Abitare l`abiezione urbana - Dipartimento di Architettura e Disegno

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Abitare l`abiezione urbana - Dipartimento di Architettura e Disegno
Paesaggi dell’abiezione urbana
Enrico Formato
Dottore di ricerca in Urbanistica e pianificazione territoriale, Università Federico II di Napoli
[email protected]
LANDSCAPES OF URBAN DECAY
This paper is about the outer periphery of Naples placed between the alluvial plain of the Regi
Lagni and the northern slopes of Somma-Vesuvio complex.
These are 'disputed' territories: no longer campaign, but neither city.
The viewpoint adopted is that of 'landscapes': starting from the inside - the description of modes
of living space - tries to reconstruct some of the myths that seem to postpone the practices under
investigation. The essay uses the tool of comparison to finalize the story and introduce elements
of interpretation that go beyond the rhetoric of 'densification' and 'legal repression'. The
hypothesis is that low density and informality are features to work without bias, avoiding overlap
with reality 'models' of interpretation and abstract design.
The comparison is made with an area of southern France similar to our study-area for
geographical location and population density: the area located between Cannes and the foothills
of Grasse. This conurbation has strong similarities with the Neapolitan one: similar extension,
density of urban settlement and relationships with the sea and the hills that mark the gentle
slopes. In addition to the obvious similarities of vegetation and climate also either stems from a
similar condition of the historic separation between coastal settlements (the "Riviera") and inland
towns of ancient rural tradition. It is not, finally, a "city of the foundation" of public initiative but a
set of private initiatives and interventions by the public.
The similarities end there: the „anti-urban myths‟ here takes on shapes and characters opposite to
those in the Naples area.
From the evolutionary point of view the transformations of the landscape are uniformly oriented,
since the expansion of the '60s, towards the realization of a "ville vert" based on some clear
principles: the preservation of the structural components of the landscape and urbanization of the
countryside so widespread but uneven.
The result is a reality medium-low density, substantially isotropic and rationally with equipment
(school, park, shopping center, „mediateque‟) and spaces for leisure and regeneration.
It's not Eden but it's a framework which should induce those who research and work in the Naples
area to a deeper reflection, capable of challenging some easy certainties.
0. Divergenti esiti della diffusione insediativa. Un confronto tra l’area
napoletana e una regione delle Francia meridionale
Questo saggio tratta di alcuni territori della periferia esterna di Napoli posti tra la
piana alluvionale dei Regi Lagni e le pendici settentrionali del complesso
Somma-Vesuvio1.
Si tratta di territori fondativamente „contesi‟: non più campagna ma neanche città;
indifferentemente realizzati in conformità o in abuso a regolamenti e piani
urbanistici.
Il punto di vista adottato è quello dei „paesaggi‟: parte dall‟interno, ovvero dalla
descrizione spaziale dei modi dell‟abitare e cerca di ricostruire alcuni dei miti cui
sembrano rimandare le pratiche oggetto di studio.
Il saggio utilizza lo strumento del confronto per finalizzare il racconto ed
introdurre elementi d‟interpretazione che vadano oltre la retorica della
„densificazione‟ e della „repressione legalista‟. L‟ipotesi è che bassa densità,
specializzazione funzionale ed informalità spaziale siano caratteristiche su cui
lavorare senza pregiudizi, evitando di sovrapporre alla realtà „modelli‟
interpretativi e progettuali astratti2.
Il confronto è fatto con un territorio della Francia meridionale analogo per
condizione geografica e densità insediativa alla nostra area studio: l‟area
pedecollinare posta alle spalle di Cannes, lungo la penetrante per Grasse.
1. Rurbano napoletano: l’abiezione della Campania felix
La città è il luogo dell‟ immunitas, delle istituzioni e del diritto, della relazione
“politica” e “normata” tra individui (cittadini). La campagna è, di contro, il luogo
della communitas, dell‟appartenenza “originaria” ad uno stesso insieme (familiare
ma non solo). Mentre l‟immunitas si esprime attraverso la “norma” che disciplina i
rapporti tra “cittadini” la communitas si fonda sul “munus”, ovvero l‟obbligo
(cetuale, ecclesiale o altro) tra simili3.
„Abiectus‟, nella Roma antica (che ovviamente è “città”), è colui il quale è
cacciato dal diritto comune, è cioè privato della condizione di „cittadino‟.
Analogamente si intende qui per „abiezione urbana‟ quella parte di conurbazione
che è decaduta da una condizione precedente („urbana‟ ma molto più spesso
„rurale‟) ad uno stato ibrido, di sospensione, oscillante tra rurale ed urbano.
1
Il lavoro si inserisce in un percorso iniziato con la redazione della Tesi di
dottorato e proseguito nell‟ambito delle attività didattiche e di ricerca che svolgo,
con il coordinamento del prof. Michelangelo Russo, presso il DPUU
dell‟Università Federico II di Napoli. Le ipotesi illustrate derivano dal progetto di
alcuni Piani urbanistici comunali che ho in corso di redazione con il
coordinamento del prof. Leonardo Benevolo.
2
La „densificazione‟ e l‟integrazione funzionale delle parti urbane sono i principi
fondativi della “Carta per uno sviluppo sostenibile” di Aalborg (1994). Questi
principi, ribaditi anche nell‟ultima Conferenza di Copenaghen (2009), sono in
genere assunti tout court dai documenti programmatici di coordinamento e dai
piani urbanistici locali redatti nell‟ultimo quindicennio. Ma è possibile così
liquidare la corposa linea di ricerca urbanistica sulla bassa densità urbana e la
zonizzazione funzionale delle parti? Probabilmente è giunto il momento di
verificare come questi principi abbiano impattato con la realtà di fatto, effettuare
un primo bilancio degli esiti della Carta del 1994.
3
Si fa riferimento alla ricerca di Roberto Esposito. Cfr. in particolare: Esposito,
1998, 2002, 2004
2
1. Confronto tra le ortofoto nella medesima scala tra i territori oggetto di studio
(fonte: Google Earth, agg. anno 2010, altitudine della vista: mt 2800)
3
2. Piana campana: evoluzione dei modelli insediativi
L‟abiezione urbana dell‟entroterra napoletano è qui descritta attraverso tre
letture: evolutiva, topologica e figurale.
L‟approccio evolutivo fa discendere i prodromi dell‟attuale condizione al periodo
di crisi macro-economica della metà degli anni Settanta: indebolimento e
progressivo smantellamento dell‟apparato produttivo industriale, terziarizzazione
della società, perdita di coesione sociale sono alcuni dei fenomeni strutturali che
hanno accompagnato la nascita e la diffusione del modello urbano “dispersivo”.
Si abbandona – sulla scorta di Piani regolatori ampiamente sovradimensionati o
in abuso alle norme vigenti, per il nostro approccio la distinzione è ininfluente - il
“bordo” della città compatta (già in genere gemmata negli anni del boom con
intensivi pluripiano) e, complice la diffusione dei mezzi di trasporto individuali ed
il depauperamento del settore produttivo primario, ci si organizza per costruire lungo le antiche interpoderali o strade di connessione territoriale, in lottizzazioni
più o meno regolari o nei pressi dell‟antica casa rurale di famiglia - la propria
residenza individuale o il piccolo capannone dove trasformare in artigianato ciò
che si è “imparato” tra le linee della catena di montaggio. Ad accrescere il senso
d‟indeterminatezza: sia la casa sia il capannone (o, ovviamente, il suo ibrido: la
4
3. Acerra, quartiere Spiniello: confronto tra il Piano vigente (1982) e lo stato dei luoghi. Si noti
che l’esito urbanizzativo (sostanzialmente conforme al Prg, a meno delle strade e delle
attrezzature, non realizzate) è analogo a quello riportato in figura 1, sebbene in quel caso lo
spontaneismo edilizio fosse anche stato realizzato in abuso allo strumento urbanistico comunale.
5
casa con capannone) possono, negli anni, essere ampliati e/o soprelevati per far
fronte alle nuove esigenze della famiglia o della produzione che da artigianale
può diventare para-industriale4.
Questa storia evolutiva dell‟abiezione (ovvero dell‟abbandono della città
compatta), sostanziatasi nell‟ultimo trentennio, segue una legge espansiva di tipo
esponenziale, non è rallentata da nessuna norma o repressione statuale
(ciclicamente smentita dai “condoni”) né dalla revisione dei piani regolatori
comunali, il cui corso di rielaborazione si protrae, in genere, per circa un
decennio. Di contro oggi, anche in presenza di stasi demografica, la dispersione
insediativa e la contestuale sottrazione di territorio produttivo all‟agricoltura
aumenta di anno in anno, parallelamente alla moltiplicazione degli usi spontanei
delle aree libere para-rurali5: in particolare da segnalare è il moltiplicarsi delle
grandi spianate per la “logistica” (aree mineralizzate con container e stazioni di
Tir), l‟atterraggio delle medie grandi strutture di vendita e di loisir (centri
commerciali, multisala, ecc.), il proliferare di superstrade e relativi svincoli
automobilistici di disimpegno.
