Franz Schubert. I Lieder su testo di Goethe
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Franz Schubert. I Lieder su testo di Goethe
Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Conservatorio di Musica «L. Perosi». Campobasso Corso Sperimentale «Repertori Vocali da Camera nell’Ottocento» Anno Accademico 2001 – 2002 Sessione autunnale Franz Schubert. I Lieder su testo di Goethe Docenti: Barbara Lazotti Piero Niro Luigi Pecchia Barbara Vignanelli -1- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Studente: Florinda Ciccotelli Franz Schubert (Lichtenthal, Vienna 1797 – Vienna 1828) Tra i maggiori compositori del primo Ottocento, Schubert è stato capace di esprimere come forse nessun altro la sehnsucht, lo struggimento malinconico, l’anelito all’infinito che caratterizza l’esperienza romantica. Ricevute le prime nozioni musicali dal padre (maestro di scuola e violoncellista dilettante), dal fratello maggiore e dall’organista della chiesa del suo paese, nel 1808 Schubert riuscì ad entrare, grazie ad una borsa di studio, all’Imperialregio convitto (un collegio riservato in genere ai figli della buona borghesia) in grado di preparare all’università e fornire, insieme, una formazione musicale professionale. Suona nell’orchestra del Convitto (di cui diventa primo violino) e, naturalmente, comincia a comporre: una Fantasia per pianoforte a quattro mani, diversi Lieder, alcuni Quartetti per archi destinati ad essere eseguiti in casa insieme al padre e ai fratelli. Incapace di adattarsi alla disciplina di un impiego regolare, nell'ottobre 1813 lascia la scuola preferendo condurre una vita libera da impegni familiari o matrimoniali e perfino dalle regole della società. Costantemente in difficoltà finanziarie, visse perlopiù ospite di amici e fu proprio grazie al -2- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe loro aiuto economico che poté continuare a dedicarsi alla composizione. In questi primi anni fiorisce il genere con cui Schubert meglio si identifica: il Lied. Questo genere musicale vanta già una concreta tradizione, ma è solo con l’opera di Schubert che può raggiungere la sua autentica fisionomia e gli esiti più elevati. Fra il 1814 e il 1817 ne compone quasi 350 e tra questi si annoverano già alcuni capolavori assoluti, come Gretchen am Spinnrade (ottobre 1814), il primo Lied su testo di Goethe, in cui il pianoforte fa risuonare il vorticoso girare dell’arcolaio. È già evidente quell’integrazione fra parola e musica, fra linea vocale ed accompagnamento strumentale che nessun liederista aveva raggiunto prima di lui e che rimarrà la sua caratteristica saliente. Goethe resterà sempre il poeta più amato da Schubert, che sulle sue poesie scrive altri capolavori come Sehnsucht, o Erlkönig (1815). Accanto al Lied si cimenta anche in altri generi: musica sacra, da camera, sinfonie e, soprattutto, ben sei opere teatrali (nessuna delle quali viene rappresentata). Anche se il successo stenta ad arrivare (e, in verità, non arriverà mai), Schubert comincia tuttavia a conquistare l’ammirazione e la stima di un gruppo di amici che gli resteranno fedeli per tutta la vita, consentendogli di continuare a comporre. Dell’ampia cerchia di amici facevano parte studenti, intellettuali, artisti come il baritono J. M. Vogl (primo interprete di molti suoi Lieder), i poeti J. Mayrhofer e F. von -3- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Schober, i pittori M. von Schwind e L. Kupelwieser, e molti altri. Nonostante l’appoggio degli amici, tuttavia, l’attività compositiva di Schubert non ebbe mai i dovuti riconoscimenti, anzi fu piena di frustrazioni. Nell’estate 1819, Schubert e il baritono Vogl compiono una specie di tournée in Alta Austria, tenendo concerti in cui interpretano diversi Lieder. A Steyr (luogo di nascita di Vogl) sono ospiti di un industriale locale, tale Paumgartner, che si appassiona a tal punto del Lied Die Forelle da chiedere al compositore di scrivere un’opera da camera che ne riprenda la musica. Nasce così il Quintetto della trota (1819), così chiamato perché il quarto movimento è costituito appunto da una serie di variazioni sul tema del Lied. Scritto per un organico insolito (violino, viola, violoncello, contrabbasso e pianoforte, probabilmente perché questi sono gli strumenti suonati dal gruppetto che si ritrova in casa di Paumgartner), il Quintetto della trota diventa uno dei suoi pezzi più famosi, forse il solo fra i suoi capolavori a muoversi in un clima lieto e sorridente. Effettivamente gli anni tra il 1819 e il 1820 rappresentano un periodo felice per Schubert, i cui Lieder riscuotono ormai una vasta popolarità. Ma fama non significa ancora successo economico. Gli editori considerano i Lieder un genere minore (e li pagano una miseria), le altre opere di Schubert (in particolare le Sonate per piano) non seguono la moda brillante e virtuosistica e gli editori non vogliono saperne, il Quintetto -4- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe della trota poi, con quell'organico inusitato, è improponibile. Ma Schubert insiste. Nell’estate 1821 lavora a una grande opera romantica, Alfonso und Estrella, su libretto dell'amico Schober, ma neppure questa raggiungerà il palcoscenico. Nell’ottobre dell'anno seguente comincia a comporre una nuova Sinfonia in si minore, portandone a termine solamente due movimenti, di intensità assolutamente straordinaria. Poi la abbandona, senza alcun apparente motivo. Già sul finire del 1823 ritorna in grande stile al Lied (mai peraltro del tutto abbandonato) con il ciclo Die schöne Müllerin, malinconica rivisitazione del tema del viandante (il viandante si innamora della bella figlia del mugnaio, ma viene ingannato e finisce per trovare pace nella morte, annegandosi), luogo comune del Romanticismo, e già affrontato da Schubert nel Lied Der Wanderer (Il viandante, appunto, ma anche l’errante, il vagabondo, il cercatore) e nella fantasia per piano omonima (Wanderer-phantasie, 1822). Nel 1824 ritorna al quartetto, con altri due capolavori: il n.13 in la minore, detto Rosamunde (perché nel dolcissimo Andante compare un tema ripreso dalle musiche di scena composto in precedenza per un’opera che portava appunto quel titolo) e il dolentissimo, lancinante n.14 in re minore (La morte e la fanciulla, dal titolo del Lied la cui melodia viene impiegata come tema per le variazioni del movimento lento). Nel 1826 porta a termine l’ultima Sinfonia, in do maggiore (oggi definitivamente catalogata, dopo molte incertezze, come -5- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe nona). Anche questa supera in dimensioni, ricchezza e ampiezza tutti i criteri dell'epoca. Solamente Beethoven, con la Nona Sinfonia (1822-1824) ha osato tanto. Con la differenza che il compositore tedesco, al momento di scrivere il suo capolavoro, è già affermato e può quindi operare in libertà, mentre il povero Schubert deve ancora una volta tenersi il manoscritto nel cassetto. Il confronto con Beethoven è decisivo per comprendere l’ultima svolta dell’opera di Schubert. Schubert venera Beethoven, pur consapevole della distanza abissale che separa i loro mondi espressivi: tanto quello di Beethoven è dinamico, ruggente, estroverso, quanto quello di Schubert (seppur non meno drammatico) è rivolto all’intimità, alla nostalgia struggente, all’espressione lirica. Nel marzo 1827 Beethoven muore e Schubert è fiero di essere prescelto fra coloro che ne trasportano il feretro. La morte di Beethoven pare liberare Schubert da qualche segreta ossessione, da un forse inconscio desiderio di emulare il maestro sul piano delle grandi forme: ritorna, infatti, a quelle composizioni brevi, immediate, in cui meglio si esprime la sua vena lirica, il suo amore per il “motivo”. Mentre per Beethoven il motivo è essenzialmente “tema” (punto di partenza per una serie di avventurosi sviluppi) per lui è tutto: bellissimo, perfetto si esaurisce nel giro brevissimo di poche ripetizioni. Nascono così le due deliziose serie di Improvvisi op. 90 e op. 142, gli affascinanti Momenti -6- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe musicali, e, soprattutto, gli ultimi due cicli di Lieder Winterreise del 1827, ultima, dolentissima reincarnazione del Wanderer, del vagabondo viaggiatore senza meta, e Schwanengesang. Anche in questi ultimi anni, il gruppetto di amici fedeli non si è mai disciolto. Anzi, si ritrova abitualmente, in casa di qualcuno o all’osteria, per conversare, bere e, soprattutto, fare musica. È proprio pensando a queste riunioni (passano alla storia con il nome di “schubertiadi”) che il compositore austriaco scrive i suoi pezzi: Schubert li esegue al pianoforte per i suoi amici, quasi come se le affascinanti composizioni fossero a loro dedicate. Gli viene diagnosticata una malattia al tempo incurabile (la sifilide) in uno stadio già piuttosto avanzato. D’ora in poi, per i cinque anni scarsi che gli rimangono da vivere, è un continuo alternarsi di periodi di ricadute e temporanei miglioramenti dovuti alla somministrazione di farmaci, ma la malattia mina inesorabilmente la sua fibra. Alla fine dell'ottobre 1828 si ammala di febbre tifoidea, male che lo porterà a morire il 19 novembre 1828. I Lieder su testo di Goethe Per quanto riguarda la forma, i Lieder di Schubert si possono dividere in tre grandi gruppi: -7- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Lied strofico (e sue varianti), nel quale troviamo la stessa melodia per ogni strofa della poesia (es. Heidenröslein, An den mond / 1815); Lied “durchkomponiert”, in cui le strofe sono cantate su diverse melodie ma l’accompagnamento pianistico risulta essere uniforme (es. Gretchen am Spinnrade, An den mond / 1816); Lied di derivazione operistica nel quale troviamo una serie di sezioni indipendenti (es. Der Wanderer, il giovanile Schäfers Klagelied). È da notare che col passare degli anni, Schubert abbandona quasi del tutto questo ultimo genere: la maggior parte dei suoi ultimi lieder appartengono ai primi due gruppi. Uno dei tratti tipici della liederistica schubertiana è la perfetta compenetrazione tra testo e musica: la parola poetica evoca la melodia ed è esaltata da quest’ultima. Come ho già detto, Schubert compose nello spazio di 17 anni (1811 – 1828) più di 600 lieder, trovando ispirazione nelle opere di oltre 100 poeti diversi prevalentemente di area tedesca, ma il suo “Nume tutelare” fu Goethe per il quale nutriva una profonda ammirazione. Non a caso il suo primo capolavoro nel genere liederistico nasce nel 1814 su testo di Goethe: "Gretchen am Spinnrade" ed è da molti considerato il primo vero Lied tedesco, tale è la sua potenza espressiva. -8- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe La poesia, pubblicata nel 1808, si trova nella parte I del Faust, tragedia a cui Goethe lavorò durante tutta la sua vita. Il tema di questa poesia è l’amore, in particolare dell’amore di Margherita per Faust, che Goethe tratta come una passione che sfugge al controllo della ragione. Nella prima parte della poesia Margherita esprime il suo stato di angoscia per l’abbandono di Faust: il suo animo è inquieto e non riesce a trovare sollievo alle pene d’amore, la sua mente sta delirando, ella non ha più ragione di vivere. La quarta strofa, (“Nach ihm nur schau’ ich…”), funge da cerniera tra la prima e la seconda parte della canzone, ed è invece incentrata sulla figura di Faust. La quinta e la sesta strofa sono percorse da un continuo “crescendo” di emozioni, realizzato sia attraverso gli elementi fisici rievocati (portamento – figura – bocca – occhi – discorso - mano), che attraverso il crescente coinvolgimento emotivo di Margherita, quasi ammaliata da Faust, fino a culminare in un bacio appassionato e indimenticabile. Le ultime strofe esprimono il desiderio ardente di Margherita di possedere fisicamente Faust. L’accompagnamento pianistico è basato su un movimento ostinato al pianoforte che suggerisce il dolce, monotono ronzio dell’arcolaio, ma anche l’agitazione interiore di Margherita, ed è interrotto solo per un momento, al ricordo del bacio di Faust (“Und ach, sein kuss!”). -9- Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Su tale movimento si snoda una linea melodica in continua trasformazione, in modo tale da aderire perfettamente al testo. Soltanto la prima strofa viene ripetuta, come un ritornello ossessivo, creando una divisione del Lied in tre sezioni, percorse da momenti musicali progressivamente più consistenti, fino all’esplosione di follia nell’ottava strofa. Il momento in cui ha inizio il ricordo dell’amato, (IV strofa), è sottolineato da Schubert tramite il passaggio temporaneo dal modo minore al modo maggiore, in un clima di nostalgia e di estasi, che subito riprende vigore con un crescendo progressivo fino al bacio. Il Lied si conclude con due versi della prima strofa, creando l’effetto di un inevitabile ritorno all’angoscia interiore che stavolta, però, attraverso un graduale rallentamento e diminuendo, giunge fino alla morte psicologica, sottolineata dal fermarsi dell’arcolaio. Goethe fu anche l’ispiratore di due piccoli cicli liederistici (pubblicati durante la vita di Schubert): i Gesänge des Harfners aus “Wilhelm Meinster” D.478 – 480, e i Gesänge aus “Wilhelm Meinster” D. 877 (i canti di Mignon). Ambedue i cicli sono tratti dal romanzo “Wilhelm Meinster Lehrjahre” pubblicato nel 1795 – 1796, e sintetizzano in pochi spaccati tutta l’esistenza dei due personaggi. Non abbiamo prove che Schubert abbia letto il romanzo, ma se ne era di sicuro interessato, in quanto il “Wilhelm Meinster” era un testo sicuramente noto ai suoi amici letterati poiché aveva avuto una grande influenza e rilievo nella storia della cultura tedesca. - 10 - Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe I due cicli liederistici non descrivono alcun evento esterno. Sono incentrati esclusivamente sulle figure dell’arpista e di Mignon in cui troviamo riuniti tutti i cardini tematici della produzione liederistica di Schubert: “…il destino e la colpa, l’estraneità al mondo, il desiderio di una patria lontana, la spinta a viaggiare del Wanderer, l’emarginazione del musicante girovago…” (C. Lo Presti “F. Schubert – Il viandante e gli inferi”). Nel breve spazio di pochi lieder si svolge tutta la vicenda dei personaggi: Schubert riesce a far confluire in poche pagine di musica tutta la tensione che in cicli più ampi verrebbe distribuita su più lieder. I tre lieder dell’arpista sono tutti in la minore, aspetto che contribuisce a dare un aspetto unitario al ciclo. Nella prima poesia dei Gesänge des Harfners aus “Wilhelm Meinster”, abbiamo una presentazione della figura dell’arpista: egli desidera solo la morte poiché sa che solo la morte porterà fine alle sue pene e alla sua solitudine. Si apre con alcuni accordi arpeggiati che richiamano al suono dell’arpa. Nella prima strofa, la melodia è accompagnata da accordi, quasi a voler fare da introduzione, ma, a poco a poco, il pianoforte diventa sempre più presente assumendo un ruolo di comprimario rispetto al canto. Tutto il lied è intriso dall’idea della morte, come scopo e fine di tutti gli affanni della vita. Nel secondo lied è si parla, invece, delle “potenze celesti” che governano il mondo e il destino degli innocenti, facendoli cadere nella colpa per poi abbandonarli alla loro pena. È il - 11 - Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe nucleo del ciclo e la sua struttura è più ampia del precedente: ogni strofa viene ripetuta due volte con musica differente, cambiando la tonalità da maggiore a minore (e viceversa). Assumono rilievo gli interludi pianistici che creano un collegamento tra le varie sezioni. Nel terzo lied, l’arpista viene presentato come un emarginato, costretto a mendicare il cibo di porta in porta completamente alienato dal mondo e, quasi a simboleggiare la complessità dello stato d’animo dell’arpista, Schubert adotta un tipo di scrittura denso, non propriamente pianistico ma quasi contrappuntistico. I Gesänge aus “Wilhelm Meinster” hanno avuto una realizzazione più complessa: ognuno dei lieder del ciclo ha avuto numerosi rimaneggiamenti da parte di Schubert. La versione data alle stampe come op. 62 comprende quattro lieder: troviamo, infatti, il primo lied realizzato sia come duetto (il num. 1), sia come lied solistico (il num. 4). Mignon si presenta “…sola e priva di ogni gioia…” : inizialmente, la melodia del lied solistico crea la magia di un canto innocente e puro ma questa magia viene interrotta dalle appoggiature dissonanti che troviamo nell’accompagnamento del pianoforte. Nella sezione centrale, il canto si fa più concitato (“…Es schwindelt mir, es brennt mein Eingewiede…” ) e il testo viene ripetuto due volte (quasi a voler enfatizzare il senso di vertigine di Mignon) fino ad arrivare ad una sospensione sulla dominante a cui segue la ripresa. - 12 - Franz Schubert - Johann Wolfgang Goethe Nel secondo lied, Mignon ci dice che il destino e un giuramento le impedisce di aprire il suo cuore a Wilhelm. Il canto, sillabico e procedente per gradi congiunti, simboleggia la prostrazione di Mignon nei confronti di un destino avverso ed è sostenuto da accordi pieni al pianoforte che danno un senso di solennità al canto. Particolarità di questo lied è la realizzazione musicale degli ultimi due versi. Sulle parole “…allein ein Schwur drückt mir die Lippen zu, …” Schubert realizza un drammatico recitativo che crea un senso di inquietudine per il giuramento che impedisce a Mignon di aprire il suo cuore. Il terzo lied ci rivela la vera natura di Mignon: ella è un angelo decaduto che desidera solo ritornare da dove è venuta, dove non c’è distinzione tra uomo e donna. In questo lied, Schubert utilizza una scrittura che si può ricondurre al corale: la melodia è sostenuta, come nel lied precedente, da ampi accordi al pianoforte, che verranno abbandonati solo in due versi (“…dann offnet sich der frische Blick…” e “…doch fühlt’ich tiefe Schmerz genung…”) dove il pianoforte raddoppia il canto con vigorose ottave. Salendo per gradi congiunti, i due versi dono differenziati nell’arrivo: il primo sfocia su un raggiante modo maggiore (Mignon dice che aprirà gli occhi per una nuova visione), il secondo su un amaro modo minore (“…ma nell’intimo ho molto sofferto…”). Questi due versi sottolineano la doppia natura di Mignon, quella terrena, carica di patimento e quella celeste. - 13 -
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