Elezioni in Austria, trionfa la destra di Hofer,Obama

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Elezioni in Austria, trionfa la destra di Hofer,Obama
Elezioni in Austria, trionfa
la destra di Hofer
Vienna, 27.04.2016 – Il primo turno
delle elezioni austriache ha visto il
rafforzamento dell’estrema destra di
Norbert Hofer con il 36,4% delle
preferenze (1.363.137 voti). Il Partito
delle Libertà ( FPÖ) che fu di Jorg
Haider si è ritagliato un largo
consenso negli ultimi anni, soprattutto
per quanto riguarda la questione
migranti e l’UE. Il partito dei Verdi di Alexander van der
Bellen che ha raggiunto il 20% dei voti sfiderà il FPÖ al
ballottaggio del 22 maggio. La coalizione tra socialisti e
popolari che guidava il paese dal ’45 è rimasta sotto shock
per il risultato (essendosi fermati all’11%). Il risultato è
stato salutato con favore da Matteo Salvini, Marine Le Pen e
Geert Wilders e sicuramente alimenterà l’ondata euroscettica e
anti-immigrazionista. Se già il governo socialista di Faymann
ha minacciato di chiudere il passo del Brennero, opponendosi
al paradigma dell’accoglienza illimitata proposto da gran
parte dell’Unione Europea, un governo presieduto da Hofer,
porterebbe ad un ulteriore indurimento riguardo a nuovi
ingressi nel paese. I punti principali della politica del
Partito delle Libertà si fondano soprattutto sull’opposizione
al trattato transatlantico, all’ingresso della Turchia in
Europa e all’immigrazione.
Per quanto riguarda i rapporti con la Federazione Russa, Hofer
si era già dichiarato contrario alle sanzioni e aveva
appoggiato le posizioni di Putin verso la Crimea, affermando
che la zona appartiene alla Russia e non all’Ucraina e che lo
stesso referendum svolto nel 2014, avrebbe dovuto avere luogo
anche nel Donbass.
di Francesco Iacopetti
Obama
contro
la
BREXIT,
“all’UE
serve
la
Gran
Bretagna”
Londra,
23.04.2016
–
Il
presidente americano Barack
Obama si è schierato contro la
possibile uscita della Gran
Bretagna dall’Unione Europea, la
cosiddetta Brexit. Il messaggio
al fedele alleato britannico è
stato lanciato dalle pagine del
Daily Telegraph. Obama ha
dichiarato che la Gran Bretagna è indispensabile all’UE per
quanto concerne la lotta al terrorismo, ma non ha certo
nascosto gli interessi economici, non solo britannici ma anche
statunitensi, di una permanenza in Europa. Il premier inglese
David Cameron, impegnato nella campagna in favore dell’UE in
vista del referendum del prossimo 23 giugno, ha incontrato il
presidente americano dopo la visita di quest’ultimo alla
regina Elisabetta. “L’Unione Europea – ha dichiarato Obama –
non mitiga l’influenza britannica, la esalta. Un’Europa forte
non minaccia la leadership globale della Gran Bretagna, la
accresce”.
Per l’euroscettico Boris Johnson, la visita di Obama è stata
un’intromissione non gradita nella sovranità britannica. David
Cameron sta puntando sul consenso internazionale per fare
pressione sul fronte degli euroscettici. Tra i “sì” all’Europa
si possono contare, oltre ad Obama, il presidente della BCE
Mario Draghi e Christine Lagarde.
Per dare manforte a coloro che invocano la Brexit arriverà in
Inghilterra, il presidente del Front National, Marine Le Pen.
Per la politica francese, la vittoria della Brexit “dimostrerà
che è possibile vivere fuori dall’Unione europea, o si è
liberi o non lo si è”.
Anche dal nord Europa arrivano segnali importanti, il 36% dei
cittadini svedesi ha dichiarato di essere pronto a votare in
favore dell’uscita della Svezia dall’Ue, nel caso di vittoria
della Brexit, contro un 32% di favorevoli alla permanenza e un
32% di indecisi.
Il ministro degli affari europei, Daniel Lington, ha affermato
che la Gran Bretagna da sempre riveste il ruolo di ponte tra
Unione Europea e Stati Uniti d’America. Un’eventuale uscita
dall’Ue, continua Lington, causerebbe un’indebolimento della
collaborazione tra il vecchio continente e USA, e di
conseguenza un allontanamento dalla NATO e avvicinamento alla
Russia di Vladimir Putin, già influente su paesi come Italia,
Austria e Ungheria.
di Francesco Iacopetti
Primarie USA, a New York è
tsunami di voti per Trump e
Hillary
New York, 20 aprile 2016 –
Donald Trump vince e convince
nella sua New York e si porta a
casa
89
delegati
sui
95
disponibili, raccogliendo oltre
il 60% dei consensi. Una
vittoria netta, che condanna
definitivamente il Senatore texano Ted Cruz “all’eliminazione
matematica”, come lo stesso Trump ha affermato durante i
festeggiamenti nella sua TrumpTower newyorkese. Il Tycoon
stacca Kasish di 35 punti, e l’outsider si deve accontentare
di 3 delegati, abbastanza per tenerlo ancora in corsa verso la
convention repubblicana di luglio che decreterà chi tra i
candidati repubblicani sfiderà il candidato democratico per la
Casa Bianca. Trump raggiunge così gli 845 delegati, Cruz si
ferma a 559, ancora abbastanza lontani dai 1237 su 2472
necessari per conquistare la nomination repubblicana. Martedì
prossimo però il tour elettorale sulla East Coast metterà in
ballo 170 delegati, e potrebbe significare per il miliardario
newyorkese la consacrazione definitiva in una campagna di
primarie che lo ha visto protagonista indiscusso più per i
suoi toni spesso oltre le righe che per vere e proprie
proposte politiche, tanto che lo stesso Cruz non molla la
presa ed è sempre più convinto che presentare Trump alle
presidenziali significherebbe sconfitta certa per il suo
partito.
Chi torna a sorridere è Hillary Clinton: la ex First Lady
torna alla vittoria dopo 8 sconfitte consecutive che avevano
visto il socialista Bernie Sanders tornare prepotentemente
alla ribalta in queste primarie. E’ bastato però New York a
dare respiro alla Clinton, che grazie alle sue battaglie sulla
GreenSuperPower (fare degli USA la più grande potenza mondiale
ad energie rinnovabili) e alle tematiche sociali e imbevute di
multiculturalismo, riesce a rosicchiare voti anche tra i
sostenitori del Senatore del Vermont originario di Brooklyn.
Alla presenza di Andrew Cuomo, governatore dello Stato di New
York e del sindaco della città de Blasio, Hillary ha
festeggiato a Time Square i 135 delegati contro i 104 di
Sanders, salendo così a 1911 contro i 1229 del rivale in
corsa. Manca poco per raggiungere la cifra di 2382 delegati su
4764 verso la nomination, e calcoli alla mano, martedì in
ballo ci saranno 462 delegati. Connecticut, Delaware,
Maryland, Rhode Island e Pennsylvania potrebbero dare lo
slancio necessario alla Clinton così come far compiere a
Sanders un miracolo politico di cui non si ha memoria nella
corsa alle primarie USA.
Ovviamente la corsa è ancora lunga, e si concluderà in
California il 7 giugno. Per Sanders e Cruz l’ultima spiaggia
di queste primarie si avvicina, mentre Trump e Clinton, a meno
di miracoli o colpi di coda dei relativi partiti di
appartenenza (più probabile per il Tycoon, quasi impossibile
questo scenario per la ex First Lady che non perde occasione
di dimostrare l’unità dei democratici attorno alla sua
persona) hanno ormai un piede sul cammino finale che porterà
uno dei due alla Casa Bianca.
di Nicola Iacopetti
Attentato a Kabul, 30 morti.
Gentiloni:
“Attacco
gravissimo”
Kabul, 20 aprile 2016 – Sale a
trenta il numero di vittime
dell’attentato di ieri, martedi
19 aprile a Kabul,in Afhanistan.
L’attacco
terroristico
è
avvenuto nel quartiere di Wazir
Akbar Khan, nella capitale
afghana,
dove
si
trovano
l’ambasciata americana e numerosi edifici ministeriali del
governo, tra i quali la sede dell’Unità dei Servizi di
Intelligence, vero obbiettivo dell’attentato. Il Ministero
dell’Interno di Kabul ha annunciato che, oltre ai 30 morti,
sono rimaste ferite circa 327 persone.
L’attaco è stato subito rivendicato dai Talebani, che già
nell’ultimo periodo avevano avviato l’imminente avvio di una
nova offensiva verso il governo. L’edificio colpito è infatti
la sede dell’agenzia che si occupa della protezione degli alti
funzionari istituzionali. Il portavoce
Siddiq Siddiqi, ha affermato, durante
del
una
ministero,
conferenza
stampa che il bilancio potrebbe mutare di ora in ora. Dei 30
morti, circa 15 fanno parte delle Forze dell’Unità di
Protezione mentre i restanti sarebbero civili.
Il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, ha detto ai
giornalisti di Al Jazeera che l’attacco suicida ha colpito
nel modo migliore e che ha inferto un duro colpo al governo,
concetto poi ribadito da un post su Twitter.
Il Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, si è
subito recato sul posto per un colloquio con il presidente
afghano Ghani e ha dichiarato che “in Afghanistan c’è
un’offensiva terroristica da circa una settimana, ma l’attacco
di oggi è gravissimo anche perché colpisce le forze di
sicurezza afghane”.
di Francesco Iacopetti
Bernie Sanders in visita al
Vaticano,
presenti
anche
Rafael Correa e Evo Morales
Roma, 16.04.2016 – Dopo un
infuocato duello contro Hillary
Clinton a Brooklyn, in vista
delle amministrative per le
presidenziali
USA,
Bernie
Sanders è partito alla volta del
Vaticano per prendere parte ad
un convegno commemorativo per il
25° anniversario dell’enciclica “Centesimus Annus” di Giovanni
Paolo II. Il convegno, iniziato ieri e che termnierà nel
pomeriggio di oggi, organizzato dalla Pontificia Accademia
delle Scienze Sociali, vede anche la presenza del presidente
boliviano Evo Morales e il presidente dell’Ecuador Rafael
Correa. Il senatore del Vermont a quanto pare non ha in
programma incontri con Papa Francesco, a detta di Federico
Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. La visita di
Sanders al Vaticano resta comunque un’ottima pubblicità per la
sua campagna elettorale, che ha difatti lasciato in sospeso
per qualche giorno. Il candidato democratico, parlando ai
giornalisti davanti alla Porta del Perugino in Vaticano, si è
detto impressionato dalla visione economica mondiale di Papa
Francesco. “Vediamo sempre più gente che si arricchisce e
gente che si impoverisce. Questo è inaccettabile, è immorale.
E dobbiamo cambiarlo” ha affermato Bernie Sanders aggiungendo
che le nazioni hanno la possibilità di risolvere qualsiasi
problema, dalla povertà alla sanità, dalla tutela delle
biodiversità al cambiamento climatico.
Nella mattinata di ieri, il presidente boliviano Evo Morales
ha incontrato Papa Francesco. Morales ha portato in dono al
Pontefice tre libri sulle proprietà salutari della coca,
tradizionalmente utilizzata in Bolivia, insieme ad una lettera
scritta dai Movimenti Popolari Boliviani e un busto in legno,
raffigurante Tupac Katari, leader delle rivolte anticoloniali
dell’Alto Perù, torturato e ucciso dalle forze coloniali. Il
Papa ha ricambiato con due libri, tra cui il suo ultimo testo
“Il Nome di Dio è Misericordia” e un medaglione con l’effige
di San Martino nell’atto di cedere il suo mantello al povero.
di Francesco Iacopetti
Renzi in visita in Iran. “C’è
bisogno di un rapporto ancora
più forte”
Teheran, 13.04.2016
– Nella giornata di
ieri, 12 aprile, il
premier italiano
Matteo Renzi è
volato in Iran per
un
incontro
bilaterale con il
presidente della
Repubblica
Islamica, Hassan
Rohani. Renzi, che
ieri ha incontrato Rohani e la Guida Suprema, l’Ayatollah Ali
Khamenei, si è detto onorato di poter visitare il paese e di
stringere rapporti di forte collaborazione con l’Iran. Dopo il
viaggio a Roma del Presidente Rohani dello scorso 25 e 26
gennaio le relazioni tra i due paesi continuano a migliorare.
“La fine delle sanzioni è un passaggio storico non solo per
l’Iran e i rapporti tra Italia e Iran devono continuare al
meglio sia a livello politico che economico ma anche culturale
perché siamo due potenze culturali” avrebbe dichiarato Matteo
Renzi, primo leader europeo a presenziare in Iran dopo la fine
dell’embargo in seguito all’accordo sul nucleare. Accompagnato
dall’Inno di Mameli, il premier italiano ha preso parte al
Business Forum di Teheran insieme a delegati di Eni, FS,
Saipem, Mediobanca e Anas. Sono stati siglati sette accordi
tra Italia e Iran, cinque di natura economica e 2 accordi
politici; Ferrovie dello Stato ha firmato un’intesa da 3,5
miliardi di euro le Ferrovie Iraniane. Il presidente della
Repubblica Islamica si è detto soddisfatto della visita della
delegazione italiana e ha ribadito che «L’Italia è un vecchio
e prezioso amico dell’Iran», «anche durante il periodo delle
sanzioni ha avuto la posizione più equa e se nel passato è
stato il primo partner commerciale europeo dell’Iran, vorremmo
che tornasse ad occupare questo ruolo». Claudio Descalzi,
amministratore delegato di Eni ha dichiarato: «questi sono
momenti importanti di costruzione del futuro. L’Italia si è
mossa velocemente a livello di imprese e di governo, ci sono
stati ripetuti incontri a livello di ministri e di governi a
Teheran ed in Italia, c’è stata velocità di azione su tutti i
passi di costruzione, in Iran si sta uscendo dal periodo delle
sanzioni e c’è bisogno di costruire. Io penso che per l’Italia
ci siano grosse opportunità anche al di fuori dell’energia o
accompagnando l’energia». Considerando gli accordi economici
siglati a Roma lo scorso gennaio, la collaborazione italoiraniane vale ben 20 miliardi di euro.
Anche del punto di vista politico non sono mancati spunti di
condivisione, soprattutto riguardo a situazioni delicate come
l’Afghanistan, lo Yemen, la Siria, l’Iraq e la Libia. «Da
entrambe le parti – sostiene Rohani – c’è la volontà e la
determinazione di combattere il terrorismo e condividiamo
anche la necessità di aiutare le popolazioni che hanno perso
la casa e hanno bisogno di aiuti e cure mediche». Per
implementare la collaborazione non solo politica, ma anche
culturale, tra i due paesi è necessario superare steccati
psicologici e religiosi che hanno reso l’Iran un “mostro” agli
occhi di gran parte della politica occidentale e tornare a
vedere la Repubblica Islamica come un partner geopolitico
dall’enorme peso strategico. Matteo Renzi riconosce all’Iran
«la grande civiltà del passato e il ruolo politico di oggi per
dare pace» sottolineando il «sentimento comune di due grandi
civiltà, quella persiana e quella romana e del rinascimento.
