Elezioni in Austria, trionfa la destra di Hofer,Obama
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Elezioni in Austria, trionfa la destra di Hofer,Obama
Elezioni in Austria, trionfa la destra di Hofer Vienna, 27.04.2016 – Il primo turno delle elezioni austriache ha visto il rafforzamento dell’estrema destra di Norbert Hofer con il 36,4% delle preferenze (1.363.137 voti). Il Partito delle Libertà ( FPÖ) che fu di Jorg Haider si è ritagliato un largo consenso negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda la questione migranti e l’UE. Il partito dei Verdi di Alexander van der Bellen che ha raggiunto il 20% dei voti sfiderà il FPÖ al ballottaggio del 22 maggio. La coalizione tra socialisti e popolari che guidava il paese dal ’45 è rimasta sotto shock per il risultato (essendosi fermati all’11%). Il risultato è stato salutato con favore da Matteo Salvini, Marine Le Pen e Geert Wilders e sicuramente alimenterà l’ondata euroscettica e anti-immigrazionista. Se già il governo socialista di Faymann ha minacciato di chiudere il passo del Brennero, opponendosi al paradigma dell’accoglienza illimitata proposto da gran parte dell’Unione Europea, un governo presieduto da Hofer, porterebbe ad un ulteriore indurimento riguardo a nuovi ingressi nel paese. I punti principali della politica del Partito delle Libertà si fondano soprattutto sull’opposizione al trattato transatlantico, all’ingresso della Turchia in Europa e all’immigrazione. Per quanto riguarda i rapporti con la Federazione Russa, Hofer si era già dichiarato contrario alle sanzioni e aveva appoggiato le posizioni di Putin verso la Crimea, affermando che la zona appartiene alla Russia e non all’Ucraina e che lo stesso referendum svolto nel 2014, avrebbe dovuto avere luogo anche nel Donbass. di Francesco Iacopetti Obama contro la BREXIT, “all’UE serve la Gran Bretagna” Londra, 23.04.2016 – Il presidente americano Barack Obama si è schierato contro la possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la cosiddetta Brexit. Il messaggio al fedele alleato britannico è stato lanciato dalle pagine del Daily Telegraph. Obama ha dichiarato che la Gran Bretagna è indispensabile all’UE per quanto concerne la lotta al terrorismo, ma non ha certo nascosto gli interessi economici, non solo britannici ma anche statunitensi, di una permanenza in Europa. Il premier inglese David Cameron, impegnato nella campagna in favore dell’UE in vista del referendum del prossimo 23 giugno, ha incontrato il presidente americano dopo la visita di quest’ultimo alla regina Elisabetta. “L’Unione Europea – ha dichiarato Obama – non mitiga l’influenza britannica, la esalta. Un’Europa forte non minaccia la leadership globale della Gran Bretagna, la accresce”. Per l’euroscettico Boris Johnson, la visita di Obama è stata un’intromissione non gradita nella sovranità britannica. David Cameron sta puntando sul consenso internazionale per fare pressione sul fronte degli euroscettici. Tra i “sì” all’Europa si possono contare, oltre ad Obama, il presidente della BCE Mario Draghi e Christine Lagarde. Per dare manforte a coloro che invocano la Brexit arriverà in Inghilterra, il presidente del Front National, Marine Le Pen. Per la politica francese, la vittoria della Brexit “dimostrerà che è possibile vivere fuori dall’Unione europea, o si è liberi o non lo si è”. Anche dal nord Europa arrivano segnali importanti, il 36% dei cittadini svedesi ha dichiarato di essere pronto a votare in favore dell’uscita della Svezia dall’Ue, nel caso di vittoria della Brexit, contro un 32% di favorevoli alla permanenza e un 32% di indecisi. Il ministro degli affari europei, Daniel Lington, ha affermato che la Gran Bretagna da sempre riveste il ruolo di ponte tra Unione Europea e Stati Uniti d’America. Un’eventuale uscita dall’Ue, continua Lington, causerebbe un’indebolimento della collaborazione tra il vecchio continente e USA, e di conseguenza un allontanamento dalla NATO e avvicinamento alla Russia di Vladimir Putin, già influente su paesi come Italia, Austria e Ungheria. di Francesco Iacopetti Primarie USA, a New York è tsunami di voti per Trump e Hillary New York, 20 aprile 2016 – Donald Trump vince e convince nella sua New York e si porta a casa 89 delegati sui 95 disponibili, raccogliendo oltre il 60% dei consensi. Una vittoria netta, che condanna definitivamente il Senatore texano Ted Cruz “all’eliminazione matematica”, come lo stesso Trump ha affermato durante i festeggiamenti nella sua TrumpTower newyorkese. Il Tycoon stacca Kasish di 35 punti, e l’outsider si deve accontentare di 3 delegati, abbastanza per tenerlo ancora in corsa verso la convention repubblicana di luglio che decreterà chi tra i candidati repubblicani sfiderà il candidato democratico per la Casa Bianca. Trump raggiunge così gli 845 delegati, Cruz si ferma a 559, ancora abbastanza lontani dai 1237 su 2472 necessari per conquistare la nomination repubblicana. Martedì prossimo però il tour elettorale sulla East Coast metterà in ballo 170 delegati, e potrebbe significare per il miliardario newyorkese la consacrazione definitiva in una campagna di primarie che lo ha visto protagonista indiscusso più per i suoi toni spesso oltre le righe che per vere e proprie proposte politiche, tanto che lo stesso Cruz non molla la presa ed è sempre più convinto che presentare Trump alle presidenziali significherebbe sconfitta certa per il suo partito. Chi torna a sorridere è Hillary Clinton: la ex First Lady torna alla vittoria dopo 8 sconfitte consecutive che avevano visto il socialista Bernie Sanders tornare prepotentemente alla ribalta in queste primarie. E’ bastato però New York a dare respiro alla Clinton, che grazie alle sue battaglie sulla GreenSuperPower (fare degli USA la più grande potenza mondiale ad energie rinnovabili) e alle tematiche sociali e imbevute di multiculturalismo, riesce a rosicchiare voti anche tra i sostenitori del Senatore del Vermont originario di Brooklyn. Alla presenza di Andrew Cuomo, governatore dello Stato di New York e del sindaco della città de Blasio, Hillary ha festeggiato a Time Square i 135 delegati contro i 104 di Sanders, salendo così a 1911 contro i 1229 del rivale in corsa. Manca poco per raggiungere la cifra di 2382 delegati su 4764 verso la nomination, e calcoli alla mano, martedì in ballo ci saranno 462 delegati. Connecticut, Delaware, Maryland, Rhode Island e Pennsylvania potrebbero dare lo slancio necessario alla Clinton così come far compiere a Sanders un miracolo politico di cui non si ha memoria nella corsa alle primarie USA. Ovviamente la corsa è ancora lunga, e si concluderà in California il 7 giugno. Per Sanders e Cruz l’ultima spiaggia di queste primarie si avvicina, mentre Trump e Clinton, a meno di miracoli o colpi di coda dei relativi partiti di appartenenza (più probabile per il Tycoon, quasi impossibile questo scenario per la ex First Lady che non perde occasione di dimostrare l’unità dei democratici attorno alla sua persona) hanno ormai un piede sul cammino finale che porterà uno dei due alla Casa Bianca. di Nicola Iacopetti Attentato a Kabul, 30 morti. Gentiloni: “Attacco gravissimo” Kabul, 20 aprile 2016 – Sale a trenta il numero di vittime dell’attentato di ieri, martedi 19 aprile a Kabul,in Afhanistan. L’attacco terroristico è avvenuto nel quartiere di Wazir Akbar Khan, nella capitale afghana, dove si trovano l’ambasciata americana e numerosi edifici ministeriali del governo, tra i quali la sede dell’Unità dei Servizi di Intelligence, vero obbiettivo dell’attentato. Il Ministero dell’Interno di Kabul ha annunciato che, oltre ai 30 morti, sono rimaste ferite circa 327 persone. L’attaco è stato subito rivendicato dai Talebani, che già nell’ultimo periodo avevano avviato l’imminente avvio di una nova offensiva verso il governo. L’edificio colpito è infatti la sede dell’agenzia che si occupa della protezione degli alti funzionari istituzionali. Il portavoce Siddiq Siddiqi, ha affermato, durante del una ministero, conferenza stampa che il bilancio potrebbe mutare di ora in ora. Dei 30 morti, circa 15 fanno parte delle Forze dell’Unità di Protezione mentre i restanti sarebbero civili. Il portavoce dei Talebani, Zabihullah Mujahid, ha detto ai giornalisti di Al Jazeera che l’attacco suicida ha colpito nel modo migliore e che ha inferto un duro colpo al governo, concetto poi ribadito da un post su Twitter. Il Ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, si è subito recato sul posto per un colloquio con il presidente afghano Ghani e ha dichiarato che “in Afghanistan c’è un’offensiva terroristica da circa una settimana, ma l’attacco di oggi è gravissimo anche perché colpisce le forze di sicurezza afghane”. di Francesco Iacopetti Bernie Sanders in visita al Vaticano, presenti anche Rafael Correa e Evo Morales Roma, 16.04.2016 – Dopo un infuocato duello contro Hillary Clinton a Brooklyn, in vista delle amministrative per le presidenziali USA, Bernie Sanders è partito alla volta del Vaticano per prendere parte ad un convegno commemorativo per il 25° anniversario dell’enciclica “Centesimus Annus” di Giovanni Paolo II. Il convegno, iniziato ieri e che termnierà nel pomeriggio di oggi, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, vede anche la presenza del presidente boliviano Evo Morales e il presidente dell’Ecuador Rafael Correa. Il senatore del Vermont a quanto pare non ha in programma incontri con Papa Francesco, a detta di Federico Lombardi, direttore della sala stampa vaticana. La visita di Sanders al Vaticano resta comunque un’ottima pubblicità per la sua campagna elettorale, che ha difatti lasciato in sospeso per qualche giorno. Il candidato democratico, parlando ai giornalisti davanti alla Porta del Perugino in Vaticano, si è detto impressionato dalla visione economica mondiale di Papa Francesco. “Vediamo sempre più gente che si arricchisce e gente che si impoverisce. Questo è inaccettabile, è immorale. E dobbiamo cambiarlo” ha affermato Bernie Sanders aggiungendo che le nazioni hanno la possibilità di risolvere qualsiasi problema, dalla povertà alla sanità, dalla tutela delle biodiversità al cambiamento climatico. Nella mattinata di ieri, il presidente boliviano Evo Morales ha incontrato Papa Francesco. Morales ha portato in dono al Pontefice tre libri sulle proprietà salutari della coca, tradizionalmente utilizzata in Bolivia, insieme ad una lettera scritta dai Movimenti Popolari Boliviani e un busto in legno, raffigurante Tupac Katari, leader delle rivolte anticoloniali dell’Alto Perù, torturato e ucciso dalle forze coloniali. Il Papa ha ricambiato con due libri, tra cui il suo ultimo testo “Il Nome di Dio è Misericordia” e un medaglione con l’effige di San Martino nell’atto di cedere il suo mantello al povero. di Francesco Iacopetti Renzi in visita in Iran. “C’è bisogno di un rapporto ancora più forte” Teheran, 13.04.2016 – Nella giornata di ieri, 12 aprile, il premier italiano Matteo Renzi è volato in Iran per un incontro bilaterale con il presidente della Repubblica Islamica, Hassan Rohani. Renzi, che ieri ha incontrato Rohani e la Guida Suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei, si è detto onorato di poter visitare il paese e di stringere rapporti di forte collaborazione con l’Iran. Dopo il viaggio a Roma del Presidente Rohani dello scorso 25 e 26 gennaio le relazioni tra i due paesi continuano a migliorare. “La fine delle sanzioni è un passaggio storico non solo per l’Iran e i rapporti tra Italia e Iran devono continuare al meglio sia a livello politico che economico ma anche culturale perché siamo due potenze culturali” avrebbe dichiarato Matteo Renzi, primo leader europeo a presenziare in Iran dopo la fine dell’embargo in seguito all’accordo sul nucleare. Accompagnato dall’Inno di Mameli, il premier italiano ha preso parte al Business Forum di Teheran insieme a delegati di Eni, FS, Saipem, Mediobanca e Anas. Sono stati siglati sette accordi tra Italia e Iran, cinque di natura economica e 2 accordi politici; Ferrovie dello Stato ha firmato un’intesa da 3,5 miliardi di euro le Ferrovie Iraniane. Il presidente della Repubblica Islamica