Enrico IV - Scarpa

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Enrico IV - Scarpa
Enrico IV
CTB Teatro Stabile di Brescia
Teatro de Gli Incamminati
autore Luigi Pirandello
scene e costumi Margherita Palli
luci Gigi Saccomandi
regia Franco Branciaroli
con
Franco Branciaroli Enrico IV
Melania Giglio Marchesa Matilde Spina
Valentina Violo Sua figlia Frida
Tommaso Cardarelli Il giovane Marchese Carlo di Nolli
Giorgio Lanza Il Barone Tito Belcredi
Antonio Zanoletti Il Dottor Dionisio Genoni
I quattro finti Consiglieri Segreti:
Sebastiano Bottari Landolfo (Lolo)
Mattia Sartoni Arialdo (Franco)
Pier Paolo D’Alessandro Ordulfo (Momo)
Andrea Carabelli Bertoldo (Fino)
Daniele Griggio Il vecchio cameriere Giovanni
Enrico IV è un dramma in 3 atti di Luigi Pirandello. Fu scritto nel 1921 e rappresentato il 24 febbraio 1922
al Teatro Manzoni di Milano. Considerato il capolavoro teatrale di Pirandello insieme a Sei personaggi in
cerca di autore, Enrico IV è uno studio sul significato della pazzia e sul tema caro all'autore del rapporto,
complesso e alla fine inestricabile, tra personaggio e uomo, finzione e verità.
Trama
Un nobile del primo '900 prende parte ad una mascherata in costume nella quale impersona Enrico IV; alla
messa in scena, prendono parte anche Matilde Spina, donna della quale è innamorato, ed il suo rivale in
amore Belcredi. Quest'ultimo disarciona Enrico IV, il quale nella caduta batte la testa e si convince di essere
realmente il personaggio storico che stava impersonando. La follia dell'uomo viene assecondata dai servitori
che il nipote di Nolli mette al suo servizio per alleviare le sue sofferenze; dopo 12 anni Enrico guarisce e
comprende che Belcredi lo ha fatto cadere intenzionalmente per rubargli l'amore di Matilde, che poi ha
sposato e con il quale è fuggita. Decide così di fingersi ancora pazzo, di immedesimarsi nella sua maschera
per non voler vedere la realtà dolorosa. Dopo 20 anni dalla caduta, Matilde, in compagnia di Belcredi, della
loro figlia e di uno psichiatra va a trovare Enrico IV. Lo psichiatra è molto interessato al caso della pazzia di
Enrico IV, che continua la sua finzione, e dice che per farlo guarire si potrebbe provare a ricostruire la stessa
scena di 20 anni prima e ripetere la caduta da cavallo. La scena viene così allestita, ma al posto di Matilde
recita la figlia. Enrico IV si ritrova così di fronte la ragazza, che è esattamente uguale alla madre Matilde da
giovane, la donna che Enrico aveva amato e che ama ancora. Ha così uno slancio che lo porta ad abbracciare
la ragazza, ma Belcredi, il suo rivale, non vuole che sua figlia venga abbracciata e si oppone. Enrico IV
sguaina così la spada e trafigge Belcredi ferendolo a morte: per sfuggire definitivamente alla realtà (in cui tra
l'altro sarebbe stato imprigionato e processato), decide di fingersi pazzo per sempre.
Commento dell'opera
L'opera fu scritta appositamente per Ruggero Ruggeri, uno degli attori più noti dell'epoca e appartenente,
assieme a Marta Abba ed altri, alla compagnia del Teatro d'Arte di Roma fondato dal drammaturgo a Roma,
come testimonia una lettera di Pirandello stesso
indirizzata a Ruggeri:
Il personaggio di Enrico IV, del quale magistralmente
non ci viene mai svelato il vero nome, quasi a fissarlo
nella sua identità fittizia, è descritto minuziosamente da
Pirandello. Enrico è vittima non solo della follia, prima
vera poi simulata, ma dell'impossibilità di adeguarsi ad
una realtà che non gli si confà, essendo ormai stritolato
nel ruolo fisso del pazzo.
La stessa ambientazione del dramma richiama l'aperta
mendacità della situazione, in bilico tra la realtà e la
finzione: la reggia dove Enrico risiede e la costruzione
drammaturgica dell'insieme richiamano la fissità delle
unità aristoteliche ma al contempo se ne distanziano,
proiettando il personaggio nel passato perduto, nel
presente che non può vivere con la sua vera identità e nel
futuro nel quale è impossibilitato a proiettarsi poiché
considerato pazzo; la reggia stessa è palesemente finta,
così come sono posticci i costumi di coloro che vi
agiscono. La pazzia durata dodici anni gli ha poi sottratto
Matilde per mano del rivale in amore Belcredi, acuendo
la situazione di disagio di Enrico IV che non riesce a trovare un ruolo nel presente.
La fissità della forma nella quale Enrico IV è rinchiuso ha rappresentato però, al contempo, anche una
salvezza per l'uomo, che vi si è rifugiato conservando una lucida estraneità alla vita reale vissuta da coloro
che gli sono vicini e permettendogli di non lasciarsi travolgere dai propri sentimenti.
In questo modo Enrico IV tenta, nonostante abbia ormai ammesso la sua guarigione, di dimostrare quanto
false ed ipocrite siano le vite di coloro che lo circondano, cristallizzate in una forma di cui non sono neanche
consapevoli. La stessa morte di Belcredi per mano di Enrico IV simboleggia non la vendetta per gelosia, ma
il bisogno esasperato di netto taglio con il passato perduto. Spaventando tutti, potrà continuare a fingersi
pazzo, vivendo la propria vita in libertà e non più costretto da rigide imposizioni delle quali oramai è libero.
I venti anni perduti gli sembrano riconquistati quando gli appare Frida, figlia di Matilde e ritratto della stessa
da giovane, ma è un'illusione che dura poco: solo rifugiandosi di nuovo nella pazzia, con l'omicidio di
Belcredi, Enrico IV si sottrae di nuovo al fluire del tempo ed al rimpianto degli anni perduti.
Pirandello trova sensatezza nella follia, che diviene punto di rottura con la falsità della realtà: se Enrico IV è
un alienato emarginato dalla società, si schiera nelle lunghe fila dei personaggi novecenteschi che si
arroccano in altre dimensioni rispetto alla realtà sensibile e che sono coscienti della loro situazione. Enrico
IV è quindi personaggio del suo tempo, metafora dell'uomo moderno con tutte le sue problematiche. Sebbene
pazzo, lo si connota come personaggio positivo, distruttore di verità fittizie ma, al contempo, è anche
sinonimo di repressione volontaria, di senso della rinuncia autoindotto.
Dopo le recenti prove di Il teatrante, Servo di scena e Don Chisciotte, Franco Branciaroli prosegue
il proprio percorso di esplorazione dei grandi personaggi del teatro scegliendo Enrico IV di Luigi
Pirandello. Enrico IV è vittima non solo della follia, prima vera poi cosciente, ma dell'impossibilità
di adeguarsi a una realtà che non gli si confà più stritolato nel modo di intendere la vita di chi gli sta
intorno e sceglie quindi di "interpretare" il ruolo fisso del pazzo. Nel cimentarsi con Pirandello per
la prima volta, Franco Branciaroli lo fa nel duplice ruolo di protagonista e regista. Protagonista
della storia è un nobile che, durante una cavalcata in costume nei panni di Enrico IV, (l’antico
imperatore di Germania) cade da cavallo, batte la testa e diventa pazzo al punto da credere d’essere
davvero il personaggio che stava interpretando. In realtà non è stato un incidente. A farlo cadere da
cavallo è stato Belcredi, suo rivale in amore, che gli contende la mano di Matilde Spina. Dopo
l’incidente, Belcredi sposa infatti Matilde. A distanza di parecchi anni, Enrico guarisce, intuisce la
verità e si prende la rivincita su Belcredi. Ma la sua vendetta rischia di rovinargli completamente la
vita. Meglio allora rifugiarsi per sempre nella pazzia.
Perché vederlo?
Per l’interpretazione di Franco Branciaroli, per la prima volta alle prese con un testo pirandelliano.
Per assistere alla messinscena di un capolavoro dello scrittore agrigentino.
ESTRATTI: rassegna stampa
Maria Grazia Gregori, L’Unità, 16 maggio 2014
L’imperatore di cartapesta
In uno spazio equestre che
Margherita Palli crea fra teste di
cavalli, stendardi, costumi d’epoca,
un vero e proprio arsenale delle
apparizioni che è il mondo in cui vive
Enrico IV, sottolineato dalle luci di
Gigi Saccomandi ecco dunque
arrivare il mondo di fuori in abiti di
oggi. Un continuo dentro e fuori il
tempo, la storia, i sentimenti dove la
marchesa Spina della brava Melania
Giglio con il suo amante Belcredi
(Giorgio Lanza), la figlia di lei
(Valentina Violo) una morbosetta in
minigonna e il suo fatuo innamorato
(Tommaso Cardarelli) tessono la loro
ingannevole tela. A fare da raccordo
fra un mondo e l’altro c’è l’inquietante psichiatra di Antonio Zanoletti, che plasma le inquietudini
della mente e intanto cuce i costumi che sono la buccia esteriore di ciò che davvero siamo. E poi
c’è lui, Franco Branciaroli, un Enrico IV a double face, bravissimo e spiazzante nella sua follia
tutta di testa con cui vitalmente governa la prima parte del dramma e superbo nel lungo monologo
della seconda, in cui rivela la verità a quelli che vivono con lui, per poi regredire consapevolmente
al passato inforcando un cavallo da giostra dei pupi. Imperatore di cartapesta come la corona che
il medico gli mette sulla testa per continuare la recita e il gioco della vita e della morte.
Magda Poli, Corriere della Sera, 15 maggio 2014
La follia per difendersi dall’accusa di omicidio
(…) Branciaroli offre di Enrico una interpretazione bellissima, carica di crudeltà, fatica di vivere,
lucidità verso un senso della vita che sfugge e bisogna reinventare, rendendo quasi visibile il
processo del reale che perde peso e consistenza nella misura in cui tra la finzione e l’arte ne
acquistano: la realtà dei personaggi reali è ben poca cosa rispetto alla verità complessa della
“finzione” del personaggio irreale.
Bravi gli attori Melania Giglio, Antonio Zanoletti, Giorgio Lanza, Tommaso Cardarelli che
efficacemente seguono il dettato registico. Folgorante il finale nel quale Enrico, nella bella scena
di Margherita Palli, sale su un cavalluccio da giostra pronto a scomparire tra essere e apparire.
Renato Palazzi, Il SOLE 24 ORE, 11 maggio 2014
Enrico crudele e lucido
Dopo il vecchio mattatore shakespeariano del Servo di
scena di Harwood, dopo il Teatrante di Bernahard, il
modo in cui Branciaroli si accosta a questo guitto
dell’anima mette i brividi. Nelle sue ambigue riflessioni,
nei suoi trasalimenti fa risuonare un senso amaro della
vita, uno sguardo disincantato sulle persone e sulle cose
che trascende di gran lunga la dialettica pirandelliana
dell’essere e apparire, che ha qualcosa di “magnifico e
terribile”, per usare le parole dell’autore. Al suo primo
incontro con Pirandello, Branciaroli riesce a immettere
nell’Enrico IV una nota di crudeltà, quasi di sconsolata
spietatezza che non vi avevo mai sentito. E il finale è
bellissimo, col protagonista che, dopo l’uccisione del
rivale, in posa su un cavallo da giostra viene incoronato dallo psichiatra.
Nino Dolfo, Corriere della Sera, 9 maggio 2014
Enrico IV, follia senza illusioni.
Branciaroli è superbo in un dramma più che mai contemporaneo. Geniali le scenografie di
Margherita Palli, efficaci le luci di Gigi Saccomandi… Applausi meritatissimi.
Francesco De Leonardis, Brescia Oggi, 8 maggio 2014
ENRICO IV, folle saggio senza nome
Franco Branciaroli sa offrire al personaggio il sublime
della tragedia, conservandone però la vena ironica e
amara, in momenti di intensa poesia, come nella scena
del disincanto in cui Enrico, in una notte di luna, confida
agli scudieri la sua guarigione. Calibrata ed efficace la
prova della compagnia formata da Melania Giglio,
Giorgio Lanza, Antonio Zanoletti, Valentina Violo,
Tommaso Cardarelli.Ovazione per Branciaroli e applausi
calorosi per tutti.
Paola Carmignani, Giornale di Brescia, 8 maggio 2014
Enrico IV di Branciaroli furioso, amletico istrione
“Enrico IV” è un capolavoro aperto: ogni attore è libero di scrivere la sua storia. Non a caso Luigi
Pirandello non dà nome al protagonista, lo lascia coi puntini di sospensione. Franco Branciaroli in
quello spazio scrive ora il suo nome a caratteri indelebili (…) è parso chiaro che la sua
interpretazione è destinata a grande successo..
CITAZIONI: La pazzia è una forma di normalità

Monsignore, però, mentre voi vi ritenete fermo, aggrappato con tutte e due le mani alla vostra tonaca
santa, di qua, dalle maniche, vi scivola, vi scivola, vi sguscia come un serpe qualche cosa, di cui non
v'accorgete. Monsignore, la vita! (Da Enrico IV)

Trovarsi davanti a un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle
fondamenta tutto quanto avete costruito in voi, attorno a voi, la logica di tutte le vostre costruzioni
(da Enrico IV)

Confidarsi con qualcuno, questo sì, è veramente da pazzo! (da Enrico IV)

Questa cosa orribile, che fa veramente impazzire: che se siete accanto a un altro, e gli guardate gli
occhi [...] potete figurarvi come un mendico
davanti ad una porta in cui non potrà mai
entrare: chi vi entra, non sarete mai voi, col
vostro mondo dentro, come lo vedete e lo
toccate; ma uno ignoto a voi, come quell'altro
nel suo mondo impenetrabile vi vede e vi
tocca. (da Enrico IV)

Come a voi appajono travestiti loro, così a lui,
nei nostri panni, appariremmo travestiti noi.
(Landolfo)

Ecco: quando non ci rassegniamo, vengono
fuori le velleità. Una donna che vuol essere
uomo... un vecchio che vuol esser giovine... –
Nessuno di noi mente o finge! – C'è poco da
dire: ci siamo fissati tutti in buona fede in un bel concetto di noi stessi. (Enrico IV)

Preferii restare pazzo e vivere con la più lucida coscienza la mia pazzia [...] questo che è per me la
caricatura, evidente e volontaria, di quest'altra mascherata, continua, d'ogni minuto, di cui siamo i
pagliacci involontari quando senza saperlo ci mascheriamo di ciò che ci par d'essere [...] Sono
guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio, quieto! – Il guajo è per voi
che la vivete agitatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia. [...] La mia vita è questa!
Non è la vostra! – La vostra, in cui siete invecchiati, io non l'ho vissuta! (Enrico IV)

Conviene a tutti far credere pazzi certuni, per avere la scusa di tenerli chiusi. Sai perché? Perché non
si resiste a sentirli parlare. […] Non si può mica credere a quello che dicono i pazzi! Eppure, si
stanno ad ascoltare così, con gli occhi sbarrati dallo spavento. Perché? […] Perché trovarsi davanti a
un pazzo sapete che significa? Trovarsi davanti a uno che vi scrolla dalle fondamenta tutto quanto
avete costruito in voi, attorno a voi, la logica, la logica di tutte le vostre costruzioni! Eh! Che volete?
Costruiscono senza logica, beati loro, i pazzi! O con una loro logica che vola come una piuma!
Volubili! Volubili! Oggi così e domani chi sa come! Voi vi tenete forte, ed essi non si tengono più.
Voi dite "questo non può essere" e per loro può essere tutto. Ma voi dite che non è vero. E perché?
Perché non par vero a te, a te, a te, e centomila altri. Eh cari miei! Bisognerebbe vedere poi che cosa
invece par vero a questi centomila altri che non sono detti pazzi […]. Perché guai, guai se non vi
tenete forte a ciò che vi par vero oggi, a ciò che vi parrà vero domani, anche se sia l'opposto di ciò
che vi pareva vero jeri!

Ho paura talvolta anche del mio sangue che pulsa nelle arterie come, nel silenzio della notte, un
tonfo cupo di passi in stanze lontane.