La situazione è peggiorata con il blocco sostanziale dell‟housing sociale (edilizia
sovvenzionata o convenzionata realizzata su suoli pubblici ai sensi della Legge
167 del 1962) e dalle dissennate politiche del Consorzio per lo Sviluppo
industriale (Asi) che continua ad operare senza alcuna strategia politica, anche
dopo la dismissione della Cas.Mez, ente economico da cui dipendeva: in
assenza di offerta di aree a prezzo calmierato per piccole attività produttive
(quelle che la legge 865 del 1971 utilizza per i „Piani insediamenti produttivi‟) e
residenze pubbliche, la rendita fondiaria sulle zone d‟espansione legittime Prg
assume valori tali da inibire la loro stessa attuazione e favorire, di contro l‟uso
spontaneo, incrementale ed informale, del territorio.
La lettura topologia studia le relazioni che uno spazio stabilisce con l‟intorno:
applicato ai frammenti della dispersione insediativa napoletana ci descrive un
mondo fatto di enclaves non comunicanti informalmente disposte sul territorio: il
principio costitutivo dello spazio dell‟abiezione urbana è quello che Foucault
definisce della „dislocazione‟ - della relazione di prossimità, della serie,
dell‟albero e del traliccio6.
E‟ uno spazio che non segue tracce univoche, leggi di continuità ma si (de-)
struttura secondo una semantica frammentaria fatta di addensamenti e
lacerazioni, pieghe e sfilacciamenti. Così gli “iperluoghi” del nuovo pseudopubblico (come i centri commerciali) si accostano ai vuoti della dismissione
rurale, le lottizzazioni informali e incrementali si inseriscono tra le maglie della
campagna coltivata, le (poche) attrezzature pubbliche si posizionano
episodicamente ai bordi delle grandi infrastrutture o negli scarti delle lottizzazioni.
Ne deriva un patchwork discontinuo, in continua modificazione, le cui relazioni tra
le parti seguono logiche non più basate sulla prossimità fisica (del resto manca
4
Bianchetti, 2003
Nel comune di Sant‟Anastasia, alle falde settentrionali del Somma-Vesuvio, a
fronte di una sostanziale stasi demografica non è corrisposto un analogo
rallentamento dell‟espansione urbanizzativa: dall‟anno 2000 al 2009
la
superficie agricola comunale è passata da 1417 a 1279 ettari, con una
riduzione complessiva pari a ben il 10%. Parte della superficie sottratta
all‟agricoltura è stata urbanizzata, parte è stata abbandonata in attesa di
trasformazione.
6
Foucault, 1964
5
6
4. Lottizzazioni, iper-luoghi e vuoti “in attesa” al margine orientale dell’aeroporto di Capodichino
totalmente una „rete‟ di spazi pubblici) ma su in una sorta di „prossimità elettiva‟
fondamentalmente di tipo etero-topico.
La relazione spaziale delle eterotopie richiama il meccanismo dell‟ipertesto: porta
da una realtà ad una a questa alternativa. L‟abiezione urbana è difatti insieme
sogno di una casa e fallimento dell‟abitare civile, pulsione alla natura e sua
negazione, aspirazione alla civiltà (in quanto „urbanità‟) e suo rifiuto, legame con
le origini (la tradizione rurale, la „terra‟ degli antenati) e sua irrimediabile
distruzione.
L‟ultima lettura è di tipo „figurale‟, tratta il tema dal punto di vista della
„conformazione‟7. Attraverso quest‟approccio è possibile ricostruire una “mitologia
dell‟abiezione”, cioè indagare sulle „aspirazioni‟ fondative della condizione rurbana.
L‟abiezione urbana può essere sintetizzata con due figure: il recinto e l‟informale.
La figura del „recinto‟ rimanda ad uno spazio, isolato o connesso ad una rete
sovra-locale non radicata, definito per sottrazione o mediazione delle relazioni,
autosufficiente funzionalmente e formalmente. Nella conurbazione analizzata
oltre il recinto non c‟è un esterno ma solo la percezione di altri recinti, visibili ed
individuabili come monadi proprio per la concomitante mancanza di contiguità tra
parti (frammenti), per le compenetrazioni di funzioni e comunità senza
prossimità, per la mancanza di un limite tra urbanizzato e non urbanizzato.
Nell‟impossibilità del ponoptycon, utopico controllo simultaneo su tutta la città, si
frammenta lo sguardo indagatore con tanti zoom, precisi ma parziali: un controllo
che ha senso solo se le interferenze del fuori sono limitate, filtrate,
tendenzialmente assenti. Questa è la funzione del recinto, elemento di forzata
stanzialità e pausa nei flussi che consente la possibilità di appropriarsi di un
determinato luogo (protetto).
7
Il concetto di figura vede la sua codifica scientifica nell‟ambito dello
strutturalismo francese grazie, soprattutto, agli scritti di Gerard Genette. Il
concetto è stato poi sviluppato da molti studiosi: i contributi cui qui ci riferiamo –
maggiormente pertinenti alle questioni da noi trattate - sono soprattutto riferiti
agli scritti di Franco Rella e Bernardo Secchi. Cfr. in particolare: Genette, 1966,
1970, 1972, 1983; Rella, 1981, 2004; Secchi, 1984, 2000.
7
5. Immagini della piana napoletana
8
Un processo che nell‟area napoletana avviene a tutte le scale, sia per gli spazi
pubblici che per quelli privati: dal livello pulviscolare delle case isolate con
giardino, a quello dei “parchi residenziali” per finire alle “zolle” specializzate del
commercio, del loisir, della logistica e della produzione.
La figura dell‟ „informale‟ o dell‟ „anamorfosi‟ ben descrive l‟insofferenza al
formalismo che segna una parte consistente sia dell‟arte che dell‟urbanizzazione
contemporanea.
Ciò che l‟informale rifiuta, sia in campo artistico che in quanto figura del territorio
contemporaneo, è l‟ ordine in quanto „insieme di regole‟, imposizione di gerarchie
e rapporti sovra-determinati tra elementi costitutivi. Nell‟informale prevale il
particolare contro il generale, il procedimento induttivo rispetto a quello deduttivo,
la libertà espressiva contro l‟ ansia di forma. Prevale, ancora, l‟aspirazione alle
leggi della natura – da cui si trae l‟individualismo e la tendenza a una forma di
razionalità confusa8 – contro l‟artificio umano, la prefigurazione di norme, il
rispetto dei procedimenti standardizzati.
Così l‟ „abiezione urbana‟ si costruisce sempre più con modalità autonome ed
interne, improntate alla bassa formalizzazione e al prevalere del gesto
individuale sulla norma generale: l‟iterazione del tipo semplice del manufatto
isolato – residenziale, produttivo o misto – segue leggi banali ma autonome, in
cui grande importanza assume la volontà di creare uno spazio-luogo individuale,
distinto ed indifferente agli altri, indipendente dal contesto e dall‟intorno.
Dal punto di vista conformativo il risultato è che l‟informale urbano rende
problematica la ricerca moderna sulle razionalità sistemiche, la prospettiva ovvia
(il „tunnel‟), la pan-ottica benthaniana. In questo senso essa può essere
ricondotta a quella particolare linea del moderno che fa dell‟espressionismo e
dell‟immanente una modalità estetica diffusa sia nelle arti visive che nella
strutturazione del reale, in particolare della città.
Un processo estetico che fonda nell‟anti-simbolismo e nella desacralizzazione
della valenza semantica della forma: una ricerca che trova precisi riferimenti
„urbanistici‟ nel mito rurale fisiocratico, nella città diffusa di Ledoux, nel
paesaggismo di Olmstead, nella città-giardino howardiana, nel disurbanismo
sovietico e nella città usoniana di F. L. Wright.
Riferimenti che presentano tratti di intrecciate analogie ed opposizioni ma che si
rifanno alla comune convinzione che la città compatta della storia non regga alle
spinte dell‟industrializzazione, si trasformi in un organismo malato, insalubre, non
adeguato alla vita che il progresso delle tecniche e della scienza promette.
Da questa premessa nasce e si sviluppa gran parte della città contemporanea:
dalla conurbazione napoletana alla città-giardino della piana di Grasse.
2. La città-giardino nella piana di Grasse
La conurbazione posta alle spalle di Cannes, nell‟entroterra dei paesi intorno
Grasse, presenta forti similitudini geografiche con la piana napoletana: ha
estensione simile ed analoghi rapporti con il mare e le colline che ne delimitano
dolcemente i versanti ed è connotata da una densità insediativa analoga. Oltre
alle ovvie analogie vegetazionali e climatiche deriva inoltre da una simile
condizione di storica separazione tra gli insediamenti costieri (la “Costa Azzurra”)
ed i paesi dell‟entroterra, di antica tradizione rurale. Non si tratta, infine, di una
8
Belli, Lieto, 1997
9
“città di fondazione” d‟iniziativa pubblica ma di un insieme di iniziative private e di
interventi realizzati dall‟ente pubblico.
Le analogie finiscono qui: la mitologia anti-urbana assume qui conformazioni e
caratteri opposti rispetto a quelli dell‟area napoletana.
Dal punto di vista evolutivo le trasformazioni del paesaggio sono difatti
uniformemente orientate, sin dall‟espansione degli anni ‟60, verso la
realizzazione di una ville vert basata su alcuni principi chiari: la salvaguardia
delle componenti strutturali del paesaggio e l‟urbanizzazione della campagna in
modo diffuso ma uniforme.
La salvaguardia delle componenti strutturali del paesaggio avviene per intere
„sezioni‟ di ambienti insediati e naturali, non solo per le „bellezze eccezionali‟. In
questo senso sono tutelate intere pinete e boschi pedecollinari e vallivi e,
soprattutto, sono risparmiate all‟urbanizzazione le aree contigue ai centri storici
collinari per i quali dunque si riesce, in molti casi, a conservare il contesto
paesaggistico di riferimento: rispetto la storia italiana, la Francia non vive anni di
moratoria della Legge ponte né scellerati piani di ricostruzione post-bellica.
Tutela di queste aree vuol dire qui sostanzialmente loro acquisto al patrimonio
pubblico (mediante esproprio o convenzione con i privati che trasferiscono la
proprietà di aree in cambio di diritti edificatori da spendere in zone di
espansione). Di più: tutela paesaggistica e pianificazione territoriale vanno di pari
passo per cui nel Plan local d’urbanisme confluiscono sia indicazioni
“sovraordinate”, sia indirizzi urbanizzativi per le aree d‟espansione. 9
L‟urbanizzazione della campagna avviene inoltre in modo diffuso ma uniforme:
individuate le aree di tutela si procede, in genere con esproprio temporaneo ed
infrastrutturazione pubblica, all‟innervamento delle aree da insediare con tracciati
urbanizzativi funzionali e razionali, disegnati tenendo conto delle esigenze di
configurazione e al contempo di quelle di tutela del paesaggio. Nelle maglie dei
tracciati (in genere di tipo spiraliforme, come nei sobborghi e nei parchi di
Olmstead) si realizza l‟insediamento di quartieri a bassa densità (con case
unifamiliari) e media densità (edifici in linea, di natura “sovvenzionata” o
convenzionata a tre/quattro piani) e contestualmente si provvede a dotare i nuovi
quartieri di centri civici nella grande maggioranza dei casi raggiungibili mediante
percorsi pedonali e ciclabili nel verde. Il risultato è una realtà „rurbana‟ a mediobassa densità, sostanzialmente isotropa e razionalmente dotata di attrezzature
(la scuola, il parco, la mediateca con il centro commerciale) e spazi per lo svago
e la rigenerazione. Una città “aperta” in cui le parti di eccezionale bellezza storica
e paesaggistica (i centri storici, le pinete, i torrenti, ecc) convivono con le aree
dell‟urbanizzazione moderna in una logica diffusa ma continua. Ne deriva un
paesaggio in „equilibrio dinamico‟ tra sobborgo e campagna in cui la seconda è
spesso utilizzata come materiale stesso del progetto paesaggistico delle zone di
espansione. In questo senso qui la figura del recinto si sfoca ed allude alla
„siepe‟, ovvero al bordo con spessore che scherma e costituisce al contempo il
fondale dello spazio pubblico di disimpegno. Al brutale informale del paesaggio
dell‟entroterra napoletano si contrappone la figura della closure che regola e
dispone il nuovo insediamento nel verde con modalità tutte interne alla ricerca
moderna sull‟abitare: in rapporto con la natura e disponendo razionalmente
l‟insediamento secondo caratterizzazioni funzionali chiare.10
9
Cfr. “Code de l’urbanisme et de l'habitation”, 1954
Cullen, 1961 ; Frampton, 1998
10
10
6. Struttura della conurbazione nei pressi di Mougins
(in basso: zoom su uno dei centri civici di valle)
11
7. Immagini della piana di Grasse. Dall’alto: quartiere d’edilizia convenzionata a tre/quattro piani;
quartiere estensivo di ville monofamiliari; la parkway con le pinete demaniali
12
Non è l‟Eden ma è una realtà che deve indurre chi ricerca e progetta nell‟area
napoletana ad una approfondita riflessione, capace anche di mettere in
discussione alcune certezze acquisite.
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