Un sentimento comuni di valori e patrimoni di ideali».
di Francesco Iacopetti
Austria: la frontiera del
Brennero, la “Santa Alleanza”
con la Russia e lo scacco
matto alla Nato
Vienna, 09.04.2016 – Negli
ultimi giorni il governo
austriaco ha attirato su
di sé le attenzioni dei
media e della stampa; poco
riguardo gli è invece
stato riservato dai media
nostrani, impegnati con i
Panama Papers, le trivelle
e gli scandali nazionali.
Hanno soprattutto fatto discutere le prese di posizione
austriache sulla questione migranti. Vienna ha voluto
sottolineare l’importanza di un rafforzamento della frontiera
meridionale del paese, quella del Brennero, sostenendo che i
soldati siano già pronti ad essere schierati al confine per
bloccare i flussi migratori; Hans Peter Doskozil, ministro
della difesa, ha dichiarato di essere pronto ad occuparsi
della pianificazione di forze aggiuntive. Il tre marzo, la
scorsa domenica, sono stati caricati dall’esercito austriaco
circa settecento manifestanti, provenienti in particolare da
centri sociali del nord-est dell’Italia, i quali avevano
bloccato la ferrovia all’altezza del Brennero per protestare
contro la chiusura della frontiera. In Italia, l’ex Presidente
della Repubblica, Giorgio Napolitano ha mostrato indignazione
per quanto avvenuto, tramite una lettera al quotidiano La
Repubblica, facendo riferimento anche alla sua amicizia con il
premier austriaco Heinz Fischer. Lo stesso Fischer , durante
un incontro con i governatori di Alto Adige, Trentino e
Tirolo, ha dichiarato di non avere intenzione di tornare sui
propri passi: “L’Italia deve comprendere che il lasciapassare
dei migranti non risolve i problemi ma li aumenta” ,
sottolineando che il suo paese non può permetterselo.
L’altro fronte di cui l’Austria si è occupata riguarda
l’alleanza con la Russia. Il presidente Fischer si è
innanzitutto schierato contro le sanzioni economiche alla
Russia, affermando quanto non solo siano una misura che
colpisce (o cerca di farlo) il gigante eurasiatico ma che
queste danneggino prima di tutto l’economia europea; i tre
“pacchetti” di sanzioni attualmente in vigore contro la
Federazione Russa, a seguito della crisi in Ucraina,
termineranno rispettivamente il 15 settembre, il 31 luglio e
il 23 giugno 2016. Il danno ai paesi europei consiste nel
fatto che la Russia abbia risposto limitando le importazioni
alimentari dai paesi sanzionatori fino al 5 agosto 2016,
portando così gravose perdite nell’economia agroalimentare
europea e in particolare in quella italiana (Dati di
Affaritaliani.it). L’Austria si aggiunge quindi a paesi come
Italia, Ungheria, Slovacchia e Grecia che il prossimo luglio,
dovranno votare contro il rinnovo delle sanzioni. Mercoledi 6
aprile, a Mosca, il presidente austriaco Fischer ha incontrato
il presidente russo Vladimir Putin, per discutere in materia
economica, militare e umanitaria. Il presidente Putin ha
dichiarato che la Russia è disposta ad aumentare la
cooperazione nel settore energetico e ha ricordato che nel
2018 sarà il 50° anniversario dell’inizio delle consegne di
gas naturale verso l’Austria, primo partner dell’Unione
Sovietica nell’Europa Occidentale.
Nel corso dell’incontro si è inoltre parlato del progetto
“Nord Stream-2”. L’amministratore delegato di Gazprom, Alexey
Miller ha confermato che il progetto sia stato discusso dai
due premier. L’opera consiste nella costruzione di 2 rami di
rete di gasdotti che avranno una capacità totale di 55
miliardi di metri cubi di gas all’anno, collegheranno le coste
russe con la Germania attraverso il Mar Baltico. “Gazprom”
deterrà il 50% dell’infrastruttura, mentre l’austriaca OMV il
10%, il restante 40% sarà suddiviso tra Shell, Uniper, Engie e
BASF. Sempre mercoledi 6 aprile, il Ministro degli Esteri
russo Lavrov ha incontrato il suo omologo austriaco Kurz. I
due hanno discusso di lotta al terrorismo e delle delicate
situazioni in Siria e Ucraina. Il Capo di Stato Maggiore
austriaco Othmar Commenda ha inoltre affermato, senza mezzi
termini, di essere pronto ad una cooperazione militare con la
Federazione Russa causando non poche critiche all’interno
della Nato, di cui il paese mitteleuropeo non fa parte. “Non
ho intenzione di seguire i diktat di nessun paese né di
obbedire agli ordini di nessuno. Io non devo in alcun modo
comunicare i miei spostamenti, chi incontro e perché. Solo
grazie allo sforzo congiunto i paesi possono risolvere i
problemi globali. La Russia è molto più vicina all’Austria
delle altre grandi potenze del mondo. Siamo pronti, in base
alle nostre possibilità, a lavorare insieme ovunque sia
possibile e ragionevole” avrebbe dichiarato Commenda a seguito
dell’incontro con il vice ministro della Difesa russo, Valery
Gerasimov ed ha inoltre aggiunto che “Austria e Russia hanno
una lunga storia di relazioni reciproche. Purtroppo, a causa
degli sviluppi in Europa negli ultimi anni, non abbiamo avuto
alcuna possibilità di invitare i nostri amici russi: di questo
ce ne scusiamo”.
Gli stessi partiti di opposizione, per esempio l’FPO, si sono
dichiarati a favore di una cooperazione tra i due paesi, il
candidato alle prossime presidenziali austriache Hofer ha
affermato che la Crimea fa parte della Federazione Russa e che
si necessiti di un referendum popolare in Ucraina nella
regione del Donbass.
Qualcuno, soprattutto nella stampa d’oltralpe, date le
posizioni dell’Austria di Heinz Fischer e dell’Ungheria di
Viktor Orban, ha evocato, a distanza di due secoli, lo
“spettro” austro-ungarico della Santa Alleanza con la Russia,
stipulata al congresso di Vienna del 1815.
di Francesco Iacopetti
Panama Papers, ecco tutto
quello che non vi vogliono
dire
Firenze, 7 aprile 2016 – Panama
Papers, ovvero la più grande
fuga di informazioni segrete
della storia, fa tremare il
mondo. Non solo politici, ma
anche personaggi televisivi,
sportivi e big della finanza. Il
nome riprende il Pentagon Papers, lo scandalo che colpì l’ex
segretario alla difesa Nixon dopo la fuoriuscita di documenti
riservati inerenti alla Guerra del Vietnam. Tutto inizia
quando una fonte interna allo studio legale Leuville Overseas,
a capo della società Mossack Fonseca, fa reperire al giornale
tedesco Süddeutsche Zeitung circa 11,5 milioni di file per il
totale di circa 2,6 terabyte.
I file contengono nomi, cognomi, dati e depositi di titolari
di circa 200.000 società off-shore sparse in quei paesi
comunemente detti “Paradisi fiscali”, dalla stessa Panama alle
Seychelles, dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Di
per sé, il fatto di possedere una società off-shore non è
illegale, se il tutto viene dichiarato alle autorità
competenti. Diventa illegale qualora in queste società vengano
depositate ingenti somme di denaro per sfuggire alla
tassazione del paese d’origine o per compiere atti di
riciclaggio di denaro sporco attraverso manovre finanziarie
poco limpide.
Ma andiamo con ordine: La società Mossack Fonseca (di
proprietà di Jurgen Mossack, figlio un ex membro delle Waffen
SS fuggito a Panama e di Ramon Fonseca, ex consigliere del
premier panamense Varela), si occupa della creazione e
gestione di società off-shore. Fonseca, dopo le sue
dimissioni, ha dichiarato pubblicamente che questa fuga di
informazioni è un duro attacco a Panama e ad altri Stati che
riescono ad essere maggiormente competitivi nell’attrarre
capitali, ma si è anche difeso dalle accuse rivoltegli
asserendo che la società Mossack Fonseca non è responsabile di
quello che i clienti fanno attraverso le loro società.
Certo è che i metodi, le tempistiche, i nomi dei personaggi
coinvolti e i passaggi intermedi attraverso cui questi file
sono giunti alla testata giornalistica tedesca che per prima
li ha diffusi, ricordano molto trame da serie tv con
protagonisti agenti della CIA. Secondo Wikileaks infatti, il
coinvolgimento di personaggi vicini a Putin (compresi i leader
di paesi con cui la Russia intrattiene rapporti diplomatici
molto amichevoli) farebbe pensare ad una operazione degli USA
e di George Soros.
Infatti, tutto sarebbe passato attraverso la OCCRP (Organized
crime and corruption projet), finanziata dalla USAID,
l’agenzia per lo sviluppo economico americana. Oltretutto, il
Süddeutsche Zeitung, dopo aver ricevuto i documenti, li
avrebbe trasmessi per una verifica alla Internation Consortium
of Investigation Journalist, tra i cui finanziatori si
troverebbe la Open Society Foundation, di proprietà del
miliardario ungherese George Soros. Dello stesso gruppo fanno
parte il Guardian, la BBC e per l’Italia L’Espresso.
E mentre il Governo panamense attacca duramente il Segretario
Generale dell’OCSE Angel Gurria che aveva definito il paese
mesoamericano come “dedito alla cultura del segreto”, nel
mondo cade la prima testa: s’è dimesso due giorni fa il
Premier islandese Gunnlaugsson, uno dei 143 politici coinvolti
(ci sarebbero altri 11 capi di Stato, tra i quali il Re del
Marocco Maometto VI, il Re saudita Salman, i presidenti di
Pakistan, Ucraina, Azerbaijan, Siria, Cina, Corea del Nord e
Iran). Gunnlausgsson sarebbe proprietario dal 2005 assieme
alla moglie di una società off-shore, la Wintris, che aveva
investimenti in obbligazioni delle 3 maggiori banche
islandesi che furono colpite dal crollo finanziario del 2008,
e sembra che grazie alle manovre dello stesso premier, la
Wintris adesso sarebbe creditrice di svariati milioni di euro.
Sarà difficile scoprire chi si nasconde veramente dietro
questa fuga di informazioni. Resta il fatto che ad essere
colpiti maggiormente sono stati i paesi che in un modo o
nell’altro strizzano l’occhio all’Eurasia, ovvero che in
questa “Guerra Fredda del 2000” lottano in qualche modo contro
il potere economico finanziario di USA e Unione Europea. Così
come l’Islanda, infatti, anche la Gran Bretagna, in pieno
fermento politico dopo la negoziazione degli accordi sul
Brexit (l’uscita dall’UE), vede traballare la posizione del
premier David Cameron, anche se lo scandalo non riguarda
direttamente lui ma il padre, ex broker deceduto nel 2010, e 6
parlamentari. Ma ci sarebbe anche la famiglia Le Pen, già
sotto inchiesta in Francia per presunti finanziamenti
illeciti, nella lista di Mossack Fonseca. La Balerton
Marketing Limited, intestata al prestanome Gerald Gerin, ex
maggiordomo del padre fondatore del FN, sarebbe servita
infatti a nascondere questi finanziamenti.
Ad oggi ci sono anche nomi di numerosi sportivi, a cominciare
da Leo Messi, recidivo a problemi di natura finanziaria e Nico
Rosberg, campione di Formula1. Trema anche Nyon, la sede
dell’UEFA: Gianni infantino, nuovo presidente eletto, è nei
guai per fondi ricavati dalla vendita dei diritti Tv per la
Champions. Anche l’Inter inizialmente sembrava coinvolta, ma
la società in lista fa capo al fratello dell’attuale
presidente dell’Inter Tohir, Garibaldi Tohir, ex socio di
Erick. Per rimanere in Italia, tra gli oltre 130 nomi di
personalità coinvolte per il momento sono trapelati solo
quelli della conduttrice Barbara D’Urso (anche se i legali
hanno già provveduto a smentire questa notizia e hanno
diffidato il settimanale L’Espresso dal diffondere falsità) e
Carlo Verdone, oltre a Luca Cordero di Montezemolo, Jarno
Trulli , Gruppo Unicredit e Gruppo UBI Banca. Tra conferme,
smentite, difese ad oltranza ed ipotesi, rimane certo che la
lista è ancora lunga e potrebbe riservare sorprese.
Adesso la parola passa alle Procure, che dovranno capire come
e in quale misura i personaggi di spicco coinvolti avessero o
meno traffici illeciti da celare o fondi da tenere nascosti al
Fisco. Quali saranno i risvolti politici a livello
internazionale di questo scandalo non è dato sapere. La punta
dell’iceberg è stata appena scoperta.
di Nicola Iacopetti
Libia, via libera al governo
di Fayez Sarraj
Tripoli, 06.04.2016 – Nella serata di ieri, 5 marzo, è stato
annunciato l’appoggio al governo di Fayez Sarraj da parte del
Congresso di Tripoli. Si apre quindi un governo di unità
nazionale sostenuto dall’ONU in seguito all’incontro del
vicepresidente del Congresso Saleh Makhzoum con 94 deputati
libici e alle dimissioni del premier Khalifa Ghwell. Non sono
certo mancate le polemiche. Per i rappresentanti che non hanno
partecipato, l’incontro sarebbe illegale e il gruppo jihadista
Ansar al Sharia, attivo nell’est del paese, ha subito
rivendicato due attentati a Bengasi, contro le forze
filogovernative, ed emesso un manifesto dove si paragona
Sarraj al presidente afghano Karzai. Nessuna “benedizione”
nemmeno dal parlamento di Tobruk che ha respinto ieri le
sanzioni ONU contro il presidente Aguila Saleh.
La Tunisia ha intanto annunciato il ripristino della sua
ambasciata in Libia. Difatti è cominciata una corsa alla
riapertura delle ambasciate a Tripoli che interessa
soprattutto Francia e Italia. Il premier italiano Matteo Renzi
ha dichiarato che con la nomina di Sarraj è stato compiuto un
grande passo in avanti nella situazione libica, in cui
l’Italia ha lavorato in prima linea. Anche il presidente
egiziano Abdel Fattah Sisi, che si è mostrato come il maggior
sostenitore di Fayez Sarraj, ha sostenuto l’importanza del
governo di unità nazionale e dell’esercito libico come garanti
di ordine e sicurezza.
Ieri il diplomatico tedesco e inviato speciale delle Nazioni
Unite, Martin Kobler ha raggiunto il premier al Sarraj, ancora
prima della sua nomina quando già si respirava l’entusiasmo
per la sua immininente salita al potere, per discutere con il
presidente e i membri del congresso in merito alla strada da
seguire, ribadendo che “Tripoli deve essere la città della
pace nella regione”.
di Francesco Iacopetti
Messico,
il
vulcano
Popocatepetl
esplode
letteralmente – VIDEO
Città del Messico, 4 aprile 2016
– Nuova eruzione del vulcano
Popocatepetl in Messico che in
queste settimane è tornato in
attività
con
continue
esplosioni di lava e cenere.
L’ultima avvenuta nelle scorse
ore è stata particolarmente
spettacolare: un’esplosione di luce all’alba seguita da un
boato e poi una colata di lava e rocce incandescenti.
La
nuvola di cenere ha raggiunto quasi 3 km.
La Protezione Civile locale ha messo in allerta i residenti
dei centri abitati della zona, dato che il vulcano si trova a
45 chilometri da Puebla e a poco più di 70 chilometri da Città
del Messico.
Video da Youtube: