I contratti di lavoro speciali

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I contratti di lavoro speciali
1. I contratti di lavoro speciali
Nel nostro ordinamento giuridico, soprattutto negli ultimi
anni, hanno assunto un utilizzo via via crescente contratti di
lavoro che, pur qualificandosi, nella maggior parte dei casi,
come rapporti di lavoro subordinato, si discostano dalla
tipologia ordinaria delineata dall’art. 2094 c.c. e sono soggetti
ad una disciplina espressamente predisposta dal legislatore.
Proprio per questo motivo sono qualificati rapporti di lavoro
speciali.
La riforma del lavoro, attuata con il D.Lgs. n. 276/2003, ormai nota come “Riforma
Biagi”, ha sicuramente contribuito ad accrescere il ruolo di queste tipologie contrattuali, ridefinendo quelle già
previste dal nostro ordinamento (es. apprendistato) e introducendone di nuove (es. lavoro intermittente), con
l’obiettivo di rafforzare la flessibilità e l’efficienza del mercato.
Ancora più recente è la L. n. 92/2012, intitolata “Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in
una prospettiva di crescita”, c.d. “Riforma Fornero” (modificata dal D.L. n. 83/2012, c.d. Decreto Sviluppo,
convertito con L. n. 134/2012).
Tale Riforma ha introdotto rilevanti modifiche al fine di realizzare un mercato del lavoro inclusivo e dinamico,
in grado di aumentare l’occupazione dei giovani e delle donne.
Sono stati presi in considerazione molti aspetti del mercato del lavoro, spaziando da una maggiore flessibilità
in uscita (licenziamenti individuali e collettivi) alla nuova disciplina degli ammortizzatori sociali.
In questa sede, tuttavia, si evidenziano le più importanti novità riguardanti le principali tipologie contrattuali, quali:
• l’abolizione del contratto di inserimento, introdotto dalla “Riforma Biagi” in sostituzione del contratto
di formazione lavoro;
• la previsione di linee guida in tema di tirocini formativi e orientamento;
• l’eliminazione dell’obbligo di indicare la causale specifica della stipulazione del contratto a tempo
determinato (c.d. a-causalità), modificandone la durata (il primo contratto non può eccedere i 12 mesi
e la durata massima non può superare i 3 anni) e la possibilità di proroga, con incremento dei costi
contributivi;
• la modifica di alcuni aspetti della disciplina delle più recenti forme contrattuali.
I mutamenti più significativi che interessano le singole fattispecie saranno di volta in volta analizzate nell’ambito
della loro trattazione specifica.
Esamineremo, infatti, alcune tra le principali figure contrattuali che sono ormai diventate le forme d’impiego
predominanti, soprattutto con riguardo alle nuove assunzioni, e che si caratterizzano per:
A. finalità formative (apprendistato);
B. particolari caratteristiche attinenti all’orario di lavoro, ai luoghi di svolgimento dell’attività lavorativa o
ai contraenti (lavoro a tempo parziale, lavoro ripartito, lavoro intermittente, lavoro a domicilio, lavoro
domestico, lavoro a progetto, somministrazione di lavoro).
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2. Il contratto di apprendistato
Il contratto di apprendistato è uno speciale rapporto di lavoro a contenuto
formativo che, dopo essere stato modificato dalla “Riforma Biagi”, è stato
ulteriormente riformato dal Testo Unico sull’Apprendistato (D.Lgs. n.
167/2011), entrato in vigore il 25 ottobre 2011.
A distanza di poco meno di un anno, il medesimo istituto è stato
ulteriormente disciplinato dalla L. n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”) che
ne ha ampliato la possibilità di utilizzo al fine di farlo diventare il canale di
ingresso principale per i giovani nel mondo del lavoro.
In particolare, sono state introdotte alcune, seppur circoscritte, modifiche,
soprattutto in tema di tutele e misure promozionali che interessano tutte le
diverse tipologie di apprendistato.
A garanzia della formazione e della continuità occupazionale, il nuovo
contratto di apprendistato prevede:
• forma scritta;
• durata minima di 6 mesi (salvo che per le attività stagionali) e
massima di 3 anni;
• 15 anni d’età per la sua stipulazione;
• possibilità di utilizzo in tutti i settori;
• divieto di inquadrare l’apprendista in una categoria lavorativa inferiore, per più di due livelli, alla
categoria spettante ai dipendenti adibiti alle medesime mansioni;
• limiti per l’assunzione, ossia 3 apprendisti ogni 2 lavoratori (e n. 1 apprendista ogni lavoratore nelle
aziende con meno di 10 dipendenti);
• conferma di un numero minimo di apprendisti per assumerne altri (del 30% fino al luglio 2005 e del
50% dal luglio 2005 in poi).
Il Testo Unico ha previsto tre tipologie di contratto di apprendistato:
• apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale (in tutti i settori di attività, anche per
l’assolvimento dell’obbligo d’istruzione, per i soggetti che abbiano compiuto 15 anni e fino al compimento
del venticinquesimo anno d’età);
• apprendistato professionalizzante o contratto di mestiere (in tutti i settori di attività pubblici o privati,
per il conseguimento di una qualifica professionale, per i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni);
• apprendistato di alta formazione e ricerca (in tutti i settori di attività pubblici o privati, per il conseguimento
di un titolo di studio di livello secondario - universitario
e di alta formazione, dottorato di ricerca – e per la
specializzazione tecnica superiore nonché per il
praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche,
per i soggetti di età compresa tra i 18 e i 29 anni).
Ai fini della qualificazione o riqualificazione professionale possono essere assunti con contratto di apprendistato i lavoratori in mobilità, espulsi da processi produttivi.
Durante il periodo di formazione le parti non possono
recedere dal rapporto se non per giusta causa o
giustificato motivo. Al termine di esso, entrambi i
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contraenti hanno facoltà di recesso con obbligo di preavviso, durante il quale vale la disciplina economica,
normativa e contributiva dell’apprendistato.
In difetto di recesso, il contratto prosegue automaticamente in un normale rapporto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato.
CONTRATTO DI APPRENDISTATO
TIPOLOGIE
DESTINATARI
OBIETTIVO da conseguire
Apprendistato per la qualifica e per
il diploma professionale
Giovani dai 15 ai 25 anni.
• Qualifica o diploma professionale;
• Assolvimento obbligo d’istruzione.
Apprendistato professionalizzante o
contratto di mestiere
Giovani dai 18 ai 29 anni.
• Qualifica professionale ai fini contrattuali.
Giovani dai 18 ai 29 anni.
• Titolo di studio di livello secondario;
• Specializzazione tecnica superiore;
• Praticantato per l’accesso alle professioni ordinistiche.
Apprendistato di alta formazione e
ricerca
3. I contratti con particolari caratteristiche
Il contratto di lavoro a tempo parziale (o part-time) prevede che l’attività
lavorativa sia svolta ad orario inferiore rispetto a quello normale previsto dalla
legge o dai contratti collettivi, con riguardo all’arco giornaliero, settimanale,
mensile o annuale.
Tale contratto è frutto di un accordo tra datore di lavoro e lavoratore e può
essere sia a tempo determinato sia a tempo indeterminato.
Questa figura contrattuale è stata completamente riformata all’inizio del
2000, per poi essere ulteriormente revisionata con il D.Lgs. n. 276/2003
(c.d. “Riforma Biagi”), a vantaggio di una maggiore flessibilità dell’istituto
nell’ottica di favorirne l’utilizzo da parte delle imprese.
La L. n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”) ha stabilito che il lavoratore può
recedere dalle clausole flessibili ed elastiche, contenute nel contratto di lavoro part
time o previste successivamente dalle parti, mediante un patto scritto, modificandole per i
motivi stabiliti dalla legge o dai contratti collettivi.
Sono previste tre diverse tipologie di lavoro a tempo parziale:
• part-time orizzontale (in cui si lavora tutti i giorni della settimana lavorativa, ma in ciascun giorno per
un minore numero di ore);
• part-time verticale (in cui si lavora a tempo pieno solo in alcuni giorni della settimana o in alcune
settimane del mese o dell’anno, per cui in altri giorni non si lavora);
• part-time misto (in cui si lavora tutti i giorni della settimana lavorativa, in alcuni ad orario pieno e in
altri part-time).
Per la stipulazione del contratto è richiesta la forma scritta, non ai fini della validità, ma solo per provare la
sussistenza del rapporto stesso.
La retribuzione cui dà diritto il lavoro part time è la stessa di quello a tempo pieno, ridotta però in misura
corrispondente all’orario di lavoro effettuato.
In base al contratto di lavoro ripartito (o job sharing) due lavoratori (spesso marito e moglie o due fratelli)
assumono in solido l’obbligo di adempiere un’unica prestazione lavorativa, corrispondente in genere ad un
posto di lavoro a tempo pieno.
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Ciò significa che entrambi i lavoratori sono direttamente e personalmente
responsabili dell’intera obbligazione lavorativa.
Di conseguenza, se uno dei due lavoratori è impossibilitato a svolgere
la sua prestazione, l’altro è tenuto a fornire l’intera prestazione
(es. il lavoratore del pomeriggio dovrà recarsi al lavoro anche il
mattino).
La ripartizione dell’orario di lavoro è stabilita in modo autonomo
dai lavoratori, previa comunicazione al datore di lavoro
(es. un lavoratore occupa la mattina e l’altro il pomeriggio).
Il lavoro ripartito offre il vantaggio di assicurare al datore di lavoro la prestazione lavorativa (riducendo
drasticamente l’assenteismo) e al lavoratore una maggiore flessibilità nello svolgimento della propria prestazione
lavorativa che può conciliarsi più facilmente con gli impegni familiari.
Il rapporto di lavoro può essere a tempo indeterminato o determinato.
Questa figura contrattuale è stata inizialmente riconosciuta nella prassi amministrativa, attraverso una circolare
del Ministero del Lavoro del 1998, ed ha trovato ampia ed organica disciplina solo con il D. Lgs. n.276/2003
(c.d. “Riforma Biagi”).
Anche in questo caso la forma scritta è richiesta per provare l’esistenza del contratto stesso.
Il contratto di lavoro intermittente (o lavoro a chiamata o job on call), introdotto dal D. Lgs.
n.276/2003 (c.d. “Riforma Biagi”), prevede che un lavoratore si metta a disposizione di un
datore di lavoro che può utilizzarne la prestazione lavorativa quando ne ha effettivamente
bisogno (es. custodi, addetti alle pompe di carburante, lavoratori dello spettacolo).
Questo tipo di rapporto di lavoro risponde all’esigenza dell’imprenditore di poter contare,
a proprio piacimento, sulla disponibilità dei lavoratori solo in caso di reali necessità
organizzative e produttive.
Il lavoratore, che offre quindi una prestazione discontinua, avrà diritto a ricevere il
normale trattamento economico, per i periodi effettivamente lavorati, e a percepire
un’indennità mensile di disponibilità per i periodi in cui è semplicemente rimasto
a disposizione del datore di lavoro.
Anche questo contratto deve essere stipulato in forma scritta ai soli fini probatori
e può essere sia a tempo indeterminato sia a termine.
Dopo la L. n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”), il contratto di lavoro intermittente
può essere applicato anche ai lavoratori di età inferiore ai 24 anni e superiore
ai 55 anni.
Il datore di lavoro, prima dell’inizio della prestazione lavorativa o di un ciclo integrato di prestazioni non
superiore ai trenta giorni, è tenuto a comunicare la durata del contratto alla Direzione territoriale del Lavoro
competente per territorio, mediante sms, fax o posta elettronica.
Il contratto di lavoro a domicilio, disciplinato dalla L. n. 877/2003, prevede
che alcune fasi della lavorazione siano affidate a soggetti che svolgono l’attività
lavorativa nel proprio domicilio o in locali di cui abbiano disponibilità.
Il lavoratore a domicilio non ha vincoli temporali (per l’orario) o spaziali (per il
luogo) e per questo motivo è retribuito a cottimo, nella specie il cottimo pieno, che,
prescindendo dalla durata della prestazione, fa riferimento alla quantità prodotta.
Il contratto di lavoro domestico, disciplinato dalla L. n. 339/1958, si applica
ai lavoratori domestici che prestano la loro opera, continuativa e prevalente,
per almeno quattro ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro.
Nell’ambito di tale figura contrattuale rientrano tutte le prestazioni di attività
che si svolgano a vantaggio di una vita familiare o, più in generale, legate ad
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una convivenza, quali i servizi inerenti al governo di una casa e al
soddisfacimento dei bisogni di coloro che vi abitano (es. prestazioni rese
da assistenti familiari, governanti, camerieri, baby sitter, colf, cuochi).
La L. n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”) ha regolato anche il lavoro
domestico, che è stato oggetto di modifica soprattutto in riferimento
alla fase risolutiva del rapporto, ossia nelle ipotesi di licenziamento,
dimissioni e/o risoluzione consensuale (ad es. con la previsione
dell’obbligo della particolare procedura di convalida della richiesta di
dimissioni del lavoratore).
Il contratto di lavoro a progetto è stato introdotto dal D. Lgs. n.276/2003 (c.d. “Riforma Biagi”) che prevede
espressamente che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa preesistenti (Co.Co.Co.) debbano
essere ricondotti nell’ambito di questa nuova fattispecie, di natura autonoma.
Nell’ambito di tali rapporti il collaboratore coordinato e continuativo
dovrà, ora, essere un lavoratore autonomo e sarà tale solo se si impegnerà a
svolgere uno o più progetti specifici, determinati dal committente ma gestiti
in autonomia, in funzione del risultato ed indipendentemente dal tempo
impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.
La L. n. 92/2012 (c.d. “Riforma Fornero”) ha precisato che il progetto non
può essere una semplice riproposizione dell’oggetto sociale dell’impresa
committente e non può consistere nello svolgimento di compiti meramente
esecutivi o ripetitivi.
Il contratto di lavoro a progetto deve essere stipulato in forma scritta e il suo contenuto deve comprendere:
• il progetto, con menzione del contenuto e del risultato finale da conseguire;
• la durata della prestazione di lavoro;
• il corrispettivo economico;
• le modalità del coordinamento del lavoratore a progetto con il committente (senza pregiudizio
dell’autonomia lavorativa);
• le eventuali misure per la tutela della salute e della sicurezza.
Si tratta di un contratto di lavoro autonomo che però ha molti elementi in comune con il lavoro subordinato.
Qualora l’attività del collaboratore a progetto sia analoga a quella svolta dai lavoratori dipendenti, si presume che il
rapporto di lavoro sia di natura subordinata e a tempo indeterminato. A tal fine è ammessa la prova contraria.
È considerato della medesima natura il rapporto di collaborazione coordinata e continuativa senza progetto.
Restano escluse da questa tipologia contrattuale le professioni intellettuali per le quali è prevista l’iscrizione a
specifici albi professionali.
Il compenso deve avere un importo che non può essere inferiore ai minimi stabiliti dai contratti collettivi
nazionali per mansioni corrispondenti.
In caso di perdita del lavoro è prevista un’indennità una tantum di disoccupazione (resa più corposa dalla
“Riforma Fornero”).
Il contratto di somministrazione di lavoro si definisce come la fornitura professionale di manodopera, da
parte di un’agenzia autorizzata, all’impresa che la richiede per soddisfare le sue esigenze produttive.
Il contratto tra utilizzatore e somministratore deve avere la forma scritta, a pena di nullità.
Con tale tipo di contratto si realizza un rapporto triangolare che ha per protagonisti i seguenti soggetti:
a. l’impresa utilizzatrice, che può operare in qualsiasi settore di attività;
b. il prestatore di lavoro;
c. l’impresa di somministrazione, che fornisce all’impresa utilizzatrice uno o più lavoratori.
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L’impresa utilizzatrice si avvale di personale non assunto direttamente, ma dipendente
dall’impresa di somministrazione. Il lavoratore, per tutta la durata del contratto,
svolgerà la propria prestazione lavorativa nell’interesse e sotto il controllo e la direzione
dell’imprenditore.
L’impresa di cui sopra deve essere un’Agenzia per il lavoro, ossia un’impresa
in possesso di specifica autorizzazione alla somministrazione di lavoro, ai
sensi del D. Lgs. n.276/2003.
La somministrazione di lavoro può essere a tempo determinato (ammessa
per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo)
o a tempo indeterminato, c.d. staff leasing, reintrodotta dalla legge
finanziaria 2010 e ammessa solo nei settori e per le attività espressamente
individuate dal predetto decreto legislativo (es. pulizia, custodia,
portineria, consulenza e assistenza informatiche).
A seguito dell’approvazione della L. n. 134/2012 (Legge di conversione del cosiddetto Decreto Sviluppo – D.L. n.
83/2012), la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato è ammessa in tutti i settori produttivi, in caso
di utilizzo da parte del somministratore di lavoratori assunti con contratto di apprendistato.
Sussiste il divieto di ricorrere al contratto di somministrazione nei seguenti casi:
• per la sostituzione dei lavoratori in sciopero;
• presso unità produttive interessate da sospensioni di rapporti di lavoro;
• per le aziende che abbiano omesso la valutazione dei rischi per la sicurezza sul lavoro;
• dove sono stati effettuati licenziamenti collettivi nei sei mesi precedenti.
CONTRATTI SPECIALI CON CARATTERISTICHE PARTICOLARI
CONTRATTO A TEMPO PARZIALE
(o part-time)
L’attività lavorativa è svolta ad orario inferiore rispetto a quello
normale previsto dalla legge o dai contratti collettivi, con riguardo
all’arco giornaliero, settimanale, mensile o annuale.
CONTRATTO DI LAVORO RIPARTITO
(o job sharing)
Due lavoratori assumono in solido l’obbligo di adempiere un’unica
prestazione lavorativa, corrispondente in genere ad un posto di
lavoro a tempo pieno, stabilendo in modo autonomo la ripartizione
dell’orario di lavoro tra loro, previa comunicazione al datore di
lavoro.
CONTRATTO DI LAVORO INTERMITTENTE
(o lavoro a chiamata o job on call)
Un lavoratore si mette a disposizione di un datore di lavoro che può
utilizzarne la prestazione lavorativa quando ne ha effettivamente
bisogno.
CONTRATTO DI LAVORO A DOMICILIO
Alcune fasi della lavorazione sono affidate a soggetti che svolgono
l’attività lavorativa nel proprio domicilio o in locali di cui hanno la
disponibilità.
CONTRATTO DI LAVORO DOMESTICO
Si applica ai lavoratori domestici che prestano la loro opera,
continuativa e prevalente, che consiste in servizi inerenti al governo
di una casa e al soddisfacimento dei bisogni di coloro che vi abitano,
per almeno quattro ore giornaliere presso lo stesso datore di lavoro.
CONTRATTO DI LAVORO A PROGETTO
In base ad esso, il lavoratore si impegna a svolgere uno o più progetti
specifici, determinati dal committente ma gestiti in autonomia, in
funzione del risultato ed indipendentemente dal tempo impiegato
per l’esecuzione dell’attività lavorativa, dietro corrispettivo.
CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE
DI LAVORO
È la fornitura professionale di manodopera, da parte di un’agenzia
autorizzata, all’impresa che la richiede per soddisfare le sue esigenze
produttive.
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