si è detto soddisfatto della visita della delegazione italiana e ha ribadito che «L’Italia è un vecchio e prezioso amico dell’Iran», «anche durante il periodo delle sanzioni ha avuto la posizione più equa e se nel passato è stato il primo partner commerciale europeo dell’Iran, vorremmo che tornasse ad occupare questo ruolo». Claudio Descalzi, amministratore delegato di Eni ha dichiarato: «questi sono momenti importanti di costruzione del futuro. L’Italia si è mossa velocemente a livello di imprese e di governo, ci sono stati ripetuti incontri a livello di ministri e di governi a Teheran ed in Italia, c’è stata velocità di azione su tutti i passi di costruzione, in Iran si sta uscendo dal periodo delle sanzioni e c’è bisogno di costruire. Io penso che per l’Italia ci siano grosse opportunità anche al di fuori dell’energia o accompagnando l’energia». Considerando gli accordi economici siglati a Roma lo scorso gennaio, la collaborazione italoiraniane vale ben 20 miliardi di euro. Anche del punto di vista politico non sono mancati spunti di condivisione, soprattutto riguardo a situazioni delicate come l’Afghanistan, lo Yemen, la Siria, l’Iraq e la Libia. «Da entrambe le parti – sostiene Rohani – c’è la volontà e la determinazione di combattere il terrorismo e condividiamo anche la necessità di aiutare le popolazioni che hanno perso la casa e hanno bisogno di aiuti e cure mediche». Per implementare la collaborazione non solo politica, ma anche culturale, tra i due paesi è necessario superare steccati psicologici e religiosi che hanno reso l’Iran un “mostro” agli occhi di gran parte della politica occidentale e tornare a vedere la Repubblica Islamica come un partner geopolitico dall’enorme peso strategico. Matteo Renzi riconosce all’Iran «la grande civiltà del passato e il ruolo politico di oggi per dare pace» sottolineando il «sentimento comune di due grandi civiltà, quella persiana e quella romana e del rinascimento. Un sentimento comuni di valori e patrimoni di ideali». di Francesco Iacopetti Austria: la frontiera del Brennero, la “Santa Alleanza” con la Russia e lo scacco matto alla Nato Vienna, 09.04.2016 – Negli ultimi giorni il governo austriaco ha attirato su di sé le attenzioni dei media e della stampa; poco riguardo gli è invece stato riservato dai media nostrani, impegnati con i Panama Papers, le trivelle e gli scandali nazionali. Hanno soprattutto fatto discutere le prese di posizione austriache sulla questione migranti. Vienna ha voluto sottolineare l’importanza di un rafforzamento della frontiera meridionale del paese, quella del Brennero, sostenendo che i soldati siano già pronti ad essere schierati al confine per bloccare i flussi migratori; Hans Peter Doskozil, ministro della difesa, ha dichiarato di essere pronto ad occuparsi della pianificazione di forze aggiuntive. Il tre marzo, la scorsa domenica, sono stati caricati dall’esercito austriaco circa settecento manifestanti, provenienti in particolare da centri sociali del nord-est dell’Italia, i quali avevano bloccato la ferrovia all’altezza del Brennero per protestare contro la chiusura della frontiera. In Italia, l’ex Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha mostrato indignazione per quanto avvenuto, tramite una lettera al quotidiano La Repubblica, facendo riferimento anche alla sua amicizia con il premier austriaco Heinz Fischer. Lo stesso Fischer , durante un incontro con i governatori di Alto Adige, Trentino e Tirolo, ha dichiarato di non avere intenzione di tornare sui propri passi: “L’Italia deve comprendere che il lasciapassare dei migranti non risolve i problemi ma li aumenta” , sottolineando che il suo paese non può permetterselo. L’altro fronte di cui l’Austria si è occupata riguarda l’alleanza con la Russia. Il presidente Fischer si è innanzitutto schierato contro le sanzioni economiche alla Russia, affermando quanto non solo siano una misura che colpisce (o cerca di farlo) il gigante eurasiatico ma che queste danneggino prima di tutto l’economia europea; i tre “pacchetti” di sanzioni attualmente in vigore contro la Federazione Russa, a seguito della crisi in Ucraina, termineranno rispettivamente il 15 settembre, il 31 luglio e il 23 giugno 2016. Il danno ai paesi europei consiste nel fatto che la Russia abbia risposto limitando le importazioni alimentari dai paesi sanzionatori fino al 5 agosto 2016, portando così gravose perdite nell’economia agroalimentare europea e in particolare in quella italiana (Dati di Affaritaliani.it). L’Austria si aggiunge quindi a paesi come Italia, Ungheria, Slovacchia e Grecia che il prossimo luglio, dovranno votare contro il rinnovo delle sanzioni. Mercoledi 6 aprile, a Mosca, il presidente austriaco Fischer ha incontrato il presidente russo Vladimir Putin, per discutere in materia economica, militare e umanitaria. Il presidente Putin ha dichiarato che la Russia è disposta ad aumentare la cooperazione nel settore energetico e ha ricordato che nel 2018 sarà il 50° anniversario dell’inizio delle consegne di gas naturale verso l’Austria, primo partner dell’Unione Sovietica nell’Europa Occidentale. Nel corso dell’incontro si è inoltre parlato del progetto “Nord Stream-2”. L’amministratore delegato di Gazprom, Alexey Miller ha confermato che il progetto sia stato discusso dai due premier. L’opera consiste nella costruzione di 2 rami di rete di gasdotti che avranno una capacità totale di 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno, collegheranno le coste russe con la Germania attraverso il Mar Baltico. “Gazprom” deterrà il 50% dell’infrastruttura, mentre l’austriaca OMV il 10%, il restante 40% sarà suddiviso tra Shell, Uniper, Engie e BASF. Sempre mercoledi 6 aprile, il Ministro degli Esteri russo Lavrov ha incontrato il suo omologo austriaco Kurz. I due hanno discusso di lotta al terrorismo e delle delicate situazioni in Siria e Ucraina. Il Capo di Stato Maggiore austriaco Othmar Commenda ha inoltre affermato, senza mezzi termini, di essere pronto ad una cooperazione militare con la Federazione Russa causando non poche critiche all’interno della Nato, di cui il paese mitteleuropeo non fa parte. “Non ho intenzione di seguire i diktat di nessun paese né di obbedire agli ordini di nessuno. Io non devo in alcun modo comunicare i miei spostamenti, chi incontro e perché. Solo grazie allo sforzo congiunto i paesi possono risolvere i problemi globali. La Russia è molto più vicina all’Austria delle altre grandi potenze del mondo. Siamo pronti, in base alle nostre possibilità, a lavorare insieme ovunque sia possibile e ragionevole” avrebbe dichiarato Commenda a seguito dell’incontro con il vice ministro della Difesa russo, Valery Gerasimov ed ha inoltre aggiunto che “Austria e Russia hanno una lunga storia di relazioni reciproche. Purtroppo, a causa degli sviluppi in Europa negli ultimi anni, non abbiamo avuto alcuna possibilità di invitare i nostri amici russi: di questo ce ne scusiamo”. Gli stessi partiti di opposizione, per esempio l’FPO, si sono dichiarati a favore di una cooperazione tra i due paesi, il candidato alle prossime presidenziali austriache Hofer ha affermato che la Crimea fa parte della Federazione Russa e che si necessiti di un referendum popolare in Ucraina nella regione del Donbass. Qualcuno, soprattutto nella stampa d’oltralpe, date le posizioni dell’Austria di Heinz Fischer e dell’Ungheria di Viktor Orban, ha evocato, a distanza di due secoli, lo “spettro” austro-ungarico della Santa Alleanza con la Russia, stipulata al congresso di Vienna del 1815. di Francesco Iacopetti Panama Papers, ecco tutto quello che non vi vogliono dire Firenze, 7 aprile 2016 – Panama Papers, ovvero la più grande fuga di informazioni segrete della storia, fa tremare il mondo. Non solo politici, ma anche personaggi televisivi, sportivi e big della finanza. Il nome riprende il Pentagon Papers, lo scandalo che colpì l’ex segretario alla difesa Nixon dopo la fuoriuscita di documenti riservati inerenti alla Guerra del Vietnam. Tutto inizia quando una fonte interna allo studio legale Leuville Overseas, a capo della società Mossack Fonseca, fa reperire al giornale tedesco Süddeutsche Zeitung circa 11,5 milioni di file per il totale di circa 2,6 terabyte. I file contengono nomi, cognomi, dati e depositi di titolari di circa 200.000 società off-shore sparse in quei paesi comunemente detti “Paradisi fiscali”, dalla stessa Panama alle Seychelles, dalla Svizzera alle Isole Vergini Britanniche. Di per sé, il fatto di possedere una società off-shore non è illegale, se il tutto viene dichiarato alle autorità competenti. Diventa illegale qualora in queste società vengano depositate ingenti somme di denaro per sfuggire alla tassazione del paese d’origine o per compiere atti di riciclaggio di denaro sporco attraverso manovre finanziarie poco limpide. Ma andiamo con ordine: La società Mossack Fonseca (di proprietà di Jurgen Mossack, figlio un ex membro delle Waffen SS fuggito a Panama e di Ramon Fonseca, ex consigliere del premier panamense Varela), si occupa della creazione e gestione di società off-shore. Fonseca, dopo le sue dimissioni, ha dichiarato pubblicamente che questa fuga di informazioni è un duro attacco a Panama e ad altri Stati che riescono ad essere maggiormente competitivi nell’attrarre capitali, ma si è anche difeso dalle accuse rivoltegli asserendo che la società Mossack Fonseca non è responsabile di quello che i clienti fanno attraverso le loro società. Certo è che i metodi, le tempistiche, i nomi dei personaggi coinvolti e i passaggi intermedi attraverso cui questi file sono giunti alla testata giornalistica tedesca che per prima li ha diffusi, ricordano molto trame da serie tv con protagonisti agenti della CIA. Secondo Wikileaks infatti, il coinvolgimento di personaggi vicini a Putin (compresi i leader di paesi con cui la Russia intrattiene rapporti diplomatici molto amichevoli) farebbe pensare ad una operazione degli USA e di George Soros. Infatti, tutto sarebbe passato attraverso la OCCRP (Organized crime and corruption projet), finanziata dalla USAID, l’agenzia per lo sviluppo economico americana. Oltretutto, il Süddeutsche Zeitung, dopo aver ricevuto i documenti, li avrebbe trasmessi per una verifica alla Internation Consortium of Investigation Journalist, tra i cui finanziatori si troverebbe la Open Society Foundation, di proprietà del miliardario ungherese George Soros. Dello stesso gruppo fanno parte il Guardian, la BBC e per l’Italia L’Espresso. E mentre il Governo panamense attacca duramente il Segretario Generale dell’OCSE Angel Gurria che aveva definito il paese mesoamericano come “dedito alla cultura del segreto”, nel mondo cade la prima testa: s’è dimesso due giorni fa il Premier islandese Gunnlaugsson, uno dei 143 politici coinvolti (ci sarebbero altri 11 capi di Stato, tra i quali il Re del Marocco Maometto VI, il Re saudita Salman, i presidenti di Pakistan, Ucraina, Azerbaijan, Siria, Cina, Corea del Nord e Iran). Gunnlausgsson sarebbe proprietario dal 2005 assieme alla moglie di una società off-shore, la Wintris, che aveva investimenti in obbligazioni delle 3 maggiori banche islandesi che furono colpite dal crollo finanziario del 2008, e sembra che grazie alle manovre dello stesso premier, la Wintris adesso sarebbe creditrice di svariati milioni di euro. Sarà difficile scoprire chi si nasconde veramente dietro questa fuga di informazioni. Resta il fatto che ad essere colpiti maggiormente sono stati i paesi che in un modo o nell’altro strizzano l’occhio all’Eurasia, ovvero che in questa “Guerra Fredda del 2000” lottano in qualche modo contro il potere economico finanziario di USA e Unione Europea. Così come l’Islanda, infatti, anche la Gran Bretagna, in pieno fermento politico dopo la negoziazione degli accordi sul Brexit (l’uscita dall’UE), vede traballare la posizione del premier David Cameron, anche se lo scandalo non riguarda direttamente lui ma il padre, ex broker deceduto nel 2010, e 6 parlamentari. Ma ci sarebbe anche la famiglia Le Pen, già sotto inchiesta in Francia per presunti finanziamenti illeciti, nella lista di Mossack Fonseca. La Balerton Marketing Limited, intestata al prestanome Gerald Gerin, ex maggiordomo del padre fondatore del FN, sarebbe servita infatti a nascondere questi finanziamenti. Ad oggi ci sono anche nomi di numerosi sportivi, a cominciare da Leo Messi, recidivo a problemi di natura finanziaria e Nico Rosberg, campione di Formula1. Trema anche Nyon, la sede dell’UEFA: Gianni infantino, nuovo presidente eletto, è nei guai per fondi ricavati dalla vendita dei diritti Tv per la Champions. Anche l’Inter inizialmente sembrava coinvolta, ma la società in lista fa capo al fratello dell’attuale presidente dell’Inter Tohir, Garibaldi Tohir, ex socio di Erick. Per rimanere in Italia, tra gli oltre 130 nomi di personalità coinvolte per il momento sono trapelati solo quelli della conduttrice Barbara D’Urso (anche se i legali hanno già provveduto a smentire questa notizia e hanno diffidato il settimanale L’Espresso dal diffondere falsità) e Carlo Verdone, oltre a Luca Cordero di Montezemolo, Jarno Trulli , Gruppo Unicredit e Gruppo UBI Banca. Tra conferme, smentite, difese ad oltranza ed ipotesi, rimane certo che la lista è ancora lunga e potrebbe riservare sorprese. Adesso la parola passa alle Procure, che dovranno capire come e in quale misura i personaggi di spicco coinvolti avessero o meno traffici illeciti da celare o fondi da tenere nascosti al Fisco. Quali saranno i risvolti politici a livello internazionale di questo scandalo non è dato sapere. La punta dell’iceberg è stata appena scoperta. di Nicola Iacopetti Libia, via libera al governo di Fayez Sarraj Tripoli, 06.04.2016 – Nella serata di ieri, 5 marzo, è stato annunciato l’appoggio al governo di Fayez Sarraj da parte del Congresso di Tripoli. Si apre quindi un governo di unità nazionale sostenuto dall’ONU in seguito all’incontro del vicepresidente del Congresso Saleh Makhzoum con 94 deputati libici e alle dimissioni del premier Khalifa Ghwell. Non sono certo mancate le polemiche. Per i rappresentanti che non hanno partecipato, l’incontro sarebbe illegale e il gruppo jihadista Ansar al Sharia, attivo nell’est del paese, ha subito rivendicato due attentati a Bengasi, contro le forze filogovernative, ed emesso un manifesto dove si paragona Sarraj al presidente afghano Karzai. Nessuna “benedizione” nemmeno dal parlamento di Tobruk che ha respinto ieri le sanzioni ONU contro il presidente Aguila Saleh. La Tunisia ha intanto annunciato il ripristino della sua ambasciata in Libia. Difatti è cominciata una corsa alla riapertura delle ambasciate a Tripoli che interessa soprattutto Francia e Italia. Il premier italiano Matteo Renzi ha dichiarato che con la nomina di Sarraj è stato compiuto un grande passo in avanti nella situazione libica, in cui l’Italia ha lavorato in prima linea. Anche il presidente egiziano Abdel Fattah Sisi, che si è mostrato come il maggior sostenitore di Fayez Sarraj, ha sostenuto l’importanza del governo di unità nazionale e dell’esercito libico come garanti di ordine e sicurezza. Ieri il diplomatico tedesco e inviato speciale delle Nazioni Unite, Martin Kobler ha raggiunto il premier al Sarraj, ancora prima della sua nomina quando già si respirava l’entusiasmo per la sua immininente salita al potere, per discutere con il presidente e i membri del congresso in merito alla strada da seguire, ribadendo che “Tripoli deve essere la città della pace nella regione”. di Francesco Iacopetti Messico, il vulcano Popocatepetl esplode letteralmente – VIDEO Città del Messico, 4 aprile 2016 – Nuova eruzione del vulcano Popocatepetl in Messico che in queste settimane è tornato in attività con continue esplosioni di lava e cenere. L’ultima avvenuta nelle scorse ore è stata particolarmente spettacolare: un’esplosione di luce all’alba seguita da un boato e poi una colata di lava e rocce incandescenti. La nuvola di cenere ha raggiunto quasi 3 km. La Protezione Civile locale ha messo in allerta i residenti dei centri abitati della zona, dato che il vulcano si trova a 45 chilometri da Puebla e a poco più di 70 chilometri da Città del Messico. Video da Youtube: