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USA BASEBALL MAGAZINE KRIS BRYANT Un leone tenuto in gabbia.. ancora per poco. 162 PARTITE ASSIEME? Si può fare! STORIA Cleveland Indians e Philadelphia Phillies, la loro storia riassunta per voi. USA BASEBALL MAGAZINE www.mlbitalia.eu EDITORIALE Ci siamo. La nostra attesa invernale è finita. Possiamo cercare di passare il tempo guardando altri sport come il football, l’hockey, il calcio, il rugby. Ma il nostro amore risboccia ogni primavera, appena il baseball ritorna. Lo spring training è il fidanzamento, ma l’amore si corona con il matrimonio, ovvero la regular season. Siete pronti? Noi si. Pronti e carichi come non mai per offrirvi quello che nessun altro mette sul piatto. E vi anticipo che quest’anno avremo nuove importanti, succose novità. Ma veniamo a questo numero del magazine. Mi sarebbe piaciuto inserire molti più contenuti in INDICE: questa edizione del nostro “giornalino” digi- Povero Joel Pag. 4 tale, purtroppo per questioni personali legate - Kershaw colpito da al mio prossimo matrimonio (quello vero, non una line drive, si quello con il baseball, fatemi gli auguri) non rialza e termina la partita Pag. 5 ho potuto integrare con degli ottimi articoli di baseballontheroad.com. Vi prometto che cer- Gli Angels colpiscono duro, Bauer subisce cherò di impegnarmi di più. quattro tripli in un inning - Quindici “game 162” in contemporanea? Si può fare! - Two weeks to go: si infiamma lo spring training - Kris Bryant e quel macigno pesante.. - Chi troppo vuole.. TJS per Brady Aiken - Primi problemi in casa White Sox - Ersatz baseball: le reazioni alla retrocessione in AAA di Kris Bryant - La storia dei Philadelphia Phillies - La storia dei Cleveland Indians Pag. 6 Pag. 7 Pag. 8 Pag. 10 Pag. 12 Pag. 13 Pag. 14 Pag. 17 Pag. 20 Ricordatevi. Un diamante è per sempre. Cosa vi offre MLBITALIA.eu? - Notizie, curiosità, rumors di mercato e tutto quello che riguarda la Major League Baseball, e tutto il baseball americano in generale. - Il blog Quartabase, una piccola finestra sulle curiosità del baseball, a cura di Manuel Mazzoni - Approfondimenti storici, a cura di Michele Pepe - Nel nome del gioco, l’irriverente podcast condotto da Pietro Striano, con la collaborazione di Marco Barbanera. - Tamburi di guerra, il podcast di Luca Giangrande dedicato ai Cleveland Indians - Pinstripe Tales, il nuovo podcast di Kevin Senatore con unico soggetto la squadra più titolata della MLB, i New York Yankees - Ascesa dei Vinti, blog senza peli sullo schermo a cura di Pietro Striano - But we had fun, blog con aneddoti storici a cura del trio Pepe Campanini - Striano Povero Joel Quanto è breve la gloria ter- rena. Tanti uomini hanno compreso ciò troppo tardi e sono entrati a far parte della categoria dei superbi. Tanti uomini hanno riflettuto sul valore dell’essere famosi, ma non hanno trovato risposta. Altri, invece, hanno vissuto sulla propria pelle la sofferenza e la fatica che a volte ci riserva la nostra vita e quindi hanno capito che la fama non è niente in confronto alla salute. Lo sport insegna. In particolare, il baseball è un libro aperto, in cui sono scritte miriadi di storie. Si parla di vittorie e sconfitte, di cadute e di riprese. Ad ogni modo, soprattutto in questi anni in cui gli infortuni invadono il mondo del batti e corri a macchia d’olio, la salute è l’elemento fondamentale per la nostra esistenza. Per questo motivo senza un benessere fisico e mentale, neanche un talento cristallino può esprimere al meglio le sue potenzialità. Joel Hanrahan ha sempre avuto un buona reputazione come rilievo perché disponeva di una fastball e di una slider alquanto competitive. Selezionato dai Dodgers nel 2000, Joel debutta con i trasandati Nationals dei primi anni del nuovo millennio e di conseguenza anche le sue prestazioni non convincono. Poi Washington decise di cederlo a Pittsburgh e la carriera spicca il volo definitivo. Dopo un 2010 ad alti livelli, l’originario di Des Moines assume il ruolo di closer dal 2011 e per due stagioni consecutive chiude tra i primi sei closers più concreti della National League. Metterà a segno la bellezza di 76 saves in due stagioni, impressionando i più scettici nella prima parte del 2012. Chiaramente contribuirà al ritorno dei Pirates ai play-off, ma con la crescita di Jason Grilli al termine del 2013, i Bucs non ci pensano due volte a cederlo ai Boston Red Sox insieme al noto uomo-versatile Brock Holt in cambio di Mark Melancon e Jerry Sands. L’avvento alla Beantown non è dei più soddisfacenti. C’era tanta attesa per il primo test come closer di una squadra campione del mondo. Da buon pirata il prodotto di Norwall non si adatta alle pressioni del Fen- way Park e vive un momento di declino che culmina con l’immancabile infortunio. Inizialmente era solo un innocente fastidio al braccio, ma successivamente si capì che era molto più serio l’acciacco. Era l’inizio di un calvario che durerà fino all’anno prossimo. Joel Hanrahan è infatti ancora ai box dopo la sua seconda operazione al gomito. Ovviamente si tratta della Tommy John surgery. La ricaduta è avvenuta ad inizio marzo con la casacca dei Detroit Tigers, disperatamente in cerca di closer affidabili. Il 2 di marzo Hanrahan lascia il campo e, senza neanche iniziare, la stagione termina mestamente. I Tigers lo hanno rilasciato da poco. Non è il primo caso di doppia (o tripla) operazione. Si ricorda l’episodio riguardante Jonny Venture, ora ai Rays, quindi la riflessione sul tema Tommy John surgery si arricchisce di un nuovo spunto. Quanti altri talenti non potranno esprimersi al meglio nella loro carriera agonistica? Anche colui che avrebbe dovuto essere il futuro prospetto numero 1 del draft 2016, Cal Quantrill, si è sottoposto al famigerato intervento. La risposta resta oscura, ma il tema si prospetta molto accattivante e potrebbe interessare anche altre discipline, soprattutto quelle in cui il problema fisico è comune come il calcio o la pallacanestro. Intanto, i giocatori si rendono conto di come, in un momento, tutto il successo può dissolversi e solo ciò che è veramente importante rimane intatto: altri valori che canno al di là dello sport. Kevin Senatore, 19/03/2015 Kershaw colpito da line drive, si rialza e termina la partita Attimi di paura a Mesa, Ari- zona, quando nella parte bassa del terzo inning l'MVP e Cy Young award winner della National League 2014, Clayton Kershaw, è stato colpito nella parte sinistra del volto da una battuta di Andy Parrino, battitore degli Oakland Athletics, che aveva girato su un cambio di velocità rompendo anche parte della mazza. Kershaw, che nella parte alta del terzo aveva battuto un singolo contro Sonny Gray, prima cade a terra e poi, mentre la pallina viene raccolta da Uribe che con un errore di tiro regala la base a Parrino, stordito si siede sulla terra rossa. Sul monte arrivano subito Mattingly ed il dottor Stan Conte, medico sociale dei Dodgers, e Kershaw riesce ad alzarsi ricevendo gli applausi del pubblico. Nulla di grave ma solamente tanta paura per il numero 22 che perde un dente ma riesce ugualmente a portare a termine la sua partita lanciando altre due riprese prima subendo un singolo da Craig Gentry e poi eliminando gli ultimi sette battitori incontrati. Il fenomenale partente dei Dodgers ha continuato la sua preparazione in vista dell'Opening Day lanciando 15 ulteriori lanci nella sessione di bullpen: « Se fosse stato qualcosa di serio, non sarei rimasto sul monte. Non ne vale la pena in partite di spring training. Nello stesso momento sono rimaste ancora poche partenze da effettuare ed ho bisogno di accrescere il mio pitch count », dice a Ken Gurnick di MLB.com. Luca Giangrande, 21/03/2015 Gli Angels colpiscono duro: Bauer subisce quattro tripli in un inning Terzo inning da incubo per Trevor Bauer, lanciatore partente dei Cleveland Indians, che in un Goodyear Ballpark gremito in ogni ordine di posto ha subito quattro tripli contro i Los Angeles Angels. Dieci giorni prima, nella sua seconda partita di spring training contro i Chicago Cubs (poi vinta dagli Indians per 106), la terza scelta assoluta del draft 2011 ed ex stella della rotazione della UCLA fu colpito da tre fuoricampo consecutivi nel quarto inning battuti da Jorge Soler, Javi Baez e Kris Bryant. Bauer, successivamente, subì anche un singolo da Wellington Castillo prima di chiudere l'inning grazie a tre flyball raccolte al volo dagli esterni Raburn, Bourn e Tyler Holt. Nella partita di ieri, con il punteggio sul 4-0 già dal secondo inning, a dare il via alla danza dei tripli è stato Aybar con una grounder tra prima base e linea di foul con la pallina che si perdeva nell'esterno destro. Successivamente è il turno di C.J. Cron con una profonda flyball battuta lungo l'esterno centro-sinistro che atterra sul muro posto a 380 piedi. Dopo l'eliminazione di Iannetta (che porta tuttavia il punto del 6-0), tocca a Giavotella battere il terzo triplo dell'inning ancora grazie ad una flyball sui 380 piedi che atterra qualche centimetro più a destra rispetto alla pallina battuta da Cron. A completare l'opera ci pensa dopo tre lanci Colling Cowgill con una lunga flyball battuta in profondo esterno centro-destro. Quattro tripli in un inning ed in cinque battitori con Bauer, che nel precedente inning aveva subito anche due doppi ed un fuoricampo, colpito in ogni punto del campo. Termina la sua partita dopo aver aperto il quarto inning subendo un singolo da Trout ma eliminando per strikeout Albert Pujols. A fine gara ci scherzerà su: « Avete mai visto qualcosa di simile? Non ricordo di aver mai visto qualcosa del genere in ogni livello del baseball. L'hoo chiesto a qualcosa come cinque o sei persone diverse nel dugout. Potrebbe essere successo per la prima volta in assoluto ». L'incontro termina dopo tre ore e mezza sul risultato di 11-5 per gli Angels e a fine gara la linea di Bauer dirà: 3.1IP, 9H, 8R, 6ER, 0BB, 4K, HR, E sabr society for american baseball research capitolo italiano Ricerca storica sulle origini del gioco nel nostro paese, raccolta dei dati relativi al baseball giocato, agli interpreti che vi hanno preso parte e l'analisi degli stessi. In più, il Capitolo Italiano si prefigge lo scopo di offrire una vetrina privilegiata sul lavoro svolto nel recente passato da SABR sul baseLuca Giangrande, 21/03/2015. ball americano, raccolto in pubblicazioni e libri che proveremo a tradurre per gli appassionati italiani. www.sabritaly.org Quindici 'game 162' in contemporanea? Si può fare! Per gli italiani è normale ve- dere partite che cominciano con lo stesso orario. Durante il campionato di calcio più partite iniziano alle ore 15 della domenica, mentre nella Legabasket gran parte delle “palle a due” ha luogo alle ore 18:15 dello stesso giorno. In virtù dell’enorme superficie degli States ed i suoi cambi d’orario, tutti i campionati statunitensi scelgono l’orario più consono al luogo dove si gioca il match. Il più utilizzato è quello delle 7 di sera. A New York, a Los Angeles, a Colorado si inizia alle 19 locali. Solo quando le partite sono trasmesse dalle emittenti nazionali non si considerano più di tanto gli orari locali, perchè c’è una programmazione ben strutturata che non può essere cambiata. Pertanto alcuni Sunday Night trasmessi dalla ESPN sono dei “Sunday evenings”. Un esempio lampante è il confronto tra Giants e Dodgers. In questo modo si coinvolgono più spettatori nella visione della partita, visto che sono a casa. Ecco, il suddetto cam- biamento, soprannominato da alcuni “synced” game 162, consiste proprio nell’attirare la gente a vedere l’ultimo capitolo della stagione regolare. Infatti, la MLB ha deciso che, indipendentemente dall’ora locale, tutte le partite numero 162 della regular season inizieranno alle 2:30-3 ET (orario di New York, Washington DC e Boston). Ciò significa che in California il primo lancio avrà luogo alle mezzogiorno. Per gli spettatori potrebbe essere molto fastidioso. Pensare che a Los Angeles si sveglino alle 9 per vedere una partita di baseball dopo il festoso sabato sera è un po’ strano. Oltretutto, se alcune squadra sono fuori gara per i play-off, i tifosi possono semplicemente ignorare l’ultima partita, visto che non fa testo. Entra in gioco, dunque, “l’amore” per la squadra e per il baseball. Svegliarsi presto per vedere i propri giocatori è segno di grande affezione alla squadra e la società sarebbe sicuramente contenta se lo stadio fosse gremito anche in queste occasioni. D’altro canto, chi assiste alle partite in East Coast deve pensare che ha poco tempo per svolgere altre attività. Quando finisce la partita saranno le sei ed il tempo libero scarseggia. Tuttavia, la partita sarebbe comunque molto più godibile ed emozionante soprattutto se le squadre in campo competono per i playoff, perchè si vengono a sapere i risultati in tempo reale e si vive la giornata con grande interesse. Il destino di una squadra, di una città è compattato in un solo, intenso pomeriggio. Se dal punto di vista del pubblico quest’idea sembra avere qualche svantaggio tempistico, lo spettacolo non mancherebbe di sicuro, perchè avremmo confronti di alto livello simultaneamente. Ad esempio, potremmo avere una sfida Price-Sale e KershawShields alla stessa ora. Soprattutto va rimarcato che alcuni risultati non saranno influenzati dai parziali degli altri match. Se una squadra è in vantaggio di una partita nella classifica della Wild Card e sa già il risultato finale della diretta inseguitrice o vede che sono in svantaggio, la partita non avrebbe più un valore agonistico degno di un match decisivo per un posto ai play-off. L’anno scorso, il discorso riguardò la AL Central, in particolare i Kansas City Royals ed i Detroit Tigers. Quando i futuri vice-campioni del mondo seppero del successo dei Tigers e del conseguimento del titolo divisionale, i Royals hanno abbassato il ritmo, messo le seconde linee e si sono concentrate sulla Wild Card Game. Anche la vittoria degli Athletics sancì la definitiva eliminazione dei Mariners. Perciò i ragazzi capitanati da Felix Hernandez non si sforzarono più di tanto a vincere l’ultimo match stagionale. Le condizioni, però, sarebbero diverse tra una costa e l’altra. Nella costa orientale la partita termina con il tramonto, pertanto le ombre potrebbero disturbare i battitori nel corso di tutto il match, mentre nella costa occidentale il sole splenderà tutta la partita, ma anche in quel caso le ombre potrebbero giocare un brutto scherzo verso le ultime riprese. Ad ogni modo, l’intento della Major League Baseball è quello di rendere il più avvincente possibile l’ultimo giorno di stagione regolare. La reazione degli addetti ai laovri è assai positiva. L’esterno dei Dodgers Andre Ethier crede che le partite di quella giornata saranno più interessanti, mentre alcuni esperti hanno defi- nito questa soluzione come una mossa geniale. Insomma, il riformatore Rob Manfred vuole divertirsi a fare zapping. Non vuole perdersi le sfide fra i titani del monte. Vuole gustarsi i primi assaggi di Postseason. Buongustaio. Come risulterà questa mossa? Non lo sappiamo, ma l’esperienza del calcio (vi ricordate il Manchester City quando vinse il campionato?) e del torneo di NCAA americano ci fa pensare che le prossime “Game 162” saranno ancora più emozionanti. Forse non ci sarà bisogno di no-hitters come quelle di Jordan Zimmerman ed Henderson Alvarez per sconvolgere la giornata. Ciò che non mancherà sarà lo “scoreboard watching”, la tensione, il tripudio e...”Tutto il baseball lancio per lancio”! L’appuntamento è al 4 ottobre 2015 (giorno di San Francesco, un presagio?). Kevin Senatore, 22/03/2015 Two weeks to go: SI infiamma LO SPRING TRAINING La domenica appena trascorsa segna l’inizio degli ultimi quindi ci giorni prima di Opening Day. Le rose iniziano a sfoltirsi e pian piano si ha l’idea di come sis chiereranno le trenta squadre della MLB nella giornata inaugurale della campagna 2015. Intanto, primi squarci di Spring Training giungono dalla Florida e dalla Arizona. Tra giocate particolari e gustosi aperitivi pre-stagionali, gli highlights della domenica 22 marzo sono numerosi e vlae la pena citare alcuni fatti: 1) Anteprima Subway Series: Mets battono Yankees 6-0 Il sole splende sul monte di lancio e sorride all'asso dei Mets Matt Harvey. Il partente dell’All-Star Game 2013 sembra sempre più pronto per l’inizio della stagione e lo dimostra con una prestazione eccellente da 5.2 innings in cui subisce due valide e zero punti. Per il 25enne (compirà gli anni prossima settimana) il biglietto da visita primaverile è di 14.2 innings con ERA di 1.26. Sensazionale. Il prossimo passo per il manager Terry Collins consiste nell’aumentare il conto dei lanci del suo lanciatore numero 1. Non sorridono i Bronx Bombers, poichè CC Sabathia si fa trafiggere da ben tre fuoricampo e l’attacco rimane anonimo tutto il match. Per il partente mancino, il quale si è presentato con una velocità della fastball leggermente migliore rispetto all’anno scorso, fatali sono stati i colpi di Lagares, Wright e Duda. Il primo home run è avvenuto, comunque, in circostanze particolari. 2) Inside the park home run Domenica 22 marzo ha visto ben due fuoricampo occorsi all’interno del diamante: Juan Lagares ha messo a segno il primo, sfruttando la collisione col muro dell’esterno centro yankee Jose Pirela, il quale è stato dimesso dall’ospedale con una commozione cerebrale dopo la botta. L’altro è avvenuto a casa dei Boston Red Sox ed ha visto protagonista la shining star della Spring Training, insieme a Kris Bryant, Mookie Betts. L’esterno è destinato a far parlare di sè quest’anno, soprattutto se continuerà a mantenere numeri come la media battuta di .471 (impossibile da mantenere, sia chiaro). 3) World Series retro: James Shields invulnerabile, Bumgarner quasi Cinque mesi dopo la Fall Classic e dopo un confronto diretto in questo mese, appaiono in contemporanea anche James Shields e Madison Bumgarner, assi delle rispettive finaliste delle World Series l’anno scorso. Il nuovo lanciatore dei Padres lancia cinque riprese e non subisce alcuna valida, salvo poi concedere due basi ball agli avversari. La sua lotta contro il partente dei Cubs Jason Hammel, anche lui ottimo, termina in “pareggio” in quanto l partita sarà decisa nel sesto inning quando Tommy Medica spedirà una palla oltre le recinzioni, dando il colpo decisivo al match vinto da San Diego per 6 a 1. Madison Bumgarner, invece, si comporta bene contro il super-lineup degli Angels, subendo solo una valida. Suo malgrado, l’unica valida è un fuoricampo di Albert Pujols su un cambio poco efficace. MadBum eliminerà gli ultimi 16 battitori della sua partita chiudendo la sua domenica con sei riprese. Per la cronaca, gli Halos si sono aggiudicati il confronto per 3 a 2. 4) Torna Miggy, V-Mart in rampa di lancio È stato anche il giorno del ritorno di Miguel Cabrera. Dopo i trattamenti al piede destro ed alla caviglia, il prima base venezuelano torna con una valida su tre apparizioni al piatto. Sia lo stesso Cabrera sia il manager dei Tigers Brad Ausmus sono ottimisti riguardo il debutto ad Opening Day. Pronto a tornare anche Victor Martinez, il quale sembra abbia recuperato l’infortunio di inizio anno solare 2015. 5) Niente Ryu per i Dodgers Non solo buone notizie nel clan dei Dodgers dopo un altro fuoricampo di Yasiel Puig. Infatti, la franchigia di Los Angeles ha annunciato che il partente coreano Ryu Hyun-Jin non sarà della partita ad Opening Day. Un altro infortunio per il numero 3 Dodgers, i quali potranno comunque utilizzare quattro uomini in rotazione fino a metà aprile. Nei prossimi quindici giorni ci sarà altra carne al fuoco. Non mancheranno approfondimenti su Kris Bryant e le altre tappe d’avvicinamento a Opening Day. BASEBALLMANIA La Gazzetta del Baseball e del Softball. Su Baseballmania potete trovare news su: - Baseball Italiano - Softball italiano - Nippon professional baseball - Lega Nicaraguense - Division de Honor - Serie Nacional Kris Bryant e quel macigno pesante... OPS). Rispetto ad altri talenti emersi prima come Evan Longoria e Buster Posey, il 23enne di Las Vegas fioriscepiù tardi. Nel corso della Spring Training di quest’anno ha battuto nove fuoricampo (leader per dispersione in questa categoria). Appena appare il cognome Bryant nel mondo dello sport le luci dei riflettori si accendono. Kobe Bryant ha entusiasmato per anni la NBA con il suo inconfutabile carattere da leone che a tratti è diventato quasi invadente. I suoi successi con i Los Angeles Lakers lo hanno reso una celebrità sia sul parquet sia in tutte le strade d’America e del mondo. Oramai Kobe è divenuto un modello per migliaia di aspiranti cestisti. Mentre la parabola di Kobe Bryant sembra abbia preso una traiettoria irrimediabilmente discendente, è esploso un nuovo fenomeno dal cognome Bryant. Per la delusione dei fanatici della pallacanestro non è nè il nuovo Magic Jackson nè l’erede di Kobe e non vive nemmeno a Los Angeles. Per sua fortuna, il nostro “Gastone” gioca a baseball. Il fortunato si chiama KRIS Bryant. Ha 23 anni ed è figlio di un ex giocatore di minor league per i Boston Red Sox. Era già stato reclutato dai Toronto Blue Jays nel 2010, ma rifiutò l’offerta e con un epilogo tipico di “Affari Tuoi” è stato selezionato nel 2013 dai Chicago Cubs, realtà con un digiuno ancor più lungo di quella canadese. Il prodotto dell’università di San Diego è stato presentato come potenziale trascinatore di una squadra e, quando gli Astros optarono per Mark Appel come prima selezione, i Cubs non hanno esitato un secondo. Non potevano lasciarsi scappare via un giocatore che in futuro avrebbe potuto riportare a Wrigley Field il tanto agognato anello, disperse come le rovine di Pompei ed Ercolano a suo tempo. Dunque, Bryant giunge in un ambiente ancor più affamato della calda LA. Insomma, anche lui è destinato ad una carriera di pressioni. Con gli occhi indiscreti degli osservatori della MLB a spiarlo tra Tennessee ed Iowa, il 2014 del terza base è il miglior battitore dei Minors in termini di potenza e basi guadagnate (leader con 43 HR, .661 SLG, 1.098 Tuttavia, non solo le sue prestazioni interessano gli addetti ai lavori bensì anche il battibecco tra il suo agente, il market-maniac Scott Boras, e la franchigia dei Cubs, con l’ex GM dei Red Sox Theo Epstein in primis, sul suo conto. Chicago, i tifosi e tutta la platea della MLB sono curiosi di vedere il ragazzo in azione, perchè contribuirebbe a migliorare lo spettacolo e ad attirare più persone nella storica (e sciagurata) North Side di Chicago. I Cubs non avrebbero nulla in contrario, anzi sarebbero propensi a schierare Kris Bryant sin da Opening Day, ma c’è una questione per il futuro che li affligge: seinserissero Bryant nel 25-man roster di inizio stagione, Bryant diventerebbe free agent dopo la stagione 2020. Nel caso che la dirigenza di Chicago decidesse di mandare la bright star ai Minors per un paio di settimane, la permanenza nella Windy City si allungherebbe di un anno. Questo è dovuto ad una regola risalente al 1946 che si è rivelata estremamente importante per i giovani giocatori dopo l’introduzione dello stipendio deciso dall’arbitrato (salary arbitration). Questo discorso complicato riguarda il service time (tempo in servizio nel roster, compreso quando si è infortunati) e la free agency. Per diventare free agents (svincolati) bisogna avere un service time di sei anni. Ogni anno di service time corrisponde a 172 giorni di presenza nel roster. Dato che la stagione dura più o meno 183 giorni, i Cubs vorrebbero evitare di far spendere il primo anno a Bryant come prospetto numero 1 della lega nel 2015 e preferirebbero spedirlo nuovamente in Iowa i giorni necessari per mantenerlo un anno di più, quando in effetti sarà in his primes, quindi ancora più maturo. Sarà 29enne nel 2021. Questa mossa a dir poco acrobatica voluta da Theo Epstein ed il GM Jed Hoyer e soci non è piaciuta per niente a Scott Boras, il quale accusa l’organizzazione dei Cubs, in carestia da 106 anni, di non avere la stoffa per vincere. L’agente di Max Scherzer, nonchè di altri giocatori conosciuti nel panorama MLB, ritiene che il suo mandante sia pronto per giocare nei Majors e solo una squadra che non vuole vincere sceglie di percorrere quella strada. Anche Bryce Harper si è espresso contro questa decisione che, va detto, non è ancora ufficiale. In pochi hanno notato che tante squadre hanno attuato questa scelta, soprattutto chi assegna enorme importanza ai talenti provenienti dal proprio vivaio. Già in passato, nel 1988, i Cubs furono protagonisti di una mossa discutibile, quando scelsero il derelitto Leon Durham a dispetto di Mark Grace, rookie in grande forma nella pre-season. Dopo la bellezza di 17 giorni Durham fu ceduto ed i Cubs furono accusati di aver rinviato di un anno l’eleggibilità all’ar- bitrato di Grace. Più recentemente, i Tampa Bay Rays con Andrew Friedman e, casualmente, Joe Maddon a suo tempo al comando delle operazioni, “risparmiarono” Evan Longoria e David Price, promuovendoli più tardi nonostante fossero considerati dalla maggior parte degli scouts pronti per la promozione. Anche gli Astros con George Springer e Jon Singleton hanno seguito il medesimo contorto ragionamento. Ciò dimostra che questo caso è stato enfatizzato, perchè riguarda un giocatore dotato di talento immenso. Ci sono anche esempi contrari, che proprio Boras citerà, come Troy Tulowitzki e Jose Fernandez che hanno avuto un ottimo impatto nelle loro prime apparizioni. Come si può sapere se Bryant inciderà subito positivamente sul rendimento offensivo e soprattutto difensivo (la più grande preoccupazione di Epstein) dei Cubs? Spring Training dà un riferimento comunque incerto, perchè le partite di MLB sono un altro discorso in termini di lanciatori, cornice di pubblico, dimensioni dello stadio e tensione. Inoltre, Theo Epstein ha paura di mandare Bryant allo sbaraglio in terza base, ruolo tradizionalmente complicato da gestire. Infatti, l’ex giocatore dei San Diego Toreros (college) sta lavorando intensamente proprio su questo aspetto. È esattamente questo suo impegno che da una parte convince molti che l’originario della Nevada ha la mentalità vincente e dall’altra dimostra che ci sono alcune lacune da colmare. Il suo obiettivo è chiaro: “voglio raggiungere il livello della Major League il prima possibile”. Eppure, i Cubs potrebbero preferirgli i tappabuchi Tommy LaStella e Mike Olt per Opening Day. Come potrebbe reagire Kris ad una premeditata bocciatura? I Cubs mancherebbero di rispetto a Bryant, anche perchè in un sistema meritocratico un giocatore con quel trend non può essere declassato senza spiegazioni. Ecco perchè potrebbe ricorrere al comitato dei giocatori che, nella storia, ha sempre sostenuto i giocatori nei momenti in cui le organizzazioni avessero violato principi fondamentali come il rispetto. Il presidente Tony Clark si è espresso a riguardo, ma non ha una posizione così estrema: “Crediamo che sia negli interessi di tutti avere sempre in campo i migliori giocatori. Auspichiamo che tutti facciano ciò che è il bene del nostro gioco”. Alcuni fonti vicine alla MLBPA avrebbero proposto a Clark un risarcimento da parte dei Cubs a Bryant. Tuttavia, una lotta giudiziaria durante la stagione non farebbe di certo bene al giocatore perciò il desiderio di affari di Boras e l’eccitazione del pubblico per l’arrivo di questo nuovo talento dovranno essere contenuti. Ciò che in molti hanno dimenticato è che Kris Bryant potrebbe anche ricevere una sorta di risarcimento grazie proprio al sistema: è il SuperTwo, che, attraverso cavilli spiegabili in altra sede, permette al giocatore di ricevere per quattro anni il salario dall’arbitrato e non per tre anni come è di norma. Forse non è una compensazione sufficiente per chi vorrebbe Bryant sul mercato il più presto possibile, ma i Cubs, pur di vincere, sarebbero pronti a pagare un anno di stipendio in più. In generale, è difficile pensare che i Cubs possano vincere quest’anno, perchè la conorrenza è feroce. Tantomeno lo potranno fare solamente grazie al supporto di Kris Bryant. Un ragazzo vive un processo di maturazione nei Majors che non gli consente di essere performante dal primo at-bat. Va ricordato che un certo Mike Trout è partito con una media di .220. A buon intenditor... Ad ogni modo, i Cubs di Joe Maddon ambiscono sicuramente ad un alloro in futuro. Non solo con Bryant, ma anche con Javier Baez, Jorge Soler, Arizmendy Alcantara, Junior Lake, Addison Russell, Jon Lester ed Anthony Rizzo, la compagine di Chicago può dominare la scena nei prossimi anni. Il problema è che tanti avvenimenti possono ostacolare la consacrazione di questa rosa. Alla fine, però, è proprio chi supera tutte le difficoltà ad uscire vincitore, quindi i Cubs dovranno abituarsi anche a scrollarsi di dosso le loro sfortune o presunte tali. Sarà uno sforzo di squadra, ma non c’è dubbio che Kris Bryant avrà un ruolo fondamentale. È nato ocme trascinatore e si caricherà il peso dell’attacco sulle spalle. Dovrebbe essere nel suo DNA. Il suo cognome è la prova schiacciante. Chi troppo vuole...Tommy John surgery per Brady Aiken A volte la giustizia divina esi- ste. L'ingordigia, l'avarizia non sono mai stati considerati come delle caratteristiche positive, anche se ci sarebbe bisogno di sfacciataggine in certe situazioni. Il draft dell'anno scorso ci ha lasciato una telenovela esilarante che ha visto coinvolti gli Houston Astros ed il primo giocatore selezionato Brady Aiken. Il prodotto della UCLA è stato scelto dagli Astros all'ora del Amateur Draft in giugno e mancava solo la firma per vedere il suo potente braccio mancino sul monte delle squadre affiliate agli 'Stros. La firma non è mai arrivata. Infatti, dopo le ultime visite mediche, solitamente di routine, i medici hanno visto un'anomalia nel suo legamento del gomito sinistro. Se c'è una parte del corpo che non deve essere danneggiata, quello è il cosiddetto UCL, perchè è il legamento soggetto alla Tommy John surgery. Allora la dirigenza del Texas decise di abbassare l'offerta per evitare il rischio di pagare in modo esagerato un giocatore a rischio TJS. Aiken non accettò l’offerta di quasi quattro milioni. Il Il Kevin Senatore, 25/03/2015 termine era passato. Per il diciottenne, i Majors dovevano aspettare. Il motivo per cui Aiken rifiutò le offerte è ancora ignoto, ma dopo questa querelle non ha più lanciato fino alla settimana scorsa. Il 19 marzo decide di mostrare le sue qualità da lanciatore laureato nella IMG Academy a Bradenton, Florida. Lancerà 13 (casualmente) volte e successivamente abbandonerà il campo per motivi oscuri. Il problema è venuto alla luce solamente alcuni giorni dopo. Era ora di sottoporsi alla Tommy John surgery. L'annuncio è giunto sul sito playerstribune.com. Nelle ultime ore, Aiken è stato operato dal dottore newyorkese Dr.David Altcheck e sta per iniziare una lunga riabilitazione. Si è appena iscritto ad una scuola quadriennale, quindi è probabile che non lo rivedremo fino al 2018. Avrà ancora 21 anni comunque e pertanto la carriera è lungi dall'essere compromessa. Tuttavia, la strada verso i Majors ha preso una deviazione improvvisa. Ci sarà una via d'uscita? Forse il destino ha insegnato qualcosa al divo Brady Aiken. Accontentati di quello che hai, perchè chi troppo vuole nulla stringe. Kevin Senatore, 27/03/2015 Primi problemi in casa White Sox I Chicago White Sox sono stati protagonisti di una off-season brillante e ricca di mosse coinvolgenti. La rotazione con Chris Sale, Jeff Samardzija e John Danks è una componente di tutto rispetto ed anche l’attacco privo di Paul Konerko può contare su Jose Abreu e del neo-arrivato Melky Cabrera per puntare in alto. Tuttavia, Spring Training sta ponendo qualche ostacolo al percorso dei Southsiders. Il bullpen, punto debole principale dell’anno passato, ha fornito prestazioni inquietanti in questo mese di marzo. David Robertson, acquistato quest’inverno per assumere il ruolo di closer, si presenterà ad Opening Day con un ERA di 7.71 e con un braccio convalescente. Ancora più incerta la situazione del setup man Jake Pe- tricka. Il 26enne non ha svolto alcuna attività fino a questo weekend edaprirà la stagione 2015 con poco allenamento. Per non parlare dei middle relievers come Maikel Cleto e Matt Albers, che insieme hanno concesso otto punti nel match di sabato. In particolare Cleto ha numeri terrorizzanti, visto che il suo ERA è di 11.74 sinora. I rilievi sono in seria difficoltà, ma Robin Ventura non si preoccupa: “vedremo come torneranno David Robertson e Jake Petricka. Comunque troveremo un giocaotre che occuperà i loro ruoli”. Va aggiunto che i White Sox inizieranno la stagione con Chris Sale nella disabled list. Per questo motivo alcuni voci di corridoio parlano di un debutto del super-prospetto Carlos Rodon con la maglia dei White Sox. Il suo ERA di 3.65 durante Spring Training può tentare la dirigenza capeggiata dal GM Rick Hahn, però bisognerà prim aliquidare il caso Hector Noesi, poichè il suo rilascio comporterebbe una perdita di un partente. Non è ancora chiaro se è possibile utilizzare il bullpen come un punto di transito verso il massimo livello per il terzo giocatore selezionato del draft 2014. L’ottimismo a Chicago non manca. I White Sox sanno di poter competere contro le migliori della AL Central. Ad ogni modo, il bullpen deve cambiare marcia rispetto all’anno scorso, altrimenti vincere le partite sarà molto più complicato. Non si può chiedere sempre un complete game a Sale... Kevin Senatore, 29/03/2015 ‘Ersatz baseball’: le reazioni alla retrocessione in AAA di Kris Bryant 30 marzo 2015: Kris Bryant è trasferito al Minors camp. Sembra uno di quegli avvenimenti normali che fanno parte degli ultimi giorni di Spring Training. È l’annuncio che un giocatore non vorrebbe mai vedere, ma è abituato a leggere in un mondo selettivo come quello della MLB. Ciò che fa scalpore di questo trasferimento è il nome dell’individuo e le sue cifre in questo mese di marzo, perchè nessuno ha gridato allo scandalo per il trasferimento di altre due promesse del baseball di Chicago, Javier Baez ed Addison Russell. È Kris Bryant, ormai destinato a ricevere il poco ambito premio morale di MVP della Spring Training, il soggetto della baraonda che si è scatenata nelle ultime ore nel mondo del baseball americano. I Chicago Cubs hanno deciso di mandare la loro rising star a completare la sua crescita in Iowa, dove resterà per circa due settimane. Theo Epstein, president of baseball operations della franchigia, è convinto che il terza base non sia pronto in difesa ed ha preferito propinargli un periodo di “apprendistato” con una finestra verso i Majors. La mossa è probabilmente legata al contratto di Bryant, perchè con dodici giorni in meno di service time (numero di giorni nella rosa dei 25) il 23enne rimarrebbe sette anni a Chicago e non sei prima di diventare free agent. Per questo motivo l’agente Scott Boras si è scagliato contro la dirigenza dei Cubs di recente, reputandola non desiderosa di vincere. Ovviamente dopo questa che indurrà Joe Maddon ad utilizzare Mike Olt in terza base, le reazioni non si sono fatte attendere. Prendiamone in esame alcune: La MLBPA, ovvero l’associazione dei giocatori della MLB, ha rilasciato una dichiarazione in cui esprime la sua delusione (“a bad day for baseball”) per una decisione che è da considerare una sorta di negoziazione al limite del lecito. La Players’ Association potrebbe infatti avere in mente di fare causa ai Cubs, ma bisognerà attendere sviluppi sulla vicenda, poichè il processo sarebbe assai lungo ed anche perchè Tony Clark non si è mostrato così perentorio a riguardo come i suoi predecessori al comando dell’associazione e quindi potrebbe risparmiarsi una procedura che creerebbe un altro precedente tra i Cubs e la MLBPA dopo quello del 1988. Molto più categorico è Scott Boras una MLB senza Kris Bryant, ergo senza i migliori giocatori, non è da considerarsi MLB. L’agente del suo mandante definisce la lega “Ersatz Baseball”. Proprio in questa affermazione si sono incuriositi un po’ tutti gli ad- detti ai lavori, perchè la parola "ersatz" è tutt’altro che frequente nel linguaggio parlato. Alcuni giornalisti si sono dilettati a cercare il termine nel vocabolario per chiarirlo a coloro che non conoscono questo tipo di lessico a dir poco aulico. @Ken_Rosenthal Better definition! RT @Jc_1978: er·satz adj (of a product) made or used as a substitute, typically an inferior one, for something else. Insomma, da buon avvocato Boras ha utilizzato una parola da "Azzeccagarbugli" per dire che la MLB sarebbe un prodotto di qualità inferiore senza Kris Bryant in campo. Al di là della bizzarra dichiarazione di Boras, ormai sempre più mattatore di questo delirio del regolamento, c’è chi parla di mossa evitabile, perchè, per quello che ha dimostrato sul campo il terzo giocatore selezionato nel draft 2013 merita di essere con la prima squadra, mentre Andrew Miller, rilievo degli Yankees, considera questa scelta una “parte del gioco”. Sulle reti sociali si trovano uno svariato numero di opinioni sia a favore sia contrarie alla retrocessione di Kris Bryant. Comunque, in molti sottolineano il bisogno di migliorare il sistema e di evitare questi tipi di cavilli che danneggiano il giocatore ed in un certo senso anche la squadra, dato che i Cubs potrebbero fare a meno di un giocatore potenzialmente titolare per le prime due settimane. @JeffPassan Make no mistake: The Cubs did the right thing in sending Kris Bryant to AAA -- under the terms of the CBA. And that is a vital caveat. @AaronGleeman Cubs are basically trading 15 games of Kris Bryant in 2015 for 162 games of Kris Bryant in 2021. Dumb system, but they're using it smartly. Il fenomeno Bryant è discusso ovunque e questo caso dovrebbe indurre il commissioner Rob Manfred a mettere una pezza, magari cambiando il sistema. Da quello che trapela dagli States, Bryant ha accettato la decisione ed è pronto a lavorare in triplo A nell’attesa che il momento della tanto agognata chiamata arrivi. La sua prima possibilità di scacciare tutta questa polvere sul suo conto e di mangiare il suo pane quotidiano: prendere la mazza e battere. Kevin Senatore, 30/03/2015 I Podcast di MLB Italia: - Nel nome del gioco, il podcast per eccellenza di MLB Italia. Da una idea di Pietro Striano, con la collaborazione di Marco Barbanera. - Tamburi di Guerra, a cura di Luca Giangrande, completamente dedicata ai Cleveland Indians. -Halos Heaven, per gli appassionati dei Los Angeles Angels of Anaheim, con la voce di Marco Campanini - Pinstripe Tales, il nuovo nato in casa MLB Italia, condotto da Kevin Senatore, interamente dedicato alla squadra più titolata della MLB, i New York Yankees. speciale: la storia del baseball a cura di Michele Pepe Philadelphia Phillies: la storia in breve. Nel momento in cui Tug McGraw(nella foto) eliminò al piatto Willie Wilson, esterno sinistro dei Royals, alle undici di sera del 21 ottobre 1980 chiudendo così a favore dei Phillies gara 6 della World Series di quell'anno (la gara quindi che portò in dote alla franchigia della Pennsylvania l'anello ed il titolo di Campione del Mondo) aveva fine il digiuno più lungo della storia del baseball professionistico americano: dall'istituzione delle World Series infatti (1903) i Phillies furono l'ultima delle sedici squadre fondatrici a vincere l'anello, dopo 77 anni! Ma i Phillies non sono nati con le World Series; la fondazione della squadra e la sua adesione alla National League è datata 1883, quando la “Old League” si vide costretta a sostituire le squadre che avevano deciso di fuoriuscire dalla Lega per fondarne una nuova, la American Association. La circostanza fa dei Phillies la squadra dal binomio “città-nome” più antico nell'intero panorama Major (i Cubs, i Braves ed i Reds sono più antichi, ma i primi hanno cambiato nome, i secondi nome e città, i terzi il nome e la Lega) e, ma questo non ditelo ai loro tifosi, gli assegna il poco invidiabile record di franchigia con più sconfitte della storia (sono 10.551 prima dell'inizio della stagione 2015!); non potrebbe essere altrimenti, visto che la squadra è stata per lunghi periodi il fanalino di coda della National League, schiacciata sia dalla fondamentale mediocrità del roster che i proprietari, di volta in volta, hanno messo a disposizione dei 52 Manager che si sono avvicendati alla guida della squadra, che della formidabile concorrenza rappresentata nei primi anni cinquanta del ventesimo secolo dalla presenza in città di una seconda squadra, gli Athletics (in grado di vincere 9 Pennant American nei primi 30 anni di storia Major): che piaccia o no sentirlo dire Philadelphia ha sempre amato il baseball in maniera “ordinata”, anche ai tempi di Connie Mack e degli A's praticamente imbattibili (1909-1914, 1928 – 1931), e non ha mai garantito (a tutto tondo) il sostegno necessario per due squadre contemporaneamente. Non è un caso, quindi, che il rendimento dei Phillies abbia seguito un crescendo costante proprio a partire dal trasferimento degli A's ad Ovest: dal 1901 al 1954 infatti la percentuale vinte/perse era pari ad un mediocre 0,433, mentre se si considera l'intervallo temporale dal 1955 al 2014, la percentuale sfiora la parità (0,495) e, soprattutto, sono arrivati 5 Pennant National (1980, 1983, 1993, 2008, 2009) e due anelli (1980, 2008) a fronte dei due (1915, 1950) conquistati quando “gli altri” erano ancora in città. Se poi si aggiunge che il Pennant 1915 fu conquistato in un anno in cui c'erano tre leghe Major presenti (la Federal League si aggiungeva alla National ed alla American) con un livello medio dei roster che registrò un abbassamento generalizzato in virtù della concorrenza della terza Lega, e che in quelle due edizioni di World Series i “vecchi” Phillies riuscirono nell'impresa (anche se a distanza di trentacinque anni) di perdere otto gare con- secutive dopo aver vinto gara 1 del 1915 contro i Red Sox (persero infatti 4-1 con Boston, e poi furono spazzati 4-0 dagli Yankees nel 1950), l'insieme di questi dati avvalora l'affermazione secondo la quale quando si parla dei Philadelphia Phillies si sta parlando del più classico dei “parenti poveri”. Queste considerazioni non ci devono però impedire di fornire al lettore una chiave di lettura fondamentale: quando si parla di squadra “perdente” o di “parente povero”, non si deve pensare ad una compagine dimessa, formata nel corso dei decenni da giocatori di rincalzo, allenata da uomini spediti sulle rive del fiume Delaware a farsi le ossa o, peggio, a svernare. Nella cultura a stelle e strisce il “perdente” è semplicemente colui che è risultato sconfitto una volta in più di quanto non gli sia stato possibile primeggiare, ma è comunque un soggetto da amare, rispettare, seguire con affetto e con la giusta considerazione. Non è quindi colpa dei Phillies (ed il tifoso americano medio lo sa benissimo) se negli anni ottanta del diciannovesimo secolo, quando la franchigia si chiamava ancora Quackers ed il duopolio delle Leghe era costituito dalla National e dalla American Association, nonostante la squadra fosse guidata da uno dei padri universalmente riconosciuti del gioco (Harry Wright, nella foto in alto) e potesse annoverare giocatori di ottimo livello (Charlie Ferguson, Charlie Buffinton, Deacon McGuire) la Lega era dominata da squadre oggettivamente più forti (Chicago White Stockings agli inizi, New York Giants al termine della decade con le irruzioni di squadre fenomenali in grado di “ballare” una sola estate, come i Providence Grays del 1884 ed i Detroit Wolverines del 1887); e non è certo colpa dei Phillies se la storia si ripetè anche nel decennio successivo (18901900), quando Boston (5), Baltimore (3) e Brooklyn (3) si accaparrarono gli undici campionati disputati mentre nella città dell'amore fraterno giocavano fenomeni come Jack Clements, Kid Gleason (al suo primo “passaggio” a Philly, tor- nerà ad inizi 900; Gleason è in odore di Hall of Fame per il Comitato dei Veterani da qualche anno...) e soprattutto tre Hall of Famer del calibro di Sam Thompson, Ed Delahanty e Billy Hamilton: in quegli undici campionati ai Phillies non riuscì mai di raggiungere nemmeno il terzo posto. Ricordate che quella era una National League a dodici squadre, unica Lega Major esistente; si tornò alle otto squadre nel 1899, ma i due anni successivi furono solo un lento prepararsi alla nascita della American League (1901) ed al format che resiste ancora oggi, World Series (dal 1903 in poi) comprese come evento finale e decisivo tra le due vincenti di Lega. E dal lato dei Phillies, l'era del baseball cosiddetto “moderno”, quello del definitivo duopolio National/American iniziò nel modo in cui era terminata quella precedente, all'insegna del “vorrei ma non posso”; buoni Manager (su tutti Sir High Duffy, Hall of Famer anche se come giocatore), ottimi giocatori (lo stesso Hamilton, Gavvy Cravath, Roy Thomas, Sherry Magee), soprattutto il merito (se ci riferiamo a quegli anni) di aver portato nel mondo Major nel settembre 1910 quello che è stato, probabilmente, il più forte lanciatore di tutti i tempi, Grover Cleveland “Old Pete” Alexander, un uomo che se avesse soltanto dimezzato la quantita di alcohol ingerita nel corso degli anni durante le sere di stagione regolare, avrebbe vinto un centinaio di partite in più delle 373 che gli valgono ancora il terzo posto nella graduatoria come lanciatore con più vinte in carriera, e che lo hanno catapultato di diritto nella Hall of Fame con il ballottaggio del 1938, il terzo in assoluto; perdonatelo, i votanti si erano dovuto preoccupare di eleggere prima Ty Cobb, Babe Ruth, Honus Wagner, Christy Mathewson e Walter Johnson con la classe del 1936, Nap Lajoie, Tris Speaker e Cy Young con quella del 1937... (Pete fu l'unico eletto nella classe 1938, e per darvi un'idea esaustiva del livello di quelle votazioni, i giocatori classificati dal secondo al trentesimo posto del ballottaggio 1938 sono poi entrati tutti a Cooperstown). Pete Alexander era il perno della squadra che vinse il primo Pennant National della sua storia, quello conquistato al termine della stagione 1915; le sue 31 vittorie (a fronte di 10 sconfitte, con 36 Complete Games!) furono la base su cui Pat Moran costruì una squadra da 90 vittorie e 62 sconfitte: la World Series persa contro i Red Sox (contro cui, in quegli anni, non si poteva praticamente giocare...) fu una delusione tremenda per tutto l'ambiente, che seppe comunque reagire conquistando i secondi posti neii due anni successivi, risultati che sembravano preludere alla nascita di una dinastia; ma al termine della stagione 1917 sia Alexander che il numero due della rotazione, Eppa Rixey (altro membro di Cooperstown) lasciarono la squadra; Rixey seguì Moran a Cincinnati, vincendo l'anello dello scandalo del 1919, Alexander fece le fortune dei Cardinals dopo una parentesi a Chicago, ed i Phillies indossarono gli abiti di Cenerentola, per dismetterli solo quarant'anni dopo. Il triennio dorato dei Phillies andava ad incastrarsi nell’unico periodo storico in cui era venuto meno il predominio delle corazzate National di quegli anni (il ripetersi di quanto accaduto negli ultimi anni del secolo precedente, come si diceva prima): dopo il dominio Giants di inizio secolo, il sopravvento dei Cubs delle meraviglie, poi dei Pirates di Honus Wagner e nell'attesa della fioritura della dinastia dei Cardinals, i Phillies “ballarono” per tre estati, poi più nulla: ci crediate o no, dal 1918 e fino al 1947, in una Lega che contava otto squadre, in sole tre occasioni Philadelphia fu in grado di evitare uno dei due ultimi posti (quindi il settimo o l'ottavo): nel 1925, 1931 e nel 1932... quello che non sapete ancora, è che in due di queste circostanze arrivarono sesti... Il duello, in quegli anni, era con i Braves (che allora erano a Boston) per evitare l'ultimo posto, che negli anni 1921, 1923, 1927, 1928, 1930, 1936, 1938/1942 (il quinquennio degli orrori) fu condito da record con almeno 100 sconfitte (111 nel 1941 il record negativo), il tutto ottenuto giocando in uno Shibe Park desolatamente e perennemente vuoto, con Manager che si alternavano con cadenza quasi annuale e nonostante la presenza di giocatori che avrebbero meritato palcoscenici migliori (su tutti l'icona della Philadelphia di quegli anni, Chuck Klein, a Cooperstown dal 1980). Nel 1948, la svolta. Arrivano a rinfoltire i ranghi una serie di giovani di belle speranze come Del Ennis, Curt Simmons, soprattutto il futuro Hall of Famer Richie Ashburn, ed i Phillies iniziano la risalita: sesti nel 1948, terzi nel 1949, campioni National nel 1950 con 91 vittorie e biglietto per le seconde World Series della loro storia. Purtroppo per loro, al capolinea di quel metaforico viaggio c'era ad attenderli una delle squadre più forti di sempre, gli Yankees di Joe DiMaggio, Yogi Berra, Vic Raschi e Whitey Ford, ed i Bombers risolsero la pratica in meno di otto ore di gioco, quattro partite nel corso delle quali i Phillies misero a segno la miseria di 5 punti complessivamente. La stagione di metà secolo fu l'apice della carriera di quella generazione di giocatori, che dovettero aspettare oltre un decennio (il 1964) per trovarsi a competere nuovamente per il Pennant di una National ormai a dieci squadre: fu la stagione fu esaltante della storia National, ancora di più di quella del 1908, con tre squadre a contendersi il titolo appaiate all'ultima giornata, con i Phillies avanti di otto gare all'inizio di settembre sui Cardinals che poi li bruciarono sul filo di lana, sopravanzando di una gara Phila e Cincinnati. Il 21 giugno di quello stesso anno, nella prima sfida di un doppio confronto con i Mets nella cornice dello Shea Stadium di New York, Jim Bunning lanciò il quinto Perfect Game dell'era moderna, il primo della storia della franchigia. Ma quella stagione fu un fuoco di paglia estemporaneo; il vero punto di svolta si ebbe con la stagione 1972, quando in maglia Phillies potè esordire Mike Schmidt, universalmente considerato il miglior terza base di sempre nella storia del baseball. Di quella squadra faceva già parte un altro fenomeno, Steve Carlton, e non c'è tifoso di baseball in America che abbia del grigio tra i capelli che, al solo sentir dire “Phillies 1980” non vi risponda con questi due nomi: Schmidt e Carlton. La squadra entrò stabilmente ai Playoff a partire dal 1976, ne rimase fuori solo nel 1979 e l'anno successivo arrivò finalmente l'anello, il primo per la franchigia, il primo per la città da cinquant'anni (lo vinsero gli Athletics nel 1930). L'anno successivo la corsa di Phila si interruppe nelle serie divisionali e quella generazione di fenomeni ebbe l'opportunità di bissare il successo nella World Series del 1983, persa però 4-1 contro gli Orioles. Il resto è storia recente. Dopo una ulteriore decade di assestamento, cicli che nello sport professionale americano sono abbastanza normali, i Phillies son tornati a giocarsi il titolo di Campione del Mondo nel 1993, ma i Blue Jays stopparono il loro sogno al termine di gara 6; ancora un decennio di sostanziale anonimato e poi lo sfolgorante quinquennio (2007-2011) che ha portato in dote cinque titoli divisionali consecutivi, il secondo anello vinto (2008) ai danni dei Tampa Bay Rays (4-1), la sconfitta nella World Series 2009 subita per opera degli Yankees di Matsui e Jeter. Nel frattempo Roy Halladay (29 maggio 2010) trovata il tempo di lanciare il diciottesimo Perfect Game della storia contro i Marlins, e la seconda “no-hitter” di postseason nella vittoria casalinga contro i Cincinnati Reds nelle Division Series. Ecco, segnatevi questo nome e questa data: Roy Halladay, gennaio 2019. Probabilmente in quei giorni lo vedrete ricevere il biglietto per Cooperstown. Michele Pepe Cleveland Indians: breve storia degli Indiani I Cleveland Indians parteci- pano all'American League da 114 anni, ovvero sin dalla fondazione (avvenuta nel 1901) della lega che attualmente fa parte della MLB. La franchigia dell'Ohio nord-orientale - che ha cambiato denominazione ben 4 volte passando a quella attuale da Cleveland Blues, Cleveland Bronchos e Cleveland Naps – ha vinto due World Series (1920 e 1948), cinque pennant dell'American League, sette titoli divisionali ed ha partecipato ai playoff per undici volte. Escludendo Rangers, Padres, Expos/Nationals, Mariners, Astros, Brewers e Rays che non hanno mai vinto (fino ad oggi) una World Series, i Cleveland Indians sono (dopo i Chicago Cubs, 1908) nel gruppo la squadra che non vince l'anello da più tempo (67 anni). Le radici. Per spiegare meglio la storia dei Cleveland Indians dobbiamo necessariamente partire dalle più antiche radici. Possiamo far partire l'inizio del baseball professionale a Cleveland dal 2 giugno del 1869, quando la prima squadra professionistica di Cleveland – Cleveland Forest Citys – sfida la prima storica squadra professionista di baseball degli Stati Uniti: i Cincinnati Red Stockings. Dal 1871 al 1872 i Cleveland Forest Citys hanno fatto parte della prima lega professionistica di baseball, la Nationals Association. Dopo 7 anni Cleveland torna ad avere una nuova squadra a livello professionale, che partecipa alla National League nata nel 1876 dalle ceneri della National Association, tornando a chiamarsi Forest Citys prima di diventare Cleveland Blues nel 1882. A causa delle stagioni negative, i Blues perdono giocatori e sono costretti a star fuori da una lega per altre tre stagioni quando, nel 1887, una nuova squadra di Cleveland (gli Spiders) riesce ad iscriversi alla American Association, una lega fondata nel 1882 che fino al 1891 si contrapporrà alla National League. La storia degli Spiders è particolare. Per almeno 6 anni, guidata dal futuro hall of famer Denton “Cy” Young e dal forte seconda base Cupid Childs, hanno conteso la gloria a Boston Beaneaters (futuri Boston Braves, futuri Milwaukee Braves, futuri Atlanta Braves) e Baltimore Orioles fino a quando, nel 1899, i fratelli Robison – proprietari dei Cleveland Spiders – dopo aver rilevato i Saint Louis Browns (futuri Saint Louis Cardinals) trasferirono tutti i migliori giocatori di Cleveland a Saint Louis. Come conseguenza gli Spiders ebbero un roster di minor league che senza fissa dimora (furono costretti a giocare la maggior parte delle partite casalinghe in trasferta) chiuse il campionato con un record di 20-134, il peggior record di sempre nella storia del baseball. Il baseball a Cleveland è riuscito a sopravvivere in un primo momento solamente grazie ai Cleveland Babes, che nel 1890 hanno giocato nella Players' League, lega che nonostante fosse dicretamente seguita riuscì a durare per una sola stagione. Gli Indians e la prima World Series. A dire il vero, le squadre fin qui menzionate non c'entrano nulla con la vera storia dei Cleveland Indians. Se vogliamo parlare dei Cleveland Indians che conosciamo oggi dobbiamo partire dal 1900 anno in cui Ban Johnson riuscì a trasformare una lega di minor chiamata Western League in una lega di major che chiamò (e si chiama tuttora) American League. La storia parte quindi dal 1901 e dai Cleveland Bluebirds. I Bluebirds, diventati Bronchos dall'anno seguente, trovano la loro forma in seguito all'arrivo di Napoleon Lajoie, un forte seconda base che aveva lasciato i Philadelphia A's di Connie Mack a causa di una disputa salariale. L'arrivo di Lajoie sconvolse letteralmente il baseball a Cleveland che grazie ad un pitcher di nome Addie Joss e ad un forte esterno di nome Elmer Flick comincia a competere per il titolo negli anni a venire sotto il nome di Cleveland Naps. I Naps arrivarono per la prima volta vicini al pennant dell'American League nel 1908 quando, dopo una stagione chiusa con un record 90-64, arrivarono a 0.5GB dai Detroit Tigers. Una consolazione per la stagione dei Naps arrivò il 2 ottobre 1908 quando in 74 lanci Addie Joss lanciò il primo perfect game della storia di Cleveland. La prematura morte di Joss (1911) e l'addio di Lajoie (1914) apre una fase di transizione. Charles Somers, il proprietario, decide di ricostruire la squadra vendendo la principale stella Joe Jackson per oltre 31mila dollari e tre prospetti. I soldi arrivati dalla cessione di Jackson tuttavia non bastano a Charles Somers per evitare il tracollo finanziario. La soluzione si presenta grazie ad un “clevelander” chiamato Jim “Sunny” Dunn che rileva la franchigia ed acquista Stan Coveleski, Jim Bagby e Tris Speaker. Nel giro di 4 anni gli Indians tornano competitivi. Nel 1919 la tribù arriva ad un passo dal pennant che invece viene conquistato nel 1920 insieme alla World Series. Ma il 1920 non viene ricordato solamente per il primo pennant e per la prima World Series vinta. Il 16 agosto, al Polo Ground di New York, l'interbase Ray Chapman viene colpito alla tempia da un lancio dello spitballer degli Yankees Carl Mays. Chapman cade a terra, si rialza ed in seguito collassa sulle ginocchia. Non si rialzerà più. Verrà trasportato all'ospedale dove morirà il giorno seguente. Da quella tragedia avrà inizio la carriera di Joe Sewell, chiamato dalle minors per sostituire il compagno di squadra, che racconterà di aver giocato quella stagione con lo spirito di Chapman in corpo. Sewell chiuderà la stagione battendo .329. Il mese successivo, a seguito dello scandalo Black Sox, il proprietario dei White Sox (che erano avanti 1.5GB sugli Indians) sospende gli 8 giocatori della sua squadra coinvolti nello scandalo: Eddie Cicotte, Oscar Felsch, Arnold Gandil, Joe Jackson, Fred McMullin, Charles Risberg, George Weaver e Claude Williams. I White Sox perdono le ultime partite men- tre gli Indians ne approfittano e sorpassano i rivali staccando il biglietto per la World Series da giocare contro i Brooklyn Robins (futuri Brooklyn Dodgers, futuri Los Angeles Dodgers). La serie al meglio delle cinque (le gare erano nove) vide come protagonisti Stan Coveleski (vincitore di tre gare su tre) e Jim Bagby, Elmer Smith e Bill Wambsganns autori di tre “prime volte” nella stessa gara: Jim Bagby fu il lanciatore vincente di gara 5 ed autore del primo fuoricampo battuto da un lanciatore in una partita di World Series. Elmer Smith fu il primo battitore a battere un grande slam in un incontro di World Series mentre Bill Wambsganns fu l'autore del secondo triplo gioco senza assistenza della storia della MLB (il primo fu realizzato il 19 luglio 1909 da Neal Ball, interbase dei Cleveland Naps, in una partita contro i Boston Red Sox) e fino ad ora il primo e l'unico nella storia delle World Series. La transizione, il Municipal Stadium e la barriera razziale. Dopo la vittoria alla World Series 1920 per gli Indians inizia un lento declino causato principalmente dall'esplosione dei New York Yankees e dall'invecchiamento di giocatori chiave come Tris Speaker che si ritirerà dal baseball nel 1925 dopo 3516 battute valide in carriera. Dopo aver chiuso cinque campionati anonimi, gli Indians danno una scossa al proprio sistema. Nel 1932 apre il Cleveland Municipal Stadium costruito a tempo di record in 370 giorni e principalmente grazie a fondi pubblici. L'anno seguente nasce il Chief Wahoo, una caricatura (razzista) che mostra un pellerossa sorridente, che diviene il nuovo logo della squadra e fa capolino su cappelli e divise. Nel 1940 c'è il tempo per assistere ad un altro pezzo di storia della franchigia. Il giovane Bob Feller, lanciatore acquistato quattro anni prima, lancia una no-hitter nell'opening day contro i White Sox. E' la sesta no-hitter nella storia degli Indians. E' stata la prima stagione soddisfacente per la tribù dopo diciannove anni con gli Indians che arrivano ad una sola vittoria dai Detroit Tigers che chiudono portandosi a casa il pennant AL con un record di 90-66. L’ngresso nella seconda guerra mondiale è alle porte per gli Stati Uniti e dopo un 1941 deludente gli Indians soffriranno le assenze dei suoi migliori giocatori impegnati nel fronte. Ma anche con il ritorno di Bob Feller e Lou Boudreau la situazione non cambierà con gli Indians che chiuderanno nelle retrovie le stagioni '42, '44, '45 e '46. Nel luglio del '47 Bill Veeck, nuovo proprietario dei Cleveland Indians, su esempio di Branch Rickey, decide di contribuire a spezzare la barriera razziale mettendo sotto contratto Larry Doby, un battitore di potenza che ha giocato esterno centro per i Newark Eagles, squadra della Negro League. L'ultimo anello e quella squadra del '54. Da una stagione chiusa al quarto posto si nasconde il segreto di una squadra che dominerà l'American League per almeno otto stagioni. Il 1948 è stato un anno grandioso per i Cleveland Indians che dopo aver acquistato l'anno prima Larry Doby dalla Negro League fanno la stessa cosa migliorando lo staff dei lanciatori mettendo sotto contratto Satchel Paige, un altro afro-americano che si era ben comportato nella Negro League. Come detto, è stato un anno grandioso. O forse un anno capolavoro. Gli Indians dominarono l'AL per media battuta ed ERA e mostravano una delle difese più impenetrabili in assoluto. Lou Boudreau vinse il premio di MVP mentre Bob Lemon, Gene Bearden e Bob Feller vinsero 59 partite. Per una partita di differenza la tribù si aggiudicò il pennant dell'American League superando i Red Sox per poi vincere in sei partite la World Series contro i Boston Braves con Lemon, Bearden e Larry Doby assoluti protagonisti.Il giocattolo rischiò seriamente di rompersi quando Veeck, al termine di una stagione '49 che vide gli Indians chiudere al terzo posto, fu costretto a vendere la franchigia a causa del divorzio dalla moglie. Tuttavia gli Indians furono capaci, dal 1950 al 1953, di mettere in fila quattro stagioni da 90+ vittorie pur mancando sempre la possibilità di raggiungere la World Series. Non fu così nel 1954 quando gli Indians del manager Al Lopez, degli slugger Al Rosen (recentemente scomparso nel marzo del 2015) e Larry Doby, di un veterano Bob Feller e di un grande Bob Lemon vinsero il pennant dell'American League con un record di 111-43 ed 8 partite di vantaggio sui New York Yankees. Alla World Series incontrarono i New York Giants di Willie Mays (leggendaria la sua presa spalle verso l'interno del diamante in gara 1) e Leo Durocher che vinsero il trofeo in spazzata 4-0. Gli Indians ebbero altre due stagioni positive chiudendo per due volte al secondo posto. Assoluto protagonista fu Herb Score che nel 1955, da rookie, vinse il titolo di campione degli strikeout (245) e nel 1956 ebbe una stagione da 20 vittorie. Trentasette anni di depressione. Gli anni '90 ed un nuovo inizio. Dal 1957 al 1993 i Cleveland Indians hanno avuto solamente 8 stagioni con una per centuale di vittorie pari o superiore a .500 e sono arrivati ultimi o penultimi per un totale di 18 volte. In questi anni, anche a causa di trade impopolari come quella che ha coinvolto l'amato re dei fuoricampo Rocky Colavito venduto ai rivali dei Detroit Tigers, gli Indians cominciano a perdere pubblico ed il Municipal Stadium passa da un “fatiscente impianto sportivo non adatto al baseball ma gremito di tifosi” a “fatiscente impianto sportivo e non adatto al baseball”. In poche parole, diventa ufficialmente il “mistake by the lake”. Gli anni '60-'70 sono i più duri. In 25 anni gli Indians cambiano ben 7 “ownership” e cominciano a circolare voci che vorrebbero gli Indians rilocati in altre zone. Comunque, nonostante le mille difficoltà, nel 1972 un altro lanciatore dei Cleveland Indians arricchisce la storia della franchigia con un altro riconoscimento individuale: il lanciatore partente Gaylord Perry, acquistato proprio nel 1972 in cambio di un altro grande lanciatore di nome Sam McDowell, a coronamento di una mostruosa stagione da 24 vittorie ed una ERA di 1.92, vince il primo Cy Young Award nella storia dei Cleveland Indians. Il premio intitolato proprio a Denton “Cy” Young, ex lanciatore di Cleveland Spiders e Cleveland Naps. Larry Doby e Satchel Paige, gli Indians ingaggiano l'ex Reds Frank Robinson come primo manager di colore nella storia della MLB e Robinson, che lavorava nella duplice veste di giocatore-manager, si presentava al suo pubblico con un pinch-hit home run nel l'Opening Day del 1975. Sicuramente uno dei momenti più indimenticabili di sempre per la franchigia dell'Ohio. La storia degli Indians viene scritta ancora dai suoi lanciatori. Il 15 maggio del 1981 Len Barker lanciò un perfect game contro i Toronto Blue Jays. Fu il secondo (ed ultimo) perfect game nella storia dei Cleveland Indians. Il primo dopo il perfect game lanciato da Addie Joss 73 anni prima. Dal 1990 qualcosa comincia a cambiare. Gli Indians acquistano Sandy Alomar Jr e Carlos Baerga per Joe Carter e nello stesso anno pongono le basi per costruire un nuovo ballpark grazie anche al lavoro dei nuovi proprietari, i fratelli Richard e David Jacobs, che acquistano la franchigia da Steve O'Neill. Nel 1991 gli Indians chiusero all'ultimo posto della AL East con un record di 57105 ma i motivi per essere fiduciosi c'erano tutti. Innanzitutto John Hart, nuovo GM, aveva assunto come nuovo manager una vecchia conoscenza: Mike Hargrove. Poi ha acquistato un giovane Kenny Lofton piazzatosi al secondo posto nella corsa al miglior Rookie dell'AL. Nel 1992 vengono nominati “organizzazione dell'anno” e nel 1993, nonostante un penultimo posto divisionale, c'era di che sorridere grazie ai debutti di Jim Thome e Manny Ramirez. La nascita dell'American League Central e i giorni d'oggi. Dal 1994 nella mia opinione è storia contemporanea. Nasce una terza divisione nell'American e nella National League. Gli Indians fanno parte della divisione centrale.La tribù inaugura lo Jacobs Field (poi rinominato Progressive Field) ed una nuova era inizia per la squadra di Cleveland. Per la prima volta dopo nove stagioni gli Indians tornano ad avere una stagione positiva. Chiudono un campionato influenzato dallo sciopero dei giocatori con un record di 66-47 ed al secondo posto nella divisione. L'anno d'oro è il 1995. In una stagione tagliata di 18 partite sempre a causa dello sciopero, gli Indians arrivano ai playoff vincendo il titolo divisionale grazie ad un fantastico record di 100-44 e ad un giusto mix di giovani ed esperti come Albert Belle, Jim Thome e Manny Ramirez più Dennis Martinez, Eddie Murray, Orel Hershiser e Charles Nagy. Belle diventa il primo giocatore in assoluto a battere in una stagione almeno 50 doppi e 50 fuoricampo ed il primo a collezionare 100 extra base hits da Stan Musial nel 1948. Thome e Manny Ramirez contribuirono con 56 fuoricampo mentre il closer Jose Mesa riuscì a convertire ben 46 salvezze. Gli Indians dominarono la division con 30 vittorie in più sui Royals, secondi, ed arrivarono alle ALCS spazzando in tre partite i Red Sox mentre in 4 partite si aggiudicarono il pennant contro i Mariners. Alla World Series incontrarono gli Atlanta Braves di Maddux, Glavine, Chipper Jones, David Justice e John Smoltz che si aggiudicarono il titolo in 6 partite grazie ad una one-hitter in 8 inning lanciata da Tom Glavine in gara 6 al Fulton County Stadium. La tribù, che vince la central division anche nel 1996, ritorna alla World Series anche nel 1997, eliminando Yankees ed Orioles, ma questa volta sono i Florida Marlins (futuri Miami Marlins) a sovrapporsi, ancora a gara 6, tra il titolo e gli Indians. La tribù, che nel frattempo è passata all'attuale proprietà della famiglia Dolan, resterà competitiva fino al 2001 per poi dare inizio ad una ricostruzione con Mark Shapiro nuovo GM. Roberto Alomar, Bartolo Colon, Kenny Lofton e Jim Thome lasciano Cleveland (questi ultimi come free agent) e si forma un nuovo nucleo di prospetti come Brandon Phillips, Cliff Lee, Grady Sizemore, Travis Hafner e Coco Crisp. E così, dopo 5 stagioni, gli Indians tornano ai playoff prima vincendo la division e poi arrivando ad un passo dalla World Series eliminando gli Yankees alle ALDS. Sono i Red Sox, dopo essere stati sotto nella serie per 3-1, ad arrivare alla World Series che vinceranno poi contro i Colorado Rockies. Gli Indians sono costretti ad una nuova ricostruzione dopo le difficoltà di inizio 2008: il Cy Young Award winner del 2007, C. C. Sabathia viene ceduto ai Brewers in cambio di Brantley ed altri prospetti. Arriva anche Carlos Santana dai Dodgers per Casey Black e gli Indians chiudono la stagione con un record di 8181. Nel 2009 la ricostruzione continua e gli Indians si affidano ad un nuovo manager: il saber-friendly Manny Acta. Shapiro cede anche l'altro Cy Young Award winner Cliff Lee ai Phillies in cambio di Carrasco, Marson e Donald. Via anche Victor Martinez che va a Boston in cambio di Hagadone e Masterson. Da quest'anno in poi gli Indians non chiuderanno più con una stagione vincente fino al 2013. Infatti, dopo una deludente stagione 2012, gli Indians assumono un nuovo manager: si tratta di Terry Francona, manager dei Boston Red Sox dal 2004 al 2011. L'organizzazione spende molto nel mercato dei free agent firmando l'ex Yankees Nick Swisher e l'ex Braves Michael Bourn, oltre allo slugger Mark Reynolds, ed acquista via trade elementi preziosi come Yan Gomes e Mike Aviles dai Blue Jays. La clubhouse si arricchisce poi di una figura di spessore: Jason Giambi firma un contratto di minor league e risulterà decisivo nella corsa finale alla Wild Card. Gli Indians chiuderanno il 2013 venendo sconfitti dai Rays nel Wild Card game al Progressive Field mentre il record dirà 92-70, giusto una partita dietro i Detroit Tigers, che vincono la AL Central division per la terza volta consecutiva. Il 2014 verrà chiuso con un recordi di 85-77 ma i motivi per essere allegri ci sono tutti: Corey Kluber (che si aggiudicherà il quarto Cy Young Award nella centenaria storia dei Cleveland Indians), Michael Brantley (terzo nella corsa all'MVP della AL dopo una stagione da .327 di media battuta; 200 valide, 45 doppi, 20 fuoricampo, 97 RBI e 23 basi rubate) Yan Gomes (21 fuoricampo) e Carlos Santana (27 fuoricampo) hanno delle breakout season mentre i giovani lanciatori Danny Salazar, Carlos Carrasco, Trevor Bauer e Cody Allen mostrano segnali incoraggianti. Nell'offseason gli Indians effettuano uno scambio con gli Oakland Athletics aquistando lo slugger Brandon Moss in cambio di un prospetto di seconda base, Joey Wendle, chiuso dall'AllStar 2013 Jason Kipnis e dagli interbase Jose Ramirez, Francisco Lindor ed Erik Gonzalez. - Joel Hanrahan, pag. 5, Christopher Evans of Boston Herald. - Pag. 5 Clayton Kershaw colpito da una pallina, holdoutsports.com. - Trevor Bauer, pag. 6, usatoday.com - Rob Manfred, pag 7, nydailynews.com - Kris Bryant, pag.10 e pag. 15, sports.yahoo.com - Brady Aiken, pag. 12, si.com - David Robertson con la maglia dei White Sox, pag 13 Chris Carlson/Associated Press - Pag 14 da sinistra a destra: Scott Boras, Kris Bryant, Theo Epstein, cbslocal.com - La figurina di tuc McGraw, pag 17, www.saints62.com - Harry Wright, pag 18, haulsofshame.com - Ray Chapman, pag 21, kentuckysportsradio.com Luca Giangrande ITALIAN BASEBALL PHOTO GALLERY La più grande galleria fotografica del baseball italiano! www.baseballphotogallery.it Fonti foto:
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