ArtScient_Acutezza visiva_POmaggio2013
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ArtScient_Acutezza visiva_POmaggio2013
PROFESSIONAL In collaborazione con Società Optometrica Italiana S.OPT.I. AV COME VALUTARE CORRETTAMENTE L’ACUTEZZA VISIVA (AV) MEDIA DI UNA POPOLAZIONE Acutezza visiva di Alessio Facchin L’ acutezza visiva (AV) cioè la capacità risolutiva dell’occhio di discriminare dettagli fini (Bailey, 2006), pur essendo una delle abilità del sistema visivo è spesso assunta come unico valore di riferimento per indicarne l’integrità (Calossi, 1992). L’AV è spesso sottovalutata o quantomeno valutata con criteri poco scientifici. Ciò è inevitabile nella pratica clinica quotidiana laddove l’acutezza visiva è solamente determinata in relazione all’ametropia presente, prima e dopo la refrazione soggettiva; è un contesto nel quale non è necessaria una misura raffinata ma solo una sua stima ragionevole. La valutazione accurata dell’AV assume invece un’importanza maggiore quando avviene a fini diagnostici, in caso di ipovisione e, soprattutto, quando la si misura a scopo di ricerca. In questi casi è necessario utilizzare i mezzi, le tecniche e le tecnologie migliori, finalizzati a ottenere dati validi e affidabili. Purtroppo, storicamente, la corretta valutazione dell’AV è stata vittima sia di errori storici (Calossi, 1992; Velasco, Cruz, 1990), sia di errori metodologici (Holladay, 2004; Holladay, Prager, 1991). In questa trattazione mi riferirò a un errore metodologico riguardante il calcolo dell’acutezza visiva media, ovvero la capacità discriminativa media di una certa popolazione di soggetti. È importante conoscerne gli aspetti teorici e clinici, poiché riguarda una delle funzioni visive di base e riveste quindi un ruolo primario nelle competenze che ogni professionista della visione deve possedere. Per calcolare l’acutezza visiva media di due occhi, per esempio di due soggetti diversi e quindi senza alcuna relazione tra loro, è necessario andare oltre la media aritmetica: se il primo presenta un’AV di 2/10 mentre il secondo presenta un’AV di 8/10, la media aritmetica sarebbe di 5/10 mentre in realtà l’acutezza visiva media di questi due occhi, calcolata nella maniera corretta, è di 4/10, una differenza di ben una linea di acutezza! Questa discrepanza, che è un reale errore metodologico, deriva dalla mancata applicazione del giusto calcolo da 28 | PROFESSIONAL OPTOMETRY | MAGGIO 2013 utilizzare in questa e altre misure psicofisiche sensoriali (di cui l’acutezza visiva fa parte) di cui bisogna seguirne le regole e i principi (Westheimer, 1979). Questo aspetto, oltre che un problema di tipo metodologico riservato ai ricercatori, riguarda anche la normale pratica clinica. In effetti, per essere precisi nella misurazione dell’acutezza visiva è necessario ripetere più volte la misura. Le tavole tipo Bailey Lovie, ETDRS e altre tavole con una costruzione simile presentano infatti, oltre alla singola scala con righe che vanno da 0,05 oppure 0,1 a 2,0 (decimale), la ripetizione dei valori di AV più elevati in altri due settori laterali della tavola. Questa opzione è stata realizzata per consentire l’utilizzo di sequenze di simboli diversi durante l’esame dell’occhio destro, del sinistro e in visione binoculare; ma può anche essere utilizzata per ripetere la misura più di una volta. Valutando più volte l’acutezza visiva è necessario calcolarne correttamente il valore medio. Le premesse teoriche relative alla misurazione dell’AV risalgono a Donders, Snellen e Monoyer, quando le tavole ottotipiche avevano simboli con dimensioni ricavate dalla frazione di Snellen (Figura 1). Gli ottotipi in queste tavole (tutt’oggi assai diffuse) seguono una progressione di tipo aritmetico e tipicamente coprono i valori da circa 0,1 (ovvero 1/10 o 20/200 oppure 6/60) fino a circa 1,2 (ovvero 12/10 o 20/16 oppure 6/5), con passaggi di 0,1 tra una linea all’altra. In queste tavole l’acutezza visiva viene contemporaneamente indicata nei vari modi: come frazione di Snellen con valori in piedi (20/x), con valori in metri (6/x) oppure, secondo la reinterpretazione di Monoyer (definita anche pseudo-Snellen) come frazione decimale (x/10). In realtà l’espressione più chiara è quella che si riferisce al valore decimale diretto (esempio: 1,0) indipendente dalla relazione con l’unità di misura di base, anche se è molto diffuso e radicato (in Italia) il riferimento alla frazione decimale (i famosi “dieci-decimi”). Tabelle più recenti come le ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study), ritenute il “Gold standard” per la misurazione dell’acutezza visiva (Ferris et PROFESSIONAL al., 1982), seguono invece un logica differente; derivano dal design delle tavole originariamente progettate da Ian Bailey and Jan Lovie (Bailey, Lovie, 1976) ed utilizzano le lettere Sloan come ottotipi (Figura 2) che consistono in lettere formate da matrici 5x5 rispetto alle precedenti British con matrice 5x4 utilizzate da Bailey e Lovie. Sono basate su una progressione degli stimoli di tipo geometrico o logaritmico, (il cui l’incremento è legato al logaritmo del minimo angolo di risoluzione). La progressione geometrica o logaritmica delle linee, nella tavola dell’acutezza visiva, è stata scelta perché è la funzione che segue i medesimi principi matematici di altre abilità visive (psicofisiche); pertanto la scala LogMAR esprime il valore di acutezza visiva secondo una scala logaritmica, in linea con le altre funzioni sensoriali. In queste tavole, la presenza costante di 5 simboli ogni riga permette di applicare un metodo di misurazione più preciso; è infatti nota la difficoltà, a parità di lettura, di stabilire qual è il corretto valore finale di acutezza visiva: la soglia psicofisica che abilita a segnalare il corretto riconoscimento di un livello di acutezza visiva è aver riconosciuto correttamente almeno il 50% +1 dei simboli (Bailey, 2006). Ciò corrisponde a una soglia di riconoscimento corretto di almeno 3 simboli su 5. Questo criterio è valido per qualsiasi riga della tabella, dalla prima all’ultima. Per migliorare la precisione bisogna considerare la lettura (o la non lettura) di ogni simbolo della riga in esame e di quella succcessiva, indicando quanti simboli sono stati letti (su 5) e quanti ne sono stati correttamente riconosciuti nella riga successiva, contrassegnandoli come +1 o +2 (Holladay, 1997). Quindi, ad esempio, 1.0 5/5 indicherà la completa lettura della riga del valore 1.0, che rappresenta un valore superiore a 1.0 3/5, ma risulta inferiore a 1.0 5/5 +2. Questo metodo, più dettagliato è stato definito come valutazione dell’acutezza visiva lettera per lettera (Bailey, 2006). La compresenza di diversi tipi di tabelle e diversi tipi di notazione, nella pratica clinica, può comunque indurre difficoltà e creare confusione se i termini della questione non sono perfettamente chiari. Di base le tabelle a progressione aritmetica utilizzano una scala di misurazione decimale, mentre le tavole a progressione logaritmica utilizzano la scala LogMAR, ovvero il logaritmo del minimo angolo di risoluzione. È necessario specificare anche che sebbene molte tavole ricalchino il design ETDRS, solo alcune di esse possono essere definite come tali. Le originali tavole ETDRS (standard) sono infatti retroilluminate e presentano 4 specifici set di lettere e non presentano ulteriori ripetizioni di righe ad elevata AV. Altre tavole cartacee, sebbene riprendano il design delle ETDRS, non sono definibili come tali in quanto primariamente non sono standard, non sono retroilluminate e utilizzano set di lettere o altri simboli differenti. Queste tabelle possono essere definite come a spaziatura proporzionale o di tipo Bailey Lovie. Difatti, i produttori le definiscono come: Tavola con lettere Sloan, spaziata proporzionalmente con 5 simboli per ogni riga. Anche se da ogni tipologia di tavola è stata derivata una Figura 1. Tavola per l’acutezza visiva secondo Snellen. Vi sono rappresentati gli ottotipi originali di Snellen di tipo Serif e la progressione aritmetica degli ottotipi. Figura 2. Tavola per l’acutezza visiva ETDRS a progressione logaritmica, con affollamento costante tra gli ottotipi e le righe e con 5 simboli per ogni riga. PROFESSIONAL OPTOMETRY | MAGGIO 2013 | 29 PROFESSIONAL specifica scala per la notazione dell’AV, possono essere utilizzate per la trascrizione dell’AV entrambe le scale indipendentemente dalla tipologia di tavola utilizzata. Le tavole più complete (tipo Bailey-Lovie) infatti riportano diverse scale di riferimento ed è quindi opportuno, quando si trascrive l’AV, segnalare oltre al valore anche la scala utilizzata; un valore 1.2 in scala decimale è infatti un ottimo valore di AV, ma diviene un valore diverso ed inadeguato in scala LogMAR. Nella tabella 1 è riportata la conversione tra la scala LogMAR e la scala decimale. Le formule generali per la conversione sono: Come argomentato in precedenza, sarebbe ottimale utilizzare la scala logaritmica per la notazione. Diverse funzioni sensoriali presentano infatti una relazione di tipo logaritmico tra l’intensità dello stimolo e l’entità della risposta. Anche l’acutezza visiva fa parte di queste variabili psicofisiche e, per una sua corretta valutazione scientifica, deve essere rappresentata con valori in scala logaritmica; ciò permette inoltre di effettuare facilmente e correttamente anche i vari calcoli matematici e statistici necessari. Come accennato in precedenza la valutazione dell’AV lettera per lettera ne permette una quantificazione più precisa. Con le tavole tipo BaileyLovie o ETDRS l’attribuzione del valore specifico di AV lettera per lettera è facilmente tramutabile nel punteggio finale in quanto non è necessario segnare quanti simboli in più o in meno vengono letti. Ogni simbolo vale 0,02 indipendentemente dalla sua posizione nella tabella, quindi ogni lettera letta in più risulterà un valore di 0,02 da sottrarre al valore finale, mentre ogni omissione sarà valutata con +0,02. Benché sia la più utilizzata in ambito scientifico, la scala logaritmica è poco applicata nella pratica clinica. Presenta però vari vantaggi: quando bisogna effettuare dei calcoli, anche semplici come la media di due o tre valori, ciò può essere effettuato direttamente. Inoltre sui valori in scala logaritmica è possibile effettuare tutte le analisi statistiche possibili, comprese quelle descrittive più note come media e deviazione standard, ma anche quelle inferenziali più sofisticate. È da notare, visto che la scala di misura non è lineare, che il calcolo della deviazione standard su scala decimale è teoricamente errato (Holladay, 1997). L’acutezza visiva decimale è infatti rappresentata secondo una scala aritmetica, quindi il corretto valore medio dell’acutezza visiva può essere calcolato solamente con le seguenti due modalità: 1) Trasformare i valori dalla scala decimale in scala logaritmica e calcolare poi la media dei valori in scala logaritmica con la classica formula della media aritmetica: Infine trasformare solo il risultato finale in scala decimale. 2) Calcolare la media geometrica come radice n-esima della produttoria da 1 a n dei valori di AV in scala decimale con la formula: Tabella 1. Tabella per la conversione dell’acutezza visiva tra scala LogMAR, scala decimale e le notazioni Snellen in piedi, metri e Monoyer. 30 | PROFESSIONAL OPTOMETRY | MAGGIO 2013 PROFESSIONAL Con un foglio di calcolo è possibile, applicando le opportune formule, trasformare i valori di acutezza visiva e calcolare correttamente la media dell’AV utilizzando entrambi i metodi. Per esempio: se si hanno tre valori di AV (su scala decimale) ottenuti da una tavola ETDRS di 0.63 - 0.8- 1.0 si può operare secondo le due modalità: Utilizzando il primo metodo si convertono i valori tramite la tabella 1 o la relativa formula: 0.63 = +0.20 LogMAR 0.8 = +0.10 LogMAR 1.0 = 0.0 LogMAR Si calcola quindi la media aritmetica M = = +0.10 LogMAR. Si riconverte il risultato finale in notazione decimale: +0.10 LogMAR = 0.8 (decimale) Utilizzando invece il secondo metodo: I due metodi restituiscono i medesimi risultati e sono quindi perfettamente sovrapponibili. I tre valori difatti rappresentano esattamente i valori consecutivi di tre righe di acutezza di una tabella ETDRS: il valore medio è rappresentato dalla riga centrale cioè quella di 0.8 (decimale). Nella pratica clinica frequentemente si usa il proiettore di ottotipi in associazione al forottero. L’acutezza visiva viene quindi misurata tramite il medesimo strumento. Ciò ha precluso l’utilizzo di tavole specifiche per la sola misurazione dell’AV. L’uso clinico delle tabelle a progressione logaritmica è difatti meno diffuso e presenta ancora una certa resistenza. In effetti una certa (iniziale) lentezza, è dovuta alla presenza delle tavole stesse e alla necessità di utilizzare la specifica distanza, mentre la coppia proiettore - forottero è più flessibile dal punto di vista pratico-organizzativo. Ciò (generalmente) richiederebbe in uno studio l’uso di due posizioni differenti per il soggetto o per le tavole, una per l’esecuzione della refrazione (forottero-proiettore) e una per la misurazione dell’acutezza visiva. Un altro fattore potrebbe essere la complessità del sistema di misurazione e notazione, che sebbene più sensibile, è sicuramente meno immediato se paragonato alla classica interpretazione dei risultati in scala decimale. Ciò ha creato una minore diffusione di queste tavole e del relativo sistema di misurazione e calcolo (Thompson, 2005). La scala di notazione decimale è più semplice ed essendo storicamente più utilizzata, permette una quantificazione 32 | PROFESSIONAL OPTOMETRY | MAGGIO 2013 più immediata dell’AV nella pratica clinica. Nel caso invece siano necessari altri tipi di analisi statistica come la correlazione, l’analisi della varianza, ma anche la sola indicazione della deviazione standard, è necessario che i valori siano obbligatoriamente in scala LogMAR. Utilizzando le due tecniche di calcolo descritte, è possibile ottenere i risultati corretti anche utilizzando la scala decimale. Un altro vantaggio che deriva dall’utilizzo delle tavole a progressione logaritmica è quello di restituire i valori (anche decimali) già presenti nella tabella di conversione, quindi facilmente traducibili. In definitiva, per la quantificazione dell’AV, è quindi caldamente consigliato l’uso delle tavole ETDRS o altre tavole di tipo Bailey-Lovie con altri ottotipi (Tumbling E, HOTV, Lea Symbols, Numeri, C di Landolt) ma sempre, a progressione logaritmica e spaziate proporzionalmente. In alternativa, con le medesime tavole, è possibile anche l’uso della più diffusa e immediata notazione decimale: se necessario successivamente sarà possibile convertire i valori raccolti nella scala logaritmica, per una loro valutazione matematica e statistica. Utilizzando i consigli generali dati della cosiddetta “Evidence Based Medicine”, ovvero l’applicazione nella pratica clinica dei risultati ottenuti dalla ricerca medico-scientifica, appare quindi conveniente utilizzare le tavole tipo Bailey Lovie anche nella pratica clinica quotidiana, per valutare con precisione l’acutezza visiva delle persone. Bibliografia • Bailey I., (2006) Visual acuity, in Benjamin W.J. (a cura di) Borish’s clinical refraction, second edition, Butterworth Heinemann. • Bailey IL, Lovie JE., (1976) New Design Principles for Visual • • Acuity Letter Charts, Am J Optom & Physiol Opt 53:740-745. Calossi A., (1992) Dieci decimi: un errore storico, Le scienze, n.288. Ferris FL, Kassov A, Bresnick GH, Bailey I., (1982) New Visual • • • Acuity Charts for Clinical Research, Am J of Ophthalmol 94:9196. Also: Measurement Guidelines for Collaborative Studies. National Eye Institute (NEI), Bethesda, MD. Holladay J.T., Prager T.C. (1991) Mean visual acuity. Am J Ophthalmol n.111. Holladay J.T., (1997) Proper Method for Calculating Average Visual Acuity, Journal of Refractive Surgery Volume 13 July/August. Holladay J.T., (2004) Visual acuity measurement, j cataract re- • fract surg, vol 30, n.2. Thompson D., (2005) VA testing in optometric practice Part 1: The Snellen chart, Optometry Today, n.4. Thompson D., (2005) VA testing in optometric practice Part 2: Newer chart designs, Optometry Today, n.4. Velasco AA, Cruz, (1990) Historical roots of 20/20 as a (wrong) • standard value of normal visual acuity. Optom Vis Sci 67(8):661. Westheimer G. (1979) Scaling of visual acuity measurements. • • Arch Ophthalmol 97:327-330.
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