L`istituzione della Città metropolitana
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L`istituzione della Città metropolitana
XXVIII Convegno SISP Perugia, 11-13 settembre 2014 Sezione Studi regionali e Politiche locali Panel 10.3 “Tutto sbagliato, tutto da rifare”? Regioni, province e comuni nella (eterna) provvisoria geografia politica italiana (I) Orientamenti e reazioni degli attori istituzionali e politici alla realizzazione della Città metropolitana milanese1 BOZZA NON DEFINITIVA. NON CITARE SENZA IL PERMESSO DEGLI AUTORI A cura di Luciano Fasano, Università di Milano Nicola Pasini, Università di Milano Marta Regalia, Università di Bologna 1 Ricerca svolta per conto dell’Istituto per la scienza dell’amministrazione pubblica (ISAP). Bozza non ancora pubblicata. 1 Indice 1. Introduzione 2. La Città metropolitana di Milano: contesto normativo, strategie e percezione cognitiva degli attori politici e istituzionali 2.1 La nascita della Città metropolitana: un percorso tortuoso e difficile 2.2 Quadro normativo e soluzioni di governance 2.3 Lo statuto della Città metropolitana di Milano: quali incentivi per le strategie degli attori politici e istituzionali 2.4 La disciplina per l’elezione degli Organi della Città metropolitana di Milano: le caratteristiche e le implicazioni di un nuovo modello di rappresentanza 2.5 Le policy metropolitane: una nuova governance per i servizi e per le relazioni con il mondo economico e produttivo dell’area metropolitana milanese 3. Il disegno della ricerca 3.1 Obiettivi e inquadramento teorico 3.2 Metodologia e campionamento 4. Attori e policy network 5. I risultati della ricerca 5.1 La città metropolitana di Milano: dinamiche politico-amministrative fra capoluogo e comuni della provincia 5.2 La città metropolitana di Milano: immagini di polity 5.3 La città metropolitana di Milano: immagini di politics 5.4 La città metropolitana di Milano: immagini di policy 6. Prime conclusioni: scenari possibili per una implementazione efficace Allegato Le interviste 2 1. Introduzione La locuzione “città metropolitana”, lontano dall’apparire ossimorica, sembra invece voler cogliere e ricongiungere gli aspetti migliori della città con quanto di positivo vi è nelle metropoli. I termini “città” e “metropoli” si riferiscono, infatti, a realtà che sono tutt’altro che sinonimi. Anzi, si potrebbe quasi dire si tratti di antinomi, di realtà in conflitto, in cui alla città è lasciato il compito di rappresentare relazioni di prossimità, luoghi sicuri perché quotidianamente presidiati dai propri abitanti, mentre alla metropoli viene riservata la fatica di figurare la destrutturazione dei luoghi del vivere condiviso con conseguente slabbramento dei rapporti di comunità su base locale. Le metropoli nascono infatti con la rivoluzione industriale e organizzano gli insediamenti umani in maniera funzionale al moderno capitalismo: spazi e tempi vengono gestiti valorizzando e sfruttando le differenze tra aree geografiche in base ad un modello economico che basa la propria forza sulla specializazzione e sulla divisione del lavoro tra città e campagna. Tuttavia, nonostante la struttura organizzativa metropolitana si sia dimostrata per lungo tempo capace di sostenere e favorire lo sviluppo economico, l’attuale situazione di crisi economica globale mette in discussione tale modello organizzativo anche, ma non solo, a causa del mutare del modello capitalistico di riferimento. Ormai da tempo, infatti, il capitalismo industriale è stato dapprima affiancato, poi sostituito dal capitalismo finanziario; quest’ultimo trae buona parte delle proprie rendite dal settore immobiliare, andando inevitabilmente ad impattare sul ridisegno urbanistico delle grandi metropoli, che spesso sono addirittura in competizione tra loro per attrarre la maggiore quantità possibile di tali investimenti speculativi. La competizione globale fra metropoli, infatti, non si gioca soltanto sulla capacità delle metropoli di attrarre investimenti fondamentali per la crescita grazie alla spinta propulsiva in ricerca e innovazione, ma si basa anche su mutamenti positivi in campo sociale e culturale, come il miglioramento della qualità della vita, la valorizzazione delle risorse naturali, la gestione ottimale delle risorse, la valorizzazione del capitale umano, la coesione sociale, la cura delle risorse e del patrimonio culturale. Sul medio-lungo periodo sono infatti le condizioni ambientali di contesto a definire la tenuta o la crisi di un sistema economico metropolitano. E tale tenuta non può basarsi esclusivamente sulla capacità di attrarre investimenti immobiliari, produttivi o in ricerca e sviluppo; essa deve invece tener conto anche delle concrete possibilità di miglioramento della qualità della vita dei suoi abitanti cosicché fattori spesso ritenuti extra-economici finiscono per risultare decisivi per il medesimo sviluppo economico (ma non solo). Nello specifico dell’analisi qui porposta, il contesto metropolitano di Milano si sviluppa in un sistema “a grappolo” di aree cittadine minori (Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Mantova, Pavia e Varese) che, se opportunamente indirizzato in senso sinergico, potrebbe offrire vantaggi competitivi: il conflitto fra le città lombarde e la metropoli milanese può infatti essere sanato ed indirizzato in maniera virtuosa se le energie 3 pubbliche e quelle private saranno orientate a fini sociali con lo scopo di migliorare le relazioni metropolitane incrementandone l’abitabilità, la vivibilità e forse anche la bellezza (Consonni e Tonon 2001). La Città metropolitana dovrà quindi sapersi confrontare con problemi non solo e non soltanto di natura economica, bensì di natura sociale e culturale con la chiara consapevolezza di procedere verso un obiettivo di sviluppo sostenibile. Nel paragrafo successivo (“La Città metropolitana di Milano: contesto normativo, strategie e percezione cognitiva degli attori politici e istituzionali”) verrà preso in considerazione il contesto normativo e verranno sottolineate le strategie a disposizione degli attori. Nel terzo paragrafo (“Il disegno della ricerca”) verrà presentato il disegno della ricerca, il campionamento e la struttura delle interviste. Il quarto paragrafo (“Attori e policy network”) analizzerà gli attori coinvolti mentre nel quinto paragrafo (“I risultati della ricerca”) verranno presi in considerazione i tre specifici aspetti del processo politico: polity, politics e policy. L’ultimo paragrafo (“Prime conclusioni: scenari possibili per una implementazione efficace”) verrà dedicato alle prime, parziali, conclusioni. 2. La Città metropolitana di Milano: contesto normativo, strategie e percezione cognitiva degli attori politici e istituzionali 2.1 La nascita della Città metropolitana: un percorso tortuoso e difficile Non è la prima volta che accade e forse non sarà nemmeno l’ultima. Era infatti già successo con l’istituzione delle Regioni, avvenuta vent’anni dopo l’entrata in vigore della Costituzione che le prevedeva come organi di decentramento dello Stato. Così come allora, anche oggi siamo a più di vent’anni dalla legge n. 142/1990 in tema di “Ordinamento delle autonomie locali”, che si distinse per un forte tentativo di riordino degli Enti locali, rilanciando, tra i vari provvedimenti, anche la realizzazione della Città metropolitana. A quel tempo il legislatore aveva previsto l’istituzione delle Città metropolitane quali enti intermedi concorrenziali per territorio e funzioni alle Province, ma, a differenza di queste ultime, insistenti su aree omogenee per cultura, economia e vocazione commerciale. Non era all’epoca infatti prevista, come oggi, la contestuale soppressione dell’Ente Provincia. A partire dalla legge 142/1990, l’iter attuativo ha oscillato tra stalli e veloci ripartenze, con decreti non convertiti, inerzie attuative e spinte legislative seguite da rinvii. Tuttavia, non sempre tutto il male viene per nuocere. La realizzazione della Città metropolitana potrebbe infatti volgere il ritardo a proprio vantaggio, sfruttando il patrimonio di saperi ed esperienze che nel frattempo sono andate maturando e consolidando in altri Paesi dell’Unione europea. In Francia, ad esempio, la realizzazione di strutture istituzionali atte a governare le aree metropolitane ha proceduto lungo un doppio binario (“Loi de modernisation de l’action publique territoriale et d’affirmation des métropoles”, promulgata il 27 gennaio 2014): da un lato, Toulouse, 4 Lille, Bordeaux, Nantes, Strasbourg, Rennes, Rouen, Grenoble, Montpellier e Brest sono state trasformate in métropoles con l’obiettivo di rafforzarne lo sviluppo economico, sociale e culturale2, mentre Parigi, Lione e Aix-Marseille-Provence (già riconosciute come città metropolitane dalla Legge n. 82-1169 del 1982) diverranno città metropolitane a “statuto particolare”, cioè con particolari, allargate e rafforzate competenze per promuoverne lo sviluppo, la sostenibilità e la competitività e dotate di Sindaco, Consiglio e Giunta metropolitana. In Germania, al contrario, non esiste un vero e proprio riconoscimento giuridico di Enti locali quali le Città metropolitane, ad eccezione di Amburgo, Berlino e Brema che hanno però uno status giuridico a sé stante, essendo al contempo Land regionale ed Ente locale, una sorta di Città-Stato. Nemmeno in Spagna le Costituzioni (nazionale e regionali) prevedono un riconoscimento giuridico delle Città metropolitane, eccetto che per Barcellona. Tuttavia, le Comunità autonome di Catalogna e Madrid hanno trovato modalità alternative ed associate per gestire le proprie competenze ed erogare servizi. Nel nostro Paese, secondo quanto stabilito dalla legge n. 56 del 7 aprile 2014 (“Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”) e dall’art. 114 della Costituzione, il nuovo Ente “Città metropolitana” subentrerà alle Province il 1º gennaio 2015, ne eserciterà le funzioni, ne assorbirà il patrimonio, le risorse ed il personale. La legge prevede altresì che il territorio della Città metropolitana coincida con quello della Provincia omonima, ferma restando la possibilità dei Comuni limitrofi di aderirvi. Le Città metropolitane espressamente previste dalla legge sono nove: Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Reggio Calabria, Torino e Venezia, oltre alla Città metropolitana di Roma Capitale. 2.2 Quadro normativo e soluzioni di governance Il quadro normativo vigente prevede, com’è noto, l’istituzione delle Città metropolitane e, in conseguenza di ciò, la nuova disciplina sulle restanti Province quali Enti di area vasta, oltre che la regolamentazione delle Unioni di comuni e la riforma dell’istituto della fusione fra i comuni stessi. Tale legge prevede già la nascita delle Città metropolitane di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria (più Roma, disciplinata però dalla legge sulla Capitale), lasciando comunque intendere che in futuro potranno costituirsene anche altre, poiché a queste potranno aggiungersi quanto meno quelle previste dagli statuti speciali delle regioni Sardegna, Sicilia e Friuli Venezia Giulia. Qui corre l’obbligo di una prima considerazione a margine: se guardiamo popolazione residente in ciascuna delle città fin d’ora interessate al processo, ci rendiamo conto che esso abbraccia contesti urbani molto diversi fra loro, che vanno dagli oltre 3 2 Fino ad allora, infatti, erano riconosciute solo come communauté urbanes,associazioni di grandi città nate come strumenti di consultazione politico-amministrativa. 5 milioni di abitanti di Roma, Milano e Napoli (forse le uniche vere città metropolitane del nostro paese) ai poco più di 500 mila di Reggio Calabria, passando per gli oltre 800 mila di Venezia e Genova. Ciò, evidentemente, lascia aperta la strada per il riconoscimento dello status di Città metropolitana anche ad altri capoluoghi di regione, anche a prescindere dalla natura speciale dello statuto, e in virtù di una soglia popolazionale che appare subito come piuttosto arbitraria. Ad ogni modo, e in attesa di una più complessiva riforma del Titolo V della Costituzione - che dovrebbe contribuire ad una maggiore chiarezza del quadro di riferimento normativo-istituzionale – le Città metropolitane sono oggi definite in qualità di enti di area vasta, le cui finalità riguardano lo sviluppo strategico del territorio, la promozione e la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione, la cura delle relazioni istituzionali afferenti al proprio livello (altre Province e Città metropolitane), oltre che delle relazioni internazionali con le Città metropolitane degli altri paesi europei. Al momento, inoltre, per le dieci Città metropolitane di cui è prevista la costituzione già nella legge, il dominio territoriale di riferimento è quello delle attuali Province. Ciò che lascia intendere come la costituzione delle Città metropolitane non corrisponda ad una specifica ridefinizione degli ambiti territoriali, magari finalizzata a maggiore efficacia ed efficienza3. Ma quale tipo di governance si prefigura per questa nuova istituzione? Per farsene un’idea occorre anzitutto esaminare la struttura dei suoi organi istituzionali, che al momento prevede un Sindaco metropolitano, un Consiglio metropolitano e la Conferenza dei Sindaci, oltre alla possibilità per il Sindaco metropolitano di nominarsi dei Consiglieri e/o un Vice Sindaco. Il Sindaco metropolitano, che rappresenta l’Ente e ne presiede sia il Consiglio sia la Conferenza, è di diritto il Sindaco del Comune capoluogo di Provincia. Anche se è data facoltà di prevedere statutariamente la sua elezione diretta, attraverso l’approvazione di una legge nazionale, e in presenza di un’articolazione della città capoluogo in più comuni, ovvero – nel caso delle realtà superiori ai 3 milioni di abitanti – in aree urbane omogenee. Il Consiglio è l’organo di indirizzo della Città metropolitana, avendo la funzione di approvare il bilancio dell’Ente e i regolamenti relativi alle sue attività, oltre a quanto autonomamente stabilito dallo Statuto. Esso dura in carica 3 È peraltro prevista una procedura per la richiesta di adesione (o di separazione) da una Città metropolitana, che oltre a prendere a riferimento l’art. 133 della Costituzione repubblicana, attribuisce capacità di iniziativa ai comuni, stabilendo per le Regioni un ruolo consultivo. Cosa che nel tempo potrebbe rendere i confini di una qualsiasi Città metropolitana molto instabili, in virtù di contingenti ragioni di convenienza di singole amministrazioni comunali, alla ricerca di vantaggi e agevolazioni di breve periodo. Questo aspetto, insieme alla mancata determinazione in via definitiva delle Città metropolitane del nostro Paese, potrà essere motivo una proliferazione non solo di organi amministrativi, ma anche di costi di transazione e di governo legati alla nascita, così come alla ridefinizione, di Città metropolitane oltremodo ingiustificati. 6 per cinque anni ed è eletto dai Sindaci e dai consiglieri dei comuni della città metropolitana4. La Conferenza dei Sindaci è invece organo consultivo obbligatorio, con il compito di approvare lo statuto e i bilanci dell’Ente, oltre ad avere altri eventuali poteri propositivi e consultivi secondo quanto stabilito autonomamente nello stesso statuto. Esso è composto da tutti i Sindaci delle amministrazioni comunali della Città metropolitana e delibera con voto ponderato, a maggioranza determinata da almeno 1/3 dei Comuni con almeno metà della popolazione metropolitana. Un primo aspetto che, a proposito della struttura istituzionale, occorre notare è che, così come di frequente accade nel caso di istituzioni multilivello, il processo decisionale appare piuttosto farraginoso ed esposto al rischio di poteri di veto da parte di molti attori. Basti pensare, per esempio, a cosa sia l’iter per l’approvazione del bilancio annuale, che – strumento fondamentale per l’operato del Sindaco metropolitano – dipende dall’approvazione del Consiglio e dall’acquisizione di un parere favorevole obbligatorio da parte della Conferenza dei Sindaci. Con l’evidente rischio di contrattazioni e negoziati all’infinito fra, da un lato, le possibili maggioranze a geometria variabile all’interno del Consiglio e, dall’altro, il potere di veto dei Sindaci che siedono nella Conferenza, specie quelli delle città più grandi. E se Sindaco, Consiglio e Conferenza della Città metropolitana devono in un certo senso permettere la costruzione di un processo decisionale in grado di mediare le tensioni latenti fra comuni di diversa dimensione su questioni spinose quali la pianificazione territoriale, la gestione dei servizi di pubblica utilità (compresa l’indizione di gare di appalto, il monitoraggio dei contratti di servizio e i concorsi per la selezione del personale) e la mobilità5, appare evidente come tale processo rischi di essere poco produttivo, a causa della moltiplicazione dei livelli di decisione e consultazione previsti dall’architettura istituzionale dell’Ente. Un secondo aspetto riguarda le risorse, altro tema critico, oltre che strategico, per l’effettivo sviluppo di queste nuove realtà istituzionali, poiché le nascenti Città metropolitane erediteranno dalla soppressione delle Province di competenza, il patrimonio, oltre che le risorse umane e strumentali, ivi comprese le entrate6 (insieme alle passività e attività sussistenti), e null’altro è previsto per la loro sopravvivenza, è evidente il rischio che esse non abbiamo a disposizione risorse sufficienti per articolare una gestione di ampio repiro, 4 La composizione per numero dei Consigli metropolitani è prevista pari a 24 componenti per le città con più di 3 milioni di abitanti (Roma, Milano e Napoli), a 18 componenti per le città fra i 3 milioni e gli 800 mila abitanti, e a 14 componenti per tutte le altre. 5 Altre competenze già assegnate per legge alle Città metropolitane sono: l’adozione di un Piano strategico metropolitano, il coordinamento dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione, la promozione dello sviluppo economico e sociale del territorio. 6 Rammentiamo che, al momento, le principali entrate di una Provincia sono l’imposta sulle assicurazioni RC auto, l’imposta provinciale di trascrizione, la compartecipazione al gettito IRPEF e alla tassa automobilistica regionale sui veicoli, ai quali si possono aggiungere altri tributi propri derivati e altre fonti di entrata attribuibili con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri. 7 soprattutto su questioni che restano di vitale importanza a livello sovracomunale, quali per esempio l’organizzazione dei servizi sociali e alle persone, oltre che la costituzione di società per i servizi di pubblica utilità e la realizzazione di infrastrutture per la mobilità, che per uscire dall’attuale sterile contesa su risorse scarse fra amministrazioni comunali impoverite, richiedono disponibilità economiche integrative. Tralasciando il tema delle modalità di elezione degli organi istitutuzionali, che verrà trattato successivamente, nel complesso, il quadro normativo attuale disegna un tipo di istituzione che, oltre a non permettere certezze circa il fatto che risulti una soluzione adottata solamente nelle realtà urbane in cui vi siano le minime condizioni indispensabili per pensare ad una dimensione metropolitana, quanto meno dal punto di vista della popolazione (ciò che, a dire il vero, fin d’ora dovrebbe escludere città come Reggio Calabria, Venezia e Genova), agevola in prospettiva il potere di veto degli attori del processo decisionale, creando un contesto in cui l’elemento legittimo dei pesi e contrappesi (checks and balances) non trova adeguata compensazione in un reale potere di governo di chi si trova al vertice della Città metropolitana. Inoltre, sotto il profilo delle risorse, il semplice trasferimento delle stesse dalle preesistenti Province alle nascenti Città metropolitane non è di per sé sufficiente ad assicurare che le nuove realtà istituzionali possano avere prestazioni amministrative e di governo superiori agli enti che le hanno precedute. E se alcune stime già oggi consentono di prevedere, rispetto alle province, un risparmio di costi inerenti le indennità di carica (che saranno riassorbite interamente da quelle relative alle funzioni esercitate nei propri comuni), la celebrazione delle elezioni, talune funzioni amministrative e di controllo, le consulenze e collaborazioni esterne, la realizzazione dei servizi7 dell’entità di qualche milione di euro, soprattutto per le Città metropolitane più grandi, ciò non consente di concludere nulla circa le effettive opportunità delle nuove realtà istituzionali, che ovviamente dipenderanno non soltanto dalla capacità di risparmio ma anche dalla disponibilità di investimento. 7 Per fare un esempio, stime dell’Università commerciale L. Bocconi di Milano prevedono per le voci sopra indicate un risparmio annuo e a regime, derivante dalla costituzione della Città metropolitana milanese rispetto all’attuale provincia, di 2.655 milioni di euro, ai quali si sommano altri 2.612 milioni di euro ricavabili dalla riduzione di inefficienze dell’attuale amministrazione provinciale, per un totale di più di 5 miliardi di euro, pari a circa lo 0,3 del nostro PIL. 8 2.3 Lo Statuto della Città metropolitana di Milano: quali incentivi per le strategie degli attori politici e istituzionali Dopo un tragitto durato più di vent’anni, la Città metropolitana può dirsi formalmente costituita dal primo gennaio 2014. In questa fase, le Città metropolitane convivono con le rispettive Province, in fase di dismissione. I poteri del nuovo Ente rimangono però limitati all’approvazione del proprio Statuto, da operarsi entro il 31 dicembre 2014. Lo Statuto metropolitano verrà scritto e approvato dalla Conferenza metropolitana8, formata dai Sindaci dei Comuni che compongono la (ex) Provincia. Lo Statuto dovrà enucleare i poteri ed i compiti del Sindaco metropolitano, del Consiglio metropolitano e della Conferenza metropolitana, oltre a regolamentare l’organizzazione del nuovo Ente e a disciplinare i procedimenti di adesione alla Città metropolitana. La legge prevede che sia lo Statuto della Città metropolitana a regolare i rapporti tra Città metropolitana e Comuni facenti parte dell’area metropolitana, questione che rimane uno dei, se non il, punto nodale per la riuscita dell’attuazione della Città metropolitana. Lo Statuto, infatti, stabilisce le norme fondamentali dell’organizzazione dell’Ente, invi comprese le attribuzioni degli organi e l’articolazione delle competenze. Tali attribuzioni potranno anche prevedere forme di cooperazione tra Comuni e Città metropolitana in quanto quest’ultima, intesa come nuovo ente territoriale con pieni poteri amministrativi e regolamentari, corre il rischio di sovrapporsi al’Ente comunale. E questo avviene per una duplice ragione: «sia perché il Comune metropolitano assorbe e sostituisce pienamente il precedente Comune sia perché gli altri comuni dell’area metropolitana entrano in un nuovo assetto metropolitano in posizione subordinata. È infatti indubbio che l’autonomia comunale dei singoli Comuni viene lesa e si riduce inevitabilmente» (Perulli 2014, p. 8). Per questa ragione è fondamentale, per la buona riuscita della riforma, che i Comuni, rappresentati dai propri Sindaci nella Conferenza metropolitana, si convincano del mutuo vantaggio proveniente dalla creazione dell’Ente, senza il timore di perdere autonomia o di trovarsi politicamente fagocitati dal Comune capoluogo. Tale timore viene però accentuato, invece che smorzato, da un’altra previsione di legge: nella fase transitoria o salvo diversa indicazione dello Statuto, gli organi della Città metropolitana debbono essere formati in maniera indiretta. Il Sindaco metropolitano, infatti, coincide con il Sindaco del Comune capoluogo della Provincia su cui insiste, mentre il Consiglio, di durata quinquennale, è costituito tramite un’elezione di 8 La Conferenza avrà anche potere consultivo per l’approvazione dei bilanci. 9 secondo grado da parte dei Sindaci e dei Consiglieri comunali dei Comuni ricompresi nella Città metropolitana. Inoltre, il numero dei componenti del Consiglio metropolitano ha una numerosità variabile che dipende dalla popolosità dei comuni che ne fanno parte: 24 Consiglieri per le Città metropolitane con popolazione superiore a 3.000.000 di abitanti; 18 Consiglieri per le Città metropolitane con popolazione compresa tra 800.000 abitanti e 3.000.000 di abitanti; 14 Consiglieri per le altre. Lo Statuto potrà però prevedere l’elezione diretta del Sindaco e del Consiglio metropolitano, con il sistema elettorale che sarà determinato con legge statale, ma a patto che il Comune capoluogo sia stato suddiviso in più Comuni, e che tale divisione sia stata sottoposta a referendum popolare con approvazione a maggioranza dei partecipanti, e conseguente legge regionale di istituzione dei Comuni9. Il Sindaco metropolitano avrà rilevanti funzioni amministrative e di rappresentanza, mentre il Consiglio metropolitano, organo di indirizzo e controllo, approverà i regolamenti urbanistici e ambientali e avrà poteri anche in altre materie, come il welfare e la cultura, secodo quanto stabilito dallo Statuto. Non è invece prevista una Giunta metropolitana, pur non essendo in via di principio escluso che il Sindaco metropolitano possa affidare singole deleghe per funzioni definite secondo le modalità e nei limiti previsti dallo Statuto. 2.4 La disciplina per l’elezione degli Organi della Città metropolitana di Milano: le caratteristiche e le implicazioni di un nuovo modello di rappresentanza La prima fase di applicazione prevede, dunque, una designazione indiretta degli organi politici e direttivi della Città metropolitana, evitando il ricorso sia a elezioni dirette a suffragio universale, sia a elezioni indirette da parte di un elettorato ristretto ai componenti dei Consigli comunali ricompresi nell’ambito territoriale interessato dalla Città metropolitana. Tale scelta è stata compiuta sotto la necessità dichiarata di avviare celermente la costituzione del nuovo Ente, anche se questa scelta ha suscitato qualche polemica. Il primo atto degli organi di governo della Città metropolitana sarà infatti quello di elaborare ed approvare lo Statuto e taluni hanno giudicato improprio l’affidamento di tale compito a membri di diritto, preferendo invece una soluzione che prevedesse l’elezione diretta per garantire al processo maggiore democraticità. La legge n. 56/2014 prevede infatti, per la costituzione degli organi istituzionali della Città metropolitana, due possibili percorsi. Il primo percorso contempla la formazione automatica di tali organi, 9 Per le sole Città metropolitane di Roma, Milano e Napoli, in alternativa alla modifica delle circoscrizioni comunali si potranno eleggere direttamente il Sindaco e il Consuglio metropolitano se lo Statuto prevederà la costituzione di zone omogenee e se il Capoluogo verrà ripartito in zne dotate di autonomia amministrativa. 10 attraverso l’assunzione del ruolo di Sindaco metropolitano da parte del primo cittadino del Comune capoluogo e l’elezione indiretta – da parte dei Consigli comunali delle amministrazioni della Città metropolitana – dei componenti il Consiglio metropolitano. Nell’ipotesi di elezione indiretta (di secondo grado) del Consiglio metropolitano, l’elezione dovrà essere effettuata sulla base di liste concorrenti con possibilità di voto di preferenza. La distribuzione dei seggi avverrà con metodo d’Hondt. L’elemento maggiormente innovativo nella disciplina di elezione di secondo grado del Consiglio metropolitano è rappresentato dalla divisione del territorio metropolitano in fasce omogenee per popolazione residente e dalla previsione del voto ponderato costruito in modo tale che nessuna fascia possa rappresentare più del 35% della popolazione complessiva, ovvero che un solo Comune possa essere oltre il 45% della popolazione stessa. Tutti meccanismi che, pur avendo una loro legittima giustificazione come garanzie per un processo decisionale equilibrato, non sono esenti dal rischio di assicurare rendite di posizione e poteri di veto ai soggetti protagonisti delle deliberazioni. Il secondo percorso, viceversa, prevede l’elezione diretta (a suffragio universale) del Sindaco e del Consiglio metropolitano, ma solo previa entrata in vigore di una apposita legge elettorale e comunque non prima di tre anni dalla costituzione della Città metropolitana e subordinatamente ad una riarticolazione del territorio metropolitano in più entità amministrativamente autonome10, così da compensare il maggiore potere che al Primo cittadino metropolitano deriva dall’espressione di un consenso diretto da parte degli elettori. Al momento il meccanismo prevalente sembra comunque essere il primo, a dimostrazione del fatto che fra i soggetti costituenti le Città metropolitane è più forte l’orientamento a evitare che il Sindaco metropolitano possa aggiungere ai poteri conferiti dalla legge e dallo Statuto quelli di una legittimazione democratica popolare. Occorre tuttavia osservare che per rendere efficace la governance - e verrebbe da aggiungere anche il government - della Città metropolitana, soprattutto nel caso di una grande realtà urbana qual è quella di Milano, sarebbe forse necessario attribuire al Sindaco metropolitano prerogative maggiori da quelle attualmente previste sul piano normativo dalla Legge n. 56/2014. Un rapido confronto, a titolo puramente esemplificativo, con i poteri previsti per il Sindaco di Roma dalla legge su Roma Capitale può aiutarci a spiegare ciò che intendiamo dire. In base a tale legge, infatti, il Sindaco di Roma partecipa alle riunioni del Consiglio dei ministri all’ordine del giorno delle quali siano previsti argomenti che riguardano le funzioni della Città capitolina, così come può richiedere che le proprie proposte di deliberazione vengano sottoposte 10 In questo secondo caso, infatti, la legge elettorale deve essere deliberata con legge dello Stato, sotto la condizione che il Comune capoluogo venga suddiviso in più Comuni oppure, nel caso si tratti di una città con più di 3 milioni di abitanti (Roma, Milano e Napoli), venga articolato in zone omogenee dotate di autonomia amministrativa. 11 all’esame e al voto dell’assemblea consiliare con procedura di urgenza, al di là degli stessi strumenti normativi ordinari previsti dal Testo unico di legge per gli enti locali (art. 39). Inoltre, una maggiore efficacia decisionale della Città metropolitana potrebbe discendere dal riconoscimento di una maggiore capacità fiscale, per esempio attraverso la compartecipazione al gettito IVA, così come previsto sempre dalla legge su Roma Capitale (e secondo i principi della legge delega sul cosiddetto federalismo fiscale). Così come da una maggiore incentivazione della cooperazione sovra-comunale nella gestione associata di servizi quali le politiche socio-assistenziali, le iniziative culturali e i servizi eco-ambientali. 2.5 Le policy metropolitane: una nuova governance per i servizi e per le relazioni con il mondo economico e produttivo dell’area metropolitana milanese Nell’orizzonte della Città metropolitana, e con riferimento in particolare alla realtà di Milano, la costituzione di questa nuova istituzione può a ragion veduta rappresentare una straordinaria finestra di opportunità per la riorganizzazione dei servizi sociali e di pubblica utilità, oltre che per le politiche di governo del territorio e quelle relative alla mobilità, per le politiche agricole e ambientali, così come per le politiche del commercio e del turismo, e ancora per quelle relative alla casa e alla cultura. Entro un quadro complessivo coerente, in grado di incentivare le relazioni con il mondo economico e produttivo, e di proiettare l’area metropolitana milanese in una dimensione strategica e competitiva a medio-lungo termine. In particolare, per quel che riguarda i servizi socio-assistenziali, la Città metropolitana rappresenta un’occasione adeguata per una revisione della Legge n. 328/2000, finalizzata ad una maggiore razionalizzazione del sistema, attraverso la ridefinizione degli ambiti distrettuali, l’identificazione di meccanismi più efficaci per la pianificazione strategica delle attività e un migliore coordinamento sovracomunale delle politiche di intervento, in ambiti importanti quali consultori, SERT, servizi domiciliari alla persona, e servizi di salute mentale. Ciò che potrebbe giovare anche alla rete dei servizi sanitari, aprendo la strada a una possibile riforma organizzativa delle Asl. Per quel che concerne le politiche di governo del territorio, la nascita della Città metropolitana potrebbe favorire la costruzione di un Piano territoriale metropolitano che, attraverso incentivi alla pianificazione sovra-comunale, favorisca una maggiore collaborazione fra le amministrazioni comunali dell’area metropolitana, superando le previsioni spesso incoerenti e confliggenti dei Pgt delle amministrazioni stesse, che di frequente disciplinano con esiti contraddittori ambiti di trasformazione urbana con le medesime caratteristiche sebbene insistenti su territori comunali diversi. Al tempo stesso, una pianificazione urbanistica su base metropolitana dovrebbe permettere una riorganizzazione dei poli commerciali su base sovra-comunale, in direzione di una più equilibrata e funzionale geografia degli insediamenti commerciali, specie per quel che concerne la grande distribuzione. Importanti risultati possono attendersi anche, se non soprattutto, nel campo della mobilità, dove la costituzione della Città metropolitana dovrebbe favorire una gestione integrata del sistema viario e del 12 trasporto pubblico, rendendo finalmente possibile il superamento delle attuali tariffe, nella prospettiva dell’introduzione della tariffa unica metropolitana del trasporto urbano ed extra-urbano. Ciò che peraltro potrebbe semplificare il funzionamento e la gestione dell’intero sistema del trasporto, pubblico e privato, lasciando in capo alla regione le grandi infrastrutture quali gli aeroporti (Linate e Malpensa), la Brebemi, la Pedemontana e attribuendo alla città metropolitana, entro un unico sistema integrato, il resto del trasporto che insiste su Milano e il suo hinterland allargato. Ancora, rispetto alle politiche per la casa, la nascita della Città metropolitana potrebbe permettere la costituzione di un’unica agenzia metropolitana per l’edilizia residenziale pubblica, in grado di introdurre la gestione unitaria del patrimonio immobiliare, attualmente scomposto fra le gestioni di Aler, Comune di Milano e altre amministrazioni comunali della provincia, così da sistematizzare e incrementare l’offerta degli alloggi. Sotto il profilo del commercio e del turismo, in modo integrato con le politiche commerciali e di governo del territorio, la costituzione della Città metropolitana dovrebbe permettere l’attivazione di politiche di promozione turistica su più ampia scala, che vada in direzione di un superamento dell’attuale divisione di competenze fra Stato e Regioni, attribuendo alla dimensione metropolitana stessa il compito di gestire in maniera integrata l’offerta culturale, e gli aspetti che la rendono attrattiva dal punto di vista turistico, a partire dai poli museali e dalla rete delle biblioteche civiche, anche attraverso la partecipazione di soggetti privati, la cui capacità di intervento potrebbe essere opportunamente calibrata proprio su scala metropolitana, evitando così la propensione di tali soggetti ad investire soltanto a fronte di grandi eventi e di location attrattive dislocate nei grandi centri urbani (cioè a dire, nel capoluogo di provincia). Infine, per quel che concerne le politiche agricole e ambientali, la nascita della Città metropolitana dovrebbe permettere di acquisire una visione integrata del sistema dei parchi e delle aree verdi, con il conseguente potenziamento della rete dei parchi agricoli metropolitani attraverso la realizzazione di progetti di agricoltura periurbana, con la promozione di produzioni agricole a filiera corta nelle prime cinture dell’hinterland milanese. E dovrebbe inoltre contribuire a semplificare la gestione del sistema idrico, semplificando il quadro dei consorzi attivi nell’ambito delle acque potabili e riorganizzando la rete dei canali urbani. Questi sono soltanto alcuni degli effetti positivi attesi sull’insieme delle politiche pubbliche a livello sovracomunale, grazie alla costituzione dell’area metropolitana. Nella prospettiva di una nuova governance pubblica, in grado di integrare su ampia scala una serie di servizi, così da assicurare al sistema economico e produttivo milanese una cornice infrastrutturale capace di renderlo nel complesso più attrattivo e competitivo, a livello nazionale e globale. 13 3. Il disegno della ricerca 3.1 Obiettivi e inquadramento teorico La ricerca si pone l’obiettivo di fornire un supporto di riflessione teorica e di expertise tecnica a tutti gli studiosi e operatori (pubblici e privati) riconducibili alla dimensione della Città metropolitana milanese Tenendo conto altresì del momento di trasformazione ed evoluzione degli assetti istituzionali, delle procedure amministrative e dei diversi, spesso confliggenti, comportamenti degli attori coinvolti, la ricerca mira ad analizzare l’opinione pubblica milanese qualificata, occupandosi in primo luogo di sondare il clima di opinione diffuso presso i Sindaci dell’area metropolitana milanese rispetto alla prossima costituzione della Città metropolitana. L’intenzione principale della ricerca è quindi definire un quadro di condizioni che sia utile a comprendere le reali opportunità di implementazione della Città metropolitana, a partire dagli amministratori locali che più dovranno in prospettiva operare per la sua realizzazione. L’obiettivo della ricerca, in tal senso, consiste anzitutto nel comprendere le ragioni per cui le diverse amministrazioni comunali dell’area metropolitana milanese, per parte dei propri Sindaci, abbiano orientamenti diversificati rispetto alla realizzazione della Città metropolitana di Milano. Utilizzando gli strumenti e le metodologie tipiche dell’analisi delle politiche pubbliche, si realizzerà una ricognizione sulle prospettive di questa nuova articolazione, nel solco che classicamente contraddistingue il filone delle ricerche-intervento. Una volta compresi tali orientamenti, sarà possibile delineare le condizioni alla luce delle quali renderli omogenei, ovvero maggiormente favorevoli ad intendere lo scenario della Città metropolitana di Milano come l’orizzonte strategico privilegiato per un’azione amministrativa e di governo di lungo periodo. L’intenzione principale della ricerca è quindi definire un quadro di condizioni che sia utile a comprendere le reali opportunità di implementazione della Città metropolitana a partire dagli amministratori locali. Poiché l’implementazione di un’architettura istituzionale complessa come la Città metropolitana non può che dipendere da diversi fattori, sono stati presi in considerazione i tre specifici aspetti del processo politico: a) fattori di polity: la Città metropolitana è una forma di organizzazione della comunità politica locale; in tal senso, il suo consolidamento non può che dipendere anche da una identità storica che ha contraddistinto nel corso del tempo il costituirsi e il sedimentarsi di una realtà urbana corrispondente a quella che una volta si chiamava la “Grande Milano”; b) fattori di politics: la Città metropolitana dovrà esprimersi attraverso un concreto modello di governance, di cui dovranno essere partecipi i diversi ambiti istituzionali in essa ricompresi; 14 c) fattori di policy: la Città metropolitana dovrà essere protagonista di una nuova rete di politiche pubbliche territoriali, dalla politica dei trasporti al governo del territorio, all’erogazione di servizi di pubblica utilità fondamentali (acqua, gas, energia elettrica etc.); la capacità di essere un soggetto erogatore di policy potrà rendere questo strumento istituzionale particolarmente importante. La rircerca intende, quindi, definire un quadro di riferimento per comprendere come le diverse facce del fenomeno oggetto di ricerca siano percepite, elaborate, agite dai soggetti istituzionali protagonisti della sua attuazione. Sarà possibile chiarificare in che misura diversi modelli di government e governance rispondano meglio alle aspettative dei Sindaci. E sarà possibile anche mettere a fuoco il grado di comprensione e di padronanza che i Sindaci stessi possono avere della questione metropolitana e della sua discussione in chiave tecnica, giuridica e amministrativa. 3.2 Metodologia e campionamento La ricerca è stata svolta attraverso una serie di interviste (circa quindici) a Sindaci dell’area metropolitana milanese e ad un delegato del Sindaco del comune di Milano. La selezione dei Sindaci è stata effettuata tramite un campionamento stratificato. L’intera popolazione dei Sindaci della costituenda Città metropolitana di Milano è stata infatti sottoposta a ripetute estrazioni a sorte al fine di parametrizzare le diverse variabili che potrebbero influire sull’opinione dei Sindaci: colore politico della giunta (centrosinistra, centro-destra, lista civica), popolosità del comune (meno di 5000 abitanti, da 5000 a 15000 abitanti, più di 15000 abitanti) e collocazione geografica del comune (prima, seconda, terza cerchia). Sono state infine prese in considerazione anche le caratteristiche riguardanti l’articolazione interna all’ente sulla base di alcune dimensioni rilevanti quali: numero di addetti nella pubblica amministrazione, numero di aziende partecipate e principale settore produttivo. Ai quarantaquattro Sindaci selezionati sono state inviate richieste scritte tramite posta elettronica e a circa quindici di questi sono state in seguito effettuate delle interviste in profondità su questionario parzialmente strutturato (v. allegato). 4. Attori e policy network Dall’analisi delle interviste è emerso che gli amministratori locali considerano il coinvolgimento di una pluralità molto estesa di attori coinvolti nel processo di costruzione della Città metropolitana milanese. Dall’analisi della letteratura esistente e da una ricognizione in ordine al dibattito in corso e ai primi passi del processo decisionale, gli attori coinvolti, istituzionali e non, sono: 15 Unione europea A partire dagli anni Novanta l’Unione europea ha svolto un ruolo determinante nel proporre e stimolare cambiamenti inerenti la governance urbana con l’obiettivo di sviluppare strutture urbane decentrate e reti di città secondo un modello policentrico che presuppone la promozione di un sistema equilibrato di regioni metropolitane e gruppi di città. A questi obiettivi va aggiunto quello di favorire una più efficace governance urbana e la possibilità per gli attori locali di partecipare in modo propositivo e attivo alle decisioni che li riguardano. L’Unione europea cerca quindi di porre le basi e il perimetro d’azione necessari per la formulazione di modelli di governance a livello locale, sia attraverso documenti d’intenti sia attraverso la realizzazione di concrete policies a livello urbano realizzate attraverso iniziative e programmi specifici. L’operato delle istituzioni comunitarie in favore delle politiche nelle grandi aree urbane, si concretizza, quindi, sia attraverso il dialogo con le Amministrazioni locali per mezzo del Comitato delle Regioni (istituito nel 1994 e dotato di maggiori prerogative in seguito al Trattato di Lisbona), sia attraverso lo stanziamento di fondi strutturali, iniziative e programmi specifici e politiche pilota in ambito urbano. Governo nazionale L’attore istituzionale che più di altri ha avuto un ruolo di protagonista all’interno del processo decisionale è stato il Governo nazionale. Il Governo nazionale, nonostante i precedenti periodi di incertezza, ha spinto verso la definitiva attuazione di questo nuovo livello istituzionale. La necessità di una definizione più efficiente ed efficace del sistema delle autonomie locali italiane è stata, infatti, oggetto di discussione e al centro dell’agenda istituzionale per tutto il periodo analizzato. Regione Lombardia Nonostante la legge 142/1990 affidi a Regione Lombardia un ruolo diretto e di pieno protagonismo decisionale, essa non ha quasi per nulla preso parte al processo decisionale mantenendo un ruolo passivo. La sua posizione si è palesata solamente in occasione del suo parere contrario alle politiche governative relative al nuovo assetto territoriale delle circoscrizioni provinciali interne alla regione, in seguito alle quali ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale. Provincia di Milano La provincia di Milano, sin dal principio, ha svolto un ruolo attivo e propositivo. Inizialmente, essa ha fornito una propria proposta di governo metropolitano milanese: la Grande Milano. In seguito ai tentennamenti del Governo nazionale, la Provincia ha predisposto soluzioni istituzionali alternative per il governo di area vasta (Pianificazione territoriale, Pianificazione strategica e forme di Coordinamento 16 interistituzionale) attraverso la partecipazione ampia e collaborativa di diversi attori (enti pubblici, organizzazioni, camere di commercio, imprese private ed esperti). Comune di Milano Attore istituzionale determinante all’interno del policy making è il Comune di Milano. Esso è l’attore istituzionale che ha dovuto affrontare il problema della governance dell’area metropolitana sotto due diversi punti di vista: da un lato attraverso la ridefinizione territoriale e funzionale dei consigli circoscrizionali in cui è ripartito, dall’altro relazionandosi con altri attori istituzionali per la concretizzazione del progetto istitutivo della Città metropolitana. Tuttavia, la posizione delle diverse giunte che si sono susseguite a Palazzo Marino non è sempre stata univoca e uniforme. Comuni dell’area milanese Contrastanti rimangono i pareri dei Comuni minori della Provincia di Milano. La delimitazione dell’area metropolitana e di quelle provinciali viene fortemente influenzata in senso negativo dai numerosi intrecci e combinazioni di istanze locali e identitarie presenti a livello territoriale. Associazioni di Enti locali L’Associazione Nazionale Comuni Italiani (Anci) e l’Unione delle Province d’Italia (Upi) si inseriscono nel dibattito successivo alle riforme istituzionali degli anni Novanta e dei primi anni Duemila, in merito all’individuazione delle aree metropolitane. Tuttavia, i risultati sono contrastanti: mentre l’Upi presenta un progetto di legge rivolto a ridurre il numero di governi metropolitani con l’obiettivo di tutelare l’ente provinciale ed ampliarne le competenze, l’Anci presenta a sua volta una proposta di legge che prevede la costituzione immediata delle Città metropolitane. Altri Attori non istituzionali pubblici e privati sono intervenuti nel processo decisionale con l’obiettivo di delineare soluzioni organizzative alternative a quelle legislative, per rispondere ad esigenze di adeguamento degli organi di governo locali alle necessità territoriali di area vasta e per poter intervenire in un’arena decisionale che si delinea come sempre più complessa, sia per la natura dei progetti presentati sia per l’articolazione stessa del network decisionale. In primo luogo, i partiti politici hanno avuto un ruolo decisivo all’interno del policy making, ma il loro apporto si è rivelato poco costruttivo e finalizzato solamente ad interessi elettorali. Al processo, nel corso degli anni, hanno preso parte anche attori non istituzionali titolari di interessi finanziari, economici ed industriali come la Camera di Commercio di Milano, istituti finanziari (Finlombarda e la Banca di credito cooperativo di Sesto San Giovanni) e alcuni grandi gruppi imprenditoriali (Falk, Brollo – Marcegaglia, Edil – Marelli, Alfa Romeo), favorevoli alla ridefinizione istituzionale dell’area vasta 17 milanese, necessaria allo sviluppo produttivo ed economico dell’area stessa. Altri attori non istituzionali che hanno preso parte e hanno dato un ampio contributo da un punto di vista intellettuale e scientifico a tale tematica, costituendo soggetti di supporto essenziali alle proposte istituzionali sono stati il Politecnico di Milano, il PIM e l’ISAP. Infine, il contesto milanese ha visto la presenza di nuovi soggetti rappresentanti della società civile, come associazioni, organizzazioni e comitati. Negli ultimi anni, quindi, il panorama del governo milanese, ha visto la presenza di nuovi soggetti, come associazioni, organizzazioni e comitati che cercano di intervenire e dare il proprio contributo alla definizione e alla soluzione del problema. 5. I risultati della ricerca 5.1 La Città metropolitana di Milano: immagini di polity Se la peculiarità distintiva del fenomeno metropolitano sta nel suo carattere sistemico e funzionale, fissare spazialmente un sistema metropolitano, definirne cioè i confini fisici, risponde ad esigenze prettamente amministrative. La definizione dei confini della Città metropolitana milanese è tra i maggiori ostacoli incontrati nel processo di istituzione del nuovo Ente. La Città metropolitana milanese, infatti, presenta una duplice peculiarità: in primo luogo essa costituisce la più ampia conurbazione italiana in termini di estensione territoriale, numero di Comuni interessati, popolazione e quantità di risorse economico-sociali in esse concentrate; in secondo luogo, essa si contraddistingue per uno spiccato policentrismo che combina un forte polo centrale, Milano, con una serie di poli esterni, Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Varese, Pavia nonché la sub-conurbazione di Legnano-Gallarate. In tema di confini, gli intervistati hanno offerto prospettive che possono essere raggruppate principalmente in tre categorie: 1) Omogeneità. La Città metropolitana dovrà raggruppare aree territoriali aventi caratteristiche sociodemografiche e socio-economiche omogenee rispetto al territorio circostante. 2) Interdipendenza. La Città metropolitana dovrà raggruppare aree territoriali aventi, al proprio interno, scambi di persone, beni (materiali e immateriali), informazione e conoscenza. Fenomeni quali la pendolarità, le aree di mercato, le comunicazioni telefoniche ed altro costituiscono indicatori per delimitare aree caratterizzate da elevate interdipendenze di tipo funzionale. 18 3) Morfologia. La Città metropolitana dovrà raggruppare aree territoriali aventi determinati attributi di conformazione territoriale, quali la continuità spaziale o l’appartenenza a medesimi sistemi di configurazione orografica o geografica in senso lato. Nello specifico, alcuni intervistati hanno sottolineato che l’istituzione di enti di area vasta, capaci di presiedere ai gravosi problemi di sviluppo imposti dalla complessità dei sistemi locali, appare come una priorità a cui non è più possibile derogare. Le metropoli, infatti, sono un crogiolo di opportunità, legate alla cultura e al business (Glaeser 2011), e di problemi, legati alla povertà, agli squilibri sociali, alla congestione, alla sicurezza, al traffico, all’inquinamento atmosferico, al degrado. L’istituzione di un governo di scala metropolitana appare essere la soluzione più adatta a risolvere questi problemi e a sfruttare le opportunità offerte dalle metropoli. Dal punto di vista del Comune di Milano, l’Assessore all’Area metropolitana, Municipalità, Casa, Demanio del Comune di Milano, Daniela Benelli, definisce essenziale per definire gli assetti futuri della Città di Milano la riflessione sulla costituzione di un efficace decentramento delle funzioni amministrative del Comune di Milano verso le sue zone con l’obiettivo di costituire delle vere e proprie Municipalità. Milano, infatti, dopo aver conosciuto una stagione propositiva e fortemente partecipata che ha dato vita alle Circoscrizioni, ha abbandonato per decenni la riflessione e l’azione intorno al tema del decentramento. Oggi, secondo Benelli, pare che questa riflessione sia ripartita con la volontà dell’amministrazione comunale di dare vita al processo costitutivo della Città metropolitana di Milano integrandolo con la trasformazione delle attuali zone in Municipalità. L’Assessore, durante la presentazione del progetto “Milano verso le Nuove Municipalità: un Atlante”11 in collaborazione con il Politecnico di Milano, spiega che“Ridisegnare i confini delle nuove municipalità non è questione di banale perimetrazione ma una questione strategica se pensata nell’ottica di individuare gli ambiti ottimali per l’offerta, la gestione efficiente e la fruizione di quei servizi di prossimità ai cittadini che dovrebbero caratterizzare l’azione dei nuovi Municipi”. Secondo Benelli, il pieno coinvolgimento dei cittadini, delle comunità locali e dell’insieme delle forze sociali ed economiche sarà fondamentale nella scelta del percorso migliore per delineare una nuova configurazione, che non rompa quartieri con caratteristiche omogenee, costruendo una visione policentrica che valorizzi le specificità dei vari contesti urbani. Il processo di costituzione delle nuove Municipalità sarà infatti un percorso articolato 11 Giovedì 17 ottobre 2013 ore 15 presso l’Urban Center Galleria Vittorio Emanuele II, Milano, è stato presentato l’Atlante elaborato in collaborazione con il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani, Politecnico di Milano, dal titolo “Verso le nuove Municipalità: un Atlante” a cui l’Assessore all’Area metropolitana, Municipalità, Casa e Demanio, Daniela Benelli, ha partecipato. 19 che toccherà principalmente tre aspetti: l’attribuzione di nuove funzioni, l’individuazione delle modalità di funzionamento degli organi politici e delle strutture amministrative del decentramento e la ridefinizione dei confini delle nuove articolazioni territoriali. Un secondo elemento richiamato durante le interviste riguarda la questione delle identità locali, che viene declinato però in maniera diversa a seconda che si tratti della ridefinizione territoriale e amministrativa del Comune capoluogo o delle identità dei Comuni della provincia. Per quanto riguarda il comune di Milano, come abbiamo inteso dalle parole dell’Assessore all’area Metropolitana, il focus dell’attenzione è posto sul tema del decentramento e sul superamento dei Consigli di Zona (Pasini 2005). È fondamentale capire se la scomposizione della città in segmenti storici e identitari omogenei debba precedere la costruzione della Città metropolitana. Fino ad oggi, le aspettative legate all’attuazione del decentramento sono state largamente disattese, ma l’attuazione della Città metropolitana potrebbe offrire tre possibili soluzioni all’annosa questione: a) eliminazione tout court delle Zone e rafforzamento dei poteri dei Consiglieri comunali tramite modalità di elezione che ne inspessiscano il legame con il territorio; b) ripartizione del territorio del Comune di Milano in zone dotate di autonomia amministrativa, prestando però attenzione affinché l’autonomia di tali nuove zone non crei conflitti e sovrapposizioni di competenze con il Comune col rischio di tornare ad una situazione di finta autonomia; c) articolazione del territorio del Comune di Milano in più comuni, così che le vecchie Zone diverrebbero vere e proprie amministrazioni locali, dotate di Sindaci e Giunte, con autonomia completa ma obbligo di sottostare a linee di indirizzo strategico generale definite e controllate da parte del Sindaco metropolitano. Questa soluzione potrebbe contribuire alla necessaria riduzione della distanza tra cittadini e rappresentanti eletti e alla più precisa definizione delle responsabilità amministrativa dei singoli eletti in termini di accountability e di responsiveness, togliendo l’alibi dei livelli multipli e delle sovrapposizioni di competenze. In tutti e tre i casi, un siffatto processo di ricostruzione del territorio metropolitano, oltre a richiedere una solida conoscenza del territorio, non può prescindere da un coinvolgimento - dal basso - delle realtà amministrative presenti. 5.2 La Città metropolitana di Milano: immagini di politics Le grandi metropoli, coinvolgendo territori di diversi Comuni, soffrono spesso di un forte grado di conflittualità tra i Comuni del centro e quelli della periferia e tra i Comuni residenziali e quelli terziari o industriali. 20 Dalle interviste è emerso come sia opinione diffusa che la costruzione della nuova istituzione andrà perseguita attraverso processi progressivi di coinvolgimento e di partecipazione delle realtà locali (i Comuni in primis), rifuggendo modelli rigidi e dirigistici. Alcuni intervistati si sono spinti fino a sostenere la necessità di mettere in atto processi di democrazia deliberativa, che introducano incentivi al cambiamento e permettano di sperimentarne scelte maggiormente condivise e, dunque, più accettabili. Il processo istitutivo, infatti, non potrà fare a meno di cooperazione e coordinamento ovvero di disponibilità ad un’azione comune per affrontare e risolvere i problemi dell’area metropolitana. Tuttavia, in modo un po’ sorprendentemente, la recente approvazione della legge “Del Rio” sulla costituzione delle Città metropolitane non ha suscitato il necessario dibattito pubblico che ci si attendeva. Nonostante siano passati 24 anni dalla legge 142 del 1990 che per prima introduceva una risposta alla necessità di affrontare le nuove sfide della governance delle moderne realtà metropolitane, nel Paese non si è fatto sentire il bisogno, come invece avvenuto altrove, di intraprendere una discussione approfondita sulla formazione delle Città metropolitane. Numerosi intervistati non hanno però mancato di sottolineare come la costruzione del nuovo Ente di area vasta sia un’operazione “corale” in cui si vince o si perde tutti insieme. Ed il primo banco di prova di tale sfida è certamente rappresentato dalla redazione dello Statuto. Da questo punto di vista, soprattutto i Sindaci del centrosinistra hanno richiamato l’esigenza di unitarietà, che poi in effetti è sbocciata nella proposta di presentare un’unica lista unitaria di coalizione (allargata al movimento civico) per l’elezione dei Consiglieri metropolitani. Più in generale, gli amministratori hanno sottolineato l’importanza dell’elezione dei membri dei nuovi organi di governo della nascente Città metropolitana, a volte mettendo addirittura in luce la necessità di lasciare fuori la politica partitica e la connessa spartizione di cariche e prebende, a patto però che il Consiglio metropolitano sia davvero espressione coerente dei territori. Durante le interviste è stato inoltre messo in luce come, nell’istituire la Città metropolitana, il legislatore non abbia tracciato una via verso obiettivi e prospettive condivisi, e questo ha consolidato il timore che la riforma insegua un’idea di dirigismo forte, di management politico, come risposta salvifica: da un lato, infatti, si prospetta un accentramento di poteri locali che non ha eguali nella storia del dopoguerra, dall’altro, un insieme di incertezze, lacune e contraddizioni della legge istitutiva lasciano presagire un’elevata conflittualità tra il nuovo ente ed i poteri a lui più prossimi, e cioè la Regione da un lato e i Comuni dall’altro. Comune agli intervistati è, tuttavia, la convinzione che sulla Città metropolitana siano in gioco tanto la credibilità dello Stato quanto della politica, e per questo è diffusa l’opinione che la costruzione della Città metropolitana e delle sue istituzioni sia una delle questioni fondamentali sulle quali verterà il dibattito e la lotta politica dei prossimi anni. 21 In ogni caso, dalle interviste non emerge un orientamento “dirigistico e dall’alto” del partito o della coalizione di appartenenza del Sindaco intervistato, sia nel centrodestra sia nel centrosinistra; spesso tale orientamento ‘neutrale’ da parte dei Sindaci (soprattutto nei comuni piccoli) nei confronti del mutamento istituzionale in atto riflette una consapevolezza non piena delle sue conseguenze pratiche anche in termini di politics. In buona sostanza, sembrerebbe che il tema per i sindaci non sia in agenda o, perlomeno, non costituisca una vera priorità12. Diverso invece l’atteggiamento da parte del Comune di Milano, molto più attento alle dinamiche interne ai partiti e al confronto tra Milano e Comuni (piccoli, medi e grandi) della provincia. Milano è consapevole che qualsiasi posizione prenda nei confronti della futura architettura della Città metropolitana creerà reazioni (positive e, spesso, negative) nei confronti dei comuni limitrofi. Il fatto di non alimentare il dibattito sui media in ordine alla configurazione formale della Città metropolitana milanese può essere visto come un atteggiamento prudente da parte dei diversi attori politici, al fine di non rendere il processo decisionale estremamente conflittuale, con conseguenze anche in termini di polity e di policy. 5.3 La Città metropolitana di Milano: immagini di policy Gli amministratori intervistati hanno generalmente dimostrato di interpretare il ruolo della Città metropolitana milanese in tema di politiche pubbliche soprattutto dal punto di vista delle economie di scala. In questo, gli amministratori hanno riconosciuto che decisioni decentrate possono associarsi a costi di produzione del servizio più elevati. Il ristabilimento dell’efficienza richiede valutazioni e azioni che non possono essere effettuate dalle singole comunità. Si rende quindi necessaria un’azione di coordinamento. Un livello superiore di governo ha la capacità di avviare procedure di negoziazione tra i diversi enti locali confinanti o di incentivare, per via finanziaria, le singole amministrazioni ad assumere decisioni che tengano conto di tutti gli effetti economici della propria azione, usufruendo in questo modo di economie di scala e riducendo gli effetti delle esternalità negative. Secondo molti intervistati, attraverso l’attribuzione di maggiori poteri di programmazione alla Città metropolitana, si potrebbe impostare un modello di programmazione e gestione che dia la possibilità di prevedere forme di perequazione territoriale e fiscale tra i Comuni facenti parte della Città metropolitana 12 È pur vero che la maggior parte delle interviste sono state effettuate tra l’inverno e la primavera 2014, dove l’assetto istituzionale della Città metropolitana, sia pur importante, a detta dei sindaci non era definito e le possibile ricadute sui confini municipali e provinciali (polity) e sulle politiche pubbliche (policy) ancora in divenire e con molte incertezze. 22 stessa. In relazione alla Città metropolitana, questo tema assume una rilevanza non trascurabile. Strumenti di perequazione e compensazione territoriale sono stati sperimentati in alcune esperienze legate a specifici progetti, in particolare grandi infrastrutture. Negli strumenti di pianificazione territoriale sovracomunale non sono invece presenti sperimentazioni in tal senso. È stato rilevato che tali modalità dovrebbero trovare un’adeguata strumentazione, facilità di applicazione e incentivi, oltreché divenire cogenti nei casi di realizzazione di insediamenti e servizi di livello metropolitano. In questo modo, strumenti di perequazione e compensazione territoriale si definirebbero come strumenti di progetto, non solamente possibilità astratte, dando la possibilità di programmare concretamente lo sviluppo, attraverso adeguate forme di compensazione intercomunale. In caso di utilizzo di strumenti di perequazione fiscale oltreché territoriale, si potrebbe inoltre limitare la corsa dei Comuni agli oneri di urbanizzazione, fenomeno che ha spinto verso processi di crescita meramente quantitativa, conferendo così la possibilità di prevedere localizzazioni ottimali per gli insediamenti di livello sovra-comunale, indipendentemente dalle previsioni dei singoli Comuni. Alla luce di tali considerazioni, la Città metropolitana nasce per gestire e risolvere i problemi degli agglomerati urbani che insistono su aree per quanto possibile economicamente, socialmente e culturalmente omogenee. Le questioni che il nuovo Ente si troverà ad affrontare riguardano principalmente: Trasporti e mobilità La principale preoccupazione mostrata dagli intervistati in termini di politiche pubbliche riguarda il tema dei trasporti e della mobilità. La Città metropolitana deve configurarsi come un’opportunità per evitare che accada quanto avvenuto negli ultimi decenni ad esempio a Rho o ad Assago (due Comuni confinanti con Milano), dove interventi privati hanno dato vita a densi insediamenti urbani poco o per nulla serviti dal trasporto pubblico. La Città metropolitana dovrà quindi essere in grado di affrontare la questione dei nuovi insediamenti in modo coerente con il quadro delle reti di trasporto pubblico, ma dovrà, al contempo, persegue il miglioramento dei collegamenti tra i Comuni che ne fanno parte, riducendo i tempi di percorrenza, intensificando le corse e migliorando i servizi anche con adeguate politiche per favorire il trasporto intermodale. La questione del trasporto pubblico ha suscitato grande interesse ed un acceso dibattito. L’orientamento prevalente pare essere di tipo accentrativo, convogliando nelle mani della Città metropolitana la pianificazione dei trasporti tra i Comuni del territorio e il Comune capoluogo, evitando così una sovrapposizione di funzioni e prevedendo virtuose economie di scala. Urbanistica, territorio e ambiente 23 La legge 56/2014, al c. 44 dell’art. 1, individua, tra le funzioni fondamentali spettanti alla Città metropolitana, la “pianificazione territoriale generale, ivi comprese le strutture di comunicazione, le reti di servizi e delle infrastrutture appartenenti alla competenza della comunità metropolitana, anche fissando vincoli e obiettivi all’attività e all’esercizio delle funzioni dei comuni ricompresi nell’area”. Tale attribuzione si affianca alla “pianificazione territoriale di coordinamento”, nonché alla “tutela e valorizzazione dell’ambiente” (art. 1, c. 85). In tema di urbanistica, territorio e ambiente sono state sollevate principalmente quattro questioni: 1) La Città metropolitana, attraverso il Piano Territoriale Metropolitano dovrà svolgere principalmente tre funzioni: strategica/di indirizzo (sia per i Comuni sia per la molteplicità degli attori della scena metropolitana), di coordinamento (tra i diversi strumenti che insistono sul territorio, tra i diversi temi e soprattutto tra i differenti piani, al fine di razionalizzare e semplificare), programmaticaprescrittiva (nella regolazione di alcuni temi/ambiti di rilevanza metropolitana condividendo le scelte con i Comuni e con le comunità locali). Rispetto alle competenze assegnate alla Provincia, la legge conferisce alla Città metropolitana la possibilità di superare il ruolo preminente di coordinamento e di disciplinare la materia in maniera prescrittiva e cogente. A tal proposito, rispetto ai rapporti tra Città metropolitana e Comuni, gli intervistati hanno rivelato come tale funzione sia considerata particolarmente delicata e complessa, in quanto la pianificazione territoriale generale è attribuita alle competenze della Città metropolitana, mentre l’elaborazione dei piani regolatori è lasciata ai Comuni. 2) La Città metropolitana è chiamata ad affrontare il tema del consumo di suolo con una visione che superi la dimensione quantitativa e consideri nuovi elementi, quali le valutazioni di tipo qualitativo dei suoli o considerazioni connesse ai livelli di accessibilità, in particolare con il trasporto pubblico. 3) La Città metropolitana avrà tra le sue funzioni fondamentali la promozione e il coordinamento dei sistemi di informatizzazione e digitalizzazione in ambito territoriale finalizzati a fornire conoscenze e interpretazioni aggiornate dei fenomeni territoriali metropolitani. Alcuni intervistati hanno manifestato l’esigenza, a questo proposito, di creare agenzie pubbliche specializzate. 4) Il ruolo della Polizia locale in materia di tutela ambientale deve essere incoraggiato e sorretto da una visione unitaria e sistematica tra le istituzioni, per evitare sovrapposizioni di ruoli e sfruttare al meglio le economie di scala. Così come la Polizia locale, anche il ruolo dei professionisti e dei volontari della Protezione civile ha bisogno di un contesto normativo adeguato e coerente che ne definisca compiti, ruoli, diritti e doveri. 24 Infine, è stato da più parti sottolineato come, pur tra mille difficoltà, la Città metropolitana potrà rappresentare una grande opportunità se sarà in grado di dotarsi di strumenti di coinvolgimento “dal basso”, che ricomprendano nella pianificazione anche i diversi Comuni della Provincia, gli unici in grado di portare competenze e conoscenze delle rispettive realtà locali. Sviluppo economico Uno dei tanti compiti o, per meglio dire, obiettivi che la riforma degli Enti locali ha assegnato alla Città metropolitana riguarda un ruolo propulsivo nello sviluppo economico (sostenibile) dell’area su cui insiste. Un esempio sono le Camere di commercio: la Città metropolitana dovrebbe infatti partecipare alla gestione degli enti con i quali interagisce negli interventi sul mercato del lavoro, rispettando e valorizzando le specificità delle aree territoriali. A questo proposito, già dal 1996 la Provincia di Milano, per prima in Italia, ha costruito un percorso di formazione professionale legato alle realtà territoriali e produttive locali e finalizzato allo sviluppo locale. La Città metropolitana dovrebbe quindi proseguire lungo questa strada con il fine di potenziare, razionalizzare e financo unificare il sistema delle Agenzie di formazione, orientamento, lavoro (Afol), con il fine di garantire le esigenze territoriali, razionalizzando le spese e i costi. Spetta inoltre alla Città metropolitana impostare un modello di programmazione e gestione che dia la possibilità di prevedere forme di perequazione tra i Comuni, in particolare nei casi di realizzazione di insediamenti e servizi di livello metropolitano, prevedendo idonei strumenti di fiscalità intercomunale. Servizi di pubblica utilità È stato sollevato il tema della crisi economico e finanziaria come variabile indipendente. La crisi del sistema di finanziamento pubblico e il suo modello sugli enti locali non è più sostenibile. Da questo punto di vista, gli enti locali da un lato sperano nelle economie di scala al fine di risolvere difficoltà intrinseche al funzionamento dei servizi pubblici locali (con l’obiettivo di cercare di dare servizi ai cittadini mettendo in comune risorse), dall’altro sono consapevoli che la gestione associata non sempre produce un surplus e un’esternalità positiva. La spinta a “mettersi insieme” è forte sia da parte dei comuni piccoli e medi sia da parte del principale comune, Milano, ma la forte crisi degli investimenti pubblici potrebbe compromettere potenziali vantaggi condivisi, creando al contempo conseguenze negative, quali un effetto delusione o “guerra tra poveri”. In una situazione come quella odierna, con i vincoli dati dal patto di stabilità, il sistema di finanziamento degli enti locali è al collasso e ciò può anche comportare conseguenti ricadute sulla democrazia locale, pur nella consapevolezza che la gestione più o meno condivisa dei servizi pubblici locali è ormai una componente ineliminabile del governo locale metropolitano. 25 Servizi alla persona Uno dei temi sollevati dagli amministratori fa riferimento alla funzione svolta dall’Ente Provincia in merito all’assistenza educativa ai giovani con disabilità. Fino ad ora, infatti, era la Provincia a farsi carico dell’assistenza educativa ad personam per i ragazzi disabili e del trasporto degli alunni con disabilità negli istituti superiori. Ci si chiede, dunque, chi e con quali risorse proseguirà la gestione di tale servizio. Un’altra importante competenza della Provincia in ambito socio-assistenziale riguarda la formazione degli operatori sociali, educatori e volontari che operano sia nel settore pubblico sia nel privato. È importante che questo patrimonio formativo rimanga anche nella Città metropolitana, a servizio dei cittadini. Alla Città metropolitana compete inoltre l’analisi e la valutazione della domanda abitativa, insieme alla messa a punto di strumenti, sia di programmazione che attuativi, in grado di superare l’attuale frammentazione delle politiche d’intervento comunali. 6. Prime conclusioni: scenari possibili per una implementazione efficace Le aree metropolitane si caratterizzano sempre più per la loro estensione, la presenza di più centri, la difficoltà nel definirne i confini. Poiché le “istituzioni municipali tradizionali sembrano inadeguate a governare queste nuove entità” (Martinotti 1999), in tutte le aree metropolitane c’è una forte spinta per l’istituzione di governi di scala metropolitana, sia nelle dimensioni sia nei poteri. Sembra accresciuta, quindi, la consapevolezza della specificità del governo della metropoli e dell’opportunità di risolvere issues attraverso strumenti istituzionali che travalichino i tradizionali confini comunali. Il rapporto fra polity, politics e policy è fra gli aspetti di maggiore rilevanza in quanto ciascuna di queste tre facce della politica può incidere interagendo reciprocamente con ciascun’altra nell’orizzonte di implementazione della Città metropolitana milanese. Dall’analisi delle interviste effettuate è emerso come l’implementazione di un’architettura istituzionale complessa dipenda dal successo che la Città metropolitana avrà nel rispondere a tre ordini di esigenze, ben classificabili in base ai tre aspetti sopra citati: a) Esigenze di polity: dopo aver stimato il grado di priorità che i vertici politico-amministrativi dei diversi enti locali sondati hanno assegnato alla Città metropolitana milanese nel corso del dibattito pubblico e istituzionale degli ultimi anni (in tal senso, la presenza di un osservatorio, la costituzione di un assessorato o di una delega, la costruzione di un gruppo di lavoro o di un tavolo istituzionale sono tutti segnali evidenti di apertura e di disponibilità da parte delle singole amministrazioni comunali a giocare un ruolo attivo nella realizzazione della nuova articolazione), l’analisi delle interviste mostra con chiarezza che uno dei fattori chiave per il successo della Città metropolitana 26 milanese sarà la prospettiva identitaria. Uno degli elementi maggiormente richiamati, infatti, riguarda la preoccupazione per la possibile perdita di identità, valori e tradizioni locali che si accompagna alla costruzione della Città metropolitana milanese. b) Esigenze di politics: dal punto di vista della politica intesa come rapporti di potere, è emersa, tra i Sindaci dell’Interland, una posizione comune e piuttosto omogenea riassumibile nella preoccupazione che i propri cittadini ed i loro interessi non vengano adeguatamente rappresentati all’interno della Città metropolitana milanese a causa principalmente dell’enorme sproporzione demografica esistente tra la città di Milano ed i Comuni dell’Interland. Per affievolire il timore di un dominio del Comune di Milano sugli altri è, quindi, fondamentale che si instauri un rapporto positivo con i Sindaci dei Comuni dell’area metropolitana milanese e che fra questi e il Sindaco della città capoluogo vi sia una certa sintonia e intesa sul piano delle scelte politiche e strategiche di fondo. c) Esigenze di policy: minori timori e maggiori uniformità di vedute tra Comune di Milano e Sindaci dell’Interland riguarda invece la questione di alcune politiche. Pare scontato, infatti, che la Città metropolitana venga considerata come la dimensione ottimale delle politiche pubbliche e del governo locale. I Sindaci, infatti, percepiscono, anche in termini di elaborazione cognitiva, l’esistenza di problemi di governance comuni ai quali elaborano e sottopongono alla cittadinanza e all’opinione pubblica soluzioni che travalicano i tradizionali confini istituzionali del comune di riferimento. La Città metropolitana milanese dovrà quindi fornire prestazioni più efficaci ed efficienti ai cittadini in risposta alle loro legittime aspettative. In generale, dalle interviste ai Sindaci emerge un quadro abbastanza omogeneo, a prescindere dal colore politico delle loro giunte, nel ribadire la maggior efficienza e efficacia nella gestione dei servizi pubblici locali (in alcuni casi già condivisi attraverso agenzie funzionali e/o consorzi), laddove questi saranno garantiti attraverso politiche pubbliche (policy) di area vasta su scala metropolitana. Un diverso orientamento da parte dei Sindaci della provincia (soprattutto quelli con una popolazione inferiore ai 20.000 abitanti) contrapposto a Milano città, riguarda invece la questione della polity, soprattutto in relazione alla preoccupazione per la perdita di identità della comunità legata al comune di origine. Circa invece la questione della competizione politica in senso stretto (politics), i sindaci ribadiscono che questo può essere anche un “prezzo” che si può pagare in considerazione della maggior funzionalità che avrebbe la Città metropolitana, anche se questo atteggiamento “accomodante” e ottimistico dei sindaci riflette, in termini temporali, una loro posizione precedente all’evolversi attuale della nuova architettura istituzionale. 27 Bibliografia minima di riferimento Consonni G., G. Tonon, “La terra degli ossimori. Caratteri del territorio e del paesaggio della Lombardia Contemporanea”, in D. Bigazzi e M. Meriggi (a cura di), Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. La Lombardia, a cura di, Einaudi, Torino 2001, pp. 51-187. Fasano L., Pasini N., Il Pgt a Milano tra “politics” e “policy”, in “Amministrare”, Anno XLIII, Numero 3, Dicembre 2013, pp.389-405. Martinotti G. (a cura di), La dimensione metropolitana. Sviluppo e governo della nuova città, Il Mulino Bologna, 1999. Pasini N., “Decentramento urbano nel contesto delle riforme istituzionali: il caso di Milano”, in F. Gelli (a cura di), La democrazia locale tra rappresentanza e partecipazione, FrancoAngeli, Milano, 2005, pp.215254. Glaeser E., Il trionfo della città. Come la nostra più grande invenzione ci rende più ricchi e felici, Bompiani, Milano, 2013 (traduzione italiana di E.Glaeser, Triumph of the City. How our Greatest Invention makes us Richer, Smarter, Greener, Healthier and Happier, Penguin Press, New York, 2011). 28 Allegato Nota metodologica La traccia di intervista in profondità non si deve intendere come l’elenco delle domande da porre fisicamente agli intervistati. Si tratta piuttosto delle domande a cui il ricercatore deve rispondere in debriefing/presentazione, mentre in sede di intervista può sia utilizzare tecniche indirette e proiettive, sia seguire un flusso diverso nella stimolazione, ovvero nell’assecondare le dinamiche che si attivino spontaneamente nell'intervistato. Intervista su “ORIENTAMENTI E REAZIONI DEGLI ATTORI ISTITUZIONALI E POLITICI ALLA RAZIONALIZZAZIONE TERRITORIALE DELLA CMM” ISAP – Istituto per la Scienza dell’Amministrazione Pubblica - Milano a cura di Nicola Pasini, Luciano Fasano, Marta Regalia 1. GLI ULTIMI VENTI ANNI (CONTINUITÀ/DISCONTINUITÀ?) Com’è cambiata la città che lei amministra negli ultimi venti anni? Quali trasformazioni oggettive sono avvenute? Quali sono state le principali opere realizzate in questo periodo per lo sviluppo della città? Quali sono state, all’opposto, le principali occasioni perdute? Che percezione ha avuto, negli ultimi venti anni, della città di Milano e delle altre realtà della provincia: a) una realtà chiusa dentro ai suoi confini daziali? b) la Grande Milano proiettata verso l’esterno? c) l’area metropolitana integrata come già accade per le grandi metropoli europee? 2. LA DIMENSIONE DELLA CITTÀ Che confini darebbe alla città metropolitana? E alla città che lei amministra, in rapporto a Milano? 29 Quali sono oggi i soggetti o le istituzioni più rilevanti per la sua amministrazione, al di fuori dei confini municipali della città? Quali omogeneità e quali ambiti di separazione andrebbero cercati tra Milano e la sua area circostante? Ritiene il contesto istituzionale adeguato ai percorsi progettuali e decisionali necessari per lo sviluppo della città, oppure no? 3. PRIORITA’ E RISORSE Quali sono le 4-5 priorità cui deve tendere l’area metropolitana di Milano nel medio periodo? E con quali risorse è possibile finanziare tali eventuali progetti? Lei pensa alla realizzazione di grandi opere oppure a politiche “quotidiane” in grado di migiorare la qualità della vita dei cittadini? Ritiene, infine, che Expo2015 influenzi fortemente il rapporto tra priorità e risorse, cambiando anche la gestione delle principali politiche pubbliche (trasporti, infrastrutture, servidi di pubblica utilità ecc..)? 4. LA CLASSE DIRIGENTE E IL PROCESSO DECISIONALE Nei più importanti processi decisionali, quali sono stati i principali “nodi” critici che nel corso del tempo hanno ritardato o impedito la realizzazione dei progetti avviati? In quali ambiti la classe dirigente è più/meno preparata a raccogliere le sfide del futuro? Vi sono alcuni “attori” (istituzionali e non) che per le loro competenze e “virtù” meriterebbero di essere maggiormente integrate nella futura classe dirigente, oppure ritiene che l’attuale assetto cittadino di poteri formali e informali sia adeguato? Qual è il ruolo della “politica” (peso dei partiti politici) nella sua città? Il ceto politico è all’altezza delle sfide presenti e future nella costruzione della città metropolitana di Milano? 5. LA GOVERNANCE TERRITORIALE Rispetto alla sua esperienza di amministratore quale può essere la dimensione ottimale sul piano territoriale per la gestione dei servizi di pubblica utilità (acqua, trasporti, rifiuti, gas, energia elettrica, altri servizi) nel produrre beni pubblici? 30 Ritiene che vi sia una dimensione ottimale oppure che tale dimensione andrebbe declinata per ciascun servizio? Che effetti potrebbe avere, secondo lei, la costruzione della città metropolitana rispetto alle eventuali economie di scala nella gestione dei servizi? 6. LA VISIONE DEI CITTADINI Dal suo punto di vista, in che misura i cittadini sono consapevoli e/o interessati alla discussione pubblica sulla città metropolitana? Secondo lei, possono essere interessati al processo partecipativo o soltanto alla soluzione dei problemi concreti che concernono infrastrutture e servizi? Quale visione indentitaria ritiene che abbiano i suoi cittadini? 7. LA QUESTIONE POLITICA Qual è stata la posizione assunta dal suo partito, su scala nazionale e su scala provinciale, nella discussione pubblica sulla costruzione della città metropolitana? All’interno del suo partito prevale omogeneità o disomogeneità di visione fra amministratori e dirigenti politici? Le eventuali divergenze di valutazione sono originate da diverse concezioni della città metropolitana, da fratture territoriali, da differenze di ruolo politico-amministrativo? 31