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CONTRIBUTI
GINNA E CORRA E LA CINEPITTURA IN ITALIA
VINNY SCORSONE
Palermo
C
hi si occupa di cinema sperimentale si sarà più volte imbattuto nei
nomi di Ginna e Corra ovvero i due fratelli Bruno (Ravenna 1892Varese 1976) e Arnaldo (Ravenna 1890-Roma 1982) Ginanni
Corradini.
Nobili di nascita, futuristi per scelta, sebbene tra i meno conosciuti del
gruppo futurista (almeno fino ad alcuni anni addietro), Ginna e Corra
rappresentano due figure molto importanti nel panorama artistico europeo per
quello che riguarda la cinematografia d’avanguardia. La loro era la ricerca di
una fusione della pittura d’avanguardia con il nuovo strumento tecnologico.
Interessante è anche notare che proprio a Ginna è attribuito uno dei primi
quadri astratti della storia dell’arte italiana (Nevrastenia, 1908), negli stessi
anni in cui questo termine veniva utilizzato, nel suo libro, Abstraktion und
Einfühlung, da W. Worringer.
Pittore, scrittore e teorico egli fu anche l’autore dell’unico film futurista
ufficiale: Vita futurista del 1916, proiettato il 28 gennaio 1917 al Teatro
Piccolini di Firenze1, che vedeva la partecipazione dei maggiori esponenti del
movimento2 e di cui oggi rimangono solo pochi fotogrammi.
Secondo Paolo Bertetto, i fratelli Corradini, insieme a Vasilij Kandinskij,
Franz Marc, Pablo Picasso e Arnold Schönberg contribuirono alla nascita di
una “nuova dimensione estetica” con un “linguaggio nuovo” tipico delle
poetiche delle avanguardie storiche3, elaborando un cinema costituito da
impressioni sensoriali ed emotive e in grado di “giocare” con la forma e con i
colori. Per mezzo di Ginna e Corra, con la realizzazione di sei cortometraggi
sperimentali prodotti con la tecnica della pittura direttamente sulla pellicola
(tecnica che sarà utilizzata decenni dopo da Len Lye e Norman McLaren)
nacque la cinepittura in Italia.
Il primo Manifesto del cinema futurista fu pubblicato l’11 settembre 1916
sul 9° numero del giornale L’Italia futurista di Milano, firmato in calce da
Filippo Tommaso Marinetti, Bruno Corra, Emilio Settimelli, Arnaldo Ginna,
Giacomo Balla e Remo Chiti. Sul manifesto, che si articola in 14 punti, si
può così leggere: “Scomponiamo e ricomponiamo così l’universo secondo i
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nostri meravigliosi capricci, per centuplicare la potenza del genio creatore
italiano e il suo predominio assoluto nel mondo”4. E ancora: “Il
cinematografo futurista che noi prepariamo, deformazione gioconda
dell’universo, sintesi alogica e fuggente della vita mondiale, diventerà la
migliore scuola per i ragazzi: scuola di gioia, di velocità, di forza, di
temerarietà e di eroismo. Il cinematografo futurista acutizzerà, svilupperà la
sensibilità, velocizzerà l’immaginazione creatrice, darà all’intelligenza un
prodigioso senso di simultaneità e di onnipresenza”5.
All’interno del manifesto erano spiegate anche diverse tecniche
cinematografiche.
Ginna iniziò i suoi primi esperimenti verso il 1911. In un suo scritto del
1961 ricorda: “Ricorsi alla pellicola cinematografica per ottenere effetti e
motivi cromatici (1911) con esperienze simili alla cinematografia odierna dei
cartoni animati”6. E ancora, “Sin dal 1907 avevo capito le possibilità
cinepittoriche del cinema […] nel 1908-9 non esisteva una macchina per fare
le riprese a tempo, un fotogramma per volta. Pensai di dipingere direttamente
su pellicola”7.
Dal giugno all’ottobre del 1912 i fratelli Ginanni Corradini, dopo numerosi
esperimenti non sempre riusciti e dei quali ci hanno lasciato notizia,
produssero come già detto sei cortometraggi. Il primo, Accordo di colore, si
sviluppava in una pellicola di circa 180 metri ed era tratto da un quadro di
Giovanni Segantini (probabilmente i fratelli si rifecero a Riposo all’ombra
dipinto dall’autore nel 1892)8. Così scrisse Ginna a proposito di questo film:
“Il divisionismo era un punto base per gli studi sull’accordo cromatico,
sinfonia cromatica ecc. perché diversi puntini o trattini, formavano, appunto,
una corrispondenza con le diverse note musicali. Ecco ciò che ci accostava a
certe zone di colore del Segantini”9.
Il secondo film Studio di effetti tra quattro colori presentava la colorazione
della pellicola con due coppie di colori complementari: rosso e verde, azzurro
e giallo.
Il terzo film, noto come Canto di primavera, era la trasposizione in chiave
cinepittorica dell’omonima romanza senza parole di Mendelssohn –
Bartholdy accoppiato ad un valzer di Chopin.
Il quarto film si rifaceva al sonetto di Mallarmé Les fleurs tradotto in colori.
Di questi quattro film nessuno originariamente aveva un titolo,
probabilmente furono dati da Mario Verdone e così, ormai, vengono
conosciuti10.
I soli due film a cui Ginna e Corra diedero un titolo, dilungandosi nella loro
descrizione, ritenendo gli altri poco più che studi, furono: L’arcobaleno e La
danza realizzati entrambi nel 1912 con la tecnica della pittura direttamente su
pellicola e che si sviluppavano per una lunghezza di circa 200 metri 11.
Purtroppo di questi film nulla è stato conservato perché probabilmente
andati persi durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale.
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Nel 1914 intorno a Ginna e Corra si viene a formare un gruppo di artisti
intellettuali futuristi che danno origine al cosiddetto “Secondo futurismo
fiorentino” detto anche “Pattuglia Azzurra”.
Nella sua attività Ginna fu anche collaboratore a riviste futuriste e scrittore
di racconti e per il teatro. Dopo la caduta del fascismo egli ricoprì l’incarico
di funzionario alla Direzione generale della Cinematografia di Roma.
Dei due Bruno Corra fu, soprattutto, il teorico.
Nei loro numerosi scritti i due fratelli spiegarono chiaramente i loro
approcci al cinema. Nel 1911, all’interno della 2ª edizione di Arte
dell’avvenire pubblicarono il loro primo scritto teorico sul cinematografo e
sulla cinepittura. In realtà in principio le loro opere erano state progettate per
la scena teatrale costruita in modo tale da poter ospitare la drammatizzazione
di pure forme astratte lineari, quello che loro stessi definirono “dramma di
linee”. Per fare questo furono costretti a creare degli strumenti che
permettessero di attuare i loro propositi (si pensa che abbiano progettato uno
strumento molto simile al raggio laser).
Tra i tanti da loro stessi ideati, Ginna e Corra riferiscono nei loro scritti di
un apparecchio cinematografico modificato “che proietti sopra una tela nera
delle linee bianche, le quali si annodino, si sciolgano,[…], si spezzino”12. La
stessa composizione visiva che ritroveremo anni dopo nella Diagonal
Symphonie di Eggeling (1921/24).
Il progetto però si rivelò troppo complesso e costoso cosicché i fratelli
Corradini diressero i loro sforzi verso il cinema, un mezzo nuovo e dal
grande potenziale pittorico, sicuramente economicamente meno impegnativo.
Per presentare il loro particolare metodo di colorazione della pellicola, i due
cercarono di realizzare un film da proiettare subito prima delle
rappresentazioni pubbliche di cinepittura. Il film doveva constare di quindici
motivi cromatici della durata circa di un minuto ciascuno. La struttura di
questi doveva essere molto semplice in modo che il pubblico potesse
apprezzare in pieno la corrispondenza tra musica e colori. Purtroppo il film
rimase incompiuto anche per l’impossibilità di procurarsi la pellicola che
veniva fornita dalla Casa Lumière.
Dopo l’ingresso ufficiale nel movimento futurista Arnaldo e Bruno Ginanni
Corradini divennero, ribattezzati da Giacomo Balla con dei nomi in linea con
le idee del gruppo, Ginna (da ginnastica) e Corra (da correre) 13. Purtroppo
questo avvenimento segnò anche il loro allontanamento dalla cinepittura per
darsi esclusivamente agli scritti e al cinematografo considerando quest’ultimo
più un mezzo per riprendere la realtà che per far pittura, rigettando il lavoro
fatto negli anni precedenti14.
Nel 1910 i due fratelli pubblicarono Arte dell’avvenire in cui si
proponevano un rinnovamento dell’arte riconosciuta come “cosa di scienza”
tema che già secoli prima era presente in Leonardo da Vinci nel suo Trattato
della pittura15 e che riprenderà Alexandre Alexeieff nel 1973 nel suo Elogio
del film d’animazione16.
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Per i Corradini è nell’osservazione della natura e nella rappresentazione
della sua essenza che risiede il lavoro dell’artista poiché l’arte è già esistente,
in potenza, in natura; anche in questo caso troviamo tra i tanti un anticipatore
in Leonardo da Vinci che scrive nel suo trattato: “La pittura rappresenta al
senso con più verità e certezza le opere di natura” 17 tema che riprenderà
Kandinskij, secoli dopo, nei suoi scritti.
È in questa visione che, secondo i due fratelli, le varie espressioni artistiche
si assomigliano. Partendo da questa idea analizzarono la musica, la pittura, la
scultura, l’architettura e la letteratura rilevandone i parallelismi e le
corrispondenze comparative basandosi su quattro elementi ricorrenti:
Accordo, Motivo, Accordo-Immagine, Motivo-Immagine precisando che
questi punti non sono che “forme pure” soggette a numerose sfumature18. Per
i Corradini tra questi elementi, il Motivo è formato da suoni che cambiano di
continuo così come nella cinepittura cambiano i colori (Motivo cromatico);
l’Accordo, invece, è un suono fisso nello spazio che in pittura si tramuta in
quello che, più tardi, sarebbe stato definito un quadro astratto ma che Ginna
chiama Accordo-cromatico19.
Sono, questi, anni molto felici per la sperimentazione e la contaminazione
delle arti. In Germania Kandinskij e Marc, nel loro almanacco Der Blaue
Reiter (1912) studiavano la possibilità di realizzare un’opera di forme e
colori (Il suono giallo) e in Francia Leopold Survage teorizzava la
cinepittura, accoppiata alla musica, e iniziava la lavorazione del suo film.
Nello stesso anno Prampolini, inizialmente diffidente sull’utilizzo di questo
nuovo mezzo tecnico, si mostrava interessato alla sperimentazione tra colore
e suono vedendo nel colore puro e avulso dalla forma l’elemento principale
attorno al quale avrebbe dovuto ruotare tutta la produzione del “pittore
futuro”.
In questo clima rientrano anche le notizie relative a due progetti di film che
ricalcavano i già citati esperimenti: uno di Schönberg, basato sulla sua opera
Die glückliche Hand, che avrebbe dovuto vedere la collaborazione di
Kandinskij, Kokoscka ecc. e un altro di Kandinskij stesso tratto da Der gelbe
Klang20. In seguito anche Depero, Malevič e, successivamente, Magritte
progetteranno alcuni film, ma anche questi rimarranno solo sulla carta.
È interessante notare come in Arte dell’avvenire Ginna lasci intravedere
delle intuizioni che già portano i germi del surrealismo.
Paradossalmente l’attività di cinepittori dei Corradini si interruppe, come
già detto, proprio con il loro ingresso ufficiale nel movimento futurista. Il
movimento, difatti, li omologò con il resto del gruppo. Si è tra l’altro a
conoscenza, tramite alcune lettere spedite da Corra e da Ginna a Francesco
Balilla Pratella nel 1930, di un progetto per la realizzazione di un film, questa
volta col sonoro, su soggetto di Bruno Corra. Il film probabilmente non
venne mai realizzato così come il progetto successivo, del 1936, per la
realizzazione di un film musicale intitolato Balilla e Tonietta. Nel 1938
Ginna aggiorna, inserendo le nuove scoperte tecniche avvenute negli ultimi
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venti anni: il sonoro, il colore, le nuove macchine da ripresa e da proiezione,
il manifesto del 1916, dando vita ad un altro manifesto intitolato La
Cinematografia, che firma con Marinetti nel 193821. Dopo questa parentesi
l’Italia dovette aspettare gli anni trenta prima che un altro pittore, Luigi
Veronesi, riprendesse il percorso orientandosi, però, verso il cinema astratto.
Un altro interessante mezzo con il quale gli artisti in seguito si trovarono a
fare i conti fu la televisione.
Dopo gli eventi della seconda guerra mondiale, dalla quale l’Italia uscì
profondamente segnata, l’animazione si legò sempre più alla produzione
pubblicitaria.
Chi seguì le orme dei fratelli Corradini fu tra tutti Lucio Fontana.
Nel 1946 infatti egli firmava il Manifesto Blanco insieme ad alcuni allievi
dell’Accademia Altamira di Buenos Aires, che vedeva l’evoluzione di un’arte
“fondata su una nuova sintesi tra scienza (come dimensione teorica del
moderno), la creatività (come dimensione spirituale e subconscia dell’arte), e
le applicazioni tecnologiche (come mezzo della trasformazione materiale
della vita)”22. Per Fontana l’arte non poteva arenarsi nelle forme tradizionali,
doveva ampliare i propri spazi anzi invadere lo spazio e propagarsi in esso.
Nel 1943, con Joppolo, Kaisserlian, Miloni, firmava il primo Manifesto
dello Spazialismo cui seguiranno altri e in cui si leggeva: “Ci rifiutiamo di
pensare che scienza e arte siano due fatti distinti”23.
Tra i mezzi nuovi messi a disposizione dalla tecnologia si elencavano: la
radio, la televisione, la luce nera, il radar e quant’altro.
Il 17 maggio 1952 questo artista realizzò la sua unica esperienza televisiva
in una trasmissione sperimentale per la RAI-TV di Milano, creando, con
l’uso delle prime tele e carte-telate bucate, delle immagini luminose in
movimento: lo stesso anno in cui l’artista esponeva alla Galleria del Naviglio
di Milano i suoi Concetti Spaziali24.
L’esperienza di Fontana per la televisione fu più che altro una
sperimentazione del mezzo (ricordiamo che le prime trasmissioni regolari
della RAI iniziarono solo nel 1954). L’opera era basata su forme interagenti
con la luce la quale ne provocava l’animazione. Il concetto spaziale era
maggiormente amplificato attraverso il mezzo televisivo, in grado di portare
lontano il messaggio. “Sul monitor il quadro con i buchi, che costituisce la
matrice originale, si trasforma in evento: l’opera si dinamizza e si dà non più
come termine finale e compiuto di un processo ma come un processo in atto,
si identifica con la durata effimera della trasmissione smaterizzandosi” 25.
Del 1952 è il Manifesto del Movimento Spaziale per la televisione al quale
partecipano anche Alberto Burri, Anton Giulio Ambrosini, Roberto Crippa,
Beniamino Joppolo, Mario Deluigi, Bruno De Toffoli, Gianni Dova, Enrico
Donati, Virgilio Guidi, Guido La Regina, Milena Milani, Berto Morucchio,
Cesare Peverelli, Tancredi Parmeggiani, Vinicio Vianello. Nelle righe di
questo documento si leggono chiaramente i caratteri ed i fini del movimento
stesso tra cui: “è vero che l’arte è eterna ma fu sempre legata alla materia,
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VINNY SCORSONE
mentre noi vogliamo che essa ne sia svincolata e che attraverso lo spazio
possa durare un millennio, anche nelle trasmissioni di un minuto”26.
Anche se non concettualmente, dicevamo, l’opera di Fontana si collega a
quelle che furono le esperienze di Kandinskij e dei fratelli Corradini, così
come ai tentativi fatti negli anni successivi, con il sintetizzatore elettronico,
da Abe e Paik. In realtà Fontana appare interessato solo al mezzo televisivo
in quanto ponte virtuale tra più punti del paese, del mondo e dello spazio,
poiché parlando di cinema egli ha sempre mantenuto da esso un altero
distacco: “fare dell’arte di cinema, è la cosa più cretina che ci possa essere,
non ha dimensione, ha movimento solo e non ha volume”27.
Purtroppo di questi esperimenti televisivi non rimangono tracce (il nastro
magnetico per la registrazione venne utilizzato dal 1960 in poi mentre prima
le registrazioni erano poche e su pellicola)28.
Da allora molti anni sono trascorsi eppure la voglia di sperimentazione
rimane una chiave importantissima per lavorare nel campo dell’animazione e
della video-arte. L’utilizzo della tecnologia ha caratterizzato tutta la storia
dell’arte, ma ha assunto un ruolo preponderante dalla metà degli anni
Sessanta, quando fecero la loro apparizione le prime opere di Optical art e,
successivamente di Arte cinetica che sfruttavano: la prima, basandosi sulle
teorie della Gestalt, il movimento illusorio dato dalle componenti otticopsicologiche dell’opera; la seconda, il movimento reale matematicamente
programmato.
Ma l’apporto maggiore della tecnologia nel campo dell’arte si ritrova nella
video-arte, che annovera tra i suoi esponenti Nam June Paik, Studio Azzurro,
Bill Viola, Gianni Toti, Wolf Vostell, Mariko Mori, Mario Canali, Mario
Sasso, etc. Tra gli artisti che oggi potremmo definire quasi epigoni dei fratelli
Corradini, non vi è dubbio difatti che vi sono i video-artisti. Molti di loro
trovano proprio nel cinema d’animazione un supporto essenziale alla
realizzazione delle loro opere, anche perché a volte il confine tra le due arti è
molto labile e i legami sono strettissimi soprattutto se ci si ricollega al primo
cinema sperimentale delle avanguardie di cui condividono: le astrazioni, la
mancanza molte volte di una struttura narrativa, l’utilizzo di composizioni
realizzate direttamente sul supporto piuttosto che di immagini reali
manipolate (oggi digitalmente), la stratificazione, la scomposizione e la
moltiplicazione delle stesse, la voglia di sperimentare e sovente le stesse
tecniche di ripresa che, soprattutto oggi, trovano, nei più, il completamento
attraverso la moderna tecnologia informatica29.
Altri mezzi espressivi molto importanti sono: la computer-art, in grado di
generare mondi virtuali tridimensionali; l’arte elettronica, nella quale
convergono stili, idee e tendenze da tutto il mondo. Proprio nel versante
dell’elettronica spiccano le figure di Ramboz, Berioù, Moilanen, Vester, i
quali creano opere tra la video-arte e l’animazione tradizionale.
Nell’ambito del cinema d’animazione in territorio italiano, uno degli artisti
che, più di tutti, si è sempre messo in gioco (rinnovandosi ad ogni film) è
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Leonardo Carrano. Il suo procedere artistico spazia dalla cinepittura
all’incisione su pellicola, dalla ripresa di gocce d’inchiostro che si sciolgono
nell’acqua all’utilizzo di fotogrammi di film “contaminati” e plasmati dalla
pittura, dall’animazione di tomografie all’animazione in 3D. Pittura, disegno,
fotografia, cinema, incisione, computer e soprattutto musica. Ogni cosa, nei
suoi film si mescola dando vita a film unici ed originali. Ma il campo
dell’animazione sperimentale non ha vita facile, in Italia. Apprezzato
all’estero e quasi sconosciuto in patria (se non fosse per le sue partecipazioni
alla Biennale cinematografica di Venezia e all’attenzione, verso il suo lavoro,
che ha Enrico Ghezzi), Carrano si fa lentamente strada nel difficile e ostico
mondo dell’animazione italiana, un’animazione ancora legata (nonostante i
numerosi tentativi fatti da tanti artisti in passato) al cosiddetto cartone
animato. Forse perché la sperimentazione non è economicamente
conveniente? Lasciamo ad altri la risposta.
Avvalendosi della collaborazione di altri artisti, Carrano dà continuamente
vita, nel suo lavoro, ad una sorta di grande laboratorio, una bottega d’altri
tempi in cui ognuno in egual misura porta il suo contributo tecnico ed
artistico.
Pur servendosi di un mezzo che ormai appartiene alla tradizione, egli, nel
suo operato agisce proprio come dicevano i fratelli Corradini:
Noi vorremmo rinnovare il mondo. Rinnovarlo in tutto, sino in fondo,
totalmente. Rinnovarlo nella sua essenza. Dare agli uomini la formula
spirituale di una nuova vita. Imporre una più evoluta concezione della
realtà. Rivelare il vuoto di tutte le idee fatte e popolarlo con le nostre
esplorazioni vertiginose. Risolvere di nuovo tutti i problemi. Riplasmare
le filosofie. Ricreare le arti. Rivedere le scienze. Produrre nuovi problemi,
nuove filosofie, nuove scienze. Affacciare l’umanità sopra orizzonti più
vasti. Appoggiare le nostre esistenze su concetti meno puerili. Dare alle
nostre azioni scopi e significati più liberi. Rinnovare il mondo in ciò che
vi ha di più intimo, di più concreto, di più fondamentale. Rinnovarlo nella
sua coscienza, nella sua anima. RINNOVARLO in una parola 30
Tra gli artisti che hanno, nella loro vita, tenuto “fede” ai principi del
futurismo ritroviamo, in Sicilia, Vira Fabra. Tra il 1984 e il 1988 Vira
(artista, scrittrice e donna di cultura) presentò, in diverse sedi d’Italia, l’opera
Ultimi tattili ai margini delle memoria, un audiovisivo con commento critico
di Francesco Carbone. In esso l’artista, prevedendo l’importanza che la
tecnologia avrebbe avuto sull’arte, faceva scorrere e sovrapporre, su uno
schermo e con tempi cadenzati, immagini e parole emblematiche della nostra
storia dando un quadro inquietante della nostra società. La singlossia,
teorizzata da Rosanna Apicella e portata avanti dai componenti di
Intergruppo, aveva, in questo lavoro, come in tutti gli altri lavori di Vira
Fabra, un ruolo preponderante.
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Sempre in Sicilia, altro artista che si è confrontato con il procedere futurista
e che da alcuni anni si cimenta con la cinepittura e la videoarte è Michele
Lambo. Nelle sue opere le immagini scorrono ora liquide ora psichedeliche
ma mantenendo sempre in primo piano la parola e la comunicazione. Le
parole infatti sono usate come lame che scavano le coscienze e il pensiero
come roccia viva sulla quale aggrapparsi per non naufragare nel mare della
vacuità e dell’ignoranza.
Tanti sono gli artisti che ancor oggi continuano a percorrere le strade del
futurismo e probabilmente fare un quadro esaustivo e conciso della situazione
è impresa veramente ardua.
Con questo breve saggio mi sono semplicemente limitata ad esaminare
alcuni aspetti del procedere futurista, quello legato alla cinepittura, mezzo
che, stranamente, i fratelli Corradini misero da parte quando entrarono
ufficialmente a far parte del gruppo futurista, perché troppo impegnati a
seguire le idee marinettiane sul cinema.
__________
NOTE
1
G. Bendazzi , Cartoon – il cinema d’animazione 1888-1988, Venezia:
Marsilio Editori, 1988, p. 18.
2
J. Mitry, Le cinéma expérimental – histoire et perspectives, Paris: Ed.
Seghers, 1974, p. 31.
3
Paolo Bertetto, Il cinema d’avanguardia, 1910-1930, cit. in Enzo Maria
Terzano, Sulla nascita del cinema sperimentale, Firenze: Ed. Loggia dei
Lanzi, 1998, p. 9.
4
“La cinematografia futurista”, in Futurismo e futurismi, a cura di Pontus
Hulten, Milano: Bompiani, 1986, p. 449.
5
Idem.
6
G. Sproveri, M. Scaligero, A. Ginna, Arnaldo Ginna, un pioniere
dell’astrattismo in Mario Verdone, Manifesti futuristi e scritti teorici di
Arnaldo Ginna e Bruno Corra, Ravenna: Longo, 1984, p. 255 cit. in Enzo
Nicola Terzano, Sulla nascita del cinema sperimentale, Firenze: Ed. Loggia
dei Lanzi, 1998, p. 35.
7
Mario Verdone, Cinema e letteratura del futurismo, Roma: Ed. Bianco e
Nero, 1968, cit. in G. Bendazzi, op. cit., p. 18.
8
Enzo Maria Terzano, op. cit., p. 41.
9
G. Bendazzi, op. cit., p. 19.
10
E. N. Terzano, op. cit., p. 42.
11
Idem, pp. 41-43.
12
A. e B. Corradini, Arte dell’Avvenire – Paradosso, Bologna: 1911,
p. 150, cit. in E. N. Terzano, op. cit., pp. 29-30.
13
E. N. Terzano, op. cit., p. 11.
352
GINNA E CORRA E LA CINEPITTURA IN ITALIA
14
15
3.
Idem, pp. 49-51.
Leonardo da Vinci, Trattato della pittura, Milano: Ed. Tea Arte, 1995, p.
16
Alexandre Alexeieff, Elogio del film d’animazione, cit. in G. Bendazzi,
op. cit., pp. XXIII-XXIV.
17
Leonardo da Vinci, op. cit., pp. 1-3.
18
E. N. Terzano, op. cit., pp. 22-23.
19
G. Bendazzi, op. cit., p. 19.
20
E. N. Terzano, op. cit., pp. 45-47.
21
Lucia Collarile sito www.ginnacorra.it
22
Silvia Bordini, Videoarte e arte – tracce per una storia, Roma: Ed.
Lithos (collana I Saggi), 1995, p. 20.
23
Idem.
24
Idem, p. 22.
25
Idem.
26
Manifesto del Movimento Spaziale per la televisione, cit. in Silvia Bordini,
op. cit., p. 23.
27
“Dialogo di Lucio Fontana con Carla Lonzi”, cit. in Silvia Bordini, op. cit.,
p. 24.
28
“Dubois, Melon, Dubois, Cinema e Video – Compenetrazioni”, in Sandra
Lischi, Cine ma video, Pisa: Ed. ETS, 1996, p. 106.
29
Sandra Lischi, op. cit., p. 12.
30
Ginna e Corra II Edizione di Arte dell’Avvenire 1911.
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