A tavola con il Gran Can
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A tavola con il Gran Can
Unità 1 IL DUECENTO: MARCO POLO Marco Polo A tavola con il Gran Can Dato che vi ho raccontato dei palazzi, ora vi racconterò della grande città di Cambaluc, dove si trovano questi palazzi, e perché fu fatta e come vicino a essa ce ne fosse un’altra grande e bella chiamata Cambaluc, vale a dire, nella nostra lingua, “la città del signore”. Il Gran Can, avendo saputo, per mezzo dell’astrologia, che questa città si sarebbe ribellata e avrebbe dato grandi fastidi all’Impero, fece fare quest’altra città lì vicino, tra le due vi è solamente un fiume; fece poi spostare gli abitanti da quella città a questa, che è chiamata Taidu. Essa ha un perimetro di ventiquattro miglia, cioè sei miglia per lato, ed è perfettamente quadrata, non ha un lato più lungo dell’altro. Tutto intorno vi sono mura di terra spesse dieci passi e alte venti; ma non sono larghe in cima come in basso, anzi si vanno tanto assottigliando verso l’alto che sono spesse solo tre passi. Le mura sono tutte munite di merli e bianche; hanno dodici porte e sopra ogni porta c’è un grande palazzo, cosicché ogni lato ha tre porte e cinque palazzi. Inoltre in ogni lato c’è un grande edificio dove stanno gli uomini di guardia al territorio. Dovete sapere che le vie della città sono così diritte che da una porta si vede l’altra, e tutte si corrispondono allo stesso modo. In quel terreno ci sono numerosi palazzi e nel mezzo ce n’è uno sopra il quale sta una campana molto grande che la sera suona tre volte, dopo di che nessuno può più uscire se non ha grande necessità, ad esempio una donna che stia per partorire o un malato. Dovete sapere che ogni porta è guardata da mille uomini, ma non per paura che entrino degli estranei, lo si fa invece per riverenza verso il signore che abita all’interno e perché i ladroni non vi facciano dei danni. Vi ho parlato della città; ora vi voglio raccontare come il Gran Can tiene corte e delle sue grandi gesta, cioè del signore. Dovete sapere che il Gran Can ha un corpo di dodicimila uomini a cavallo, che si chiamano Chesitan, vale a dire “cavalieri e fedeli del signore”, ma non perché abbia paura. Tra questi dodicimila cavalieri vi sono quattro capitani, così che ognuno ha tremila uomini sotto di sé; nel palazzo c’è sempre una capitaneria, composta appunto di tremila uomini; fanno la guardia tre giorni e tre notti e mangiano e dormono sul posto. Dopo tre giorni questi se ne vanno e ne vengono altri, così fanno per tutto l’anno. Quando il Gran Can invita a corte, le tavole sono disposte nel modo seguente. La tavola del Gran Can è più alta delle altre, egli siede verso tramontana e ha il volto verso mezzogiorno. La prima moglie siede vicino a lui a sinistra, a destra un poco più in basso siedono i figli e i nipoti e i suoi pareti di discendenza imperiale, in modo che il loro capo arrivi ai piedi del signore. Poi siedono gli altri baroni più in basso; la medesima cosa accade per le A tavola con il Gran Can femmine: le figlie del Gran Can, le nipoti e le parenti siedono più in basso dalla parte sinistra; e ancor più in basso le mogli di tutti gli altri baroni; e ognuno sa in qual posto deve sedere secondo gli ordini del Gran Can. Le tavole sono disposte in modo che il Gran Can può vedere tutti i convitati, e sono una quantità. Fuori di questa sala mangiano più di quarantamila persone; perché viene molta gente con molti regali, sono di paesi strani e strani sono i regali. Tra costoro vi sono di quelli che hanno una signoria, essi vengono nel giorno in cui il signore organizza festeggiamenti e banchetti. Nella sala c’è un grandissimo vaso d’oro fino, capace quanto una botte, pieno di vino buono, e da una parte e dall’altra ce ne sono due piccoli; da quello grande si versa il vino, dagli altri due bevande diverse. Vi sono recipienti d’oro e placcati, ognuno dei quali contiene tanto vino che basterebbe per più di otto uomini, sulle tavole ce n’è uno ogni due persone. Ognuno per bere ha una coppa d’oro con manico, e tutti questi arredi hanno un gran valore. Dovete sapere che il gran signore ha tanto vasellame d’oro e d’argento, che bisogna vederlo per crederci. Dovete anche sapere che a occuparsi della dispensa del Gran Can sono dei grandi baroni. Essi tengono il naso e la bocca fasciati da bei drappi di seta, affinché il loro fiato non contamini le vivande del signore. Quando egli deve bere, si suonano tutti gli strumenti (ce ne sono in grande quantità); nel momento in cui ha in mano la coppa, tutti si inginocchiano, baroni e gente comune e fanno gesti di grande umiltà; così è ogni volta che deve bere. Delle vivande non sto a parlarvi perché si deve credere ch’egli ne abbia una grande abbondanza; non vi è né un barone né un cavaliere che non porti la propria moglie a mangiare con le altre donne. Quando il gran signore ha pranzato e si sono sparecchiate le tavole, entrano i giocolieri e procurano un gran divertimento, agitandosi e in altro modo; poi ognuno torna a casa propria. Marco Polo, Il milione, a cura di M. V. Malvano, Einaudi Scuola