.
*L’articolo è stato pubblicato in : Casa di re. La Reggia di Caserta tra storia e tutela. Milano,
2005 p. 93-98
22
Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari nel regno di Napoli…Firenze 14 settembre-14 novembre 1991. Napoli 7
dicembre 1991-9 febbraio 1992. Napoli 1991 pp.192-193