Almanacco del Grigioni Italiano 2011
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Almanacco del Grigioni Italiano 2011
Parte Generale 1 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 93a annata Editore Pro Grigioni Italiano 7000 Coira Stampa Tipografia Menghini SA 7742 Poschiavo Prezzo fr. 14.– Illustrazione in copertina: Landarenca (Calanca), rustico vicino alla teleferica, estate 2010 Foto: Gianpiero Raveglia, Roveredo Almanacco del Grigioni Italiano 2011 2 Parte Generale Parte Generale Poesia È Natale 3 Vedi? L’aquilone azzurro s’è posato nel vuoto vento di stagione, i primi intensi colori del bosco si rassegnano al peso della terra, si lasciano andare come stanchi d’immemori viaggi, restaurati mondi, come afflusso di mite mare glaciale che sopravanza. Senti? Le rondini storne s’allineano sui fili d’alta tensione, mormorano eccitate, poi sfrecciano via sull’orizzonte cinerino mentre la sera si sbianca. Ecco un coriandolo di neve già volteggia nel piombo del mese dei morti, indugia un poco, poi si posa impalpabile sulla nuda terra nera; un tintinno di stagione, un basso rintocco di campane rinnova il paese in festa. È Natale. Gerry Mottis Care lettrici e cari lettori, quando ricevete questo Almanacco siamo nel tempo in cui «... un coriandolo di neve già / volteggia nel piombo del mese / dei morti, indugia / un poco, poi si posa / impalpabile sulla nuda terra nera...», come cita la poesia accanto. Per volontà della Pro Grigioni Italiano il vostro Almanacco quest’anno ha un nuovo formato, una nuova grafia e anche due nuovi redattori: Lara Boninci Lopes per la Val Poschiavo e Gerry Mottis per il Moesano. L’anno prossimo cambieremo anche la struttura redazionale. Vi preghiamo gentilmente di versarsi l’abbonamento di 14.– franchi, tramite la cedola di versamento allegata. Grazie per il vostro contributo e per la fedeltà che avete nei nostri confronti; sono di incitamento al nostro lavoro. Buona lettura e auguri vivissimi di ogni bene. La Redazione Per l’Alto Sursette e la Bregaglia: Renata Giovanoli-Semadeni, 7603 Vicosoprano Per il Moesano: Gerry Mottis, 6558 Lostallo Per la Val Poschiavo: Lara Boninchi Lopes, 7742 Poschiavo Per la Parte generale: Remo Tosio, 7742 Poschiavo Editore: Pro Grigioni Italiano, Martinsplatz 8, 7000 Coira Grafica: Erik Dettwiler, Zurigo - Stampa: Tipografia Menghini SA, Poschiavo Almanacco del Grigioni Italiano 2011 4 PARTE GENERALE 2 Gerry Mottis – È Natale (poesia) 9 *** – Le nostre autorità nel 2011 10 *** – Organi centrali della Pro Grigioni Italiano 12 Remo Tosio – Spira un vento nuovo alla redazione dell’Almanacco 48 Giancarlo Sala – Anni di lettere 50 Gerry Mottis – Un amore (poesia) 51 PASSATEMPO E PASSAPAROLA a cura di Gerry Mottis 54 Remo Tosio – Bhutan e Nepal due stati asiatici di contrastanti culture 70 Andrea Paganini – Poesia 14 Remo Tosio – Rodolfo Plozza: un politico genuino, restio ai trionfalismi 16 Remo Tosio – Elezioni del Governo e del Parlamento retico 18 Raffaele Lopes – Il mondo marino 20 RUBRICA CRISTIANESIMO Padre Marco Flecchia – «L’acqua che tenue tra i sassi fluí» 23 Agostino Priuli – Natascia Leonardi Cortesi: passione e resistenza nella vita e nello sport 28 COME MANGIANO I GRIGIONITALIANI Remo Tosio – «Cocon» 32 IL 2010 NEL MONDO Marco Tognola – La forza e l’arroganza 33 Rodolfo Fasani – Nebbia; Neve (poesie) 34 Sesta classe Sezione italiana Scuola cantonale Grigione La Sezione italiana in gita a Basilea 35 Paolo Gir – L’ombra perduta (poesia) 36 Remo Tosio – La Pro Grigioni Italiano istituisce un seminario annuale dei quadri 38 LA PAGINA DEI BAMBINI Una storia di indiani Libera traduzione di Remo Tosio QUI LA VALPOSCHIAVO 73 Lara Boninchi Lopes – La dignità nella povertà (intervista) 77 Antonio Platz – La linea ferroviaria Bernina ha festeggiato 100 anni 85 Remo Tosio – Teatro al lago 92 Gian Casper Bott – Apocalittici splendori, suoni visionari 97 Andrea Paganini – La tua parola, uomo; Inerzia (poesie) 98 Massimo Lardi – «Enrico’s memory day» 102 Antonio Giuliani – I primi 31 anni non sempre gloriosi, ma eroici della Ferrovia del Bernina 107 Ernesto Conrad – Sette anni Casa Console 109 Federica Spigarelli Quando la pietra prende la forma dell’arte 112 Lara Boninchi Lopes – Tradizione e cultura sulla piazza del borgo 40 Giuseppe Godenzi – Orchestra e orchestrazioni 115 Giancarlo Zala – La coltivazione del tabacco in Val Poschiavo 42 Massimo Lardi – Corse di Brigata e corse di Armata II 119 Andrea Paganini – Filippo Crameri il controllore Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale Indice 5 6 Lara Boninchi Lopes – Ricordato presso il Palazzo de Bassus Mengotti il centesimo anniversario della Ferrovia del Bernina 125 Mario Costa – Ritorno a casa di un esule relegato in Francia 127 Antonio Giuliani Un discorso del Pastore Otto Carisch in occasione dell’apertura della nuova casa di scuola riformata, 30 novembre 1825 132 Lara Boninchi Lopes – La vecchia stazione della posta e di transito a La Rösa 134 Giovanni Lanfranchi Piacevoli e indimenticabili incontri tornando da scuola 136 Adriano G.E. Zanoni-Pola Dimora in Australia SECONDA PARTE 166 Luca Plozza – Il castagno è parte della nostra cultura 168 Piero Stanga – 125 anni della Società Carabinieri di Roveredo (1883-2008) 170 Fredy Parolini – I gropp (poesia) 171 Luciano Mantovani Il Centro Culturale di Soazza è oggi una realtà 174 Annamaria Pianezzi-Marcacci Poesie di viaggio in Sicilia 179 Carlo Silvano «Il nostro futuro? Affidiamolo ai giovani pensatori» Intervista a Gerry Mottis 182 Fredy Parolini – Natal (poesia) 183 Romano Losa – Società cooperativa La Cascata di Augio 142 Luigi Godenzi – Che festa! 186 Centro La Cascata – La Valle Calanca: geografia, storia, popolazione e cultura 146 Pietro Lanfranchi-Ferrari Le famiglie del mio bisnonno paterno e dei suoi figli 190 Sabina Spinnler – Immagini in contrasto a Cauco 150 Giuseppe Godenzi – Dove abitava Paganino Gaudenzi? 193 Lulo Tognola – Evviva la toppa 152 *** – In ricordo dei nostri cari morti 192 *** – Antonio Beer, 1880-1965 194 Michela Costa Un’alimentazione equilibrata Come nutrirsi correttamente? 196 Michela Costa – Alimentazione e sport La dieta dello sportivo QUI IL MOESANO 199 Lino Succetti – Come valorizzare il prodotto caprino in Mesolcina e Calanca? 157 Gerry Mottis – Saluto del nuovo redattore moesano 200 Emilia Tonolla – Sport, movimento e salute 158 Lino Succetti – Ottima riuscita per l’assemblea cantonale dei cacciatori a patente 160 Lino Succetti – Il volume «Amor di caccia» edito in occasione della 96a assemblea cantonale 161 Clemens A Marca – Casa mia (poesia) 162 Dante Peduzzi – Storie di relazioni umane e di contrabbando 216 Ivan A Marca – «Calend de marz» 219 *** – La scuola vista dagli allievi che terminano l’obbligo… 223 Lucio Fieni – Inaugurazione del Centro giovanile del Moesano 226 David Dey – «Skatepower Crew: Only For You!» 229 Paolo Ciocco – Guinness dei Primati per le «Voci del Grigioni Italiano» 232 Mileva Albertini – Fumetto, animazione e video: l’evoluzione di una sognatrice 235 Lino Succetti – Alpeggi del Moesano sotto la lente di alpFUTUR 236 Patrick Mottis – Progetto di arginatura del riale di San Giorgio a Lostallo 238 Giuseppe Russomanno – Una giornata veramente speciale 240 Giacomo Pellandini – Il postiglione del San Bernardino e «la Parigina» un’insolita storia di famiglia 242 Patrick Mottis – Moesa Volley: promozione e risultati importanti una stagione da incorniciare! 244 *** – Mini-indagine: «Cosa faresti, se vincessi 35 milioni di franchi al lotto?» 261 Reto Walther – Come nacquero i comuni della Bregaglia? 262 Reto Walther – Documento storico 264 Rosita Fasciati-Vincenti Il 22 maggio 2010 ha avuto luogo l’inaugurazione della BIBLIOTECASTASEGNA 265 Renata Giovanoli-Semadeni – «Al boi» poesia 266 Antonella Castelli Anche i bambini svizzeri sono nati per leggere 270 Walter Coretti – Essere o apparire? 273 Remo Maurizio – L’erica arborea 274 Giampaolo Palmieri – Un vampiro si aggira per gli alveari 277 Giorgio Derungs – «Al mül dal Pasini» 280 Gianin Gianotti – «Attività püblica» 284 Ilda Rezzoli – Cognomi e soprannomi di Soglio e dintorni 285 Ursina Negrini-Ganzoni Continua il diario di Andrea Ganzoni 288 Marco Giacometti – Facciamo insieme il Centro Giacometti 248 Rodolfo Fasani – L’albero della vita (poesia) 292 249 *** – In ricordo dei nostri cari morti Renata Giovanoli-Semadeni Dario Cologna si è allenato a Maloggia prima di partire per i Giochi olimpici di Vancouver 293 Elda Simonett-Giovanoli – «Stralci di vita» 205 Lino Succetti – Su e giù nelle Valli Mesolcina e Calanca 209 Una ricerca degli allievi di 3a classe PLTI di Roveredo Leggende Moesane 258 Renata Giovanoli-Semadeni Curiosità in archivio 247 Nicole Peduzzi – Beni Cleto Albertini: albergatore, collezionista e viaggiatore 204 Gerry Mottis – Una poesia da bruciare Racconto breve 206 Devis Bruni – Il nuovo edificio scolastico di Grono, modernità e funzionalità a favore dell’insegnamento 257 Arno Giovanoli – Un fatto veramente accaduto 294 Piero Del Bondio – Il ranocchio QUI LA BREGAGLIA 295 Marcello Negrini – Così arrivò la motosega in Bregaglia 297 Verena Wazzau – A Mario (poesia) 253 Club Alpino Svizzero: Sezione Bregaglia 50 anni Capanna Sasc Furä 298 *** – «Al cant dal cük» poesia in romancio di Bivio 256 Nicola Roganti – «Al Cascinott» 299 *** – In ricordo dei nostri cari morti Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 122 7 8 CALENDARIO 300 Paolo Gir – Foto (poesia) 301 *** – Autorità religiose cattoliche e riformate 2011 302 *** – Anno 2011 303 *** – Elenco delle fiere di bestiame per l’anno 2011 nel Cantone dei Grigioni 304 *** – I mesi dell’anno 329 *** – Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro TAVOLE FUORI TESTO dopo pagina 32 *** – «La Ferrovia nel Grigionitaliano Tra visoni, storie e realtà» dopo pagina 96 *** – L’adorazione dell’Agnello, la liturgia celeste e i preliminari del Gran Giorno dopo pagina 192 *** – Quadro di Emilio Cerroti dopo pagina 272 Walter Coretti – Soglio con l’arcobaleno fotografia Le nostre autorità nel 2011 CONFEDERAZIONE CANTONE CONSIGLIO FEDERALE GOVERNO Presidente Micheline Calmy-Rey, 1945, PS (2003) Dipartimento degli affari esteri, DFAE Presidente Martin Schmid, 1969, PLD (2003) Dipartimento delle finanze e dei comuni Vicepresidente1 Eveline Widmer, 1956, PBD (2008) Dipartimento delle finanze, DFF Vicepresidente Barbara Janom-Steiner, 1963, PBD (2008) Dipartimento giustizia, sicurezza e sanità Consiglieri Doris Leuthard, 1963, PDC (2006) Dipartimento dell’ambiente, trasporti, energia e comunicazioni, DATEC Consiglieri Hansjörg Trachsel, 1948, PBD (2005) Dipartimento dell’economia pubblica e socialità 1 Ueli Maurer, 1950, UDC (2009) Dipartimento della difesa, protezione della popolazione e dello sport, DDPS Didier Burkhalter, 1960, PLD (2009) Dipartimento dell’interno, DFI Simonetta Sommaruga, 1960, PS (2010) Dipartimento di giustizia e polizia, DFGP Johann Schneider-Ammann, 1952, PLD (2010) Dipartimento dell’economia, DFE Cancelliere della Confederazione1 Corina Casanova, 1956, PDC (2008) Vicecancellieri della Confederazione1 Oswald Sigg, 1944, PS (2005) Thomas Helbling, 1962, PLD (2008) CONSIGLIO NAZIONALE Sep Cathomas, Breil, 1945, PDC Brigitta Gadient, Coira, 1960, PBD Andrea Hämmerle, Pratval, 1946, PS Hansjörg Hassler, Donath, 1953, PBD Caviezel Tarzisius, Davos, 1954, PLD CONSIGLIO DEGLI STATI Christoffel Brändli, Igis, 1943, UDC Theo Maissen, Sevgein, 1944, PPD 1 È solo una previsione: le elezioni avvengono nella Sessione di dicembre Mario Cavigelli, 1965, PDC (2010) Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste Martin Jäger, 1953, PS (2010) Dipartimento educazione, cultura e protezione dell’ambiente Cancelliere di Stato dr. Claudio Riesen, 1953 (1991) GRAN CONSIGLIO Bregaglia: Maurizio Michael, Castasegna, IND Supplente: G.A. Scartazzini, Promontogno, IND Brusio: Rodolfo Plozza, Brusio, PDC † Supplente: Dario Monigatti, Brusio, PS Calanca: Paolo Papa, Rossa, IND Supplente: Philip Lauber, Buseno, PDC Mesocco: Supplenti: Mirco Rosa, Lostallo, PLD Rodolfo Fasani, Mesocco, PDC Sacha Bricalli, Soazza, PBD Carlo Pedrini, Soazza, PS Poschiavo: Supplenti: Karl Heiz, Poschiavo, PLD A. Della Vedova, S Carlo, PDC Sandro Cortesi, Poschiavo, PDC Franco Vassella, Li Curt, P’vo Viva Roveredo: Supplenti: Martino Righetti, Cama, PDC Cristiano Pedrini, Roveredo, PBD N. Noi-Togni, San Vittore, IND Stefano Curti, Roveredo, PLD Roberto Somaini, Roveredo, UDC Antonio Spadini, Verdabbio, PDC Coira: Ilario Bondolfi, Coira, PDC Luca Tenchio, Coira, PDC Livio Zanetti, Igis, PDC Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale Indice 9 Commissioni permanenti Parte Generale Parte Generale Organi centrali della Pro Grigioni Italiano Commissione collana letteraria (Settore pubblicazioni e media) Prof. Dr. Renato Martinoni, presidente Tibisay Andreetta Rampa Dorotea Donth-Franciolli Rodolfo Fasani Paolo Parachini Dr. Giancarlo Sala Livio Zanolari 10 Consiglio direttivo Presidente della Pgi: Vicepresidente: Consiglieri: Dr. Sacha Zala Agostino Priuli, capo Settore promozione artistica Dr. Mathias Picenoni, capo Settore istruzione e lingua Arch. Albina Cereghetti, capo Settore ricerche Tibisay Andreetta Rampa, capo Settore pubblicazioni e media Consiglio delle Sezioni Berna: Romandia: Bregaglia: Coira: Davos: Lugano: Moesano: Sopraceneri: Valposchiavo: Zurigo: Dr. Renzo Pedrussio, presidente Paola Gianoli Tuena, vicepresidente Bruna Ruinelli Dr. Fernando Iseppi Rezio Vivalda Carla Guidicelli-Biondini Aixa Andreetta Piero Casella Franco Milani Giorgio Lardi Sede centrale e Centri regionali Segretario generale: Giuseppe Falbo Operatrice culturale e Cr Coira: Alessandra Spagnolo Mantovani Operatori culturali dei Centri regionali Cr Bregaglia: Cr Moesano: Cr Valposchiavo: Romana Walther Tessa Rosa Arianna Nussio 11 Commissione ricerche (Settore ricerche) Prof. Dr. Michele Luminati, presidente Dr. Gian Casper Bott Arch. Albina Cereghetti Marco Marcacci Prof. Dieter Schürch PD Dr. Mauro Tonolla Dr. Stefano Vassere Commissione istruzione (Settore istruzione e lingua) Dr. Mathias Picenoni, presidente Luigi Menghini Maurizio Michael Dante Peduzzi Moreno Raselli Silva Semadeni Vincenzo Todisco Commissione radiotelevisiva (Settore pubblicazione e media) Raffaella Adobati Bondolfi, presidente Tibisay Andreetta Rampa Giovanna Giuliani Fabrizio Keller Maurizio Michel Gianpiero Raveglia Paola Müller Storni Commissione promozione artistica (Settore promozione artistica) Agostino Priuli, presidente Raffaella Adobati Bondolfi Fabrizio Fazioli Marco Franciolli Riccardo Lurati Ramona Plozza Martinez Barrobes Armando Ruinelli Commissione Centri regionali Dr. Sacha Zala, presidente Aixa Andreetta Dr. Fernando Iseppi Franco Milani Dr. Renzo Pedrussio Agostino Priuli Bruna Ruinelli Commissione di revisione Arno Lanfranchi Elena Pizzetti Almanacco del Grigioni Italiano 2011 12 Lara Boninchi Lopes Remo Tosio Dopo quattordici edizioni lascia Antonio Tognola e dopo tre Marcello De Monti. Vengono sostituiti da due giovani speranze: Lara Bonichi Lopes e Gerry Mottis. Per volontà della Pro Grigioni Italiano quest’anno l’Almanacco è diventato più piccolo e ha cambiato faccia grafica. L’anno prossimo cambierà anche la disposizione redazionale. «Mi vedo costretto a dare le dimissioni dal mio compito di redattore». Così scrive Antonio Tognola, redattore del Moesano, il 3 gennaio 2010. I motivi delle forzate dimissioni sono di carattere familiare. Antonio ha iniziato a curare «Qui il Moesano» con l’edizione del 1997, lasciando una indelebile traccia. Ha operato con dedizione e passione, contribuendo all’arricchimento redazionale della nostra popolare rivista annuale, edita dalla Pro Grigioni Italiano. Al caro Antonio vada tutta la nostra riconoscenza per il suo prezioso operato. «Comunico che sono costretto a rinunciare all’attività di redattore per motivi professionali e di formazione». Così giustifica le dimissioni Marcello De Monti nella sua lettera del 25 novembre 2009. A causa del suo grande impegno nel campo sociale ha dovuto lasciare la redazione di Qui la Val Poschiavo. Marcello ne ha curato le ultime tre edizioni. A lui vada un sentito grazie per il suo impegno. A sostituire gli uscenti arrivano due giovani pimpanti e volenterosi redattori, che hanno portato un vento nuovo al vecchio Almanacco. Infatti, ladies first, per la parte poschiavina è subentrata Lara Boninchi Lopes, classe 1971, di Poschiavo. Da un po’ di tempo collabora con il settimanale Il Grigio ni Italiano. Nasce a Poschiavo e in tenera età si trasferisce ad Edolo (Brescia), paese natale del padre. Frequenta qui le elementari, dopodiché ritorna in Valle per gli anni di scuola secondaria. Ottiene il diploma di educatrice della scuola dell’infanzia alla Magistrale di Coira e per diciassette anni insegna in diverse scuole della Valle. Lo sviluppo educativo e cognitivo dei bambini, correlato agli aspetti didattici e pedagogici dell’insegnamento, occupano la sua vita per molti anni. Nel 2001 collabora per la stesura degli obbiettivi dei campi d’apprendimento del Programma Qua dro Insegnamento per le scuole dell’infanzia del Cantone. Nel 2007 partecipa e collabora come rappresentante del proprio ciclo al Progetto Promozione Linguistica Orale per le scuole di Poschiavo. Lara è sposata e madre di due figli in età scolastica. La Nostra ha già partecipato alla redazione dell’Almanacco con alcuni contributi ne La pagina dei bambini. A curare la parte moesana arriva Gerry Mottis, classe 1975, di Lostallo. Personaggio noto nel Grigioni italiano per la sua vena poetica e letteraria, non da ultimo per la sua attività di docente di italiano presso Parte Generale Parte Generale Spira un vento nuovo alla redazione dell’Almanacco 13 le Scuole Secondarie di Roveredo. Ha studiato letteratura all’Università di Friburgo. La sua prima opera poetica, Sentieri umani, esce nel 2000, mentre la seconda, «Un destino una nostalgia», vede la luce nel 2003 con la prefazione del redattore dei Quaderni grigionitaliani, prof. Jean-Jacques Marchand. Nel 2005 fonda a Lostallo la compagnia teatrale Siparios, della quale è regista e sceneggiatore. Nel 2006 pubblica Il boia e l’arcobaleno, la sua prima raccolta di racconti. Nel 2007 esce alle stampe la commedia Deus Ex, andata in scena per la prima volta il 16 giugno 2007. Nel 2008 pubblica la sua seconda commedia: All’inizio (… e alla fine) c’era il Verbo, andata in scena per la prima volta il 25 ottobre 2008. Ha un proprio sito internet ‹www.gmottis.ch›. Unitamente alle due giovani leve, l’Almanacco può contare sulla continuità redazionale di Qui la Bregaglia con Renata Giovanoli-Semadeni di Vicosoprano, attiva con passione e dedizione già dall’edizione 2003. Dal 1997 la Parte generale è curata dall’autore dell’articolo. Gerry Mottis Speriamo che ai nostri fedeli lettori piacciano le innovazioni della presente edizione; è cambiato il formato, da 170 x 240 mm a 171 x 228 mm, ed è cambiata la forma grafica, più moderna e con un nuovo carattere, che tuttavia assomiglia a quello di prima. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 14 evitare che le nostre strade diventino delle assi di transito per il traffico pesante internazionale fra nord e sud, che attraversa la Svizzera senza di fatto apportare vantaggi economici oltre all’esiguo tributo della tassa sul traffico pesante». Pur non avendolo ufficialmente citato, quando ha parlato della morfologia alludeva ovviamente al problema invernale del Passo del Bernina, per il quale ha più volte e in varie occasioni lottato con vivacità e convinzione. Il Nostro è stato anche uno strenuo difensore dell’italianità grigionese, specialmente in Gran Consiglio. Ma anche fuori dall’area parlamentare ostentava con orgoglio la propria entità grigionitaliana. Durante le assemblee del TCS, che avvengono in vari paesi di tutto il Cantone, ricordo come Rodolfo improntava il suo discorso bilingue dedicando sempre uno spazio all’italianità, difendendo dignitosamente le sue origini linguistiche. Remo Tosio Servizio fotografico a cura dell’autore Mercoledì 7 luglio 2010 mi è arrivata improvvisamente una mazzata in testa: è deceduto Rodolfo Plozza per infarto cardiaco. La notizia ha lasciato tutti sgomenti. Brusio, la Val Poschiavo, il Grigionitaliano, il Governo e il Parlamento cantonale sentiranno la mancanza di un uomo politico genuino e affabile. Parlare di politica con lui era un divertimento perché sapeva ascoltare e rispondere senza giri di parole. Mi sono più volte meravigliato allorquando mi chiedeva un parere su un argomento politico, oppure una valutazione sul discorso che aveva appena pronunciato. Faceva così perché mi riteneva un amico sincero. Rodolfo era fatto così, premuroso e schietto. Sapeva dire le cose, anche quelle più dure, usando un linguaggio semplice, senza fronzoli e trionfalismi, andando dritto all’osso; presentava i suoi argomenti senza eccitazione. La politica, la vita sociale e l’amicizia per lui erano sullo stesso piano. L’ultima volta che siamo stati insieme – più tardi ci siamo visti in incontri politici locali – è stato in occasione dell’Assemblea dei delegati del TCS Grigioni, 29 maggio 2010 a Müstair. Alla presenza della consigliera di Stato Barbara Janom Steiner, in rappresentanza del Governo, Rodolfo ha fatto sentire la propria voce, sia da presidente TCS ma in particolar modo da parlamentare, in merito alle rivendicazioni stradali: «La morfologia stessa del Cantone dei Grigioni, costellato da impervie barriere naturali che specialmente in inverno rischiano di diventare insormontabili, costi- Concludo citando succintamente l’attività politica di Rodolfo Plozza, nato a Brusio il 9 aprile 1950: 1976-1993 Consigliere comunale a Brusio 1979-1981 Giudice principale del Tribunale di Circolo di Brusio 1994-2002 Presidente comunale Brusio 1994-2010 Deputato in Gran Consiglio 1995-2000 Membro della Commissione di gestione del Gran Consiglio 1997-2010 Presidente del TCS Grigioni e 1999-2000 2000-2001 2001-2002 2001-2008 membro del Consiglio di am‑ ministrazione a livello elvetico Presidente del Tribunale del Distretto Bernina Vicepresidente del Gran Consiglio Presidente di Stato Grigioni Presidente della Regione Valle di Poschiavo. Müstair 29 maggio 2010: Rodolfo Plozza durante il suo discorso di apertura dell’Assemblea dei delegati del TCS Grigioni tuisce la base del diritto di ogni cittadino di potersi spostare liberamente in automobile sul territorio del proprio Cantone in ogni momento e con ogni tempo. A maggior ragione il traffico veicolare deve rappresentare una garanzia primaria per gli abitanti delle molteplici regioni non adeguatamente servite dalla ferrovia. Secondo il mio parere occorre incentivare il miglioramento della rete viaria nell’ottica del traffico commerciale e privato grigionese e intercantonale, prendendo però nel contempo tutte le misure possibili onde Parte Generale Parte Generale Rodolfo Plozza: un politico genuino, restio ai trionfalismi Müstair 29 maggio 2010: la consigliera di Stato Barbara Janom Steiner ha presenziato all’Assemblea del TCS, in rappresentanza del Governo. Era pure presente, non ufficialmente ma quale amica, alle onoranze funebri di Rodolfo Plozza Almanacco del Grigioni Italiano 2011 15 16 Remo Tosio Il 13 giugno 2010 – secondo scrutinio il 4 luglio – vi sono state le elezioni del Governo e del Parlamento del Cantone dei Grigioni per la quadriennale legislatura 20112014. Mai come in questa elezione la corsa al Governo è stata affollata; per cinque seggi erano in competizione ben dieci candidati. Anche in alcuni Circoli del Grigionitaliano la campagna elettorale per il Gran Consiglio era piuttosto accesa. Con 38 seggi la nuova legislatura parlamentare è dominata dal PLD, mentre in quella precedente era in testa il PDC con 35 seggi. PVL (verdi liberali), Christian Brosi IND e Jürg Kappeler PVL. La campagna del PDC è stata impostata sulla prospettiva di riavere il secondo seggio; operazione non riuscita. Interessane è stata la lotta fra centristi dell’UDC e i scissionisti del PBD. Il candidato UDC Heinz Brand non è riuscito a scalzare uno dei due PBD, ambedue rieletti. Pure rieletto Martin Schmid. I due nuovi entranti sono: Mario Cavigelli PDC e Martin Jäger PS. Questi i risultati delle elezioni governative (maggioranza assoluta 15’682): Eletti: Schmid Martin PLD Janom Steiner Barbara PBD Trachsel Hansjörg PBD Cavigelli Mario PDC Jäger Martin PS Per quanto riguarda i dipartimenti non vi sono stati cambiamenti; politicamente i due nuovi arrivati hanno assunto il dipartimento degli uscenti. A partire dal 2011 il Governo Grigioni è quindi così composto (fra parentesi “in carica dal”): Parte Generale Parte Generale Elezioni del Governo e del Parlamento retico 17 Voti: 25’720 24’623 20’530 19’800 16’034 1 2 Non eletti: Cahannes Renggli Barla PDC 14’276 Brand Heinz UDC 13’070 Gasser Josias PVL 8’530 Brosi Christian IND 7’748 Kappeler Jürg PVL 4’195 Singoli 2’284 La lotta elettorale 2010 dei consiglieri di Stato è stata particolarmente tesa, ma anche democraticamente pregiata perché il popolo sovrano aveva la possibilità di scegliere fra dieci candidati per cinque seggi; le «minestre» erano tante per cui non è stato necessario «saltare dalla finestra» (o mangia sta minestra o salta dalla finestra). Un evento che credo non abbia precedenze in questa straordinaria varietà di candidati. Con la legislatura 2007-2010 i consiglieri di Stato Stefan Engler PDC e Claudio Lardi PS, ambedue in carica dal 1999, hanno raggiunto il massimo consentito e non potevano più essere rieletti. Gli altri tre, Martin Schmid PLD, Hansjörg Trachsel PBD (Borghese) e Barbara Janom-Steiner PBD, si sono ricandidati. Con loro c’erano: Martin Jäger PS, Heinz Brand UDC, Mario Cavigelli PDC, Barla Cahannes PDC, Josias F. Gasser Parlamento (Gran Consiglio) In alcuni circoli del Grigionitaliano vi è stata qualche lotta elettorale, mentre in altri regnava tranquillità, mancando candidati oltre i seggi in dotazione. Bregaglia: Luca Giovanoli del PBD rinuncia alla rielezione. Al suo posto è stato eletto l’unico candidato, Maurizio Michael IND. Brusio: rieletto l’unico candidato Rodolfo Plozza PDC. Purtroppo mentre stavo scrivendo queste righe (7 luglio 2010) è giunta la trista notizia della sua morte. Calanca: in questo Circolo vi è stata una campagna elettorale piuttosto movimentata. Per un seggio c’erano due candidati: Roberta Cattaneo UDC (233) e Paolo Papa IND (228), che al primo scrutinio non hanno raggiunto la maggioranza assoluta. Nel secondo turno l’ha spuntata Paolo Papa con un van- 4 taggio di 33 voti sulla Cattaneo. In Parlamento l’indipendente Papa ha dichiarato di aderire alla frazione del PBD. Mesocco: Andrea Toschini PLD rinuncia alla rielezione. Tre i candidati in competizione per due seggi: l’uscente Rodolfo Fasani PDC, Mirco Rosa PLD e Piergiorgio Paggi IND. Eletti: Mirco Rosa PLD e Rodolfo Fasani PDC. Poschiavo: Tino Zanetti PDC rinuncia alla rielezione. Campagna particolarmente animata perché erano quattro i candidati per due seggi: Alessandro Della Vedova PDC, 5 3 1 Martin Schmid, 1969, PLD (2003) - Dipartimento delle finanze e dei comuni; 2 Hansjörg Trachsel, 1948, PBD (2005) - Dipartimento dell’economia pubblica e socialità; 3 Barbara Janom-Steiner, 1963, PBD (2008) - Dipartimento giustizia, sicurezza e sanità; 4 Mario Cavigelli, 1965, PDC (2010) - Dipartimento costruzioni, trasporti e foreste; 5 Martin Jäger, 1953, PS (2010), Dipartimento educazione, cultura e protezione dell’ambiente. Karl Heiz PLD, Livio Mengotti IND e Bruno Raselli P’vo Viva. Karl Heiz eletto a grande maggioranza. Lotta serrata invece fra Mengotti e Della Vedova; l’ha spuntata quest’ultimo per soli dieci voti. Roveredo: rieletti i tre candidati uscenti: Martino Righetti PDC, Cristiano Pedrini PBD e Nicoletta Noi-Togni IND. In Gran Consiglio la ripartizione dei seggi si presenta così: PLD 38 (+5), PDC 33 (-2), PBD 26 (+26 - partito creato durante la legislatura precedente), UDC 4 (-28), PS 12 (-2), PVL 2 (+2), IND 5 (0). Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Il mondo marino 18 Da quando mi occupo della parte generale, è la prima volta che ricevo un articolo da un ragazzo. Infatti Raffaele ha tredici anni. Ho già avuto modo di constatare più volte, e con piacere, che le ragazze e i ragazzi grigionitaliani leggono attentamente il nostro Almanacco, il che è confortante. Raffaele ha visitato l’acquario più grande d’Europa, situato in periferia della città di Lisbona (Portogallo), dove si può ammirare un buffo e gigantesco pesce chiamato «luna». Lento nei movimenti sembra si muova a rallentatore, con occhio serio guarda lo spettatore. Non si cura nemmeno dello squalo bianco che con disinvoltura lo supera minaccioso nelle enormi vasche di quell’acquario. N.d.R. In diverse parti della terra c’è un’immensa distesa d’acqua, sembra infinita ed è diffusa ovunque. È una vera risorsa per l’uomo e per tutti i suoi abitanti. Due terzi di questo mondo è tutta acqua e per la nostra vita è indispensabile, ma anche la vita dei pesci dipende da essa. Nel mondo acquatico esistono moltissime specie di pesci e di alghe, alcuni grandissimi e altri minuscoli, in parte velenosi e altri innocui. Questo ambiente è vastissimo, gigante e infinito, i pesci vengono messi in mostra nei più grandi acquari marini delle città. Un pesce che secondo me è molto interessante è il pesce luna: è molto strano e abbastanza grande, ha due pinne poste sopra e sotto il suo corpo e si muove lentamente, questo gli causa dei guai. I pescatori che si spingono al largo per pescare i tonni lasciano cadere le reti in mare e il pesce luna, essendo molto lento, si impiglia involontariamente nella trappola. Purtroppo questa specie è in estinzione, così come alcune varietà di alghe. Quest’ul- Parte Generale Parte Generale Raffaele Lopes 19 L’acquario di Lisbona è un padiglione progettato per fare scoprire e conoscere ai visitatori il mondo marino. Inaugurato nel 1998 come ultima parte dell’esposizione mondiale “Expo 1998” e legato al tema: “Gli oceani, un patrimonio per il futuro” ospita 8‘000 animali e piante di 500 differenti specie, la struttura è costruita direttamente sul Rio Tejo time servono per la produzione di shampoo e vengono utilizzate per prodotti alimentari. Anche loro rischiano l’estinzione. A questo punto bisognerebbe chiedersi come salvare il pesce luna e queste alghe. Nel caso del pesce luna si dovrebbe fare più attenzione quando si pesca, oppure installare delle telecamere sui pescherecci e collegarle agli strumenti di bordo. Le alghe invece, secondo me, finiranno quasi per estinguersi e così verranno messe sotto protezione. I prodotti fatti con alghe verranno proibiti sul mercato. Comunque nel corso degli anni ogni specie subirà un’evoluzione: guardando i pesci comparsi per primi sulla terra e quelli attuali ci si rende conto delle mutazioni che hanno subito. Questi animali hanno dovuto adattarsi all’ambiente, al clima e allo stile di vita dell’uomo. Per la sopravvivenza del mondo marino è necessario un equilibrio delle condizioni di vita delle diverse specie, spesso però questi fragili equilibri vengono messi in crisi dal comportamento umano. Perciò il nostro agire deve cambiare per migliorare non solo A destra il pesce luna e sopra i noti pescherecci dotati di enormi reti che intrappolano tutto ciò che trovano. Disegno dell’autore queste due specie, ma anche le nostre condizioni di vita e quelle del mondo intero. Le alghe non hanno radici ed è facile prenderle, inoltre animali come la lontra mangiano i crostacei che si nascondono nelle alghe: senza quest’ultime i crostacei non ci sarebbero e le lontre non avrebbero cibo. Questo è solo un esempio dell’equilibrio che c’è nel mondo marino, purtroppo tutto (o quasi) dipende dall’uomo e gli altri abitanti di questo pianeta non ne possono proprio niente. L’uomo è anche capace di distruggere l’intera catena alimentare grazie alle sue scoperte che a prima vista sembrano geniali, ma non sempre è così… Mi auguro solo che queste alghe e il pesce luna vengano salvati per sempre! Almanacco del Grigioni Italiano 2011 «L’acqua che tenue tra i sassi fluí» Padre Marco Flecchia* 20 Il titolo mi è suggerito dalle ultime parole d’una breve poesia di Giosuè Carducci, scritta il 27 agosto 1895 a Madesimo, la nota località alpina dove il grande poeta trascorreva volentieri le proprie vacanze estive. A scuola, nell’epoca in cui frequentavo le elementari e le medie – si era nei decenni ’50 e ’60 – era in vigore il rito del lunedì mattina: la recita della poesia imparata a memoria durante la domenica. Era infatti consuetudine di quasi tutti i maestri dettare o far copiare dalla lavagna ogni settimana una poesia da studiare a memoria. Il sabato mattina – a quei tempi rigorosamente scolastico e lavorativo – si scriveva sul quaderno la poesia prescelta, corredata magari da un disegno raffigurante qualcosa suggerito dal testo. Questo serviva al Maestro per assegnare sulla pagella anche la nota di disegno. La fine della settimana – che non si chiamava week-end, dato che la lingua italiana era ritenuta una cosa seria – era poi dedicato a leggere e rileggere e mandare a memoria i versi scritti a scuola e spiegati accuratamente dall’insegnante. Non ho mai smesso di pensare che lo studio a memoria fosse un abile esercizio per allenare la mente ad imparare. Non solo. I versi che risuonano nella mente, e vi permangono *Parroco di Soazza in maniera stabile, contribuivano a formare ed a mantenere vitale quel sottofondo culturale che rimaneva per tutta la vita, anche in coloro che, per varie vicissitudini, una volta terminate le scuole dell’obbligo, non avrebbero mai più preso in mano libri e quaderni, e neppure penna o matita, se non per eseguire qualche piccolo calcolo relativo all’economia domestica. A distanza di anni e decenni le poesie si sono frammentate, mescolate tra i diversi ricordi, magari non sono più intere, da potersi recitare senza sbagli o lacune dal titolo fino all’ultima parola. Ma rimangono versi sparsi, parole che pure non si cancellano, espressioni pregnanti che non vanno più via, nonostante il tempo che trascorre, anni e decenni che non tolgono quell’atmosfera creata da chi sapeva ben maneggiare la lingua: veri maestri – o maestre – del sapere. Questi ricordi letterari, pur se a volte incompleti o frammentari, soggiacenti ad ogni pensiero, anche negli animi più lontani dalle cose di carta e di penna, contribuiscono a mantenere nella gente quel tocco di finezza che è uno dei punti di differenza tra la nobiltà d’un animo umano sensibile ed un brutale essere incivile. Le cronache della nostra epoca ci hanno abituato – anche per il piacere inglorioso di certi mezzi di comunicazione – a conoscere le crudeltà e le sofferenze di tanta gente e di tanti popoli. Un tocco di poesia, fatta non solo di parole, ma soprattutto dei sentimenti profondi che stanno dietro quelle parole, è una speranza per un futuro migliore. Nel tempo che passa, segnato da una nuova edizione dell’amico Almanacco, vedo tanti motivi di delusione, ma desidero pure scovare qualcosa di buono e positivo, in questo 2011 che sta per arrivare. Giosuè Carducci scrisse il brevissimo Mez zogiorno Alpino sul finire d’agosto di 115 anni fa, nel 1895, ed il suo sguardo sul maestoso scenario alpino mi dà spunto ed occasione per meditare, in maniera poetica, il tempo che passa. Quando scrivo in manie ra poetica, non intendo assolutamente riferirmi ad un modo languido o sdolcinato di considerare il mondo, proprio della filastroc- ca. Non intendo uscire dal mondo. Anzi. La vera poesia è proprio il modo eccellente per vedere e capire la vita, con i suoi sentimenti reali, i crucci e le pause rilassanti. La poesia vera è l’aiuto a prendere coscienza sempre meglio di chi o di che cosa noi siamo, e ad agire di conseguenza. Poesia come aiuto e sostegno alla vita, questo io intendo. Poesia che sa esprimere e render vivo ogni tratto dell’intimità, comprese quelle pieghe nascoste che non sono note neppure a noi stessi, data la nostra difficoltà a trovare le parole giuste per dirle in maniera chiara Con gli occhi – della mente – del poeta mi guardo attorno oggi, per osservare il paesaggio alpino, tema della poesia. È mezzogiorno, l’ora della quiete maestosa, mentre il sole riempie di sé il cielo limpido. Lo sfondo delle rocce e del ghiacciaio candido conferisce alla scena un sentimento di forza per così dire immutabile, perenne, in collegamento con ciò che rimane saldo e non vola via. Un punto dell’aspro sentiero nel quale si trova solido appoggio, sul quale posare con sicurezza il piede, sicuri di non scivolare. Un quadro di pace e nello steso tempo un quadro di forza della natura, che passa agevolmente dall’immagine esteriore fino all’interno della mente e del cuore. Mentre il tempo breve della vacanza se ne va, il poeta rimane estasiato davanti al bianco della neve ed all’intenso colore del cielo: gli pare veramente che il tempo si sia fermato. Tutto è bello, per quegli istanti, attorno a lui e, di conseguenza, anche dentro di lui. Nessuno sembra poter scalfire una tale atmosfera di perfezione, suggerita da uno scenario incantevole, che afferra lo spirito umano e lo tiene fermo, sospeso sopra i burroni delle cose cattive e scivolose. Ogni cosa sembra, per incanto, lontana, e si ricrea quell’atmosfera così diversa da tutto ciò che le vacanze dovrebbero aiutare a dimenticare, o almeno a mettere da parte, nell’attesa di nuovi impegni futuri, da affrontare con animo sereno. Buoni propositi e promesse sembrano facilitati da questa maestà sopra di noi, infinita ed inattaccabile dagli acidi della meschinità umana. Il senti- mento fluisce calmo e docile: dall’intruglio della mente stanca vola fino alle alte vette, dove trova conforto. Rileggiamo ancora una volta la breve poesia, aiutati dalla nostra vicinanza fisica a quei luoghi che l’hanno suggerita alla sensibilità del poeta: Mezzogiorno Alpino Nel gran cerchio de l’alpi, su ’I granito Squallido e scialbo, su’ ghiacciai candenti, Regna sereno intenso ed infinito Nel suo grande silenzio il mezzodí. Pini ed abeti senza aura di venti Si drizzano nel sol che gli penètra, Sola garrisce in picciol suon di cetra L’acqua che tenue tra i sassi fluí. È uno di quei testi che, nella loro brevità, pure si presta ad essere scavato in profondità, per ricavarne molte ricchezze e spunti di meditazione, adatti alla vita di oggi come a quella di cento anni fa, come alla vita di sempre. È come una miniera inesauribile, dato che il poeta è stato capace di accostare, le une alle altre, le giuste parole che, prese nel loro insieme, costituiscono un quadro vivente, pulsante come la natura alpestre, fatta di silenzi eloquenti più di migliaia di parole. Rileggiamo con attenzione questi versi, adatti al tempo estivo che trascorre veloce, ma nello stesso tempo adatte a tutte le stagioni. Da un lato è bello ricordare il tempo passato sui monti, anche sotto la gelida coltre invernale. Da un altro lato il pensiero dello scenario alpino porta a meditare la vita stessa, nel suo trascorrere veloce tra passato e futuro. La scena, il ricordo di una bellissima visione diventano simbolo della immensa vita del Creato. Il tempo presente è proprio dato da quell’attimo di meditazione estatica dinanzi al sole di mezzogiorno, che penetra gli alberi ed ogni esistenza. Ma l’ultima riga, quella che ho scelto come titolo del mio piccolo scritto, riporta ad un pensiero reale da non dimenticare mai. Quello del tempo che passa e se ne và. In quel fluì è contenuta tutta la struggente nostalgia per ciò che è trascorso inesora- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale RUBRICA CRISTIANESIMO 21 impongono e ti caricano sulle spalle. Il pesante fardello che ti comprimeva trova sfogo nell’immensità di un panorama che assorbe ogni cosa. Così immagino il trascorrere dei mesi e degli anni, stretti tra le piccole cose di ogni giorno ma, contemporaneamente, desiderose di librarsi verso gli estremi orizzonti. Questo è il lato spirituale dell’esistenza, che cammina oltre sé stessa. Come il breve poema non rimane appiccicato al foglio di carta sul quale è scritto, così la mente umana che pensa e riflette non può e non deve rimanere incollata ai pochi giorni segnati dal breve calendario della vita. Di Giosuè Carducci si è appropriato, per un certo tempo, il fondamentalismo laico che lo voleva attrarre in un’orbita estranea allo spirito, ma basterebbe meditare a fondo un piccolo componimento poetico come quello che sto commentando, per accorgersi che non è possibile contenere negli angusti limiti del materialismo una visione grande come quella della maestosità dei monti descritti. Non riesco ad immaginare il poeta che scrive senza un minimo di sensibilità. Egli non ha scritto solamente con l’inchiostro, ma anche e soprattutto con il cuore. E un cuore che diventa grande non può essere lontano dallo Spirito. Quando lo scacci dalla porta, esso rientra per la finestra. E non è forse un caso strano, quello di Carducci, il poeta «ateo» che lascia la propria firma autografa scritta nel coro della chiesa di San Pietro, a Perugia? Non era un deturpatore di pareti come gli attuali autori di certi graffiti che vediamo abbellire o abbruttire certi angoli delle nostre città. Era un uomo che, a suo modo, cercava Dio. Proprio come tutti noi. Cerchiamo per tutta la vita qualcosa di grande ed indistruttibile. Così è per tutti, ogni giorno, ogni anno che passa. Parte Generale Parte Generale 22 bilmente. Come il tenue rigagnolo d’acqua, ogni cosa è passata, pure in un rumore tenue, quasi impercettibile, e non siamo stati capaci di trattenerla. La macchina del tempo non è ancora stata costruita, se non in certi romanzi o in certe pellicole cinematografiche. In quel fluì è contenuto l’intero messaggio del poeta, che per un momento si è fermato, incantato dal grandioso scenario alpino, e poi si è riavuto, si è dato un piccolo ma necessario scossone, e si è accorto che nulla rimane fermo, estatico, in questo mondo. Anche se si tenta di spaccare l’orologio o di bruciare i fogli del calendario, non per questo il tempo cessa di trascorrere e fluire. Eppure questo non è un pensiero tragico, ma al contrario, un invito pressante, che ognuno di noi può rivolgere a sé stesso, oppure rivolgerlo ai propri compagni di cordata lungo la vita, ad andare avanti sicuri, nonostante ogni malanno. Siamo pur sempre sostenuti dalla grande e solenne maestà dei monti, anche se il rigagnolo ci avverte che tutto passa. L’importante è che quel rigagnolo, unendosi a tanti altri lungo il percorso, abbia a formare il grande fiume della solidarietà e della compattezza umana a servizio della Vita. Ogni poesia è una piccola finestra che si apre su una visuale grandiosa, infinita. È come una di quelle finestrelle minuscole scavate nei grossi muri delle nostre stalle antiche. Vi entra a malapena una fioca luce, ma se ti metti a guardare oltre l’angusta apertura, vedi l’infinito azzurro del cielo, con le cime dei monti possenti e immobili. Da un minuscolo pertugio puoi rimirare l’infinito che non immaginavi, se restavi nel chiuso di un piccolo vano. Solo quando riesci a guardare oltre gli stretti spazi che delimitano la tua vita quotidiana, allora puoi volare oltre i problemi e le strettoie che le ore terrene ti 23 Natascia Leonardi Cortesi: passione e resistenza nella vita e nello sport Agostino Priuli Consultando il sito internet della Federazione internazionale di sci (FIS) si scoprono ben 231 risultati raggiunti in gare ufficiali dello sci di fondo in tutto il mondo da parte di Natascia Leonardi Cortesi, dal 1991 a oggi. Sorprendenti sono le sue prestazioni nello sci di fondo in occasione di tre Mondiali Juniores con medaglia di bronzo, quattro Giochi Olimpici pure con medaglia di bronzo, ben sette Campionati del Mondo, tredici medaglie d’oro ai Campionati Svizzeri e tre vittorie nella Maratona Engadinese. Abbiamo quindi voluto conoscere da vicino le caratteristiche e i segreti dell’eccellente atleta sportiva della Svizzera italiana, nata nel 1971 in Val Bedretto in Ticino nonché sposata e tuttora residente in Val Poschiavo. Come hai vissuto la tua infanzia? Ho avuto un’infanzia molto felice, grazie specialmente ad una famiglia piena d’armonia. I ricordi di quegli anni sono stupendi, e le esperienze fatte allora mi hanno segnato molto. Papà, appassionato di sport e montagna, quando sono nata ha cominciato a gareggiare con gli sci di fondo e nelle gare di corsa a piedi. Io e mio fratello Ugo, più giovane di me di quattro anni, con papà e mamma partivamo la domenica mattina molto presto, a tutte le ore, per andare da qualche parte in Svizzera, a vedere, sostenere e tifare papà che gareggiava. A gara finita, tutti insieme facevamo un picnic da qualche parte e una visita a qualche particolarità della nostra stupenda Nazione. Un castello, un museo, un luogo dove si svolse una battaglia storica, una chiesa, una cascata, e così via. Abbiamo viaggiato molto così. Da queste esperienze e dall’esempio che mio papà ha saputo trasmettermi, ho sviluppato una passione per lo sport, per i viaggi, ho sviluppato una grande curiosità per scoprire mondi e culture sconosciuti e un grande spirito di avventura. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 24 Com’è nato il tuo interesse per lo sci di fondo? La mia famiglia è sempre stata molto sportiva, anche se in modo piuttosto moderato. Uno dei miei nonni si divertiva a praticare il pugilato e l’altro nonno amava molto andare in bicicletta e in montagna. La mamma era monitrice di sci alpino e mio papà correva a piedi, andava in bicicletta, era un ottimo alpinista e praticava lo sci alpino e lo sci di fondo. Sono cresciuta quindi in un ambiente sportivo. I miei genitori, inoltre, come normale da noi, appena ho cominciato a camminare mi hanno messo sugli sci. Avevo poco più di un anno e mezzo. Papà spesso mi portava con lui a sciare; lui si allenava e io mi divertivo a giocare con gli sci. Non c’erano bambini che praticavano lo sci di fondo. Tutti praticavano lo sci alpino. Ma io mi stufavo. Troppo poca azione, troppo tempo perso ad aspettare la funivia. Non c’erano altri bambini che praticavano lo sci di fondo e non sempre c’era una pista. Papà però aveva capito quanto mi piacesse praticarlo. Così, lui, dopo il lavoro, prendeva gli sci da discesa e mi batteva una pista tutta a scaletta, dove io passavo tantissimo tempo da sola dopo scuola a sciare. Adoravo passare il mio tempo libero da sola sciando. Quante sere papà ha trascorso così, a battermi una pista. Una volta ho provato a battermi io stessa una pista come faceva lui per me, così, a scaletta, qui a Cologna… una volta finito di battere un piccolo giretto, sono andata a letto sfinita; allora ho capito che sacrifici mio padre avesse fatto per me. Adoravo mio papà. È stato un mio grande punto di riferimento per me e un grande esempio. Mi ha trasmesso quell’entusiasmo e quella passione per gli sport di resistenza, la montagna e la natura. Da lui di sicuro ho ereditato anche la mia grande forza di carattere e da tutti e due i genitori la mia testa quadrata, ereditata dai miei, ma anche dalla mia Valle (quelli di Bedretto hanno come soprannome Parüsch, che è un chiodo di legno con la testa quadrata che usavano nei tetti). Al mio ritorno da Salt Lake City, con la medaglia in mano, la 25 La squadra della staffetta femminile che ha vinto la medaglia di bronzo a Salt Lake City nel 2002 I primi passi con gli sci di Natascia, sotto l’attenta guida di papà Florino cosa più bella è stata quella di guardare negli occhi mio papà. Descrivici la tua preparazione fisica e mentale Normalmente la mia stagione comincia nel mese di maggio con un periodo di pausa. Poi piano piano gli allenamenti ricominciano. Prima in modo abbastanza lento, aumentando man mano che le settimane passano, ore di allenamento e intensità. In estate mi alleno con gli sci a rotelle, la bicicletta, il rampichino, la corsa a piedi, con il kayak, vado molto in montagna, acqua jogging (corsa nell’acqua), nuoto, palestra e di tanto in tanto con gli sci, su qualche ghiacciaio o in qualche tunnel dove fanno neve artificiale. Dal mese di novembre i miei allenamenti si svolgono quasi esclusivamente sugli sci, con qualche corsetta a piedi e qualche lavoro di rafforzamento muscolare. Anche se penso che una preparazione mentale a volte serva forse tanto quanto quella fisica, mentalmente non mi preparo in modo mirato. Ho la fortuna di avere una grande forza innata a livello mentale. Cosa ti ha spinto a trasferirti a Poschiavo? Molto semplice, anche se quando lo dico divento un po’ rossa. L’amore. Nell’aprile del 1993 c’erano i campionati Svizzeri tra la Diavolezza e il lago Bianco. Io non gareggiavo più, dopo le Olimpiadi di Albertville nel 1992 ho avuto un grande incidente e avevo smesso con le competizioni. Ero lì per fare rifornimento a mio fratello Ugo che correva con ambizioni di podio. In quel fine settimana, proprio dove io facevo rifornimento, si trovavano due «Reto» di Cologna, che lavoravano ambedue a Coira e parlavano uno strano dialetto… In uno dei due Reto, con gli occhi scuri e di poche parole, mi sono innamorata. Il caso volle che sette mesi e mezzo dopo ci siamo di nuovo incontrati. Grazie a Reto ho ripreso ad allenarmi e a gareggia- re. Nel 1994 mi sono trasferita a Cologna in Val Poschiavo. Reto mi ha dato e mi ha insegnato tanto. Molto di quello che ho raggiunto non sarei riuscita a farlo se non lo avessi incontrato. E grazie anche ai miei fantastici suoceri. A quante gare ufficiali hai partecipato? Nello sci di fondo, a parte tre mondiali Juniores, dove ho vinto una medaglia di bronzo, ho partecipato a quattro Giochi Olimpici (Albertville ’92, Nagano ’98, Salt Lake City ’02, Torino’06) e sette Campionati del Mondo di sci nordico (Val di Fiemme ’91, Trond‑ heim ’97, Ramsau ’99, Lahti ’01, Val di Fiemme ’03, Oberstdorf ’05, Sapporo ’07). Qual è la tua gara preferita e perché? Adoro le gare dai 15 km in su, perché bisogna combattere con proprie crisi personali. Gli sprint, a parte il fatto che non ho le qualità da sprinter, sono così corti che non sei nemmeno partita e già sei all’arrivo. Non mi danno la soddisfazione o il tempo di assaporare la gara. Prima del morso del cane, che mi ha rovinato irrimediabilmente la mano e il braccio sinistro, non avevo preferenze tra Almanacco del Grigioni Italiano 2011 L’arrivo trionfante a Salt Lake City 2002 la tecnica classica o lo «skating» (pattinato). Ora invece, con questo handicap, lo stile classico, se non ci sono salite dure, per me è diventato quasi proibitivo. Cosa consiglieresti ai giovani interessati per lo stesso sport? Per prima cosa praticarlo con divertimento, iscriversi ad un club dove ti insegnano a sciare e ti sostengono. Come dobbiamo immaginarci i tuoi primi passi da campionessa? Ho potuto finalmente gareggiare con gli sci di fondo poco prima dei sei anni, con sci molto lunghi che avevano sottili pelli di foca sotto, perché non facevo che lamentarmi che volevo gareggiare. Ho la competizione nel sangue, fa parte di me. A dieci anni ho poi cominciato negli OG, la categoria più giovane che c’era allora. Le mie prime competizioni non le vincevo. Anzi ero sempre ultima. Probabilmente perché usavo sci non molto idonei e i concorrenti erano più anziani di me. Ma non mi importava molto. Mi divertivo e mi piaceva esercitarmi. E miglioravo sempre. Quando avevo undici anni, ad un raduno della Federazione ticinese, ho senti- Lo sport di ieri e oggi sono la stessa cosa? A livello maggiore in questi anni c’è stata una grande evoluzione sia di materiale che di piste. Da quando sono entrata a far parte della squadra svizzera, il livello e la preparazione erano già molto professionali. Quando ero negli juniori, gli atleti di Swiss Ski ricevevano molto di più di quello che ricevono oggi. Prima delle Olimpiadi di Albertville io ero circa 270 giorni all’anno in raduno o in competizione. Cosa ti affascina delle gare a livello internazionale e nazionale? Il potersi misurare con i migliori, adoro mettermi alla prova. Inoltre in tutti questi anni ho fatto tante amicizie all’estero; grazie alle diverse mentalità ho imparato ad essere tollerante e a pensare che noi abbiamo ottime cose, ma anche gli altri non sono da meno. Quali sportivi della svizzera italiana ti sono stati da esempio? Doris De Agostini e Michela Figini, due atlete di casa mia che hanno raggiunto risultati Parte Generale Parte Generale 26 to l’allenatore Ortensio Bassi che io ammiravo molto, un buonissimo fondista a livello svizzero, dire di un’altra ragazza, Valentina, che era molto brava e che avrebbe avuto un grande futuro… Questa ragazza era davvero molto brava; mi ricordo bene che gelosia provai allora e giurai a me stessa che l’inverno seguente l’avrei battuta e che sarei diventata molto più forte di lei. Ci riuscii. Poi più il livello cresceva, più aumentavano le mie ambizioni. Nel 1985 ero in Nazionale. Alle prime gare internazionali per i giovani ero già sul podio. L’ambizione cresceva, e non mi importava impegnarmi molto per poter allenarmi anche quando da Airolo, alle 05.40, prendevo il treno per andare a scuola a Bellinzona e ritornavo poi a casa verso le 19.00. Papà mi aspettava con l’auto in stazione, per portarmi ad Andermatt dove c’era una pista di fondo e potevo allenarmi con la pila sulla testa. Cenavo e studiavo in auto e in treno. Quando tornavo a casa dagli allenamenti, sfinita, me ne andavo subito a letto. 27 Una straordinaria impresa di Natascia è stata la scalata nel 2007 del Muztagh Ata (Cina) a 7’546m, che signi‑ fica “Padre delle montagne ghiacciate“. Qui nel bivacco al campo 1, prima di raggiungere la vetta impressionanti. Nello sci di fondo Ortensio Bassi e Venanzio Maranta sono stati i miei grandi esempi. Un consiglio da amica. Nello sport come nella vita ci sono alti e bassi. Momenti difficili e momenti belli. Mai e poi mai scoraggiarsi!! Credere sempre in se stessi. Quali sono i punti d’incontro e le differenze fra Grigionitaliano e Ticino? Il grigionitaliano riceve un’influenza maggiore dalla mentalità della Svizzera tedesca, e lo si vede in molte cose, per esempio più precisione, più ordine. I Ticinesi sono più rilassati. Ci accomunano comunque la mentalità latina, la lingua e la cultura italiana. Un augurio particolare. Che tutti riescano a fare un sorriso almeno cinque volte al giorno!! Il piatto preferito? Polenta e latte, «Manfriguli» alla poschiavina e per tutti i giorni pasta in bianco e naturalmente non manchi mai il caffè. Scheda personale Nata: Originaria: Cresciuta: Domicilio: Sposata: Altezza: 1º maggio 1971 Ossasco, Val Bedretto Airolo Poschiavo Reto Cortesi, dal 1998 163cm Preferenze: gara 30km dei Giochi olimpici di Salt Lake City. Piatto: manfriguli alla poschiavi‑ na, polenta e latte, pasta in bianco, zabaione Bevanda.: acqua, te, caffé Musica: Metal progressiv, rock, pop, classica Letteratura: biografie, sport, gialli Film: La vita è bella Hobby: esperienze in altitudine, montagna, viaggiare, avventura, sport di resistenza, leggere e gatti Maggiori risultati: Giochi olimpici, quattro partecipazioni (Albertville ‘92, Nagano ‘98, Salt Lake City ‘02, Torino ‘06); Medaglia di bronzo nella staffetta 4 x 5km di Salt Lake City; sette partecipazioni ai Campionati del mondo (Val di Fiemme ‘91, Trondheim ’97, Ramsau ’99, Lahti ‘01, Val di Fiemme ’03, Oberstdorf ’05, Sapporo ’07); vittoria nella Vertical Race dei Campionati del mondo di sci alpinismo (Cuneo’06); 35 medaglie, di cui 13 d’oro ai Campionati svizzeri; tre vittorie alla Maratona engadinese, 2003, 2005, 2006. Montagna più alta raggiunta: Muztagh Ata 7546m (Cina) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Ingredienti Questa ricetta non segue le norme «per quattro persone», ma per molte di più. Infatti già che si impastano le mani conviene farlo per un quantitativo maggiore, anche perché i Co con si mantengono bene per una settimana e forse anche più. Si possono anche congelare. In un calcolo ad occhio e croce, con questo quantitativo di ingredienti dovreste preparare ca. 140-150 biscotti. Volendo potete però anche dimezzare i quantitativi. «Cocon» Remo Tosio Servizio fotografico a cura dell’autore 28 Secondo un ciclo prestabilito della rubrica «Come mangiano i Grigionitaliani» (Ricette tradizionali delle nostre Valli), che ho istituito personalmente la prima volta nell’Almanacco 1997 (Minestrone bregagliotto alla Elda), per la presente edizione è la volta della Val Poschiavo. Ho già avuto modo di proporre alcuni tipici manicaretti di questa Valle, dei quali ho avuto anche il piacere di sentire critiche positive. A dire la verità questa volta non sapevo proprio che pesci pigliare o quale santo implorare. Ma, come mi capita spesso, mi si è improvvisamente accesa una lampadina: perché non chiedere un consiglio ad una persona di tipico stampo poschiavino, avanti negli anni e quindi ricca d’esperienze? Ho trovato quella giusta: Clelia Lanfranchi-Crameri (classe 1932), una madre che ha vissuto un vita intensa; ha allevato quattro figli (tre maschi e una femmina), 1 kg di farina bianca 250 gr di burro da cucina a temperatura ambiente 2 bustine di vaniglia (a 13 gr) 2 bustine di lievito (a 16 gr) 6 uova fresche 300 gr di zucchero cristallino 1 pizzico di sale 2 cucchiai di buona grappa da vinaccia Strutto di maiale oppure olio. il che, e di conseguenza, ha comportato un’intesa attività culinaria, ovviamente alla buona, di carattere nostrano e tradizionale. Proprio la persona che fa al mio caso. In giovane età Clelia aveva appreso la professione di sarta da donna, attività che ha proseguito anche dopo il matrimonio. Ha tenuto a tirocinio ben sei apprendiste, oltre a due in modo empirico. Una donna tutto d’un pezzo, sempre disponibile a dare una mano. Gentili lettrici e cari lettori, la ricetta di Clelia, che vi propongo, è qualcosa un po’ fuori dell’ordinario; non si tratta di un menu per un pranzo o una cena. Il Cocon è un biscotto semplice e rustico, non ha un bell’aspetto ma è squisito. Si può preparare per esempio allorquando ci sono visite e occorre offrire qualcosa, oppure in occasione del carnevale ecc. Immagino per esempio un incontro pomeridiano fra comari del quartiere con il tè o il caffé accompagnati dai Cocon. Ma la fantasia non ha limiti, tante altre occasioni avranno successo con questo rustico biscotto poschiavino. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale COME MANGIANO I GRIGIONITALIANI 29 2) Farina, vaniglia, lievito, zucchero, uova e sale 7) Impastare energicamente su un piano di lavoro 1) Aggiungere le uova nel buco della farina 30 8) Confezionare salsicce e tagliuzzare i “Cocon” Preparazione Occorre un catino molto grande: 4) Aggiungere il burro tagliuzzato a pezzetti 3) Mescolare partendo dal buco 6) L’impasto deve risultare omogeneo - - - - - - - mettere la farina scavando un buco per gli altri ingredienti la vaniglia il lievito attorno al buco lo zucchero da amalgamare leggermente alla farina le uova il sale la grappa. Mescolare il tutto partendo dal buco e facendo confluire a poco a poco la farina. Occorre lavorare con molta attenzione, alfine di non creare dei grumi. Quando tutti gli ingredienti saranno unificati, aggiungere - il burro tagliuzzato a pezzetti dopodiché impastare il tutto con le mani, sempre nel catino. Quando sarà omogeneo va sistemato su un piano di lavoro, continuando a impastare energicamente e a lungo. Deve risultare liscio e compatto. Mentre Clelia lavorava l’impasto, ho notato che lo faceva con una certa leggerezza. Poi ho capito il perché: in fanciullezza e adolescenza aiutava a fare il pane in casa! Cottura Il mezzo ideale per la cottura è la friggitrice con rispettivo cestello di ferro. Tuttavia si può usare anche una normale pentola o pignatta. Il gusto acquisisce pregio se si cuociono i Cocon con lo strutto di maiale (potete acquistarlo dal macellaio e cuocerlo in casa aggiungendo degli aromi, come ha fatto Clelia), ma si può anche usare dell’olio resistente al calore. Temperatura: ca. 180 gradi. Devono cuocere bene e risultare di un colore brunastro scuro (un po’ più di dorato), allora saranno friabili e si scioglieranno in bocca. Ricordate che anche in questa preparazione l’ingrediente principale non è materia ma bensì spirito; l’amore per il prossimo e anche un poco di fierezza sono di grande aiuto nella buona riuscita di questo stravagante ma gustoso biscotto. I Cocon vanno mangiati così, senza l’aggiunta di zucchero. Sono molto delicati, saporiti e friabili. Ottimi specialmente con il caffelatte, ma anche con un bicchiere di vino bianco dolce (tipo Moscato). I Cocon di amia Clelia sono una squisitezza, una finezza, una raffinatezza e una prelibatezza: una vera e propria sciccheria! Provare per credere! Devono cuocere bene e risultare di un colore brunastro scuro 5) Impastare con le mani nel catino Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale Quando l’impasto è pronto, omogeneo, compatto e liscio, va separato a pezzetti, dopodiché si confezionano delle lunghe salsicce di ca. 2 cm di spessore, tagliate in seguito a pezzi di ca. 2,5-3 cm di lunghezza. Tagliuzzate ad occhio; non devono essere esatti perché è un biscotto rustico e alla buona. 31 IL 2010 NEL MONDO Poesie La forza e l’arroganza Nebbia Marco Tognola 32 Un nome che sembra uno scioglilingua, per i più insignificante e impronunciabile. Eyafiallajökull è il nome di un vulcano islandese che, nell’anno di grazia 2010, ha – come si suol dire – posizionato il campanile al centro del villaggio. Dalle sue bocche di fuoco ha infatti sparato nell’atmosfera una quantità tale di polvere e fuliggine da mandare in «tilt» il sistema aeronautico, con la soppressione di voli e la chiusura di aeroporti. Tutti giù per terra, a piangersi addosso, a paventare scenari catastrofici (per i mancati guadagni, naturalmente, perché nella nostra società tutto è monetizzato). Ma, in verità, il vulcano islandese ha fatto chiaramente capire una cosa molto semplice; cioè che la forza della natura prevale sull’arroganza dell’uomo. Purtroppo questo straordinario fenomeno naturale non farà scuola e non servirà ad aprire gli occhi a chi è capace di ragionare, e quindi di comportarsi, solo in termini di guadagno e di redditività. L’uomo continuerà quindi ad abusare della natura, a massacrarla. È puntualmente successo, già quest’anno. Il guasto al pozzo di petrolio della BP nel Golfo del Messico ha riversato in mare una quantità tale di greggio da provocare uno dei maggiori disastri ecologici di tutti i tempi. È andato distrutto un patrimonio di inestimabile valore, primo fra tutti quello ittico. A pagarne le conseguenze sono – anzi, saranno, perché chissà quando la situazione si normalizzerà – le popolazioni che vivono La piattaforma Deepwater Horizon dopo l‘esplosione del 21 aprile 2010. Foto: U.S. Coast Guard ai bordi di quel mare, dal quale traggono sostentamento. La corsa sfrenata al cosiddetto «oro nero» non tiene conto di niente e non guarda in faccia a nessuno. Nel nome del dio profitto si infrangono le leggi della natura e quando succedono i disastri si tende, se non a bagatellare, perlomeno a presentarli come un prezzo da pagare al progresso. L’arroganza con cui la compagnia petrolifera britannica ha affrontato questo disastro ne è una chiara dimostrazione. Ed è fin troppo facile prevedere che la BP farà di tutto e di più per dover passare alla cassa – ammesso e non concesso che ci passi – nel modo finanziariamente meno doloroso. Pagare per chi? E per cosa? Tanto la forza della natura è tale da riuscire sempre a favorire il processo rigenerativo. È vero. Ma l’arroganza dell’uomo ne mina le fondamenta in continuità e con sempre maggiore insistenza. Incurante dei segnali forti che la natura lancia. Come in questo povero mondo, nell’anno di grazia 2010. Il paesaggio in un’atmosfera prima diafana e azzurrina poi densa e compatta grigia biancastra. Con moto imprevedibile da colori incerti rosa o porpora, verde giada o argento cenere, tu, nebbia, trasformi la montagna in un’opera di magia. Volteggi tra picchi e dossi conservando intatta un’aura di mistero. All’improvviso ti dissolvi svelando tutto lo splendore della montagna. Poi ritorni quasi a voler instaurare un dialogo con la terra. Ma ogni cosa è sola, gli alberi non si scorgono tra di loro. Ognuno è solo, nessun essere conosce l’altro. Tutto isoli tu, celando agli occhi gli altri, alteri i rumori ed ovatti i suoni. Non affrettare il tuo passo, ch’io possa sempre seguire il tuo cammino. Come una figura materna, che mi riempie d’amore e protezione. Mi lascio trasportare ascoltando i tuoi segnali, sicuro che presto sarò nel giardino variopinto di fiori, della nuova primavera. Neve Solo e perso con la neve, guardo e leggo il messaggio del cielo. È bianca, ed è scrittura, poesia, che cade in forme leggere. Danzano i fiocchi, scendono i sogni al canto di quel magico vento. Vorrei prenderli tutti in mano, non perderne neanche uno, come fiocchi di vita che mi manda Lui, insieme ai sogni d’amore. Fior di speranza, sotto la neve c’è pane, c’è l’abbondanza avvolta in un tacito manto. E viene il tempo del gracchio nero sulla neve bianca, dei fanciulli dalle ali stanche. Che spettacolo pieno di felicità, i fiocchi che ballano, cadono sui prati, diventano lacrime, fiumi e torrenti, in sinfonie di note bianche. Mi fermo per un attimo … a riflettere sullo scorrere del tempo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale di Rodolfo Fasani 33 34 Sesta classe Sezione italiana Scuola cantonale Grigione Da alcuni anni la Sezione italiana della Scuola cantonale grigione organizza una gita nel Grigionitaliano. Eccezionalmente nel 2009 siamo andati a visitare la città di Basilea e la mostra di Alberto Giacometti esposta presso il museo della Fondazione Beyeler. Queste gite – sostenute dalla Pro Grigioni Italiano (Pgi) – hanno come scopo quello di rafforzare lo spirito dell’italianità alla Scuola cantonale, conoscere la cultura e la storia di luoghi, monumenti, edifici e personaggi che hanno a che fare con il Grigionitaliano e instaurare rapporti di amicizia tra gli italofoni. Dopo quasi tre ore di viaggio siamo finalmente arrivati a Basilea. Ad aspettarci c’era la nostra guida, Peter Lüscher, ex rettore del liceo della città. Il signor Lüscher ci ha fornito dei dati generali aiutandosi con cartelloni, spiegandoci la particolare situazione geografica di Basilea situata al confine tra Svizzera, Germania e Francia. In seguito ci ha parlato del suo aspetto economico e culturale, ricordando l’industria farmaceutica e l’importanza storica della città. Nonostante conti solo 170’000 abitanti, Basilea ha avuto una grande importanza a livello europeo; essa sorge infatti sulla riva del Reno, via commerciale per i paesi nordici e unico porto per la Svizzera. È pure un importante centro culturale con circa venti musei, tra cui quello della Fondazione Beyeler che ha allestito la mostra di Giacometti. Con una cartina attuale e una storica della vecchia città, Lüscher ci ha illustrato la sua evoluzione nelle varie epoche. In seguito abbiamo fatto una piccola passeggiata con la nostra guida che ci ha mostrato alcuni palazzi e monumenti interessanti, come per esempio Das Blaue Haus, sede in stile neoclassico della famiglia Sarasin, che a fine Settecento diede un contributo determinante all’industrializ- zazione della città, lavorando nell’ambito artigianale e avviando l’industria farmaceutica e bancaria. I Sarasin sono stati tra l’altro i finanziatori delle Forze Motrici Brusio e sono tuttora importanti azionisti della Repower. Dopo un’oretta per la pausa pranzo, ci siamo ritrovati e siamo partiti per il museo dove era allestita la mostra di Alberto Giacometti. Qui siamo stati divisi in due gruppi: i primi hanno dapprima visitato la mostra permanente del museo mentre gli altri hanno iniziato la visita guidata attraverso l’ala d’esposizione completamente dedicata all’artista bregagliotto. Dopo mezz’ora il primo gruppo ha seguito la guida e il secondo ha potuto visitare la mostra permanente. La mostra dedicata a Giacometti (19011966), uno dei più importanti e influenti artisti dell’arte moderna, proponeva uno spaccato inedito delle sue opere più rappresentative. Attraverso le sue sculture espressive, i suoi misteriosi dipinti e i suoi disegni poetici è riuscito a creare immagini umane impressionanti. Giacometti si considera parte di un mondo in cui i membri della sua famiglia e gli amici più intimi costituiscono i suoi principali punti di riferimento. Questa esposizione tematizza la percezione delle figure nello spazio e dei corpi in movimento, centro dell’interesse dell’artista. Si presentano più di cento opere significative che ripropongono i diversi periodi creativi della sua carriera. Le opere, che appartengono alla sua famiglia come pure a prestigiose collezioni di tutto il mondo, sono completate da singoli lavori di Giovanni, del fratello Diego e di Augusto Giacometti. La mostra è nata con la collaborazione della Fondazione Alberto Giacometti Zurigo e della Fondazione Alberto e Annette Giacometti Parigi. In generale l’esposizione è piaciuta, le informazioni sono state ricche e le opere interessanti. Ci sono stati comunque alcuni scettici che non hanno apprezzato pienamente le opere, considerando la visita guidata troppo didattica perché ne forniva già un’interpretazione. Essi sostenevano che sarebbe stato meglio andarci da soli e interpretare i lavori soggettivamente e senza influsso di esperti. Un’opera esposta alla Fondazione Beyeler: Alberto Giacometti, “autoritratto”, 1921. Invece di dipingere un’altra persona, come negli altri quadri, Alberto ritrae sé stesso guardandosi allo specchio. Alberto mostra una grande sicurezza nel dipingersi, ha un’espressione fiera e concentrata sul viso, si dimostra una persona conscia del proprio talento. Alberto è seduto su una sedia, ma sembra poggi gran parte del peso sul ginocchio destro, sul quale tiene in bilico la tavolozza dei colori. In realtà Giacometti dipinge con la mano destra, anche se nel quadro sembra mancino, perchè è riflesso nello specchio. Porta un completo scuro, un abbigliamento non proprio adeguato per dipingere un quadro. I colori sono molto vivi, molto chiari, sembra lavori in locale arioso e pieno di luce, magari il suo atelier. Si nota una cosa inusuale, sembra quasi che il quadro sia troppo piccolo, che la figura non stia nei bordi della cornice, che sia tagliata. Poesia L’ombra perduta Cammini sola con la tua ombra accanto. Libera la spalla d’un peso caduto nel sole; bislungo. A casa ti avvedi d’un peso perduto. Inutile cercare, la borsetta sorprese non ha; domani comminerai con la tua ombra, compagna di sempre. (L’ombra perduta è l’identità che alle volte perdiamo) Paolo Gir, agosto 2010 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale La Sezione italiana in gita a Basilea 35 Parte Generale Parte Generale 36 37 La Pro Grigioni Italiano istituisce un seminario annuale dei quadri Remo Tosio Servizio fotografico a cura dell’autore Il primo seminario dedicato alla programmazione a medio termine della Pgi, ha avuto luogo alla Villa Garbald di Castasegna, nei giorni 24 e 25 aprile 2010. Da una ventina di partecipanti sono scaturite in quell’occasione preziose indicazioni sui temi che riguardano l’attività degli anni 2011 e 2012. Il prossimo forum si svolgerà a Poschiavo, nei giorni 30 aprile e 1º maggio 2011. Villa Garbald, Castasegna Lo scopo del seminario (o forum) è quello di dare un’identificazione alle manifestazioni annuali della Pgi, che dovrebbero avere carattere allettante, alfine di invogliare la gente grigionitaliana a parteciparvi. Fra le altre cose è stato per esempio sottolineato che l’attività della Pgi deve essere concepita in modo popolare e gioioso, alfine di coinvolgere maggiormente tutto il pubblico. Il primo incontro in Bregaglia è stato un successo; sono emerse indicazioni e preziosi spunti di importanza strategica per il gruppo delle operatrici culturali, incaricato di sviluppare questi suggerimenti in definite proposte per le future manifestazioni. Il seminario ha generato un calderone di ingredienti che contribuiranno a offrire un succulente menu culturale. Infatti, come si sa, da cosa na sce cosa. Ma se manca la cosa non ci sono nascite; un gioco di parole per sottolineare l’importanza di questo forum. Considerato il successo di Castasegna è stato deciso che il seminario dei quadri Pgi avrà scadenza annuale. Il luogo scelto, la Villa Garbald a Castasegna, era invitante dal lato culturale; infatti Seminario dei Quadri PGI a Castasegna, da sinistra: Bruna Ruinelli, Fernando Iseppi, Romana Walther, Arianna Nussio, Giuseppe Falbo, Tessa C. Rosa, Luigi Menghini, Stefano Fogliada, Remo Tosio, Renzo Pedrussio, Sacha Zala, Franco Milani, Andrea Tognina, Alessandra S. Mantovani, Albina Cereghetti, Fabio Zanetti (nella foto manca Renata Giovanoli, che ha presenziato sabato pomeriggio) quella Fondazione si propone di mantenere e promuovere la cultura della gente di Bre gaglia. Gli ultimi due discendenti della prestigiosa famiglia Garbald, Andrea e Margherita, hanno istituito una Fondazione in memoria dei loro genitori, che avevano fatto costruire la villa nel 1863. Lo scopo della Fondazione Garbald è quello di istituire un centro culturale di arte, scienza e artigianato. Dopo la morte dell’ultimo discendente, avvenuta nel 1958, l’amministrazione passò alla Società culturale Bregaglia. Il concetto in relazione all’utilizzazione del futuro cen tro di ricerca, comunicazione e cultura implicava pure il discorso del risanamento e dell’ampliamento di tutto il complesso. L’ambizioso progetto fu realizzato grazie al sostegno del Cantone dei Grigioni, della Regione Bregaglia e del Comune, con la partecipazione del Politecnico federale di Zurigo. Quest’ultimo dal 2004 e l’Università di Zurigo dal 2008, utilizzano il complesso quale Denklabor (laboratorio del pensiero) per seminari, convegni e simili. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 38 Una storia di indiani Ciao bambine e bambini. In questa edizione dell’Almanacco voglio proporvi un curioso racconto, nato dalla fantasia dell’allora ragazza Edith Gartmann di Safien, pubblicata in tedesco nel 1996 su Notte svizzera del racconto - Storie dai Grigioni II. L’ho tradotta liberamente in italiano sperando che affascini anche voi, come è stato per me. Devo confessare che le storie di indiani mi sono sempre piaciute perché hanno quel nonsoché di mistero, di qualcosa che si vede ma non si vede. Gli indiani, intendo quelli americani, non avevano delle case di mattoni o di legno come noi, ma avevano una tenda che si chiamava tepee. È a forma conica, fatta con pelli o corteccia di betulla, impermeabile e resistente. Gli indiani d’America vivevano a diretto contatto con la natura. N.d.R. Jean, una bambina indiana dai capelli lunghi, aiuta la mamma a cucinare il pranzo; oggi c’è carne di cervo arrosto. Il papà di Jean è capo delle tribù dei Sioux. Si chiama Cochsine. Jean è la più bella ragazza di tutte le tribù dello Wyoming, Colorado, Nebraska e Kansas. Il papà è molto fiero della figlia. Jean ha due fratelli; Janko e Navaro. Il cavallo di Jean si chiama Saskia, sul quale cavalca tutti i pomeriggi. Con gli amici Nadirra e Siekios, un giorno decidono di andare a trovare una ragazza di un’altra tribù. Ma a questa ragazza non piace stare nell’accampamento indiano con i suoi, perciò abita in una comoda grotta appena fuori. Durante la cavalcata Nadirra chiede a Jean: «Come si chiama veramente la ragazza che andiamo a trovare?». «Nah-lin» rispose Jean. Dopo circa quattro ore raggiungono la grotta di Nah-lin. Era già tardi e la notte vicina. Nahlin prepara delle coperte e ben presto si addormentano tutti. Si svegliano di buon mattino. Mangiano un boccone e decidono di intraprendere una scampagnata. Preparano i cavalli e partono. Dopo un po’ Nah-lin grida «In questo posto c’é la Caverna di nessuno». «Cosa?» sbraita Nadirra terribilmente spaventata. Siekios è invece tranquillo e dice «ma stai zitta!». «Vogliamo entrare?», chiese Jean. Decidono che Siekios e Nah-lin vanno nella caverna, mentre gli altri aspettano fuori. È sembrata un’eternità fino all’uscita dalla caverna dei due esploratori. «Allora, cosa avete visto?», chiede Jean. «Dovete entrarci senz’altro, non potete mancare», rispondono i due. «OK», dice Nadirra e si incamminano verso la caverna. È grande e buia. Non si tratta veramente di una caverna vera e propria, ma piuttosto di un passaggio, un corridoio. «Strano che in questo luogo non vi siano dei ragni», constata Nadirra. Ad un tratto si trovano a un bivio. «Da quale parte dobbiamo andare?». Decidono che Jean e Siekios vanno a destra, mentre Nah-lin e Nadirra a sinistra. Dopo un po’ che cavalcavano Nadirra grida «Lì davanti c’è una luce!». Un po’ per gioia, un po’ per paura, tant’è che a Nah-lin gli palpita il cuore dall’emozione. All’uscita vedono un bosco e un paese con capanne a testa di moro; pure mori sono anche gli abitanti. Sono un po’ indecise se andare giù in paese o meno. Ad un tratto tre mori salgono il pendio. Nadirra sta per scappare, ma Nah-lin la trattiene. «Buona sera signori mori», dice. «Se tu ci chiami mori, noi diciamo a te buona sera ragazza bruciata dal sole». Parlano ancora per un po’ e in fine i Mingos, così si chiamano i mori, invitano le due ragazze a passare la notte nel loro paese. In una capanna a testa di moro una signora dà loro sciroppo e Mohrenköpfe, le famose meringhe al cioccolato con panna montata. Parte Generale Parte Generale LA PAGINA DEI BAMBINI 39 Poi le sistema in un comodo letto di piume, dove si addormentano subito. Tutt’altra storia capita a Jean e Siekios. Dopo due ore di cammino nella caverna sono stanchi. Preparano la coperta e si addormentano su un pavimento di sassi. Allorquando si svegliano sentono il rumore di qualcuno che si avvicina. Prendono cavalli e tutto quello che hanno e si nascondono in una grande nicchia. Vicino al loro nascondiglio passa un vecchia signora su di un asino. La vecchia si ferma davanti ad un’altra nicchia, allunga la mano in una fessura e prende in mano qualcosa che sembra una chiave. Poi se ne và. «La seguo», disse Siekios avviandosi senza il suo cavallo, il quale dopo un po’ incomincia a scalpitare e sembra voglia scappare. «Buono Capuccino», così si chiama, ma in quel mentre arriva Siekios; ecco perché il suo cavallo fremeva. «Ho capito, ho capito!», dice Siekios e fa le stesse cose che aveva fatto la vecchia: allunga la mano nella nicchia, prende la chiave e con Jean ca- valcano per cinque minuti, raggiungono la fine del corridoio-caverna dove inseriscono la chiave, la parete rocciosa si apre e vanno avanti. Dopo una cavalcata di altri quindici minuti raggiungono l’uscita. Arrivano ad un paese dove ci sono soltanto case nere. La vecchia, che avevano visto passare su di un asino, li invita a pranzo. Subito dopo vogliono rimettersi in cammino, ma la vecchia dice loro che c’è anche un altro passaggio della caverna che porta all’uscita. Cavalcano fino al bivio dove avevano lasciato Nadirra e Nah-lin, che erano lì ad aspettarli. Tutta la comitiva a cavallo si avvia all’uscita della caverna e si accampa nella grotta di Nahlin. Potete immaginare, cari bambini, quante cose interessanti hanno da raccontarsi l’un l’altro, fino a quando sopraggiunge il sonno; si rannicchiano sotto le coperte e dormono profondamente, sognando chissà quale altra avventura. Libera traduzione di Remo Tosio Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Giuseppe Godenzi 40 L’orchestrina intonò un tango, perché si potesse meglio smaltire la cena. Infatti le coppie, più che ballare un tango, si appoggiavano le une sulle altre, sussurrandosi parole sentimentali e sconnesse, quando non si trattasse di uomini appesi letteralmente al collo delle signore, le quali si mantenevano un po’ più lucide. Dopo il tango, che venne ripetuto due volte per permettere un più ampio respiro alle stanche coppie, le note annunciarono una marcia, poi una mazurca, poi un valzer e in seguito un twist, insomma ce n’era per tutti i gusti ed ognuno si sfogava a modo suo, correndo, alzando i piedi fino al ginocchio, aprendo rubinetti finti, indicando direzioni come i vigili urbani. Non c’è nulla di più interessante che un serata di danza per scoprire il carattere delle persone: dalle vivaci che sono pronte a tutto alle taciturne che discutono di filosofia, quando non si fermano ai pettegolezzi. Hai visto, disse Maria ad Ines, la capigliatura della terza signora a sinistra dello sposo? Sembra una megera, è mai possibile venire ad una festa così conciata? E il signore all’angolo destro, laggiù, che ci guarda continuamente; ho ballato una volta il valzer con lui, non fa altro che sussurrare alle orecchie delle litanie libertine, fa degli inviti scortesi, è volgare. E ho ballato anche col vecchietto dai baffi alla Vittorio Emmanuele: altro che le tentazioni della casta Susanna o di Sant’Antonio! Ti tiene stretta che è uno schifo e ha un alito così sgradevole... Hai ballato tu?, chiese Maria ad Ines. Sì, due volte sole, la prima con Ludovico, che ora sta danzando con la rossa e la seconda volta con Simone. Questi mi ha detto di riservargli il prossimo valzer. È gentile e cortese, un gentiluomo a prima vista. Venne il valzer e Simone invitò Ines; un lungo valzer che permise ai due di scambiarsi le proprie opinioni sulla cena e sulla vita. Cosa fai nella vita?, le chiese. Vivo con mia mamma, gli rispose; mio papà morì quando io ero ancora bambina; appena lo conobbi; sono figlia unica e abito quasi alla periferia del paese, dove c’è un giardinetto inglese. Ah, la casa dalle persiane color ocra? c’è anche una magnolia all’angolo sinistro, verso sud. Sì, è proprio quella, non è molto grande, ma per noi due ci basta ampiamente. È una bella casa, ci passo spesso, anche se io abito al centro del paese, vicino alla casa parrocchiale e alla chiesa. Siamo una famiglia di tre figli e nessuna femmina, io ho ventisei anni e sono il più anziano, poi vengono Carlo di ventidue e Gianni di diciannove anni. La nostra casa, che lei avrà già visto, ha due piani, perché ogni figlio ha la sua stanza o studio. Poi abbiamo anche due domestiche, per i lavori di pulizia e di cucina. Mi farebbe piacere se una volta venissi a trovarci. Così potremmo continuare la discussione e parlare di tante cose, visto che anche lei è sola. Le andrebbe bene il giovedì sera della prossima settimana? Le dò il numero di telefono per farmelo sapere e venga anche con sua mamma. Ci farà piacere. Sa, noi abbiamo tante visite, conosciamo molta gente. Il parroco è un assiduo frequentatore. Ora, però, se non le dispiace, sono già le due e me ne devo andare, perché domani è un altro giorno di lavoro e domani sera siamo invitati da un parente, che organizza una festa di famiglia. È stato un vero piacere l’averla incontrata, signorina. Scusi, il suo nome di famiglia, a parte Ines? Il mio, come avrà visto sul biglietto di visita col numero di telefono, è Dumas. E non pensi che sia in parentela con lo scrittore, ma siamo di origine francese. Il mio nome di famiglia è... Senta, se non le dispiace, me lo dirà la settimana prossima. Posso darle del tu, chiamarla semplicemente Ines, se permette. Senz’altro, anzi... E tu chiamami pure Simone. Ebbene Simone, grazie per la serata, per il ballo e ti telefonerò lunedì sera alle sette, per dirti se mia mamma può venire. Va bene... ciao. L’emozione la fece arrossire e frettolosa si rimise a sedere. Attraverso la camicetta bianca a pizzo si sentivano i battiti del cuore. Anche Maria aveva terminato il ballo con un giovanotto, questa volta più simpatico, che l’aveva lasciata in pace, senza quel sussurrio alle orecchie, quelle solite frasi convenevoli di complimenti interessati. Maria e Ines si congedarono dall’assemblea alle due e mezza. I rimasti, erano ancora più di cento, continuarono il divertimento fino alle quattro del mattino. Prima di partire, le due assistettero ancora ad un gioco divertente. Come per il primo, quello della carta igienica e delle mummie, così anche per questo si scelsero tre donne e quindici signori. Tra i quindici uomini c’erano anche i tre mariti delle signore. Il gioco consisteva in questo, che le tre signore, con gli occhi bendati, palpando le gambe e i piedi nudi degli uomini, dovevano trovare i propri mariti, esame non tra i più facili. Due li trovarono in fretta, perché le gambe erano talmente pelose e uno inoltre aveva una cicatrice a sinistra del ginocchio destro, per cui non fu cosa difficile. E tutti ridevano a crepapelle nel vedere le signore palpare attentamente e minuziosamente le caviglie, gli alluci, le ginocchia, cercando magari di far solletico per meglio scoprire il proprio marito. Solo una non indovinò, esitava tra tre individui, tra cui non c’era il proprio marito, il che fece incuriosire ancor di più i presenti. Come, non riconosce suo marito? disse qualche signora. E dire che è ancora giovane. Si vede che cosa fa tutto il giorno, l’ho sempre pensato io che andava a destra e a sinistra e che conosce meglio gli altri uomini del proprio marito. Roba dell’altro mondo! L’avevo detto io! Ma la signora, acclamata dagli altri maschi, riprese ad esaminare i tredici rimasti e lo trovò, anche se con difficoltà, con la grande delusione delle signore che l’avevano criticata poco prima. Terminata la festa, ognuno riprese il cammino di casa sua. Ludovico si permise una luna di miele di due settimane nella lontana Antigua. Elisa era andata all’agenzia, si era fatta spiegare i luoghi dove ci si potesse divertire e dove ci fosse molto sole; insomma voleva un paradiso terrestre. Il giovanotto non esitò: Antigua, dove le spiagge di sabbia bianca sono immense. dove l’ombra delle palme ti carezza i capelli, il mare di smeraldo e le delizie della cucina ti fanno sogna- re. Scelsero l’hotel Blue Beach, un albergo di lusso, in luogo tranquillo con grandi camere e un casinò. Le sedie a sdraio, gli ombrelloni e gli accappatoi gratis. Nell’albergo c’era di tutto: boutiques, bar, ristoranti e il mare si trovava a pochi metri. Ogni sera musica e ballo, giochi al casinò. Si doveva però calcolare che Elisa avrebbe dovuto comprare dei vestiti per fare mostra delle sue attitudini estetiche. Elisa, ad esempio, voleva quattro costumi da bagno. Due li aveva già: il primo si adattava benissimo alla spiaggia esotica; era un due pezzi ornato di grandi fiori di ibisco, rossi, rosa con le foglie verdi; lo slip era rosso sul davanti, rosa e rosso dietro e verde ai fianchi, mentre il reggiseno era molto contrastante, una parte tutta rossa e l’altra interamente verde. L’altro era turchino e nero, a forma di pesce o se si vuole, a triangolo, una forma molto speciale e rara, forse per indicare l’uguale distanza tra un seno e l’altro o per meglio mettere in evidenza le forme del corpo; sopra, dello stesso colore e disegno, una camicetta che si poteva indossare per prendere le bibite al bar, e gli occhiali dello stesso colore. Ne comprerò altri due: uno con le rose, seducente: lo slip piccolissimo, che nascondeva il minimo necessario, e altrettanto piccolo il reggiseno. L’altro un po’ retro, un pezzo unico nero, che era di moda e di cui si parlava molto nei «déplients», per presentarsi come la star per eccellenza e dal «look sexy»; insomma un pezzo unico che copriva perfettamente tutta la parte anteriore e lasciava quasi interamente libera l’altra parte della luna. Semplice sul davanti, provocante sulla valle a ponente. Sul davanti, tra i seni, una magnifica rosa rossa scarlatta contrastava col nero. E dai costumi da bagno si passò ai vestiti da sera, eleganti, cinque lunghi e scollati e quattro corti e «in». I primi per banchetti e le serate al casinò, gli altri per le cenette con gli amici. Le giornate passarono veloci per Elisa, che sarebbe rimasta ancora più a lungo, se avesse avuto qualche vestito in più; più lente per Ludovico, ma belle ugualmente, perché era fiero della sua bandiera, che poteva presentare, ma che si presentava bene anche da sola. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Orchestra e orchestrazioni 41 42 Massimo Lardi Erano gli anni cinquanta del secolo scorso e in Valle c’era un fervore sportivo incomparabile. Nella III/93 la partecipazione alle corse di Brigata e di Armata era diventata una tradizione, un punto di onore. Finita l’era del capitano Loris Mascioni era iniziata quella del capitano Sergio Zala, tutt’altro che intenzionato a sfigurare. «Il ricordo della guerra cominciava a sbiadirsi, l’idea di essere pronti a difendere la patria passava in secondo piano» mi dice l’amico Mario Giuliani, allora sergente. «Per contro non era diminuita la voglia di eccellere in campo sportivo e cresceva il desiderio e il bisogno di evasione. Eravamo contadini, legati alle fatiche della terra e alla cura del bestiame sette giorni alla settimana; gli operai lavoravano anche il sabato. Poterci sganciare dal lavoro per un paio di giorni a spese della Confederazione ci sembrava una cuccagna». La pattuglia del Sergente Mario Giuliani, classe 1930, fu seconda alla Staffetta del Gesero organizzata dal Circolo Ufficiali del Ticino nella primavera del 1954, seconda alla corsa di Brigata a Bonaduz nel settembre dello stesso anno; prima a quella di Brigata di Reichenau, nonché tredicesima alla corsa di Armata nei boschi di Thun nell’autunno del 1956. I militi aderivano all’insegna dell’improvvisazione, erano allenati in modo approssimativo, tant’è vero che persino essi si meravigliavano dei loro successi. Per loro l’allenamento era prendere parte, e per lo più vincere, alla Staffetta combinata di Poschiavo e a Quer durch Celerina. «Non da ultimo per Primi a “Quer durch Celerina” 1954: da sinistra, Renato Vecellio, Claudio Beti, Mario e Albino Giuliani. Ettore Lanfranchi con il trofeo Parte Generale Parte Generale Corse di Brigata e corse di Armata II 43 Secondi alla Staffetta del Gesero, primavera 1954: da sinistra, Arturo Vassella, Claudio Beti, Mario Giuliani, Albino Giuliani, Giacomo Lardelli, Giovanni Vassella, Luigi Menghini merito di Ettore Lanfranchi, l’indimenticabile fondatore e tuttofare della leggendaria USPE» ricorda Mario con senso di riconoscenza e una punta di nostalgia. All’insegna dell’improvvisazione dunque. Quando ebbe luogo la famosa corsa del Gesero sopra Bellinzona era quasi primavera e incominciavano i lavori di campagna. Tempo da perdere non ce n’era e i nostri militi non dubitarono un istante di potersi recare in Ticino via Valtellina-Lago di Como-Gandria, come in occasione del gran congedo della scuola reclute. Sette erano le tappe, quindi altrettanti i partecipanti che dovevano presentarsi in divisa militare con scarponi, fucile e baionetta. Il sergente Giuliani spedì i fucili in una cassa per strada ferrata via Zurigo. Tutto in regola. Ma le divise? Nascosero le giacche e le baionette nel bagagliaio del pulmino della ditta Christian Kasper, guidato da Roberto Triacca, e si presentarono alla dogana di Piattamala solo in camicia e pantaloni, tutti rigorosamente in grigioverde. Ciò non sfuggì alla guardia di servizio, il signor Burkhardt. Gridando al pericolo di far scoppiare un caso diplomatico tra la Svizzera e l’Italia, ordinò alla comitiva di tornare indietro, ma i baldi giovani si rifiutarono argomentando che dovevano essere a Bellinzona entro quattro ore di tempo e che per passare dalla Svizzera ce ne voleva il doppio. Allora Burkhardt dichiarò che, in base al regolamento di servizio, era obbligato a sporgere denuncia alle dogane a Berna. Che facesse pure il suo dovere, gli risposero i militi della III/93, e partirono imperterriti alla volta della caserma di Bellinzona. Ci arrivarono senza avere la minima noia né per strada né alla dogana di Gandria. Nella vecchia e polverosa caserma presero in consegna la divisa da lavoro, e ricuperarono i loro fucili. Cenarono, passarono la notte. La mattina seguente di buon’ora furono autotrasportati al luogo di partenza delle relative tappe. Come il vento Claudio Beti lasciò dietro di sé i quattro chilometri da Bellinzona ad Arbedo. Raccolse il testimone Albino Giuliani, che salì come una furia ai Monti di Co, la tappa più dura; meglio di lui fece solo la guardia di confine Antonio Bulloni. Indi il sergente maggiore Arturo Vassella raggiunse con gli sci e le pelli l’alpe di Gesero. Giacomo Lardelli continuò la corsa Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Secondi alla corsa di Brigata a Bonaduz nel 1954: da sinistra, Mario Giuliani, Claudio Beti, il capitano Sergio Zala, Giovanni Vassella, Albino Giuliani con gli sci di fondo sul vasto altopiano. Fu poi la volta di Giovanni Vassella, che a rotta di collo si precipitò giù nella Val Morobbia guadagnando preziosissimi minuti. Passò il testimone a Luigi Menghini, che partì a razzo con la bicicletta. Per strada sbrigò egregiamente il compito del tiro a segno e raggiunse la caserma di Giubiasco, dove lo attendeva il sergente Giuliani, gongolante perché i suoi commilitoni avevano superato un numero impressionante di pattuglie concorrenti. E via Giuliani con scarponi e fucile a divorare la lunga distanza per la piana fino alla collegiata di Bellinzona, passando poi per l’interminabile Viale fino alla Stazione, dove era posto il traguardo. Lì c’era una folla di uomini, donne e bambini che, vedendolo arrivare fra i primi con un numero assai alto, lo subissarono con un coro di incitamenti e di acclamazioni. Anche Giuliani aveva segnato il secondo miglior tempo della sua tappa, battuto di pochi secondi solo dal campione di atletica leggera del Canton Ticino di nome Paravicini. La premiazione e la sfilata davanti alla collegiata furono un trionfo. Erano secondi su un centinaio di pattuglie. Prima di loro si piazzò solo un drappello di guardie di confine. Le acclamazioni alla pattuglia di Poschiavo non volevano cessare. Quella sera stessa rientrarono senza incidenti via Gandria-Menaggio-Tirano. Con l’Italia non ci fu alcun caso diplomatico, ma nacque una lunga e noiosa diatriba tra il Dipartimento militare e il comandante Zala, che si era assunto ogni responsabilità. Infine il consigliere federale Kobelt in persona, tenendo conto dell’eccellente prestazione della pattuglia di Poschiavini, ci mise una pietra sopra. Nel settembre 1954 ebbe luogo la corsa di brigata a Bonaduz. Il giorno prima gli uomini della pattuglia Giuliani accudirono ancora il bestiame, sbrigarono vari lavori, mangiarono un boccone, poi in divisa con scarponi, fucile e baionetta corsero a prendere il treno delle 8:30. Arrivarono a Coira che erano ormai le 13:30 con un languore allo stomaco che si sentivano svenire. Andarono al Buffet della Stazione e per non perdere tempo ordinarono il menu. Lo trovarono eccellente. Si guardarono. Meglio di prima si dissero, Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 44 in caserma per ricevere le istruzioni, prendere in consegna la tenuta di lavoro, la bussola, il cannocchiale e la carta. Poi cenarono e andarono a dormire. La mattina di buon’ora sono trasportati nei boschi vicino a Bonaduz. Essendo pattuglie di quattro soldati, il copione è arcinoto: oltre 15 chilometri di corsa tra pianura, salita e discesa con le solite prove di abilità (lancio delle granate, valutazione delle distanze, osservazione del nemico e tiro a segno), grazie ai cui risultati si ottiene una riduzione sul tempo impiegato a compiere il percorso. I nostri partono con un numero piuttosto alto e cominciano a sorpassare una pattuglia dopo l’altra. Purtroppo, pochi chilometri prima dell’arrivo si vedono costretti a rallentare la corsa, in quanto un componente della pattuglia è colpito dai crampi alle gambe. Qui si perde Primi alla corsa di Brigata a Reichenau nel 1956: da sinistra Mario Giuliani, Giovanni Vassella, Giuseppe Passini, Cipriano Zala tempo prezioso. Tuttavia, grazie ai minuti conquistati prima, il gruppo si ma la fame del tutto non era ancora placata; classifica al secondo posto a pochissimi sequindi ordinarono il menu una seconda vol- condi dalla pattuglia vincente della I/92, guita sotto le occhiate di meraviglia delle came- data dal sergente Hans Danuser. I tre pranzi riere. Si incamminarono poi per andare alla del giorno prima hanno comunque sortito il caserma, ma passando vicino al ristorante loro effetto. Bernina videro un cartellone con un cuoco ben pasciuto e liscio che offriva Schwein Nel settembre 1956 ebbe luogo la corsa di skotlett Pommes frites und Salat per 12.00 Brigata a Reichenau. Quando la data – il franchi. Si fermarono, si guardarono e, sen- 2 settembre 1956 – si avvicina, si constata za far parola, entrarono e mangiarono il ter- con imbarazzo che è la stessa fissata per lo zo pranzo. Finalmente sazi, si presentarono scarico degli alpi di Val Lagoné. Il sergente 45 smagliante, il capitano Sergio Zala. Niente ristorante; li porta a casa sua, dove la moglie ha preparato un succulento pranzo commisurato all’appetito degli atleti. Durante il dessert una coppa di cristallo cade e va in frantumi. La signora Zala, tutt’altro che contrariata, sorride ed esclama: «Scherben bringen Glück!». Incoraggiati da questo augurio, i militi si consegnano poi in caserma per le solite formalità e il riposo notturno. La mattina presto vengono autotrasportati sulle colline tra Ems e Reichenau. Alle ore 7:00 parte la prima pattuglia, poi seguono le altre a un minuto e mezzo di distanza. Alla partenza, il tenente Fulvio Togni che con un numero basso guida la pattuglia mesolcinese, dice a Giuliani, amico di scuola reclute: «Se mi sorpassi so che la corsa l’hai vinta tu». La pattuglia poschiavina parte alle 7:39. A metà percorso sorpassa la pattuglia mesolcinese. All’arrivo il pubblico è festante, il capitano Zala fa salti alti così, il maggiore e consigliere nazionale Ettore Tenchio, il comandante di battaglione e futuro consigliere di Stato Gion Willi, l’alto ufficiale Coray e altri cappelloni si congratulano con loro, non finiscono di lodarli: sono partiti col numero 23 e nel percorso fino al traguardo hanno superato 20 pattuglie. Ottime anche le prove di abilità. La vittoria dovrebbe essere garantita. Subito viene loro appuntata una medaglia al petto; nulla di particolare, è uguale per tutti i partecipanti. Alle 14:00 davanti alla caserma, con uno sventolio di bandiere, squilli di fanfare, schiocchi di tacchi, essi vengono chiamati per primi. Un alto ufficiale stacca loro le medaglie comuni e appunta loro al petto la medaglia d’oro. Sono i primi della Brigata e con ciò, dichiara l’oratore, automaticamente qualificati per le corse di Armata che avranno luogo il mese seguente vicino a Thun. Il 13 ottobre arrivano verso sera alla caserma di Thun. L’atmosfera, il viavai di pattuglie è quello di sempre; si sente parlare, gridare, comandare in tutte le lingue e in tutti i dialetti nazionali. L’indomani, diana prestissimo, poi Tredicesimi (ma primi della Svizzera italiana) alle corse d’Armata a Thun nel 1956: da sinistra, Giovanni Vassella, Cipriano Zala, Giuseppe Passini, Mario Giuliani (dal Tagesanzeiger del 15 ottobre 1956) coi camion verso i boschi e le campagne a nord est della cittadina bernese. È una splendida giornata. Il percorso è di 15,4 chilometri; ci sono da superare le solite prove con le granate, le valutazioni, l’osservazione delle postazioni nemiche, il tiro. Ma qui, i fitti boschi, la piattezza e l’uniformità del terreno rende difficile il compito ai nostri soldati. Per fortuna il sergente Giuliani se la cava egregiamente nella lettura della carta e della bussola. Partono con il numero 88 e pur non avendo il vantaggio di impervie salite e discese arrivano al traguardo dopo aver sorpassato nientemeno che 15 pattuglie. Confidano nella velocità delle loro gambe e infatti figurano fra le nove formazioni con il miglior tempo; per contro hanno un po’ meno fortuna nelle prove. Si piazzano tuttavia al 13° posto assoluto, e questo non è poco se si considera che le 100 pattuglie concorrenti sono selezionate fra gli oltre mille migliori gruppi in campo nazionale. E presenti a quell’evento c’era il fior fiore dell’alta ufficialità svizzera, vari consiglieri federali, nonché gli attaché militari di otto potenze straniere (Egitto, Belgio, Cina, Italia, Polonia, Russia, Turchia e USA). Il leggendario cronista Vico Rigassi, impressionato da quella prestazione, intervista il titolare chiedendogli come si fosse allenato coi suoi uomini. Il sergente Giuliani, con il fiato ancora affannoso per la recente corsa, gli dà una risposta che diviene proverbiale: «Lavorando nei campi e andando su e giù dai nostri monti». Al primo posto si è piazzato il corpo delle guardie del III circondario di Coira, comandato dall’appuntato Johann Dudli. Ma i nostri sono i primi di tutta la Svizzera italiana e si vedono pubblicati, gli unici oltre ai vincitori, con una bellissima fotografia sul Ta ges-Anzeiger für Stadt und Kanton Zürich sotto il titolo cubitale Eindruckvollste Som mer-Armeemeisterschaften. La loro pattuglia è innalzata ad esempio di zelo e di impegno per tutti, come dice la lusinghiera didascalia Mit Eifer waren sie alle dabei. Nel 1958 ebbero luogo le ultime corse di Brigata. Anche in quell’occasione parteciparono e si fecero onore militi, ufficiali e sottufficiali poschiavini. La pattuglia del tenente Bernardo Godenzi (II/29, artiglieria) si classificò al 10º posto, quella di Giuliani al 27º, quella del tenente Pierino Lanfranchi al 31º. Poi le corse di Brigata e di Armata non si fecero più. E ci sarebbero ancora vari esempi meritevoli di essere ricordati, ma li lasciamo nella penna per non tediare il lettore. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 46 Giuliani lo telefona al capitano Zala, che è allarmatissimo: «Rinunciare a competere con le 100 migliori pattuglie della Brigata? Mai sia vero. Nessuno può rinunciare, si tratta di un onore troppo grande». A costo di qualche sacrificio il sergente Giuliani e Giovanni Vassella sarebbero disponibili, a Claudio Beti subentra Giuseppe Passini; ma Albino Giuliani – la punta di diamante del gruppo – assolutamente non può, deve rispondere ai proprietari del bestiame riportato a valle. «Trovare immediatamente un sostituto anche per lui» è l’ordine perentorio del capitano. «Chi? Come trovarlo così su due piedi?». «Ce ne sono, ce ne sono fin che si vuole». Finalmente un nome: «Cipriano Zala. Domanda a lui, arrangiati». Mario Giuliani si informa e dopo varie telefonate lo raggiunge a Cavaione – allora la strada non c’era ancora. Lavora lassù, sta ristrutturando una casa. Dice che gli è impossibile piantare il lavoro su due piedi, si rifiuta di partecipare. Un’altra chiamata al capitano, che è imbufalito. Quindi telefona lui a Cipriano. Non ascolta nessuna spiegazione, gli dice solo: «È un ordine. Se ti rifiuti, sono arresti di rigore» e riattacca. A Cipriano non resta altro che scendere al piano e prepararsi per prendere il treno all’indomani e unirsi alla pattuglia. Arriva a Poschiavo in divisa, ma gli scarponi portano ancora tracce di schizzi di calce. «E lo schioppo? Dove hai lo schioppo?» lo interpella Giuliani. «Ma che schioppo? Nessuno mi ha detto niente» risponde Cipriano. Allora Giuliani si raccomanda al bigliettaio di aspettare un altro minuto e corre nell’ufficio della stazione, chiama la centrale di Cavaglia, domanda immediatamente Pierino Giuliani. Ha la fortuna di trovarlo subito e gli ordina in nome del capitano e del generale Guisan di portare la sua carabina alla stazione di Cavaglia. Il treno parte, si danno da fare a conferire agli scarponi di Cipriano un aspetto sufficientemente marziale e lassù finiscono di equipaggiarlo. Questa volta alla stazione di Coira a ricevere la pattuglia Giuliani c’è, in forma 47 Parte Generale Giancarlo Sala 48 Mentre il domestico profumo del caffellatte si spande gradatamente per le stanze, il blando ciabattare dell’attempato genitore lo riscuote dal dormiveglia di primo mattino. Anche se manca ancora un’ora alla partenza del Bernina Express, deve spicciarsi perché si è scordato di prenotare il posto. Il museo Segantini apre alle dieci in punto e lui detesta dover fare la fila; al solo pensiero della marea di turisti che gira per le strade di St. Moritz in alta stagione, prova un certo fastidio. Scosta il tendone, terge con una mano le strie di condensa dai vetri e osserva sfocatamente i contorni del villaggio ancora immerso nel sonno. Apre la finestra e nota ai piedi dell’altro versante, lungo il fiume, qualche comignolo che già fuma sui tetti di piode. L’astro mattutino brilla incantato nell’indaco del cielo terso e dietro il Piz Scalin sta per tramontare una falce di luna. Un soffio di vento pungente lo fa rabbrividire di colpo. Richiude. «Ieri è morto anche il povero Giuanìn, mio coetaneo; me l’ha detto il figlio del panettiere che è passato a portarmi la brasciadèla fresca. Dopodomani ci sarà il funerale, ma io con questi reumatismi come faccio a muovermi?». «Ti accompagno io, non ti preoccupare. Però adesso devo sbrigarmi». «Ma come, parti anche oggi? Sei appena arrivato e già te ne vai!». «Scusa, mamma, ma devo. Se non vedo le opere dal vivo, non riesco a parlarne. Non aspettatemi per cena, farò tardi». Trangugia una zuppetta di biscotti e caffè, e si congeda frettolosamente. Strada fa- cendo, imbacuccato nel loden, con la The Bridge zeppa di schizzi e studi sul patriota senza patria, torna istintivamente a scrutare l’orizzonte: dalle grondaie dell’austera via dei Palazzi incombono ghiaccioli appuntiti che frastagliano l’orizzonte. Riabbassa lo sguardo inumidito dall’aria gelata, si soffia il naso, e cerca di camminare spedito e sicuro sulla neve che scrocchia sotto le nike scamosciate. Come previsto arriva alla stazione abbastanza in anticipo per trovare ancora un posto nel ridotto scompartimento di prima classe. Al secondo tocco metallico della campana elettrica il convoglio si avvia con un leggero sobbalzo e mentre il centenario trenino rosso s’inerpica impavido sull’erta della montagna, Flavio ammira dall’alto la maestosa Val Poschiavo tutta imbiancata – un panorama mozzafiato – ma riprova a un tempo lo struggimento delle innumerevoli sue partenze di gioventù verso le città dei suoi studi. Viaggiando, cerca l’ispirazione per redarre l’articolo del prossimo numero dei Quaderni d’arte. Come sempre, dopo la scenografica rotonda di Alp Grüm il treno si ferma qualche minuto in attesa dello scambio. Il suo sguardo si sofferma ora sui riverberi smeraldini del laghetto Palü ai piedi dell’omonimo ghiacciaio, uno dei tanti occhi di Dio sulla Terra! Accende l’iPod con l’adagio del concerto in la maggiore per clarinetto e orchestra di Mozart e sprofonda inaspettatamente in una visione d’altri tempi. Comincia ad almanaccare... [Ma lei, dove sarà adesso?]. L’aveva conosciuta nei vetusti corridoi del Politecnico federale di Zurigo, una trentina d’anni prima, ai corsi del compianto professor Isella, che si tenevano ogni lunedì e martedì sera. Quella prima volta, aspettando che passasse il quarto d’ora accademico prima di entrare nell’ampio Forum 5, l’aveva subito notata per il suo affabile sorriso e la rapida occhiata che lei – non conoscendolo ancora – spontaneamente gli aveva rivolto. In un atteggiamento del tutto sciolto e naturale, se ne stava lì a conversare piacevolmente con altre compagne della facoltà di lettere. Era una donna alta, di bel portamento, dall’ovale di viso armonioso, con un intenso sguardo di occhi lucenti color verde foresta, un profilo di naso aristocratico, labbra sottili che si dischiudevano leggermente a mostrare dei denti bianchi e regolari; le sue mani, affusolate e scarne, si muovevano leggere; nei capelli biondo scuro, lucenti e sciolti sulle spalle, risaltavano delle sinuose mèche di gradazione diversa. Abbigliata in dolce vita blu, pantaloni grigi a quadri e scarpe décolleté, emanava un’aura signorile, da donna colta e raffinata. Ai suoi occhi, una creatura angelica e fascinosissima! Tanto gentile e tanto onesta pare / la don na mia quand’ella altrui saluta... La sera di quel lontano autunno fine anni 70, Flavio capì di aver finalmente incontrato la donna della sua vita, ma allo stesso tempo, nel tentativo di sedare il tumulto dei suoi pensieri, provava istintivamente una vaga sensazione di irraggiungibilità (mirava troppo in alto?), o meglio di impotenza. Come spesso capita a chi segretamente si innamora, sul principio esagerò nel mitizzare, crogiolandosi in un costrutto artificiale di reconditi desideri e fantasie, e in seguito non fu più in grado di comportarsi in modo naturale e spontaneo. Ci volle molto coraggio per avvicinarsi a lei, protetta com’era dal crocchio di amiche. Tuttavia i complici sorrisi tra loro continuavano di settimana in settimana. Da allora Flavio viveva soltanto il lunedì e il martedì, in ardente attesa di rivederla; durante le lezioni poi, faticava a concentrarsi, sempre lí, pochi banchi più indietro, rapito a guardarla mentre lei prendeva appunti sulla genesi del Giorno pariniano, con la sua nitida scrittura, tempestata di frivole vocali e consonanti arricciate. Dopo i primi semestri di quegli straordinari anni di lettere, cominciò durante gli intervalli a chiederle con un certo imbarazzo qualche spiegazione. Una volta, al suo ritorno dall’Accademia militare a semestre inoltrato, lei gli prestò persino la Vita dell’Alfieri, postillata personalmente. Ma ogni martedì sera era ormai finita un’altra settimana; lei scompariva nelle sfolgoranti e mendaci luci delle notti zurighesi come una fata morgana e lui rincasava con il cuore gonfio di passione nella solitaria stanzetta di periferia. Gli incontri andarono avanti così per lungo lunghissimo tempo, finché un giorno a ridosso dell’estate del penultimo anno d’università accadde l’imprevedibile: scendendo dal Poli verso il Central con la sua lambretta 125, la vide camminare sola sul marciapiede. Con una manovra spericolata le si affiancò, la salutò e la invitò a salire per accompagnarla a casa. Lei accettò con simpatia. Quel viaggio, per lui a tratti paragonabile a certe storiche imprese aeronautiche di inizio secolo scorso, si tramutò, in un unico, travolgente abbraccio. Con il casco spavaldamente infilato nel braccio sinistro, volarono insieme liberi per le vie fiorite e odorose della città, incuranti del mondo intero. Immensamente felice, avrebbe voluto portarla chissà dove, ma seguì, paziente, le sue indicazioni. Mentre udiva la soave voce sussurrargli ignoti nomi di viali e traverse, sentiva al contempo le sue braccia che lo cingevano lievemente al tronco. Deciso a non forzare il già fin troppo propizio corso degli eventi, giunti infine davanti al portone di casa allo Schaffauserplatz, si lasciarono amichevolmente, senza baci e senza impegni, scambiando soltanto la vaga promessa di rivedersi presto in Ticino. Dopo quell’assolato pomeriggio iniziò per Flavio una drammatica relazione a sen so unico. Rimasto infatuato dall’inattesa condiscendenza di lei, aveva infatti successivamente osato riversare la piena del suo cuore in sincere e frementi lettere d’amore, alle quali lei mai rispose. Fidente nella virtù trascendentale delle belle lettere, nonostante l’immane silenzio perdurasse nel corso degli anni, lui continuò, come un antico cavaliere medievale, indifferente al mancato guiderdone, a scriverle per insopprimibile amore, anche se in toni vieppiù pacati, da uomo che man mano matura, smussa e Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Anni di lettere 49 turbamento estatico similmente provato alla visione delle montagne appena attraversate. Da dietro i primi visitatori entrano alla spicciolata nel salone e osservano inebriati le gigantesche tele disposte circolarmente. Nel sommesso mormorio gli pare di distinguere una voce già udita altrove. Si volta incuriosito. Si riconoscono all’istante. Lei non è cambiata per niente, elegante e bella come un tempo. «Che sorpresa! Tu qui? Mi fa piacere rivederti! Sei di passaggio?». «No, no, siamo qui in villeggiatura; ci veniamo spesso per sciare. Quest’anno c’è anche mio padre perché soffre un po’ la solitudine e non sopporta bene l’uggia invernale del lago. Sto mostrando a mia figlia queste favolose montagne… Ah, volevo ancora dirti che mi dispiace di non esserci più incontrati...». «Beh, sai, come dice il proverbio Chi non muore, si rivede, no?...». «Mamma, vieni! Ti chiama papà!». «Sì, Alessia!... Scusami Flavio, purtroppo devo andare, mi aspettano giù». «Arrivederci!». «Ciao, Mar...», la voce gli si soffoca in gola. Verso sera, a ricerca conclusa, prima di lasciare il museo, la custode gli consegna personalmente, insieme a dispense e dépliant, una busta chiusa con una dedica scritta in nitida calligrafia A Flavio. Poesia Un amore Hai avvolto il mio capo nella nebbia, hai rammendato il mio cuore straziato, hai varcato il mio portone in silenzio lasciando un fiore ai piedi della scala… Gerry Mottis PASSATEMPO E PASSAPAROLA a cura di Gerry Mottis Quest’anno apriamo una nuova rubrica per gli appassionati di parole crociate, rebus, anagrammi, sudoku, aforismi, barzellette e quant’altro. Durante le lunghe sere invernali provate a risolvere questi enigmi; una sana attività per Parte Generale Parte Generale 50 comprende; scevro da fissazioni, eppur costantemente incapace di imporsi dei freni inibitori e di mettersi il cuore in pace! Amor, ch’a nullo amato amar perdona... (Ma che fine hanno fatto tutte le mie parole e perché lei non mi ha mai risposto? E chissà cosa sarebbe stato se quel giorno l’avessi invitata a bere un caffè e le avessi dichiarato spontaneamente tutto l’amore che provavo per lei?). L’arrivo del treno da nord interrompe il suo querulo rimuginare. Tra poco rivedrà lo spartiacque bianco-nero dei laghi e fra meno di un’ora sarà al museo. – Oh, magico Bernina! –, esclama tra sé e sé; respira profondamente e sorride compiaciuto. Seduto sulla panchina del salone a cupola del museo progettato da R. Hartmann e inaugurato nel 1908, ammira ora l’imponente Trittico dell’Engadina. I raggi radenti del primo sole entrano a illuminare le cime innevate del dipinto della MORTE e accendono la surreale nube a chiocciola. Avvicinandosi, cerca di capire appieno lo sforzo segantiniano nel fermare l’attimo fuggente. Restando in mistica contemplazione, fruisce della straordinaria luce espansa dalle filigrane di colore, finché è colto da un’ennesima sindrome di Stendhal. Riaffiora nell’anima il tenere in forma il cervello. Se non avete trovato le rispettive soluzioni e proprio non riuscite a dormire tranquillamente, inviate una email all’autore: ‹gmottis@hotmail. com.› Vi auguriamo buon divertimento. N.d.R. 51 La barzelletta dell’anno: Sherlock Holmes e il dotor Watson si trovano in vacanza in un campeggio. Dopo una buona cena e un’ottima bottiglia di vino, si ritirano in tenda e si addormentano profondamente. Durante la notte Holmes si sveglia e scuote l’amico. «Watson, guardate in alto nel cielo e ditemi cosa vedete!». «Vedo milioni e milioni di stelle, Holmes». «E cosa ne deducete?», chiede Holmes. Watson riflette a lungo e poi replica: «Beh, da un punto di vista astronomico, questo mi fa pensare che ci sono nel cielo milioni di galassie e quindi, potenzialmente, miliardi di pianeti. Da un punto di vista astrologico, vedo che Saturno è in Leone. Da un punto di vista orario, se guardo la Luna, ne deduco che sono circa le 3:15. Da un punto di vista meteorologico, credo che domani avremo una bellissima giornata. Ma perché me lo chiedete? Cosa suggerisce a voi tutto questo?». Holmes rimane un attimo in silenzio e poi esclama: «Watson, siete un idiota! Qualcuno ci ha rubato la tenda!». Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Stranezze del cervello Parte Generale Parte Generale Sneocdo uno sdtiuo dlel’Untisverià di Cadmbrige, non irmptoa cmoe snoo sctrite le plaroe, tutte le letetre posnsoo esesre al pstoo sbgalaito, è ipmtortane sloo che la prmia e l’umltia letrtea saino al ptoso gtsiuo, il rteso non ctona. Il cerlvelo è comquune semrpe in gdrao di decraifre tttuo qtueso coas, pcheré non lgege ongi silngoa ltetrea, ma lgege la palroa nel suo insmiee... vstio? 52 53 Trova le bandiere uguali: Orizzontali Verticali 1. Passo che conduce a Göschenen 7. Scuola media 9. Appellativo abbreviato di Santo 11. Pizzo di San Bernardino 13. Il famoso attore italiano 14. Località della Val Bregaglia 17. Sigla di Ticino 18. Paolo, poeta grigionese 20. Abbreviazione di dottore 21. Abbreviazione di professore 22. Paese più grande del Moesano 24. Pane e... 25. Articolo femminile 27. Lettera non firmata 29. Capoluogo del Canton Ticino 30. Località della Calanca 31. Capitale svizzera 32. Verso del gatto 34. Inviare 35. Nome maschile 38. Riva 39. Superlativo assoluto di «bere» 41. Vivi e lascia... 42. Località della Bregaglia 43. L’Alberto scultore 1. Né mio né tuo 2. Preposizione articolata femminile 3. Fiume dei Grigioni 4. Spettacolo teatrale 5. Vicino a Chiavenna 6. Compito 8. Acqua gassata e... 10. Negazione 12. Capitale del Canton Grigioni 15. Allieva 16. Sigla di Grigioni 19. Lingua grigionese 23. Piccola arteria 26. L’attore Capone 28. Manducare (lat.) 29. Abete rosso e... 31. Passo dei Grigioni 32. Docente 33. Balia 36. Ricreazione 37. Magari 40. Andato Aforisma dell’anno: «Il mondo ha un bell’invecchiare: non cambia. Può darsi che l’individuo si perfezioni, ma la moltitudine dell’umanità non diventa né migliore né peggiore». Denis Diderot, filosofo francese, XVIII sec. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale Bhutan e Nepal due stati asiatici di contrastanti culture Un viaggio spettacolare ai piedi della grandiosa catena montuosa dell’Himalaya. Dall’ordine e dalla tranquillità del popolo bhutanese alla confusione e al caos di quello nepalese. 54 55 Volo da Calcutta a Paro con emozionante vista dal finestrino sull’Himalaya Remo Tosio Servizio fotografico a cura dell’autore Dopo averlo girato in lungo e in largo mi sento di affermare che in fatto di ordine civile e paesaggistico il Bhutan assomiglia tanto ai piccoli paesi della Svizzera. Non esistono le grandi città e nemmeno i grattacieli. In linea di massima le case e i monasteri hanno lo stesso stile architettonico. Altro scenario invece in Nepal, dove domina il caos. Affascinato dalle prime famose scalate dell’Himalaya, la cui partenza avveniva in genere a Kathmandu, mi ero immaginato di trovare un centro abitativo di carattere e stile montano. Macchè, ho visto una città incasinata di traffico motorizzato, disordinata e puzzolente. Altro scenario invece negli idillici luoghi periferici. Nepal e Bhutan: due paesi asiatici incastonati nella catena montuosa dell’Himalaya. A nord confinano con la Cina e a sud con l’India nente struttura costruita nel 1901 dal vicerè dell’India, Lord Curzon, in occasione della morte della regina Vittoria. Il ponte Howrah, costruito negli anni 1939-43, è un’opera di alta ingegneria. Probabilmente è il più trafficato del mondo; viene giornalmente percorso da 100’000 veicoli, oltre ad una fiumana di gente a piedi. Calcutta è una metropoli disordinata. Si evidenzia qui un marcato contrasto fra povertà e ricchezza. Per molta gente la strada è l’unico luogo di vita; si mangia si dorme e si muore ai suoi margini. 2 maggio 2009, lago di Phewasee (Nepal). Un luogo idilliaco. Dall’emozione l’autore si è lasciato andare cantando alcune arie popolari. Foto: Gery L’avventura turistica in questi due stati montuosi dell’Asia, incastonati nella catena dell’Himalaya, l’ho iniziata in gruppo il 21 aprile e terminata il 7 maggio del 2009. Il volo da Zurigo ci ha portato dapprima in India, a Calcutta, dove abbiamo visitato ovviamente la tomba di Maria Teresa, nonché alcune particolarità architettoniche e ingegneristiche, come il Victoria Memorial, il ponte Howrah e la stazione. Lo splendido palazzo del Victoria Memorial è un’impo- Bhutan Il volo da Calcutta a Paro, nel Bhutan, è stato di una spettacolarità unica. Dapprima la vista dal finestrino, anche se da lontano, dell’imponente catena dell’Himalaya e infine l’atterraggio strettamente appiccicato alle montagne. Ho avuto addirittura la sensazione di scendere al centro di Poschiavo. Per poter planare con un grosso velivolo fra una così stretta valle, come quella di Paro, ci vogliono abilissimi piloti, i quali devono sottostare ad un’istruzione particolarizzata. Già durante la discesa dalla scaletta dell’aereo ho avuto l’impressione di trovarmi in un paese ordinato e architettonicamente omogeneo. Con una superficie di 46’500 km2 il Bhutan è di poco superiore a quella della Svizzera (41’285 km2). Conta all’incirca 650’000 abitanti, con una densità di 16 abitanti per km2 (Svizzera 188 abitanti per km2). Il regno del Bhutan – La terra del drago come viene chiamato dagli indigeni (il drago è presente anche sulla bandiera) – confina a nord con la Cina e a sud con l’India. È l’unico paese al mondo a professare ufficialmente il buddismo, anche se nei territori meridionali si pratica l’induismo. Il Bhutan è una monarchia in fase di transizione, avviata verso la costituzione democratica. La capitale è Thimphu. La lingua ufficiale è lo Dzongkha, che deriva dall’antico tibetano, anche se per molti secoli si è sviluppato in modo autonomo. L’attuale giovane re Jigme Khesar Namgyal Wangchuck (nato a Thimphu il 21 febbraio 1980) è il quinto della dinastia. Ha studiato negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito, laureandosi in scienze politiche. Dopo l’abdicazione del padre, avvenuta il 15 dicembre 2006 con due anni di anticipo, è diventato il più giovane capo di stato del pianeta. L’incoronazione ufficiale è avvenuta il 6 novembre 2008 nel palazzo reale di Thimpu. Il re non è più il capo del Governo; questa carica Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 56 57 Paro (Bhutan): la tipica “Ruota della vita” buddista ed alcuni scolari buddisti del monastero Rinpung Dzong BUDDISMO Il buddismo è la prima religione universale ed è tuttora una delle più importanti dell’Asia. Nato nel Sesto secolo a. C., Siddharta Gautama (poi Buddha) iniziò la sua vita come principe nel piccolo stato del Sakyan, ai piedi dell’Himalaya. Dopo diversi anni incominciò a meditare sul mondo. Decise di abbandonare la famiglia e il futuro regno. Studiò con i più famosi filosofi dell’epoca il pensiero metafisico (settore della filosofia che si occupa degli aspetti teorici e dei valori assoluti della realtà), che però non lo appagava e non lo liberava. Decise di dedicarsi completamente alla meditazione e per sei anni visse in assoluta austerità, senza alcun risultato. Poi un giorno, mentre beveva al fiume, scivolò nell’acqua e fu trascinato dalla corrente fino ad un villaggio dove un giovane lo trasse in salvo e lo curò. Guarito rimase ad osservare le acque del fiume, si immerse in meditazione e raggiunse l’Illuminazione: Siddharta il Principe dei Sakya, non esisteva più, era diventato il Buddha, l’Illuminato. Il Nucleo della dottrina enunciata dal Buddha è dato dalle «Quattro Nobili Verità»: 1. la realtà dell’esistenza personale e del mondo esteriore è dolore, consistente nelle proprietà delle sue condizioni: nascita, malattia, morte, mancanza di ciò che si desidera, unione con ciò che dispiace, separazione da ciò che si ama; 2. l’origine del dolore è il desiderio di esistere, il bisogno del piacere e anche il suo rifiuto; 3. questa sete generatrice delle rinascite va estinta nel «Nirvana» (il desiderio va eliminato); 4. la via che conduce all’arresto del dolore è il «Dharma» (la naturalità della vita). Secondo Buddha il segreto della felicità sta nell’accettarsi così come si è, rinunciando ai desideri, la cui consapevolezza rende infelici non meno della loro realizzazione. Infatti ogni desiderio soddisfatto porta a maturarne un altro ancora più grande. Rinunciare ai desideri significa rinunciare ad un’inutile sofferenza. Per quanto riguarda le origini del mondo, il Buddha insegna che l’universo è privo di principio del tempo. Non esiste un punto determinato della creazione. In un tempo senza punto di partenza i sistemi cosmici nascono, si sviluppano e si disintegrano. Il pensiero buddista è complesso; nel suo interno si trovano diversi tipi di pensieri, che alle volte contrastano fra loro. La preghiera è l’occupazione principale del buddista. Essa può essere intensificata grazie alle ruote presenti in tutti i templi, oppure più piccole e portatili, girate tante volte quante sono le preghiere che si vogliono rivolgere al Buddha. Si usa anche un apposito rosario per ricordare la sequenza delle preghiere. Il pensiero buddista è strettamente parente di quello induista, anche se quest’ultimo è confuso, non uniforme e caotico rispetto al primo, che è più regolare e tranquillo. Da sinistra a destra: Thimphu (Bhutan), il National Memorial Chorten è stato costruito nel 1974 in memoria del 3º re; il nostro bellissimo albergo rispecchia la tipica architettura bhutanese; le nostre guide e i nostri autisti erano sempre vestiti con il tipico costume bhutanese; a due passi dal nostro albergo c’era una rinomata pasticceria svizzera è ricoperta dal presidente del Consiglio dei ministri, posizione assegnata per un anno a turno a ciascuno dei cinque ministri eletti con il maggior numero di voti. L’Assemblea nazionale, il Consiglio reale, il Consiglio dei ministri e ciascun ministro costituiscono le unità organizzative che svolgono i ruoli più importanti nel governo del Paese. L’Assemblea nazionale è composta di 150 membri, dei quali 105 sono eletti dal popolo per un periodo di tre anni. I rappresentanti dei monaci sono 10 e durano in carica un anno, mentre i rimanenti 35 membri sono i rap- presentanti del Governo e sono nominati dal re. Il nuovo sistema democratico comprende una Camera alta (Consiglio nazionale) e una Camera bassa (Assemblea nazionale). La maggioranza della popolazione vive al centro del Paese. La propria sussistenza proviene dall’agricoltura e dall’allevamento del bestiame. Le principali coltivazioni della regione sono il riso, il grano saraceno, l’orzo, le patate e l’orzo invernale, a cui si affiancano i peperoncini, fatti seccare sui tetti delle case prima di essere messi nei magazzini. Le donne svolgono il ruolo di capofamiglia Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 58 59 Thimphu (Bhutan), monastero di Thangthong Dewachen: alcune monache pregano. Sotto il tavolo si vedono due Radong, i corni di preghiera. A destra la grande ruota di preghiera davanti al monastero Simtokha Dzong Punakha Dzong: il monastero-fortezza più bello di tutto il Bhutan. È ubicato all’affluenza di due fiumi ed è attorniato da alberi Jacaranda che abbiamo ammirato proprio nello splendore della fioritura color lilla e sono considerate alla stessa stregua degli uomini, per cui pochi lavori sono definiti esclusivamente maschili o femminili. La tessitura e la filatura sono da sempre riservate alle donne, mentre l’erpicatura e l’aratura sono compiti maschili, sebbene non sia raro vedere moglie e marito lavorare fianco a fianco. La consumazione dei pasti avviene seduti sul pavimento, con una ciotola personale del riso e vari contenitori in comunione. Oggi i matrimoni non sono più combinati ma dettati dai sentimenti. La struttura scolastica prevede undici anni di istruzione base: un anno di scuola preparatoria, sei anni di istruzione elementare, due di scuola media e due di superiori. L’assistenza sanitaria viene fornita gratuitamente a tutti i cittadini. Il costume tradizionale bhutanese è uno degli aspetti più caratteristici e pittoreschi del paese; deve essere indossato da tutti gli abitanti nelle scuole, negli uffici governativi e nelle occasioni formali. Uomini, donne e bambini indossano abiti tradizionali realizzati con tessuti bhutanesi in una gran varietà di motivi colorati. L’architettura bhutanese è uno degli elementi straordinari che incide nel paesaggio di questa Nazione; gli imponenti monasteri-fortezze (Dzong), quelli remoti (Goemba) e i templi (Lhakhang), oltre alle case tradizionali, sono ispirate al tipico stile locale, ricco di ornamenti, intagli e decorazioni. Il turismo in Bhutan è controllato da un numero chiuso e la tassa turistica di soggiorno è altissima. Questo per evitare un’invasione caotica di turismo di massa. Insomma è un paese molto ordinato e socialmente ben organizzato. Il ponte ad arco sul fiume Punak Tsang Chhu è stato realizzato in collaborazione tra il Governo reale del Bhutan e Helvetas, l’Associazione svizzera per la cooperazione internazionale Dall’aeroporto di Paro abbiamo intrapreso il viaggio per Thimphu con due pulmini e rispettive guide molto simpatiche. Lungo il tragitto ci fermiamo ad ammirare il tempio di Tamchhog Lhakhang, vecchio di 600 anni, con un centenario albero di mandarino. Altra fermata al ponte Chhuzom, laddove si incontrano i due fiumi Paro e Wang, protetti da tre chorten (monumento buddista contenente reliquie), messi lì per tenere lontani nefasti sortilegi. Arrivati a Thimphu visitiamo il National Memorial Chorten, costruito nel 1974 in memoria del terzo re Jigme Dorji Wangchuck. A Thimphu alloggiamo in un bellissimo albergo a tipica architettura bhutanese, vicino al quale è ubicata un rinomata pasticceria svizzera. Al termine della giornata visitiamo il grande monastero-fortezza Trashi Chhoe, una monastica magnificenza di straordinaria bellezza architettonica, sede del governo del Bhutan e degli uffici reali. Il giorno seguente vediamo dapprima il monastero di Thangthong Dewachen, composto da una sessantina di monache donne, delle quali ne vediamo alcune pregare e altre lavorare nello stesso locale. Poi è la volta del Simtokha Dzong, una costruzione del 1627 e oggi scuola di studi buddisti, per terminare con una sbirciatina ad un allettante mercato di svariati prodotti e colori. Il 25 di aprile intraprendiamo il viaggio per Punakha, passando per il passo Dochula a 3’140 m.s.l.m., dove siamo costretti a ricorrere al maglione. Un freddo pungente, anche se non è paragonabile a quello dei nostri tremila. Il tempo nebbioso e nuvoloso non ci permettono di vedere l’Himalaya. In questo luogo sono ubicati 108 monumenti spirituali buddisti, i cosiddetti Stupa, attorniati da bandierine colorate di preghiera. Impressionante per noi europei è il fatto che a 3’140 metri c’è ancora una folta Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 60 61 Thimphu (Bhutan), monastero-fortezza Trashi Chhoe: alcune piccole ruote di preghiera Timphu: non poteva mancare una sbirciatina al mercato con svariati prodotti e colori Gantey (Bhutan): un pittoresco paesino cartolina, situato in una valle appartata e nascosta Punakha: interno del monastero Wangdue Phodrang, posto su un crinale che domina le valli Paro: le nostre guide ci hanno offerto una piacevole serata folcloristica. A destra l’ultima impressione del Bhutan: lo sguardo socievole di un giovane padre con suo figlio Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Bhutan: il monastero Taktshang, meglio noto come “La tana della tigre”. È incollato nella roccia a 900m dalla valle. Foto: Sepp vegetazione boschiva. Poco lontano dal culmine del passo incontriamo lo Yak, il tipico bovino di montagna, a pelo lungo e di modesta statura. Durante la discesa, prima di arrivare a Punakha, vediamo dei terreni montani con delle colture di riso a terrazze; sul tipo dei vigneti valtellinesi. Arrivati in loco visitiamo Punakha Dzong, il monastero-fortezza più bello di tutto il Bhutan. È ubicato all’affluenza di due fiumi ed è attorniato da alberi Jacaranda, della famiglia delle Bignoniacee; proprio durante questo periodo sono migliore dell’architettura bhutanese e ospita il corpo monastico e gli uffici governativi. È presente in questo luogo un pregiato dipinto che raffigura la tipica «Ruota della vita» del buddismo. Nel 1993 Bernardo Bertolucci girò qui alcune scene del famoso film «Piccolo Buddha». La giornata del 28 aprile era dedicata alla salita al monastero Taktshang, meglio conosciuto come La tana della tigre; è il più famoso monastero del Bhutan, perché incollato sul margine di un dirupo a 900 metri dal fondovalle. Un luogo affascinante soltanto guardandolo dal basso, ciò che mi sono limitato a fare perché la salita è piuttosto dura. I miei amici di viaggio che ci sono andati, sono ritornati stanchi ma appagati dalle meraviglie di quel luogo, dove gli unici rumori sono il mormorio del vento, dell’acqua e delle litanie dei monaci. Quale addio al Bhutan, le nostre guide ci organizzano una piacevole serata folcloristica. Nepal Durante la mattinata del 29 aprile l’aereo ci porta da Paro a Kathmandu, la capitale del Nepal. Qui troviamo completamente un’altro scenario; una marea di automobili incasinano il traffico e nell’aria si diffonde una disgustosa miscela di odori difficilmente definibili. Quanto ci mancano i luoghi ameni del Bhutan! Il Nepal ha una superficie di 147’181 km2 e conta attorno ai 26 milioni di abitanti, con una densità di 220 abitanti per km2. A nord confina con la Cina e a sud con l’India. La lingua ufficiale è il nepalese. L’81% professa la religione induista, 11% buddista, 4% musulmano e il 4% altre religioni (tra cui il cristianesimo 0,45%). Il Nepal è una Repubblica federale democratica parlamentare. Il Parlamento è il massimo organo legislativo. Si compone di un’unica Camera di 601 membri e ha ancora funzione Kathmandu (Nepal): sulle rive del fiume sacro Bagmati, presso il tempio di Pashupatinath, ci sono numerosi altari quadrati in calcestruzzo, dove si bruciano i morti Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 62 particolarmente belli per la fioritura color lilla. Il giorno seguente visitiamo il ponte costruito con l’aiuto svizzero. Lo testimonia una targa (in lingua inglese) posta i margini del ponte, che dice così: Il ponte ad arco sul fiume Punak Tsang Chhu è stato realizza to in collaborazione tra il Governo reale del Bhutan e Helvetas (Associazione svizzera per la cooperazione internazionale, N.d.R.). Il ponte è il simbolo di un lungo e stretto legame di amicizia e di cooperazione che esi ste tra i popoli di Svizzera e Bhutan. Inaugurato da Sua Altezza Reale il principe ereditario, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck e il signor E. Kuelling Werner, segretario genera le di Helvetas, il 21 settembre 2002. Dal ponte si vede l’imponente monastero-fortezza di Wangdue Phodrang. Il nostro viaggio continua in salita attraverso una fitta vegetazione boschiva con dei stupendi rododendri bianchi e rossi. Raggiungiamo una idillica valle nascosta e il paesinocartolina di Gangtey. Un luogo che ha del magico. Alcune donne stanno separando la pula dal grano con l’ausilio del vento. Al ritorno visitiamo il monastero Wangdue Phodrang che avevamo visto in mattinata dal ponte. Esso sorge su un alto crinale, in una posizione dominante sulle sottostanti valli. Il 27 aprile intraprendiamo il viaggio da Punakha a Paro, ripassando il Passo Dochula. Anche questa volta non abbiamo fortuna; intensa nuvolosità e fitta nebbia non ci permettono di vedere l’agognata catena dell’Himalaya, che, da quanto ci dicono le guide, con il bel tempo si vede benissimo. Giunti a Paro visitiamo lo Rinpung Dzong. È questo uno dei monasteri più imponenti e famosi del Bhutan. Rappresenta l’esempio 63 64 Kathmandu (Nepal): al tempio di Pashupatinath ci sono varie postazioni di santoni, che si mettono in posa allo scopo di spillare quattrini ai turisti costituente. Il 28 dicembre 2007 il Parlamento ha approvato un emendamento costituzionale che ha sancito il passaggio dalla monarchia alla repubblica, il quale si è concluso il 28 maggio 2008 mediante votazione quasi unanime dell’Assemblea costituente. Le principali risorse del Nepal sono l’agricoltura e il turismo. Sotto i 2’000 m si coltivano tè, riso, lenticchie, miglio, colza, grano e canna da zucchero. In collina vi sono numerosi terrazzamenti per la coltivazione del riso. I bovini vengono allevati prevalentemente per la produzione di latte e yogurt, mentre non possono essere macellati perché ritenuti sacri. Per i bufali invece non esistono divieti religiosi e se ne consumano anche le carni. Il turismo negli ultimi anni è andato in decadenza; lo conferma il fatto che non si trovano più guide ben preparate, come è stato anche nel nostro caso. I matrimoni combinati sono tuttora la norma della società Una pratica religiosa risalente all’anno 1’500 a. C., che viene praticata in innumerevoli modi; a parte alcune indicazioni, ognuno si fa la religione in proprio. È una credenza politeistica (fondata sul culto di più divinità) che ha tre dèi fondamentali: Brahma, Visnu e Shiva (oltre ad innumerevoli altri minori e senza limite di fantasia). I testi sacri sono divisi in due categorie: quelli della rivelazione (Veda) e quelli della tradizione (Smrti). Gli induisti credono nella reincarnazione: se un uomo si comporta male in questa vita, dopo la morte, la sua anima torna a vivere in un altro corpo per espiare i peccati commessi: solo chi onora gli dèi e si comporta con carità verso gli altri uomini raggiunge la pace eterna. Infatti gli induisti credono che gli dèi, in cambio di preghiere e di sacrifici, facciano dono agli uomini del paradiso di felicità (Sukhavati). Nelle cerimonie viene offerto burro fuso, cereali e quant’altro alla rispettiva divinità, la quale viene unta, vestita, ornata e profumata. Attorno a queste divinità persiste un costante odore sgradevole, dovuto appunto ai materiali impiegati per le cerimonie. La forma normale della preghiera (japa) consiste nella recitazione e ripetizione di parole e formule sacre oppure di suoni monotoni. Per quanto riguarda le origini dell’universo l’induismo ha molteplici interpretazioni e convinzioni. Le principali correnti dicono che l’universo è governato da Trimurti, la divinità composta da Brahma, Visnu e Shiva. Nella maggior parte degli induisti viene oggi accettata la teoria dell’evoluzione di Darwin. Parte Generale Parte Generale INDUISMO 65 Pokhara (Nepal): dalla camera dell’albergo vedo finalmente fra le nuvole un po’ di Himalaya Nepal: salita alla collina di Sarangkot, a 1’592 m.s.l.m., dalla quale si scorge la valle di Pokhara con il suo meraviglioso lago Phewasee Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 66 67 induista nepalese. Il 70% dei bambini inizia la scuola, ma soltanto il 7% porta a termine il decimo anno scolastico. Abbiamo raggiunto il nostro albergo, al centro di Kathmandu, dopo non poche peripezie e lungaggini, dovute all’enormità del traffico stradale. Durante il pomeriggio facciamo visita al tempio di Pashupatinath, il più importante del Nepal. Sorge lungo le rive del fiume sacro Bagmati. Sulla sponda opposta vediamo una scena raccapricciante: una serie di altari in calcestruzzo e a forma quadrata, dove vengono bruciati i morti, le cui ceneri vengono gettate nel fiume. Potete immagi- narvi l’odore! Ma quello che più mi impressiona non è la bruciatura stessa dei cadaveri (dopotutto è una cremazione rudimentale), ma sono i bambini che stanno cercando gli ori o gli argenti provenienti dai cadaveri bruciati, frugando nell’acqua del fiume di un colore tetro e di una sporcizia indescrivibile. Molti sono anche i santoni presenti nell’area del tempio, impiastrati di sostanze untuose e colorati; più che per scopo religioso si mettono in bella mostra per prendere i soldi dei turisti. Il 30 aprile visitiamo Swayambhunath, il tempio buddista posto in cima ad un’altura. Un luogo dove monumenti e riti buddisti e Pokhara (Nepal): placida escursione in barcone sul magnifico lago Phewasee Kathmandu: nel quartiere di “Dubar Square” c’è il più ricco patrimonio architettonico del Nepal (dal 1979 figura nel registro UNESCO). In passato venivano qui incoronati e legittimati i re della città; al tempio Swayambhunath incontriamo i buddisti, ma il Nepal è per 81% induista; il quartiere di Patan è ricco di pittoreschi templi induisti si intrecciano. È un antico sito religioso che risale al Quinto secolo d. C. Dall’insieme della struttura emerge lo Stupa, a causa della sua altezza; secondo la religione rappresenta il corpo del Bhudda, la sua parola e la sua mente, che mostrano il sentiero dell’illuminazione. I grandi occhi su tutti i lati della cupola – da qualsiasi angolazione hai l’impressione che ti guardino – simboleggiano la saggezza e la compassione. Da questo punto strategico si vede tutta la città di Kathmandu, nella quale ci addentriamo, nel luogo più significativo: la Dubar Square (dubar significa palazzo). Infatti in passato venivano qui incoronati e legittimati i re della città, dove avevano anche la loro residenza. Il cuore di questo vecchio quartiere è la piazza, dove si trova il più ricco patrimonio architettonico, nel 1979 iscritto nel registro UNESCO. Un edificio di mattoni rossi a tre piani, con le finestre raffinatamente intagliare, attira la nostra attenzione: è la dimora della Kumari Bahl, la fanciulla scelta come dea vivente della città. Qualche volta si fa vedere, il che non è stato il nostro caso perché «stava pranzando»! Il primo maggio continua la visita alla città di Kathmandu, nel quartiere di Patan, ricco di templi. Visitiamo quello di Bodhnath dove c’è lo Stupa più grande del mondo. Durante il tragitto ci imbattiamo in una vivace manifestazione per la Festa dei lavoratori. La giornata termina con un’escursione su Nagarkot, un promontorio a 2’175 m.s.l.m., con l’intenzione di ammirare la catena dell’Himalaya; tempo nuvoloso per cui, anche questa volta, l’azione fallisce. Lontani dalla città godiamo la tranquillità di uno stupendo paesaggio. Nel tardo pomeriggio ammiriamo un singolare tramonto fra le nuvole. Il 2 maggio da Kathmandu voliamo a Pokhara (a 827 m), la seconda città più importante del Nepal. Attorniata da laghi e montagne, la valle di Pokhara è una terra di straordinaria bellezza. Il primo impatto è meraviglioso: una gita in barca sul placido lago di Phewasee. Alfine di proteggere questa bellezza naturale, la circolazione nautica è permessa soltanto a remi. Mi sono sentito veramente nel mio ambiente (mi mancava soltanto la canna da pesca); tanta era la gioia di navigare in questo idillico lago, che Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Parte Generale Parte Generale 68 Foto in alto, Kathmandu: un Fokker della Buddha Air ha effettuato un volo d’aquila sull’Himalaya! Alla vista di questa lunga catena montuosa si rimane a bocca aperta Parco nazionale di Chitwan: a dorso di un elefante indiano è come navigare con mare in burrasca (!). Foto Nardina La visione di due rinoceronti indiani nel Parco, durante la nostra escursione a dorso di elefante Il tempio di Bodhnath a Kathmandu con lo “Stupa” più grande del mondo (monumento spirituale buddista). mi sono lasciato andare cantando alcune nostre arie popolari! Dalla mia camera d’albergo la mattina seguente intravedo finalmente fra le nuvole un po’ di Himalaya. Per quel giorno era programmata un’escursione in salita a Naudanda e Birethani, da dove avremmo ammirato tutta la valle di Pokhara, nonché il massiccio dell’Annapurna. Durante questo viaggio sembra che la sfortuna ci abbia perseguitato perché le salite a scopo panoramico, specialmente per ammirare l’Himalaya, sono sempre andate buche. Questa volta a causa di un ingorgo stradale: un grave scontro fra due torpedoni, talmente incastonati l’uno nell’altro che non riuscivano a separarsi. Siamo stati costretti a fare marcia indietro. Durante il ritorno, nel piccolo paese di Hyanja, ci imbattiamo in un matrimonio con gli indigeni che curiosavano attorno alla casa dello sposo. A mezzogiorno abbiamo pranzato in un luogo idillico; il Fish Tail Lodge, un ri- storante-albergo ubicato su una penisola del lago Fewa, il cui raggiungimento avviene per mezzo di una zattera con corda da traino. Un luogo di grande ricchezza botanica: fra gli altri ho fotografato la stella di Natale, l’ibisco, la dalia rossa e quella bianca, nonché alcuni insetti. La giornata si è conclusa con un’altra salita in montagna, questa volta egregiamente riuscita, quella di Sarangkot a 1’592 m con stupenda vista su tutta la valle di Pokhara e il suo meraviglioso lago. Lunedì 4 maggio intraprendiamo un viaggio in torpedone di 170km, il quale ci porta al clima tropico del famoso Parco nazionale reale di Chitwan. È il più antico del Nepal e copre un’area di 932 km2. Creato nel 1973, ricco di flora e fauna, nel 1984 è diventato Patrimonio dell’umanità. Ospita 43 specie di mammiferi, 450 di uccelli, 45 di anfibi e rettili. Elefanti e rinoceronti indiani sono la specie più presente nel parco. Naturalmente non poteva mancare un safari sul groppo dell’elefante indiano, che ci ha portato in lungo e in largo su un terreno disuguale, attraversando senza problemi anche zone d’acqua. Lungo il tragitto abbiamo visto le diversità vegetali ma non è che abbiamo potuto ammirare tanti animali. Tuttavia abbiamo visto da molto vicino due esemplari del famoso rinoceronte indiano; rispetto a quello africano ha un solo corno, che raggiunge la lunghezza di 30 cm. Sono dei bestioni di un paio di tonnellate, alti quasi due metri. Un animale di aspetto preistorico con una spessa pelle di colore bruno-argento. Il nostro viaggio sta per terminare. Il 5 maggio ritorniamo a Kathmandu in torpedone. Il giorno seguente non mi lascio sfuggire un volo panoramico sull’Himalaya, per mezzo di un Fokker ad elica della Buddha Air. Un’esperienza unica che ha appagato tutta la mia curiosità, facendomi dimenticare anche il prezzo di quell’avventura. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 69 Parte Generale Poesia 70 Dove il mio raggio di sole s‘incontrerà col tuo, contemplerò le meraviglie che incantano i tuoi occhi, ascolterò i sospiri che tu confidi al mare, l‘intero calice berrò delle lacrime versate, respirerò come un neonato i tuoi sorrisi in fiore, e sarà vita, integralmente, ogni presente sempre. Andrea Paganini Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 71 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 La dignità nella povertà Intervista raccolta da Lara Boninchi Lopes Servizio fotografico di Lisa Crameri 72 ritornare a casa con una nuova esperienza che ci accompagnerà per tutta la vita. È il caso della giovane Lorena GodenziCrameri di San Carlo che con la sorella Lisa e il padre Dario da pochi mesi ha fatto ritorno in valle dopo aver trascorso un periodo di soggiorno in territorio keniano nelle missioni del luogo che accolgono per la maggior parte bambini che necessitano di aiuto. Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo L’estate si sa è tempo di vacanze, di nuove esperienze e perché no, un’opportunità per organizzare un viaggio, ci sono giovani che in questo ci mettono entusiasmo e non sempre l’obbiettivo è quello del solo e puro divertimento, ci sono trasferte all’estero più che arricchenti soprattutto dal lato umano per scoprire altre realtà sconosciute alla nostra quotidianità e 73 Le vie strette che attraversano le baracche tra miseria e povertà Scorcio su “Plaza da Cumün” Foto Lara Boninchi Lopes Come mai la scelta di un viaggio in Kenia, nella periferia di Nairobi e in seguito a Tuuru nelle missioni che accolgono bambini bisognosi? Nella missione in periferia di Nairobi e in quella di Tuuru, poco lontana, già intorno agli anni settanta si erano trasferiti degli zii che avevano assolto il sacerdozio presso il Cottolengo a Torino nella regione piemontese. Mi riferisco ai fratelli don Giusto e don Fiorenzo Crameri, originari poschiavini che, hanno raggiunto queste zone di povertà e miseria per fondare le loro missioni e tuttora vivono laggiù. Don Giusto con l’aiuto delle suore sia del Cottolengo che del posto, ha dato vita ad una missione a Tuuru, raggiunto dal fratello don Fiorenzo, sempre con le stesse modalità, verso gli anni novanta hanno fondato una seconda struttura d’accoglienza nella periferia di Nairobi. In terre lontane, spesso segnate dalla miseria e dalla povertà, non mancano certo le occasioni per aiutare il prossimo, quali sono le persone che vengono accolte e seguite in queste case d’accoglienza? Nella missione vicino a Nairobi vengono accolti bambini piccoli e più grandicelli affetti dal virus dell’Aids, in questa struttura hanno la possibilità di frequentare regolarmente la scuola e di essere seguiti con una terapia specifica. Magari ci possiamo soffermare su questo centro e in un secondo momento parlare di quello di Tuuru. D’accordo, questi bambini che vengono accolti nella struttura sono orfani oppure Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 74 Un’immagine del dormitorio nella struttura: ogni lettino è provvisto di zanzariera hanno i loro genitori, com’è la realtà familiare in queste zone? Alcuni bambini sono orfani, mentre altri hanno i genitori, anche se non sempre è facile risalire alla loro identità, a volte si conosce uno zio, un parente. Ci sono anche situazioni nelle quali i genitori non si interessano dei figli e delegano il compito dell’educazione alla missione, probabilmente sapendo che questa per i loro figli, in situazioni disagiate, è una buona opportunità. Ci sono anche bambini che si trovano nel centro solo per essere curati e frequentano la scuola, ma in questo caso esterna alla struttura. Settantacinque bambini tra grandi e piccoli sono attualmente ospitati nella missione di Nairobi. Mi posso immaginare che la vita fuori dal centro sia precaria, come vive la gente del posto? La gente vive in semplici baracche, costruite con legni, fango oppure lamiere, si sostiene con i prodotti dell’agricoltura provenienti dai propri appezzamenti di terra. Le donne sono incaricate in genere per reperire l’acqua e quindi sono loro che portano i pesi, recandosi presso i punti di distribuzione. Ci sono anche contenitori che vengono lasciati sul posto e grazie all’acqua piovana, la popolazione locale può fare rifornimento. Vendere i propri prodotti provenienti dalle coltivazioni dei campi al mercato è una soluzione che contribuisce alla microeconomia. Come sono gestiti i fine settimana in missione, visto che la scuola durante il weekend è chiusa? Durante il sabato e la domenica tutti danno una mano a sistemare gli spazi della missione, per esempio ognuno è responsabile dei propri abiti, quindi nel fine settimana si lavano e si sistemano al loro posto oppure si pensa allo studio. Le cure per combattere il virus dell’Aids, è risaputo, sono costose, anche se ultimamente sembra ci siano degli sforzi per fornire il medicamento a prezzi più bassi da parte dei paesi più ricchi a quelli in via di sviluppo, è possibile curare tutti quelli che ne hanno bisogno? Tutti i bambini hanno il diritto di essere curati e quindi vengono accolti, chi non si può permettere le cure viene ospitato ugualmente, chi invece dispone di una situazione finanziaria migliore aiuta con un piccolo contributo alle spese. Le missioni sono inoltre sostenute finanziariamente dal Cottolengo di Torino e naturalmente da offerte private, entrambe le missioni adottano questo sistema. 75 Nel parco giochi i più piccoli trascorrono il loro tempo libero Missione di Tuuru: colpisce il sorriso spontaneo e disarmante (foto a destra) Chi si occupa dei bambini nel centro in periferia di Nairobi e in quello di Tuuru? Di regola sono le suore e i volontari che raggiungono la zona ad occuparsi degli ospiti: dall’alimentazione alle terapie con i medicamenti, dall’istruzione all’igiene personale, sono tutti compiti che investono molta energia e tempo, ma estremamente necessari per la sopravvivenza di queste generazioni. Cucinare per così tanti bambini non è sempre facile e l’alimentazione è fondamentale, soprattutto per i bambini che devono assumere dei medicamenti consistenti come quelli prescritti per la cura dell’Aids, un corpo forte e resistente è indispensabile, basta un raffreddore per complicare le cose e mettere in pericolo la vita! Per quel che riguarda l’amministrazione compete a don Giusto, è lui che si occupa della gestione del centro. Quali sono le persone che fanno capo alla missione di Tuuru? In questo luogo è attivo don Fiorenzo e in questa casa vengono accolti bambini disabili e affetti da malattie mentali, nella maggior parte dei casi restano per tutta la vita, quindi convivono piccoli con adulti. Nel caso di bambini portatori di handicap o diversamente abili è possibile offrire delle terapie adeguate? Certamente, nella missione ci si impegna affinché ci siano delle terapie, ci vogliono grandi sforzi e parecchio tempo per avere dei risultati, ma ci sono casi nei quali si riescono a fare delle notevoli conquiste. La scolarizzazione permette di avere un futuro e di operare delle scelte consapevoli e responsabili, a Tuuru c’è una scuola che appartiene a questa missione? Don Fiorenzo ha una scuola esterna alla missione che conta ben mille allievi senza particolari problemi di salute. Dalle regioni discoste provengono circa cinquecento Almanacco del Grigioni Italiano 2011 76 Quando si hanno così tanti allievi le regole sono di primaria importanza per una buona convivenza, tutti le rispettano? Normalmente sì, se ci sono casi estremamente difficili da gestire vengono avvisati più volte, se non subentrano miglioramenti, vengono allontanati dalla scuola. Come occupano il tempo libero? Giocando nel piccolo parco giochi adiacente alla missione, non hanno molte pretese, si accontentano di poco, si divertono a giocare anche con i vecchi pneumatici delle automobili. Basta nulla per renderli felici, quello che noi diamo per scontato. Si dice che quando si fa ritorno da un viaggio all’estero, l’esperienza in qualche modo ci cambi, cosa è dunque cambiato nel tuo atteggiamento verso la vita? In Kenia vivono un’altra realtà, completamente lontana dalla nostra, ho visto bambini essere felici con poco, per uno shampoo per lavarsi i capelli. Sicuramente ho imparato ad apprezzare meglio le piccole cose, quelle che noi nella maggior parte dei casi diamo per certe. Questa tua esperienza forse invoglierà qualcun altro a partire prossimamente in queste terre per fare del volontariato, ciò è possibile? I volontari sono tutti benvenuti, per motivi ovvi è preferibile restare là per alcuni mesi e riuscire così ad avere il tempo necessario per integrarsi nel nuovo ambiente, se si hanno delle conoscenze in campo sociale ancora meglio. La Linea del Bernina ha festeggiato 100 anni Antonio Platz Servizio fotografico a cura dell’autore Tre giorni indimenticabili, quelli organizzati in Valposchiavo dalla Ferrovia retica per celebrare il centenario dalla messa in funzione della linea ferroviaria del Bernina. Introdotti dall’assemblea degli azionisti nel pomeriggio di venerdì 18 giugno 2010, sono poi proseguiti a Brusio in serata con l’inaugurazione del labirinto celebrativo che ha visto protagonisti la Presidente della Confederazione Doris Leuthard, il Viceministro del Governo italiano Roberto Castelli, il Consigliere di Stato Grigioni Stefan Engler, il Ministro Regionale della Lombardia Raffaele Cattaneo e il Direttore della Retica Erwin Rutishauser. Celebrazioni che hanno raggiunto l’apice nella giornata di sabato 19 giugno 2010, quando l’intera popolazione della Valle ha presenziato in maniera massiccia alla festa popolare conclusasi con la sfilata delle locomotive e dei vagoni che ancora circolano sulla tratta del Bernina e gli immancabili fuochi d’artificio. Molteplici le manifestazioni di corollario proposte durante la tre giorni «rosso trenino», a dimostrazione del reciproco rispetto che, da 100 anni a questa parte, caratterizza i rapporti tra Ferrovia retica e Valposchiavo. Un treno d’indimenticabili emozioni ha investito la Valposchiavo! Lorena in compagnia di un ospite della missione Ideata e realizzata per ridurre le distanze tra la Valposchiavo e il resto della Svizzera, la tratta ferroviaria del Bernina è ormai diventata una delle attrazioni trainanti dell’offerta turistica elvetica. Conosciuta in tutto il mondo per la bellezza del paesaggio che lentamente scorre davanti agli occhi dei passeggeri, è un’opera ingegneristica d’incommensurabile valore. I primi progetti per realizzare una linea ferroviaria risalgono a fine Ottocento e, come riportato nell’edizione del 1912 della rivista Schweiz Bauzeitung, la spinta iniziale fu dettata da necessità commerciali: «Le vivaci relazioni amichevoli e commerciali tra i Grigioni e la Valtellina invocavano un metodo di trasporto più rapido e moderno lungo il passo del Bernina...». La spinta decisiva che convinse gli investitori privati a trasformare i progetti in realtà arrivò dalla creazione delle Forze Motrici Brusio e dalla realizzazione delle centrali idroelettriche sul territorio valposchiavino. Nella concessione per lo sfruttamento delle acque infatti s’inserì la condizione «di fornire l’energia elettrica a condizioni convenienti per il funzionamento della ferrovia del Bernina». Iniziarono così i primi lavori e già nel 1908 vennero inaugurate le tratte Poschiavo-Tirano e Pontresina-Morteratsch. Grazie all’abilità e alle profonde conoscenze professionali in materia di costruzione dimostrate dagli operai, il 5 luglio 1910 il primo convoglio transita lungo la linea del Bernina. Il sudore, le forze, la caparbietà, i sacrifici, le imprecazioni, le ansie, le paure e purtroppo anche il sangue versato dai molti lavoratori che hanno reso possibile la realizzazione di questa mastodontica opera si trasformano in grida di giubilo, ammirazione, stupore e soprattutto soddisfazione. Coscienti di aver partecipato a scrivere la storia della Valposchiavo, in pochi, quasi sicuramente, avrebbero mai immaginato che a meno di cento anni di distanza il frutto della loro dimestichezza manuale sarebbe stato riconosciuto patrimonio mondiale dell’umanità dall’UNESCO. 100 anni dopo... Impossibile descrivere a parole le emozioni e la partecipazione che i festeggiamenti per il centenario della tratta ferroviaria del Bernina hanno risvegliato nella popolazione della Valposchiavo e tra i numerosi amanti delle elettrovie accorsi da ogni angolo del globo. Quella andata in scena il 18, 19 e 20 luglio 2010 è stata una festa da vivere in prima Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo bambini, altri cinquecento-seicento risiedono nelle baracche vicine. Nella scuola si trovano una scuola dell’infanzia, otto sezioni di classe elementare e quattro di superiori. 77 persona e pertanto nessun aggettivo riuscirà mai a rendergli onore. Un successo che solo marginalmente va attribuito agli innumerevoli ospiti accorsi in Valle per l’occasione o alle tante attrazioni nostrane o meno organizzate appositamente per l’evento, bensì fondamentale è stato lo spirito celebrativo e di gratitudine tributato a chi questa ferrovia l’ha costruita e poi resa tanto celebre, nonché quel pizzico di più che giustificato orgoglio che serpeggiava tra la popolazione intera. Assemblea degli azionisti della Ferrovia retica La tre giorni rosso trenino è stata introdotta dall’assemblea generale degli azionisti della Ferrovia retica che si è tenuta venerdì pomeriggio, 18 luglio 2010, presso le palestre delle scuole di Santa Maria. Assemblea che non ha riservato particolari sorprese degne di nota, se non i tanti complimenti espressi – a volte addirittura con parole rotte dalle lacrime e da un nodo alla gola – dagli investitori. Segno indiscutibile, quest’ultimo, che l’essere azionista della nostra ferrovia non è certamente solo una speculazione finanziaria, bensì motivo di orgoglio. Puntuale il discor- La Presidente della Confederazione Doris Leuthard (al centro) aiutata dal Viceministro del Governo italia‑ no Roberto Castelli, dal Consigliere regionale della Lombardia Raffaele Cattaneo, dal Consigliere di Stato Grigioni Stefan Engler e dal direttore della Ferrovia retica Erwin Ruthishauser dà ufficialmente inizio ai festeggiamenti col taglio del nastro so di benvenuto tenuto dal Podestà di Poschiavo, Tino Zanetti, che ha sì sottolineato l’importanza nel passato della linea del Bernina per la Valposchiavo, ma si è particolarmente soffermato sull’assoluta necessità di mantenere integro anche in futuro il binomio tra territorio e Ferrovia retica. A margine dei lavori vi è poi stata la proiezione del filmato Fatiche al Bernina, realizzato da Ruedi Bruderer, pellicola che è parte integrale in formato digitale del volume curato da Andrea Tognina per la Società Storica Val Poschiavo dedicato ai sacrifici compiuti dagli operai che, giorno dopo giorno, hanno reso possibile la costruzione di questo piccolo gioiello architettonico. L’Onorevole Doris Leuthard ha realmente gradito il regalo consegnatole a nome dei cittadini di Brusio dal loro Presidente Pietro Cathieni Express! Questo piacevole aumento è riconducibile da un lato all’efficiente assistenza ai clienti in Italia e in Svizzera. Dall’altro lato l’inserimento della linea del Bernina, insieme a quella dell’Albula, nell’elenco del Patrimonio mondiale UNESCO nel 2008 ha influito senz’altro sulla frequenza dei passeggeri.» Hans-Jürg Spillmann, dal canto suo, si è brevemente soffermato sul carattere internazionale della tratta e quindi ha citato alcune delle pietre miliari che hanno contraddistinto i 100 anni della Bernina: «Se oggi abbiamo l’opportunità di festeggiare qui, al viadotto elicoidale di Brusio, il centenario della linea del Bernina dobbiamo dire grazie, in parte, agli abitanti di Brusio che, non riuscendo a trovare un accordo sul percorso della linea, decisero alla fine che la stazione dovesse trovarsi al di sopra del paese. Ciò costrinse la società ferroviaria a far passare i binari attraverso una vasta pietraia che venne superata, appunto, grazie alla costruzione dell’ormai celebre viadotto elicoidale di Brusio. In parte, però – o, forse, soprattutto – dobbiamo essere grati anche all’ardire e allo spirito visionario dei pionieri della ferrovia, che non si sono limitati a escogitare una soluzione tecnicamente valida per il superamento della pendenza, bensì hanno dato vita a una vera e propria opera d’arte, incastonata nel paesaggio circostante come una pietra preziosa nell’oro, e che, non a caso, vanta da cent’anni a questa parte schiere di ammiratori. Quasi che gli ingegneri, ancora non paghi a dispetto delle infinite attrattive che la linea del Bernina offriva lungo il proprio percorso, avessero voluto regalare al viaggiatore (e all’automobilista) un ultimo motivo di ammirato stupore subito prima dell’arrivo a Tirano.» Condotti per mano dal poliglotta cabarettista Flurin Caviezel si è giunti al momento dell’inaugurazione ufficiale del Labirinto del Bernina, opera temporanea che ha riscontrato grande successo di pubblico e di critica. A tagliare il nastro, e a doversi districare tra le numerose vie lastricate da indicazioni sulla storia della tratta, la Presidente della Confe- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 78 La Presidente della Confederazione Doris Leuthard ospite d’onore della cerimonia inaugurale ufficiale Venerdì sera, all’ombra delle arcate del viadotto elicoidale di Brusio, si è tenuta la cerimonia inaugurale svoltasi all’insegna dell’ufficialità e degli ospiti d’onore. L’onore e l’onere d’introdurre la serata è toccata ai vertici della Ferrovia retica coi discorsi celebrativi tenuti da parte del Direttore della Ferrovia retica Erwin Rutishauser e del Presidente del CdA Hans-Jürg Spillmann. Il primo, vistosamente emozionato, ha salutato e ringraziato i numerosi ospiti per la loro presenza e si è così espresso sul crescente successo fatto riscontrare dalla linea del Bernina: «Negli ultimi due anni su questa linea è stato registrato l’aumento più elevato di passeggeri della storia. Lo scorso anno abbiamo avuto il piacere di accogliere oltre un milione di persone tra St. Moritz e Tirano, di cui circa 300’000 sul leggendario Bernina 79 derazione Doris Leuthard e il Viceministro del Governo italiano Roberto Castelli, accompagnati da numerose autorità pubbliche e private dei due stati confinanti. A seguire la cena di gala nella tensostruttura adiacente il viadotto, che è stato testimone principale del caloroso discorso della nostra Presidente: «Rimango sempre stupita dai risultati che vengono raggiunti quando a delle idee valide si aggiungono entusiasmo e forza di volontà. La linea del Bernina, entrata in funzione cento anni fa, ne è un ottimo esempio. Allora vi sono stati dei pionieri che hanno saputo agire con grande coraggio, responsabilità e determinazione; di ciò dobbiamo essere loro grati anche oggi. Gli animali da soma e le diligenze postali sono state sostituite da una ferrovia: d’un tratto viaggiare in montagna è diventato più semplice, i tragitti più rapidi e sicuri.» Alle parole dell’onorevole Doris Leuthard hanno fatto eco quelle del Viceministro dei trasporti italiano Roberto Castelli: «Sarebbe da ipocriti paragonare le nostre strade ferrate con le vostre, men che meno la Bernina con la Tirano-Milano. Ciò non toglie che anche in Italia ci stiamo muovendo per migliorare i collegamenti ferroviari. Penso in particolar modo alla Freccia Rossa che collega Milano Il sorriso della Presidente Leuthard durante l’allocuzione ufficiale a Napoli e alla meno conosciuta ma altrettanto moderna Freccia Argento che copre la tratta tra il capoluogo lombardo e Lecce. Per quanto riguarda i collegamenti da Tirano verso il resto d’Italia, ovvero quelli che maggiormente vi interessano da vicino, siamo in procinto di rinnovare il materiale rotabile. Al momento in fase di discussione pure tre grandi opere che potrebbero avere ricadute importanti anche per la Ferrovia retica. Stiamo analizzando la possibilità di creare un traforo ferroviario sotto il Mortirolo che colleghi Tirano a Edolo, un metrò leggero sempre tra Tirano e Aprica e infine il traforo che congiungerebbe Chiavenna alla Mesolcina.» Festa popolare La giornata di sabato si è aperta con l’ultima parte ufficiale dei festeggiamenti, durante la quale è stato presentato Bernina Mondo – un parco a trazione eolica realizzato sui pascoli che congiungono la stazione di Ospizio Bernina alla strada cantonale dell’omonimo passo –, inaugurata ufficialmente Ark Sound, un’opera galleggiante dell’artista Daniele Ligari posata sulle acque del Lago Bianco e per concludere vi è stato il passaggio del Il Viceministro Roberto Castelli prima del suo discorso si è intrattenuto col cabarettista grigionese Flurin Caviezel di Brusio. Ad inaugurare questa particolare serata il membro della Direzione Silvio Briccola e il Direttore della Ferrovia retica Erwin Rutishauser, che hanno scoperto e offerto a tutti i presenti la torta del Centenario. La serata è poi continuata con la piacevole esibizione canora del coro delle voci bianche diretto da Manuela Tuena, che si è poi esibita in cinque classici del suo repertorio musicale strappando ampio consenso tra il pubblico. Apprezzata anche la sfilata di moda che ha visto giovani ragazze della Scuola professionale artigianale della Provincia di Sondrio presentare i propri lavori di sartoria realizzati utilizzando stoffe prodotte dalla Tessitura di Valposchiavo. A far salire ulteriormente l’adrenalina, particolarmente fra i tanti fotografi e cineamatori che affollavano le volte del viadotto, ci ha poi pensato la sfilata delle locomotive e dei vagoni che circolano sulla tratta del Bernina. A seguire, la discesa delle pietre miliari – ovvero dei grossi palloni rossi che simboleggiavano le tappe principali della storia della linea del Bernina – lungo la curva del viadotto e per concludere uno spettacolo pirotecnico degno dell’importanza della manifestazione. Bernina Mondo – allo spartiacque del Bernina non c’è tempo che tenga quando si tratta di regalarvi un mondo di emozioni Un cenno particolare fra le tante offerte descritte sopra è da riservare all’installazione Bernina Mondo, che non va considerata uno dei tanti eventi organizzati in occasione del centenario della linea del Bernina. «È la nascita di un mondo intero di emozioni – così si è espresso durante l’atto inaugurale Erwin Rutishauser, direttore della Ferrovia retica –, un parco attrazioni sui generis cui abbiamo dato vita, in Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 80 testimone da parte del Comune di Poschiavo al Comune di Pontresina, località dove a settembre è andato in scena, l’ultimo atto dei festeggiamenti. In contemporanea a Poschiavo e a Brusio veniva inaugurata la festa popolare che ha caratterizzato le giornate di sabato e domenica. A Brusio troneggiavano sotto le arcate del viadotto, oltre al già citato labirinto celebrativo, le bancarelle di un mercatino tipico e, a poca distanza, un parco riservato al divertimento per i più piccini. A Poschiavo l’area circostante la stazione è stata trasformata in un grande ritrovo per gli amanti della ferrovia, che hanno potuto godersi la due giorni osservando l’esposizione del materiale rotabile in dotazione alla Ferrovia retica, divertirsi guidando il trenino rosso al simulatore e ammirando la vasta esposizione di trenini da collezione rigorosamente in scala allestita all’interno del deposito. Nel tardo pomeriggio la festa popolare è entrata nel vivo con la cerimonia organizzata nei capannoni adiacenti il viadotto elicoidale 81 82 1 Ogni mattina, prima che i treni potessero partire, la tratta veniva controllata a bordo di questa particolare bicicletta (foto in alto) 2 Durante le giornate di sabato e domenica, grandi e piccini hanno potuto provare a guidare il trenino rosso... ma solo al simulatore (foto a destra) 3 Il labirinto creato all’interno del viadotto elicoidale di Brusio visto dal finestrino della cabina di guida dello “Stambecco”, la locomotrice Gem 4/4 a doppia alimentazione elettrica e diesel (foto in basso a sinistra) 4 Durante la sfilata di moda hanno suscitato particolare stupore gli abiti “rosso trenino” realizzati con stoffe prodotte dalla “Tessitura di Valposchiavo” (foto in basso a destra) 1 A volte basta poco per divertirsi... (foto in alto) 2 Trenini che passione! (foto in basso) Il Passo del Bernina, dove nel 19º secolo ancora arrancavano i Säumer – metà trasportatori e metà contrabbandieri – con i muli carichi di merci dall’Engadina alla Valposchiavo, si può oggi attraversare in tutta comodità a bordo dei treni ultramoderni della Ferrovia Retica. Quello che per i passeggeri è un viaggio di piacere, però, per gli addetti della ferrovia è un impegno enorme, perché non è facile mantenere attiva tutto l’anno la più alta trasversale alpina d’Europa. Per questo motivo è stata allestita, direttamente sulla banchina della stazione di Ospizio, una mostra fotografica che illustra il duro lavoro dei ferrovieri ai tempi in cui la linea era ancora agli albori. Da Ospizio un percorso a piedi conduce a una terrazza panoramica dove una speciale stazione riproduce le condizioni climatiche e di vento cui è esposto il tetto d’Europa. Le maniche a vento biancorosse e le tavole informative disseminate lungo il percorso aiutano, rispettivamente, a percepire concretamente la forza del vento e a comprendere le condizioni climatiche nella zona dello spartiacque. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo collaborazione con enti turistici e autorità comunali, allo scopo di rendere ancora più accattivante una regione che ha già molto da offrire. Dall’infopoint sulla tratta FR patrimonio mondiale UNESCO al percorso climatico-sensoriale, dalla terrazza panoramica con la stazione d’analisi delle condizioni climatiche e di vento alla mostra fotografica su quell’avventura da pionieri della ferrovia che è stata la costruzione della linea del Bernina. Bernina Mondo è un concentrato di stimoli ed emozioni dedicato a tutti coloro che vogliono vivere ancora più da vicino l’esperienza della Ferrovia Retica nel paesaggio culturale Albula/Bernina, che si fregia del titolo di patrimonio mondiale UNESCO.» 83 84 La nuova locomotiva “Allegra” transita ai piedi del Viadotto elicoidale di Brusio mentre la ABe 4/4 III celebrativa la osserva dall’alto! Dalla terrazza panoramica fra la stazione di Ospizio e la strada di passo del Bernina lo sguardo spazia lontano sulle immagini del Lago Bianco e la mente lo accompagna sull’installazione sonora di ARK SOUND. Il corpo galleggiante che la ospita è ancorato nell’insenatura all’altezza della stazione Proposte alternative Molte le proposte alternative offerte da diversi enti e singoli cittadini. Oltre alle tante proposte estive che si rinnovano annualmente – il Giardino dei Ghiacciai di Cavaglia oppure le visite guidate al borgo di Brusio e Poschiavo, per citare due esempi – molte anche le attività proposte appositamente per l’evento. A Campocologno spiccava la mostra di foto antiche dedicata al trenino, mentre a Brusio, presso il museo Casa Besta, si potevano ammirare filmati d’epoca dedicati alla ferrovia. A Poschiavo gli amanti della filatelia hanno potuto ammirare la mostra dedicata al mondo dei treni impressi su francobolli e cartoline realizzata presso la Galleria della Pro Grigioni Italiano dal Circolo Filatelico Valposchiavo, mentre gli amanti dell’arte hanno sicuramente trovato di che soddisfare la propria passione presso gli spazi del Museo Casa Console. Chi invece desiderava conoscere la storia della Ferrovia nel contesto della Valposchiavo poteva visitare la retrospettiva storica dal titolo L’ora dei pionieri realizzata presso gli spazi del Museo Poschiavino. Per restare ancora ancorati al passato, il Mulino Aino offriva la possibilità di fare un’escursione in carrozza trainata da cavalli e ricordare gli sconfitti dell’arrivo della ferrovia: i cocchieri. Teatro al lago Spettacolo itinerante sulle rive del lago di Poschiavo Remo Tosio Servizio fotografico a cura dell’autore Organizzato dalla Sezione Valposchiavo della Pro Grigioni Italiano, durante l’estate 2009 ha avuto luogo la rappresentazione Teatro al lago. Uno spettacolo lungo le rive del lago di Poschiavo (Le Prese) basato su avvenimenti contenuti nell’opera narrativa di Massimo Lardi, Racconti del prestino - Uomini, bestie e fantasmi. La manifestazione ha avuto uno strepitoso successo, per cui ha dovuto essere ripetuta varie volte. Gli spettatori si spostavano tramite bicicletta oppure su un comodo e nostalgico calesse. Una rappresentazione geniale e unica, alla quale hanno partecipato numerosi attori. La regia era affidata a Valerio Maffioletti e Gigliola Amonini. Racconterò qui brevemente i passaggi più significativi del teatro. Teatro al lago: farsi portare lungo le rive del lago su un nostalgico calesse è una vera goduria! Partenza dal grande parcheggio di Le Prese e raggiungimento della frazione Cantone tramite bicicletta o calesse. Già il tragitto stesso è una vera goduria, grazie ad una giornata asciutta e alle volte solatia. La prima scena si svolge nel prato antistante il paesello di Cantone. Ad un albero sono appesi dei calzari. Sopraggiunge un gruppo di contadini che staccano le scarpe e se le calzano. È questo un simbolo-metafora della vita dell’emigrazione poschiavina; a qualcuno arriderà la fortuna mentre ad altri riserverà amarezze e tribolazioni. Segue l’episodio del pastore protestante Il professore filantropo, Giovanni Luzzi, che affida al calzolaio Palmino la riparazione di un paio di scarpe da signora. Ma Palmino ha trattato quei delicati calzari come se fossero degli scarponi, per cui il professore li porta in canonica dal collega cattolico con l’intenzione di donarli ad una contadina bisognosa. La società di tiro di Le Prese era stata istituita, ma mancava il marcatore dei punti perché avevano tutti paura; «Allora il maestro Luigi trovò la soluzione. Con la sua autorità designò Pierin Menèt. Lo vestì con i panni rossi della Confraternita del Carmelo e gli mise in mano il bandierone svizzero attaccato a un’asta lunga tre metri. Così vestito e con quella bandiera, i tiratori potevano seguire ogni suo movimento riducendo al massimo il pericolo di sparare su di lui». La storia dell’imbianchino sbornia Smitìn gira attorno ad un baule di legno chiuso con un lucchetto che nonna Celesta teneva in cucina sotto la panca, aspettando che gli eredi di Smitìn venissero a ritirarlo. Avendo sentito Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo di Ospizio Bernina, a nord del lago verso Pontresina. I viaggiatori hanno modo, così, di aggirare a bordo del treno l’oggetto, sullo sfondo di uno dei paesaggi più belli che le Alpi hanno da offrire – con l’aggiunta di un suggestivo gioco d’acqua cromatico, bianco per il Lago Bianco e nero per il Lej Nair – dove l’acqua che scende dai fianchi della montagna si divide idillicamente fra Adriatico a sud e Mar Nero a nord. 85 86 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo La società di tiro di Le Prese: Pierin Menèt (Mario Rossi) addetto marcatore Cantone: gli spettatori in attesa del primo episodio dello spettacolo teatrale al lago tutte le storie interessanti che giravano attorno a questo personaggio, famoso per le sue battute e le ubriacature, i ragazzi si incuriosirono al punto tale che ruppero il lucchetto e vi trovarono «un piccolo telescopio, un atlante celeste, un libretto della Banca Cantonale con pochi centesimi di risparmio e il testamento di una povera zia, che limitava il suo diritto di eredità alla porzione legittima, perché beveva». La fecondazione artificiale ai suoi esordi fu ritenuta da molti contadini una mostruosità. Due sorelle nubili e anziane non ne volevano sapere di quella porcheria, per cui le loro due mucche per un po’ rimasero senza fecondazione e di conseguenza senza latte. A rassicurarle intervenne il parroco; le due sorelle si rassegnarono alla necessità della fecondazione artificiale. In una stalla-fienile al Cantone sono raccolte alcune donne che raccontano l’affascinante avvenimento de Il miracolo. Il miracolato era il bambino Pio di Viano. Finito il foraggio durante il mese di marzo la famiglia portava le bestie sul maggengo di Irola, a una sola mezz’ora di salita. Era possibile quindi governare il bestiame andandoci la mattina e tornando la sera. Quella volta la salita era difficoltosa a causa della neve e della bufera. Per cui i figli più piccoli dovettero rimanere a casa da una vecchia zia. Appena la zia si appisolò, Pio sgattaiolò via verso Irola ma fu L’accompagnamento musicale era affidato al Gruppo Armony di Marco Fighera Al Cantone sopraggiunge un gruppo di contadini che vanno … sotto un albero dove sono appese delle scarpe. Un simbolo-metafora dell’emigrazione colto dalla bufera e perdette l’orientamento. Lo trovarono soltanto tre giorni dopo, miracolosamente vivo. Per questo fatto lo soprannominarono il Miracolato. In Democrazia diretta si racconta l’episodio della nomina del nuovo maestro, avvenuta dopo la processione della Madonna del Carmelo a Le Prese. L’amministratore scolastico, che poi era il panettiere, indisse il sindacato nell’aula scolastica. Ciascuno dei due candidati era sostenuto in modo euforico dai rispettivi parenti. L’inaspettato grattacapo per l’amministratore avvenne dal fatto che ad elezione ultimata c’era parità, 31 voti a ciascuno dei candidati. Quindi, come si usava fare in simili casi, la scelta definitiva era competenza dell’amministratore. Nacque una rissa che degenerò in un pestaggio generale. La parte perdente fece ricorso al Consiglio scolastico, il quale scaricò il barile al Consiglio comunale. Il podestà sentenziò che fosse la sorte a decidere la nomina; il sorteggio confermò l’eletto in precedenza. Ma qualche sera più tardi il nuovo maestro fu trovato sanguinante e tramortito di botte. Scappò dal paese e andò ad insegnare a Mesocco. I francesi in Valle: rendendosi conto che qualsiasi resistenza avrebbe solo aggravato la situazione, si optò di scendere a patti con gli invasori. Prima che arrivassero in Valle, il 13 marzo 1799, molti si rifugiarono sui monti. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 87 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo La fecondazione artificiale: il prete (Mario Rossi) e le sorelle (Elena Badilatti e Francesca Luminati) 88 Smitìn (Gianni Zanolari) l’imbianchino ubriacone famoso per le sue battute Il professore filantropo (Nando Nussio): le eleganti scarpe da donna risuolate a scarponi Le truppe francesi si diedero al saccheggio, spaccando porte e portando via tutto quello che trovavano, perfino il fieno e la legna. Sulla riva del lago due donne, un’altalena e un mazzo di rose, stanno raccontando la triste storia de La corna da Talurin. «Quella sera, prima dell’imbrunire, la gente di Cantone non vide passare come al solito il vecchio Talurin, non lo vide costeggiare la Coda e spingersi avanti fino alla roccia a picco sul lago, ora perforata dalla prima galleria, per rimanere con il pensiero rivolto al figlio perso tanti anni prima. […] Non vedendolo passare la gente si mise in ascolto. All’imbrunire sentì i rintocchi della campana a morto della curazia di Prada. Capì che finalmente le preghiere do poi si accorsero che la barca faceva acqua ci scherzarono sopra per far impaurire le ragazze. «Il legno improvvisamente si riempì d’acqua e si rovesciò scomparendo fra le onde sollevate dal vento. La folla vide quei giovani in un solo grappolo sprofondare nei flutti, e il natante ricomparire capovolto poco più in là». Accorsero delle barche che ripescarono una ragazza e due ragazzi aggrappati al legno. Degli altri cinque nessuna traccia. Quattro riaffiorarono nel pomeriggio del giorno seguente, mentre il quinto non fu mai trovato. A sottolineare l’evento una barca sotto il balcone dell’Hotel con Manuela Tuena che cantava l’Ave Maria di Schubert. del vecchio erano state esaudite e che aveva raggiunto il figlio in un mondo migliore». Tragedia sul lago: la scena teatrale avviene sulla balconata dell’Hotel Le Prese, è il triste racconto di un avvenimento avvenuto il 14 luglio 1895. Era la domenica in cui ricorreva la festa della Madonna del Carmelo. Una giornata estiva senza nuvole che richiamò una moltitudine di gente proveniente dalla Villa. Un gruppo di giovanotti baldanzosi si impossessarono di un barcone – capovolto lungo la riva con i rispettivi remi – invitando alcune amiche a salirvi. Ignari del fatto che prima di poterla usare una barca di legno deve ammollare almeno una quindicina di giorni, si allontanarono dalla riva. Quan- Il miracolo: le donne riunite in stalla raccontano la storia di Pio “il Miracolato” Almanacco del Grigioni Italiano 2011 89 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 90 Democrazia diretta: dopo la processione della Madonna del Carmelo (prete: Mario Rossi)… L’idea di rappresentare teatralmente alcuni Racconti del prestino di Massimo Lardi è stata veramente geniale. Mi sono molto divertito e ho apprezzato l’impegno dei numerosi attori (fra grandi e piccoli erano ben 24). L’accompagnamento musicale era affidato al Gruppo Armony di Marco Fighera. Il filo narrativo del percorso veniva sostenuto da due conduttrici: Sabina Paganini e Annabella Lardelli. Determinante è stato il lavoro della regia con Gigliola Amonini e Valerio Maffioletti. …si elegge il nuovo maestro. Da sinistra: Hans Jörg Bannwart, Nando Nussio e Franco Vassella Da questa parte signore e signori: Sabina Paganini, una delle due conduttrici Tragedia sul lago: nel 1895 persero la vita cinque giovani durante un’uscita in barca. Il ricordo della tragedia viene sottolineato con l’Ave Maria di Schubert, cantata da Manuela Tuena Da sinistra: Valerio Maffioletti, Massimo Lardi e Gigliola Amonini I francesi in Valle: la gente si rifugia sui monti per sfuggire alla furia delle truppe francesi Almanacco del Grigioni Italiano 2011 91 Qui la Valposchiavo Gian Casper Bott Foto: Federico Pollini 92 Dopo quasi due anni di intensa e meticolosa attività, domenica 6 giugno 2010 è stato ufficialmente inaugurato il restauro dell’oratorio e ossario Sant’Anna a Poschiavo. Una cappella del Settecento – fatta costruire dalla Confraternita del Santissimo Sacramento – ritornata ai nativi splendori. Il restauro artistico è stato affidato a Ivano Rampa, che ha operato con acutezza e dedizione. La Comunità parrocchiale ha avuto la fortuna di poter contare sullo storico dell’arte Gian Casper Bott, il quale ha studiato e descritto nei particolari gli avvenimenti sociali, storici e artistici di questa straordinaria cappella. Il suo pregiato studio è già stato pubblicato nei Quaderni grigionitaliani del 2007. È imminente l’uscita di una pubblicazione edita dalla Società Storica Val Poschiavo. L’opera pittorica più attrattiva di S. Anna è sicuramente quella dell’Apocalisse. Ringraziamo Gian Casper Bott per la sua disponibilità nel svelarci i simbolismi e i riferimenti biblici (Apocalisse 4-5) della stessa. N.d.R. La cupola di Lorenzo Piccioli in S. Anna a Poschiavo L’oratorio S. Anna – uno dei più significativi e singolari esempi di arte sacra barocca nei Grigioni – fu l’ultima istituzione, in ordine di tempo, con cui, nel 1732, venne completato in maniera tanto bella urbanisticamente quanto efficace spiritualmente il fitto tessuto culturale-ecclesiastico che rende il centro di Poschiavo così ricco di storia e di arte. L’attrattiva dell’edificio esteriormente più vistosa, la loggia ombreggiata davanti all’oratorio – adibita ad ossario e tangibile memento mori –, è in stretto rapporto con lo spazio urbano, al cui ornamento contribuisce in modo decoroso. Il leggiadro portico di S. Anna sta a marcare una complessa situazione d’ingresso, vestibolo e zona di passaggio fra il mondo esterno e l’ambiente privilegiato dell’interno. Una suggestiva cadenza calante è formata dalle volte dei tre soffitti dell’oratorio: la cupola pendente della navata è seguita dalla volta ellittica del presbiterio e quindi dal soffitto tipo cupola pendente del coro dei confratelli. Questa struttura tripartita è già di per sé con forte valenza simbolica e allude alla Trinità; come la cupola è da considerare una metafora architettonica per la volta del firmamento. Grazie a due ricevute del 1760 nell’archivio della Parrocchia di San Vittore Mauro a Poschiavo, è possibile datare e attribuire con sicurezza gli affreschi nella navata e nel presbiterio dell’oratorio S. Anna a Lorenzo Piccioli, pittore di Villa di Tirano allora circa trentaquattrenne. L’opera di Piccioli non è ancora scoperta e valutata nella sua totalità. Il pittore eseguì un ulteriore affresco monumentale, nel 1774 a Stazzona, un’Assunzione della Vergine nella finta cupola del Santuario Madonna della neve. Situato nel campo visivo di chi entra, l’affresco principale illustra l’audace visione dell’Apocalisse giovannea e rende l’idea di voler permettere la contemplazione della bellezza divina, del Numinoso. La visione rappresentata si basa sui capitoli quarto e quinto dell’Apocalisse di Giovanni. Questi presentano la visione celeste, con l’adorazione di Dio da parte dei quattro esseri viventi e dei ventiquattro anziani, e l’intronizzazione dell’Agnello. Sull’affresco nell’oratorio S. Anna sono dunque realisticamente visibili la liturgia celeste e i preliminari del Gran Giorno. Il tema della composizione è legato al tempo terminale e preannuncia il Giudizio Universale. In basso si vede Giovanni, giovane imberbe dai cappelli lunghi, rapito in spirito, attraverso la cui testimonianza scritta l’os- Qui la Valposchiavo Apocalittici splendori, suoni visionari Domenica 6 giugno 2010, inaugurazione del restauro dell’oratorio e ossario S. Anna. Foto: Remo Tosio Giovanni, “rapito in spirito”, con uno degli anziani che gli dice: “Non seguitare a piangere. Ecco: ha vinto il Leone della tribù di Giuda, la Radice di David, e può aprire il libro e i suoi sette sigilli” servatore può accedere alla presentata visione apocalittica. Il momento è quello in cui uno degli anziani gli dice: «Non seguitare a piangere. Ecco: ha vinto il Leone della tribù di Giuda, la Radice di David, e può aprire il libro e i suoi sette sigilli». In alto – ma pur sempre sotto l’ubicazione dell’Eterno – si scorge il regista della scena, l’angelo forte e potente che guida il visionario e gli interpreta i segni, che bandiva a gran voce, con una voce squillante, come di tromba: «Sali qua, e io ti mostrerò le cose che debbono avvenire da ora innanzi». Il raggiante trono di Dio è situato su un ideale asse con l’altare dell’oratorio, a sua volta una specie di trono per l’Eucaristia. L’Eterno è rappresentato in effigie di un venerando vegliardo. La Bibbia lo descrive simile, nell’aspetto, a gemma di diaspro e sardònico, attorniato da un arcobaleno che, a vederlo, somigliava a uno smeraldo. Dal trono celeste stesso, in cui si specchia ed esprime il pensiero della vittoria del Cristianesimo, «escono lampi, voci e tuoni; e sette fiaccole di fuoco ardono davanti al trono: sono i sette Spiriti di Dio. Davanti al trono c’era come un mare, dall’aspetto del vetro, simile a cristallo.» Almanacco del Grigioni Italiano 2011 93 Il raggiante trono di Dio è situato su un ideale asse con l’altare dell’oratorio, a sua volta una specie di trono per l’Eucaristia. L’Eterno è rappresentato in effigie di un venerando vegliardo Quattro creature viventi, considerate come simboli dei quattro evangelisti, siedono attorno all’Eterno: «Il primo vivente simile a un leone, il secondo vivente simile a un vitello, il terzo vivente ha la faccia come d’uomo, e il quarto vivente simile a un’aquila volante». Giorno e notte, senza tregua, dicono: «Santo, Santo, Santo, / il Signore Dio, il Dominatore universale, / Colui che era, e che è, e che viene». I ventiquattro anziani accompagnano questa formula di gloria, onore e ringraziamento con le seguenti parole: «Degno sei, Signore Dio nostro, / di ricevere la gloria e l’onore e la potenza, / perché tu creasti tutte le cose, / per il tuo volere esistono e furono create». L’agnello è il simbolo maggiore di Cristo nel suo ruolo sacrificale. Con Cristo Dio sacrificò l’unico suo figlio. Dalle altre qualità generalmente attribuite all’agnello, questo candido animale ricevette il significato simbolico di innocenza, mansuetudine, pazienza e umiltà. Un libro scritto dentro e fuori, suggellato con sette sigilli sta nelle mani di Il re sulla destra ricorda Davide che suona l’arpa; il suo manto ampiamente drappeggiato è un suggestivo equivalente del suono nell’oratorio si collegano all’altare, formando un’unità iconologica. La visione di Giovanni è rappresentata come se l’Eterno stesse discendendo dal serenissimo, immutabile, incorruttibile ed etereo cielo empireo, giù nella sfera sublunare, secondo il sistema geocentrico aristotelicotolemaico, la sfera più in prossimità della terra, al limite inferiore del mondo celeste, e l’unica in cui vi sono delle nuvole. Nell’oratorio S. Anna è dunque in atto una discensione, all’opposto dell’ascensione resa visibile da Giuseppe Brina tramite l’arte della pittura nella cupola della chiesa di S. Maria Assunta a Poschiavo. Oltre ad essere un piacere visivo, la decorazione delle cupola è anche un notevole brano di musica dipinta, che sembra voler dilettare l’udito superando la concezione della pittura come poesia muta. L’idea che un’opera pittorica abbia un effetto analogo sulla vista come un’opera musicale sull’udito era divulgata all’epoca. Nell’affresco è in atto un concerto sacro. I vegliardi inneggiano il nuo vo cantico della redenzione e salvezza. Esperti in musica strumentale e musica vocale, i musicanti celesti cantano e suonano l’arpa, lo strumento biblico e della lode di Dio per eccellenza. Le loro ricche vesti sono di diversi colori, come se riflettessero la scala cromatica dell’arcobaleno apocalittico, le loro pratiche incitano i confratelli alle azioni liturgiche, alla devozione. È suggestiva l’immagine che il suono della musica, dei canti e delle preghiere provenienti dalla navata, dal presbiterio e dal coro dell’oratorio sia captato per un breve attimo su nella volta della cupola. La pittura sembra quasi conservarne la fugace bellezza in eterno, e vuole anche essere udita, rivolgersi all’orecchio, considerato tradizionalmente come l’organo più atto alla cognizione del Divino. Il re sulla destra ricorda Davide che suona l’arpa; il suo manto ampiamente drappeggiato è un suggestivo equivalente del suono. Per il suo suono etereo, l’arpa era molto stimata in ambienti reali e aristocratici. In una forma o l’altra ha comunemente il suo posto nell’iconografia dei concerti angelici. Le nuvole che si addensano sulla composizione sono un segno del Divino. È come se servissero ad attenuare e al contempo accentuare l’inimmaginabile chiarore celeste, la straordinaria luminosità che emana dall’Eterno. Il cielo delle nuvole è parte dell’ambiente umano. L’affresco permette dunque di dare uno sguardo in un altro mondo, ma pur sempre commensurabile con quello terreno. Nel contesto dell’Apocalisse, le nuvole ricordano in primo luogo un famoso passaggio del suo inizio, dove il secondo avvento di Cristo è descritto con il seguente versetto suggestivo: «Ecco, viene con le nubi». Quattro cartigli dorati sono finti sul cornicione dipinto e illustrano con la parola i relativi passi salienti dell’Apocalisse: «Vidi un libro scritto dentro e fuori. / Chi è degno di aprire il libro e di sciogliere i suoi sigilli? / Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 94 Dio. È il libro di cui parlano sia l’angelo raffigurato, sia l’iscrizione in uno dei cartigli sul cornicione. Giovanni ha pianto, perché nes suno, né in cielo né sulla terra né sotto la ter ra, poteva aprire il libro e leggerlo. Ma ora l’Agnello riceve il libro dalle mani di Dio. Con la consegna del libro – il libro dell’avvenire, che contiene il mistero del destino umano – Cristo assume il dominio sulla storia. Il susseguirsi degli avvenimenti apocalittici sarà prodotto dall’apertura dei sette sigilli. I ventiquattro vegliardi rappresentano il popolo di Dio nella sua completezza, il popolo dell’Antico e del Nuovo Testamento. Essi stanno per le schiere angeliche, per la totalità degli eletti nell’empireo, una scelta dei membri della corte di Dio. Le loro corone, in parte tolte in segno di reverenza, sono simbolo di sovranità, sia terrena sia celeste. Le coppe che quattro di loro offrono al Padre Eterno sono colme di profumi, che sono le preghiere dei santi. Il numero ventiquattro allude alle ore di un giorno. I ventiquattro anziani trasfigurati in immagini di perfetti cristiani, stanno anche a rappresentare i confratelli, che vi possono scorgere delle figure di identificazione. Dal fatto che gli adoranti siano tutti maschili si potrebbe essere indotti a dedurre che la confraternita era riservata agli uomini. Fino alla metà dell’Ottocento i documenti parlano però anche di consorelle del SS. Sacramento. Come l’architettura, la decorazione pittorica vuole essere sbalorditiva ed è atta a sorprendere e meravigliare. L’apertura rotonda della cupola, o più precisamente l’oculo circondato da una finta cornice architettonica, è come un grande occhio spalancato sul visionario e trionfale cielo cristiano. La cornice della quadratura si riferisce formalmente al cornicione dell’architettura reale dell’oratorio. Attraverso il tema eucaristico, l’adorazione del SS. Sacramento, gli affreschi 95 Poesie di Andrea Paganini Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 96 Non seguitare a piangere. Ecco: ha vinto il Leone della tribù di Giuda. / Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché fosti sgozzato». Le iscrizioni tratte dal quinto libro dell’Apocalisse – locuzioni rese in modo ben visibile, seppur in lingua latina – che conferiscono al tutto un’ulteriore dimensione intellettuale suggeriscono che la pittura di questo genere non vuole solamente essere vista, bensì anche letta; che oltre il piacere estetico ne deriva anche un arricchimento spirituale. Per di più i fatti illustrati sono innanzitutto stati tramandati grazie alle sacre scritture. Quattro emblemi cristologici – simboli riferentesi a Gesù – lievemente adagiati su delle nuvolette cingono l’affresco con la visione di Giovanni. Si trovano su dei cartigli a rocaille nella zona dei pennacchi, e sono delle grisaglie, delle pitture che imitano dei rilievi scultorei. Il Pellicano, che con il suo stesso sangue nutre la sua prole, è un simbolo per la Carità personificata in Cristo, che sacrificò la sua vita per l’umanità; è inoltre segno del disinteressato amore paterno e materno e in generale per il prossimo. Il tema del nutrimento è profondamente connesso al tema eucaristico, che è il motivo principale dell’oratorio e degli affreschi che lo ornano. L’Agnello ripete ed accentua il tema dell’affresco – l’adorazione dell’Agnus Dei –, cui è allegato. Una Corona di palme attorno a un Flagello significa la passione, e in senso lato il martirio, come pure la disciplina morale dei confratelli. Una Fontana in forma di calice, simboleggiante a sua volta la Fede, sta per Cristo – fonte e origine di tutto l’apostolato della Chiesa – come Fonte di Vita e Salvezza. Rappresentando delle cose comunemente ritenute impossibili, la pittura lancia una sfida alla legge di gravità e con un linguaggio realistico supera una particolare difficoltà dell’arte. Attraverso lo stupore vi è un forte coinvolgimento, anche emotivo, di chi osser- La tua parola, uomo Uno dei cartigli dorati sul cornicione con la parola dell’Apocalisse: “Tu sei degno di ricevere il libro e di aprire i suoi sigilli, perché fosti sgozzato” va. Non stupisce che questi affreschi dipinti in un’epoca caratterizzata dalla continua ricerca di una visualizzazione di contenuti astratti siano da intendere come rappresentazione visibile di fenomeni spirituali, di idee teologiche, non accessibili alla percezione sensibile. Grazie a questa pittura che pretende di adempiere una meditazione credibile di contenuti della fede, lo spettatore sembra diventare testimone oculare di un fatto tanto immateriale, quanto attuale, di un mistero del credo cattolico. «Ed ecco una porta aperta nel cielo» – così inizia la visione che Giovanni ha dell’Eterno sul suo trono. Questo suggestivo motivo della porta che si spalanca sul cielo e sul mondo della conclusione, manca nell’affresco di Poschiavo. È come se si avesse voluto affermare che la porta reale dell’oratorio, una volta aperta, svolge la precisa funzione di consentire a chi entra nell’edificio sacro la visione e contemplazione del Divino. La finzione del pittore è di un luogo oltre le porte del cielo; finzione che rafforza sia la realtà del luogo terrestre, sia la presunta immediata tangibilità della visione celeste. 97 Cadono e decadono pari a spore, d‘impeto di sé ignaro e senza fine, sprecandosi a valanghe le parole, tenute vane, innocue ed amorali, transeunti e perciò irrelate al senso (di ciò c‘illudi, massa che le usi). E tu, tu taci; o, parco di parole, ti guardi bene dal legarti ad esse, e temi, a dire un «sì» «ti amo» «scusami», di troppo dire a chi ti sta vicino, uomo. Ché invade e incide tutta l‘anima e la mente la tua parola, uomo. Colpa e salvezza dell‘umana specie che non mi lascia indenne o uguale mai; arma ed armonia d‘ogni mio pensiero che forse adesso mi concede l‘essere. Inerzia Non è l‘annichilirsi in libertà amato e accolto per scelte concrete, ma, come automi senza dignità, trascina molti nell‘inerte quiete: peggiore dell‘assenza d‘unità, l‘assenza del bisogno, della sete. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 auricolari poiché stava falciando col filo. Era svenuta, poco ci mancò che non morisse di crepacuore». Vero è che alla notizia della sciagura e, in seguito, alla vista del figlio morto, la mamma corse il rischio di rimanere stroncata pure lei. Gli interrogativi più angosciosi l’assalirono: perché proprio Enrico? Perché finire in quel modo sul fiore degli anni con tutta la sua volontà e capacità di fare il bene? L’aiutarono a rassegnarsi alla tragedia il marito e i due figli che le erano rimasti, la sua forte fibra, e non da ultimo la fede cristiana, che ha la facoltà di consolare chiunque e in qualsiasi circostanza a essa ricorra. E il ricordo delle intenzioni di Enrico l’aiutarono a fare di necessità virtù. Qui la Valposchiavo Massimo Lardi 98 È un bel colpo d’occhio la piramide rosa del Sassalbo, erta e brulla sopra l’ampio giogo rivestito di abeti che le fa da piedistallo. Nelle pieghe e nei risvolti dell’abetaia si stendono alpeggi dai nomi antichi e sonori: Plata, Melera, Muleita, Cansumé e, sparsi negli ameni prati, non è raro incontrare certi massi erratici, prismatoidi o rozzamente squadrati, grandi come baite e anche di più, che attirano l’attenzione del viaggiatore. Automaticamente egli alza lo sguardo verso il cielo e l’incombente vetta, e capisce da dove sono piovuti. Fino a qualche anno fa veniva la voglia di scherzarci sopra e di favoleggiare che in mitiche età se ne servivano i salvanchi per giocare ai dadi. Ma oggi più nessuno ci scherza, tutti sanno quanto insidiosa possa essere questa montagna. Erano le 10:25 del 27 giugno 2001, una bellissima giornata d’estate. Enrico Hürlimann, un ragazzo che il 30 ottobre avrebbe compiuto 28 anni, dal carattere solare, meccanico della Ferrovia retica, atletico e ardimentoso, sempre allegro e premuroso, stava falciando a macchina i prati di Plata per aiutare un amico. Manovrava la falciatrice come un gingillo su per quegli impervi pendii e cercava di guadagnar tempo, perché alle 13:30 avrebbe dovuto riprendere il servizio alla stazione di Pontresina. In quella, mentre meno se l’aspettava e il ruggito del motore copriva ogni altro rumore, i rami di un abete secolare stroncato come un fuscello lo investirono con spaventoso schianto e lo lasciarono esanime al suolo con spezzate la nuca e la spina dorsale. Che cos’era successo? Un macigno enorme si era staccato dalla parete del Sassalbo piombando sull’abetaia, spazzando via gli alberi sul suo percorso, lanciando davanti a sé tronchi e spezzoni e rami, sfiorando cascine e scavando buche gigantesche, per poi conficcarsi e rimane- Enrico nell’America del Sud Enrico con un amico sul Pizzo Palü re immoto in un prato paludoso sottostante. Con un incredibile salto era passato alto sopra la testa di Enrico quasi l’avesse voluto risparmiare, ma aveva colpito e fatto rovinare l’abete sul ragazzo, causando la sua morte immediata. Con la fulmineità di quel macigno la disgrazia fece il giro della Valle e la gente ne parlò con tanta partecipazione e aggiungendo dettagli di pura fantasia che nel giro di pochi giorni divenne leggenda. «È morto sotto gli occhi della mamma» si diceva. «Figurarsi quella povera donna. A poca distanza stava spandendo il fieno, aveva sentito il fracasso e visto scendere il macigno in direzione del figlio, disperatamente quanto inutilmente aveva gridato che si mettesse in salvo, ma lui non l’aveva sentita; portava i tamponi Già durante la scuola e il tirocinio di meccanico al Deposito della FR a Poschiavo e a Landquart, brillantemente concluso, Enrico si era impegnato come esploratore e membro della Sportiva Palü. Poi, a piena soddisfazione dei superiori, aveva assolto la scuola reclute con le truppe motorizzate, lavorato presso l’industria Schindler a Coira e indi nuovamente presso la FR al Deposito di Pontresina. Ma il lavoro era ben lungi dall’esaurire l’esuberante energia dei suoi vent’anni, per cui si impegnava in mille altre cose: voleva rendere tutti felici, donava il sangue più volte all’anno, aiutava i genitori e gli amici nei lavori di campagna, praticava la caccia e la pesca, correva in moto, e soprattutto aveva la passione della montagna. Per lui, scalare con gli amici il Varuna, il Palü, il Morteratsch, il Bernina era una piccola gita domenicale. Solo il Sassalbo, quasi avesse avuto un sinistro presagio, lo riteneva pericoloso e se ne teneva lontano. Per contro amava cimentarsi nella scalata delle più alte cime del mondo. Con l’amico Mirko aveva soggiornato quattro mesi in Argentina visitando la Terra del Fuoco e i picchi delle Ande; con l’amico Mattia aveva conquistato l’Aconcagua, 6’962 m s.l.m. Si sentiva particolarmente attratto dall’Himalaya. Insieme alla fidanzata Simona aveva girato il Nepal in bicicletta, spedita per posta aerea. Il Nepal, con le sue vette oltre gli ottomila metri che intendeva scalare, con la sua bellezza e miseria, la difficile situazione politica e la crudele realtà delle caste, aveva impressionato Enrico più di ogni altro paese che aveva visitato. Proprio di recente aveva confidato ai genitori di voler inviare del denaro a un amico laggiù per un’encomiabile opera filantropica. Ecco dunque la prima decisione del padre e della madre. Non fiori ma opere di bene, come si suol dire, e non un ritrovo conviviale con parenti e amici dopo il funerale. Ma le offerte, il denaro necessario per il rinfresco, un bel gruzzolo di Enrico e della fidanzata, un’elargizione dei genitori stessi, tutto dove- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo «Enrico’s memory day» 99 Enrico e Simona in Nepal va essere devoluto a quel caro amico a decine di migliaia di chilometri di distanza. Era come darlo a Enrico, continuare a vivere con lui e per lui. La situazione politica in Nepal era però caotica e in continuo fermento a causa dei maoisti; aveva avuto luogo un colpo di stato, il vecchio e onesto re era stato ucciso con tutta la famiglia e un suo fratello di ben altra pasta ne aveva usurpato il trono. Insomma non c’era da fidarsi a spedire quattrini. Per questo motivo i genitori si fecero coraggio e, accompagnati dalla figlia Claudia, da Simona e dal rispettivo padre, presero l’aereo e con il denaro e l’indirizzo dell’amico si avventurarono sulle tracce del figlio per compiere l’ultima volontà che aveva espresso. Arrivati a Katmandu rimasero soggiogati dalla maestosità del paesaggio, dalla vita Con l’aiuto di Enrico, Besudev, appartenente alla casta più bassa ma non privo della necessaria istruzione, aveva comperato quaderni e matite, una lavagna, carte geografiche e libri, e aveva allestito un’aula scolastica in un locale attiguo all’officina meccanica del paese. Con quei mezzi si era messo a scolarizzare gratuitamente un centinaio di fanciulli del circondario, alcuni dei quali facevano anche due ore e mezza di strada a piedi la mattina e altrettanti la sera per arrivarci. Senza l’iniziativa di quel maestro, molti di essi sarebbero rimasti analfabeti. Sulla carta geografica mondiale la Svizzera era evidenziata con un grosso cerchio rosso. Figurarsi gli occhi di Besudev, quando si vide consegnare l’assegno; un importo di decine di migliaia di franchi che, per quanto modesto alle nostre latitudini, rappresenta- Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 100 frenetica, dalla presenza massiccia di rifugiati tibetani, dai costumi variopinti, dalla mancanza di organizzazione e comodità. Con quell’indirizzo in mano depositarono in una banca il prezioso capitale sul conto dell’amico. Presero poi una specie di autobus per Nagarkot nella Splendid Valley. Il mezzo pubblico non aveva pareti, era in parte già carico di sacchi di grano da semina, sopra i quali presero posto i viaggiatori, uomini e donne ammucchiati in una promiscuità incredibile. Eppure, nessuna volgarità o mancanza di rispetto, anzi, una gentilezza e un riguardo reciproco che rinfrancò i nostri pellegrini. Dopo lunghe ore di paesaggi mozzafiato, di scossoni e ondeggiamenti, di calca e rombo continuo di motore, di turbinio di polvere, di odori non sempre gradevoli, arrivarono con l’assegno ben stretto e le ossa peste al capolinea. Impossibile capirsi con chicchessia. Ma con l’indirizzo in mano, dopo altre due ore per sentieri impervi, eccoli giungere più morti che vivi dall’amico di nome Kafle Besudev. «Cosa? Enrico’s parents?» Con le lacrime agli occhi, Besudev, un uomo sulla trentina, li ricevette come messaggeri del Cielo. E la piccola comitiva di parenti scoprì molto di più di quanto non si fosse aspettata. 101 Enrico con l’amico Besudev e un gruppo di bambini della Splendid Valley English School va una cifra astronomica per lui. Benedisse mille volte la memoria di Enrico, spiegò per filo e per segno i progetti che stava mettendo a punto da tempo e domandò il beneplacito dei benefattori per poterli realizzare con i mezzi che gli mettevano a disposizione. Besudev ingrandì la scuola, comperò un computer e si allacciò alla rete. Raccolse sistematicamente gli indirizzi degli alpinisti europei che facevano tappa nel suo villaggio – soprattutto membri dei club alpini di Svizzera, Italia e Finlandia – che sceglievano quel luogo come base di partenza per la scalata di alcune vette. Preparò un’adeguata pubblicità per la sua scuola, la Splendid Valley English School, e l’inviò ai conoscenti per internet; in breve tempo ampliò in modo meraviglioso la cerchia dei suoi sostenitori. E non solo: poté corrispondere con essi senza passare attraverso la censura. Non sto a descrivere le feste che fecero i beneficiati, fanciulli e genitori, tutta quella gente, ai familiari del loro benefattore. Tutti cono- scevano la Svizzera. Per riconoscenza istituirono una festa in memoria di Enrico, Enrico’s memory day, che ricorre il 27 giugno. I congiunti e specialmente i genitori si commossero più che mai. Per la prima volta alle lacrime di dolore si mescolarono lacrime di gioia. Era come se per un figlio e congiunto scomparso ne avessero trovati centinaia. Ai piedi dell’Everest si sentirono uniti a Enrico molto più che ai piedi del Sassalbo. Incredibilmente sollevati fecero ritorno a casa. Soggiogati dal fascino dell’Oriente non meno del caro estinto e animati dal suo zelo, vi ritornarono altre volte e continuano a inviare aiuti. Ora gli allievi di Besudev sono oltre 250. Parecchi di loro, pur appartenendo alla casta degli intoccabili, hanno potuto e possono frequentare l’università. Ogni anno preparano e festeggiano con entusiasmo l’Enrico’s memory day. Per chi volesse sostenere l’opera l’indirizzo elettronico è il seguente: ‹[email protected]› Almanacco del Grigioni Italiano 2011 102 Dall’archivio comunale storico del Comune di Poschiavo Antonio Giuliani Il Calendario del Grigione Italiano, un libretto formato 130x200, con le fasi lunari e le previsioni del tempo per tutto l’anno, con poesie, articoli, scritti e aneddoti di vario genere, venne sostituito dall’Almanacco Pgi che uscì a partire dal 1918 (1919), ma il Calendario resistette ancora fino all’edizione 1942 (il Calendario era partito con il Grigione Italiano nel 1853-1854). La parte storicamente più interessante per noi è senza dubbio la Cronaca della Valle di Poschiavo che registrava le notizie di cronaca locale, da agosto ad agosto. È proprio tra queste notizie banali che si trovano granelli dorati di autentica storia nostra. So bene che quest’anno, altri scriveranno più e meglio di quanto non sappia fare io, a riguardo delle commemorazioni e dei festeggiamenti per i 100 anni della Ferrovia retica, ma scrivo quanto ho trovato nel Calendario per un motivo ben preciso. L’archivio storico comunale è in possesso di buona parte dei calendari di cui sopramenzionato e so per certo che la nostra raccolta è l’unica tutt’oggi disponibile. Nell’attuale mondo, dove la diffusione delle notizie non ha più, né limiti né confini, è bene che alcune cose si possano ancora proteggere, diffondendole un po’ alla volta, godendole perché centellinate come il caffè corretto. Prevedo anche che ciò che ricorderò in questo articolo, forse non piacerà a più di *Notizie trovate nel Calendario del Grigione Italiano dal 1907 al 1941 uno, che si chiederà: «Perché ricordare e rivangare questi fatti, anche non sempre allegri, ora che la Ferrovia retica ha raggiunto un apice forse sognato, ma mai sperato in tale dimensione e notorietà?» Non è proprio così: ricordare, non solo ci permette di valorizzare il presente, ma molto di più ci aiuta a programmare il futuro. Affido queste notizie agli assidui lettori del nostro amato Almanacco, per ricordare, fino al 1941 alcuni fatti che valorizzano e distinguono il fantastico sviluppo della Ferrovia del Bernina. I testi seguenti provengono dai Calendari del Grigione Italiano 1907 nel nostro Cantone dobbiamo pure constatare durante il periodo di questa cronaca uno straordinario sviluppo in tutti i rami dell’economia; specialmente per quanto concerne le ferrovie. Venne difatti inaugurata l’estate scorsa quella di Mesocco-Bellinzona, la ferrovia elettrica del Bernina prosegue alacremente nella sua costruzione, nonché quella di Davos-Filisur e si ottennero sussidi federali per due altre ferrovie che completeranno la rete della Ferrovia retica, quella dell’Engadina Bassa e quella dell’Oberland grigione da Ilante a Disentis. Dobbiamo fare ancora un passo più lontano nel tempo: 1906 marzo 18 Il popolo grigionese accetta con 8415 sì contro 2243 no una legge sull’utilizzazione delle forze idrauliche nel Cantone dei Grigioni. Già durante l’anno 1905 era stata assicurata la costruzione di una linea ferroviaria elettrica Davos-Filisur, nonché quella della Ferrovia del Bernina, San Maurizio-Poschiavo-Tirano e la funicolare della Muottas Muragl presso Pontresina. Il 5 luglio 1908, un piccolo convoglio, ornato di nastri e di bandiere giunge da Tirano a Poschiavo, con tanti ospiti ed invitati per festeggiare tutti insieme il grande avvenimento (foto in alto: cartolina A.C.P.) Dall’altra parte del Passo del Bernina si sta costruendo il tracciato che raggiunge Ospizio Bernina prima e Alp Grüm poi. Da Alp Grüm a Cavaglia (vedi Protocollo del Piccolo Consiglio GR / CB V3 Nr. 306, valido per l’inverno 1912-1913). Il Piccolo Consiglio decide: la domanda di mantenere la comunicazione e il transito da Alp Grüm a Cavaglia e viceversa, con delle slitte, viene salutata positivamente. Il Cantone dei Grigioni versa per l’inverno 1912-1913 un contributo di 5‘500 franchi affinché gli stradini del Passo del Bernina vengano impiegati dalla Ferrovia del Bernina. L’orario prevedeva: da Alp Grüm a Cavaglia 40 minuti, da Cavaglia a Alp Grüm 1 ora e 10 minuti (foto a sinistra: cartolina A.C.P.) 1909 giugno 17 Il giovane Bertacchini Pietro, impiegato presso la Società elettrica Alioth, a soli 20 anni trovava la morte al trasformatore dell’Ospizio Bernina, era un giovane affezionato ai suoi congiunti ed apprezzato dai suoi compagni. 1920 marzo 16 Una sventura immane ha colpito oggi la Ferrovia del Bernina o meglio alcuni poveri suoi operai. Poco sopra Bernina Bassa una valanga travolse il treno e otto operai vi trovarono la morte. Erano uomini forti, giovani baldi, pieni di vita, che all’infuriar dei ciechi elementi si ebbero improvvisamente l’esistenza troncata. Lieve vi sia la terra, vittime del dovere. 1920 ottobre 31 La Bernina organizza treni speciali e tariffa ridotta per facilitare ai fratelli d’oltralpe di far visita a Poschiavo e Tirano. Cade la prima neve. 1921 gennaio 30 La Bernina chiude i suoi conti pro 1920 con un disavanzo di 127’861 franchi. 1921 novembre 8 Gli enti interessati della Bernina Bahn sono radunati a Poschiavo sotto la presidenza del Ragioniere di Stato che raccomanda di voler sostenere la B.B., affinché il servizio invernale possa essere assicurato. Se da parte dei detti enti non fluiranno sussidi, la B.B. sospenderà col 1. dicembre l’esercizio. 1924 giugno 15 L’Assemblea comunale, forte di 130 votanti, decide franchi 1500 alla Ferrovia del Bernina per l’esercizio invernale. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo I primi 31 anni non sempre gloriosi ma eroici della Ferrovia del Bernina* 103 Stazione della Ferrovia del Bernina a Poschiavo. Ammirando oggi le nuove composizioni, le moderne motrici, le carrozze panoramiche e in generale tutto l’insieme della Ferrovia retica e dell’allora Ferrovia del Bernina comprendiamo come, a livello mondiale, siano veramente uniche. Foto A.G. 1934 marzo 22 Una grave disgrazia deve registrare la F. del B., una valanga staccatasi dalle falde del Munt Pers seppellisce i lavoratori signori Maffina Giovanni di Pontresina e Cortesi Giovanni di Cologna. 1935 marzo 24 Con un tempo splendido si svolge la III gara di discesa del Cambrena, con Slalom, indetta dall’infaticabile Sport Club Palü. Numerosi accorrono ad assistere alle gare, dato che la ferrovia accorda un grande ribasso. 1935 luglio 20 La Ferrovia del Bernina, d’accordo con le ferrovie dello Stato d’Italia organizza un treno popolare per Venezia al prezzo irrisorio di 19.25 franchi in II e di 10.90 franchi in III classe, partendo da Poschiavo. Nonostante il forte ribasso praticato, pochi sono quelli che si valgono dell’occasione per fare visita alla città dei Dogi. 1931 settembre 30 Tutto il personale della Ferrovia del Bernina riceve la disdetta. Il fatto apporta non poco sconcerto in tutto il paese. 1931 ottobre 29 Con grande contento di tutta la popolazione si apprende che, in seguito a trattative avvenute a Berna, la Ferrovia del Bernina continuerà il suo esercizio! 1932 novembre 29 La Ferrovia del Bernina, grazie ai sussidi che riceverà dalla Confederazione, dal Cantone dei Grigioni e dal Comune di Poschiavo, potrà continuare anche per il prossimo inverno il suo esercizio. 1933 luglio 2 L’Assemblea comunale di Poschiavo decide con una grande maggioranza di voti di accordare la compartecipazione del Comune al risanamento finanziario della Ferrovia del Bernina, mediante l’acquisto di azioni per l’importo di 50’000 franchi. 1933 ottobre 28 Personale e Direzione della Ferrovia del Bernina convengono all’Alpe Grüm per festeggiare il venticinquesimo della ferrovia. 1934 febbraio 4 Numerosi poschiavini, approfittando dei ribassi della F. del B., si recano a St. Moritz dove hanno luogo le corse ippiche sul lago. Si tratta della trasversale alpina più alta ed una delle più ripide al mondo. Le opere artistiche della Ferrovia dell’Albula e del Bernina (ponti, depositi, gallerie con i loro portali), si integrano nell’insieme della topografia. La scelta dei tracciati, soprattutto di quello del Bernina, furono determinanti per lo sviluppo turistico, nell’ambito di un paesaggio attrattivo. Ambedue le ferrovie vantano edifici e costruzioni di alta qualità e sono state concepite, tanto per la scelta del percorso come per le costruzioni, nella netta presa di coscienza del paesaggio circostante! Le Ferrovia del Bernina è un esempio unico, in quanto integrata con armonia in un paesaggio alpino. Questo armonioso rapporto tra paesaggio e ferrovia, non è stato casuale, è il risultato di una pianificazione futuristica e di una felice congiunzione tra innovazioni tecniche, riguardo e cura nei confronti del paesaggio! Perciò anche l’ambiente circostante è una parte integrante del Patrimonio Culturale Mondiale. Nota: a partire dal 1935, la situazione finanziaria della Ferrovia del Bernina, desta sempre più preoccupazione. 1935 agosto 31 Entrate 115‘500 fr. / Uscite 59‘000 fr. / Avanzo 56‘500 fr. 1935 settembre 30 Entrate 101‘500 fr. / Uscite 60‘000 fr. / Avanzo 51‘500 fr. 1935 novembre 30 Entrate 38‘500 fr. / Uscite 95‘000 fr. / Disavanzo 57‘500 fr. 1936 gennaio 31 Entrate 37‘500 fr. / Uscite 110‘000 fr. / Disavanzo 72‘500 fr. 1936 febbraio 29 Entrate 51‘000 fr. / Uscite 77‘000 fr. / Disavanzo 26‘000 fr. 1936 aprile 30 Ent. 42‘500 fr. / Uscite 87‘000 fr. / Disavanzo 44‘500 fr. 1936 giugno 28 Ent. 56‘000 fr. / Uscite 47‘000 fr. / Avanzo 9‘000 fr. 1937 gennaio 31 La Ferrovia del Bernina trasporta numerosi valligiani fino a St. Moritz, dove si svolgono le corse dei cavalli sul lago gelato. 1937 febbraio 28 Una valanga scivolata lungo i pendii sotto Alp Grüm, travolge cinque operai. Tre di essi, Mario Brunoldi, Dino Crameri, ed Ernst Peter, vengono estratti cadaveri. 1937 maggio 22 Entra in vigore il nuovo orario estivo, che dà ottime comunicazioni sia per Milano che per Coira. 1937 Disavanzo totale da gennaio a novembre: Entrate 831‘752 fr. / Uscite 851‘034 fr. / Disavanzo 19‘282 fr. 1938 aprile 30 Ferrovia del Bernina: mese di aprile entrate 44‘500 fr., uscite 93‘000 fr. Disavanzo da gennaio a tutto aprile 79‘298 fr. 1938 agosto 31 Entrate 121‘500 fr. / Uscite 67‘500 fr. / Avanzo 54‘000 fr. 1938 novembre 30 Entrate 43‘000 fr. / Uscite 54‘000 fr. / Disavanzo 11‘000 fr. 1939 marzo 31 Entrate 13‘000 fr. / Uscite 93‘000 fr. / Disavanzo 80‘000 fr. 1939 maggio 31 Entrate 54‘500 fr. / Uscite 55‘000 fr. / Disavanzo 500 fr. Deficit da gennaio a maggio 1939 / 81’362 fr. 1939 giugno 30 Entrate 61‘500 fr. / Uscite 58‘000 fr. / Avanzo 3‘500 fr. Passivo nel primo semestre 1939 pari a 75‘521 fr. 1939 agosto 31 Entrate 121‘500 fr. / Uscite 66‘000 fr. / Avanzo 55‘150 fr. 1939 ottobre 31 Saldo attivo della Ferrovia del Bernina da gennaio a tutto ottobre 18’136 fr. 1939 dicembre 31 Entrate 72‘500 fr. / Uscite 102‘000 fr. / Disavanzo 29‘500 fr. 1940 febbraio 29 Entrate 63‘000 fr. / Uscite 82‘000 fr. / Disavanzo 19‘000 fr. 1940 luglio 25 La Ferrovia del Bernina introduce un nuovo orario che migliora le comunicazioni con la capitale e col vicino regno Italico. 1942 gennaio 1° La Ferrovia del Bernina viene incorporata dalla Ferrovia retica per quanto riguarda direzione e amministrazione. Gli uffici di Poschiavo vengono trasferiti a Coira. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 104 1925 agosto 9 Grande affollamento alle urne per la votazione se ammettere o no l’automobile. La maggioranza dei voti è contraria. Il pubblico commenta tosto che è tutto effetto della propaganda contraria della Bernina, che già a Brusio aveva tentato far forza con dei fogli volanti scritti e pubblicati per mano di uno dei suoi alti impiegati. Nota: la Ferrovia non era molto propensa all’arri vo dell’automobile che infatti, fu la sua più grande concorrente. 1925 agosto 16 Ha luogo la solita annuale festa a La Rösa. La ferrovia fa un prezzo convenientissimo. Un franco andata e ritorno fino all’Ospizio Bernina. Chi appena può se ne vale. 1925 agosto 7 Tutti gli scolari delle scuole riformate effettuarono una bella passeggiata a St. Moritz. La Ferrovia del Bernina mette a disposizione gratuitamente i suoi vagoni. Verrà poi la volta anche delle scuole cattoliche. È una bella attenzione da parte della F. del B., della quale bisognerà tener calcolo. 1926 maggio 9 La Ferrovia del Bernina assume la condotta dell’automobile postale. 1926 agosto 26 Al Meschino è stata eretta una piccola stazione da parte della Direzione della F. del B. 1926 novembre 10 Poco sotto la rimessa dell’Hotel Le Prese, la trascurabile valletta che scende, ingrossò d’un tratto portando sulla strada e sulla linea del treno un cumulo di materiali e detriti. Il treno è costretto di organizzare un trasbordo. Il peggio si è che la valle continua a scendere rabbiosa e pericolosa. Il materiale condotto nel lago è in tale quantità da far ritirare le acque del bacino in quel punto. 1927 maggio 15 Votazione per la circolazione automobili e indennità per strade alpine. Poschiavo 181 sì e 126 no. Brusio 120 sì e 45 no. 1927 ottobre 30 I membri della Filarmonica comunale si portano in gita a Tirano col treno e da qui a Sondrio in automobile. 1929 luglio 15 La scuola estiva per Ferrovieri, diretta dal signor maestro Silvio Pool, con grande vantaggio dei suoi allievi più fortunati degli altri, possono imparare tante cose pratiche e godersi bellissime passeggiate. 105 106 La travagliata, ma vittoriosa storia delle aspirazioni per ottenere una ferrovia attraverso i Grigioni, è documentata da una catena di progetti, di grandi ideali e di altrettante profonde delusioni; di piani geniali che purtroppo, invece di segnare le pietre e i burroni della Rezia, furono tracciati solo sulla carta. Inoltre è una storia di un ammirevole spirito di sacrificio e di pallide speculazioni di interessi personali in patria e all’estero. Alla fine però trovò un posto al sole, una via reale attraverso l’importane e forte ramo della Ferrovia retica. La superba Rezia che senza successo, per lunghi anni, aveva custoditi sogni grandiosi, ora, alla fine di questo difficile percorso si sentì felice e appagata con la sua spettacolare ferrovia di montagna. I Grigioni che forse troppo a lungo, legati alle loro tradizionali e storiche, ormai collaudate strade, volevano ancora tenerle in vita il più a lungo possibile, sognando ancora i bei tempi passati, arrischiarono quasi di relegare la Rezia a terra incognita allorquando le Regioni, i Cantoni e gli Stati cominciarono a fiutare l’avvento delle ferrovie che avrebbero richiesto un nuovo e più moderno concetto di viabilità e di transito. Così la nostra terra deve riconoscere il merito ad alcuni coraggiosi pionieri che nonostante l’indifferenza e lo scherno dei loro nemici, non ebbero pace fino alla realizzazione di una Ferrovia retica. Occorre anche rendersi conto delle innumerevoli difficoltà che sorsero dopo appena aver scoperto la forza vapore per l’uso del traino, senza l’ausilio della forza animale. Sappiamo che il concetto di far scivolare su specie di binari, o di far rotolare grosse pietre, era conosciuto già dagli antichi egizi. Ma che si potesse far uso di una forza invisibile, prodotta dal vapore scaturito dall’acqua bollente, con forza tale da smuovere sui binari i pesanti vagoni di un treno, era per molti una balordaggine moderna. Così fu anche per la maggior parte dei progetti in generale, ma in modo evidente per la realizzazione della Ferrovia retica. In modo del tutto particolare, ai politici, l’idea di costruire una ferrovia attraverso i burroni, le montagne e le strettoie della Rezia sembrava un’utopia da dimenticare. Ma quando si cominciò a capire che per superare gli ostacoli che le vecchie vie di comunicazione avevano in qualche modo cercato di evitare, occorrevano ardimentosi ponti, temerarie gallerie, dighe e allontanamenti di pericolosi macigni, gli addetti ai lavori e gli ingegneri aprirono gli occhi e si misero febbrilmente all’opera per la realizzazione di una linea ferroviaria a vapore. Il precursore di questi pionieri fu l’ingegnere Richard La Nicca, il primo ingegnere cantonale. Sognava di munire la «Vecchia Rezia» di una linea ferroviaria a vapore che sostituisse le bestie da tiro e da soma e che congiungesse il nord con il sud attraverso le Alpi! I Cantoni di San Gallo e Grigioni dettero al La Nicca nel 1838 l’incarico di uno studio per un tracciato di ferrovia di congiunzione tra Coira e il Walensee. È facile da intuire che l’ingegnere non si limitò a questo incarico, ma progettò pure una continuazione degli impianti fino entro le valli grigionesi attraverso le montagne retiche. Sono conosciute ancora oggi le sue misure di comparazione tra il San Bernardino, lo Spluga e il Maloja. Durante lo stesso periodo, un ingegnere comasco, Zanino Volta, presentò alla reggenza grigionese un geniale progetto e chiese una commissione tecnica per la fattiva esecuzione e un privilegio di 100 anni per la costruzione di una ferrovia che avrebbe chiamata: treno del granito. Lo stesso progettista era ben cosciente di tutte le asperità e difficoltà del suo intento, cosa che non nascose, ma era tuttavia convinto della riuscita e del successo. Rivedendo oggi il suo piano siamo stupiti e meravigliati di scoprire che per lui, già allora, gallerie che avrebbero richiesto una mezz’ora per transitarvi, fossero del tutto normali! Ma c’è di più, il progetto prevedeva di congiungere Milano e la Germania, passando per lo Spluga. Morale della favola, diremmo noi oggi; il Volta non era in grado di fornire una garanzia per la riuscita dei suoi piani, così il Cantone dei Grigioni non approvò il progetto che rimase tale per sempre. Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Considerazioni a riguardo della creazione della Ferrovia retica 107 “Dieci anatre bianche” di Alexander Köster Sette anni Casa Console Ernesto Conrad In breve rassegna le nuove acquisizioni della Fondazione Alexander Calame Nei sette anni trascorsi dalla sua inaugurazione la raccolta di opere di Casa Console è stata ampliata a più riprese. Fra altro è stata aperta nel 2009 una nuova sala, cosicché la Fondazione comprende ora più di cento opere del XIX secolo. In particolare ci rallegriamo di poter mostrare tre dipinti di Giovanni Segantini; durante il suo viaggio dall’Italia verso Savognin, egli ha fatto sosta anche a Poschiavo. Nato nel 1810 a Vevey (VD), Calame divenne uno dei maggiori pittori romantici del mondo alpino. Di lui sono esposte nel nuovo locale otto disegni a matita (no. 117- 124). Al primo piano ritroviamo due dipinti a olio del grande maestro, il no. 69 Piccola cascata in paesaggio rupestre e il no. 107 Paesaggio alpino con ruscello di montagna. Carl Spitzweg Carl Spitzweg è nato a Monaco di Baviera nel 1808, discendente di un’agiata famiglia. Dopo lo studio della medicina, dovette abbandonare la professione per motivi di Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Eduard Theodor Compton Nato a Londra nel 1849, si trasferì in Germania e visse a Monaco di Baviera. Artista autodidatta, che va annoverato fra i grandi pittori del mondo alpino della sua epoca (no. 126) Villaggio di montagna. Alexander Köster Nato nel 1864 a Bergneustadt (Germania sud-occidentale), visse a Monaco di Baviera e in Tirolo. Pittore accademico affermato, si dedicò in seguito con grande successo alla rappresentazione di anatre; ne è un bellissimo esempio il no. 127 di Casa Console. Richard von Poschinger Nato a Monaco di Baviera nel 1839, fu allievo di Heinrich Lier e ritrasse in particolare paesaggi animati dall’uomo. Il nipote del pittore, Ulrich von Poschinger, è legato personalmente a Poschiavo e ha messo a disposizione in prestito alla Fondazione l’opera no. 113 Tiro di buoi. Robert Schleich Nato nel 1845 a Monaco di Baviera; di lui è esposto un dipinto ad inchiostro Il raccolto (no. 125). Wilhelm Trübner Visse dal 1851 al 1917; Casa Console espone un suo bozzetto realizzato come studio per un quadro di grandi dimensioni. Caspar David Friedrich Nato nel 1774 a Greifswald (Germania settentrionale), ha realizzato varie opere ispirate dal mare. Il no. 129 Vela è probabilmente un bozzetto di cui si è servito per il suo famoso dipinto Barca a vela. Christian Friedrich Mali Nato nel 1832 a Utrecht (Paesi Bassi), divenne in Baviera uno dei più famosi ed abili pittori di animali. Il no. 110 Gregge di pecore sul pascolo di montagna è un bell’esempio dei suoi dipinti ricchi di una particolare atmosfera. Giovanni Segantini Giovanni Segantini nacque nel 1858 ad Arco nel Trentino, allora appartenente all’Austria. Dopo una fanciullezza e una gioventù segnata dalle difficoltà, trovò lavoro presso il pittore di decorazioni Luigi Tettamanzi, frequentando nel contempo i corsi dell’Accademia di Brera e seguendo anche corsi di pittura e arte ornamentale. Risalgono a quest’epoca intorno al 1880 i tre dipinti ad olio esposti in Casa Console: no. 134 Zinnia, no. 114 Mazzo di fiori (rose), no. 115 Mazzi di fiori (margherite). Ricordo del «Flauto magico» di Wolfgang Amadeus Mozart Con il no. 112 è contrassegnato un fazzoletto da taschino tessuto in seta, realizzato in occasione della prima rappresentazione del Flauto magico a Vienna nel 1791. Le indicazioni relative al programma ci testimoniano che fu Mozart stesso a dirigere l’esecuzione e che l’autore del libretto, Emanuel Schicka neder e suo figlio interpretarono i personaggi di Sarastro e Papageno. Il fazzoletto è una donazione di Remo Foppoli. Lo scultore Michelangelo all’opera Quando la pietra prende la forma dell’arte Federica Spigarelli Servizio fotografico a cura dell’autrice In seguito, l’attività coinvolse altri membri della famiglia quando Angelo e Alessandro, due dei figli della coppia, decisero di seguirne le orme: il primo scolpisce oggi per il negozio e la galleria di Poschiavo, mentre il secondo gestisce dal 2003 insieme con la moglie una nuova bottega d’arte su pietra a Pontresina. Insomma, una vera e propria azienda familiare, che comporta spontanea e piena dedizione, collaborazione e dialogo costante. Conoscere e approfondire questa professione che, non dimentichiamo, accompagna la storia dell’uomo dalle sue origini fino ai giorni nostri attraverso la fabbricazione di utensili primitivi, edifici sacri, monumenti, statue e amuleti propiziatori, significa innanzitutto indagare sui processi psichici e pragmatici che ne guidano il fare artistico: quando e come la pietra prende la forma dell’arte? Nella speranza di trovare risposta, mi dirigo verso il laboratorio stone-art, dove potrò osservare da vicino ciò che accade tra le sue mura. All’esterno dell’edificio giacciono diversi cumuli di sassi di altrettante dimensioni e tonalità, in attesa di essere scelti e mo- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 108 salute. Grazie al suo talento, intraprese da autodidatta la carriera artistica di pittore, che lo portò a diventare il maggior rappresentante del Biedermeier, il movimento artistico e ornamentale molto in voga tra la borghesia tedesca e austriaca nella prima metà del XIX secolo. Di lui sono esposti quattro deliziosi bozzetti, in cui egli dimostra la cura del dettaglio con cui preparava la realizzazione delle sue opere. Particolarmente significativo il disegno L’addio, in cui una figura slanciata si delinea nel momento del distacco (no. 116). Altri due dipinti ad olio, Studio su ortiche morte (no. 98) e Facciata con finestra e spalliera di rose (no. 97), testimoniano la sua abilità nel cogliere l’espressività del dettaglio. L’arte scultorea su pietra trova la sua più originale e libera espressione dal 1997 presso l’atelier poschiavino stone-art, tra le mani di Michelangelo: dopo un viaggio lungo oltre 150 milioni di anni, pietre locali quali serpentino, marmo Sassalbo, giada nefrite e granito diventano protagonisti di una raffinata lavorazione a mano, che conferisce a sculture, piatti e gioielli un fascino artigianale senza tempo. La bottega e la galleria d’arte, situate nel borgo secentesco, furono ideate e realizzate già nel 1986 da Graziella Crameri Boninchi, in arte Ceia, la quale intraprese inizialmente la propria attività come pittrice e, solo dopo un lungo percorso, passò all’arte su pietra, grazie alla preziosa collaborazione di Michelangelo, suo marito. Quest’ultimo si adoperò quindi per trasformare la sua passione per la scultura in una vera e propria professione, a cui dedicarsi con entusiasmo e piena libertà espressiva. 109 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 110 111 dellati; tra di essi individuo presto il granito, accatastato su scaffali blu accanto all’entrata: ha una struttura cristallina a macchie, riconoscibile a colpo d’occhio perché tipica delle rocce ignee, formatesi in seguito al raffreddamento e alla cristallizzazione magmatica milioni di anni fa. In particolare, il granito Palü, il granito Cavaglia e il granito verde Andeer, provenienti dai siti suggeriti dalle rispettive denominazioni, hanno elevata compattezza e grani abbastanza grandi, segno distintivo di un lungo e lento processo di raffreddamento. Adiacenti al granito, ciottoli grezzi di serpentino nero e verde poggiano a terra, estratti in parte dalla cava di Selva, in parte reperiti dalle ricerche della famiglia che, durante il fine settimana, intraprende escursioni nelle zone boschive adiacenti dove individua e raccoglie le pietre adatte alla futura lavorazione, sempre nel rispetto dell’integrità paesaggistica. Appena varcata la soglia dell’atelier, vengo accolta dall’odore metallico della pietra tagliata: la polvere generata dalla lavorazione a mano è densa, anche se in gran parte aspirata dalle macchine del sistema di ventilazione. Oltre a numerose lastre ricavate da pietre di origine estera, un cumulo di rocce di tonalità variabili dal verde pallido al verde scuro è stato accuratamente riposto in un secchio, accanto ad un grande piano di legno dove si svolgono bocciardatura e levigazione: si tratta di nefrite proveniente da Scortaseo, rara e dotata di una durezza notevole, conferitale dalla tipica struttura fibrosa, all’apparenza squamosa, che la contraddistingue. Come convenuto, siedo in disparte e, in silenzio, presto attenzione ai gesti e all’espressione del volto di Angelo mentre ricava una ciotola da un marmo, una roccia splendente (così come suggerisce la sua etimologia) dalle tinte rossastre solcate da venature bianchissime: si tratta di marmo Sassalbo (o marmo Urezza), una pietra nota a molti in queste zone. Angelo studia dapprima la forma del pezzo grezzo, la capovolge più volte, poi ne valuta la struttura per assicurarsi della sua giusta compattezza e dell’eventuale presenza di Panoramica di sculture realizzate a mano dagli artisti della galleria d’arte “stone-art” di Poschiavo (foto in alto) “Sole”, granito Palü scolpito a mano da Angelo Boninchi (foto a sinistra) punti fragili; ha un’espressione severa e accorta: lo scultore non si lascia cadere nella benché minima distrazione. D’un tratto il ragazzo afferra e indossa la maschera protettiva che ciondola da un chiodo fissato sull’armadio, mentre lo sguardo rimane fisso su quella stessa pietra, quasi a non voler dimenticare le proprie intenzioni a riguardo. “Ciotola”, Marmo Sassalbo di Poschiavo scolpito a mano da Angelo Boninchi Il procedimento tecnico-pratico comincia ora con il taglio verticale del blocco, accompagnato dalla rimozione del materiale in eccesso tramite l’utilizzo di un grosso martello e di diversi scalpelli, fino alla sua rifinitura. Il marmo grezzo cambia gradualmente aspetto, assumendo le sembianze di un oggetto affascinante, unico, all’apparenza nato spontaneamente dal suo interno. L’operazione ha richiesto diversi giorni, con precisione e determinazione costanti al fine di ottenere la consistenza plastica corrispondente all’idea iniziale dell’artista: la ciotola è finalmente completa e pronta per l’esposizione al pubblico accanto a sculture, vasi e gioielli di pietra locale, tutti certificati dal prestigioso logo Swiss Made. La pietra ha così assunto la forma dell’arte nello sguardo e nella mente dell’osservatore, ora in possesso della giusta chiave di lettura per poter formulare un giudizio di gusto consapevole delle intenzioni dell’autore e del suo rapporto con il mondo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Tradizione e cultura sulla piazza del borgo Il burattinaio Dino Beti incanta i bambini mentre dà vita ad una sua creatura 112 Da ben quasi trent’anni sulla storica piazza di Poschiavo durante la stagione estiva ha luogo un tradizionale e tipico mercatino. Chiamato più comunemente e amichevolmente Marcù in plaza dalla gente del posto, raggruppa diverse bancarelle che espongono prodotti alimentari e artigianali locali. Fondato alle sue origini da Alfonso Colombo, allora presidente dell’Ente al proprio volere, anche questa una capacità che va purtroppo scomparendo. A queste piccole perle se ne aggiungono altre all’interno del Marcù in plaza, la Tessitura della Valposchiavo propone tessuti e colori per un arredamento originale, particolare e curato degli spazi abitativi, soluzioni diverse e alternative alla monotonia dello smercio di massa dei grandi magazzini. turistico della valle di Poschiavo che ha saputo essere al momento opportuno non solo idealista ma pure lungimirante, accoglie ogni anno turisti e visitatori che cercano quel qualcosa di particolare e genuino in questo piccolo angolo di terra. Ricordiamo come primo presidente del Marcù in plaza l’infaticabile Andrea Compagnoni che per anni si è dedicato anima e corpo a questa società. Si ha l’opportunità in breve tempo, prendendo parte all’evento, di soffermare lo sguardo sulle risorse del territorio della Valle per scoprirne le raffinatezze che si credevano ormai perdute. La nostra società rincorre l’alta produttività, spesso questi obiettivi hanno offuscato il principio dell’originalità e della provenienza dei prodotti in generale. Dunque oggi come non mai è importante ritrovare la forza che sta dentro l’uomo: la creatività. Valorizzare l’artigianato in questo nostro tempo dove tutti sembrano viaggiare con la valigetta in mano è fondamentale: chi ha dei talenti deve poterli esprimere, perché quella nella vita è la sua vera strada, le intelligenze che compongono l’essere umano sono diverse. Così passeggiando tra le variopinte bancarelle che compongono un mercatino tipico Non dimentichiamo anche coloro che lavorano a maglia, cuciono e ricamano per passione e puro piacere offrendo una vasta scelta dei loro prodotti: per apprezzare ciò che è parte della nostra cultura, chi non rimembra in famiglia qualcuno che infaticabilmente sferruzzava nelle lunghe sere d’inverno? Al mercatino emergono anche ingegno e idee innovative: per esempio borse in stoffa di varie misure, allegre e indispensabili per proteggere l’ambiente in sostituzione al più banale sacchetto di plastica che deturpa l’ambiente e non può essere utilizzato a lungo. La Valposchiavo è circondata da maestose montagne, ognuna ha le proprie caratteristiche, le differenti pietre che vi si possono trovare costituiscono tuttora una valida risorsa per la lavorazione del serpentino, del marmo del Sassalbo, del granito e della nefrite che si possono ammirare in oggettistica e gioielli sempre durante questo appuntamento con la tradizione. C’è chi dipinge sul posto acquarelli speciali che riproducono la natura della valle e i suoi paesaggi incantati attraverso riproduzioni fedeli e tinte delicate. e caratteristico come lo è il Marcù in plaza, lontano dalla concezione di fiera sovraffollata dove si può scovare di tutto e di più, si possono ritrovare delle abilità manuali tramandate da generazione in generazione. Gli occhi dei bambini e non solo restano affascinati dal burattinaio che direttamente sulla piazza dà anima alle sue creazioni: ritornano personaggi, storie e racconti che rivivono nelle espressioni di quest’arte. I resti dell’intaglio cadono a terra attorcigliati dagli utensili e dalla forza umana, è l’odore del legno, della montagna a rendere attento il passante. Ceste, cestini e piccole gerla di Romolo Gosatti raccontano la pazienza e il silenzio di intere ore passate a intrecciare, bisogna saperle conoscere le proprietà del legno per piegarle Una tipica bancarella del tradizionale mercatino sulla storica piazza Per chi ama farsi rapire dal palato non può mancare l’occasione per degustare vini, grappe, liquori, succhi di frutta, insaccati, sapori- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Lara Boninchi Lopes Servizio fotografico a cura dell’autrice 113 Qui la Valposchiavo ti formaggi, la tipica ciambella poschiavina, pasta tradizionale, biscotti, miele profumato, il burro dell’alpe e dolci marmellate provenienti dalla produzione locale. Per progettare il futuro è necessario conoscere il passato, in questo caso fatto di tradizione e cultura, un’idea partita con l’intento di rafforzare l’immagine di una regione discosta dai grandi centri che sta lavorando per il riconoscimento delle proprie risorse. Approfittare di una gita estiva in treno sulla Linea del Bernina includendo anche una visita al tipico Marcù in plaza è un’alternativa per vivere da vicino la Valposchiavo, in questa speciale manifestazione si fondono ricchezze comuni a testimonianza di usanze e di una manualità tutte da riscoprire. 114 Pubblicità «Benvenuti a La Gatta!» Per vigneti, una della cantina, cantina, un un’assaggio dei nostri nostri vini vini Per una una passeggiata nei vigneti, una visita della assaggio dei Aperto Aperto da da aprile a ottobre ottobre da da martedi martedì al sabato: mattino 10.30 –12.30, - 12.30, pomeriggio 15.00 15.00 –19.00 - 19.00 FRATELLI TRIACCA 7748 Tel.081 7748 Campascio/GR, Campascio/GR, Tel. 081 846 846 51 51 06, 06, Fax Fax081 081846 8465718, 5718,[email protected], [email protected], www.triacca.com www.triacca.com La coltivazione del tabacco in Val Poschiavo voro nella produzione. Di conseguenza fu un incentivo per l’economia. Giancarlo Zala Coltivazione La memoria delle immagini si deposita in noi ed è quella a cui leghiamo i sentimenti, sostiene lo psichiatra italiano Vittorino Andreoli. Sono dell’opinione che la trasmissione ai posteri è cultura, attraverso la quale passano le emozioni senza formalismi. La coltivazione del tabacco è una conquista del mondo. In Europa fu introdotta nel 1518 da un missionario spagnolo, il quale donò alcuni semi al futuro imperatore spagnolo Carlo V. Per il suo contenuto in sostanze stimolanti, il tabacco è considerata una pianta medicinale adatta ai più diversi mali; venne denominata «erba santa». Nell’America del Sud veniva usato per riti religiosi. Nel 1560 il tabacco fu introdotto in Francia. Il cardinale Tornabuoni fu il primo a portarlo in Italia, mentre Sir W. Raleigh lo portò in Inghilterra, dove iniziò una vasta produzione di tabacco. In diversi stati fu inizialmente combattuto da leggi ed editti restrittivi. In Francia la vendita fu proibita; il Papa Urbano VIII scomunicò addirittura i fumatori! Diffondendosi nel mondo, il tabacco si è differenziato in moltissime varietà, merito della sua alta adattabilità a differenti ambienti. I continenti dove la coltivazione è (o era) più diffusa sono: l’Asia (soprattutto Cina, India, Turchia), l’America (Stati Uniti e Brasile), ma è presente anche in Africa, Oceania, Europa (Italia, Grecia, Bulgaria, Polonia, Russia) e appunto in Val Poschiavo. La coltivazione del tabacco ebbe una forte espansione in Europa, riempì un periodo vuoto nell’agricoltura e procreò la- Il ciclo completo della coltura, comprende essenzialmente tre fasi: semenzaio, coltivazioni in campo e cura. Senza entrare nel dettaglio tecnico di tutto il ciclo, ricordo soltanto: - il trapianto; - l’asportazione dell’infiorescenza principa‑ le (cimatura) e dei germogli ascellari, con lo scopo di aumentare il peso delle foglie; - la raccolta a foglie singole viene effettua‑ ta quando le medesime hanno raggiunto un giusto grado di maturazione; - infine, per non vanificare tutto il comples‑ so lavoro di coltivazione, è necessario di‑ fendere il tabacco nel ciclo vegetativo du‑ rante il quale è soggetto a malattie, pa‑ rassiti, avversità, siccità, intervenendo con mezzi preventivi di difesa e con appropria‑ ti trattamenti e concimazione (potassio); - chi poteva permetterselo (ed erano pochi) assicurava il raccolto contro la molto te‑ muta grandine. Storia Nel 1950 il Canton Grigioni ha compiuto il passo da un’economia agricola ad un’economia di servizi. La modernizzazione economica del Cantone passa essenzialmente dal turismo e dall’industria idroelettrica. La progressiva realizzazione della rete viaria permette l’inserimento dell’agricoltura grigionese in un’economia di mercato, soppiantando quella di sussistenza familiare, stimolando tutte le coltivazioni possibili. Non dimentichiamo che nonostante il tradizionale spirito autarchico degli svizzeri, nei periodi di crisi si dovette ricorrere ai razionamenti che divennero sempre più duri (piano Wahlen!). Il riso, per esempio, uno degli alimenti tradizionalmente più diffusi, scomparve addirittura del tutto dai generi distribuiti. Questa situazione diede origine alla nascita, per la prima volta, di un contrabbando «in den- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Esther Roos dipinge sul posto i suoi acquarelli 115 116 tro», proveniente dall’Italia. Ricordo bene come da ragazzo, per diversi anni, mi rifiutavo di mangiare riso poiché, ad insaputa dei miei genitori, osservai come delle donne dei Baruffini e di Roncaiola estraevano dei sacchettini di riso nascosti sul seno. Nel corso del XIX secolo in Val Poschiavo viene introdotta la coltivazione del tabacco. Di conseguenza si introduce una manifattura, che verso il 1870 impiega a Prada una cinquantina di donne e uomini. Malgrado il tentativo di creare impulsi alla modernizzazione economica, non riesce tuttavia a sopravvivere a lungo. La coltivazione del tabacco continua a rappresentare un’importante fonte d’introito per i contadini del brusiese fino agli anni ottanta del secolo scorso. All’inizio del Novecento al turismo si affianca l’industria idroelettrica. La costruzione della centrale di Campocologno risale infatti al 1907 e fornisce la necessaria corrente alla Ferrovia del Bernina, nata appunto in quell’epoca e della quale festeggiamo quest’anno il 100º anniversario. (Informazioni da: La via grigione alla modernità di Andrea Tognina). Ricordi vissuti «Hia, stà a solc Nani», sussurrava l’esperto Bleck di Campascio al suo mansueto cavallo, che con passo tranquillo e regolare trainava l’aratro sollevando una fetta di 15-20 cm di terra, ribaltandola sul terreno lavorato nel passaggio precedente. Delle donne seguivano l’aratro e appianavano la soffice terra. Gli altri specialisti di aratura erano: ul Pa gani della Pergola, soprannominato Stortu e al Giuspin dai Monas di Brusio Prati. Raramente imprecavano allorquando la lama incontrava delle pietre. Bisogna precisare che il terreno arato era stato ingrassato nell’autunno precedente con vero letame da stalla, poco dopo aver strappati e bruciati i bac, lo stelo della pianta del tabacco. Terminata l’aratura si formavano delle aiuole e si procedeva manualmente al trapianto delle piantine, da 30 a 40 cm una dall’altra e su due file. Le stesse venivano coltivate in apposite serre a Campascio e Zalende (Della Ca, Chitvanni, Zala ed altri) e dovevano essere regolarmente innaffiate. Purtroppo l’acqua a quei tempi non giungeva sul campo come oggi, tramite comode tubature, ma doveva bensì essere trasportata dalla più vicina fontana o solco. Per razionalizzare si collocavano nei campi dei fusti di lamiera recuperati. Con il caldo le piantine crescevano lentamente e dovevano essere difese con appropriati trattamenti. Purtroppo a volte venivano completamente distrutte dalla grandine, con ingenti perdite per chi non si era assicurato. A dipendenza della qualità del tabacco si lasciavano sulla pianta da 10 a 11 foglie. A fine estate, quando le foglie manifestavano una variazione cromatica dal verde scuro al verde chiaro o dal verde chiaro al giallastro, si cominciava a togliere le prime, dal basso verso l’alto. Il trasporto verso l’essiccatoio, in genere era in solaio, avveniva tramite carro e cavallo, oppure a spalla per mezzo del campac. All’età di 14-15 anni facevo dei trasporti con la bicicletta. Mi pagavano un tanto per viaggio, che con i soldini guadagnati nell’assemblaggio delle cassettine per i mirtilli dei signori Triacca (mi sembra erano 5 cts per cassettina), sono riuscito a racimolare la somma necessaria per farmi confezionare da una sarta una giacca par li festi del valore di sessanta franchi. Quante sudate! Mi permetto di citare una frase di un grande profeta, quale metafora della convinzione ferma del buon credente anche durante le difficoltà: «Ma se nella vostra sofferenza dite che nascere è un tormento e sostentare la carne una maledizione scritta in fronte, io vi rispondo che nulla tranne il sudore della fronte laverà ciò che vi è scritto». Altri tempi, non si parlava di sfruttamento giovanile allora; si cercava di aiutarsi l’un l’altro come meglio si poteva. Nel locale le foglie venivano appoggiate con la punta verso l’alto e ricoperte con dei panni che aiutavano la fermentazione (macerazione). A dipendenza del clima, dopo alcuni giorni, allorquando le foglie erano giallognole, venivano pazientemente bucate ed infilate con lo spago sulla costa, una ad una, tramite un lungo ago ricavato generalmente da una intelaiatura di ombrello. La lunghezza dello spago dipendeva dalla distanza che incorreva tra una trave e l’altra, sotto le tegole del tetto. All’estremità dello spago venivano formati dei lacci, i quali permettevano di fissarli ai chiodi delle travi. Alle volte lo spago era Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Coltivazione del tabacco a Campascio, varietà “paesana” tra il 1940-1950. Sullo sfondo si vede ancora la “centralina” quando si sfruttava l’acqua del Saiento. Foto M. Fanconi: archivio fotografico Dario Monigatti 117 commercio con l’Engadina, le entrate supplementari del tabacco aiutavano a superare questi periodi di magra. Posso accennare che mio padre, elettricista presso le Forze Motrici Brusio, riusciva, non senza l’incondizionato e totale contributo e dedizione di mia madre, a coltivare quel poco di tabacco, che unitamente ad altri sacrifici, mi ha permesso di portare a termine i miei studi commerciali presso un collegio della Svizzera interna! Divieto di fumo Il tabacco pone problemi tossicologici di notevole complessità, anche per via dell’alto numero di componenti potenzialmente pericolosi quali l’ossido di carbonio, i gas e vapori irritanti, le sostanze con potere cancerogeno come l’arsenico, il cromo e il catrame, oltre naturalmente alla nicotina. Il tabacco è sottoposto a monopolio di stato. Ultimamente la sensibilizzazione contro il fumo in generale, a tutela della salute dei non fumatori, che condivido, a buona ragione è stata intensa ed è pure stata coronata da successo, malgrado l’introduzione del divieto con le sue incognite abbia incontrato ed incontra ancora forti resistenze. Penso alla reazione del mio buon papà se gli avessero detto «Tore, guarda che chi sa pö miga füma, va fora a füma la tua Parisienne!», nel momento in cui gustava il suo bicchiere di vino all’osteria. O anni prima ancora, durante la costruzione della Ferrovia del Bernina, quegli umili, tenaci e forti operai, dopo settimane trascorse in condizioni precarie di alloggio in alta montagna, si fermavano nella prossima bettola dove consumavano Valtellina a damigiane e si sfogavano con il rumoroso gioco della morra. E guai a chi sgarrava ritirando volontariamente un dito. Altri tempi, persone umili ma oneste. Quando si parla di tabacco e droga si guarda sempre all’estero. È bene sapere che pure la nostra Valle, sebbene modestamente, ha prodotto del tabacco; forse i coltivatori erano ignari delle conseguenze catastrofiche che i loro sudati prodotti procuravano. Filippo Crameri il controllore Andrea Paganini Il mio padrino? Filippo Crameri era il suo nome, però in paese tutti lo chiamavano Pippo Pezeta. Era cresciuto a Roma, ma dalla metà degli anni Trenta abitava, come noi, in Via da li Sberleffi, a Poschiavo, e le nostre famiglie, già imparentate, si erano molto affiatate. Lavorava per la Ferrovia del Bernina come controllore. Fisico asciutto, tutto attillato nella sua impeccabile divisa da ferroviere, partiva il mattino e tornava la sera, dopo aver percorso nei due sensi l’intera tratta, a nord, fino a St. Moritz, e poi a sud, fino a Tirano, o viceversa. Era stato anche attuario del Comune e aveva messo su carta la prima proposta del regolamento per la cassa malati. Non aveva molti amici, ma non pochi impiegati della Ferrovia si rivolgevano a lui per dirimere le proprie grane sul lavoro. Soprattutto gli operai della linea, quando si sentivano vittime di qualche ingiustizia, consultavano Pezeta: possedeva l’autorevolezza, dicevano, di esporsi di fronte a chi comandava, il coraggio di stare dalla loro parte anche davanti al direttore Zimmermann. A volte compiva lunghi viaggi fino a Davos, a Zurigo, a Berna, per incontrare amici suoi che si impegnavano a difendere i diritti dei lavoratori. A volte, invece, erano loro – anche persone importanti – che arrivavano a Poschiavo e, per incontrarlo, venivano in Via da li Sberleffi. Dietro quei baffetti sobri, dentro quello sguardo franco, onesto, vigile, l’attenzione alla vita sociale era bilanciata da un’assoluta riservatezza. Poi avvenne il fattaccio. Certo, lo so, dopo quel giorno cominciarono a diffondersi in paese le mormorazioni, le maldicenze, le calunnie. Ma io non ci badavo. Ti sei chiesto su cosa erano fondate? Qual era la sua colpa? Senza dubbio la legge va rispettata; ma vi sono dei casi in cui la legge si oppone alla morale; e allora io penso che si debba seguire la voce della coscienza. Avendola, una coscienza, ovviamente. Fu Emilia, la sua quintogenita (che a sua volta era figlioccia di mio padre), a raccontarmi i dettagli, anni dopo. «È passato molto tempo – ero una ragazza, allora –, ma i ricordi sono ancora nitidi. Quegli amici che venivano a trovare papà erano degli antifascisti, per lo più socialisti; arrivavano a Poschiavo in treno, dall’Engadina, e li ospitavamo in casa nostra. Di un paio ricordo il nome: Piero Pellegrini era un giornalista ticinese che dirigeva Libera Stam pa, il primo giornale in Europa schierato contro il regime di Mussolini (lo ricordo an- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 118 troppo corto e si strappava, oppure troppo lungo e bisognava rifarlo. Quante imprecazioni, ma mai una bestemmia. Così appese le foglie di tabacco rimanevano fintanto che erano ben essiccate. Alcuni coltivatori, come al Geni da Zalende, avevano costruito degli appositi essiccatoi, che purtroppo non servirono per lungo tempo perché la coltivazione del tabacco cessò nel 1991. Nel tardo autunno, aiutati dal clima umido e dalla nebbia, le foglie inumidivano e si potevano togliere. Se necessario a volte questo processo avveniva servendosi di vapore prodotto dai forni a legna, che servivano in primavera per sterilizzare la terra delle serre. Le foglie di tabacco venivano pressate in balle e trattenute da appositi telai di legno forniti appositamente dai compratori del tabacco. Le balle pesavano 25-30 kg e venivano trasportate a Campascio; di regola il locale di raccolta era presso il garage del Diego, Rico e Toni Triacca. Qui gli appositi stimatori valutavano la qualità (colore, grandezza, tatto, rottura ecc.) e ne fissavano il prezzo, a volte dopo vivaci discussioni. Mi sembra che fungevano da regolari stimatori i vari Giacumin Rampa, al fant Carlin e suo figlio Renzo, il dr. Plinio Zala, per citarne alcuni, che erano coadiuvati da specialisti ed acquirenti ticinesi. Il prezzo variava: per il nostrano pagavano 10-11 franchi, mentre per il migliore si potevano raggiungere i 14-15 franchi. Purtroppo non sono riuscito a reperire una fattura che testimoni il prezzo. Ogni azienda familiare produceva circa da 300-400 kg per stagione. A coltivare il tabacco erano in genere piccole aziende agricole o a tempo libero (impiegati e operai), con la preziosa collaborazione di tutta la famiglia; un ulteriore sostentamento economico familiare. Bisogna qui accennare che chi viveva della sola agricoltura, ortaggi o frutta, serviva essenzialmente la ristorazione della vicina Engadina. Regolarmente, 2-3 volte la settimana, questi apprezzati prodotti agricoli venivano trasportati di buon mattino in Engadina tramite piccoli camion. Terminata la bella stagione e di conseguenza il 119 guardaroba, frugai nelle tasche (sapevo che a volte vi teneva dei dolciumi); ma trovai solo un pacchetto di caramelle Herbalpina vuoto; o meglio: vuoto di caramelle, ma pieno di lettere del suo amico scrittore. Avemmo appena il tempo di rimetterci a tavola, quando risuonò il campanello. E io scattai nuovamente ad aprire. Ma non fu necessario: tre uomini, due in civile, che non conoscevo (erano giunti da St. Moritz), e uno in divisa di poliziotto, il signor Jörger, erano già nel corridoio ed esibivano in mano un mandato di perquisizione. La mamma allora dovette lottare con se stessa per mascherare l’agitazione: “Finite di mangiare e poi andate a letto”, disse a me e Filippo, mentre invitava i tre uomini a prendere posto in salotto con Oreste. In bella mostra sullo scrittoio c’era la macchina per scrivere di papà; nel cassetto i fogli bianchi. La corrispondenza la teneva invece in un raccoglitore giallo, conservato dentro l’armadio grande in una delle stanze da letto. A un certo punto mamma, con la scusa di dover andare in bagno, uscì dal salotto e passò davanti alla cucina. “Cos’è successo?” le chiesi. “Niente cara. Ora andate a letto”, ci disse baciandoci sulla fronte, e mi sussurrò all’orecchio: “Nascondi il raccoglitore giallo!”. Poi rientrò nel salotto. Io subito feci come mi aveva detto, ma prima di recarmi in camera, passai per il guardaroba e presi con me anche il pacchetto di Herbalpina. Compii ogni cosa fischiettando, non so se per dissimulare o per addomesticare l’ansia. Indossai la camicia da notte e, spenta la luce, m’infilai sotto le coperte, stringendo fra le ginocchia il raccoglitore e la busta. Intanto i poliziotti perquisirono i locali della casa; rovistarono anche dentro l’armadio grande. Per ultima aprirono la porta della nostra camera, ma la mamma li avvisò subito: “Quella è la stanza dei bambini”. Passarono allora secondi interminabili. I poliziotti non accesero la luce, ma ci scorsero nella penombra; eravamo svegli, ma immobili come se dormissimo. Scambio di sguardi interrogativi tra di loro. Infine se ne andarono, portando con sé alcuni plichi di carte da esaminare. La mamma li accompagnò fino alla porta d’entrata, che richiuse col chiavistello. La sentii rientrare e ci abbracciammo. Ora non si tratteneva più: tremava, sgomenta, mentre un rivo di lacrime le solcava il viso. Con la mano avvertì sotto le coperte del mio letto la busta e le lettere. Un fremito: “Queste vanno fatte sparire!”. Le raccolse e con Oreste scese in cantina al lume di una candela. La notte fu lunga. Fuori, sull’orto, la prima neve si mescolò con la cenere impalpabile, ricoprendola per sempre sotto una coperta bianca. Papà tornò a casa in tempo per festeggiare il Natale. Era il 1942». Fin qui, Emilia. Ma cos’era successo? Per non crucciare la moglie, Filippo aveva pensato di farsi mandare i pacchetti compromettenti che gli giungevano da Zurigo a un indirizzo diverso. A St. Moritz, tra una corsa e l’altra, era solito bere un caffè all’Hotel Bellaval, giusto davanti alla stazione, dove lavorava un’impiegata che aveva preso in simpatia. Era una persona affidabile e gli aveva detto che poteva farseli spedire lì all’albergo, i pacchi da Zurigo. Quel giorno però (era il 10 dicembre), quando il postino consegnò il pacco, alla reception trovò un’altra impiegata, la quale a sua volta trovò curioso che Filippo Crameri si facesse recapitare la posta proprio lì. E aprì il pacchetto. Dentro trovò delle matrici per la stampa di volantini e altro materiale di propaganda antifascista. Filippo, come d’abitudine, avrebbe occultato tutto nell’intercapedine di una carrozza e l’avrebbe introdotto segretamente in Valtellina, per consegnarlo a Giuseppe Pini, capostazione di Tirano (che del resto era anche un suo lontano parente), il quale a sua volta avrebbe recapitato i cliché a un’improvvisata tipografia clandestina. Le guardie di confine? A nessuno veniva in mente di controllare… il controllore. Quel giorno, quando il convoglio del treno si arrestò alla stazione di St. Moritz, Filippo scese senza fretta dalla carrozza per avviarsi, com’era solito, al Bellaval. Ma appena mise piede a terra, vide una cosa che non s’aspettava: in fondo alla banchina due poliziotti non lasciavano dubbio sul fatto che stessero aspettando qualcuno e non fu piacevole accorgersi, dallo sguardo e dall’atteggiamento, che l’aspettato era lui. L’impiegata sospettosa aveva informato la polizia del suo ritrovamento e la trappola era scattata inesorabile. Filippo fu portato in prigione, dapprima a St. Moritz, poi a Coira. Si effettuarono altre perquisizioni; vennero arrestati Ignazio Silone, Piero Pellegrini e altri due membri dell’organizzazione clandestina. Fu in quell’occasione, dalla Caserma cantonale di Zurigo, che lo scrittore esule redasse il famoso Memoriale alla Procura Fe derale Svizzera, un testo formidabile in cui, oltre a spiegare il suo dramma e l’itinerario da lui percorso negli ultimi anni alla conquista della propria umanità, prendeva le difese dei suoi compagni di sventura. Era il 17 dicembre del 1942. L’accusa, per Silone, era di attività politica illegale; per Crameri, invece, di violazione della neutralità svizzera. Dopo pochi giorni tutti e cinque gli amici furono rilasciati. Ma intanto, in Valle, la gente pettegola sparlava del controllore che era stato messo in carcere e lui, a dirla tutta, non fece nulla per sottrarsi all’isolamento. In Ferrovia gli proibirono di continuare a percorrere la tratta; fu spostato a lavorare in officina e solo nel Dopoguerra poté tornare a fare il controllore e a varcare il confine. Ma Filippo Crameri era il mio padrino. E io ne sono fiero. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 120 che perché mi portava in regalo del cioccolato, di cui andavo ghiotta). Ignazio Silone invece era un italiano rifugiatosi in Svizzera per sottrarsi al Regime, prima nei Grigioni e poi a Zurigo, dove era diventato uno scrittore famoso; a casa nostra avevamo un paio di libri suoi fatti stampare in Svizzera. Mamma cucinava per tutti e, per stare comodi, si mangiava in salotto. Noi ragazzi avevamo sempre l’impressione che fossero momenti importanti, memorabili. Qualcuno degli ospiti, scherzando, mi chiamava Signo rina No prendendosi gioco del mio modo asciutto di rispondere. Dopo il pranzo papà rimaneva solo con loro. Soprattutto con Silone (credo che l’avesse conosciuto in Engadina o a Davos, dove si recava di tanto in tanto per incontrare l’avvocato Silberroth), mio padre intratteneva una fitta corrispondenza, per lo più ricorrendo a pseudonimi. A volte giungevano a casa anche dei pacchi che suscitavano la nostra curiosità. “Ci sarà del cioccolato dentro?”, ci chiedevamo; e non di rado, mio fratello ed io, li aprivamo per curiosità. Ricordo che una volta – che delusione! – ci trovammo un maglione e un pigiama; un’altra volta scovammo degli oggetti strani con delle parole scritte a rovescio che avevo già visto nella Tipografia Menghini (ero amica di Celina e l’aiutavo a distribuire i giornali). Così come arrivavano, i pacchi sparivano; ma la mamma non era contenta di quel viavai di scatole in casa nostra e a volte litigava anche con papà. Una sera – eravamo seduti a tavola per la cena: mamma, i miei fratelli Oreste (il maggiore) e Filippo (che allora era il più piccolo) ed io, che avevo 14 anni – suonarono alla porta. Di scatto corsi ad aprire, curiosa: mi piacevano le sorprese. Era il volto noto del macchinista Menghini. Portava il mantello che papà aveva lasciato in un vagone: “Pippo ha perso il treno stasera; si ferma a dormire Oltralpe”, spiegò alla mamma, consegnandomi il soprabito. Prima di appenderlo nel 121 122 Lara Boninchi Lopes Servizio fotografico a cura dell’autrice Il 1 luglio 1908 la Ferrovia del Bernina apriva i battenti d’esercizio sulla linea PoschiavoTirano e PontresinaMorteratsch, la diligenza postale che aveva scarrozzato i poschiavini per più di cinquant’anni partì per l’ultima volta verso Tirano la sera prima, fu salutata con nostalgia, ma la strada ferrata permetteva più celerità nel trasporto e un miglior benessere. Grazie all’impegno della manodopera impiegata che sopportò anni di duro lavoro e molte fatiche, il sogno riuscì a divenire realtà anche per la nostra Valle. Una vera Epoca dei Pionieri raccontata attraverso la storia e le immagini di una mostra che ci ricorda i punti salienti della costruzione della Linea del Bernina. Progetto studiato e realizzato in un contesto storico sociale, economico e politico difficile, con investimenti non indifferenti soprattutto dal lato umano. Ben 2’000 con picchi di 2’500 gli operai impiegati nei momenti di maggior intensità Un collegamento indispensabile per raggiungere località vicine e lontane Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Ricordato presso il Palazzo de Bassus Mengotti il centesimo anniversario della Ferrovia del Bernina 123 Una sezione della mostra: i tempi duri della costruzione, la manodopera si avvaleva di semplici attrezzature per la costruzione del nuovo percorso, gente che lavorava senz’altro in condizioni precarie con orari di lavoro estenuanti e norme di sicurezza assenti. Purtroppo le vittime segnalate per la realizzazione del tracciato e per le valanghe, come quella per esempio del 1934 che travolse un treno, fanno parte di questa storia, da non relegare nell’oblìo, fatta di fatiche e disagi, quella segnata dagli uomini, tanti i momenti di difficoltà e pochi quelli di gloria. Spettacolare la costruzione del ponte Cavagliasco che richiese agli operai particolari doti da funamboli. Attraverso la mostra si sono potuti ammirare i cantieri, illustrati grazie alle immagini provenienti dall’archivio fotografico di Luigi Gisep e della Ferrovia retica. Un disegno che può essere considerato geniale dal profilo tecnico e ingegneristico, pensato e realizzato per superare quasi 2’000 metri di dislivello in soli 40 chilometri in linea d’aria. L’esposizione è stata creata attraverso delle isole tematiche all’interno del Palazzo de Bassus Mengotti, le varie sezioni evocano i singoli aspetti del complesso contesto storico e ci riportano agli anni della realizzazione del progetto. Un viaggio a ritroso nel tempo sino ai giorni nostri con particolari riferimenti al tracciato che inizialmente doveva seguire gran parte della strada cantonale oppure al treno che avrebbe dovuto costeggiare il lago di St. Moritz, salendo verso il lago di Staz, per sfruttare al massimo la risorsa paesaggistica e che in seguito all’opposizione dei due comuni sostenuti dallo Heimatschutz obbligò ad adottare nuove soluzioni. La Ferrovia del Bernina non aveva solamente la funzione di anello di congiunzione con la vicina Italia e l’Engadina, ma nel contesto economico fungeva da ferrovia turisti- ca. Contraddistinta agli albori da vagoni di colore giallo in netta contrapposizione ai tradizionali vagoni dei treni a vapore, ne definiva anche l’appartenenza ad un determinato stato sociale. Ripercorrendo le fasi del progetto si ricorda che a Poschiavo solo 6 furono i voti contrari e 391 favorevoli alla realizzazione della nuova via di comunicazione, mentre a Brusio, in riferimento alla votazione del 1905, nessuno si pronunciò a sfavore, quindi una vittoria che si poté definire schiacciante a dimostrazione di una volontà ferrea indirizzata a superare l’isolamento sociale ed economico della vallata. La mostra racconta che ai comuni fu delegato l’increscioso compito di espropriare i terreni ai legittimi proprietari per lasciare spazio al collegamento ferroviario, impresa comprensibilmente ardua visto il sostentamento essenziale che forniva il settore agricolo a quei tempi. I proprietari di terreni situati nelle prossimità del Viadotto di Brusio non tardarono a fare ricorso nel vedersi sottrarre gli appezzamenti. La soluzione adottata per questa costruzione è senza ombra di dubbio ancora oggi la più spettacolare e contemporaneamente la più economica se valutata sotto l’aspetto dello sfruttamento territoriale. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Ritorno a casa di un esule relegato in Francia Qui la Valposchiavo Mario Costa 124 Visuale sulla sezione tecnica dedicata alla Ferrovia del Bernina, anche in questo campo il progresso è tangibile Momenti di crisi e incertezza generale colpirono la Ferrovia del Bernina con l’arrivo della Seconda guerra mondiale, l’intervento del cantone fu fondamentale per la linea che in seguito venne integrata nella Ferrovia retica. La popolazione della Valle di Poschiavo contestò i prezzi troppo elevati dei biglietti; ritenendo di non approfittare a sufficienza delle possibili agevolazioni che questo mezzo di trasporto avrebbe dovuto comportare, dando vita così a delle manifestazioni di protesta. Una storia raccontata al Museo Poschiavino, dove non poteva mancare lo spazio dedicato alla parte tecnica dei mezzi di trazione con immagini e dati specifici sugli spazzaneve rotativi, tuttora utilizzati d’inverno per l’eventuale sgombero di valanghe. Inimmaginabile oggi il fatto che in quegli anni i lavori di manutenzione della linea di contatto venivano eseguiti sotto tensione, grazie ai pali di legno e ad una tensione iniziale di 750v. Costumi, divise, attrezzature, arredamenti interni di vagoni, vecchi biglietti del treno, fotografie, mappe, piantine e altro ancora hanno arricchito l’esposizione; dunque un viaggio nella storia che contribuì alla realizzazione di un tale capolavoro! Il gruppo quasi al completo di chi ha contribuito al ripristino del coccodrillo del Bernina Ge 4/4 182. Un attore importante manca sulla foto: Franz Menghini, deceduto l’anno scorso; egli è stato un membro del Club, molto attivo nella ristrutturazione del locomotore. Un particolare riconoscimento va al deposito di Poschiavo, in modo speciale a Davide Menghini, Silvio Pally, Michele Bondolfi e Mauro Isepponi per il contributo d’officina al ripristino. Foto: Tibert Keller I tempi cambiano e con loro anche i criteri e i modi di considerare le circostanze. Nel 1984 l’anziano e storico locomotore del Bernina Ge 4/4 182, considerato come oggetto da buttare, era stato venduto per pochi soldi a una persona privata in Francia, che non potendo però usarlo per lo scopo previsto, lo ricoverò nei pressi di Grenoble su un binario morto. Dopo 15 anni di sosta nell’intrico e giungla del Delfinato francese, come la bella addormentata nel bosco, qualcuno si ricordò di questo trascurato cimelio. Con degli sforzi non indifferenti, un gruppo di appassionati appartenenti al Club 1889 ‹www.club1889.ch›, riuscì a riportarla alla terra d’origine. Il 20 maggio 2000 l’esule coccodrillo del Bernina fece il suo rientro trionfale alla stazione di Poschiavo, naturalmente, essendo parecchio distrutto dai vandali e dal tempo, non con le proprie forze, ma spinto da un locomotore in esercizio. Il locomotore Ge 4/4 182 è stato fornito alla linea ferroviaria del Bernina il 10 marzo 1928, costruito dalle ditte Fabbrica di locomotive a Winterthur (SLM) e Società anonima delle officine Sécheron a Ginevra (SAAS). Vari avvenimenti hanno segnato il percorso di questo mezzo di trazione che ha fatto la sua storia durante 50 anni d’esercizio, ossia fino alla messa fuori servizio nel 1978. Nel 1944, con la fusione, è diventato proprietà della Ferrovia retica. L’iscrizione originaria BERNINA sparì e fu sostituita con la definizione del nuovo proprietario, ossia RhB. Il locomotore ha percorso durante i suoi 50 anni di esercizio: 1’033’911 chilometri, ciò che corrisponde a 25 volte intorno al globo. In certi periodi il locomotore era in servizio 22 ore al giorno, due ore per le verifiche e poi di nuovo in servizio. Il locomotore Ge 4/4 182 dopo la fase di ripristino si presta al fotografo in livrea completamente rimessa a nuovo. Foto: Mario Costa Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Troppo alte le tariffe del treno per gli indigeni, curiosa protesta! (Archivio fotografico Luigi Gisep, Poschiavo) 125 126 Antonio Giuliani Oltre 100 giornalisti provenienti da tutto il mondo, con ritrovo ad Alp Grüm, hanno trasmesso in varie lingue la storia di questa perla. Foto: Mario Costa Il locomotore Ge 4/4 182 sul viadotto di Brusio. Quante volte l’avrà percorso in 50 anni? Da calcoli approssimativi esso è transitato circa 25‘000 volte su questo ponte. Foto: Marco Fighera Nel 1946 sono stati tolti i grossi vomeri sgombera neve, poiché essi si erano rivelati inefficienti per uno sgombero intelligente della neve in tratta. La sua definizione iniziale era Ge 4/4 82; nel 1961 è stato aggiunto una 1, ottenendo così la definizione 182. Nel 1977 fu messa fuori servizio. Dopo una nuova verniciatura fu trasferita nel 1978 al museo dei trasporti a Lucerna in occasione dell’anno dei coccodrilli ferroviari. Qui rimase fino al 1981. Nonostante sia unica al mondo, qualcuno ha ritenuto il suo valore storico non rilevante e quindi fu venduta nel 1984 a un acquirente francese, che avrebbe voluto metterla in esercizio sulla ferrovia St. Georges-de-Commiers - La Mure. La tensione nella linea di contatto di 2’400 V su questa linea ferroviaria era però troppo elevata per il coccodrillo del Bernina, il quale di conseguenza rimase abbandonato su un binario morto. Il 13 ottobre 1999 fu firmato il contratto di riacquisto del locomotore, il quale passò in proprietà dell’Associazione 182, affiliata al Club 1889. Nel giro di appena un anno dalla sua progettazione, la Comunità evangelica fu in grado di vedere sorgere rapidamente un palazzo scolastico, per quei tempi un’opera ragguardevole. Nel suo discorso per la festa di apertura, il pastore Otto Carisch, mette in risalto quei valori sociali, educativi e morali che non si addicono solo ad una o ad un’altra Comunità religiosa e non sono conquiste di una o di un’altra generazione, sono valori immutabili, sempre attuali, moderni, dinamici. L’originale del documento n. 192 dell’archivio parrocchiale di San Vittore Mauro, mi è venuto fra le mani durante il lavoro di archiviazione dei dossier e dei libri della nostra Parrocchia. Come mai il documento non si trovi nell’archivio della Comunità riformata è un mistero. Forse il Prevosto lo ha chiesto al Pastore per poterlo leggere (il Grigione Italiano non c’era ancora) e commentare, chissà come sono andate allora le cose, si vede comunque che i rapporti tra cattolici e riformati, almeno in fatto di scuola e di educazione erano buoni. Affido questo testo alla lettura degli amici dell’Almanacco, convinto dell’attualità e della lealtà del suo contenuto. Chi avrà la bontà di leggere queste pagine, abbia la pazienza di perseverare leggendo l’introduzione un po’ lunga e dettagliata. In doppia trazione con una Gem 4/4 801-802. Foto: Mario Costa Dopo 10 anni e oltre 10’000 ore di lavoro di volontariato, il coccodrillo del Bernina ha riacquistato il posto che gli spetta. Con il consenso dell’Ufficio federale dei trasporti (BAV/UFT) è di nuovo atto a circolare in linea. Esso sarà usato per treni storici su ordinazione. Il coccodrillo Ge 4/4 182 ha avuto l’onore di essere presente per il centenario della linea ferroviaria del Bernina e ha potuto partecipare il 19 giugno 2010 alla sfilata di gala dei locomotori. La passerella dei locomotori Bernina si è tenuta nella cornice del viadotto circolare di Brusio. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Un discorso del Pastore Otto Carisch in occasione dell’apertura della nuova casa di scuola riformata 30 novembre 1825 127 Casa, che nel nostro Cantone sempre fra le prime a tal uso destinata, con onore sarà da annoverarsi e riconoscendo nell’erezione sua la prima condizione e quasi indispensabile per la riunione delle Scuole3, e nella riunione delle Scuole la cosa più necessaria onde facilitare la migliore educazione anche per i poveri, ei la riguardi rispettoso che così considerata, onore e rispetto al certo le si deve. Sia grata prova di buon spirito e felice disposizione di questa Società, se non solo quasi di unanimità di consenso queste cose vennero introdotte, ma che tanti vostri cittadini in tal incontro uno zelo ed una munificenza per il bene pubblico mostrarono, come altrove in Comunità più ricche ancora indarno cerchiamo4 e si rechi ad onore di appartenere a tale Società. Dolce sia quindi per ognuno anche questa esperienza, e contribuisca essa pure anche oggi alla nostra commozione. Ma ben analizzando i motivi di tal contento o alla vera sorgente scendendo da cui essa deriva, sicuramente ognuno se nobile è il suo cuore, dirà che queste siano le speranze per l’avvenire che nell’interno si fanno sentire; le speranze di sodo riparo contro i mali anteriori e di provvedimento efficace e durevole appunto in quella cosa da cui la felicità dell’individuo, delle famiglie e della Società intera, nel politico e nel religioso, maggiormente dipende. La via alla Chiesa essa al certo va per la Scuola, e come il Tempio vien considerato come la scuola per gli adulti, così la Scuola con altrettanto diritto dovrà essere considerata come il Tempio per i fanciulli. Ed infatti che frutto sarebbe mai da aspettarsi dal Culto per coloro i cui sensi non furono già nella Scuola aperti al bene, le facoltà intellettuali esercitate a conoscerlo, le morali ad eseguire ciò che come bene fu riconosciuto ed in 1Saggio, questo riferimento a non voler guardare tale festa solo dal punto dell’esteriorità, ma di cercarne il significato più profondo. Infatti, quante volte le nostre comunità hanno suonato le trombe del più bravo, del migliore, del più aggiornato che forse ci hanno anche spronati e motivati a migliorare, ma che non sono determinanti per la comprensione reciproca. 2Rassegnazione, inteso come fiducia nella validità di questa impresa. 3Riunione intesa qui come scuola per tutti, anche per i riformati delle Contrade, per i ricchi e per i poveri. 4Non solo ci fu unanimità decisionale, ma pure tante offerte di singoli per un bene pubblico. Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 128 «Che l’accompagnamento de’ nostri figliuoli dalla Scuola al Tempio di Dio, e da codesto in questa Casa, che l’aspetto festivo che or qui in radunanza si numerosa ci ha congregati; non sia dettame di qualche troppa vaghezza di Solennità fastose1, ma l’espressione naturale, e direi quasi necessaria de’ sentimenti, i quali in giorno si importante per la nostra Società a buoni genitori ed a buoni cittadini agitano l’anima: chi non lo sentirebbe? E che questa commozione, sia di natura veramente nobile. Che qui qualche cosa di sacro si presagisca: in caratteri chiari io leggo. E che cosa si è poi quella, qual forza misteriosa che tali effetti produce ed in modo si dolce, e nello stesso tempo si inesplicabile tiene sospeso i nostri Cuori? È egli forse il vedere radunanza si festiva in un fabbricato, un anno fa appena ancora progettato, e che pure già a quest’ora presso nazionali e forestieri, alla nostra Società fece onore, e divenne oggetto di si viva partecipazione ed intrinseco piacere? È egli la presenza di quelle autorità e di cotanti uomini, che con si vivo Zelo, dure fatiche e generosi doni efficacemente cooperando, promossero quello che per il bene della Società loro, come della maggior importanza avevano ravvisato, ed ora soddisfatti si nella propria coscienza, con rassegnazione2, dall’avvenire, più generale riconoscenza si aspettano? O sarebbe egli l’aspetto di questi figliuoli che si vivamente ci commuove, aspetto che sopra cuori nobili sempre in modo particolare agisce, qualche tacito paragone di quello che un giorno fu con ciò che in bella prospettiva a loro si fa vedere? Cosa del momento al certo non può essere, ciò che si a fondo ci commuove, e dall’interno ha da venire ciò che si all’interno penetra. Godasi quindi pure ognuno, contemplando questa 129 questo modo già di buon ora iniziato il cuore alla virtù e pietà. Nella Scuola venga appianata la via e preparato il cuore de’ figliuoli, qual Tempio in cui Dio dimori, ed efficace per tutta la vita si mostri il suo Spirito e la sua grazia! E che dire riguardo ai doveri del Cittadino? Qual carica, bassa comunque sia, non rende oggigiorno necessarie cognizioni? Chi nella Scuola non le acquista, chi in essa non prende rispetto per la legge, per i superiori, per la società, per l’ordine medesimo, in tutte le relazioni così necessario, vi domando, come si può aspettare che egli un giorno tal cittadino riesca, come ad un uomo libero e repubblicano tanto più è di sacro dovere? Perché non ferrea sferza, ma lo stimolo di propria coscienza e dell’amore e capacità per il bene, uomini liberi al bene dovrà spingere. E se pace ed armonia formano la felicità maggiore delle famiglie, ed amicizia, amore e pace non si trovano che tra i buoni, non sarà egli della maggior importanza anche per le famiglie, acciocché rozzezza, contese, disubbidienza e cotanti mali che funestano, sempre più spariscano e vi entri la tenerezza e pace coi loro dolci beni, che i figliuoli già dall’infanzia loro in quello che maggiormente vi conferisce vengano guidati ed esercitati? E lo stesso si potrà dire dell’individuo. Sono bensì diverse le vocazioni, ma non v’è nessuna che non rendesse necessarie certe cognizioni, o almeno non riuscisse gradevole ed onorifica all’uomo che qualche cosa ha imparato; che a colui il quale anche in piccole cose con disonore, e non di rado a danno Almanacco del Grigioni Italiano 2011 bene della nostra gioventù. Sì nobile è la vocazione vostra, che il materiale che voi avete da lavorare, il campo da voi da coltivare, non è nulla di meno che spiriti umani, anime immortali, cuori teneri, disposti si al male ed al bene, ma che in generale però a quello più si dirigono a cui con saviezza ed amore vengono guidati. Cognizioni chiare di quello che ai vostri allievi sarà da insegnare, cognizione del cuore umano, e come in ogni occorrenza sia da trattare; cognizioni pure del vero fine della vita sono quindi prima necessarie, ma incerto rimarrebbe anche così ancora il frutto, dubbioso se infatti un bene abbiate loro procurato, qualora a misura che si dilatano le cognizioni non si nobilita anche il cuore, si appura la volontà, si accende di vivo desiderio per virtù e pietà il loro animo, e riesca loro sempre più facile il lasciare il male e fare il bene. Ed a tale scopo irremissibilmente divengano altre qualità importanti ancora che qualsiasi erudizione. Risoluzione decisa per la giustizia e la virtù in ogni incontro, un animo penetrato di pietà e sentimenti nobili e buon esempio, vita esemplare nel piccolo e nel grande; queste sono le qualità che maggiormente garantiscono agli scolari la buona riuscita, ed ai maestri la più dolce ricompensa, la confidenza cioè e l’attaccamento dei loro allievi, quella gratitudine e tenerezza che neppure gli anni più tardi cancellano. A questi pregi aspirate; non v’è di più essenziale ne per il bene della vostra Scuola, ne per voi medesimi, e per più che si rifletta, per più che si tenga alle esperienze fatte, tanto più si comprova come vera ed incontrastabile la massima di uno dei più grandi ingegni della Germania quando riguardo all’influenza che si esercita sopra altri dice: parole producono parole, fatti, fatti; ed una vita costumata ed esemplare dei maestri, vita costumata ed esemplare negli scolari5. E contribuire alla buona riuscita della nostra Scuola, a renderla degna della bene- 5Pastore Carisch qui fa un valido riferimento ad una scuola che non sia laica ma profondamente cristiana. dizione, potrà finalmente qualunque particolare, e voi tutti chiunque siete, se interesse per il bene della vostra Società ed amore per il bene vi anima. Ben lontani dal tenervi a dicerie, che ignoranza e malevolenza particolarmente in ogni cosa nuova si compiacciano a spargere, vi informerete allora del vero stato delle cose a suo luogo, avvertirete a tempo i superiori del male che si è introdotto o minaccia, stimolandoli a rimediarvi. Ma informati del vero rifiuterete pure con chiare ragioni quello che maldicenza e calunnia vogliono diffondere e parlerete a favore di quella che merita il favore e la protezione di ogni uomo leale e dabbene. In questo modo procedendo si correggono le cattive opinioni de’ malinformati, si guadagnano per la buona cosa i dubbiosi e i titubanti, si consolidano i benpensanti e si aumenta il piacere de’ buoni. E non è per partito preso che così si agisca; ma per amore della verità, per l’onor di Dio che è Padre della verità, e per il bene pubblico a cui pure secondo le sue forze ognuno deve contribuire; e contribuendo nel più essenziale onora Dio. E con tanti proponimenti e con queste dolci speranze porgendovi vicendevolmente la mano consacriamo dunque oh padre nostro e padre dei nostri figliuoli anche questa Casa al tuo servizio. La tua benedizione versa ricca sopra questi figliuoli e quelli delle generazio- ni venture. Qui regni il tuo spirito. Nei cuori teneri dei nostri figliuoli prenda qui radice e speranzosi germoglino virtù e pietà. Qui trovino i genitori un vero ed efficace soccorso per l’educazione de’ loro figliuoli, e come essi da parte loro fedelmente adempiano il voto al battesimo per loro prestato, possano anche questi, sviluppato che sia il loro Spirito, nobilitato il loro cuore, vivificata la loro fede, uscendo un giorno da questa casa venir accolti come degni membri della Società de’ Cristiani6. E progredendo poi in tutta la loro vita in ogni virtù, crescendo in viva fede, con ferma fiducia e lealtà irreprensibile in tutto il loro agire dimostrandola, facciano poi questi ed i figliuoli di molte generazioni seguenti vedere, quanto vive e sacre furono le impressioni qui avute per virtù e pietà. E grata rimanga ed inestinguibile la memoria in quelli che nella patria lealmente vorranno nutrirsi e per coloro che dispersi per il mondo andranno vagando e cercando fortuna. Con rispetto e certa venerazione essi a questa Casa pensino, e con viva riconoscenza, sentendo che fu qui ove si acquistano le cognizioni necessarie per la vocazione loro onorevole, ove furono spinti efficacemente sul cammino della virtù, e il loro cuore diretto in viva fede a Dio: molti abbiano un giorno a dire: anche per me si avverò l’iscrizione di questa Casa; che la vuol Sacra a Cristo ne’ fanciulli: anch’io già da fanciullo a Cristo vi fui guidato: Amen.» N.B. in questo discorso manca la parte dei genitori perché le prime lezioni si ricevono nella Famiglia.7 6Saggio, questo riferimento a non voler guardare tale festa solo dal punto dell’esteriorità, ma di cercarne il significicato. Il riferimento alla “Società de’ Cristiani” é moderno, non si ferma alla Comunità riformata soltanto. 7Stupendo e attualissimo il riferimento all’educazione impartita dai genitori stessi. Assolutamente valido e indispensabile anche oggi il contributo dei genitori, pur considerando i grandi cambiamenti avvenuti in ambito famigliare. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 130 suo, da altrui ha da dipendere? Chi però nella Scuola a queste cognizioni non perviene, ordinariamente per tutta la vita ne va privo. Ma garantirà poi questa scuola tali beni? Procurerà essa poi infatti si gran vantaggio ai nostri figliuoli, mi domanderà forse qualche d’uno. Io lo spero, lo spero con molti di voi, di tutto cuore lo spero in Dio! Vero è che due cose vi si richiedono; l’assistenza e la benedizione del Signore in primo luogo, perché nulla a quelli che piantano, nulla a quelli che innacquano, è Iddio che fa crescere. Con umiltà si conviene quindi anche in questo aspettare dall’Alto il dono perfetto. Ma è però il medesimo Dio che in altro luogo dice: aiutati che io ti aiuterò, e così poi anche dal nostro procedere e se degni dell’assistenza Superiore ci mostreremo, il buon successo dipenderà. E che cosa aspettasi dunque a noi riguardo alla nostra Scuola? In qual modo procedendo ce ne mostreremo degni dell’assistenza Divina? Non v’è di certo nessuno, a cui ciò non incomba e che più o meno non possa contribuire ad ottenere il fine desiderato. Maggiormente però questo dipenderà, Signori del Venerando Collegio e Consiglio Scolastico; da voi che la confidenza de’ vostri concittadini ha posto tanto per il bene della Società in generale, come pure per la buona educazione della gioventù in carica sì importante. Vigilando coscienziosamente per il bene già introdotto e stabilito, con sollecitudine ed assiduità indagando come i difetti si possano togliere e riparare alle mancanze, che mancanze sempre con le cose umane vanno annesse, e non stancandovi anche qualora le più gravi difficoltà si incontrassero, di tendere con tutte le vostre forze a perfezionare il tutto: in questo modo procedendo Signori, con fiducia si speri che per il bene di questa e di molte generazioni future non rimarranno senza buon frutto le vostre fatiche. Ma da voi pure, maestri di scuola dipenderà assai la riuscita di questa istituzione ed il 131 Lara Boninchi Lopes Servizio fotografico a cura dell’autrice 132 Una zona strategica e d’importanza storica sia dal punto di vista sociale che commerciale quella di La Rösa, per lunghi secoli testimone di traffico di carovane e mercanti che salivano dalla vicina Valtellina varcando il passo del Bernina, sino all’Engadina e oltre. Un luogo di passaggio e di particolare fascino soprattutto per le risorse naturalistiche, circondato da sorgenti d’acqua che fecero scomodare, nel 14esimo secolo, nientemeno che Leonardo da Vinci, che su commissione del Duca di Milano, fu mandato in questo luogo alla ricerca delle ricche sorgenti dei grandi fiumi italiani. Perfino la costruzione stessa dello stabile è basata su fondamenta di pietre grosse immerse nell’acqua. All’interno la casa si snoda in un labirinto di corridoi stretti che si affacciano su semplici camere, abbellite da un tocco di colore che traspare dalle decorazioni a ghirlanda, lasciate intatte sulle pareti. Su alcune porte, composizioni floreali fanno capolino, grande lo spazio adibito a fienile oltre all’abitazione del contadino, resa accogliente da pareti in larice e cembro, di probabile richiamo engadinese: ammobiliata Riposare e rifocillarsi dopo un lungo viaggio per var‑ care il passo del Bernina, presso la vecchia stazione della posta e di transito era una tappa d’obbligo Nell’immagine un particolare decorativo risalente alle origini secondo le esigenze di quella vita sobria ed essenziale. Dalla rivalutazione del complesso nasce anche un progetto positivo, reso vivo da una buona dose di idealismo, sempre necessaria per concretizzare le proprie passioni. Attualmente la vecchia stazione della posta e di transito a La Rösa ha assunto la funzione di originale agriturismo, rispettando con fedeltà tutte le caratteristiche dell’edificio corrispondenti al contesto storico di quegli anni. pi, ma pure per recuperare e valorizzare quel sapere antico, tramandato da generazione a generazione, della lavorazione di prodotti dal gusto tipicamente alpino, in questo caso dei formaggi di capra della famiglia Compagnoni, già prodotto di nicchia per specialità culinarie in diversi alberghi dell’Engadina. Una panoramica generale sull’edificio nei pressi di La Rösa La Rösa AG si prefigge l’obbiettivo di far rivivere a turisti e visitatori la vita di cento anni fa: sia per tornare alle origini, rivivendo il ritmo e le abitudini quotidiane di quei tem- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo La vecchia stazione della posta e di transito a La Rösa Rivivere il passato nella vecchia stazione della posta e di transito, testimone reale di storia delle nostre radici è possibile, circondati dal pastore e dalle sue capre in un paesaggio naturale e ancora intatto, alla scoperta della tradizione contadina in un ambiente autentico. Un agriturismo che rivive il passato, sulle orme di quelle esistenze alpestri, sulle vie di transito, sulle mulattiere, ma comunque proiettato e aperto alle opportunità del futuro. Il rinnovamento del complesso ambisce a divenire ponte economico e culturale tra l’Engadina e la Valposchiavo, e quale posto migliore si addice se non quello di La Rösa, anello di congiunzione tra le due località. Entità diverse nel territorio e nelle caratteristiche, ricche nelle tradizioni e nella cultura, con possibilità d’interscambio e di riscoprire un proprio punto d’unione. Un progetto di recupero e valorizzazione del patrimonio in evoluzione, diverse sono le aziende indigene che ne hanno tratto beneficio, sia per quanto riguarda i lavori di ristrutturazione della vecchia stazione di posta e di transito che per l’artigianato, proposito nobile che è parte integrante dell’ideazione del complesso. 133 Piacevoli e indimenticabili incontri tornando da scuola 134 Un breve racconto che ci riporta alla realtà degli anni in cui il traffico non creava particolari disagi, sia per chi usufruiva delle strade per il trasporto di merci che per i pedoni. Oggi, a distanza di anni, possiamo riflettere sul fatto che sui marciapiedi nemmeno i bambini possono più distrarsi per qualche birichinata. Allora ogni contrada aveva il proprio ufficio postale e non mancavano certo quelle relazioni di umanità che si instauravano con le persone addette al servizio pubblico facendole diventare dei veri e propri personaggi di paese. N.d.R. Gli anni della gioventù trascorrono veloci, però i ricordi della fanciullezza restano impressi nella memoria per tutta la vita. Ricordo in modo speciale gli anni 1931-34 quando frequentavo le ultime classi elementari a San Carlo. La strada cantonale attraverso il villaggio era stretta e non era ancora asfaltata, per noi ragazzi era anche luogo di divertimento perché il traffico era molto limitato. Anni addietro transitavano i vetturini che trasportavano legna e i contadini che in autunno portavano verso casa i prodotti dei campi come le patate ed il grano. Le automobili in valle erano pochissime, solo i medici, il veterinario e pochi altri possede- Fino verso la metà del ventesimo secolo, la posta di Poschiavo si trovava in Plaza da Cumün, dove attualmente è situata la sede della Banca UBS. Il signor Carlo Isepponi trasportava puntualmente pacchi e corrispondenza dalla stazione della Ferrovia retica all’ufficio in piazza e viceversa Il signor Carlo Isepponi in piedi sul carro postale in conversazione col postino di San Carlo. Alle spalle di quest’ultimo s’intravvede l’arcata del portone d’entrata al Palazzo Dorizzi, sede della vecchia posta vano trasportati dalla stazione di Poschiavo con un piccolo carro trainato da un cavallo. Tutti i giorni, quando andavamo a casa per il pranzo, davanti alla vecchia posta c’era il signor Carlo Isepponi che scaricava i pacchi e i sacchi della posta. Noi ragazzi, aspettavamo, dietro al carro, il momento propizio per farci trainare per un breve tratto di strada. Il signor Isepponi immaginava le nostre intenzioni e ci rendeva attenti sempre con gentilezza, ma con decisione, sulla pericolosità dell’azione. Infatti quando ripartiva al trotto verso Poschiavo, con la sua bella cavalla Pina, nessuno osava avvicinarsi al carro in corsa! Il signor Carlo Isepponi e il postino Amilcare Marchesi con la cavalla Pina e il carro dei pacchi postali vano una vettura; il traffico intenso come esiste oggigiorno era allora inimmaginabile, per fortuna negli anni 1981-82 vennero realizzati i marciapiedi. Un piacevole ricordo impresso nella mia memoria è legato alla posta di San Carlo: a quei tempi l’ufficio postale si trovava nella casa a pochi metri più a sud dell’ultimo edificio adibito a questa funzione, realizzato nel 1966 e chiuso da pochi anni con grande rincrescimento della popolazione. Al tradizionale sportello della vecchia posta c’era regolarmente la signora Orsola Crameri, l’amia Ursulin, sempre gentile e disponibile. I pacchi, i giornali e tutta la corrispondenza destinata alla contrada di San Carlo veni- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Giovanni Lanfranchi Le foto sono di Edi Isepponi 135 SECONDA PARTE Qui la Valposchiavo Adriano G.E. Zanoni-Pola 136 Nelle pagine dell’Almanacco 2010 si trova la parte iniziale di questo racconto, vicissitudini narrate da un caro antenato che intraprese un viaggio lontano dalla propria terra alla ricerca di una vita migliore. Una nuova lingua da apprendere e costumi diversi da quelli usuali, ai quali adattarsi, contraddistinguono l’evolversi degli eventi nella vita del protagonista. La perdita del padre tanto amato e il momento della via del ritorno in Patria sono descritti con minuziosa attenzione nel testo, il lettore può intercalarsi nei panni del personaggio e rivivere quegli anni segnati da lunghe partenze e ritorni. N.d.R. In Australia La mattina del 21 agosto 1877 posi per la prima volta il piede a terra ferma, dopo 54 giorni di navigazione; su quella terra, della quale tanto in Europa si parlava. Io sortii sul primo e principale porto dell’Oceania nominato Melbourne. Questo lido è ornato da edifici grandiosi, fabbricati di recentissima architettura. S’immagini il lettore qual effetto produsse sul mio animo mettendo per il primo istante il piede in terra straniera e nuova. Ognuno si potrà fare un’idea, vedendo un nuovo suolo, che produce vegetabili1 quasi del tutto differenti dai nostri, persone di diverse razze (europei, africani, americani, asiatici ed in fine i veri indigeni) di color bianco, bianco-oscuro, nero (mori) giallognolo, di civilizzati ed incivilizzati ed anche selvatici2. Ciò produce su ogni e qualunque animo, che arrivi in quelle terre qualche sensazione, più o meno, secondo lo spirito che il soggetto ha in cuore. Oltre a ciò bisogna immaginarsi che quella chiamasi terra dell’oro. Dopo d’aver visitata, per quanto il tempo me lo permise, la capitale Melbourne, partii con mio padre alla volta di un paesello alpestre, quasi come Brusio, bensì diverso di costume e di prodotti. Ivi era ove mio padre lavorò per lunga serie d’anni, onde ammassare alcuni quattrini. Qui doveva io avvezzarmi al lavoro, qui dovetti imparare cosa era il guadagnare il pane col sudore della fronte. Molto strano mi sembrava dapprincipio non intendendo l’idioma inglese e non essendo capace ed abituato al lavoro sì pesante. Non così dopo alcuni mesi, il lavoro più non lo temeva e la lingua la comprendevo per quanto mi abbisognasse, quindi andavo anche d’accordo col costume ed uso del paese. Solo una terribile sventura mi colpì. Una terribile malattia sopraggiunse il 1° giorno di dicembre 1877 al mio genitore e sebbene si abbia provato con tutti i rimedi usati dall’arte medicinale, nulla giovò. Il giorno 12 di grave malattia, la dura ed affilata falce della cruda morte, troncò a mio padre il filo di vita, che gli restava su quest’esilio di miserie. I tuoi commenti o lettore, o lettrice su questo caso! Fortuna volle che io fossi armato abbastanza di coraggio, altrimenti due vittime avrebbe colto il destino. Bandito colsi a poco a poco il grave morbo della passione, cominciai a condurre la vita primiera, in altre parole sul mio volto dipingevasi l’allegria ed il vigore dell’età giovanile e le mie labbra talvolta aprivansi a dolce riso. Mi feci ancora membro della società ed ero da tutti amato come al paesello natio. L’idioma inglese ormai mi permetteva di capire cosa si diceva, e di spiegarmi in caso d’occorrenza, quindi più dolce mi sembrava la vita. Gli ultimi nove mesi che passai colà, godetti di tutti i piaceri onesti, dei quali può regalare il mondo. Io amavo quel vivere perché scorreva i miei giorni tra il lavoro 1Sta per vegetale, che si riferisce alle piante, alla loro vita e fisiologia, ai loro prodotti. Mentre vegetabile sta per può vegetare. 2Selvaggi. pacifico e felice. Qui mi accattivai la benevolenza di tutti e specialmente quella di un mio concittadino. Alcuni mesi prima della mia partenza egli mi introdusse a far conoscenza con una giovane, sorella di una sua cognata. Questa era ragazza di buona indole, onesta ingegnosa e tutta buon cuore. Essa più di qualunque altro con le sue belle doti e gentilezza mi assicurò di molto nella lingua inglese. Tanto io che lei ci affezionammo, ma di una affezione fraterna. Ormai è già suonata l’ultima ora per me, per restare nella nuova patria e quindi per obbedienza alla mia genitrice ai «patri lari» ritornar dovetti. Eccomi dunque alla vigilia della mia partenza. Fatti i saluti a tutti, parenti, amici e conoscenti, mi ritirai per alcune ore di riposo, vale a dire sino a che spuntò l’alba del 9 giugno 1879. A malincuore abbandonai Walhalla3 dalle ore 8 del mattino, perché sapeva che lasciava un pegno in quel paese, in pratica il pegno più caro, il padre, addio tomba, che chiudi in seno, il genitor già morto, addio! Forse ci vedremo ancora. Cavalcando un buon destriero4 mi misi in viaggio per la metropoli della Victoria, in altre parole Melbourne. Dopo circa cinque ore di viaggio feci alto5, onde soddisfare alquanto lo stomaco in un pubblic house6, e poi via di nuovo in vettura, per cinque altre ore. Indi, mi fermai alla stazione di Moi. Dopo aver cenato ben bene, comodamente partii di nuovo col treno della ferrovia e dopo quattro ore di veloce corsa arrivai alla bella capitale. Melbourne Oh! Come tuttora mi si risvegliano nella memoria le cose passate in quella metropoli oceanica, ricca d’ogni bellezza. Per ben cin- que solar turni durò la mia sosta in quella vasta e nuova città. Nel breve lasso di tempo vidi ciò che in Europa mai le mie luci videro. Quello che principalmente mi diede all’occhio fu il modo con il quale fu costruita la città, le strade così diritte e larghe, le contrade così ben disposte ed in ordine, i fabbricati in grossa mole, tra i quali primeggiano: la Posta, S. Patrizio ancora in fabbrica, le banche Victoria, Coloniale ed Australasia, l’Università, i Bagni Turchi, il palazzo del governatore, le Arcadi, l’Esposizione, il palazzo del mercato e i giardini pubblici; negozi d’ogni qualità e fabbriche di ogni sorta, teatri nei quali è giocato in diverse lingue. Dopo tutto questo, ecco giunto, il 14 giugno, giorno nel quale io avrei dovuto essere sul bastimento e salpare in mare. Amici e parenti mi accompagnarono sino all’imbarco e fra questi anche una giovane mia conoscente ed amica di un mio amico, la quale gentilmente mi volle accompagnare. Mesti e dolenti in pari tempo, mi diedero l’addio baciandomi e lasciando scorrer sulle loro gote serene lacrime, sia di loro che di me. Povero me! Eccomi di bel nuovo in mezzo ad una società tutta nuova e tutto solo a sospirar, che melanconia! Ritorno in Patria Il 15 giugno 1879, di buon mattino un robusto legno inglese, fendeva già l’onda salpando per l’Europa, detto legno aveva il nome CUZCO7; era guidato da esperto capitano e da zelanti marinai. Allo staccarsi dal porto esclamai: addio! Australia cara, terra dell’oro! Addio patria nuova! Tu fosti mio retaggio solo per pochi anni, ma mai che io ti abbia a dimenticare; addio amici, addio conoscenti, io vi abbandono, ma la memo- 3Il paradiso dei guerrieri della mitologia germanica, ove le valchirie (le semidee della mitologia nordica) accolgono soltanto i caduti a cui si addice la qualifica di eroi. 4Cavallo da battaglia o da torneo, appartenente a un nobile cavaliere. 5Parola proveniente o dal militare (fermarsi) o dal tedesco (Halt machen). 6Una taverna. 7Cuzco London Melbourne 12 Aug 1892 (7 wks) Royal Mail Steamer of Orient Line; 43 steerage 17 guineas fare Ocean, p. 233. CUZCO 1871. The CUZCO was built by John Elder & Co, Glasgow in 1871 for the South American service of the Pacific Steam Navigation Co. She was a 3,898 gross ton ship, length 117,09m x beam 12,62m (384.2ft x 41.4ft), clipper stem, one funnel, three masts, iron construction, with a service speed of 12 knots. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Dimora in Australia 137 Se debol il vento Spira nell’onda, Leggier, leggiero Lascio la sponda. Vivo nell’acqua Muoio nel mar, Son marinaro Son marinar Se dolce splende In sulla sera, La bianca luna Fo’ mia preghiera; prego da Dio. Tranquillo il mar, Son marinaro Son marinar Ma allorché fiera Si rinnovella, sovra del mare una procella; il lido torna A sospirar, Il marinaro Il marinar. Non parlerò del viaggio in alto mare, il quale durò 26 giorni consecutivi; senza veder più un metro di terra. Dirò solo che fu felicissimo e che la maggior parte delle sere si danzava. Accennerò anche che il giorno di S. Pietro e S. Paolo, il 29 giugno, circa ad ore 10 di mattina, s’appiccò il fuoco in un locale del bastimento, vale a dire nel Salon. Un tal caso sgomentò tutti i passeggeri, e questi non s’aspettavano altro che la morte; fortuna volle che presto fu spento, riportando la gioia sul volto di tutti gli stanti. Com’è mai terribile un incendio in mare. Tutto il resto del viaggio fu dilettevole. La mattina del 15 luglio il nostro Cuzco arrivò a toccare il lido di Suez, dopo aver vogato lungo il sì rinomato Mar Rosso. Suez è il primo e più rinomato porto dell’Egitto orientale ed uno dei capi del tanto menzionato Ismo8 di Suez. Qui mi venne l’idea di abbandonare l’acqua e quello sulla quale mi porgeva riparo e viaggiare per l’Egitto. A mezzo di una barchetta guidata da tre mori mi feci trasportare sul lido, con i miei amici e bauli. Prima di tutto dirò qualche cosa sul canale di Suez giacché fu il primo a presentarsi innanzi. Brevi cenni sul canale di Suez La prima idea della costruzione di questo canale ebbe la luce nell’anno 1854 da Ferdinando De Lesseps. Egli la mise sul tappeto di Mohammed-Said-Pascià regnante di allora in quella provincia. Il figlio dello stesso comprese l’importanza immensa che avrebbe apportato l’apertura di un canale in quel luogo e ne volle una memoria per poterla studiare (qui adopera un anglicismo). Il figlio, Vice Re, rimise questa memoria a suo padre il 15 novembre dello stesso anno. Mohammed l’approvò con un decreto (emanato al Cairo il 30 novembre suddetto) e accordò al suo amico Lesseps il potere esclusivo di costituire una società Universale per il taglio dell’Ismo di Suez e l’apertura di un canale tra i due mari. 8Propriamente detto Istmo. Difatti Lesseps con la sua sagacità arrivò in due anni a formare la società e il giorno 24 aprile 1859, attorniato da tutti i suoi ingegneri ed impiegati, menò il primo colpo di zappone. Dopo 10 anni di stenti ed incagli aprì la via tanto utile. Il canale è lungo 160 km, largo 133 m e profondo non meno di 8 metri. Così le acque del Mediterraneo e del Mar Rosso si corsero incontro e si unirono in fraterni amplessi. Ora ritornando al mio destino eccomi di nuovo in mezzo a gente nuova, a costumi non mai visti ed a lingua a me straniera, eccomi sul suolo d’Egitto. Egyptus Essendo già l’ora terza del mattino, prima di mettermi di nuovo in viaggio volli desinare ben bene e ciò eseguii in unione con i miei amici, trincando una bottiglia di liquor di Bacco, alla salute degli egiziani. Dopo aver assestato tutte le mie cose, accesi il mio sigaretto, com’è di costume in quelle terre, e mandando fumo dalla mia bocca, come un turco, mi misi a studiare con l’occhio, per filo e per segno, le fisionomie ed i costumi di quella razza, la quale era propriamente indigena; sembrava fossero tanti diavoli appena sortiti dall’inferno, tanto erano neri. Notasi poi che in Egitto vi sono anche altre razze e specialmente la francese. Alle ore nove salii in vagone per Alessandria e strada facendo feci nuove osservazioni. La cosa che mi restò più impressa fu l’abbigliamento di una donna egiziana. Ecco una breve descrizione: a prima vista mi sembrava una maschera, perché del viso non potei scorgere che i rai e la china del naso. A poco a poco scopersi esser quello il costume delle egiziane usato nel vestirsi. Da quanto potei conoscere era quella una donna di famiglia benestante, perché il suo atteggiamento era civile, vestito fine e ben tenuto e per soprappiù assai pulito. Portava la gonnella semplice, le scarpette lucide e le calzette maestrevolmente lavorate; la gonnella però arrivava solo sino alle anche, il busto era coperto da camicie di un tessuto bianchis- simo, assai fino e pulito9. Il collo era cinto da un giro di ambre di mediocre grandezza. Sopra tutta la persona sta un velo nero, il quale, negligentemente alle volte cadeva e si apriva lasciando scorger i sottostanti abbigliamenti. Questo copre il capo, facendo una piega all’indietro sopra le orecchie e sotto le tempie; indi scende disteso sulle spalle, sul seno e su tutto il resto della persona, racchiudendola interamente a guisa di manto. Detto velo, viene fermato sul busto da una delle sue mani. Dalle due orecchie perpendicolarmente per la faccia scende un secondo velo, il quale copre il viso, dagli occhi discendendo sino alla pozzoletta dello stomaco. Esso è largo quanto la faccia in cima e finisce in punta ed è fermato ad una specie di agoraio10 appeso al primo velo, passando in giù sul dorso del naso e munito di quattro piccoli anelli di ottone lucente. Dall’imo11 di questo ordigno insino a metà il seno, stanno appese una serie di medaglie, la prima in cima della grandezza di un pezzo da cinque centesimi svizzeri, diminuendo sempre di grandezza una dall’altra. Le sue mani erano guarnite d’anelli, uno per dito meno il pollice; ed essi erano d’argento, massimo ad esser ben lavorati. Il viso delle egiziane, indigene, durante il giorno non si vede, perché come si è potuto rilevare è sempre coperto dai veli. Mi ha raccontato un egiziano che un amante non arriva a veder il viso della sua bella, se non dopo essere a lui promessa. La statura degli egiziani è piuttosto grande, il loro colore è oliva oscuro, a motivo del gran calore. A proposito, dirò che in Egitto il caldo si fa sentire, quasi come presso l’Equatore. Per tutto quel giorno viaggiai, attraversando l’intero Egitto, non fermandosi, che alle principali stazioni, per ristorare lo stomaco. Le stazioni toccate nel mio passaggio furono: Suez, Ismailia, città grande ed antica sul deserto, Til Chibi, sul principio della campagna coltivata, Zagazig, Behna, Tanca, 9 Calze o calzini. 10 Astuccio dove si tengono gli aghi. 11 Petto. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 138 ria mai cancellerà le gioie godute tra voi e perennemente vi resteranno scolpite. Serbate speciale affetto a chi vi abbandona, ed alla zolla che vi alberga. Addio! In meno di un corso giornaliero già più vedevasi il lido tanto amato, solo acqua e cielo. Scorsi due giorni appena, il naviglio si fermò ad un porto del sud Australia, il quale si chiamava Adelaide. Il giorno era assai bello e pareva quasi invitare l’entrata in questo porto. Io volli, per l’ultima volta, por piede su quel suolo e visitare quella città. Ivi me la godetti ancora per tutto quel giorno e dopo aver comperato alcune cosette in memoria, ritornai all’imbarco perché era vicina l’ora della partenza. Anche qui un’ultima volta: addio, giacché di quella parte di mondo, più aveva speranza di vederne. Era il 18 giugno e già all’alba vogava il nostro legno. Allora mi risovvenni di tre strofette scritte dal Padre Perini, italiano, imparate a memoria nella bella Brescia a riguardo del marinaro. Ecco come suonano: 139 zo e la sera, onde ingannare il tempo, andava con tre dei miei amici al Caffè d’Oriente facendo ivi una partitina a tresette e bevendo una tazza di buona birra. Qui due ninfe stavano di servizio, una era triestina, l’altra napoletana. Siccome è mio solito, m’accattivai un po’ d’affezione d’una di loro, ossia della triestina, perché più avvenente. Era cara, gentile, amabile e simpatica. Quattro giorni passammo felicemente godendo due volte al giorno della sua compagnia. In sul finir del quarto giorno, strinsi la sua destra in segno d’abbandono e dopo aver dato l’addio ad un mio amico d’Austria, mi portai con altri due miei amici al barcadero. Sullo spuntar del quinto giorno partii alla volta di Brindisi, porto posto sulla sponda orientale ed uno dei principali d’Italia. Quattro giorni durò il tragitto del Mediterraneo, quando finalmente posi piede sul suolo, del giardino d’Europa esclamai: salve o Italia eccomi sul tuo lido! Disceso dal Pera, piroscafo guidato da capitano inglese e marinai italiani, calcai col mio piede per la prima volta il suolo meridionale d’Italia, il giorno 25 Luglio 1879 precisamente ad ore nove antimeridiane. In Italia Appena fui in paese tagliai i capelli, pranzai e feci un giro al porto. Di nuovo null’altro vidi, che due sodi destrieri vestiti a lutto i quali tiravano un carro mortuario, con entro la salma di un giovane sui 22 anni, figlio d’un conte. Il triste rintocco delle campane e la musica che suonava funebri note, mi commosse il cuore ed esclamai: oh cruda sorte, la falce del destino troncò anzi tempo il filo di vita allo stelo in verde età. Alle ore tre e un quarto partii col convoglio ferroviario alla volta di Milano, toccando lungo quel viaggio di due giorni e parte di due notti le seguenti stazioni: Foggia, Pesca- ra, Ancona, Rimini, Bologna, Modena, Parma, Piacenza e qui pranzai oltre ad alcune piccole stazioni che non occorre nominarle, infine eccomi a Milano. Milano A Milano arrivai circa un’ora dopo mezzodì, quindi, dopo aver preso l’albergo, pranzai ben bene perché era ora. Essendo curioso di vedere questa città, tanto nominata nei nostri paesi di montagna, presi con i miei due amici una carrozza a nolo e visitai le cose più importanti della città. Ecco l’elenco: il Duomo, tanto rinomato, sia per l’interno sia per l’esterno e vi salii anche sulla cupola per meglio vedere la città e i suoi dintorni, la Galleria Vittorio Emanuele, la Villa Reale, i giardini pubblici, il cimitero monumentale, l’Arena, il Sempione o Arco della pace, fatto costruire da Napoleone I con il magnifico lavoro in bronzo, infine la piazza d’armi con in fondo la grandiosa caserma. Ritornato all’albergo cenai e poi, prima di andare a letto, una partitina a tresette alla milanese. Spuntò l’alba del 28 luglio e circa all’ora terza mi alzai, feci colazione e poi andai a spasso sino in piazza del Duomo, quando fui di ritorno godetti un buon pranzo, indi partii per Como. Da Milano a Como niente di nuovo tranne un caldo soffocante. Da Como a Brusio Como è un bellissimo borgo, anticamente chiamato città, posto alla fine del lago il qua- le porta lo stesso nome. Dopo breve rinfresco, salii in vapore e via su per il romanzesco lago. Si, esso è proprio incantevole, ornato di colli vestiti d’oliveti e vigneti, è tempestata la sua riva d’ameni villaggi e ville separate; con l’occhio vi si legge proprio che la mano di Dio toccò con più attenzione il pennello, nel creare sì ameno luogo ed i suoi contorni. Appena approdato a Colico, mi procacciai qualche cosa per cena, non permettendolo il tempo, che incalzava la partenza, senza il minimo comodo di sciorinare con comodità. Subito in diligenza incominciammo ad ascendere per la Valtellina; ma il viaggio fu lungo e noioso, essendo notte non poter dormire. Finalmente giunsi a Tirano. Da un lato mi trovavo contento, dall’altro sarei tornato indietro, vedendomi di nuovo ridotto, tra due alte montagne in un’angusta valle. Ciò che mi rallegrava era il pensare che in breve tempo sarei stato in braccio ai parenti, amici ed al mio paesello natio. Arrivo a Brusio Arrivo a Brusio il giorno 29 luglio 1879. Oh Brusio! Eccoti in seno un cittadino, un figlio sempre fedele alla Patria, ed alle sue leggi e sempre pronto a dar la vita per la difesa di essa. S’immagini chi legge la consolazione dei parenti, degli amici e della di lui madre, che teneramente lo amava. Nei primi mesi dopo il mio arrivo, onde riposare dal lungo viaggio, fui piuttosto ritirato, indi a poco a poco rientrai nella società, dalla quale ero anche amato. Pubblicità 12 Probabilmente Hotel. 13 Titolo del vice re d’Egitto, quando quel paese era una parte dell’Impero Ottomano. Da voce arabo-egiziana, risalente al turco; sta per signore. 14 Asino. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 140 The Barrod, Damamier ed Alessandria. Ad ore nove di sera arrivai con i miei amici ad Alessandria. Stanco ed annoiato dal gran calore mi feci condurre da una carrozza all’Otel12 des Etrangers (albergo degli stranieri), condotto da un francese. Questo trovasi presso la rue de l’Église Greque, a la Ville de Paris. Ivi, dopo aver cenato ben bene, riposai le stanche membra su morbido letto. Rimarcai che i letti sono attorniati da un velo bianco, dalla soffitta sin sul pavimento, questo a causa delle zanzare, le quali, trovando il letto libero, disturberebbero il dormiente pizzicandolo. Ecco ancora una delle dieci piaghe d’Egitto. Per cinque giorni feci dimora in questa città, visitando in questo tempo le bellezze principali, tra le quali primeggiano: la colonna Pompei, la colonna Cleope, della quale una, sua sorella, fu venduta all’Inghilterra, i cimiteri arabi, le statue di granito demolite dal tempo (memoria d’antichissimi personaggi), il fiume Nilo con le sue barche e vapori, la casa Moos, società di vapori inglesi, i giardini con le case di diversi Pascià e tra le altre quella di Ismaim Pascià ancora in vita nell’anno 1796. Vidi la chiesa greca scismatica una domenica mattina, mentre ivi si funzionava. Infine ebbi l’onore di vedere il novo Re o Pascià con la sua moglie, madre e tutto il corteo del popolo. Questa era la prima volta che il Kedivè13 entrava in Alessandria, come capo della nazione per prendervi possesso. Dal suo giardino all’interno della città, fu accompagnato, dalle rappresentanze d’ogni paese egiziano e da un’immensa folla di popolo di Alessandria; tutti insieme potevamo essere ben cinque o sei mila persone, con circa cinque o seicento bandiere d’ogni genere e con ogni strumento colà usato, ma neanche uno musicale. Ogni rappresentanza cantava in onore del Pascià, ma a dir il vero a me sembrava una gran confusione. In quella prima sera vi fu grande illuminazione a candele accese in città e la sera seguente, successe a porto di mare. Per fare una buona risata, feci una passeggiata con un amico di Trieste; a cavallo d’un Burigo14 in mezzo a quella popolazione. Il dopopran- 141 142 Luigi Godenzi Che festa! È il titolo dato da Antonio Platz, redattore del settimanale Il Grigione Italiano, al suo articolo di fondo del 24 giugno 2010 a proposito dei festeggiamenti per il centenario della Ferrovia del Bernina: a suo parere i giorni 18, 19 e 20 giugno 2010 sono stati uno dei fine settimana più belli che la Val Poschiavo abbia mai vissuto. Lo stesso titolo si può usare anche per un’altra festa, lontana nel tempo, vissuta in modo coinvolgente ed entusiasmante dalla popolazione della Valle di Poschiavo: si tratta dei festeggiamenti per l’inaugurazione della prima tratta della Ferrovia del Bernina tra Poschiavo-Tirano, il 5 luglio 1908. Ecco le parole con cui il cronista di 102 anni fa, su Il Grigione Italiano del 9 luglio 1908, riferiva dei grandiosi festeggiamenti per quella occasione: “Poschiavo non vide mai festa sì bella, così ben organizzata e nella quale regnò col massimo ordine la più franca allegria ed il massimo entusiasmo.” Due grandi feste di popolo, quindi! La più recente, quella del centenario, ha mostrato alle varie personalità e al numerosissimo pubblico accorso per l’occasione a Brusio e a Poschiavo i grandi progressi raggiunti dalla tecnica, dai mezzi di trasporto e dalla comunicazione e la loro importanza per l’economia della Valle… La festa inaugurale della tratta PoschiavoTirano del 5 luglio 1908 poté mostrare alla gente che il progresso tecnico era arrivato anche in Valle e poteva contribuire allo sviluppo economico e sociale dell’intera regione, in concomitanza con la costruzione delle centrali idroelettriche da parte della Società Forze Motrici Brusio. Per la preparazione della festa inaugurale del primo tratto ferroviario la popolazione poschiavina fu attivata e coinvolta da un comitato organizzativo, nominato per l’occasione. L’euforia per l’evento era evidente, in quanto la gente intuiva che la ferrovia poteva offrire possibilità di spostamenti rapidi, consentire una migliore comunicazione e nuove relazioni e permettere un più facile e più celere trasporto delle merci. E questo, per una valle periferica, per lo più dedita all’agricoltura, poteva significare grandi opportunità che, se colte, avrebbero dato prosperità. La partecipazione ai festeggiamenti fu grandiosa. Si calcola che in occasione della festa, oltre alla presenza massiccia della popolazione locale, dalla vicina Valtellina raggiunsero la Valle un migliaio di persone. Sui festeggiamenti per il centenario della Ferrovia del Bernina si possono leggere vari contributi in questo almanacco. Propongo pertanto ai lettori dell’Almanacco 2011 tre composizioni poetiche di tre diversi autori popolari, scritte per i festeggiamenti del 5 luglio 1908. Sono poesie senza pretese, che ben testimoniano comunque lo spirito, i sen- Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo Che festa! 143 La popolazione in attesa del treno inghirlandato alla stazione di Poschiavo, il giorno dell’inaugurazione, il 5 luglio 1908 (Foto Archivio fotografico Luigi Gisep, Poschiavo) timenti, le speranze e le attese della popolazione poschiavina di quel tempo nei riguardi della ferrovia. La prima è di un autore poschiavino, Tomaso Semadeni (1848-1933), maestro, organista, appassionato di botanica, di geologia e di filatelia. Insieme alla passione per la musica e la composizione di canzoni, ebbe il bel dono della poesia. Nella sua lunga vita compose un gran numero di poesie per varie occasioni. Quella che segue è stata scritta in occasione dei festeggiamenti per l’inaugurazione del primo tratto della Ferrovia del Bernina. Per l’apertura del tratto ferroviario Poschiavo-Tirano In questo bel giorno di gaudio e piacer D’un’era novella desiato foriér, Riuniti e concordi qui tutti noi siam, A un’opra compiuta festosi plaudiam. Più stretti per essa i rapporti si fan, Per essa stringiamo ai vicini la man. Rispetto a’ terrieri, rispetto a’ stranier; Ma giù le barriere, ma aperti i sentier. Diventi ‘sta Valle sicuro un asil Di nobili imprese, d’impulsi gentil! Per essa al commercio dischiusa ne vien Novella una strada; ci rechi ogni ben. D’Elvezia o d’Italia sarem figli ognor, Ma legge suprema sia sempre l’amor. Abbiate il grazie, gli elogi, l’onor Voi spirti del genio, voi eroi del lavor. Salve, Valle mia diletta, Fra gli eccelsi monti tuoi; Oh, che degni sian i figli Degli antichi loro eroi! Almanacco del Grigioni Italiano 2011 La poesia umoristica che segue è stata letta dal maestro Vincenzo Zanetti a conclusione dei vari discorsi ufficiali tenuti dalle personalità svizzere e italiane presenti all’inaugurazione del 5 luglio 1908. Per l’inauguraziun da la ferovia eletrica Tiran-Pusc’ciav Egregi Signori! Gentili Signore! Finalment la Valtelina Cu la tramvia del Bernina La se met in cumuniun Cul visin Canton Grisun. Finalment anca i “Valet” Cun stu treno benedet I se streng püsée visin Ai fradei d’oltre cunfin. “Sursum corda”! che una festa Importanta come questa Dio sa se’m poderà Tanto prest sulenizzà. Démegh dint, femm gran baldoria, Che la data d’incödí L’é una data che fa storia, L’é una data de no di’. Viva el treno ch’el me tira A Pusc’ciav a bev la bira, E ch’el mena i Pusc’ciavin A Tiran a bev bon vin. Sbragiùmm tücc: – Viva i sapient, C’ha creaa “l’Electrich Bahn”, Che la’m porta in d’un mument Da Pusc’ciav fina a Tiran! –. Scià chi, tücc in compagnia, Viva, usémm, la ferovia, Viva i Svizer e i Talian, Viva la Pusc’ciav – Tiran! Un avvenimento memorabile e di grande risonanza fu il corteo lungo le strade del Borgo di Poschiavo. Il corteo, mentre transita in Piazzola, preceduto da 8 pompieri battistrada, era così composto: filarmoniche di Poschiavo e Brusio, rappresentanze politiche dei due comuni, autorità federali e cantonali, rappresentanze italiane, addetti alla ferrovia, membri del comitato organizzativo. Quindi il pubblico e vari carri allegorici fra cui nani, primavere, l’Elvezia e l’Italia in un carro trionfale, l’estate, 11 cantoni, la raccolta del fieno, l’autunno, i ginnasti, gruppi storici, casari e casare, 11 altri cantoni, il gruppo dei garofani, quello dei mietitori e delle mietitrici, quello della stampa e 8 pompieri a chiudere il corteo (Foto Archivio fotografico Luigi Gisep, Poschiavo) Qual lampo veloce, l’elettrica possa, Portocci a Tirano con sane le ossa. Poi di ritorno, giulivi, festanti, A lieto simposio, siam qui giubilanti. A tutti nel volto io leggovi impresso: – Ci dà la Bernina l’ambito progresso? – Sicuro lo porta, non solo lo spero, Ma fermo lo credo, l’avremo davvero; Se sol le tariffe che portan le liste Avremo più basse di quanto previste. Se poi non avremo codesto vantaggio Diciamolo oggi, farem boicottaggio. Ma ciò gli azionisti non pon tollerare, E prezzi più miti vorranno accordare. E questo ribasso l’avrem di sicuro, Se no, o Signori, noi terrem duro; Vedremo i vagoni, in dentro ed in fuori, Andar sempre vuoti e senza signori. Aver noi vogliam special beneficio, Siam stati corretti, con gran sacrificio. Di tutto il Comune interprete parlo, Domando un favore, e non rifiutarlo. - Nevvero l’avremo?..- Conferma chi tace. Se questo voi date, faremo la pace. Anche quest’oggi l’avete accordato Un giusto ribasso, che va qui lodato. Vogliate più tardi averci promesso Altri ribassi: evviva il progresso! A Droz e Von Planta, evviva! suvvia! Sono i fautori della ferrovia. Evviva il progresso! Evviva l’Elvezia! Evviva l’Italia! Evviva la Rezia! Evviva il progresso, come pur la Bernina Evviva Poschiavo e la Valtellina! Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Qui la Valposchiavo 144 La seconda poesia è opera dell’autore valtellinese, Lucilio Emini ed è scritta nel dialetto del suo paese. 145 Qui la Valposchiavo Pietro Lanfranchi-Ferrari 146 Nell’almanacco del 2010 ho presentato in forma sommaria e in linea retta la discendenza delle famiglie dei miei antenati del ramo paterno e materno a partire dall’anno 1650. Da antichi documenti pubblici del Comune di Poschiavo, conservati negli archivi, ho scoperto che le famiglie Lanfranchi (allora Lanfranco) abitavano in Valle di Poschiavo già a partire dal secolo XIII. Diversi rappresentanti del ceppo dei Lanfranchi parteciparono attivamente alla vita pubblica del Comune, prestando il loro sapere nelle funzioni di podestà, di decani, di consiglieri comunali e di giudici. Quest’anno vi presento l’albero genealogico completo della famiglia del mio bisnonno paterno Leonardo Lanfranchi (Bundiol), figlio di Antonio e di Domenica nata Giuliani, nato l’8 gennaio 1808 a San Carlo e morto il 22 febbraio 1888 all’età di 80 anni. Egli visse a Privilasco esercitando la professione del modesto contadino di montagna. Si sposò a 39 anni con Caterina Dorizzi, figlia di Antonio, pure di San Carlo e da questa unione nacquero 5 figli. La giovane moglie, purtroppo, morì all’età di 36 anni quando la figlia minore aveva 2 anni e il figlio maggiore 12 anni. Il bisnonno, nell’intento di dare ai suoi figli anche in futuro una guida e un sostegno materno, si risposò nel 1861 con Caterina Bassi e da questa unione ebbe altri tre figli. Due figli del primo matrimonio e due figli del secondo si sposarono e formarono altre quattro nuove famiglie. Il figlio Tomaso del primo matrimonio sposò Caterina Lardi e la figlia Domenica sposò Pietro Giuliani, vedovo e non avendo figli propri, contribuì ad allevare i quattro figli del primo matrimonio del Giuliani. La figlia Maria, del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo Bordoni. Il figlio Pietro si unì in matrimonio con Caterina Crameri (Castelan) e insieme formarono la famiglia dei miei nonni paterni. Vi presento ora in dettaglio il grafico delle due famiglie del bisnonno e delle quattro famiglie dei figli del bisnonno. 1.2. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi-Bassi 1.2. Il bisnonno Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi - Bassi Leonardo Lanfranchi, vedovo, nel 1861 sposò in seconde nozze Caterina fu Giacomo Bassi e dall‘unione nacquero tre figli. Il bisnonno Leonardo Lanfranchi, vedovo, nel 1861 sposò in seconde nozze (Seconde fu nozze) Caterina Giacomo Bassi e dall'unione nacquero tre figli. (Seconde nozze) Leonardo Caterina Lanfranchi Bassi * 08.01.1808 * 28.07.1826 † 22.02.1888 Qui la Valposchiavo Le famiglie del mio bisnonno paterno e dei suoi figli † 06.10.1898 13.05.1861 Maria Pietro Caterina * 06.05.1862 sposata con * 01.11.1865 sposato con * 01.03.1874 † 26.04.1875 Giacomo Bordoni Caterina Crameri morta all'età di 1 anno 147 2. Famiglie dei figli del bisnonno: 2.1. Famiglia Tomaso e Caterina Lanfranchi - Lardi 2. Famiglie dei figli del bisnonno TomasoTomaso Lanfranchi, figlio delLanfranchi-Lardi primo matrimonio, sposò Caterina Lardi e dall'unione 2.1. Famiglia e Caterina otto figli.del primo matrimonio, sposò Caterina Lardi Tomaso nacquero Lanfranchi, figlio e dall‘unione nacquero otto figli. Tomaso Caterina Lanfranchi Lardi * 07.03.1850 † 24.05.1933 * 17.02.1859 † 27.03.1932 16.05.1886 1. Famiglie del bisnonno: 1. Famiglie del bisnonno 1.1. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi - Dorizzi 1.1. Famiglia Leonardo e Caterina Lanfranchi - Dorizzi (Prime (Primenozze) nozze) Leonardo Lanfranchi Caterina Dorizzi * 08.01.1808 † 22.02.1888 * 27.04.1824 † 20.02.1860 Tomaso * 07.03.1850 sposato con Caterina Lardi Domenica * 13.09.1852 sposata con Pietro Giuliani Leonardo Antonio Pietro * 09.11.1887 * 30.06.1889 * 11.02.1891 * 01.09.1892 * 21.01.1895 * 22.11.1896 † 21.10.1977 † 23.04.1918 † 16.03.1971 † 29.10.1954 † 02.06.1970 † 07.07.1987 celibe negoziante sposato con Maria sposata con Giacomo sposata con Pietro sposata con Ottavio Marietti Ida Paolo Caterina * 03.05.1858 † 25.06.1865 morta all' età di 7 anni Marina Maria Beti Jacqueline Egidio * 01.04.1855 † 03.10.1879 emigrato in Inghilterra e Spagna Caterina Maria emigrati in Fr. 09.02.1847 Antonio * 09.08.1848 † 25.01.1915 celibe professione carradore Riccardo Irene Teresa Crameri Margherita Zanetti * 13.07.1898 cancelliere Savina Alma Maria Tomaso 1915 Claudia 1921 Gallo 1916 Don Emilio 1923 Marina 1918 Teresina Ida 1919 Pierino 1920 Aldo 1924 Tomasina 1926 Riccardo 1928 Leonardo 1930 Marta 1931 Valentina 1932 Camillo * 12.07.1901 1927 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Famiglia Pietro e Caterina Giuliani - Crameri e coniugi Pietro e Domenica Giuliani - Lanfranchi 2.2. Famiglia Pietro e Caterina Giuliani-Crameri e coniugi Pietro e La Domenica Giuliani-Lanfranchi prima moglie di Pietro Giuliani, Caterina Crameri, morì nel 1895 all'età di 37 anni i quattro Caterina figli in tenera età e cioè di 4, 2 e 1 anni. Pietro Giuliani si risposò La prima moglie dilasciando Pietro Giuliani, Crameri, morì nel3,1895 all‘età di 37 nel 1896 coninDomenica Lanfranchi, e insieme allevarono anni lasciando i quattro figli tenera età e cioè difiglia 4, 3,del 2 mio e 1 bisnonno anni. Pietro Giuliani i quattro figli del primo matrimonio. si risposò nel 1896 con Domenica Lanfranchi, figlia del mio bisnonno e insieme allevarono i quattro figli del primo matrimonio. 2.4. Pietro Famiglia Pietro e Caterina Lanfranchi - Crameri dei mieipaterni) nonni paterni) 2.4. Famiglia e Caterina Lanfranchi-Crameri (Famiglia (Famiglia dei miei nonni Pietro Lanfranchi, figlio del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Caterina Crameri (Castelan) Pietro Lanfranchi, figlio del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Caterina Crameri ed insieme ebbero sei ed figli. (Castelan) insieme ebbero sei figli. Pietro Caterina Lanfranchi Crameri Qui la Valposchiavo * 01.11.1865 Pietro Caterina Domenica Giuliani Crameri Lanfranchi * 03.09.1857 * 06.02.1858 * 13.09.1852 † 08.06.1924 † 24.12.1895 † 05.01.1932 Prime nozze 27.04.1890 Seconde nozze 26.04.1896 * 26.05.1866 † 13.10.1932 † 21.07.1940 26.01.1894 Leonardo Placido Caterina Marina Alfonso Alfonso Pietro Emilia Corina Pietro Pietro Beniamino * 26.04.1895 * 20.06.1897 * 17.09.1899 * 05.09.1902 * 11.10.1904 * 18.06.1908 † 18.10.1979 † 12.03.1980 † 13.10.1955 † 23.06.1992 † 04.05.1972 † 07.11.1989 sposato con sposato con sposata con sposata con sposato con sposato con Emilia Cristina Silvio Giuseppe Clelia Vilma Lanfranchi Beti Beti Crameri Gervasi Marchesi il 18.11.1923 il 10.07.1929 il 18.04.1923 il 02.02.1932 il 05.04.1932 il 21.09.1933 Silvio Maria Beniamino Anna Maurizio Margherita Tobia Angelina * 09.02.1891 * 29.05.1892 * 29.12.1893 * 27.05.1895 † 09.01.1973 † 22.11.1974 † 15.01.1978 † 16.06.1899 sposato con sposata con sposato con Egidio 1925 Zita 1930 Aldo 1925 Mario 1932 Maria 1933 Arno 1935 Adalgisa Stefano Corina Achille 1928 Berta 1931 Emma 1926 Guido 1934 Letizia 1934 Tarcisia 1937 Caterina Giuseppe Zanetti Edvige 1930 Agnese 1934 Rachele 1927 Dario 1937 Edgaro 1938 Annamaria 1941 Cortesi il 16.05.1918 Pietro 1933 Verena 1937 Renato 1943 148 Crameri il 17.10.1926 il 29.04.1923 Claudio 1930 Reto 1940 Placida 1939 Pierino 1933 Ilario 1943 Lucina 1944 Carmen 1945 Candida 1935 Gabriele 1927 Giuseppe 1924 Giulia 1919 Silvia 1937 Rina 1928 Luigi 1925 Erminia 1920 Marcello 1940 Rita 1930 Nicola 1926 Dina 1922 Mauro Andrea 1933 Irma 1928 Elisa 1923 Valentino 1946 Irene 1934 Alfonso 1930 Pietro 1926 Placida 1938 Angelo 1932 Beniamino 1927 Renata 1939 Rosina 1936 Maria Livia 1942 Zita 1938 Afra 1936 Antonio 1941 1942 A conclusione di questa sommaria esposizione della mia parentela, allego la foto della famiglia allargata dei nonni Pietro e Caterina Lanfranchi - Crameri dell'anno 1932 1930 2.3. Famiglia Maria Bordoni-Lanfranchi 2.3.Giacomo FamigliaeGiacomo e Maria Bordoni - Lanfranchi Maria Lanfranchi, figlia del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo Bordoni Maria Lanfranchi, figlia del secondo matrimonio del bisnonno, sposò Giacomo Bordoni e da questa unione nacquero sei figli. e da questa unione nacquero sei figli. Giacomo Bordoni * 25.03.1855 † 24.11.1932 Maria Lanfranchi * 06.05.1862 † 22.08.1937 23.02.1892 Domenica * 18.04.1893 Carlo * 19.08.1894 Massimo * 18.11.1895 Elena * 13.04.1896 Costantina * 25.11.1900 Marina * 16.01.1904 † 06.02.1976 sposata con Pietro Pescio † 02.10.1917 † 26.05.1974 sposato con Lina Vassella † 18.04.1981 sposata con Franz Maranta † 29.11.1985 sposata con Luigi Gervasi † 19.01.1981 sposata con Basilio Crameri Ines 1917 Carlo Marina 1918 Tecla Suor Colette 1920 Elisa 1928 1927 1924 Suor Albertina Tomaso 1929 Alba 1930 Fiorenzo 1925 Basilio 1931 Elio 1938 Egidia 1927 Clelia 1932 Maria 1935 Remo 1934 Marcello 1939 Albino 1936 Maria 1939 Rita 1943 A conclusione di questa sommaria esposizione della mia parentela, allego la foto della famiglia allargata dei nonni Pietro e Caterina Lanfranchi-Crameri dell‘anno 1932 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo 2.2. 149 Qui la Valposchiavo Giuseppe Godenzi 150 Sappiamo già che Paganino Gaudenzi aveva in casa la signora Cecilia, la domestica. Ed ora veniamo a conoscenza anche di un servitore. Infatti Paganino Gaudenzi chiede a Sua Altezza il Granduca di Toscana, il permesso di portare le armi per sé e per il suo servitore. Riproduco i due documenti manoscritti: il primo concerne la casa e l’affitto e l’altro riguarda il portare le armi. Adì primo d’ottobre 1632 in Pisa. Per il presente scritto si dichiara come Pietro Paolo e Michele Bergami fratelli, in Pisa, in solidum1 alluogano il solaio da basso di una casa di Lungarno sopra alle Becherie2, la quale tenghano loro a pigione dal sig. Ottavio d’Abramo per il prezzo di scudi (o soldi)3 trenta di moneta per ciaschedun anno, da pagare ogni sei mesi la rata parte anticipatamente, et li sopradetti Pietro Paolo e Michele Bergami alluogano la detta casa al molto eccellente sig.re Dott.re Paganino Gaudenzi lettore di Sapienza per scudi ventotto l’anno, da pagarsi ogni sei mesi la rata parte anticipatamente et detta allogagione sono daccordo che duri trentacinque mesi, et alla fine dell’allogagione il detto sig.re Dott.re promette restituirla con 2 chiavi che segli consegnano con le lor tappe, usci, finestre, et ancor gelosie et telai de impanate, sì come l’ha ricevute et con patto espresso che non vi possa spendere in detta casa cosa alchuna senza espressa licenza in scritto del sig. Abramo Padrone della casa e per osservanza di quanto sopra habia la sua persona, suoi beni presenti e per tutto in ogni miglior modo che allighar si possa e volesse astretto per tutto. Dove ragione si tenesse e per fede la presente e altra simile sarà sottoscritta come a basso detto. Noi Pietro Paolo e Michele Bergami sopradetti affermiamo quanto sopra si contiene. In fede (seguono le firme). In aggiunta: Noi Pietro Paolo Bergami e fratello aviamo ricevuto dal m.to ecc.te sig.re Dottore Paganino Gaudentio scudi quattordici di moneta, quale pagha per sei mesi anticipatamente. Questo dì, primo ottobre 1632.4 Dopo i tre anni, si vede che il contratto venne rinnovato, perché si dice: Adì 10 di luglio 1636 in Firenze. Dall’Ecc.mo Sig. Dottore Paganino Gaudentii ricevo undici scudi di moneta, che sono però la pigione della mia casa del fondario di Santo Spirito, da questo presente giorno per tutto il mese di ottobre prossimo 1636.5 Angelo Vettori Adì 22 agosto 1635. Fede per me Canc.re infrascr. to come nelle suppliche d’arme esistente nella Cancelleria, n.o 201 si ritrova una sup.ca di questo tenore: Ser.mo Gran Duca Paganino Gaudentio supplica V.A.S. di darli licenza di portar l’arme offensive et defensive et farle portare ancora al suo servitore, che sarà gran particolare di V.A. Concedesi: Andrea Cioli, 20 agosto 1635 Lorenzo Pierucci Canc.re in fede.6 Paganino Gaudenzi innocente Sappiamo dalla lettera del 17 gennaio 1633, scritta da Paganino Gaudenzi all’Arcivescovo di Siena che «andando io col Pr. don Cirino lungo Arno, s’accostarono tre… e nello stesso tempo levai la mezza spada che por- 1Terreno compatto, la sostanza, l’intera somma. 2Sappiano che P.G. stava sul Lungarno, sotto le Beccherie, nel quartiere di S. Spirito e faceva la sua passeggiata fino alla Piena del Pesce. 3L’abbreviazione s.ti (forse s.di) ci lascia dubbiosi. Tuttavia, pensando che 1 soldo vale 5 centesimi, sembra molto più probabile che si tratti di scudi; 1 scudo = 5 lire = 500 centesimi. Del resto 28 scudi all’anno significava 2,33 al mese. Se si confronta l’altra citazione (vedi nota 5), nel 1636 pagava 2,35 scudi al mese, il che corrisponde meglio alla realtà. Si noti che la paga di Paganino Gaudenzi era di 60 scudi al mese. 4Cod. Urb. Lat. 1602 f 222 5Vedi nota 3 6Cod. Urb. Lat. 1602 f 224 tavo sotto la sottana all’usanza de’ preti di questi paesi. Essi pur misero mano alle spade, ma vedendo la mia risoluzione et parlar fiero, non ardiron accostarsi. Così io rimisi la mezza spada, ma vedendo due scolari miei cari, l’uno de’ quali haveva la spada, andai io stesso ad affrontarli e ne trovai sei, due de’ quali havevano le spade lunghe e pugnali, ove si menarono le mani, e per grazia di Dio non m’intervenne male… Il Gran Duca disse: io non sapeva che Paganino fosse ancor soldato».7 Il fiero montanaro grigionese, spadaccino, ebbe certamente altre volte modo di esercitare il suo carattere un po’ bellicoso. Vediamo come se l’è cavata con un suo collega. Sententia an. 1640 in favorem Gaudentii contra Felicianum Silvestri, professorem in Studio Pisarum. In Dei Nomine. Amen. Noi Alessandro Bitozzi di Livorno Vice Rettore del Almo Studio di Pisa, Giudice cognitore et decisore di certa causa criminale dinanzi a noi e alla Corte, vertente per una inquisizione formata et per offesa e per atti resultanti del processo contro li ecc.mi ss. Feliciano Silvestri et Paganino Gaudentii, ambi lettori nello studio pred.to, perché passando fra di loro già molti giorni qualche mala agevolezza et odio per causa di cavarsi il cappello e salutarsi, e non risalutarsi rispettivamente, et havendo per ciò, non ostante gli avvertimenti fattili da chi si aspettava, premeditato di pigliar occasione di far noia insieme et offendersi, il dì 23 di maggio presente passato, il D.r Paganino armato d’una coltella alla genovese,8 essendo a spasso accompagnato dal Ecc.mo Bartolomeo Vecchi, Lettore Primario di detto studio, lungo Arno dalle Beccherie per andar verso la Piena del Pesce, incontrandosi con detto Feliciano, il quale armato di pugnale veniva verso il ponte, e salutò l’uno e l’altro di essi, et il Primario li rese cortesemente il saluto. Ma perché il Paganino non gli rese il saluto o almeno pena fece atto d’alzar il cappello, passò avanti cinque o sei passi senza far o dir altro, et in questo spatio di tempo ritornando a memoria de parlamenti et tiratori, seguitò innanzi in questo proposito di non salutarsi e parendoli essere strapazzato da odio e mal animo, si rivoltò in dietro e disse al sig. Primario verbi o simili parole et il sig. Paganino li rispose: la compagnia t’ha in c. (parolaccia), al che replicò il D.r Feliciano. Io ho in c. te c. (parolaccia), et ambe due misero mano all’armi che havevano, e si tirorno molti col- pi, per i quali finalmente il d.r Feliciano restò ferito in quattro luoghi et il sig. Paganino restò ferito in duo luoghi, con incisione di carne, et effusione di sangue senza causa, con scandolo publico, con pericolo di maggior rumore in detto studio; e contra le buone ordinanze, leggi di S.A.S. e come più largamente in detta Inquisizione, alla quale tosto da noi li referti de testimoni esaminati per offesa. La risposta alla detta Inquisitione. Il termine assegnato loro per far la difesa, volendo con tutti li atti e prove in detta causa, la pubblicazione, assegnatione di termine alle parti, e pigliar copia e dir quanto gli occorre. Visto lo statuto di detto studio e sua deposizione nel cap. 70, sotto la rubrica de gravibus vulneribus, visto l’ultimo termine assegnato alli detti inquisiti a informare, dedurre et allegare, quanto gli occorreva, visto quello che da ciascheduno di essi in detto termine è stato prodotto, et domandato respettivamente e la pronuncia da noi fatta, visto le regole del Ill.mo sig. Aud. re Fantoni, sopra la disposizione di detto statuto sopra di ciò, il parere del sig. Assessore non ordinario nelli casi in detto statuto exemplificati e visto finalmente le cose da vedersi e considerate le cose da considerarsi, la firma di ragione e delli statuti, Repetito il nome di Dio per questa sententia, diciamo, pronunciamo, sententiamo e dichiariamo che il dottor Feliciano Silvestri, come autore della detta rissa in disprezzo di detto ecc.mo sig. Paganino e delli pretesti et avvertimenti fattili come in processo, potersi e doversi di ragione, condannare, sì come lo condanniamo, in lire cinquanta per ciascuna delle due ferite date all’ecc. mo sig. Paganino, e così lire cento conforme al detto statuto cap. 70, da pagarsi fra dieci giorni dalla notificatione et applicarsi secondo gli ordini etc, del ecc.mo sig. Paganino come provocato et ingiuriato, non parendo per ciò di ragione punibile, doversi e potersi assolvere da ogni pena per le ferite date al detto ecc.mo sig. Feliciano, sì come l’assolviamo e liberiamo, per assoluto haver vogliamo e parimente per giuste cause, ambe le parti assolviamo dall’altre cose in detta Inquisitione contenute e dalle spese in ogni modo e così via. Alessandro Bitossi Vive Rettore L2 (o17) di luglio 1640.9 7Cod. Urb. Lat. 1625 f 414 8La coltella è un grosso coltello con lama larga, usato in cucina e in macelleria. (Aggiungiamo che pare probabile, dato che abitava vicino alle Beccherie). 9Cod. Urb. Lat. 1618 f 319 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo Dove abitava Paganino Gaudenzi? 151 Qui la Valposchiavo 1º settembre 2009 - 31 agosto 2010 152 POSCHIAVO 30.09.09 01.10.09 09.10.09 12.10.09 19.10.09 30.10.09 31.10.09 20.11.09 24.11.09 10.12.09 11.12.09 11.12.09 18.12.09 22.12.09 23.12.09 24.12.09 27.12.09 27.12.09 09.01.10 10.01.10 24.01.10 24.01.10 28.01.10 CRAMERI-VASSELLA Maria, nata il 19.05.1924 BATTILANA Fausto, nato il 16.07.1938 ROCCA Carmen, nata il 20.07.1921 WALSER Alice, nata il 15.10.1925 TUENA-ZANETTI Anselmo, nato il 04.11.1919 BONTOGNALI Chiara, nata il 26.12.1912 ZANETTI-MAESTROLI Emma, nata il 24.04.1936 TOMÈ Luigia, nata il 11.12.1917 ZALA-LARDI Mario, nato il 08.12.1944 LANFRANCHI Mario, nato il 03.01.1928 CRAMERI-CRAMERI Elisa, nata il 09.11.1919 HEIS-GIULIANI Jakob, nato il 12.06.1925 CORTESI-GERVASI Pietro, nato il 29.10.1908 CRAMERI-LONGA Marina, nata il 24.08.1915 CAO-ZANOLARIA Maria, nata il 28.03.1948 COSTA-BIANCHI Oscar, nato il 04.08.1928 CORTESI Salesia, nata il 04.06.1914 LENDI-COMPAGNONI Diego, nato il 16.12.1922 LARDI-GODENZI Agnese, nata il 24.12.1922 GODENZI-CRAMERI Diego, nato il 07.03.1932 CONRAD Ursula, nata il 17.04.1950 ZANETTI-REUTER Bruno, nato il 23.04.1939 MENGHINI-DELLA VEDOVA Lucia Rosa, nata il 17.04.1929 28.01.10 30.01.10 31.01.10 10.02.10 22.03.10 03.04.10 15.04.10 23.04.10 24.04.10 05.05.10 05.05.10 11.05.10 27.05.10 28.05.10 05.06.10 10.06.10 20.06.10 20.08.10 23.08.10 24.08.10 TUENA-ZANETTI Emilia, nata il 25.03.1925 TONINI-BRUNI Guido, nato il 07.05.1932 JOCHUM-FRANK Achille, nato il 10.01.1930 RADA-RONCHI Roberto, nato il 25.01.1928 HEIS-GIULIANI Rita, nata il 02.07.1923 HEIS Loretta, nata il 19.12.1992 FORER-STRAMBINI Domenica, nata il 28.03.1918 CRAMERI-PAGANINI Rita, nata il 13.12.1916 FISLER-SCHÄR Elvira, nata il 20.05.1936 LANFRANCHI Ulrico, nato il 02.07.1920 LARDI-VECELLIO Cesare, nato il 20.07.1921 CORTESI-CRAMERI Nicola, nato il 10.09.1926 DAGUATI Vittorino, nato il 16.04.1936 COSTA-BIANCHI Maria, nata il 27.03.1936 ISEPPI-ZANOLARI Milena, nata il 07.06.1944 ROSSI Ines, nata il 28.05.1933 BERUBE-MICHEL Luzia, nata il 22.06.1920 RAMPA Maria, nata il 23.07.1923 LARDI-PAROLO Mariacarla, nata il 14.09.1957 CORTESI Dante, nato il 28.07.1943 BRUSIO (Compreso il 2008, dimenticato nell’edizione precedente) 16.09.08 27.09.08 TRIACCA nata Magni Luigina Adele, da ed in Brusio nata l’11 giugno 1916; figlia di Magni, Luigi e di Magni nata Iseppi, Adele CALZONI nata Lardi, Angela Maria, da ed in Brusio, nata il 06 luglio 1945; figlia di Lardi, Cesare Bruno e di Lardi nata Vecellio, Elsa Elvira; moglie di Calzoni, Armando Domenico Francesco 07.10.08 12.10.08 19.12.08 13.01.09 27.02.09 15.03.09 17.04.09 30.04.09 30.04.09 13.05.09 DE CAMPO Andrea Luigi, cittadino italiano a Brusio, nato il 16 maggio 1927; figlio di De Campo, Luigi e di Pozzi, Luigia Margherita; marito di De Campo nata Pianta, Elisabetta PIANTA Carlo Simone Luigi, da ed in Brusio, nato il 21 giugno 1935; figlio di Pianta, Pasquale Angelo e di Pianta nata Ferrari, Catterina Maria; marito di Pianta nata Crameri, Erica Maria TRIACCA nata Caspani Elisabetta, da ed in Brusio, nata il 20 settembre 1946; figlia di Caspani, Stefano e di Pruneri, Caterina; moglie di Triacca, Domenico Ernesto ZALA Annita Cesarina, da ed in Brusio, nata il 03 aprile 1919; figlia di Zala Eugenio Pietro e di Zala nata Monigatti, Margherita Catterina Carolina MEULI nata Lardelli Delia, da Nufenen GR, nata il 01 maggio 1920; figlia di Lardelli, Giuseppe e di Lardelli nata Pozzi, Elena BONGUGLIELMI nata Caduff Silvia, da ed in Brusio, nata il 06 marzo 1931; figlia di Caduff, Johann Josef e di Caduff nata Lütscher Maria Magdalena; moglie di Bongulielmi, Francesco RAMPA nata Zala Clotilde Hemi, da ed in Brusio, nata il 03 giugno 1916; figlia di Zala, Francesco Salvatore e di Zala nata Agostinelli, Anna Maria POLA nata Margaroli Giuditta Carla, da ed in Brusio, nata il 06 marzo 1920; figlia di Margaroli, Giacinto e di Trinca Colonel, Maria; vedova di Pola, Emilio SBRIZZAI Guglielmo, da ed in Brusio, nato il 14 febbraio 1931; figlio di Sbrizzai, Francesco e di Pittin, Elisa Giovanna; marito di Sbrizzai nata Pelazzi, Carla Pierina ALBASINI Giovanni Antonio Felice, da ed in Brusio, nato il 28 novembre 1927; figlio di Albasini, Giovanni Antonio e di Albasini nata Zala Maria Elisabetta 18.06.09 27.07.09 30.07.09 21.12.09 10.01.10 20.01.10 24.03.10 24.04.10 22.05.10 POLA Fernando Vittorino, da ed in Brusio, nato il 25 febbraio 1918; figlio di Pola, Giacomo e di Pola nata Quadrio, Domenica; marito di Pola nata Vitali, Maria Giacomina ISEPPI Fausto, da ed in Brusio, nato il 24 gennaio 1946; figlio di Iseppi Giovanni Antonio e di Iseppi nata Fancoli, Caterina; marito di Iseppi nata Pianta, Edith Barbara MARANTELLI Ferdinando, cittadino italiano a Brusio, nato il 18 maggio 1933; figlio di Marantelli, Terenzio e di Marantelli nata Delle Coste Caterina; marito di Bormolini, Maria Orsola ZALA Rino Angelo, da ed in Brusio, nato il 15 ottobre 1946; figlio di Zala, Tobia Angelo e di Zala nata Ronchetti, Caterina; marito di Zala nata Tosio, Almina Marilena BRANCHI nata Castellazzi Lucia Anna, da ed in Brusio, nata il 12 dicembre 1922; figlia di Castellazzi, Luigi e di Pedrana Angelina; vedova di Branchi, Edmondo Antonio Romerio POLA Costantino, da ed in Brusio, nato il 10 febbraio 1925; figlio di Pola, Silvio Antonio e di Pola nata Della Cà, Anna Maria Domenica; marito di Pola nata Paganini, Domenica Orsola Rina PAGANINI Walter Giovanni Andrea, da ed in Brusio, nato il 15 febbraio 1922; figlio di Paganini, Giovanni Giuseppe e di Paganini Maria Marina PEDRETTI nata Monigatti Anna Domenica, da ed in Brusio nata il 13 giugno 1928; figlia di Monigatti, Pietro Martino e di Monigatti nata Meleri, Orsola Maria; vedova di Pedretti, Gioachino Ennio SOLÈR Augustin, da Vrin GR a Brusio, nato il 18 febbraio 1925; figlio di Solèr, Augustin e di Solèr nata Cotti, Maria Felicita; marito di Solèr nata Bottoni, Olga Ruth Giuseppina Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Valposchiavo In ricordo dei nostri cari morti 153 Qui la Valposchiavo BRUSIO 154 22.05.10 21.06.10 22.06.10 07.07.10 09.07.10 POLA Lorenzo Giuseppe, da ed in Brusio, nato il 22 marzo 1946; figlio di Pola, Guido Domenico e di Pola nata Zambiasi, Lucia Domenica Giuseppina NANI Martina, da Kerzers FR a Brusio, nata il 07 novembre 1967; figlia di Schwab, Theodor e di Schwab nata Tschander, Yolanda BOTTONI Bernardo Cesare, da ed in Brusio, nato il 30 aprile 1930; figlio di Bottoni, Aronne Adriano Alfonso e di Bottoni nata Paganini Catterina Dina; marito di Bottoni nata Rossi, Loreta Maria Matilde PLOZZA Rodolfo Piercarlo, da ed in Brusio, nato il 07 aprile 1950; figlio di Plozza, Dario Claudio e di Plozza nata Ronconi, Maria Luisa Giuseppina CRAMERI Giuseppina Enrichetta, da Poschiavo a Brusio nata il 13 luglio 1921; figlia di Crameri, Pio Bernardo e di Crameri nata Cerfoglia, Maria; vedova di Crameri Costantino Qui il Moesano Qui il Moesano 155 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Gerry Mottis 156 Suggestiva chiesa di San Giorgio, in posizione dominante sul paese di Lostallo, uno dei più antichi edifici religiosi della Valle Mesolcina, citato in una lettera già nel 1219. Il primo restauro data del XVII secolo mentre il più recente risale agli anni Quaranta Foto: Gerry Mottis Seguo le sorti dell’Almanacco del Grigioni taliano sin da quando ero un ragazzo. Mi ricordo con piacere quando alle scuole elementari di Lostallo arrivavano i pacchi contenenti i volumi, che il docente di classe ci distruibuiva sotto le feste natalizie, invitandoci poi a gruppetti a passare di casa in casa, in paese, per venderne alcune copie, col graditissimo ritorno di uno o due franchi di mancia qua e là. Oggi sono passati più di vent’anni da quei tempi spensierati, ma il ricordo rimane vivo nella mia memoria. L’Almanacco – benché nel tempo abbia cambiato più volte la sua veste e i suoi contenuti – è sempre stato per me un elemento cardine della nostra cultura popolare del Grigioni Italiano. Già durante i miei studi in Letteratura italiana, presso l’Università di Friburgo, avevo iniziato a collaborare, inviando ad Antonio Tognola (il bravo redattore ventennale dell’Almanacco) alcuni miei scritti. Mi ricordo che debuttai con un mio racconto autobiografico intitolato Diario di bordo dal Sudamerica, nel quale raccoglievo le mie esperienze di viaggio a cavallo tra l’Argentina e il Perù, viaggio di un anno che intrapresi nel 1996. Da allora, iniziando poi a comporre poesie e racconti, ho iniziato una collaborazione più assidua con la rivista, che col passare degli anni mi ha fatto conoscere nelle case delle nostre valli italofone, fino all’inizio dell’anno 2010, quando Antonio Tognola, e poi Dante Peduzzi – a seguito dell’interessamento da parte della Pgi, sede centrale di Coira – mi ha contattato per propormi il passaggio di testimone per gli anni a venire. In seguito a quanto appena scritto – i miei ricordi, le mie collaborazioni – in poco tempo ho deciso in maniera positiva. Il progetto mi ha da subito attirato, affascinato, e stimolato la mia creatività. È con questi sentimenti che mi assumo il nuovo compito, quello di seguire il solco già tracciato da Antonio Tognola, dando cioè una continuità all’importante rivista grigionitaliana. In veste di nuovo redattore moesano, per questa mia prima edizione, mi sono proposto di seguire la tradizione culturale che mi precede, raccogliendo articoli da tutto il Moesano, che vertono su più ambiti: dalla cultura all’agricoltura, dalla caccia alle nuove costruzioni, dallo sport all’arte in generale, dalla fotografia alla salute, alle singole esperienze private dei nostri compaesani. Mi sono ciononostante proposto una leggera correzione del tiro nei confronti dei lettori, cercando di far partecipare al progetto culturale anche i più giovani, i futuri lettori e articolisti del domani – gli allievi e le allieve del Moesano – che presentano alcuni progetti, ricerche o riflessioni libere su tematiche diverse. Mi sono pure proposto di svolgere un mini-sondaggio online sulla ricchezza. Infine, abbiamo introdotto anche una nuova rubrica, di intrattenimento, Passatempo e pas saparola, dove tramite le parole crociate, il rebus, i motti di spirito ecc. ci si possa conoscere anche in maniera giocosa e piacevole. Con questi sentimenti di gratitudine e creatività, auguro a tutti di trascorrere piacevoli Feste e un Anno Nuovo serenissimo, in compagnia del nuovo Almanacco del Grigio nitaliano 2011. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Saluto del nuovo redattore moesano 157 Ottima riuscita per l’assemblea cantonale dei cacciatori a patente La prima nella storia convocata a sud del San Bernardino 158 Sabato 8 maggio 2010 il Moesano è stato la capitale della Caccia grigionese a patente. Su incarico della Federazione venatoria cantonale le cinque Società di Caccia di Mesolcina e Calanca (Alba Mesocco, Forcola Soazza, Groven Lostallo, Alpina Roveredo e Valbella Calanca), hanno organizzato la 96esima Assemblea dei delegati dell’Associazione dei cacciatori grigioni con licenza. È la prima volta che l’importante evento, che ha richiesto un grande impegno organizzativo, si è svolto a sud del San Bernardino. A Grono, in rappresentanza delle 77 sezioni venatorie presenti a livello cantonale, si sono riuniti un mezzo migliaio di partecipanti, delegati all’assemblea e numerosi invitati, tra cui autorità locali e cantonali. Qui il Moesano Qui il Moesano Lino Succetti 159 Ha salutato ufficialmente gli ospiti il sindaco di Grono Dieter Suter, che esprimendosi anche come medico ha rilevato come la caccia, tra l’altro «contribuisce al mantenimento della nostra salute perché aguzza l’occhio, stimola la coordinazione, affina l’udito, sviluppa la forza e la velocità, allena la concentrazione e la pazienza, rafforza lo spirito di sacrificio e il legame con la natura». cacciatori e nominato membro onorario dell’Associazione. Engler ha posto l’accento nel suo intervento sul fatto che «affinché la caccia sia un piacere, non è importante come siano collocati i limiti di peso della selvaggina, se l’ispettore o il consigliere di stato sia o no simpatico. Decisivo è quello che il cacciatore stesso trae e quali aspettative associa nella caccia. La grande sfida consiste nel creare un equilibrio tra i valori tradizionali della caccia grigionese basata sul sistema della licenza e le esigenze che una caccia moderna deve soddisfare. Ciò richiede una spiccata sensibilità, una conoscenza approfondita dei processi naturali e una fiducia nello sviluppo sostenibile con una costante autocritica verifica delle varie normative riguardanti l’esercizio della caccia». Tra gli ospiti intervenuti hanno preso la parola il consigliere nazionale Tarcisius Caviezel e Stefan Engler, alla sua ultima presenza come Consigliere di Stato all’assemblea dei Pure Martino Righetti, membro del comitato allargato dell’Associazione cantonale cacciatori, rivolgendosi al mezzo migliaio di delegati e ospiti presenti nella palestra di Grono, come cacciatore e cittadino amante della natura in generale si è detto «convinto che il sistema di caccia applicato nei Grigioni sia uno dei più equilibrati della Svizzera. Infatti, nella legge sulla caccia si tengono in giusta considerazione gli interessi di diversi enti, da quelli ambientalistici a quelli turistici, da quelli economici a quelli agricoli, ma soprattutto la legge pone in assoluta priorità la conoscenza e il rispetto di tutto l’ambiente naturale, quello della fauna innanzitutto. Noi cacciatori – ha concluso Righetti – dobbiamo essere coscienti che la caccia deve rispondere prima a regole razionali e solo in seguito a pulsioni istintive. Ed è per questo che dobbiamo essere pronti a metterci in discussione con tutte le altre cerchie di persone che condividono con noi il territorio. Non dobbiamo arrogarci diritti appartenenti a tutti. Dobbiamo essere disponibili al dialogo costruttivo, ma saperci anche difendere quando siamo combattuti ingiustamente con pregiudizi o proclami infondati». Foto: Lino Succetti Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Lino Succetti 160 «Di caccia si parla e altrettanto si sparla, sovente dimenticando o non sapendo che è una pratica ancestrale, simbolo di una cultura radicata in tutto l’arco alpino che fa sempre parte della nostra società. La caccia non è solo arte venatoria come si tende a credere. È molto di più: è storia; è amore per l’ambiente e la natura; è contatto sociale; è rispetto degli animali e delle regole; è fatica. Ma tra le molte altre cose è anche arte nelle sue più svariate forme tra le quali, come dimenticarla, anche quella culinaria». Con queste parole Dante Peduzzi, presenta il volume da lui curato con il grafico Lulo Tognola intitolato Amor di caccia, un affresco della pratica di questa disciplina nel Moesano tratteggiata nelle sue diverse sfaccettature. Con 36 contributi di 26 autori e numerose immagini, in una novantina di pagine si intrecciano saggi divulgativi, pensieri, racconti e poesie. Il volume affronta il tema sotto i più svariati punti di vista presentando l’evoluzione della caccia dal passato al presente e prestando attenzione ad aspetti spesso poco conosciuti del fenomeno, parlando al lettore con un linguaggio chiaro e accattivante, che stimola alla scoperta dell’appassionante intreccio fra storia, tradizioni e scienze naturali. Il libro, graficamente ben curato e riccamente illustrato, offre un viaggio alla ricerca della memoria con dei capitoli storici e illustra poi gli odierni metodi di gestione e cura della selvaggina. In alcuni capitoli, esso passa ad esaminare l’importanza del tema quale educazione al territorio. Non mancano le storie in cui si intrecciano le vite degli stessi cacciatori che raccontano alcune personali vicende venatorie e anche alcune note curiose come quelle dedicate al rapporto tra caccia e medicina popolare nelle nostre regioni. In coda, con un accattivante Ricetta rio, il cuoco di Lostallo Alan Rosa ci ricorda l’importante connubio tra selvaggina e cucina, invitando il lettore a preparare e gustare le squisite creazioni dello chef lostallese a base di stambecco, camoscio, marmotta e cervo. Lo snello saggio divulgativo, di piacevole lettura, che mette a fuoco svariati temi importanti di là dal suo ovvio interesse per chi pratica la disciplina, rappresenta per ogni appassionato del territorio e della montagna una preziosissima sintesi documentativa del fenomeno di caccia nel Moesano, può essere richiesto al segretario del Comitato organizzatore, Luca Plozza, 6562 Soazza. Qui il Moesano Il volume «Amor di caccia» edito in occasione della 96a assemblea cantonale 161 Tel. 01 835 90 02 - mobile 079 475 52 31 e-mail ‹[email protected]› Il libro “Amor di caccia” e il grande impegno del Comitato organizzativo – presieduto da Bruno Rizzi, a sinistra sulla foto con al centro il consigliere di Stato uscente Stefan Engler e le due indossatrici con i tradizionali costumi di Mesolcina e Calanca – sono stati molto apprezzati dai delegati, autorità e numerosi ospiti accorsi a Grono per l‘assemblea, la cena di gala e i festeggiamenti serali con varie animazioni Poesia Casa mia Casa mia, all’ermo castello, proda di foresta, oasi solatìa mi proteggi da gelo, strali e tempesta. Se tra i fiori sceglier dovessi un che t’assomiglia non vilucchino, né rosa vermiglia, m’abbozzerei quello che il sole e il ghibli1 in duplice concerto in uno han fuso, granello per granello, sferzato scisto di silicea sabbia: la cristallina Rosa del Deserto. Da sinistra, Dante Peduzzi, il Consigliere di Stato Stefan Engler con tra le mani il bel volume intitolato “Amor di caccia”, curato dallo stesso Peduzzi con il tocco grafico di Lulo Tognola, nella foto accanto a Bruno Rizzi 1 Vento del Sahara Clemens A Marca Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Dante Peduzzi 162 La catena orientale di montagne che separa la Mesolcina dalla Valchiavenna e dalla riva destra del Lago di Como costituisce un confine naturale che è stato frequentato per lunghi secoli, fin dalla preistoria. La gente dei due versanti conosceva ogni passaggio praticabile. Ad essi ha dato dei nomi singolari preceduti dall’appellativo Bocchetta, piccola bocca, quasi per sottolinearne l’importanza di un luogo di passaggio del cibo necessario per la sopravvivenza. Gli abitanti di qua e di là del confine naturale si conoscevano, si scambiavano prodotti, notizie e spesso nascevano anche delle relazioni famigliari attraverso matrimoni. Questo confine naturale, per lunghi secoli, non è stato considerato dalle popolazioni locali una barriera oppure un confine politico. Quando lo è diventato, allora è nato anche il contrabbando che, tuttavia, la gente ha considerato un’occasione per difendersi dalla carestia generata da governi lontani e interessati ad incassare tasse e dazi alle frontiere. Dopo i periodi duri della Seconda Guerra mondiale, periodi nei quali il contrabbando ebbe dei risvolti incredibili, il passaggio di merci sui sentieri della montagna andò diminuendo progressivamente, fino a cessare completamente. Grazie all’inaugurazione della Via dei Grotti tra Cama e Gordona, avvenuta nel 2005, ho potuto allacciare contatti con persone che hanno vissuto in prima persona gli ultimi anni delle vicende legate al contrabbando. Voglio qui riportare alcune testimonianze a tal proposito, la prima delle quali vissuta in prima persona. Verso la fine degli anni ’50 – inizio degli anni ’60 dello scorso secolo, ricordo come noi bambini di Cama assistevamo all’arrivo, Il comandante Tiberio (Pietro Porchera) Due partigiani alla preparazione del viaggio verso la montagna degli ultimi contrabbandieri. Erano ragazzotti nerboruti, muscolosi, sulla ventina d’anni. Solo pochi erano più anziani. Arrivavano da sud, probabilmente da Gandria con dei furgoncini o delle automobili private. La corsa si fermava davanti al Ristorante Prandi di Cama. Il gruppo, generalmente una decina, si spostava sul sottostante piazzale sul quale venivano preparate le bricolle per il trasporto a spalla oltre la montagna delle sigarette di contrabbando. Le stecche di sigarette venivano disposte in bell’ordine sulla carta da pacco, oliata da una parte, che veniva poi ripiegata con cura assoluta in modo da formare un pacco alto circa un metro, largo 60-70 centimetri e dallo spessore di ca. 20-25 centimetri. Attorno al pacco veniva avvolto uno strato di plastica sottilissima. Poi veniva l’operazione che a noi bambini faceva più impressione. Il grosso pacco plastificato veniva avvolto nella tela di iuta, tagliata con cura e cucita ai lati con un grosso ago da materassaio e dello spago. Infine, venivano tagliate delle strisce di iuta di circa 20 centimetri di larghezza per circa 80 di lunghezza che, piegate con cura alcune volte formavano delle piccole cinghie di circa 5 centimetri di larghezza. Stabilizzate con qualche punto di sutura, venivano poi cucite al grosso pacco in modo che si trasformassero in larghe, ma resistenti bretelle. Le ultime operazioni al carico consistevano nel praticare lateralmente tre tagli che diventavano delle tasche. Nell’una veniva sistemato il falcetto taglientissimo, a portata di mano per tagliare le bretelle ed abbandonare il carico in caso di incontro con i Finanzieri, nell’altra veniva sistemato il pacchetto di sigarette. Più in alto, ma sempre lateralmente, veniva sistemata nella terza tasca una bottiglia. Due o tre colpi ben assestati con il palmo della mano conferivano infine alla bricolla la forma adattata alla schiena del portatore. Ancora un’operazione, prima di partire. Solitamente, in alto, sopra il sacco, veniva legato un fagotto contenente una maglietta e quelle poche vettovaglie che servivano per il tragitto. E poi partivano, in tardo pomeriggio, quasi tutti in calzoncini, torso nudo, fazzoletto in fronte, scarpe da montagna, calze grosse e l’immancabile bastone che qualche volta veniva preparato lungo il percorso (di solito in Promégn). Ricordo che alcuni di loro erano rossi di capigliatura, altri abbronzatissimi, cotti dal sole e dalla fatica, tutti atleti dotati di un fisico bestiale, come si direbbe oggi. Alcuni di noi, i più grandicelli, volendo dimostrare di essere altrettanto forti, si caricavano una bricolla (pesavano tra i 25 e i 30 chili!) e si incamminavano di buona lena nella colonna. Al massimo però riuscivano a tenere il passo fino alla Cappella di Valloré, pochi metri sopra il villaggio di Cama, punto in cui dovevano dare forfait. Venivano naturalmente scherniti, ma anche ricompensati con qualche sigaretta che poi veniva fumata furtivamente con gli amici. Questo fatto invogliava a ritentare l’impresa alla prossima occasione, ciò che ha permesso ai giovani di quel tempo di conoscere da vicino i protagonisti di quella stagione di contrabbando. Dal paese la colonna degli spalloni si notava nei diversi punti liberi dalle fronde dei castagni: al Mót del Pàs, alla Bèdola, ma poi scomparivano inoltrandosi nella Val Vama. Giunti all’Alpe del Lago posavano il carico, si rifocillavano, riposavano qualche ora aspettando la notte fonda. Verso le due del mattino si rimettevano in marcia, costeggiando il lago, salendo sui pascoli di Lumégn e, passando dalla Scala Santa, un luogo impervio, raggiungevano poco prima dell’alba la Bocchetta del Notaro a quota 2’098 metri. Ciò permetteva loro di entrare in territorio italiano coperti dalle ultime ombre della notte in modo da evitare le ronde dei Finanzieri che presidiavano il confine. Raggiunto il fondovalle, consegnavano la merce, si riposavano e si preparavano per il prossimo tragitto, costeggiando il Lago di Como ed entrando nuovamente in Svizzera da sud. Non sempre però filava tutto così liscio come mi ha raccontato MT. di Gordona: Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Storie di relazioni umane e di contrabbando 163 164 Incidenti del genere succedevano sovente nel periodo più intenso di contrabbando: quello durante la Seconda Guerra Mondiale. Qui però il contrabbando avveniva nei due sensi e veniva praticato non solo dagli Italiani, ma anche dai Mesolcinesi. In quel periodo la Svizzera venne a trovarsi circondata da paesi in guerra, per cui vennero a mancare diversi prodotti di prima necessità. Dalla montagna veniva contrabbandato di tutto: scarpe, fisarmoniche, suole per le scarpe, pneumatici, farina, calze, seta, tessuti, copriletti, camere d’aria, preservativi e persino biciclette. Una testimonianza che ho raccolto da VB. di Cama, ancora vivente: «Dalla Bocchetta di Sambrog arrivò una partita di coltelli Solingen di ottima qualità che avrei potuto vendere in Svizzera. Ritirata e pagata la merce, venni a sapere che le guardie di frontiera del posto di Cama presidiavano il sentiero d’accesso all’alpe del Lago. Decisi di scegliere una via alternativa passando a mezza costa per sentieri impervi che conoscevo dal periodo di caccia. Una disattenzione e il fieno di bosco mi tesero una trappola mortale. Scivolai, venni sbalzato per una decina di metri lungo il pendio e caddi pesantemente fracassandomi le ossa. Alcuni coltelli che tenevo nel sacco fecero inoltre la loro parte… Per fortuna alcuni amici mi vennero in aiuto, mi trasportarono a valle su una scala e poi finii all’ospedale di Bellinzona per alcune settimane…» poi al buffet della stazione di Zurigo, prima classe, poi si doveva salire al piano superiore nel quale ti ricevevano in livrea rossa. Lì mi consegnavano i denari della merce e, qualche volta, dei cofanetti stretti con degli orologi di marca che io commerciavo con i contrabbandieri italiani. Si trattava di Acorette molto ricercati in Italia. Poi rientravo in treno e la storia continuava…» Gruppo di partigiani nella Val Bodengo (1944) Durante il periodo bellico, specialmente tra gli anni 1943 e il 1947, la merce che entrava di contrabbando in Svizzera era soprattutto il riso. Dal rapporto del 17 gennaio 1946 della direzione delle dogane del IV Circondario (Ticino e Mesolcina) alla direzione generale di Berna apprendiamo che nel 1945 su questi confini ne vennero confiscate ben 115 tonnellate. Se consideriamo che di solito riuscivano a farla franca 4 contrabbandieri su 5, si può ipotizzare che le tonnellate di riso entrate e commercializzate sul mercato nero ammontassero a ca. 460’000kg. Ipotizzando che circa ¾ di questa quantità fosse entrata dalle montagne, calcolando ca. 30kg. per carico, arriviamo a oltre 11’000 passaggi annuali. Ecco una testimonianza che ho raccolto da ET. di Roveredo che vive ancora: «Dalla Bocchetta di Braghec e di Paina i contrabbandieri mi portavano il riso fino in paese. La gente del paese veniva sempre a comperarne. Servivo persino l’Hotel E. di Zurigo. Portavo la scorta all’albergo Gioconda di Bellinzona, in faccia alla stazione. Avevo lì una donna di fiducia che mi sorvegliava la merce e quando avevo un carico sufficiente partivo per Zurigo. Mettevo la merce in terza classe nelle valigie e io viaggiavo in seconda. Quando arrivavo a Zurigo c’era il fattorino dell’albergo che faceva passare la merce attraverso la finestra e io scendevo dall’altro vagone. Ci incontravamo Un fenomeno meno studiato, forse perché coinvolse delle personalità conosciute, era caratterizzato dal contrabbando di valuta o di merce preziosa. Dall’estate del 1943 la lira italiana cadde in una depressione vertiginosa: da 27 lire per franco svizzero nel luglio del 1943, piombò a 240 lire per franco pochi mesi dopo. Il franco svizzero divenne una valuta ricercatissima lungo la frontiera che spinse la popolazione dei villaggi italiani sul confine a vendere in Svizzera qualsiasi cosa, anche per finanziare le attività dei gruppi di partigiani attivi sulle montagne. Ecco un’altra testimonianza singolare di ET. di Roveredo, il quale aveva ricevuto dai comandi svizzeri delle funzioni di uomo di collegamento: «Una volta, quando ero con i Partigiani della Val Bodengo, attraverso gli Americani che stavano avanzando, giunse nella 90a Brigata Garibaldi, comandata da Tiberio (Pietro Porchera, n.d.r) una partita di insulina che sarebbe dovuta arrivare alla delegazione Rumena a Berna. Si trattava della insulina Lilly fabbricata a Indianapolis, Indiana, USA. L’incontro per la consegna era stato fissato all’Alpe del Lago di Val Cama. Era inverno e non è stato facile per me organizzare questo viaggio. C’era un farmacista di Lugano, una persona di Breganzona ed altra gente che non conoscevo. Due o tre partigiani sono arrivati con la merce: 1,5kg di insulina per un valore di fr. 160’000 ma i signori di Lugano non avevano i soldi necessari per l’acquisto. L’avrebbero consegnato più tardi. I partigiani consegnarono la merce, ma trattennero me come ostaggio, l’unico giovane e celibe. Dovetti passare la Bocchetta del Notaro e Qui il Moesano Qui il Moesano «I finanzieri erano a conoscenza del nostro traffico e, sapendo che nessuno di noi sarebbe diventato ricco, non infierivano. Capitò però che una volta ne venne uno giovane da Milano il quale, di sua iniziativa, volle verificare cosa stesse succedendo con questi passaggi. Ci sorprese che già stavamo scendendo e ci diede l’alt. Pensando ai soliti finanzieri, cominciammo a correre, ma quello cominciò a sparare, dapprima in aria e poi all’altezza d’uomo. L’ultimo della nostra colonna si beccò una pallottola nella schiena e per poco non ci lasciò la pelle, come era successo ad altri.» Un flacone di insulina dell’epoca venni rinchiuso nel comando dei partigiani a Bodengo. Mi portava da mangiare la partigiana Kiki (Giuseppina Panzieri n.d.r.). Visto che i soldi non arrivavano mai da Lugano, mi sono recato di persona a Berna alla Legazione Rumena dove ho incassato fr. 35’000 e tre cronografi d’oro della Tissot che ho riportato al comando di brigata a Bodengo, sempre passando dal Notaro. Il comandante Tiberio mi consegnò come riconoscimento un flacone di insulina che però non riuscii più a smerciare e che tengo ancora a casa» A questo punto la storia del contrabbando si intreccia con quella della resistenza armata sulle montagne e del flusso di informazioni dei servizi segreti, specialmente da e per il comando Consolato Americano di Lugano che aveva programmato dei lanci di armi e munizioni per i partigiani della 90a Brigata Garibaldi. Ma questo è un altro capitolo che varrebbe la pena di approfondire. Forse sarà per un prossimo numero dell’Almanacco. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 165 Qui il Moesano Luca Plozza Ufficio forestale dei Grigioni 166 Nel Moesano, come nelle altre vallate subalpine, le castagne hanno rappresentato per secoli una delle principali fonti di alimentazione. Attorno al castagno si è sviluppata una vera e propria cultura. Innumerevoli sono ancora oggi le testimonianze legate al castagno sul nostro territorio. Basti pensare alle selve castanili ancora oggi presenti in Mesolcina fino a Soazza e in Calanca fino a Buseno, ai castagni monumentali (cioè alberi con circonferenze oltre i 7 metri), ai toponimi (es. Castaneda), agli attrezzi, agli edifici (grat), ecc. Dal Medioevo fino all’inizio del 1800 la presenza dei castagneti era imponente nei pendii spesso terrazzati delle nostre valli. Fino all’ultimo Dopoguerra si è assistito ad un progressivo declino della castanicoltura (a causa soprattutto dell’avvento di altre fonti alimentari quali la patata e il mais). In seguito, la gestione delle selve castanili è poi stata abbandonata quasi ovunque. Grazie ai progetti di recupero delle selve castanili promossi dall’Ufficio forestale dei Grigioni e sostenuti dai Comuni, dal Fondo svizzero per il Paesaggio e dai proprietari, diverse selve castanili sono state ripristinate e salvate da una definitiva scomparsa. La selva castanile della Collina di Lostallo La selva castanile situata direttamente a nord del paese di Lostallo è un elemento paesaggistico pittoresco, possiamo definirlo un vero e proprio pezzo di storia locale. Metà della selva è completamente terrazzata con dei muri a secco di origine medievale. La lunghezza complessiva dei muri inventariata ammonta ad oltre 3,4 km! I terrazzamenti sono stati eseguiti per facilitare la gestione agricola, così da diminuire la pendenza e liberare il terreno dai sassi. I terrazzi non erano utilizzati unicamente per la produzione di castagne ma anche quali campi e, in seguito, prati. La selva rimanente, che non è terrazzata, è delimitata da un muro laterale e ospita castagni secolari. I lavori di recupero della selva castanile … Il recupero della selva castanile La Monda è iniziato nel 1998. Lo stato della selva prima dei lavori di recupero era particolarmente degradato: all’inizio degli anni ’90, il bosco aveva invaso completamente la selva e molti muri a secco erano crollati. I castagni da frutto avevano uno stato sanitario precario a causa della mancanza di cure e di luce. Erano infatti completamente sommersi dagli altri alberi (tigli, abeti rossi, frassini, ecc.). I castagni erano pure indeboliti dall’attacco del cancro corticale. Sull’arco di 12 anni si sono eseguiti i seguenti lavori: - Potatura di oltre 200 castagni da frutto - Pulizia del terreno e ripristino dello strato erboso di ca. 5 ettari - Taglio di 900 mc di legname - Piantagione di un’ottantina di nuovi castagni innestati. L’investimento complessivo è stato di ca. fr. 300’000.–. Il progetto è stato realizzato grazie al prezioso sostegno del Municipio di Lostallo e all’accordo con la trentina di proprietari privati. Tutti i proprietari hanno aderito al progetto assumendosi i costi residui (30 cts al mq) e, in collaborazione con il Comune, garantiscono la manutenzione della selva per una durata di 30 anni. I lavori di recupero sono stati eseguiti dalle ditte di Lostallo Ghiro, F. Albertini e figli e M. Valsecchi. La potatura dei castagni è stata affidata allo specialista Antonio a Marca di Mesocco. Qui il Moesano Il castagno è parte della nostra cultura Vista sulla selva castanile di Lostallo del maggio 1998. Foto: L. Plozza … e dei muri a secco A partire dal 2005, in collaborazione con il Fondo Svizzero per il Paesaggio, che ha assicurato il finanziamento dei ⅔ dell’opera, si sono realizzati tre progetti con l’obiettivo di salvaguardare i muri a secco, importante patrimonio paesaggistico. I lavori sono stati eseguiti dalle imprese Rosa di Lostallo e Barella di Mesocco. In tutto sono stati ripristinati oltre a 3km di muri a secco con: - Ricostruzione di ca. 1’600 mc di muri - Sistemazione di oltre 1 km di copertine - Investimento di ca. fr 500’000.– La gestione agricola della selva castanile Per salvaguardare la sopravvivenza della selva castanile e dei muri a secco bisognerà garantirne la manutenzione tramite una gestione agro-forestale appropriata. Il lavoro Vista sulla selva castanile di Lostallo durante i lavori del 2009. Foto: L. Plozza dei contadini è impegnativo. Considerata la natura del terreno è esclusa la possibilità di utilizzare trattori. Inoltre, l’impegno per mantenere la cotica erbosa ed evitare lo sviluppo di rovi, felci e arbusti è notevole sia nei terrazzi ma soprattutto nella superficie rimanente. Attualmente la gestione è garantita grazie ai sussidi agricoli, ai contributi del progetto d’interconnessione e un po’ d’idealismo da parte delle aziende agricole di Lostallo Cappelli, Succetti e Räss. Le selve castanili fanno parte della nostra identità culturale. Salvaguardarle significa quindi tramandare alle generazioni future una testimonianza del nostro passato e una caratteristica della nostra regione, caratteristica che la rende speciale non solo ai nostri occhi ma anche a quelli di chi ci guarda da fuori. Le selve castanili arricchiscono dunque il nostro paesaggio, la biodiversità e sono da considerare un’attrattiva anche dal punto di vista turistico. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 167 125 anni della Società Carabinieri di Roveredo (1883-2008) Ricordo del Tiro del Cinquantenario (8 e 9 luglio 1933) Foto scattata davanti al vecchio stand. Prima fila, seduti, da sinistra a destra: Buffi Enrico, Nicola Enrico (farmacista), Martignoni Carlo (nonno), Togni Alfonso, Schenardi Doroteo (Bin), Mossi Eugenio (el Caréna). Prima fila, in piedi: Berri Lindo, Giboni Antoni (della segheria ai Rógg, con bandiera); Martignoni Pietro (deceduto nel 1939 a Champfér), Albertalli Martino, Banalini Antonio. Fila in alto: Franchi Alberto (tragicamente deceduto a Chiasso nel 1940), Schenardi Ferdinando (Dino), Troger Francesco (el Cechìn de la Melania), Giboni Antonio (Commissario di Polizia), Manzoni Giovanni (con bandiera), Riva Rodolfo, Losa Marco, Campelli Carletto, Cattaneo Mario, Troger Giovanni (panettiere, nascosto e con cappello), Tognola Aldo, Togni Antonio (forestale), Pasini Primo (L’ultimo con cappello) 168 Ricordo dei festeggiamenti per il 125° anniversario di fondazione Tutti portano la nuova fiammante divisa inaugurata per l’occasione. Prima fila, da sinistra a destra: Katia Berri, Marianna Cavalli-Martignoni con la terzogenita Matilde, Piero Stanga (socio onorario), Ferruccio Cattaneo, Giuseppe Stanga (segretario), Leo Schönecker (membro del comitato), Iari Pestelacci; davanti, seduti: i bambini Mosè e Martino Cavalli e Karin Galliciotti. Seconda fila: Emilio Winkeler, Souad Galliciotti, Claudio Galliciotti (cassiere), Michele Cavalli, Arnoldo Martignoni (Presidente onorario), Giorgio Mainini (membro del comitato e alfiere), Mariuccia Fasola-Galimberti, Mario Pizzetti e Pierino Fasola Nella primavera del 2008 la Società Carabinieri di Roveredo ha ricordato e degnamente festeggiato i 125 anni di vita. Fu, infatti, quel lontano 22 aprile 1883 che i primi 16 militi e 4 volontari, rispondendo alle vigenti esigenze delle autorità militari federali e cantonali, si costituirono in società. Il primo Comitato sociale risultò così composto: Presidente, maestro Giovanni Schenardi (più tardi ispettore scolastico di Mesolcina e Calanca); cassiere, Giovanni Antonio Giboni; segretario, Costantino Franchi; membro, Carlo Martignoni; usciere, Natale Beltrami. Già il 14 maggio di quell’anno la Società tenne il suo primo tiro di esercizio obbligatorio in base all’Ordinanza federale allora vigente. Il 10 giugno dello stesso anno si organizzò un secondo tiro d’esercizio e contemporaneamente anche a premi, con premi d’ono- re gentilmente donati da molti soci ed amici del tiro. Altri tiri d’esercizio ed a premi ebbero poi luogo il 29 giugno, il 1 luglio ed il 9 settembre di quell’anno. Cinque anni più tardi (e precisamente dal 3 al 5 agosto 1888) la Società partecipò per la prima volta ad un Tiro Cantonale di Sezione e precisamente a Bellinzona, e otto anni dopo anche al Tiro Distrettuale di Sezione a Lostallo. Numerosissime furono, col passar degli anni, le partecipazioni della Società a tiri sociali in Valle, nell’interno del Cantone, nel limitrofo Ticino e anche nelle varie parti della Svizzera, specialmente ai frequentissimi Tiri cantonali e Tiri storici (quale quello commemorativo della battaglia di Giornico, o quello della battaglia della Calven a Ilanz, Samedan o Davos), nonché ai frequentissimi Tiri Federali in Svizzera. Elencare tutti i numerosissimi successi ottenuti dalla società sia in Valle sia fuori sarebbe impossibile. Ci limitiamo a ricordare, fra i tanti, almeno due dei successi più famosi: quello conquistato nel luglio del 1946 da un sestetto di nostri campioni al quadriennale Tiro storico della Calven a Davos e quello ottenuto dai nostri valorosi rappresentanti allo storico Tiro commemorativo del Settecentesimo del Patto federale (1291-1991) nel Canton Uri. I sei nostri matcheurs che a Davos sbaragliarono il campo imponendosi a tutte le numerose sezioni retiche presenti, aggiudicandosi il glorioso gagliardetto storico della battaglia della Calven, rispondevano ai nomi di Carlo, Romolo e Bruno Martignoni, Car- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Piero Stanga 169 Il Centro Culturale di Soazza è oggi una realtà Luciano Mantovani I carabinieri roveredani agli onori! Ecco 14 dei 15 partecipanti al vittorioso “Tiro del 700°”. Prima fila, da sinistra a destra: Emilio Winkler, Giuseppe Stanga, Emanuele Gamboni. Seconda fila: Josef Brun, Romana Fibbioli-Fasola, Orlando Pacciarelli, Arnold Martignoni (presidente), Piero Stanga, Mariuccia FasolaGalimberti. Terza fila: Matteo Fasani, Franchino Fibbioli, Pierino Fasola, Giorgio Mainin, Fabrizio Dolci. Assente per lavoro: Vittorio Deghi Già dal lontano 1982 esiste a Soazza la Biblioteca Comunale, nata da una donazione del compianto dott. Edmondo Zarro. La Biblioteca si è sviluppata nel tempo e dopo vari cambiamenti di sedi provvisorie (ex aula scolastica, ex sartoria, ex caseificio), finalmente si è trovata una sistemazione appropriata. Nel corso degli anni Novanta (e poi nei seguenti del nuovo millennio) si è cominciato a proporre una Biblioteca di Circolo, per i tre comuni dell’Alta Valle. La soluzione e la realizzazione non era però né ovvia né scontata. Come ognuno può immaginare, convincere la popolazione di Soazza a un investimento finanziario non indifferente (e in seguito coinvolgere nella gestione i due comuni limitrofi), non è sta- Poesia I gropp Un tòcch de légn A guardàl iscì, dumà un tòcch de légn. Sa pruvòu a métig dént el sugrét, per fa fìsul. Le sctacc giròu e pirlòu in tùten la manéiren Ma un tòcch de légn le resctòu. Fredy Parolini Stazione BM, “Società esercizio ferroviario turistico c/o Bruno Ferrari” ta una cosa semplice che si poteva risolvere in poco tempo, ma con la comprensione e la lungimiranza del municipio e della maggioranza della popolazione si è potuto portare avanti un progetto, non solo di una Biblioteca di Circolo, ma addirittura di un Centro Culturale. Dopo anni di trattative e di mediazioni, colloqui e negoziazioni si è finalmente giunti all’approvazione di una convenzione tra i tre comuni di Circolo (Mesocco, Lostallo e Soazza), per gestire insieme il Centro Culturale. Il Centro sorge sul piazzale della ex stazione della ferrovia Bellinzona-Mesocco e comprende anche l’edificio della ex stazione, ottimamente restaurato e adattato. Questo è diretto da un Consiglio Culturale composto di sei membri, due per ogni comune: per Mesocco, Luigi Corfù (vicepresidente) e Edmondo Fasani, per Lostallo, la signora Margherita Cadenazzi e l’avv. Andrea Toschini e per Soazza, Paolo Mantovani e Luciano Mantovani (presidente). Lo scopo principale del Centro è di coordinare, informare e promuovere attività culturali, sociali e turistiche prodotte dallo stesso, in collaborazione con altri enti o da terzi. Per fare questo, bisogna coinvolgere istituzioni e associazioni già esistenti, con le relative persone a loro associate. Nella nostra regione e nel vicino Ticino, non mancano certamente manifestazioni di carattere culturale, anzi a volte sembra ce ne siano in esubero. Le proposte culturali del Centro, perciò, sono innanzi tutto indirizzate agli interessi della nostra gente, dei nostri giovani, con lo scopo di suscitare dapprima curiosità e interesse. Il Centro non vuole escludere offerte più ampie, che vanno oltre i nostri confini, tutt’altro. Tutto sta nel saper valutare, dare il giusto peso, la giusta misura, il giusto indirizzo ai progetti e soprattutto alla loro continuità. Ogni evento, proposta o manifestazione, deve rientrare sotto un concetto più ampio e ben definito, onde evitare di proporre eventi fine a se stessi. Si cerca di coinvolgere più Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 170 letto Capelli, Achille Lafranchi e Giovanni Taschetta. Ed i quindici nostri valorosi che nel 1991 a Wassen si piazzarono brillantemente al secondo posto della propria categoria ed al terzo posto assoluto su ben 1250 società consorelle provenienti da tutti i Cantoni svizzeri e con la fantastica media di 48’700 punti su un massimo di 50’000 sono: Brun Iosef, Deghi Vittorio, Dolci Fabrizio, Fasani Matteo, Fasola-Falimberti Mariuccia, Fasola Pierino, Fibbioli Franchino, Fibbioli-Fasola Romana, Gamboni Emanuele, Mainini Giorgio, Martignoni Arnoldo, Pacciarelli Orlando, Stanga Giuseppe, Stanga Piero e Winkler Emilio. Grazie a questa sua brillantissima presentazione, la gloriosa Società roveredana è stata preceduta in classifica generale solo (e per una frazione di punto) da una società bernese e da una svittese ed è quindi risultata prima assoluta della Svizzera italiana e del nostro Cantone. 171 Alla Biblioteca, che fra due anni festeggerà i trent’anni di vita, ai suoi responsabili, alle sue collaboratrici e ai suoi collaboratori, auspichiamo di continuare come finora con le sue apprezzate attività sia culturali sia sociali, a favore della popolazione e, in special modo, della gioventù. Non c’è dubbio che l’iniziativa di Soazza, e la volontà di collaborazione dimostrata dai comuni di Mesocco e di Lostallo, fungeranno da impulso e da stimolo anche per i futuri progetti culturali della Regione Mesolcina. di Mesocco, con la PGI moesana e con i responsabili del Museo moesano. Pure la Biblioteca Comunale è parte integrante del Centro Culturale. Essa conta più di trenta collaboratori volontari che contribuiscono nei più svariati modi al funzionamento della stessa, presenziando durante gli orari di apertura al pubblico, collaborando nella preparazione dei media, nell’organizzazione di eventi e manifestazioni (come per esempio le letture per i più piccoli, i corsi estivi, le attività artistiche dedicate agli scolari dai 5 ai 12 anni, e anche per gli adulti). Ricordiamo infine le validissime pubblicazioni della collana Testimonianze di cultura lo cale, diretta da Paolo Mantovani, tra i quali titoli citiamo Le donne di Soazza racconta no e l’ultimo in ordine cronologico El folétt dala còta vérda. Chi volesse contattare i responsabili del centro e della Biblioteca può rivolgersi a: Centro Culturale di Circolo a Soazza T 091 831 10 53 F 091 831 10 53 M [email protected] 172 oppure: Luciano Mantovani, Presidente Ai Drin 86 CH-6562 Soazza/GR T 091 831 16 46 F 091 831 19 93 M [email protected] Biblioteca esterno, foto: Luciano Mantovani Chi desiderasse essere informato su tutte le attività organizzate dal Centro, dalla Biblioteca o che si svolgono nel Circolo di Mesocco, può semplicemente lasciarci il suo indirizzo di posta elettronica. Presso il Centro si può anche richiedere l’uso della sala (70 posti) per conferenze, riunioni, consessi. Ai richiedenti verrà trasmesso il regolamento d’uso. Luciano Mantovani Presidente del Centro Culturale di Soazza Biblioteca interno e sala riunioni. Foto: Hsaskia Landrini Cereghetti (Mesocco) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano persone in progetti culturali, proponendo programmi che sappiano coinvolgere la popolazione, spaziare attraverso i più variegati interessi, dei gruppi, dei singoli e tenendo in considerazione un aspetto molto importante, quello dell’informazione e della divulgazione. Nel nostro Circolo – come del resto in tutto il Moesano – vi sono innumerevoli associazioni, gruppi e volontari, che si occupano delle più disparate attività. Una possibilità per coinvolgere queste persone potrebbe essere quella di far conoscere e farsi conoscere organizzando incontri, tavole rotonde, attività comuni, pubblicazioni, oppure presentando aspetti della regione meno noti o addirittura sconosciuti. Il Centro ha anche stabilito dei primi contatti per programmare una stretta collaborazione con il prestigioso Archivio a Marca 173 174 Poesie di viaggio in Sicilia Annamaria Pianezzi-Marcacci Sicilia orientale, foto: Internet Nota di viaggio Palermo e Catania, due Sicilie, due viaggi molto diversi sulle tracce archeologiche di fenici, greci e romani nelle terre siciliane. Un impatto forte con l’impressione di un passato che conviva con il presente come in nessun altro luogo. La Sicilia occidentale, nelle meraviglie del suo passato, mi ha dato molte emozioni: il presente è un mistero a volte raggelante e cupo, che al turista offre accoglienza esteriore, ma dà poco di sé, non si svela, contrariamente alla Sicilia orientale che è più estroversa e offre incontri con persone aperte che cercano dialogo e confronto. I siciliani in genere sono persone affascinanti con sfumature e ombre date dal loro variegato e a volte tormentato passato e dal sempre difficile presente. Ti ho cercata, Sicilia, nell’aria tersa di Erice, ti ho intravista nella nebbia improvvisa e irreale, nel respiro del Dio imprigionato nell’arenaria consunta di Selinunte. Ti ho ammirata nel bianco emblema di Tanit assorta come il ramarro su un fiore di pietra. Ti ho seguita, camminando tra pietre e antiche vie dove fioriscono pensieri colorati nati da semi punici, greci, romani. Ti ho vista splendida a Solunto e Segesta, ti ho salutata solare nelle ultime saline dello Stagnone e a Mozia, nelle pieghe eleganti della tunica del giovane, solo nel museo con la sua intatta bellezza. Ho assaporato e goduto il profumo e il calore marsalato di Lilibeo. Ho sofferto il freddo, zuppa di pioggia nell’antica Iaitas, scivolando sull’erba e nel fango. Ho cercato di capire, seduta tra le rovine di tempi violenti, ma vitali e creativi e mi hai parlato della tua grandezza e la tua miseria. Ti ho cercata e ho trovato il tuo passato Sicilia, ora cerco il presente, ma vedo solo una Medusa pietrificata, crocifissa sui fichidindia, persa nella chioma languida dell’eucalipto. Non ti sento, stai immota nei tuoi palazzi sgretolati, muta nel dolore di madre che ha visto uccidere i figli migliori. A occhi aperti offri sfacciata solo i tuoi limoni enormi, traboccanti di lacrime represse. Ti ho cercata incuriosita Sicilia di oggi, a Mondello, Monreale, a Palermo sulle bancarelle della Vucciria e nella grigia processione ininterrotta di casermoni, a Cefalù, umiliata e soffocata dal traffico. Oltre non traspare nulla. Cosa c’è dietro lo sguardo dei siciliani? Grazie, bella Sicilia per il tuo passato, perdonami, per non capire il tuo presente. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Sicilia occidentale (1999) 175 Noto La Sicilia ti scova travolge e incanta ti fa respirare col cuore bere con gli occhi ti lava le ferite col mare e col vino e con ostensori di melograno e fichidindia ti eleva lo spirito. Non esiste il tempo a Noto. Oltre la porta tutto rallenta, solo la bellezza parla e rapisce. Fai gesti nuovi dici cose mai dette a Noto. La terra grassa e calda come carne che ha imprigionato umori di tiranni sudori di schiavi lacrime di donne dona colori, sapori, profumi. È un pensiero barocco un balcone di pizzo un sapore sconosciuto e delizioso. Quattro sirene e quattro leoni dicono che il tempo è lo stesso tempo di quando il tempo era vero tempo, vera vita a Noto. Qui tocchi l’eterna madre fattrice generosa che accoglie e restituisce. 176 Mascalucia Balcone – Noto/Villadorata, foto: Internet L’anziano barone mi guida orgoglioso nel trionfo del suo Eden di terra negra e miracolosa. Racconta dei viaggi, dei semi portati dall’Africa. Mi fermo incantata per l’incontro con un albero sconosciuto bello e strano, il tronco con lunghi aculei e grandi fiori rosa come gigli. Avrà quindici anni - mi dice è l’albero del kapok… Ringrazio per la lezione e allegra corro via. Stanotte sognerò cuscini da odalisca con pance colme di kapok, un giardino profumato di limoni e gelsomino ai piedi di un vulcano in eruzione… e così sia. Gela Gelido impatto con la città, impero ieri come oggi. Gelone, il tiranno regna di nuovo con altra corona. Sgela un poco il saluto del cuoco affacciato sull’uscio. Urtano i seni sguardi raggelanti di maschi ombrosi, occhi che non vedono la bellezza del passato e la vera forza del presente. Energia maschia cieca e statica. Non c’era quel giorno l’uomo a Gela. Forse non c’è ancora l’uomo nuovo a Gela. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Sicilia orientale (2004) 177 «Il nostro futuro? Affidiamolo ai giovani pensatori» Intervista a Gerry Mottis 178 Ortigia Cammino con occhi sommersi da palazzi, chiese, balconi, sfioro ombre e fantasmi di guerrieri al castello Maniace, tocco furtiva le colonne doriche di Athena calde di sole ed energia e la notte bevo liquori dai sapori incredibili sulla piazza popolata da storie di principi e sante martiri. Ti ho vista o sognata, Ortigia? Ed ecco Arethusa, seminascosta tra i papiri bella nello sguardo di Alfeo. La ninfa si allontana ridendo, ma è un gioco, Arethusa non fugge più. Fuggire dall’amore nella sconvolgente bellezza di Ortigia? Pura follia! Tempio d’Agrigento, foto: Internet Agrigento Respiro grandezza e luce di un popolo che ha respirato la Grecia e conserva tutte le orme mediterranee. Orme di gente che ha morso, masticato, digerito e seminato in campi di sole e valli di lacrime. Gente che sputa i noccioli e conserva sulle labbra il dolce dei fichi e nelle mani arcaiche forme di statue e tessere di mosaici. Riflessa negli occhi della notte brilla la pupilla dei templi incoronati dalla luna piena. Nella mia dura stagione vivo questo adesso. E per questo per tutto questo dico grazie a te, Agrigento. Efkaristò, Akragas! Un giovane docente e scrittore della Val Mesolcina si interroga sul presente e sul futuro della propria valle, proponendo delle riflessioni di ampio respiro che interessano non solo i temi che tratta abitualmente – la cultura e il mondo della scuola –, ma anche la politica e la religione: nell‘intervista che segue il prof. Gerry Mottis è capace di cogliere la radice dei temi trattati perché, soprattutto come scrittore, si sta facendo strada con le proprie mani e con una sensibilità che gli consente di individuare il lato positivo di ogni situazione. Dalle parole di Mottis si comprende molto bene quanto sia importante la promozione culturale nei vari comuni della Val Mesolcina e della Val Calanca, e le relative responsabilità che devono assumersi le autorità politiche. Prof. Mottis, come si possono descrivere i caratteri dell’identità dei mesolcinesi? La Mesolcina si presenta, a mio avviso, come identità comunitaria solo sulla carta. Il riconoscimento identitario ci è indotto dall’esterno, soprattutto dai mass-media che etichettano territori e popolazioni per comodità – i ticinesi, i grigionitaliani, la Svizzera italiana, i giovani moesani ecc. –, uniformando e banalizzando tutto e tutti. Riconosco cio- nonostante che vi sia un certo attaccamento territoriale e culturale soprattutto nell’alta valle, mentre l’estremità sud – Roveredo e dintorni – si sta piano piano aprendo al fenomeno dell’immigrazione ticinese e italiana che penetra sempre più verso nord, nelle vallate meno chiassose e più verdi. In questo senso anche la Mesolcina sta subendo i contraccolpi di una globalizzazione di persone che si spostano e portano con sé idee e costumi diversi, che vanno poi a intaccare quell’unità identitaria di cui si discute. In ambito sportivo si stanno lentamente trovando delle sinergie tra alta e bassa valle, mentre in ambito culturale la divisione è oggi ancora accentuata come in passato, purtroppo. Le offerte culturali appaiono così iniziative settoriali, benché di buona qualità, e non rappresentano tutta la Valle. A suo avviso, l’attuale classe politicoamministrativa delle due Valli è in grado di promuovere e tutelare in maniera significativa la cultura e l’identità locale? La classe politico-amministrativa come dappertutto è disposta a investire nei progetti interessanti che rendono anche su un piano di immagine e di ritorno economico. Poco si muove in difesa e a favore degli estrosi volontari che quotidianamente si impegnano per proporre attività culturali per la gente delle nostre valli. Vigono soprattutto inizia- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Carlo Silvano 179 Dal suo punto di vista, le parrocchie delle due Valli svolgono ancora – sotto il profilo socio-culturale – delle attività rilevanti? Ritengo che le parrocchie si dovrebbero interrogare con serietà sul ruolo che vogliono e possono ancora svolgere all’interno delle nostre comunità. È indubbio che il centro dell’interesse della gente comune – che anticamente trovava nella Chiesa un luogo di ritrovo e un solido punto spirituale di riferimento – sia venuto piano piano a decadere quasi completamente. I giovani si interessano poco di spiritualità, e conoscono poco anche le Scritture, la vita di Gesù, così importanti per decodificare e dare un senso ad esempio a molti testi letterari – pensiamo solo alla Divi na Commedia – o alle opere d’arte (ad esempio il Giudizio universale di Michelangelo). Questo scarso interesse verso la religione e la religiosità impoverisce i ragazzi e le ragazze anche sotto il profilo prettamente culturale, nonché umano. Un dilagante agnosticismo non dovrebbe però scoraggiare gli ecclesiasti- ci. Il veicolo privilegiato rimane l’incontro, il dialogo, la condivisione di esperienze. Quello che forse manca è un progetto didattico puntuale e interessato da parte della Chiesa per i giovani, che sia adatto ai tempi. Quali dovrebbero essere – secondo lei – le linee guida per elaborare un progetto capace di rivitalizzare le attività culturali della Mesolcina e Calanca? Se per linee guida si intende un progetto comune che vada a toccare tutta la Mesolcina e la Calanca, credo che solo unendo gli intenti e le forze si possa realizzare tale obiettivo. Per ora, mi pare, manca ancora un fulcro attorno al quale poter costruire un’unità culturale moesana, tranne forse il Centro culturale di Soazza (ma relegato nell’alta valle). Come già riferito, la Pgi gioca e dovrà sempre giocare un ruolo fondamentale per cementare questa unione, ma senza il sostegno politico e finanziario di tutti i Comuni interessati, del Cantone e di altri enti secondari, essa non potrà compiere miracoli. A mio avviso, si dovrebbe formare una specie di sovra-apparato culturale che raggruppi ad esempio un rappresentante di ogni associazione culturale di valle (associazione artigiani, teatrale, canora, sportiva ecc.) e unificare gli sforzi per creare delle manifestazioni che abbiano ampio respiro e risonanza anche oltre le nostre valli. Riguardo allo spopolamento della Val Calanca, lei come percepisce questo problema? Noto con piacere che molti giovani sono ancora attaccati alla loro valle d’origine, la Val Calanca. La nostra scuola conta diversi allievi che ogni mattino si alzano alle 5:30 per raggiungere la bassa valle. Ragazzi e ragazze provenienti ad esempio da Landarenca o da Braggio che il mattino devono ancora affidarsi alla teleferica per raggiungere la fermata dell’autopostale che li condurrà sino a Roveredo. Affinché questi giovani rimangano in futuro (o ritornino) a lavorare nella propria valle è necessario che il territo- rio politico e geografico abbia a offrire loro motivo di riconoscimento. Fulcro attorno al quale tutto dovrebbe ruotare rimangono i posti di tirocinio o di lavoro interessanti e abbastanza ben remunerati; che non si fossilizzino però solo sulla manodopera, ma che vadano anche ad offrire possibilità ai futuri ingegneri, informatici, insegnanti e via dicendo. Il valore aggiunto di una valle laterale, come quella della Calanca, resta la bontà dell’ambiente alpino, l’aria fresca e i paesaggi favolosi che ritornano a essere sempre più riapprezzati dalla gente in generale. Ma l’investimento sul lavoro (e le offerte culturali annesse) rimane centrale. Don Marco Flecchia ritiene che i giovani mesolcinesi hanno sete di Assoluto e mostrano interesse per le cose antiche… Condivido la prima parte dell’osservazione, quando il bravo parroco dice che i giovani mesolcinesi hanno sete di Assoluto, nel senso che per definizione i giovani (adolescenti) sono assolutistici in tutto quello che fanno e in riferimento a tutto quello che credono: nelle amicizie, negli amori, nelle lotte, nelle loro opinioni, nello sport, nella ricerca spirituale. Il bisogno di conquistare una nuova identità personale li spinge con certa esagerazione a gridare al mondo la loro appartenenza, il loro diritto a farne parte e ad essere accettati. Si ritrovano infine confrontati coi veri problemi della vita adulta: lavoro, bollette, assicurazioni, infortuni, scontri di pensiero, amori delusi ecc. Noto però in questi ragazzi, frastornati da un dilagante e martellante incitamento tecnologico, un desiderio morboso verso il nuovo, il diverso, il tecnologico appunto, e poca attenzione verso quelle cose antiche di cui parla ancora padre Marco. L’arte, la musica d’autore, la poesia, la narrativa antica, sembrano non riscuotere più molto interesse in questi giovani cibernetici. Ritengo che il gusto estetico sia stato sostituito da un gusto utilitaristico, dove al piacere si sostituisce appunto un’utilità pratica che risponde alla semplice domanda: «A cosa serve?». Questa pericolosa tendenza va combattuta, affinché ci si possa affidare in futuro a giovani pensatori e non a giovani imprenditori senza scrupoli. Qual è l’autore elvetico di lingua italiana che oggi si sente di proporre ai giovani della sua valle? Mi chiedo innanzitutto se esiste un autore elvetico di lingua italiana che sappia fungere da modello e da guida per i nostri giovani. Come per quanto riguarda l’identità comunitaria, anche l’identità letteraria della nostra regione è un tema molto grosso e che andrebbe presto affrontato. Gli scrittori grigionitaliani e ticinesi seguono un percorso, a mio avviso, a sé stante, indipendente dalle linee di pensiero territoriali. Ogni artista (o scrittore che sia) sembra essere guidato soprattutto da un personale sentire, da una personale visione delle cose, della realtà circostante, del mondo. Sporadiche iniziative antologiche o riviste che tendono a unificare questo modo di sentire le cose sono dei tentativi destinati a mio avviso al fallimento, benché iniziative lodevolissime. Leggo con piacere il poeta ticinese Fabio Pusterla, professore di lingua e letteratura italiana presso il liceo di Lugano. La sua poeticità dirompente e schietta stupisce per i modi narrativi, descrittivi e ipermetrici. Una scrittura poetica che può interessare ai nostri giovani, lontana da uno stilismo letterario esasperato, che non fa che diminuire l’interesse verso l’opera poetica. È un autore che mi sentirei di proporre. La scrittrice Anna Felder – rispondendo a una domanda di Gian Paolo Giudicetti – ha detto di non credere che la letteratura debba avere primariamente un impegno politico diretto. Qual è la sua opinione? Sono d’accordo. L’artista – lo scultore, il pittore, il poeta, il drammaturgo – deve innanzitutto presentare una visione personalissima di sé e del mondo, lasciando poi al lettore (o fruitore) la scelta se identificarsi nel suo discorso creativo oppure se rigettarlo, se trarne beneficio, giovamento, stimolo di riflessione, Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 180 tive di paese, locali, sostenute dagli enti di un territorio ristretto (vedi per esempio il Centro culturale di Soazza), piuttosto che una visione comune di realizzazione culturale su più ampia scala. Dedicandomi al teatro e alla scrittura di opere letterarie, ho trovato buon sostegno ai primi passi, mentre poco interesse ora che maggiormente ne avrei bisogno. Un artista - poeta, scrittore, scultore, fotografo, teatrante, regista ecc. che sia -, sul nostro territorio rimane un solitario incompreso, e per questa ragione egli deve continuamente auto-promuoversi con grande investimento di energie (e soldi) per crearsi una nicchia di interesse. Le autorità politiche dovrebbero capire il valore di un artista locale che potrebbe bene rappresentare il territorio e veicolare tramite la propria arte un riconoscimento che travalica il rendiconto economico. L’immagine del Comune o della Valle ne guadagnerebbe certamente. Basti pensare quali eredità ha lasciato Alberto Giacometti – in termine di immagine, e non solo – al paesino di Stampa. 181 Ultima domanda: ha messo in cantiere un nuovo libro? Può fare qualche anticipa zione? Assieme ad un amico scultore ho pubblicato un libretto poetico di beneficenza (Pensie ri e nebbie, MiArte Edizioni, 2009) a favore dei bambini bisognosi del Togo (Africa). Per riallacciarmi al discorso di prima, ritengo che oltre ad un impegno politico indiretto, un artista debba anche mettersi a disposizione di coloro che non hanno voce, dei più deboli, degli emarginati. Ho accolto di cuore la possibilità di scrivere per beneficenza, attività che di sicuro riproporrò in futuro. Tuttora, sono in cantiere due mie nuove opere letterarie… Cioè? La prima è una raccolta di racconti intitolata Oltre il confine che vedrà la luce prossimamente. In quest’opera raccolgo una quindicina di racconti lunghi e brevi che trattano dei più svariati temi: il contrabbando tra Mesolcina e Chiavenna, la persecuzione nazista, la riscoperta del valore del libro e della lettura, i viaggi della speranza, il desiderio di libertà e di conoscenza, la spiritualità. Appena uscirà il libro, mi concentrerò sul mio secondo grande progetto: completare e perfezionare la mia terza raccolta poetica che prevedo di proporre presto a una casa editrice ticinese o italiana. Poesia Natal Còma semper l’è scià. Chi prima chi dòpu l’è in cà miga tucc il rivesctiss quaidùn perché iè senza radis alter, véa i ghé na miga. Tanti, tròp, i fa fadìga. Un la lasòu tròp còr còr dré ha chi ch`èn fa pissé pissé da mét in mostra mostra de tìnten prufùm barachìt barachìt inùtil, gnànca d`un dì. Dì de Natàl, Natàl senza chér. Fredy Parolini Società cooperativa La Cascata di Augio Romano Losa Nascita della società e salvataggio degli stabili Il Centro ricreativo e culturale La Cascata è nato nel 1973 da un’idea di un gruppo di amici e di sostenitori che, visto il fascino e la storia del vecchio edificio degli inizi del 1900, ha fondato la Società Cooperativa La Cascata con l’intento di salvare dalla rovina gli stabili ormai fatiscenti. L’intenzione dei soci è stata quella di procedere a un ripristino rispettoso delle antiche costruzioni, che permettesse la creazione di una struttura con ristorante e alloggio, comprendente anche spazi per manifestazioni culturali e di svago. Grazie all’entusiasmo e alla generosità dei soci, delle associazioni e dell’ente pubblico, il Comitato promotore è riuscito in diverse tappe a ripristinare tutti i locali, rispettando l’architettura originale, specialmente nell’accogliente sala degli specchi e nelle camere completamente foderate in legno. Socialità e cultura Socialità e cultura sono da subito stati i due concetti portanti della Società La Cascata assieme a quello del recupero dell’infrastruttura. I fondatori hanno così voluto ovviare alla mancanza di occasioni culturali e ricreative nella Valle Calanca. L’infrastruttura alberghiera e gli stabili annessi offrono oggi una valida soluzione per svolgere queste attività. Il programma culturale che viene allestito di anno in anno offre musica popolare e classica, teatro, mostre, conferenze di vario interesse e animazioni. Esso si rivolge sia agli adulti, sia ai giovani, che purtroppo abitano Centro “La Cascata” (albergo-ristorante) di Augio altrove, ma che ritornano in Calanca la fine della settimana o nei periodi di vacanza. Il Centro la Cascata è pure un luogo di ritrovo e di ristoro per gli anziani della valle. Cronologia: nascita e ultime tappe 1964-1966 All’esposizione nazionale svizzera di Losanna, nell’ambito della mostra sui problemi della montagna, nasce il Forum Al pinum, gruppo di lavoro inteso a sviluppare il dialogo tra le genti della montagna e quelle del piano. La nuova Società Elvetica propone al Forum Alpinum la Valle Calanca quale regione esemplare per la completa applicazione dei concetti elaborati. Con la collaborazione del Centro scolastico per le industrie artistiche di Lugano, la scelta cade sull’albergo Cascata ad Augio, chiuso ormai dagli anni Cinquanta. Carlo e Maria Spadino, al loro rientro da Parigi poco prima che scoppiasse la guerra del 1914-1918, l’avevano fatto costruire portando con sé persino i rivestimenti, le cornici e gli specchi del salone. Il progetto di restauro ottiene a Barcellona la medaglia d’argento a un concorso europeo fra le scuole di architettura. Grazie ad una donazione da parte della Federazione delle cooperative MIGROS si offre la possibilità di acquistare gli immobili che comprendono il vecchio albergo e due rustici. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 182 modello di comportamento, oppure restare indifferente alla voce dell’artista. L’arte deve passare in modo diretto ma non forzato. Se pensiamo a molte opere civili e politiche incisive, troviamo dei testi allegorici o delle finzioni letterarie grottesche che celano l’impegno civile, politico ed etico dell’autore. Non si tratta qui di un impegno politico diretto. Basti pensare all’opera di Bulgakov, Il maestro e Margherita, oppure alla Mala ora di Gabriel Garcia Marquez. Sta al lettore attento trarre il dovuto messaggio da queste opere impegnate, e agire secondo la propria sensibilità personale. L’artista è al servizio del popolo, lo può incitare alla rivolta, ma a mio avviso senza per forza essere roboante e diretto nelle sue dichiarazioni. 183 Suite dal cui terrazzo si gode a vista la cascata di Augio (foto in alto) 184 1973 In ottobre sette amici fondano la Società cooperativa La Cascata ad Augio, con lo scopo di acquistare gli immobili che costituiscono il complesso ambientale omonimo, di sistemarli per creare e gestire un centro di studi sulla vita economica e sociale della popolazione di montagna e per rip‑ ristinare il ritrovo ricreativo. Alla Società aderiscono inizialmente 86 soci. Capitale sociale: fr. 78’184.–. 2005-2006 Questo bienno è stato caratterizzato dalla prima edizione del Festival Demenga, che ha avuto un grande successo mediatico e di pubblico e che ha anche permesso di raccogliere ulteriori finanziamenti per le attività culturali. Durante un’intera settimana si sono susseguiti in Val Calanca concerti di livello internazionale. 2007-2008 (2009) Durante questo periodo si è cominciato a raccogliere i finanziamenti per un rinnovo totale della pavimentazione delle camere e dei bagni, ormai totalmente obsoleti, e per il prolungamento dell’impianto centrale di riscaldamento ai piani delle camere. I lavori sono stati eseguiti nella Pubblico accorso ad una serata al centro “La Cascata” di Augio Per info : ‹www.lacascata.ch› primavera del 2009 con un investimento di circa fr. 250’000.–. Abbiamo anche approfittato per dotare le camere di un impianto satellitare e di un collegamento internet, così da offrire un moderno confort agli ospiti. Nel 2008, visto il successo della precedente edizione, è stato organizzato il secondo Festival Demenga. Le manifestazioni culturali - scopi Cultura e svago sono stati per i fondatori del Centro l’incentivo primario per voler iniziare con il progetto Cascata. Le iniziative culturali sono proposte e organizzate da un’omonima Commissione costituita in seno al Consiglio di Amministrazione. Semestralmente viene pubblicato un programma di manifestazioni. I temi spaziano nel campo socio-culturale e comprendono espressioni artistiche di diversi settori come concerti, rappresentazioni tea- trali, conferenze e dibattiti; laboratori musicali, musica jazz e corsi di formazione nelle arti visive, ecc. I nostri obiettivi sono quelli di offrire un programma che attiri sia la gente che abita in valle, sia i turisti e gli abitanti delle regioni limitrofe, contribuendo così a far conoscere la Valle e il Centro Culturale. L’infrastruttura del Centro “Cascata” di Augio Il Centro La Cascata è situato all’inizio di un grande prato pianeggiante che apre una stupenda visione su un’altissima e ruggente cascata; tale elemento naturale rimane come legame di fondo alle diverse possibilità e disponibilità suggerite nella trasformazione degli edifici. Il Centro è costituito da un edificio principale adibito a ristorante albergo La Cascata, dal rustico La Monda per riunioni, workshop, mostre, ecc., da un rustico lato strada (da riattare, attualmente adibito a ripostiglio), da un rustico annesso all’edificio principale (parzialmente da riattare, attualmente adibito a ripostiglio al primo piano e a centrale termica al piano terreno). Il complesso fa parte di un sito di importanza nazionale e lo stabile principale, risalente all’inizio del secolo, è un monumento molto rappresentativo dell’architettura turistica del tempo. L’albergo dispone di una ventina di posti letto. Le dieci accoglienti e tranquille camere sono foderate di legno e in parte sono state decorate da artisti locali. Potrete pranzare nella suggestiva sala degli specchi, che può ospitare fino a cento persone. La sala è un bell’esempio di arredamento tipico parigino degli inizi del secolo, portato in valle dagli emigranti Calanchini di allora. Le terrazze esterne e il grottino Nel seminterrato è stato inserito un grottino moderno e rustico al tempo stesso, con un ampio camino: è il posto ideale per chi volesse cenare in un’atmosfera di intimità. Nella bella stagione le fresche terrazze esterne a sud e ad est dello stabile sono il luogo ideale per un ristoro La sala conferenze “la Monda” La Monda è un rustico adiacente all’albergo, adibito a seminari, giornate di studio e mostre. Al primo piano c’è una sala completamente foderata in legno che si affaccia verso la cascata ed è arredata con flipchart, schermo, retroproiettore, tavoli combinabili. Essa è adatta a 20-25 persone. Al piano inferiore, invece, si può usufruire di un locale rustico dove si possono organizzare aperitivi, coffee-break, esposizioni, colazioni di lavoro o buffet, godendosi il panorama e il rilassante fruscio della cascata. Si possono riservare le sale del rustico La Monda attraverso il gerente dell’Albergo-Ristorante. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Sala conferenze dell’albergo “La Cascata” di Augio (foto a sinistra) 185 La Valle Calanca: geografia, storia popolazione e cultura 186 Qui il Moesano Qui il Moesano Su gentile concessione del Centro «La Cascata» Augio – ‹www.lacascata.ch› Geografia La Calanca, una valle particolarmente amena del Grigioni italiano, è caratterizzata da una natura ancora pressoché intatta e da bellezze ambientali ed artistiche autentiche. Il torrente Calancasca, che la percorre tutta, ha conservato ancora la purezza e la limpidezza di sempre. I villaggi e i piccoli agglomerati, le loro celebri e belle chiese (tra cui quelle di Santa Maria e di Santa Domenica), le case borghesi e i tanti originali affreschi costituiscono una valida testimonianza di un passato vivo ed operoso. In ambito economico sono da menzionare le cave di granito situate ad Arvigo. Ciononostante, la Calanca interna è da parecchio tempo soggetta al fenomeno dello spopolamento che sta da tempo modificando radicalmente il tessuto economico e sociale. Popolazione Come appena ribadito, la Calanca non si sottrae al fenomeno dello spopolamento: già da parecchi anni diverse case di abitazione si presentano vuote e la vita e l’interesse nella valle sembrano assottigliarsi sempre di più. A parte la pratica dell’agricoltura, che a causa dei grossissimi sacrifici necessari viene sempre meno esercitata, gli unici impieghi (e quindi le sole fonti economiche) che la valle può offrire ai suoi abitanti sono la pietra, il Laghetto Triscolmen CENNI STORICI E CULTURALI La preistoria I sentieri alpini e la natura Laghetto Calvaresch legno e il turismo. Di conseguenza, specialmente i giovani sono obbligati a spostarsi nelle zone urbane, dove oltre all’occupazione, possono approfittare di tutte le moderne possibilità di svago. Questo spiega perché la maggior parte dei residenti sia oggi composta soprattutto da persone anziane. Se da un lato si assiste al fenomeno dello spopolamento, dall’altro vi è il crescente afflusso di turisti alla ricerca di un luogo tranquillo e pittoresco. Ciò favorisce i piccoli commerci di valle e gli artigiani locali (trasformazioni di cascine e costruzione di case di abitazione), ma ha pure un effetto negativo sui prezzi dei terreni. Augio (1034 msm) si trova a un quarto d’ora dall’uscita dell’autostrada di Roveredo ed è raggiungibile attraverso una comoda via di comunicazione. La sua posizione geografica permette agli amanti della natura e della montagna di percorrere sentieri silenziosi attraversando una natura incontaminata, o ai più abili di raggiungere vette che spaziano sul versante ticinese e su quello della Mesolcina, con un’ampia panoramica sull’arco alpino. Famosa è la “Strada alta” che va dal San Bernardino fino a Santa Maria, su un percorso che si mantiene al di sopra dei 2000 metri, con un susseguirsi di emozioni stupende. Le fotografie sono state scattate su questa via e riprendono il lago di Triscolmen e gli ultimi lariceti prima di giungere all’accogliente capanna Buffalora. Immaginiamoci il paesaggio della Calanca prima del 10’000 a.C. Tutto il territorio è ricoperto da lingue di ghiaccio che ricoprono il fondovalle. Solo le cime che superano i 2’500 metri emergono in questo paesaggio. Il clima è rigido e le popolazioni delle pianure a sud, nelle regioni dei Laghi, non sono certo invogliate a colonizzare queste zona. Verso l’8’000 a.C. il clima però si fa più mite e secco, provoca l’innalzamento della temperatura per cui, dai ghiacci, emergono piano piano numerose morene e accumuli di detriti spinti a valle dalle frequenti alluvioni. Con l’innalzamento della temperatura, i fianchi delle montagne si ricoprono di vegetazione, favorendo l’arrivo di tipici animali selvatici che vivono nelle foreste. All’inseguimento di queste animali ecco infine l’uomo che, inizialmente, caccia solo nella stagione calda e fa ritorno a sud nella pianura più mite. Si calcola che i primi esseri umani vissuti stabilmente nelle nostre regioni risalgano a Almanacco del Grigioni Italiano 2011 187 circa 5’000 anni a.C. (ritrovamenti nella zona di Tec Nev a Mesocco). Le prime tracce che testimoniano la presenza dell’uomo in Calanca sono quelle rinvenute nel 1979-80 in Castaneda Pian del Remit. Si tratta di resti di abitazioni, di metalli e di ceramica. Di particolare importanza sono le tracce di solchi degli aratri, databili attorno al 2’500 a.C. che attestano la presenza di una popolazione stabile che ha imparato a coltivare il terreno. Chiesa di Santa Maria in Calanca; foto a destra 188 Tra il 1800 a.C. e l’800 a.C. l’uomo sta gradualmente sostituendo gli attrezzi in legno e di osso con altri in bronzo. Anche le forme degli attrezzi sono notevolmente più evolute. Un’ingente quantità di oggetti risalenti all’età del ferro (Hallstatt 800 – 450 a.C.) come fibule, orecchini, anelli, ornamenti in ambra, sono stati ritrovati a Castaneda (1975). Questi ritrovamenti sono particolarmente interessanti, perché riflettono simbolicamente i contatti che la gente della Calanca intratteneva con le popolazioni vicine, sia al nord delle Alpi, sia a sud nella regione dei Laghi e nella Pianura Padana. Il Cristianesimo arriva da sud Verosimilmente la Calanca, con la Mesolcina, è stata occupata dai Romani verso il 15 a.C. nel corso della campagna militare di Ottaviano Augusto nella Rezia. In questo tempo avvengono profonde trasformazioni. Entrano per esempio anche le prime forme di organizzazione sociale (vicus, pagus). L’arrivo del Cristianesimo è databile attorno al IV secolo dopo Cristo. La Mesolcina e la Calanca guardano anche a nord Con la riorganizzazione dell’Impero dei Franchi (inventario delle terre imperiali nell’anno 831) Carlo Magno considera la Calanca (con la Mesolcina) come parte inte- Qui il Moesano Qui il Moesano Le epoche dei metalli grante del Ministero di Tuverasca che comprende anche la Lunganezza ed Ilanz. Da qui parte la lunga storia di relazioni verso nord, che passa dall’arrivo da nord della famiglia dei de Sacco, all’entrata nella Lega Grigia di tutto il Moesano nel 1496, all’acquisto della libertà nel 1549, per giungere alla storia di appartenenza ai Grigioni che continua fino ai nostri giorni. La lotta della Calanca per l’autodeterminazione La storia politico-amministrativa della Calanca è sempre stata direttamente legata a quella della Mesolcina. A più riprese i deputati della Calanca tentarono di staccarsi dal Vicariato di Roveredo per formarne uno a sé. Invano. Si dovette attendere fino al 1794 per ottenere il distacco completo dalla “Valle Piana”, come si diceva allora. Da lì in avanti la Calanca si è affrancata dal Vicariato della Bassa Mesolcina. Con l’entrata in vigore della Legge sui Comuni a metà Ottocento la Valle ha ottenuto la propria competenza per la nomina dei propri delegati in Gran Consiglio, dei propri magistrati e dei propri tribunali. Emigrazione L’aumento della popolazione, iniziata verso il 1500, dovuta in gran parte al miglioramento delle condizioni climatiche e al conseguente ridimensionamento delle superfici coltivabili rispetto al fabbisogno, ha spinto molti Calanchini verso l’emigrazione. Si trattava di un’emigrazione quasi esclusivamente maschile che, in un primo tempo, partita in primavera, faceva ritorno in patria nell’autunno. Per la Calanca annotiamo un’emigrazione particolare, documentata nella famosa Cronaca di Johannes Stumpf del 1548, quella dei cosiddetti raccoglitori di resina. Nei boschi di conifere della Germania del sud e dell’Austria i raccoglitori di resina della Calanca prendevano in appalto intere foreste. Nella corteccia degli alberi praticavano dei tagli e dei canaletti che permettevano di raccogliere la resina che vi colava. Si trattava della materia prima molto richiesta dai bottai, dai birrai, dai fabbricanti di corde e di sapone, dai droghieri, ecc. Più tardi la Calanca ha conosciuto altre forme di emigrazione stabile che hanno spopolato la valle e che sono durate fino all’inizio del secolo scorso. Si trattava dell’emigrazione di imbianchini, vetrai, venditori ambulanti, ma anche militari di professione, boscaioli, camerieri, ecc. Cultura e monumenti Parlare di monumenti e arte in Valle Calanca in poche righe non è affatto semplice, in quanto lo spessore culturale sembra inversamente proporzionale all’esiguità della popolazione. La religiosità popolare, come unica àncora di salvezza per una popolazione spesso bersagliata dalle avversità naturali, è stata la molla che ha generato monumenti e testimonianze culturali di non poco conto. Alcuni esempi: le due magnifiche chiese di Santa Maria e Santa Domenica, oppure l’organo del tutto particolare nella Parrocchiale di Augio o ancora la Cappella di Lasciallo, frazione di Cauco, sottoposta a un recente restauro. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 189 Immagini in contrasto a Cauco 190 Una giornata d’inverno in Valle Calanca. Regna il silenzio. La gran parte delle case è abbandonata. Il Comune di Cauco è deserto. L’entrata innevata della Casa Comunale lascia un’accesso minimo, dando un segno di attività nascosta nell’Archivio regionale della Calanca. Sotto l’ombrellone davanti alla Bottega Vecchia Posta si radunano gli ospiti. Il periodo invernale è lontano e la solitudine dimenticata. Abitanti s’incontrano, escursionisti si fermano per un rinfresco, bambini si divertono alla fontana e gli anziani si ricordano dei tempi più movimentati del passato. La Casa Comunale ha un passato ricco di tradizione. Per tanti anni ospitava gli allievi del paese. Dopo la chiusura inevitabile della scuola, la casa venne restaurata. È rimasto un Centro comunale con sede del Municipio e – per alcuni anni – Ufficio postale. In seguito, il locale della posta venne trasformato tramite un’iniziativa privata in un negozio. La Bottega Vecchia Posta è oggi conosciuta da più di sedici anni. Dopo la chiusura della posta e dell’osteria del paese, il negozietto è rimasto l’unico punto d’incontro. Da due anni esso ospita anche un’archivio che presenta una vasta documentazione sulla Valle Calanca. Qualcuno passa a bere un caffè oppure un bicchiere di vino. O se si ha bisogno dei sacchi dei rifiuti. Altri vengono per acquistare un regalo artigianale. I turisti chiedono informazioni sulla Valle e gli escursionisti si lasciano spiegare i sentieri più attrattivi. Non Qui il Moesano Qui il Moesano Sabina Spinnler Una festa durante l’estate a Cauco (foto in alto) Entrata innevata della Casa comunale di Cauco (foto a sinistra) 191 Incontri davanti alla Bottega Vecchia Posta di Cauco (foto in basso) pochi visitatori sono sorpresi della possibilità di trovare nella documentazione dell’archivio dei chiarimenti su molti temi che riguardano la vita calanchina d’una volta e informazioni sullo sviluppo della comunità degli ultimi 30 anni. Sia sotto l’ombrellone d’estate, sia al tavolino rotondo nella Bottega: - I contrasti s’incontrano; - - - - La vita quotidiana e il paradiso delle vacanze; Gli anziani con i loro ricordi, i giovani con i loro sogni; Una visita fugace oppure contatti approfonditi; Un luogo di tradizione con un futuro incerto. Benvenuti e a presto! ‹www.archivioregionalecalanca.ch› Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Evviva la toppa 1880-1965 Lulo Tognola Nato a Mesocco nel 1880, ha svolto gli studi magistrali a Coira. Maestro a Roveredo e a Mesocco, poi commerciante e contadino nel luogo natale, è morto nel 1965. La sua poca produzione letteraria, versi, anche in dialetto mesoccone, e prose, è accolta quasi tutta in AG. Il fiore e la nuvola Sentimm, matonitt, chesta veggia lienda; – Un pover fiorellin, stremit, squasi spass, E turmentou da una seit tremenda, Vedend, un dì, a passà un nùvel bass, El se suleva, tut tremènd, tut stort, E, el diss: «O, el me car nuvolin, Aiutum! Del rest mi son bell’ e mort! Che seit, che arsùra! O mi purin, E meri, e meri! Damm, o nuvolin, Una sol gotta d’acqua!» - E chel crudel: «Andei go pressa, go pressa! Specia, nin, Fin che torni indrè.» – E iscì bel bel. El se la cava. Quand el torna indrè El cerca el fior. Ma inutilment: L’è mort; l’è mort de seit e dispiasé! O, i me matonitt, tegnin begn a ment: Faden la carité, ma fad’ la a temp; Del rest, com’ al fior, al serviss a gnent! (dialetto di Mesocco) guarDIOne Qui il Moesano Qui il Moesano 192 Antonio Beer 193 Una volta era possibile. Oggi è pressoché impossibile. Il pertugio s’è farcito di congegni complicatissimi. I buchi non sono più quelli di una volta perché le chiavi non sono più quelle di una volta. Bei tempi quando le toppe erano toppe. Allora bastava buttar l’occhio all’altezza giusta e il gioco era fatto. Stoppavi primizie indescrivibili. Il nostro passaggio, paragonato a quello meraviglioso dell’Alice di Lewis Carroll, in aggiunta, mostrava realtà tangibili. Ovvio l’angolo di campo molto stretto permetteva una visione parziale. Poi, causa un occhio socchiuso, si vedeva quel che si vedeva. Polifemo era il toppeur (alla francese fa più chic) per eccellenza. Gli bastava appoggiare tutta la capoccia per godersi il panorama intero, ovviamente in 3D. Siamo stati, in un modo o nell’altro, quasi tutti guardoni. In un bar un signore leggeva il giornale. Come uno stoccafisso se ne stava immobile per ore e ore. Ci si accorgeva poi che, praticato un piccolo foro nella pagina, sbirciava beatamente a tutto campo. Oggi si sbircia in altri modi. È di moda la sbiriciata elettronica. Piazzi il telefonino nel posto giusto e clikkete spari tre o quattro scatti, indisturbato. Puoi anche acquistare una penna a sfera con incorporata una microcamera. La privacy è andata a farsi friggere. Una volta, quando ti beccavano a sbirciare erano guai. Oggi non ti becca più nessuno e puoi colpire il bersaglio inviando poi in rete il maltolto. Sì, maltolto, perché sbirciare in questo modo non è onesto. Attraverso la toppa, quel po’ che intravvedevi era un’esclusiva. Ora la sbiriciatina è diventata una sbirciatona globalizzata. L’occhio del grande fratello è addirittura accompagnato da quello della sorella, da quello della zia, da tutto il parentado insomma compreso l’occhio del trisavolo. Trisavolo rompiballe che ovviamente defunto, è in grado, grazie alle paraboliche istallate sia in Paradiso che all’Inferno, di sbirciare malauguratamente e spudoratamente negli affari tuoi. Evviva la toppa, quella vera però. Vignetta “guarDIOne”, di Lulo Tognola Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Un’alimentazione equilibrata Come nutrirsi correttamente? Fotocollage: Michela Costa 194 “Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento ed esercizio fisico, né in difetto né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute.” (Ippocrate, padre della medicina, 460-377 a.C.) L’equilibrio alimentare è un insieme di regole di base che riguardano: il frazionamento dei pasti durante la giornata, l’abbinamento di alimenti in un pasto, la varietà dei cibi sull’arco della giornata e della settimana, il tutto secondo i propri fabbisogni energetici e nutrizionali personali (stato di salute, attività, età, …). L’equilibrio alimentare è importante per restare in buona forma, per prevenire molte malattie e per rispondere ai bisogni del nostro corpo. I pasti durante la giornata dovrebbero essere suddivisi in colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena. Di norma 1 litro del nostro sangue contiene 0,5-1g di glucosio (zucchero d’uva). Questo serve alle cellule, in special modo a quelle nervose, come fornitore di energia. La nostra efficienza è maggiore quando la glicemia rimane possibilmente equilibrata. Mangiando 5 piccoli pasti al giorno la curva della glicemia passa tra il limite della fame e il limite della sazietà. Siamo così per tutto il giorno efficienti sia di mente che di corpo. Mangiando soltanto 3 pasti al giorno, magari abbondanti, la curva della glicemia mostra delle grosse oscillazioni. L’equilibrio giornaliero è ottenuto seguendo le indicazioni della piramide alimentare, Qui il Moesano Qui il Moesano Michela Costa ma anche quello settimanale è molto importante. Bisogna inoltre variare la scelta degli alimenti. La piramide alimentare mostra quali alimenti sono da consumare in maggior quantità (nei livelli inferiori della piramide) e quali invece in minor quantità (livelli superiori). Niente è vietato. Tutti gli alimenti sono permessi e trovano il loro giusto spazio in una sana alimentazione. Un’alimentazione sana e piacevole è il risultato di abbinamenti corretti: varietà, equilibrio, moderazione: Bibite: in grandi quantità durante tutta la giornata. Verdura e frutta: 5 al giorno in svariati colori. Cereali integrali e leguminose, altri cereali e patate: ad ogni pasto principale. Latte e latticini: a sufficienza ogni giorno. Carne, pesce, uova, formaggio e fonti proteiche vegetali: a sufficienza ogni giorno. Oli, materie grasse e frutta oleaginosa: quotidianamente con moderazione. Dolci, spuntini salati e bibite ricche in energia: il piacere, con parsimonia. Movimento: giornalmente per almeno mezz’ora. 195 Consigli per gli alimenti proteici durante la settimana: - Pesce, almeno due volte - - - - - - - Carne e volatili magri, almeno due volte Fegato, una volta ogni due settimane Uova, una o due volte (una porzione = 2 uova) Carne secca, una volta Affettato grasso, al massimo una volta Formaggio, dovrebbe sostituire carne, pesce o uova almeno ad un pasto Legumi secchi, almeno una volta al posto di un altro alimento proteico. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Carboidrati: circa 55-60% del fabbisogno calorico giornaliero. Proteine: circa 12-15% del fcg, contro il 10-12% consigliato a chi non pratica sport. Lipidi: circa 25-30% del fcg. Minerali e Vitamine: secondo le raccomandazioni LARN (livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti). In particolare ingerire alimenti ricchi di vitamine B1, C e E. 196 Fotocollage: Michela Costa Alimentazione e sport La dieta dello sportivo Michela Costa “Nessuno può partire per un viaggio senza fare rifornimento di benzina. Allo stesso modo, occorre fare il pieno di carburante prima di fare sport!” Per lo sport non ci sono limiti di età. Lo si può praticare in qualsiasi periodo della vita facendo così qualcosa di efficace per la salute e il benessere. Alimentazione e sport rappresentano due argomenti da coniugare con molta attenzione. L’errore più grave che uno sportivo, dilettante o professionista, può commettere, è quello di associare l’allenamento a diete ferree: il peso ideale non è una chimera! Bisogna quindi nutrirsi correttamente per ottenere anche solo un piccolo successo sportivo. L’alimentazione dello sportivo non è molto diversa dall’alimentazione bilanciata di un soggetto sedentario. La differenza riguar- Acqua: almeno 1,5 litri al giorno, facendo attenzione alla quantità delle perdite (sudore,…). È importante ricordare che non esistono alimenti particolari che migliorano la prestazione sportiva, una corretta alimentazione ti garantisce la salute anche quando vieni sottoposto a stress fisico, l’assunzione di integratori deve rispettare necessità effettivamente dimostrate. Non eccedere: sarebbe solo un lavoro in più per l’organismo, la spesa calorica dipende dal tipo di sport che si pratica, dall’intensità e dalla durata delle prestazioni. Esistono grandi differenze tra le attività sportive in termini di dispendio energetico. Le discipline sportive di forza o di picco (anaerobico) richiedono una forza esplosiva concentrata in un tempo inferiore al minuto: sollevamento pesi, lancio del disco, salto in lungo o in alto, body building, … Vengono usate soprattutto le fibre muscolari corte (bianche). Per sforzi di breve durata fino a ca. 60 secondi, per la produzione di ATP viene utilizzato dapprima il fosfato di creatina, poi il glicogeno. Tutto questo senza la partecipazione dell’ossigeno. Durante gli sport di resistenza (aerobico: maratona, marcia, podismo, sci di fondo, nuoto, ciclismo,…) vengono sfruttate le fibre muscolari rosse (o cosiddette lente). Per sforzi prolungati, l’utilizzo di ATP permette la combustione di glicogeno e acidi grassi con ossigeno. La messa a disposizione di energia avviene però molto più lentamente e reagisce a un improvviso maggior fabbisogno di energia. All’inizio dello sforzo vengono bruciate dapprima le scorte di ATP disponibili nelle cellule muscolari, poi il glicogeno presente nei muscoli e nel fegato e il glucosio presente nel sangue. Dopo ca. 15-20 minuti il metabolismo dei grassi è così incrementato che può coprire circa la metà dell’energia necessaria. In caso di minore intensità, con una crescente durata dello sforzo, può esserne mobilitata una parte maggiore traendola dal grasso intramuscolare. In caso di sforzo ridotto la parte di glucosio e di glicogeno per la produzione di energia è solo del 20%, e quella di grasso dell’80%, per qui le riserve di glicogeno vengono risparmiate. Esistono poi gli sport misti, che abbinano le due caratteristiche: calcio, basket, pallavolo, ippica, arti marziali, boxe, ginnastica, vela, tennis, … Le persone mediamente allenate coprono gli sforzi di media intensità attingendo per circa la metà ai grassi. Solo gli ottimi sportivi resistenti possono ancora utilizzare i grassi come principali fornitori anche in caso di sforzi elevati. Per tutti gli altri, in caso di prestazioni di grande intensità viene attivata la combustione di glicogeno per la produzione di ATP. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano da principalmente la quantità di calorie che deve essere introdotta giornalmente per soddisfare l’aumento del lavoro muscolare. Ogni sforzo fisico è legato al lavoro della muscolatura. I nostri muscoli consumano energia e richiedono quote elevate di ossigeno e di nutrienti. L’ATP deve essere rigenerato in continuazione. Il fabbisogno calorico di uno sportivo può variare dalle 2’000 alle 5’000 Kcal al giorno a seconda del sesso, dell’età, del peso, dell’intensità e durata dello sforzo sostenuto, come pure dalla temperatura e dall’altitudine. Consumando più alimenti aumenta anche la quantità di sali minerali e vitamine introdotti; spesso, quindi, è inutile ricorrere a integratori, basta solo rispettare la giusta ripartizione tra i nutrienti. Nel caso specifico: 197 Durante gli allenamenti si consiglia una dieta di 3’000 Kcal: carboidrati 60% - grassi 26,5% - proteine 13,5%. E’ importante non modificare bruscamente la dieta quando si comincia un periodo di allenamento, ma adattarla progressivamente ai bisogni nutrizionali in modo da mantenere sempre lo stesso equilibrio qualitativo. Esercizi e allenamenti quotidiani troppo faticosi possono impoverire i depositi di glicogeno dello sportivo e determinare uno stato di fatica. Per questo motivo, è bene che ci siano delle fasi di riposo durante l’allenamento. Nei giorni precedenti a una gara di lunga durata, è necessario aumentare al massimo la riserva di glicogeno, per evitare di incorrere in spiacevoli abbandoni. Si aumenta perciò l’apporto calorico proveniente dai carboi- drati fino al 75% (normalmente 50-55%), la sera precedente la gara. Alcuni dati indicano che un digiuno di 6-12 ore, può portare ad una precoce diminuzione della scorta di glicogeno muscolare. Si consiglia quindi, nelle 6 ore precedenti alla gara, di assumere un pasto leggero (senza grassi) che includa 70-100g di carboidrati. L’ideale sarebbe consumare l’ultimo pasto 3-4 ore prima della gara. Durante le competizioni è utile ricordare che la percentuale di carboidrati, provenienti dal glicogeno muscolare, diminuisce progressivamente e si annulla praticamente intorno alle 4 ore; la diminuzione è compensata da un progressivo aumento del glucosio che proviene dal glicogeno contenuto nel fegato. Per evitare un impoverimento di glicogeno e quindi un abbassamento della glicemia, è necessario assicurare all’organismo un apporto continuo di carboidrati. Si consiglia l’assunzione di 30-60g all’ora di quest’ultimi ad assorbimento rapido, contenuti in bevande. Non è indicato il fruttosio; questo deve essere infatti prima convertito in glucosio per essere assorbito e quindi il tempo di assimilazione e di arrivo ai muscoli è circa cinque volte più lungo. Pure importante è l’apporto di sale; 2-4g è la dose indicata per costruire una buona riserva di cloruro di sodio, utile per il metabolismo idrominerale e per la contrazione muscolare nel corso della prova. Un apporto elevato di acqua permetterà al corpo una temperatura costante e un’eliminazione più rapida delle tossine della fatica. Capra sui monti di Dro Bas, sopra San Vittore Come valorizzare il prodotto caprino in Mesolcina e Calanca? Progetti in fase di realizzazione in Calanca e a Roveredo Lino Succetti La capra, il primo animale addomesticato dall’uomo più di 10 mila anni fa, ruminante rinomato per la sua caparbietà, ma anche per la sua intelligenza, è stata al centro di una serata informativa organizzata a Grono dalla Società agricola del Moesano: ‹www.agrimoesa.ch›. Davanti a un attento pubblico di una quarantina di allevatori (erano presenti anche diversi giovani) si è parlato di produzione e smercio collettivo di prodotti caprini a livello regionale. Dopo una breve introduzione da parte del dott. vet. Jürg Eitel, presidente della Società Agricola del Moesano, c’è stata la relazione in tedesco (con traduzione simultanea) sul tema Produzione e vendita professio nale di prodotti caprini dell’organizzazio ne Ziegenfreunde.ch nel canton San Gallo. L’interessante progetto in corso dal 2004, che permette di organizzare sempre meglio la produzione e lo smercio dei prodotti caprini su tutto l’arco dell’anno, è stato presentato da Sven Baumgartner, responsabile dell’associazione Amici delle capre ch, consulente agricolo e docente alla Scuola agraria Rheinhof di Salez. Al termine della relazione, ci si è chiesti se quanto fatto a San Gallo potrebbe presentare una possibilità per le valli Mesolcina e Calanca. La risposta l’ha in pratica data con la seconda relazione della serata Dorothea Rigonalli con la presentazione di un progetto in fase di elaborazione tramite l’UAFG (Ufficio federale per l’agricoltura) per un caseificio collettivo e dimostrativo in Val Calanca. Il progetto, ha sottolineato Rigonalli, parte dalla base e vuole coinvolgere tutti gli interessati. Già superata la prima fase con la firma del contratto preliminare, con la consulenza tecnica di Roger Hertzfeld, il progetto è stato inoltrato per l’approvazione definitiva dell’UAFG. Un’analoga procedura è pure in corso a Roveredo. Con circa 1’200 capre (sono per ora però meno della metà quelle munte regolarmente) suddivise fra una sessantina di allevatori, con un’accorta organizzazione dovrebbe essere possibile valorizzare in Mesolcina e Calanca l’allevamento caprino e lo smercio dei relativi prodotti del latte e i suoi derivati, oltre alla vendita delle carni. Il progetto caseificio dovrebbe permettere un allevamento a ciclo produttivo completo, secondo la filiera produttiva: animale-alimentazione-latte-trasformazione casearia. Il punto di maggior rinomanza, oltre alla carne, consiste infatti nella produzione e nella trasformazione casearia, molto ricercata anche al sud delle Alpi. Maggiori informazioni e aggiornamenti sul progetto caprino in Mesolcina e Calanca si trovano sul sito internet della Società agricola del Moesano: ‹www.agrimoesa.ch›. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 198 La dieta dello sportivo deve essere variata, sana e sufficiente. Per chi pratica sport di picco la dieta deve contenere il 50% di carboidrati, il 25% di grassi e il 25% di proteine. La dieta dello sportivo che pratica sport di resistenza invece deve contenere il 60% di carboidrati, il 25% di grassi e il 15% di proteine. Durante uno sforzo prolungato (in particolare d’estate) bisogna bere regolarmente per evitare disidratazione ed eccessivo aumento della temperatura corporea. Generalmente si evitano i pasti abbondanti, per non affaticare l’apparato digerente ed evitare i cuscinetti adiposi spinti dai mini-digiuni quotidiani. Lo sportivo farà di regola 3 pasti principali e 2 piccoli pasti intermedi, ed eviterà di consumare troppo tardi il pasto serale. 199 re, tenendo conto che, parlando di salute, esistono dei fattori modificabili e altri non modificabili. Questa distinzione è importante dal punto di vista della concezione per la pianificazione degli interventi: i fattori non modificabili sono l’età, il sesso, il contesto culturale; i fattori modificabili sono invece quelli specifici che riguardano la personalità, tipo la motivazione, i valori, la concezione personale. A livello svizzero dunque, come a livello mondiale, si tende a creare i presupposti ideali per invogliare la popolazione a prendere a carico, nel limite del possibile, il proprio benessere, senza dimenticare i settori politico ed economico, importanti soprattutto a livello di infrastrutture e sostegno ai diversi enti attivi sul territorio. Qui il Moesano Emilia Tonolla 200 Ho davanti a me alcune riviste e osservo dei titoli: su un quotidiano Tendenze, movimen to e alimentazione, sul settimanale I benefi ci di una vita in movimento, su un mensile: Movimento e relax nella natura… Tutti ne parlano, tutti dovrebbero essere al corrente, nessuno dalle nostre parti può pretendere di non aver mai sentito parlare dei benefici del movimento sulla salute. Dunque, attualmente, decidere di informarsi e di fare qualcosa per migliorare il proprio benessere dipende dalle scelte personali di ognuno di noi. Non è sempre stato così. Senza tornare indietro di molti anni, la lezione di ginnastica nelle scuole veniva impartita solo ai maschi ed era di tipo militaresco. Il movimento era sinonimo di lavoro, di fatica. Lo sport era inteso come passatempo per pochi fortunati. Già all’inizio del secolo scorso però alcune persone toccate personalmente dalla malattia o dall’impossibilità di muoversi liberamente (perché imprigionate o parzialmente paralizzate) si resero conto di quanto un costante e attento lavoro sul proprio corpo portasse dei benefici. Alcune di loro misero a punto delle vere tecniche di riabilitazione e di buon mantenimento dell’uso corporeo. Dato che la parola ginnastica implicava un esercizio di tipo atletico, venne coniata un’altra parola: Anti-ginnastica, a significare la differenza di approccio all’educazione fisica. Ora si parla piuttosto di movimento salutare. Lo studio sistematico sulla reale importanza del movimento e dell’alimentazione sulla salute è iniziato più tardi. Solo alla presentazione ufficiale di alcuni importanti studi sulle cause determinanti un sano invecchiamento e sugli effetti che l’esercizio fisico e l’alimen- Un’uscita sugli sci di fondo tazione hanno sul corpo, i responsabili della salute pubblica hanno iniziato una campagna di informazione. Nel 1996 su una rivista scientifica di tutto rispetto apparve un articolo, Surgeon Gene ral’s Report on Physical Activity and Health (Rapporto sull’attività fisica e la salute), attirò una grande attenzione, che rimane tuttora incontestata, sull’importanza dell’attività fisica. Da allora a livello mondiale vengono formulate delle strategie, anche da parte della stessa OMS (Organizzazione Mondiale per la Salute), per promuovere la salute pubblica con delle campagne volte ad invogliare sempre più persone ad occuparsi attivamente della loro sanità. L’evoluzione in Svizzera iniziò nel 1995, dopo una conferenza tenutasi a Macolin, che si appropriò del soggetto a livello nazionale ed iniziò ad elaborarne il contenuto. Nel 1999 incominciò ufficialmente la collaborazione fra diversi enti con l’intento di incrementare il numero di persone fisicamente attive nel nostro Paese e spiegarne l’importanza. Il sito ‹www.hepa.ch› è, per così dire, l’organo ufficiale degli enti responsabili, e cioè l’Ufficio federale della salute pubblica, l’Ufficio prevenzione infortuni, Promozione Salute Svizzera e l’Ufficio federale dello sport. Alla luce delle conoscenze attuali ci si è resi conto che il costo della sedentarietà è altissimo, si parla di miliardi di franchi. Una tendenza che si può e si vuole inverti- Quanto detto sin qui attira in modo succinto l’attenzione sul fatto dell’importanza globale della salute pubblica. In questi anni dove i costi della salute sono saliti alle stelle, tenendo conto dei risultati incontestati di numerose ricerche scientifiche, si dovrebbe poter incrementare di molto il sostegno alla promozione della salute (o prevenzione della malattia). Qualcosa si muove, lentamente, ma si muove. Cambiare abitudini e modi di pensare non è facile. Bisogna sperare che le numerose informazioni e raccomandazioni fornite da associazioni, enti, media, persone attive nel settore del movimento e personale sanitario riescano a smuovere le masse. Da un paio di anni si è proceduto a creare l’EPA, Sport per gli adulti svizzera, per dare continuità al movimento Gioventù e Sport; fa da cappello ai diversi gruppi che in Svizzera si occupano di sport e movimento nell’età adulta, con degli intenti e una ricerca della qualità dell’insegnamento comuni. Il fattore più importante, quello che dovrebbe fare la differenza negli anni a venire, è rappresentato dalle conoscenze e dalla consapevolezza di ognuno di noi. Leggere, ascoltare, informarsi: tante persone sono già a contatto con questa realtà; ancora ben poche invece sono quelle che decidono veramente Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Sport, movimento e salute 201 202 Gli insegnamenti che dobbiamo trarre dagli studi realizzati sin qui e dalle miriadi di risultati ottenuti si risolvono in fondo in pochi punti elementari, di base. Il movimento per il benessere non è un’attività sportiva, ma un modo di vivere. Per poter esercitare una qualunque attività sportiva bisogna preparare il corpo (e questo a qualsiasi età, indipendentemente se negli anni precedenti si è magari fatto parte molto attivamente di qualche gruppo o si è stati dei campioni). Per essere in grado di camminare, correre, sciare, pedalare, lavorare, con scioltezza, ricavandone piacere e non solo fatica, bisogna allenare il proprio corpo e mantenerlo forte ed elastico in modo da poterlo usare correttamente. La frase «Faccio abbastanza movimento sul lavoro!» non ha senso. L’allenamento del proprio corpo presuppone un lavoro mirato, che dia elasticità e forza a tutti i musco- li e che porti l’intero organismo ad attivarsi armoniosamente. Neppure il camminare rende più forti, anche se, facendolo con una certa intensità, è un ottimo esercizio per il cuore. Mi occupo di educazione fisica per gli adulti da anni. Ho osservato tante persone all’opera ed ho notato dei risultati a volte addirittura incredibili. Un fatto appurato è che la maggior parte delle persone rallenta con l’avanzare dell’età: fra i trentacinque e gli ottant’anni perde circa un terzo della propria massa muscolare. È vero dunque che l’invecchiare gioca un ruolo importante nella diminuzione della vitalità, ma il fattore che più influisce è l’inattività (i muscoli sono fatti per essere usati, quando non lo sono a sufficienza deperiscono), e ciò è qualcosa che si può cambiare. Anni fa si riteneva che la perdita di muscolatura e di forza fosse inevitabile e che non si potesse reintegrare. I risultati degli studi degli ultimi anni hanno demolito i miti sull’invecchiamento. A qualsiasi età e in Qui il Moesano Qui il Moesano di mettere in pratica quanto appreso. Eppure certe volte basta un po’ di buona volontà per invertire delle situazioni precarie. Una sana camminata nei boschi Corso di Acquagym in piscina qualsiasi condizione si possono ottenere dei miglioramenti. Ci vuole di preferenza l’assistenza di una persona preparata, che aiuti a iniziare ad un livello sicuro e a progredire gradualmente con l’aumento della flessibilità e della forza, ci vuole poi costanza (forse l’ingrediente che costa più fatica, il più duro da digerire!) e concentrazione. Non lasciarsi scoraggiare e perseverare sono gli ingredienti che permettono a ognuno di prendere in mano le redini del proprio benessere, per bloccare la perdita di massa muscolare e anche ossea, per migliorare l’equilibrio, per migliorare la flessibilità, per aumentare l’energia, per controllare il peso, rinvigorirsi e sentirsi in forma. Vivere fino a tarda età con un cuore sano ma un corpo troppo debole e rigido o con un fisico elastico ma un cuore troppo fragile per essere indipendenti, sembra quasi una beffa. Riflettiamo, prendiamo coscienza delle nostre possibilità, facciamo delle scelte e buttiamoci, ricordandoci che i benefici si perderebbero in fretta qualora il movimento giusto nella nostra vita non diventasse un’abitudine. Riassumendo, ricordiamoci che non è mai troppo tardi per iniziare un’attività, che a qualsiasi età si può avere degli effetti reversibili importanti; man mano che l’età avanza bisogna aumentare il movimento (quello salutare) e non diminuirlo, e la costanza è d’obbligo, non bisogna porsi degli obiettivi esagerati ma trovare un buon motivo per allenarsi (e che cosa c’è di meglio che la salute?); bisogna bandire la sfiducia nelle proprie possibilità: l’unica pillola anti-invecchiamento conosciuta sino ad oggi è l’attività fisica salutare! Almanacco del Grigioni Italiano 2011 203 Su e giù nelle Valli Mesolcina e Calanca 45 itinerari pedestri di Sandro Tamò pubblicati nella Collana Guide escursionistiche dalla Salvioni Edizioni 204 Una poesia da bruciare Racconto breve Gerry Mottis «Che cos’è?», chiese Eva col fiato spezzato. «Una poesia», rispose Damian. «Sei impazzito? Bruciala subito! Gli Incendiari saranno qui a minuti…» «Non la distruggerò mai…» dichiarò l’uomo. «Questo è l’ultimo cimelio della nostra specie… Incenerito questo pezzo di carta, ci ridurremmo a creature della notte, a bestie che si affidano solo all’istinto…» «Che cosa dice la poesia?», chiese Eva, socchiudendo gli occhi. «Parla di mondi lontani, narra di storie di uomini coraggiosi, racconta d’amore, di spiagge al sole, di aromi di bosco. Parla di tutto. Parla di quello che eravamo un tempo lontano.» «Leggimela, ti prego», lo incitò Eva «prima che sia troppo tardi…» Damian dispiegò con cura una pagina gualcita. La carta vibrò nel dispiegarsi, con rumore secco, liberando l’odore del tempo. Damian lesse, sottovoce, solenne, lento. La donna sprofondò nelle parole, nei suoni di un passato che si faceva colore, musica, odore, aroma; vide castelli fatati dentro foreste verdeggianti, spiagge ambrate battute dal moto ondoso e salmastro, paladini agguerriti e fieri in volto, dame lussuose di corte, amori e intrighi d’amanti pronti a tutto. E proprio mentre navigava per quei mondi incantati, Eva percepì d’improvviso nelle narici l’acre odore della persecuzione. «Hanno dato fuoco al palazzo!», gridò terrorizzata. «Non riuscirete mai a distruggerla!» gridò Damian. «Questo seme rinascerà a nuova vita…». Così disse, prima di ripiegare con cautela il foglietto e infilarselo in una tasca segreta dentro una scarpa. Infine, sguainò un pugnale. «Se vorrai avere salva la pelle, non staccarti mai da me…» disse Damian con uno strano fuoco negli occhi, prima di lanciarsi giù per la rampa delle scale. Il volume consente di identificare con una descrizione aggiornata (dislivello, sviluppo, difficoltà, punti di ristoro) tutti i 45 percorsi composti da gite sul fondovalle, escursioni sui fianchi e nelle vallate laterali, attraverso alpi e valichi, compresi tre sconfinamenti transfrontalieri da Pian San Giacomo a Isola attraverso il Passo del Balnisch, da Soazza a Gordona lungo l’antica mulattiera della Forcola e dalla Val Cama in Val Bodengo attraverso la Bocchetta del Notar. Completano la pubblicazione una chiara cartografia curata dal grafico Lulo Tognola e quasi 300 significative fotografie quasi tutte scattate dall’autore lungo gli itinerari proposti. Mi piace commentare questa presentazione del volume ricordando lo stile letterario leggero, squisitamente semplice ed immediato, adeguato all’argomento e l’amore dell’autore per il camminare per i sentieri pedestri delle valli Mesolcina e Calanca, godendo di panorami e di vedute che, senza dubbio, possono definirsi di rara bellezza. Immagino pure l’autore, da buon intenditore, concludere alcune sue passeggiate di fronte ad un buon bicchier di vino, seduto con i compagni di viaggio ad un tavolino in qualche cantina, ristorantino o grotto che gli capita di trovare lungo la strada. Tamò ha dedicato uno splendido volumetto a queste sue scarpinate, nel quale si sofferma sui 45 percorsi, facendoci apprezzare le cose semplici e belle della vita. Qui il Moesano Qui il Moesano Lino Succetti Perché, per esplorare una regione, essa appare in tutto il suo reale splendore solo se la si transita a piedi, per quanto questo possa apparire a prima vista scomodo a chi è solo abituato alla comodità dei vari mezzi di trasporto moderni. Certo, andarsene a piedi per sentieri in salita che in alcuni tratti s’inerpicano assai, vigneti, boschi, lungo viottoli sterrati richiede un po’ di fatica; ma, il compenso che si riceve in cambio di questo sforzo fisico è senza prezzo; si gode di visioni uniche, che lasciano con il fiato sospeso, immersi in atmosfere e inquadrature imperdibili, specie quando lo sguardo se ne va verso le cime che si incontrano con il cielo. Le descrizioni di Tamò costruiscono una poetica delle cose semplici, quotidiane, che si possono vivere in una camminata a piedi, visioni che sapranno incantare tanti viaggiatori indigeni e forestieri che si troveranno a transitare dalle parti descritte nei vari itinerari proposti. Tamò ci racconta, nelle frasi appuntate nelle pagine di questo suo diarioguida di viaggio, informazioni sul presente e ci dà anche una lettura che ci aiuta a decifrare i segni rimasti sul territorio come testimonianze del tempo passato. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 205 Devis Bruni Qui il Moesano Premessa 206 Negli ultimi anni l’istruzione scolastica è mutata e sta ancora cambiando in modo importante. Ne consegue che anche le strutture adibite all’insegnamento devono venir adattate alle nuove esigenze. Alcuni Comuni della nostra regione stanno investendo molte risorse per migliorare gli edifici scolastici esistenti, in alcune occasioni con interventi radicali, come nel caso del Comune di Grono. Nel paese della Bassa Mesolcina sta sorgendo un nuovo edificio scolastico, il quale accoglierà la scuola dell’infanzia e la scuola elementare del Comune. Le fasi che hanno caratterizzato la nascita di questa nuova scuola ripercorrono le seguenti tappe. Concorso Nel mese di novembre del 2006 veniva pubblicato il concorso di architettura per la progettazione di un nuovo edificio scolastico, da ubicare sulla particella no. 600 al centro del paese, area utilizzata sino a quel momento quale parcheggio pubblico. Ne risultò vincitrice la proposta dell’architetto Raphael Zuber di Coira. La scelta di un progetto richiede un’attenta valutazione di molti aspetti. L’impatto e l’inserimento in un contesto urbano esistente, la funzionalità e l’usabilità, i materiali proposti e la sostenibilità economica ed ecologica dello stesso. Dopo l’approvazione da parte delle autorità e della popolazione, si poté iniziare la seconda fase: la progettazione definitiva e la preparazione dei lavori. Inizio dei lavori Con la cerimonia ufficiale della prima picconata, avvenuta nel febbraio 2009, iniziarono i lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico, con l’auspicio di terminarli per l’inizio del 2011. I lavori sono tuttora in corso, ma cosa si sta costruendo? Quali sono le caratteristiche che hanno indotto una giuria a scegliere e premiare questo progetto? Il progetto L’inserimento urbanistico vuole riprendere le costruzioni tipiche della regione. L’edificio si trova cioè in un giardino circondato da uno spazio esterno fungente da piazza. La nuova scuola si sviluppa su 4 piani, e presenta una geometria simile al cubo. Ad ogni livello troviamo attività diverse. Il sottosuolo è adibito alle attività più moleste e che non necessitano di luce naturale, come locali tecnici, magazzini e archivi. Trova posto però anche l’aula per i lavori manuali, dove si utilizzano utensili ad attrezzi rumorosi, quali trapani, seghetti ecc. In questo ampio spazio viene portata la luce naturale tramite un grande pozzo. Al piano terreno sono progettate 2 aule gemelle per la scuola dell’infanzia, dove i bambini troveranno ampi spazi per il gioco e l’istruzione. Le piante delle 2 classi denotano una geometria irregolare, dove vengono svolte le diversificate attività dell’asilo. Oltre alle aule trova posto anche la mensa adiacente ad una piccola cucina. A questo piano si ha accesso diretto al verde giardino esterno, che si sviluppa come un piccolo anfiteatro naturale. In quest’area erbosa i bambini più piccoli troveranno ampio spazio per i giochi all’aperto. Salendo di un livello, ci si trova in uno spazio che accoglie le funzioni pubbliche della scuola. Dai piazzali esterni a nord-ovest si apre un imponente ponte che conduce all’entrata principale della struttura, indicando chiaramente il percorso da seguire. Qui il Moesano Il nuovo edificio scolastico di Grono, modernità e funzionalità a favore dell’insegnamento 207 Maestranze e manovalanza all’opera Una volta entrati, ci si trova in un ampio spazio di disimpegno, che conduce alle varie aule con funzioni semi-pubbliche. Infatti, a questo piano sono state pensate l’aula magna, che accoglierà anche manifestazioni extra-scolastiche, una piccola biblioteca pubblica, l’aula docenti e l’aula multimediale. Questo livello ha quindi la funzione di fungere da filtro e da spazio comunitario tra gli allievi della scuola dell’infanzia e della scuola elementare. All’ultimo piano troviamo le 4 aule principali. In ognuna di esse verranno impartite le lezioni a due classi distinte. Inoltre, trovano posto anche due aule per le attività speciali, quali lavori manuali poco molesti e lavori tessili. I collegamenti verticali sono garantiti da un’ampia scala semicircolare e da un lift, il quale garantisce l’usabilità totale dell’edificio anche a persone con difficoltà motorie. La struttura La struttura portante progettata può risultare a prima vista inusuale. In realtà le forme geometriche seguono in modo naturale le esigenze statiche, utilizzando il calcestruzzo armato solo dove necessario per scaricare le forze alle fondamenta. Questa particolare ossatura è stata voluta per rendere il più flessibile possibile l’utilizzo dello stabile, sia ora che in un futuro. Tutte le pareti interne non hanno funzione portante, di conseguenza possono essere rimosse senza che la struttura subisca danni statici. Questo aspetto rende possibile qualsiasi cambiamento di utilizzo che dovesse rendersi necessario nei prossimi decenni. Inoltre, la scuola è già stata predisposta per un’eventuale possibile sopraelevazione, senza che si debba intervenire con costosi lavori di consolidamento. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Leggende Moesane 208 Vista dall’interno di uno dei locali al pianterreno Conclusioni Nel momento che vengono narrati i fatti, l’edificio è ancora in piena realizzazione. A breve inizieranno i lavori di finitura interna e sempre di più si potrà intravedere il risultato finale. I bambini potranno iniziare a utilizzare la nuova struttura nel corso del 2011, e solo il loro giudizio potrà dire se le volontà progettuali sono state concepite in modo corretto. Lavori di costruzione del nuovo edificio scolastico a Grono Nell’ambito dell’annuale settimana a progetto (una settimana tematica condotta dai docenti di classe e realizzata dalle varie classi di riferimento), gli allievi della 3a classe PLTI e PLGR di Roveredo hanno deciso di sviluppare il tema inerente “Leggende e storie del Moesano” tramite l’intervista di una decina di persone (uomini, donne e anziani) delle due valli, con lo scopo di repertoriare l’insieme di leggende che si tramandano oralmente di generazione in generazione. La consapevolezza dell’importanza della salvaguardia del nostro patrimonio culturale e popolare del Moesano è così stata alla base del loro progetto settimanale. I ragazzi delle due classi preliceali si sono cimentati con un lavoro che ha seguito varie tappe: introduzione teorica alla tecnica di intervista, introduzione teorica all’utilizzo degli strumenti didattici (registratore, computer, trascrizione dialettale e in lingua ecc.), teoria e pratica di rielaborazione del linguaggio parlato (informale) in scritto (formale). Il progetto ha avuto il pregio di avvicinare due generazioni con l’intento di approfittare della “saggezza” degli uni per istruire i secondi; due mondi spesso ritenuti distanti e non compatibili. Con questo progetto si è dimostrato il contrario. Qui di seguito, alcune riduzioni delle leggende raccolte… Nota introduttiva del docente di classe, G. Mottis Il morto e le mele In una casa viveva una famiglia con la nonna, le zie e gli zii non sposati. Questa gente dava una mano a zappare i campi o a fare le pulizie in casa. In quel periodo si stava tagliando la legna per l’inverno. Un giorno però, il nonno e lo zio si ammalarono. La famiglia non sapeva da quale male fossero stati colpiti e così chiamarono il dottore e il prete. Il dottore, avendoli già curati in precedenza, non seppe più come aiutarli. Accadde che una notte si aggravarono. I due peggiorarono sempre di più, e così tutti si rassegnarono all’idea che sarebbero morti. All’alba la zia, che era colei che prendeva tutte le decisioni in casa, mandò il fratello dal falegname per ordinare due bare. Passò qualche giorno e lo zio incominciò a ristabilirsi, ma il nonno, non ce la fece e morì. Le donne prepararono il caro defunto con gli abiti da sposo. In quel momento arrivò anche l’usciere comunale e disse che il camposanto era inagibile a causa della nevicata e il terreno troppo duro da scavare. Allora queste povere persone non seppero più cosa fare, ma alla zia Menga venne un’idea: propose di mettere il morto in solaio e di lasciarlo lì fino alla fine dell’inverno. Rimase però una bara vuota. Pensarono allora di riempirla di mele. Lo fecero e portarono anch’essa in solaio. Passò l’inverno, il terreno si scongelò e si fecero i funerali al povero nonno. In primavera, le donne iniziarono le pulizie. La casa doveva essere linda e profumata, ma la Menga sentì uno strano odore. Improvvisamente si ricordò delle mele nella bara. Mentre gli altri erano nei campi, lei salì in solaio e aprì la cassa. Se la Menga non rimase paralizzata, fu già qualcosa. Infatti, nella cassa c’era il nonno! Allarmata, si precipitò alla finestra e invocò aiuto a squarciagola. Tutti preoccupati, accorsero a casa e salirono affannosamente in solaio. Lì trovarono la nonna svenuta accanto al morto. Fu in seguito che si accorsero dello scambio. Avevano fatto il funerale alle mele! Così alla fine chiamarono ancora il prete per il povero morto e il medico per la povera Menga. (Mattia Cereghetti) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano Una ricerca degli allievi di 3a classe PLTI di Roveredo 209 210 Pare che nel lontano 1600, un ometto si trovasse sui monti sopra Roveredo. Una mattina molto presto, alle prime luci dell’alba, venne a valle per recarsi al lavoro. Era una mattina piuttosto fredda e umida. Questo ometto si incamminò nei boschi. Ad un certo punto, intravide una figura avvolta in un mantello nero. Scorgendo questa figura, gli vennero i brividi lungo la schiena. Allora pensò: «Cosa cribbio l’è chesto chi?» La figura si fermò e chiese all’ometto dove fosse diretto. L’ometto gli rispose che stava andando a valle, perché iniziava a lavorare presto. L’uomo guardò dritto negli occhi l’ometto e gli disse: «Ti adess te vé avanti per el to camin, qualsiasi rumor che te sent dré ai to spall, tet gira miga a guardà cosa sucet. Ti te ghé un goss nel col!» L’ometto si toccò il collo per constatare. Era vero! Aveva proprio un enorme gozzo. La figura allora gli disse: «Se tet gira miga a curiosà, quant te riverà giù a Rorè el to goss el sarà sparit! Se invece tet gira a guardà cosa sucet, tet ritroverà con sett goss!» L’ometto, tutto impaurito, corse a tutta velocità attraverso il bosco, per fuggire e continuava a toccarsi il gozzo, terrorizzato. Arrivato a Roveredo, il gozzo era sparito nel nulla. Allora, tutto felice, andò nel paese a raccontare il fatto che gli era accaduto. Una signora che aveva anche lei il gozzo, quando ebbe sentito la storia volle provare anche lei. Così decise di andare nei boschi. Quando arrivò la sera si incamminò, sperando di incontrare l’uomo in nero. Verso l’alba, intravide la figura misteriosa e decise di andargli incontro. L’uomo in nero le disse: «Se ti adess te pasa giù per la to strada, tet gira miga a vede cosa ac sucet dré ai to spall, te vedré che quant te sé a Rorè el to goss el sarà sparit! Però rigordet che sé te fé la curiosa, la ten spunta fora sett!» La povera donna, mentre si incamminava a valle, sentì degli strani rumori dietro di sè. La curiosità fu troppo forte e lei non riuscì a non girarsi a curiosare. Infatti, quando arrivò a Roveredo, si ritrovò con sette gozzi. Nessuno seppe mai cosa aveva visto la povera donna… (Anna Regusci e Stefano Capelli) L’alpe di Mem Mem è un alpe che è stato tramandato dal 1344. Questa è una storia fatta dal Comun Grande (San Vittore e Roveredo). Quelli della Calanca hanno sempre detto che noi abbiamo rubato questo Alpe, invece si tratta di un accordo tra i De Sacco che è stato trasferito su nel Comun Grande, nella Val Piana in Mesolcina. La leggenda dice che un personaggio, pare sia stato un locarnese secondo gli storici, si fosse recato con degli abitanti di San Vittore sull’Alpe. Il Magistrato chiese al rappresentante di San Vittore se si trovasse sul suolo di San Vittore. Lui rispose : «Sì, mi trovo sul suolo di San Vittore.» In definitiva, era vero! Lui sapeva che l’Alpe era della Calanca, ma disse che si trovava comunque nel territorio di San Vittore, perché prima di partire aveva messo della terra all’interno degli stivali. (Zenia Ramelli) Qui il Moesano Qui il Moesano I goss de Rorè 211 L’orso del Toni Un certo Toni, una mattina di molto tempo fa, si è incamminato sul far dell’alba del mese di settembre, da solo, con il suo sacchetto della merenda contenente un po’ di pane e di formaggio, per andare verso l’Orbèll. Scopo di ciò era far pertichette per bacchiare i castagni. Portava una scure e una falce da bosco. Prima che andasse via, sua moglie gli disse: «Toni, non tagliarti, fai attenzione!» Lui le rispose: «Ah! Poverina, non sono poi così maldestro come credi. Arrivederci!» Così si è avviato pian pianino pensando dove poteva trovare delle pertichette belle diritte e maneggevoli. La salita per la valle era una Stradaccia faticosa. In tanti posti doveva passare sotto piccoli abeti. La notte prima Foto: Internet aveva piovuto e si è bagnato fino alla pelle. Dopo aver percorso già un lungo tratto, doveva passare per un sentiero stretto fino a dove c’erano le betulle. Quando fu arrivato a metà, proprio nel tratto più brutto, sbucò un orso! «Povero me! Ora sono finito! O io o te dobbiamo passare!» E non c’era da pensarci molto. L’uomo prese la sua scure e gli diede un colpo sul- la testa. L’orso si lamentò, cascò all’indietro, provo a stare in piedi ma non ci riuscì. Cadde a picco nella valle. Ah! Quel pover’uomo si prese un bello spavento! Arrivò a casa tremando come una foglia e bianco come un lenzuolo. Si ammalò e due anni dopo morì. Nella chiesa a San Rocco (a Soazza) è appeso un quadro dedicato alla Madonna, che si crede abbia salvato il povero Toni. (Jessica Karsh) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 La leggenda del Barba Vairett 212 Molto tempo fa, si diceva che il diavolo aveva scelto Brusio per riempirla di streghe e stregoni, ma fortunatamnete, queste persone non compivano malefici vicino al villaggio… perché altrimenti gli altri abitanti li avrebbero scoperti. Però ci fu un anno in cui sembrava che tutto era contro quella Valle remota: sparirono mucche, latte, burro… Ma le sfortune non finirono qui.. Perché arrivò pure la notizia che in paese girasse un orso, ma non era un animale comune, perché passeggiava tranquillamente tra le persone, senza paura. Così decisero di ucciderlo, ma ci volle il miglior cacciatore del paese per ferirlo e farlo scappare sanguinante. Nel frattempo nel paese, gli abitanti tenevano d’occhio i possibili sospettati, e quando si venne a sapere che una vecchietta era a casa ammalata, tutti gli abitanti andarono a casa sua, per giustiziarla in piazza, perché erano convinti che era lei la strega cattiva che si era tramutata in orso. Però quando arrivarono a casa sua, non la trovarono, ma in compenso ritrovarono le cose smarrite. Qualche tempo dopo, due donne andando nel bosco, trovarono un gatto che miagolava per la fame. Così le due sorelle decisero di portarlo a casa loro per tenerlo. In poco tempo si accorsero che il gatto non era un animale comune, voleva mangiare a tavola assieme alle due donne e fissava tutti come se fosse lui il padrone di casa. Le due donne iniziarono ad avere paura che il gatto fosse la strega di cui non si avevano più notizie. Così decisero di chiamare il prete per far benedire la bestia con l’acqua santa, ma fu peggio che buttargli addosso dell’acqua bollente; il Nella frazione di Prau, viveva una vedova con una giovane figlia che aveva un fidanzato, un bravo ed onesto giovanotto del paese. Si incontravano tutte le sere tranne il giovedì. Accadde, però, che un giorno il giovane si chiese: «Perché tutte le sere posso andare a trovarla, mentre il giovedì no?» Per togliersi la curiosità, un giovedì sera si recò inosservato nelle immediate vicinanze dell’abitazione della sua fidanzata per cercare di capirne il segreto. Vide che prima la madre e poi la figlia si spalmavano sul viso un certo unto che tenevano gelosamente nascosto dentro la cappa del camino. In seguito, vide anche che prima la madre e poi la figlia scomparivano all’interno del camino. Preso dalla curiosità, Barba entrò nella cucina e si unse anche lui… e pure lui scomparve nel camino! D’incanto, si trovò nel bel mezzo di un convegno di streghe e stregoni e vide la sua fidanzata e sua madre che danzavano nude attorno ad un fuoco acceso in mezzo ad un grande prato. E nel bel mezzo, seduto su un tronco di abete, c’era il diavolo in persona che, con in mano un grosso registro, annotava i nomi di tutti i presenti. Quando vide che era arrivato anche Barba, lo invitò ad apporre la sua firma sul registro. Barba ebbe un colpo di genio. Invece, di scrivere il proprio nome vi tracciò la croce di Cristo. Non l’avesse mai fatto! In un baleno si scatenò il finimondo. Il diavolo rovesciò il pesante tronco con sopra il voluminoso registro e diede in escandescenze, inaudite minacce, bestemmie e terribili maledizioni. Le danze cessarono e la festa diabolica si trasformò in un fuggi fuggi generale. Da quel giorno del Berlott (raduno di streghe, stregoni e il diavolo in persona) non si seppe più nulla. (Kevin, Mattia e Sirio) La Madonna del Carmine Secoli e secoli orsono viveva nella Torre Fiorenzana la giovane coppia De Sacco. Un bel mattino d’aprile nacque la piccola Fiorenza, e qualche anno dopo il padre fu tragicamente ucciso da un corteo di maschere. Una sera d’ottobre la Signora Maria, madre di Fiorenza, si sentì peggio del solito e non poté unire la sua devota preghiera e il suo dolce canto alla voce dei fedeli gronesi. Da parecchi anni la governante Lena attendeva il governo della casa. Essa era laboriosa, ma non di buon carattere. Quella sera d’ottobre Maria raccomandò alla governante di prendersi cura di Fiorenza perché si sentiva morire. Le consegnò uno scrigno pieno di gioielli e una lettera d’addio. Dopo il funerale, Lena volle mettere in atto il suo fatidico piano: impossessarsi dello scrigno e sbarazzarsi di Fiorenza. Venne la sera e Lena si diresse con Fiorenza verso il Ponte d’Oltra. Arrivate in Cimaselva Fiorenza si addormentò. La perfida Lena portò la bimba su uno scoglio sopra il burrone con l’intenzione di scaraventarla nel baratro e fuggire con il tesoro. In quell’istante si vide avvicinarsi una bianca figura con una corona d’oro in testa. Era la Madonna del Carmine, che strappò la bimba dalle braccia di Lena. Fiorenza era salva! La mattina seguente il pastore Gaspare trovò Fiorenza e vide una donna che scappava verso il riale. Era la governante che si era trasformata in una vecchia e brutta strega. (Cristina e Julia) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano La strega dalle tre teste gatto cominciò a saltare come se avesse preso fuoco… Il prete provò a ribenedirlo, ma l’animale andò a nascondersi. Qualche giorno dopo arrivò in paese il vescovo e decise di andare a vedere l’animale. Il micio, quando vide tutta quella processione venirgli incontro e sentendo tutti quegli scongiuri, scappò fuori di casa, urlando come un demonio. Quando arrivò alla porta della casa, diventò dieci volte più grande e mormorò: «Grazie tante per la cura che avete avuto per me, ma il gatto della sassaia si lascia nella sua tana.» Detto ciò, la bestia stregata sparì e nessuno sapeva da che parte si era diretta. Solo qualche ora dopo si seppe che la vecchia era stata vista rientrare nella sua casa, così fu subito assediata. Quando entrarono nell’abitazione, trovarono la vecchia arruffata e sbuffante, con gli occhi fuori dalle orbite come se avesse appena lasciato l’inferno. In un attimo la portarono in piazza per essere giustiziata, nonostante tutti gli spergiuri della povera vecchia, che diceva di essere innocente. La piazza di Poschiavo era piena di gente, mentre il boia era già contento di poter ficcare la sua mannaia dentro il collo della terribile strega. Il boia sferrò un fortissimo colpo, ma la lama rimbalzò come se avesse battuto sopra un sasso. E dal collo vide sgorgare altre due teste, uguali alla prima. Fortunatamente, era presente il prete che disse di colpire la testa in mezzo, che volò via e finì tra la gente affollata. Ora la strega era veramente morta. Però invece di uscire sangue, uscì dell’acqua… Ma questa non fu l’ultima stregoneria, perché il mattino seguente, al posto della casa, trovarono solamente un mucchio di calcinacci e di travi bruciacchiate… (Stella Gallo) 213 Qui il Moesano 214 Una volta, in Rugn viveva un buon uomo di nome Giuanin con la moglie Mariola. Giuanin aveva un po’ di terra che lavorava con sua moglie. Lavoravano dalla mattina alla sera, mangiavano in modo povero e non avevano mai un soldo in tasca. Avevano due mucche magre e mal cresciute che erano la loro unica risorsa. In primavera e in autunno le conduceva sul monte L’ava dove passavano alcuni mesi all’anno. La sera, dopo aver abbeverato le sue mucche, scendeva sul piano e andava a casa dalla sua Mariola con il secchio pieno di latte. Quella sera, passando per Boggiano, alzò lo sguardo e vide una vecchietta che stava seduta su un lenzuolo sul quale luccicavano monete d’oro e d‘argento. Il povero Giovannino si fermò senza credere ai suoi occhi. «Buona sera cara de la me vegiola, ma guarda un po’ quanta grazia di Dio!» «Te tira gola, eh, Giuanin? Ten scià quanti ten vo’, caro del me Giuanin.» Giuanin ne prese più che poteva e riempì il secchio. «Grazie, cara de la mia vegiola, grazie!» «Se te vo’ tegnii, te ghé de na a ca senza girat!» Figurarsi il povero Giuanin, era così felice che si prostrò ai piedi della vecchia signora. Si avviò per la strada di casa con il secchio pieno d’oro, ricurvo per il gran peso. Dopo cento metri si sentì un gran baccano sopra la sua testa, ma Giuanin, duro e fermo come una torre, non si voltò. Ma il rumore continuava sempre più forte. Quando arrivò alla chiesa di Sant’Anna, non resistette più alla tentazione e si girò. Il baccano si fermò di colpo. Quando Giuanin arrivò a casa era tutto felice e chiamò sua moglie per mostrarle il contenuto del secchio. «Vegn mo scià, Mariola, che go de fat vedé una roba!» Aprì il suo secchio e mostrò il contenuto a Mariola, che disse: «Do l’è el lacc? L’è pien de fei de fau!» (Axel Kuhn) I due gatti grandi Tra il 1800 e il 1900, due abitanti di San Vittore si sono recati a Bellinzona a fare la spesa a piedi. Arrivati a Sgraver (al confine) i due uomini videro due gattoni neri che scendevano dalla strada di Monticello. Più si avvicinavano e più diventavano grandi. Avevano occhi come dei fanali. Questi due uomini, spaventati a morte, li osservarono avvicinarsi sempre di più. Ad un tratto, i due gatti si alzarono per aria e sparirono sulla montagna. Lasciarono le loro impronte sui sassi sopra Fenera, che si possono ammirare ancora oggi. (Genet Catic) Qui il Moesano storia, e lei gli dice: «Te ghe dacc la to anima! Chel lì el sarà un strion!» Questo contadino diventò presto ricco grazie al latte e ai vitelli. Si preoccupò però per la sua anima e andò a parlare con un vecchio esperto di stregoni, che gli disse: «Fa iscii: te ghé de na trenta volt alla capela de March ogni sira a cuntà su el rosari. La trentesima volta te ve su e te porta con ti la vaca.» Detto fatto, eseguì le istruzioni e alla trentesima sera il vecchio portò con sé la mucca. Incontrò lo stesso ometto e appena lo vide gli venne in mente di fare il segno della croce. Subito dopo si sentì un tremendo boato verso valle. L’ometto e la mucca sparirono giù. Da quel momento, si racconta che nelle giornate ventose si possa udire l’ululato dell’Omett de la Cresa che si lamenta ancora di non esser riuscito a sottrarre l’anima di quel contadino. (Edoardo e Giorgio) La strega di Boggiano 215 San Vittore, zona leggendaria L’ omett de la Cresa C’era una volta un povero contadino. Un giorno, tornando a casa da monte, passando per la Cresa incontrò un piccolo brutto omino che gli rise in faccia. Il contadino disse: «Cos te ghe da rit?» L’ometto rispose: «Portom in spala che ta fo diventaa scior.» Se lo caricò sulle spalle e partì e col passare del tempo diventava sempre più pesante. Arrivati al Pont de March, il contadino disse: «To portò fin chi, adess mantegn la to promesa.» L’ometto rispose: «Adess te ghe de damm la to anima.» «La me anima? Tegnetla pur.» L’ometto gli dà in mano una corda e gli dice: «Adess, ti te ve e tet volta miga in dré.» Arrivato a casa, si gira e vede una bellissima mucca. Va da sua moglie e le racconta la San Vittore, croce commemorativa Almanacco del Grigioni Italiano 2011 «Calend de marz» Qui il Moesano Qui il Moesano Ivan A Marca Le classi elementari di Mesocco, davanti la scuola comunale, pronte per la partenza col pupazzo da bruciare (1. marzo 2010) 216 217 Secondo il nostro calendario, la primavera inizia il 21 di marzo. La natura si sveglia alla vita ai primi tepori portati dal favonio, vento tiepido, malgrado soffi da nord. Cosa sarebbe la primavera in Svizzera senza il föhn? Esso procura cieli limpidi, giornate soleggiate e temperature più miti. Un giorno di favonio scioglie tanta neve, quanto una settimana di sole. I narcisi spingono le verdi prime punte fuori dal terreno, sono pronti a rifiorire. Nel bosco a foglie caduche e ancora brullo, fanno capolino primule, viole e il ciclamino selvatico. I gialli amenti di noccioli e ontani, consegnano il loro polline al vento. Prati e bordi del bosco iniziano a verdeggiare. Dalle falde del bosco, cervi e caprioli fiutano le crescenti erbe, che da quando la terra è terra, adagio rispuntano. I cervidi usciranno dal bosco a nutrirsene avida- mente, per ristabilire quelle forze che, causa l’inevitabile dieta invernale, sono loro venute meno. Le tradizioni popolari per risvegliare la primavera, si basano su movimento e allegria. Resiste ancor oggi, tra di esse, il cosiddetto Calend de marz. Questa festa, oggi celebrata per lo più dai ragazzi di Scuola, è stata mantenuta nelle Valli dei Grigioni: Engadina, Poschiavo, Mesolcina, Val Monastero, Sopra e Sotto-Sursees (ex Oberalpstein) e in alcuni paesi della Valtellina. La natura si sveglia con il baccano del chalandamarz, come dicono i nostri vicini romanci. Alle calende di marzo (di solito per noi il 1. marzo) i ragazzi dei villaggi allestiscono un pupazzo, (tipo quello di Zurigo, detto Bög, ma più piccolo), che rappresenta l’Inverno. Indossano costumi tipici di agricoltori, pastori, cacciatori e contadinelle, con baffi, Il pasaggio “rumoroso” tra le vie del paese di Mesocco (1. Marzo 2008) scialli, cappelli, pipe, bastoni, cestini, gerla ecc. e si radunano suonando i campanacci, prevalentemente di mucca, battendo secchi o scatole di latta. Dopodiché, i ragazzi invadono il villaggio con un gran fracasso e, fermandosi nelle varie frazioni, scuotono i campanacci, cantano in coro brani di canzoni, recitano proverbi o vecchie filastrocche. Per ricompensarli, la gente offre loro biscotti, noci e nocciole, frutta, canditi o altri dolciumi, che mangeranno tutti assieme alla fine della scorribanda. Alla fine del percorso, dunque al culmine della manifestazione, danno fuoco al pupazzo intensificando il rumore e le grida per scacciare la brutta stagione. Secondo la credenza popolare, se brucia velocemente (come è successo quest’anno) l’inverno continuerà ad infierire. Se brucia adagio l’inverno se ne andrà e le stagioni saranno generose. Spesso accadeva che ai primi di marzo, il corteo dei ragazzi si svolgeva nel nevischio. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Per i Romani, all’origine pagani, l’anno iniziava con il mese di marzo*. Non è affatto un caso, che un manoscritto intitolato PRONOSTICO PERPETUO E REGOLA ANTICHISSIMA, INDUBITATISSIMA E INFALLIBILISSIMA, di origine pre-romana, usata ai tempi Trivulziani nel Castello di Mesocco, insegna che a dare il via al risveglio della terra, è la prima luna di marzo, nascente tra le calende e le idi di marzo. 218 La ricorrenza ha dunque origini molto antiche; sin dai tempi dell’occupazione romana nelle nostre regioni della Rezia. Note * Secondo il “calendario romano di Romolo” l’anno era diviso in dieci mesi, il primo era martius (marzo). Il pupazzo bruciante (1. marzo 2010) A calendae (dal latino calare = chiamare a raccolta, convocare), corrispondeva il primo di ogni mese. Da esso deriva il termine calendario. Secondo il calendario romano, le calende di marzo (che corrispondono al 1. marzo del calendario gregoriano) segnavano l‘inizio dell‘anno. Le cosiddette idi, (dal latino idus) erano i giorni che dividevano il mese in due parti quasi uguali, a seconda della lunghezza dei mesi, il tredicesimo o quindicesimo giorno del mese. È celebre la frase gridata da un oracolo-cieco, mentre Cesare rientrava nell’Urbe a cavallo, con le sue legioni, che predisse: “Cesare, guardati dalle idi di marzo...”. Cesare ignorò la profezia di quello sconosciuto plebeo e fu ucciso da Bruto e Cassio, alle idi di marzo. La scuola vista dagli allievi che terminano l’obbligo… A fine anno scolastico 2009-2010 (e a compimento dell’obbligo formativo di nove anni), ho chiesto agli allievi di due classi con direzioni diverse (una indirizzata verso gli studi superiori (liceo), l’altra verso il mondo del lavoro tramite apprendistato) di stilare una breve e libera riflessione sulla scuola. Qui di seguito sono raccolte le loro osservazioni, i loro timori verso il futuro, i primi ricordi nostalgici, i pro e i contro del sistema educativo delle nostre scuole, ecc. A tutti loro vada il mio ringraziamento e l’augurio di un futuro ricco di soddisfazioni! N.d.R. «La scuola è per me un istituto dove s’impara a studiare, a vivere con le altre persone, a star bene insieme e a farsi una cultura che sarà sempre più ampia andando avanti. Molte persone, invece, al contrario di noi, non hanno la possibilità di apprendere, quindi abbiamo un grande privilegio che non va assolutamente sprecato.» (Mattia Cereghetti) «Secondo me la scuola è come una seconda casa dove ho passato 4 anni molto belli e in parte brutti. È pure un punto d’incontro con gli amici, una delle uniche cose che mi piace della scuola, e con loro ho vissuto molte avventure. Della scuola mi piacciono gli insegnanti e gli amici che sono disposti ad aiutarti. Come dappertutto, ci sono degli aspetti positivi e negativi.» (Dominique De Filippis) «La scuola è per me la porta del futuro. Ci sono momenti più difficili e impegnativi di altri, ma bisogna superarli e mai lasciarsi andare.» (Zenia Ramelli) «Per me la scuola è un posto principalmente di studio, dove si imparano molte cose interessanti e meno, ma anche un posto di ritrovo con gli amici. In questi tre anni trascorsi in questa scuola ho passato momenti molto piacevoli e momenti meno, ho conosciuto molte persone con cui ho stretto un’enorme amicizia, ho passato dei bei mo- menti pure con i maestri che ci hanno insegnato molte cose nuove e con cui abbiamo fatto molte risate. Trovo che questi tre anni sono passati troppo velocemente a confronto dei sei anni delle scuole elementari, magari per il bell’ambiente della scuola e perché, pur essendo in molti in questa scuola, si forma comunque una sola e grande famiglia. Tutte le scuole hanno la loro storia, ma credo che la scuola secondaria rimarrà impressa a molte persone come il ricordo più bello della vita scolastica.» (Anna Regusci) «Per me oggi la scuola rappresenta una possibilità per imparare delle nozioni e acquisire delle competenze che mi aiutino ad affrontare al meglio il mondo del lavoro. Applicando queste nozioni forse mi si apriranno delle porte che mi permetteranno di raggiungere nuovi orizzonti.» (Simone Filisetti) «Per me la scuola, oltre che formarci scolasticamente, ci forma anche caratterialmente!» (Genet Catic) «Per me la scuola è un luogo dove si imparano cose nuove. Io in questi 3 anni non ho seguito soltanto le materie d’insegnamento puro, ma ho avuto anche delle lezioni di vita, dove ho imparato che alcune di queste sono state molto più importanti delle lezioni di matematica o di inglese. Ho imparato ad affrontare varie situazioni e a risolvere i problemi che alle elementari non sarei mai riuscita a risolvere da sola. La scuola occupa gran parte della mia vita e a volte mi lamento, ma poi mi rendo conto che a scuola ho conosciuto molti amici, ho fatto amicizie buone, ma ne ho vissuto anche di cattive. Quando per la prima volta sono entrata in questa scuola ho pensato: “Che inferno!”, ma dopo pochi mesi la mia visione è cambiata. Avevo paura di non riuscire nelle materie e di non trovare amici. La scuola per me oggi non è un peso, anche se vedo comunque molti aspetti negativi: ad esempio quando alcuni maestri danno le cose per scontato, quando ti giudicano senza conoscerti a fondo e quando tengono la parte agli altri docenti. Ma sicuramente non potrei dire solo cose negative della scuola, molte sono positive. A volte ho avuto dei Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Si racconta, che quando sulla strada c’era ancora il pedon (strato di neve calpestata e dura), i ragazzi coglievano l’occasione per fare una slittata assieme. Allora le famiglie erano più numerose e si approfittava di questa festa per andare a trovare parenti o amici, specie quelli che abitavano nelle frazioni più discoste o fuori paese, addirittura con lo slittone trainato dai cavalli. 219 Le due classi Terza SAP e Pre-liceale Ticino a fine anno scolastico 2010 contrasti con maestri e compagni, ma sono sempre riuscita a risolvere queste dispute. Con la mia classe, salvo eccezioni, sono andata d’accordo, con loro sono riuscita a conciliare studio e divertimento, anche se a volte i maestri non lo credevano, ma noi siamo tutti molto legati e sappiamo lavorare bene assieme, perché nel gruppo non c‘è nessuno che non collabora.» (Arianna Pereira) «Per me la scuola è una cosa fondamentale, ci permette di avere un’ottima formazione, e di relazionare con i ragazzi della nostra età. Andare a scuola può essere pesante dal punto di vista dello studio e dell’odiata sveglia al mattino, ma è comunque piacevole stare in compagnia e apprendere materie interessanti ed importanti.» (Jessica Karsh) «Per me la scuola è un luogo di incontro con gli amici e se si ha un buon rapporto con i maestri è anche mica male frequentarla. Purtroppo non con tutti i docenti si instaura un rapporto ottimale …» (Joel Venzin) «Come per molti miei compagni, la scuola è una noia, maledico Carlo Magno! No, scherzo, la scuola è molto importante per il nostro futuro. Cioè, se andiamo bene a scuola e continuiamo a studiare potremo fare dei lavori sempre più ‘importanti’. Senza la scuola non si può andare avanti.» (Stefano Capelli) «Per me la scuola è un luogo, dove si imparano molte cose, si conoscono tanti amici. Spesso ci si diverte un mondo, ma a volte ci si annoia anche. Della scuola mi piace quando facciamo qualche marachella durante le lezioni e gli insegnanti neanche se ne accorgono. Gli aspetti positivi della scuola sono l’aiuto e la preparazione che riceviamo per affrontare il mondo del lavoro.» (Alexia Correia) «Molte volte noi allievi ci lamentiamo dei troppi esami, dei troppi compiti e tutto questo ci pesa. Ma noi andiamo a scuola per il nostro futuro, per essere preparati al mon- to molte avventure belle e brutte. Questi tre anni sono stati belli, perché ho imparato a conoscere persone nuove e a condividere gioie e dolori con queste persone. Ci sono molti aspetti negativi; ad esempio quando un alunno fa una domanda per dire che non ha capito, molti maestri gli urlano contro, accusandolo di non aver ascoltato o di non aver fatto attenzione. Oppure quando si sa di aver ragione e il maestro manifesta ancora la sua opinione e non dà spazio all’alunno per motivare la sua scelta. È vero che spesso sbagliamo anche noi, ma alla fine chiediamo scusa. I maestri invece sono molto orgogliosi e non ammettono di aver sbagliato neanche dopo aver constatato l’errore commesso. Nonostante tutto ci sono moltissimi aspetti positivi. Quando sono entrata in questa scuola avevo il terrore di non farcela. Invece, dopo il primo mese, ho imparato ad andare d’accordo con tutti. Certo ogni tanto si bisticcia, ma si fa subito pace. Pensavo di non andare d’accordo con i docenti e invece con molti di loro vado abbastanza d’accordo, perché cercano con tutti i mezzi di venirci incontro, cercano di capirci ... Purtroppo siamo alla fine di questi tre anni e quando finiremo piangerò come una fontana, perché di sicuro tutte queste cose mi mancheranno, anche se non vedo l’ora che finisca. Sono sicura che mi mancheranno un po’ le lezioni noiose, quelle che rendevamo allegre, ridavamo e scherzavamo e ogni tanto combinavamo anche guai …» (Loredana Ponzio) «Personalmente trovo che tutto vada bene così come lo è ora, però l’unica cosa che mi crea un fastidio è il doversi alzare troppo presto. Infatti, secondo il mio parere dover andare a scuola alle 7:40 (senza contare tutti gli scolari che prendono il bus ancora prima) è presto. Questo poi comporta trascinarsi la stanchezza per tutta la giornata e tutta la settimana.» (Edoardo Kleinstein) «Per me la scuola è un posto dove ci si deve andare per forza, a volte è noioso, e a volte ci si diverte come matti. Ma comun- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 220 do esterno, per avere delle basi per costruirci una vita e senza dover dipendere dagli altri. Questo per me è l’ultimo anno di scuola dell’obbligo, e mi fa molto strano pensare che da qui a qualche mese andrò incontro al mio destino, senza sapere bene cosa mi aspetta…» (Stella Gallo) «Anche se in certi momenti la scuola può sembrare difficile, basta pensare che essa è solamente un luogo di passaggio, e dare quindi il meglio che si può dare, perché quando si percorre una strada, l’importante è camminare ...» (Axel Kuhn) «A mio modo di vedere gli aspetti positivi sono tanti, siamo in pochi e questo rafforza il rapporto che abbiamo fra di noi. Non ci sono mai problemi grossi come in altre scuole più grandi. I maestri sono sempre a nostra disposizione per risolvere i problemi che abbiamo sia familiari che scolastici, ci aiutano a trovare la professione o la scuola da frequentare in seguito e questi sono aspetti molto positivi nei nostri confronti. Di aspetti negativi, che non ritengo giustificati, sono l’abolizione dell’uso di apparecchi elettronici nell’edificio scolastico. Io non credo dia fastidio a nessuno se un ragazzo nei corridoi si tiene la cuffietta del mp3 nell’orecchio, che ode solo lui. Capisco il fatto di mettere musica ad alto volume, perché si potrebbe disturbare qualcuno che sta facendo lezione. Inoltre, l’uso dei cellulari, mi sembra giusto sia proibito nelle aule, ma in tutto l’edificio scolastico mi sembra un po’ troppo rigido, perché se si deve inviare un sms ai genitori, bisogna uscire sul piazzale. La vendita di michette va bene, ma mi chiedo: perché solo pane e non altro? Si potrebbe ad esempio vendere delle mele per cambiare un po’. O introdurre la vendita di succhi di frutta o bevande calde come per i docenti. È una questione di uguaglianza…» (Carmen Gonzalez) «Secondo me, la scuola è un bel posto in cui imparare cose nuove e conoscere nuovi amici.» (Mattia Zappi) «Per me la scuola rappresenta un punto d’incontro con i miei amici, dove ho passa- 221 que é utile: si imparano cose nuove; alcune ci aiuteranno ad affrontare le difficoltà della vita, altre resteranno ermeticamente chiuse in un cassetto del nostro cervello. Qui conosci nuova gente, nuovi amici; con certi non vai d’accordo con altri leghi, questi diventeranno i tuoi migliori amici e li ricorderai per sempre.» (Karin Pregaldini) «Mi piace pensare a come il nostro futuro possa dipendere dalla scuola. Essa è un percorso che ti permette di raggiungere i tuoi obiettivi professionali. Ti offre comunque una cultura generale.» (Julia Patt) «Per me la scuola è un ritrovo con i compagni, per studiare e imparare in modo che alla fine dei 3 anni io possa entrare nel mondo del lavoro senza grandi difficoltà.» (Mi chael Gianella) «Per me la scuola adesso è molto importante. Chi non ha ancora capito che la scuola è importante, allora non sa proprio cosa fare della propria vita. Adesso guardando al pas- sato mi vengono in mente tutti quei momenti, dove ho riso, scherzato, sbagliato. Impari tante cose utili per la vita, si possono fare nuove conoscenze, imparare con i propri errori e correggerli, imparare nuove cose, nuovi metodi di studio, affrontare varie situazioni, ecc. A volte mi lamentavo che i genitori e i maestri ce l’avevano sempre con me, adesso ho capito che era per il mio bene. Quante volte ho sentito questa frase da allievi che hanno finito la scuola ed io non ci credevo nemmeno. Ovviamente, la vita non sempre è come vogliamo noi, c’è sempre qualcosa che non va bene. Alcuni maestri ci aiutano veramente tanto. Ma non tutto è positivo, anche la scuola ha aspetti negativi, niente e nessuno è perfetto. I maestri alle volte non accettano le nostre idee e non piace sentire che hanno torto. Alle volte anche i compagni non aiutano tanto, basta che due inizino a parlare e il maestro dà la colpa a chi non c’entra …» (Sara Rodriguez) Ingresso del Centro giovanile del Moesano Inaugurazione del Centro giovanile del Moesano ricreative, si propongono attività socio-culturali come ad esempio conferenze, approfondimenti di temi trattati a scuola, temi riguardanti i loro problemi giovanili, settimane di cinema a tema, ecc. Per permettere a tutti i ragazzi delle valli di poter partecipare ad alcune attività, in particolare per chi ha problemi di spostamento (ad esempio: cinema, serate disco, conferenze e gite…), queste ultime sono itineranti, ossia programmate in vari luoghi del Moesano. Lucio Fieni Da molti anni i giovani moesani rivendicavano la necessità di avere a disposizione un luogo dove poter incontrarsi a passare il tempo in comune, per divertirsi, per conoscersi e per condividere esperienze. Finalmente, sabato 17 ottobre 2009 questo sogno giovanile si è avverato con l’ufficiale inaugurazione della struttura a Roveredo. Il Centro giovanile del Moesano è oggi gestito in modo parzialmente autonomo dai ragazzi, sotto la guida di un animatore professionale. I giovani, tramite il loro comitato, propongono un programma di attività da svolgere all’interno e all’esterno della struttura a loro disposizione. Oltre alle attività Il centro è aperto a tutti i ragazzi dai 12 ai 18 anni senza nessuna distinzione di ceto sociale, credo, idea politica, nazionalità, non si richiede nessuna tassa (facoltativa la tassa sociale che dà diritto di voto durante le assemblee dell’associazione). Potrà essere richiesta una partecipazione alle spese per le gite. I giovani sopra i 18 anni hanno la possibilità di frequentare e partecipare alle attività presso il Centro giovanile del Moesano, a loro è data anche la possibilità di essere introdotti quali aiuto-animatore e svolgere mansioni Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 222 Inaugurazione del Centro, riprese televisive della RSI La1 223 224 I ragazzi subito all’opera con il gioco del tennistavolo (all’esterno) I ragazzi subito all’opera con il gioco del biliardo (all’interno) Nel Centro giovanile sono inoltre a disposizione sale, cinema, videogiochi, biliardo, calcetto (footbalino), tennis da tavola, sala polivalente, cucina, locale prova per gruppi musicali, piccola biblioteca ed infine all’esterno un ampio giardino per pallavolo, badminton (volano), coltivazione di fiori e ortaggi. I membri di comitato dell’associazione Centro giovanile del Moesano, sono sempre a disposizione per sostenere, organizzare, e partecipare alle attività con i giovani. Per definizione l’Associazione Centro Giovanile del Moesano è un’associazione in favore dei giovani dai 12 ai 18 anni residenti nelle valli Mesolcina e Calanca. Essa è apartitica, aconfessionale e non ha scopo di lucro. Gli scopi principali, come già ribadito, sono quelli di promuovere la realizzazione di una struttura giovanile per ragazzi dai 12 ai 18 anni e la gestione e la conduzione del Centro Giovanile, di proporre attività sane e costruttive per il tempo libero, di responsabilizzare i ragazzi e le ragazze partecipando attivamente nella gestione del Centro. La consegna simbolica delle chiavi ad un giovane moesano Discorso inaugurale del dr. Dieter Suter Il comitato dell’Associazione Centro giovanile del Moesano (da in alto a sinistra: dr. D. Suter, M. Zappi, F. Bertossa, M. Macchi; da in basso a sinistra: L. Fieni, T. Tschudi, T. Pfänder) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano di maggiore responsabilità. L’unico requisito per accedere al Centro è quello di avere voglia di socializzare con i coetanei, divertirsi in modo sano, approfondire il proprio sapere, condividere problemi con gli amici e i coetanei. Non è infatti ammesso fumare, portare e consumare bevande alcoliche e altre sostanze proibite dalla legge all’interno e all’esterno del Centro giovanile e durante lo svolgimento delle attività organizzate fuori sede. 225 David Dey Qui il Moesano Chi siamo 226 La Skatepower Crew è una giovane associazione nata nel 2006 da un gruppo di amici che condividono le stesse passioni: skateboard, musica e divertimento in generale. Amici uniti dal principale obiettivo di trovare uno spazio adeguato per lo skateboard e per i giovani, dove poter organizzare eventi che nel Moesano sono ancora poco sviluppati, ma non per questo poco richesti. Serve quindi un incentivo allo sviluppo di essi. L’associazione vorrebbe infatti creare uno spazio multifunzionale, da poter sfruttare sia per lo skateboard che per altre attività, come ad esempio concerti, feste, manifestazioni, ecc. Cosa facciamo Per raggiungere il suo scopo e auto-finanziarsi, la Skatepower Crew organizza ogni anno diverse attività e manifestazioni. Con i propri mezzi e il proprio impegno, i membri dell’associazione hanno proposto ad esempio un piccolo Open Air nell’estate 2007. Da alcuni anni la Skatepower Crew partecipa al Carnevale Lingera di Roveredo con una delle tende più grandi e più belle (seconda miglior tendina del villaggio 2009 e 2010). Dal 2008 organizza annualmente uno skate contest (gara di skateboard) presso la Scuola secondaria di Roveredo. A partire dall’inverno 2009, la Skatepower Crew è diventata organizzatrice ufficiale del Mercatino di Natale a Roveredo. Lo scorso 1° maggio ha proposto una serata di concerti gratuita con quattro giovani band ticinesi alla palestra dello Judo Club Moesa. Evento rivelatosi un successo che verrà sicuramente riproposto in futuro. Inoltre, durante tutta la stagione, l’associazione offre una serie di attività collaterali, come ad esempio i LAN-Party (appuntamento dedicato ai videogiochi multi-giocatore, con una rete di computer collegati tra loro) oppure le epiche sfide di Paintball (gioco che ha lo scopo di eliminare l’avversario colpendolo con palline di vernice colorata biodegradabile, sparate da strumenti ad aria compressa) svolte presso la San Bernardino Paintball. In questi anni, la Skatepower, oltre all’organizzazione di attività e manifestazioni, ha anche cercato di concretizzare il suo obiettivo, investendo i risparmi per il finanziamento e la costruzione di strutture necessarie alla pratica dello skateboard. Strutture che non hanno ancora trovato un luogo definitivo dove poter essere utilizzate, e che vengono così sfruttate unicamente durante le gare proposte dall’associazione. Il resto dell’anno le strutture purtroppo rimangono chiuse in un magazzino. Obiettivi per il futuro In vista della prossima costruzione del Centro Regionale Sportivo, progetto d’importanza locale, la Skatepower Crew si sta muovendo concretamente. L’associazione è già in contatto con le autorità competenti per la concessione di uno spazio multifunzionale pensato e concepito per la disposizione d’infrastrutture dedicate alla pratica dello skateboard e allo svolgimento di altri eventi. Un’area di questo tipo, secondo il Comitato dell’associazione, avrebbe sicuramente buone potenzialità e potrebbe essere sfruttata sull’arco di tutto l’anno anche per le attività delle tante altre associazioni presenti nella nostra Valle Mesolcina. Nel caso la collaborazione e i progetti proposti non dovessero avere successo e lo spazio polivalente non prendesse vita, la Skate Lo staff al “volo”… Lo Skate Power contest ai Mondan a Roveredo Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano «Skatepower Crew: Only For You!» 227 Paolo Ciocco Qui il Moesano Quando ci siamo trovati per festeggiare la consegna del Guinness dei Primati alle Voci del Grigioni Italiano quale trasmissione radiofonica più longeva del mondo molte idee mi sono passate per la mente. E ora che ho pure festeggiato i venticinque anni di permanenza alla Radiotelevisione svizzera di lingua italiana. 228 Lo staff al completo power Crew continuerà comunque ad impegnarsi per raggiungere i suoi obiettivi. Primo tra questi, uno spazio asfaltato, dove poter installare finalmente le sue strutture per lo skateboard e poterne aggiungere di nuove, creando così uno spazio sicuro con strutture su misura. Si darebbe così la possibilità anche a tutti i giovani mesolcinesi appassionati di questo sport di nicchia di crescere, migliorare e avere una chance di raggiungere livelli professionali, come avviene con molti altri sport. Info e contatti All’indirizzo internet ‹www.skatepower.ch› si possono trovare maggiori informazioni sull’associazione: il suo comitato, i relativi membri, le varie attività, i sostenitori e molto altro. Chi fosse interessato a sostenere il gruppo ha la possibilità di tesserarsi acquistando la member card (dal costo annuo di fr. 20.–), con la quale si ha diritto a diverse agevolazioni. Sono ovviamente benvenute donazioni spontanee (CCP 65-145770-9). La Skatepower Crew vi aspetta numerosi alle prossime attività e manifestazioni proposte, per conoscervi di persona e sperando di soddisfare la vostra voglia di divertimento e di passare del tempo in compagnia. Contatti Skatepower Crew c/o David Dey Via Cadrobi 6 6534 San Vittore Sito: ‹www.skatepower.ch› Email: ‹[email protected]› Tel: David 076 568 18 56 Mattia 079 757 73 51 CCP: 65-145770-9 Moltissime sono le sensazioni che provo ad essere cronista delle valli retiche dei Grigioni. Non mi sembra infatti neppure vero di continuare a svolgere questa professione intrapresa un po’ per caso. Fu infatti grazie alle insistenze di un amico, Alfonso Tuor, con l’allora capo dell’informazione radiofonica Gian Piero Pedrazzi, che intrapresi questa professione. L’allora responsabile della testata, Fausto Tognola, si era improvvisamente ammalato e occorreva qualcuno che lo sostituisse. L’anno precedente infatti avevo terminato la mia formazione in docente di Scuola Secondaria all’Università di Friburgo e mai avrei pensato di intraprendere la carriera giornalistica. Infatti, avevo deciso di cominciare una formazione di bibliotecario e prima - in estate-, viste le mie carenze in lingua tedesca mi ero recato a Zurigo per seguire alcuni corsi intensivi in questa lingua. Tornato a casa mi recavo di quando in quando alla Radio per redigere alcune notizie e seguire le registrazioni di questa rubrica, che fin da bambino seguivo con interesse. Figlio di emigranti infatti in questa trasmissione vedevo riferire di avvenimenti piccoli e grandi legati al mio cantone di origine. Erano diverse le interviste che mi ricordavo ascoltate il sabato sera e una su tutte quella all’alpigiano che spiegava come l’amaro di certi tipi di formaggio era dovuto alle erbe e ai fiori mangiati dalle mucche durante la pastura oppure mi tornavano alla mente i collegamenti con i vari corrispondenti informatori dalle singole località, che riferivano con dovizia di particolari quanto era capitato nei sette giorni precedenti. Fu così che la settimana dopo aver partecipato all’esame di ammissione al corso di bibliotecario mi recai a Grono per un’intervista a un grande poeta, il milanese Franco Loi invitato dalla Sezione Moesana della Pro Grigioni Italiano, prima di intraprendere con Alfonso la trasferta nelle valli grigioni italiane per le interviste dibattito per le elezioni di Circolo di quell’anno. Fu con mia grande sorpresa che riascoltai le risposte al poeta poste da questo giornalista debuttante, che sicuramente avrà tenuto il microfono con mano tremante. Altra difficoltà i tagli obliqui nei nastri magnetici uniti poi con i piccoli pezzi di carta gommata durante il montaggio delle interviste, attività che era svolta con perizia dai tecnici, che ti insegnavano tutti i trucchi per fare in modo che il tuo interlocutore parlasse nel miglior modo possibile così da farli sembrare un libro stampato anche gli Paolo Ciocco, da 25 anni redattore alle “Voci del Grigioni italiano” Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Guinness dei Primati per le «Voci del Grigioni Italiano» 229 ll direttore della Radio svizzera di lingua italiana, Jacky Marti, con l‘ambito riconoscimento del Guinness dei Primati a Roveredo interlocutori più impacciati. Quelle trasferte per le interviste elettorali fu il primo di molti viaggi nelle valli grigioni italiane per conoscere persone di varie estrazioni sociali e nelle più svariate occasioni. Allegre, festose, tristi, legate ad avvenimenti che hanno fatto la storia o la microstoria di questa comunità caratterizzata da un forte attaccamento alle proprie origini valligiane difficili da estirpare per coloro che vi abitano, mentre per chi è lontano prima di tutto vale l’appartenenza al Grigioni Italiano o ai Grigioni prima di essere bregagliotto, calanchino, mesolcinese o valposchiavino. Una trasmissione per la quale la popolazione ha sempre dimostrato odio e amore. Infatti, quante volte ti raccontavano a microfoni spenti delle storie, che, se registrate, avrebbero tenuto attaccato alla Radio diversi ascoltatori; ma che poi chiedendo loro di raccontartela a microfono acceso o per ritrosia o per paura rinunciavano a raccontarla ad un pubblico più ampio. Così che ti pentivi di non aver acceso il microfono in precedenza e di aver poi chiesto all’interlocutore di darti il permesso di trasmettere quanto registrato… La sera in cui si sono festeggiati nella Palestra delle scuole elementari di Roveredo i settant’anni delle Voci del Grigioni Italiano (sessantotto riconosciuti dal Guinness dei Primati perché all’inizio la trasmissione si intitolava Il quarto d’ora del Grigioni Italiano) sono state ricongiunte idealmente nell’etere le quattro valli. Infatti in collegamento con Roveredo c’erano delle postazioni esterne del Centro culturale e ricreativo Cascata di Augio, per la Calanca; con il Centro Punto Bregaglia di Vicosoprano e con la Casa Torre di Poschiavo. Una gioia quella di portare a casa svariate voci in questi venticinque anni di attività radiofonica che hanno costituito la mia attività professionale. Un’attività svolta fino ad oggi con molta passione e che mi ha dato moltissimo, ma prima di tutto mi ha permesso di conoscere un’infinità di persone e che ogni qual volta alzo la cornetta del telefono per chiedere un’intervista raramente mi viene detto di no. Una tenacia che anche in redazione mi è riconosciuta. Sono stato infatti soprannominato il mastino; infatti, fino a quando non riesco a intervistare una persona non demordo. Marco Petrelli, già responsabile delle “Voci del Grigioni Italiano” e da questo settembre corrispondente da Coira per la Radio svizzera di lingua italiana Due corrispondenti che hanno costituito la storia della trasmissione, Gustavo Lardi dalla Valposchiavo e Piergiorgio Evangelisti dalla Provincia di Sondrio Con il presidente centrale della Pro Grigioni Italiano, Sacha Zala, parte dei responsabili che in questi anni hanno dato vita alle “Voci del Grigioni Italiano” Diversi poi anche i supporti su cui sono state realizzate le interviste da parte mia, con il nastro magnetico e oggi con i piccoli marchingegni che effettuano registrazioni digitali; mentre i collaboratori delle valli ti inviano le interviste su una pista sola o ti inviano le cassette, che dovevano essere ricopiate e poi riversate per fare in modo che potessero essere ascoltate alla Radio. Oppure i collaboratori che ti inviano i loro testi che dovevano essere letti dai lettori su carte veline, visto che non c’erano le fotocopiatrici. Sembra un passato remoto, ma sono poco più di vent’anni. Collaboratori che per le Voci del Grigioni Italiano hanno dimostrato una lunga fedeltà così come testimonia la loro presenza alla festa di Roveredo alla quale non si può che dire un grosso grazie. Se questa trasmissione è durata così a lungo è anche merito loro, oltre alla lungimiranza di chi settant’anni orsono decise di fare in modo che anche le valli italofone dei Grigioni avessero una pari dignità di rappresentanza nell’etere. Etere che oggi è ancora più ampio di un tempo, grazie ad internet infatti oggi la Radio vive una doppia vita. Non c’è più bisogno di aspettare l’ora canonica per ascoltare una trasmissione. Grazie alla rete delle reti è infatti sempre possibile scaricare le proprie trasmissioni preferite anche nei momenti più impensati e in ogni parte della terra. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 230 Una voce storica delle “Voci del Grigioni italiano”, Fausto Tongola, a colloquio con Giorgio Fieschi 231 Storyboard: Astronave; la promozione di un sistema di raccolta di energia solare, 2010 232 Fumetto, animazione e video: l’evoluzione di una sognatrice Mileva Albertini «Non sarà facile, non te lo consiglio.» Ecco cosa mi ha detto il collocatore professionale nel lontano 1999, dopo avergli esposto il mio desiderio di diventare fumettista. Certamente aveva ragione, quella del fumettista non è una vita semplice. Ad ogni modo, non ho seguito il consiglio e ho proseguito per la mia strada. Nel 2004 mi diplomo alla Scuola del Fumetto di Milano, dopo tre anni di studio tra sceneggiatura, disegno anatomico, tecniche pittoriche e quant’altro. I miei modelli d’ispirazione sono Egon Schiele, Teddy Kristiansen, Mike Mignola, Sergio Toppi e Alessandro Barbucci. Nel 2006 vengo scelta dalla sezione della Promozione della cultura dei Grigioni per uno scambio culturale a Canberra, in Australia. Durante la mia permanenza ho la possibilità di lavorare ad un mio fumetto che tratta la tematica scomoda del suicidio, avvolgendolo però da uno strato di leggenda e mistero. Vengo accolta a braccia aperte da David Williams, il direttore dell’Australian National University, che mi offre alloggio presso una delle loro residenze per gli artisti in visita, e uno studio dove passo gran parte del tempo, lavorando al mio progetto con amore e dedizione. L’ambasciatore Christian Mühlethaler contribuisce nel farmi sentire a casa, organizzado il pranzo ufficiale di benvenuto, in seguito una cena più informale e occupandosi anche del rinfresco a seguito della presentazione del mio lavoro, dove partecipano non solo persone interessate all’artefatto, ma anche rappresentanti della facoltà di psicologia. Un’esperienza che segnerà la mia vita per sempre. Ho avuto la fortuna di incontrare persone meravigliose come la fotografa Denise Ferris e l’elvetica designer del vetro Lucette Aubort, che mi hanno permes- “House on the cliff”, 2010. Un disegno che raccoglie dei pensieri vissuti sul momento con contaminazioni inconsce creativi. Al ritorno nel mio caro e amato Canton Grigioni, parallelamente al carosello lavorativo nei vari settori che la zona ha saputo offrirmi, partecipo per la seconda volta ad una mostra organizzata dall’Associazione Pro Grigioni Italiano, chiamata Arte in viag gio, dove con altri giovani artisti mesolcinesi ho avuto la possibilità di esporre delle illustrazioni. La presenza della Pgi mi ha rassicurato più volte nel corso degli ultimi anni, quindi approfitto per porgere i miei ringraziamenti. Ma la mia vita non è fatta solo di disegno, computer e studio, uno dei miei amori, infatti, è lo snowboard. Lo sport che favorisco per eccellenza. Ho insegnato a piccoli e a non, per qualche anno presso la Scuola Svizzera di Sci di San Bernardino e lo Sci Club di Lostallo, ma per questioni di accavallamento degli impegni, ho dovuto mettere in pausa questo hobby. Attualmente sto per completare l’ultimo anno accademico presso la SUPSI di Lugano, con un indirizzo in Comunicazione Visiva. Spendo due minuti per spezzare una lancia a favore di questa professione, il comunica tore visivo, spiegando in che cosa consiste. Non siamo grafici, non siamo registi, non siamo illustratori, non siamo fotografi, non siamo tecnici del suono e non siamo web designer… Noi siamo un cocktail di tutto questo. In tre anni impariamo a diventare multitasking, ovvero capaci di gestire più cose nel contempo. Siamo in grado di mandare un rendering di un documentario appena realizzato e montato, e nel contempo, terminare di impaginare un manuale sull’autostima. Approfittare di quei sei lunghi minuti che un programma di animazione 3D impiega per renderizzare una manciata di secondi di animazione, per estrarre la matita e abbozzare la grafica di un sito web, oppure quella di un logo, oppure campionare un suono da manipolare in seguito con qualche altro software specifico per l’audio, oppure di selezionare tre delle centocinquantacinque foto scattate ad un fiore, sempre per il Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano so di avere visioni del mondo molto più estese e profonde. Dopo più di 24 ore di volo per tornare a casa e meno di 24 ore di permanenza in Svizzera, mi ritrovo nuovamente in viaggio, destinazione Milano. Nella grande capitale della moda italiana, passo il tempo lavorando in uno studio fotografico, come foto-ritoccatrice, ovvero cercando di rendere modelle, modelli, attrici e attori, impercettibilmente irreali e perfetti, come siamo abituati a vederli sulle riviste o sui manifesti, mentre la sera frequento dei corsi di grafica presso l’Istituto Europeo di Design; questo per tracciarmi nuovi orizzonti e non precludermi le strade, vista la complessità della vita di noi 233 zione con il Film Festival, per la giornata di formazione sull’imprenditorialità. Studiando, ho comunque sempre cercato di mantenermi attiva nel settore del lavoro. Infatti, al primo anno ho vinto un concorso interno dell’università, e da allora collaboro con il Film Festival di Locarno occupandomi degli aspetti legati all’estetica delle zone VIP (scelta dei quadri per le sale dove si svolgono le cene, il tipo di arrangiamenti floreali e le loro decorazioni, i mobili, la grafica dei menù, ecc.). Questo mi ha riempito di una gioia molto intensa, poiché nutro un profondo amore per la settima arte, e la possibilità di vedere cosa c’è nel dietro le quinte di un Festival di questo calibro, credetemi, per un’amante del cinema ha il suo spessore. Non è sempre stato facile riuscire a coordinare le varie attività extra-universitarie, tra cui un corso di recitazione, ma questo mi ha permesso di migliorare le capacità organizzative. Ho vinto anche altri concorsi, uno d’illustrazione per la Migros, l’ultimo è stato venture ideas, organizzato da USI, SUPSI e Centro Promozione Start-up nell’ambito del programma federale Venturelab in collabora- Per maggiori informazioni, si segnalano i siti: Rimanendo in valle, tra un libro e l’altro, ho ritagliato uno spazio per il Carnevale Linge ra di Roveredo. Tra le varie cose, ho svolto il restyling del logo. Quel «non sarà facile» riecheggia tuttora nella mia testa… ma forse è appunto lì il bello, è quella la sfida con la vita. Allora, perché non capovolgere la cosa? Perché non farla diventare divertente? Chi lo dice che debba per forza essere semplice per tutti? Si sa che le partite più interessanti, spesso arrivano solo dopo molte fasi e molta pazienza. Quindi, non resta che giocare… ‹http://twitter.com/xleaalx› ‹http://www.flickr.com/photos/leaal› “Discussione in classe”, 2010. A volte capita che quando qualcuno divaga tra concetti e spiegazioni marginali, qualcun altro si perda in spazi lontani. Una parte di sé rimane vigile su quanto succede attorno, ma il resto è stato rapito dal canto delle sirene… Alpeggi del Moesano sotto la lente di alpFUTUR Lino Succetti Le mucche sugli alpeggi e la salvaguardia dei pascoli alpini sono al centro del programma di ricerca alpFUTUR che si pone l’obiettivo di indicare le prospettive per il futuro utilizzo delle aree di estivazione, che corrispondono a circa 500 mila ettari di terreno, pari a un ottavo della superficie totale della Svizzera. Lo studio, presentato nella sala comunale di San Vittore durante l’assemblea della Società agricola del Moesano dall’ingegnere agronomo Annj Harder Furger e dalla dottoressa Irmi Seidl, rappresentanti dell’Istituto federale di ricerca per la foresta, la neve e il paesaggio, ha la funzione di raccogliere dati in diciotto regioni svizzere in merito ai progetti di sviluppo da mettere in atto nelle zone alpestri. Esso vuole fungere da base per l’elaborazione di strategie politiche e amministrative, nonché riferire sui possibili sviluppi ecologici, economici e sociali del territorio alpino, allo scopo di fornire i dati su cui basare le politiche future. Uno studio di questo tipo, hanno precisato le due relatrici, richiede la collaborazione di vari enti direttamente interessati alla gestione degli alpi. Ricercatori ed esperti analizzano e interpretano poi i dati raccolti e le tendenze, per individuare le sfide per i prossimi 30-40 anni. Il progetto di ricerca collaborativa alpFU TUR è finanziato dall’Ufficio federale dell’agricoltura UFAG, dall’Ufficio federale dell’ambiente UFAM e da enti privati. Le regioni scelte per eseguire gli studi rappresentano la varietà naturale della regione d’estivazione (Giura, nord delle Alpi, Alpi Presentazione del progetto alpFUTUR nella sala comunale di San Vittore centrali e sud delle Alpi) così come le tradizioni e le strutture socioeconomiche (alpi privati, cooperative, aziende alpestri piccole o più grandi). Questi progetti dovrebbero permettere delle sinergie con altri programmi come Mountland (nell’ambito del Politecnico federale di Zurigo) ed Agrimontana (Agroscope). Nella primavera 2009 il progetto è già stato avviato in sei regioni della Svizzera per un totale di diciannove studi che dovrebbero concludersi entro il 2013. Per il sud delle Alpi è stato preso in considerazione il distretto Moesa con la raccolta dei dati (analisi della redditività, cooperazione tra i vari enti, importanza delle zone di estivazione rispetto alla natura e al paesaggio rurale, ecc.). Per il Canton Grigioni pure la regione dell’Engadina bassa è interessata al progetto. In Mesolcina i tenutari degli alpi che partecipano al progetto sono contattati direttamente dai responsabili del progetto alpFUTUR in collaborazione con la Società agricola del Moesano. Maggiori informazioni e aggiornamenti sul progetto alpFUTUR si trovano sul sito internet della Società agricola del Moesano ‹www.agrimoesa.ch› e ‹www.alpfutur.ch›. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Qui il Moesano 234 manuale sull’autostima citato prima. Il nostro kit per la sopravvivenza è composto da computer, carta e penna, mouse o tavoletta grafica, videocamera, macchina fotografica, pennetta usb, una pastiglia contro il mal di testa (per quando pensiamo troppo) e tanta fantasia. 235 Progetto di arginatura del riale di San Giorgio a Lostallo 236 Durante l’alluvione dell’agosto del 1978, il riale di San Giorgio portò a valle una grande quantità di acqua e di detriti. A causa del deposito di questo materiale, il letto del torrente tra il bacino di ritenzione (zona grotti) e la zona superiore (cascata) si è considerevolmente alzato. Subito dopo questo eccezionale evento, in collaborazione con l’esercito (truppe del genio civile) è stato deciso di costruire un terrapieno all’interno dell’alveo per proteggere l’abitato. Il terrapieno è stato costruito da valle verso monte. Per motivi di tempo, però, il terrapieno nella sua parte superiore non ha potuto essere ultimato. L’obiettivo principale del progetto di arginatura è stato quello di innalzare l’argine esistente nella sua parte superiore e costruire al più presto la sua parte mancante, completando così i lavori iniziati dall’esercito nel lontano 1978 e mettere definitivamente in sicurezza il paese in caso di nuova alluvione. Su una lunghezza di circa 70 metri il terrapieno esistente è stato innalzato fino a 3,80 metri. Per i restanti 35 metri verso monte, il terrapieno è stato completamente prolungato con altezze totali tra i 6,5 metri e i 7,15 metri. Il volume totale necessario per questi lavori si è aggirato attorno ai 5’000 m3 di materiale compatto che è stato scavato in zona e trasportato con veicoli idonei al transito nell’alveo del torrente. Qui il Moesano Qui il Moesano Patrick Mottis Riale di San Giorgio. A destra in alto l’omonima cascata, a sinistra il bacino di ritenzione (zona grotti). Al centro la zona dove l’argine è stato costruito dopo l’alluvione del 1978. In alto, la zona dove l’arginatura risulta essere o troppo bassa o mancante Sezione zona a monte, lavori di scavo e di innalzamento del terrapieno Sezione zona a monte, a lavori di terrapieno conclusi La scarpata verso la chiesa è infine stata ricoperta con materiale organico, proveniente dalla zona del bacino in zona grotti e seminato. La parte più bassa della scarpata all’interno dell’alveo del torrente è inoltre stata rinforzata e protetta da erosione con dei trovanti recuperati dallo scavo. Oggi, a seguito dell’innalzamento-prolungamento dell’argine in zona della chiesa di San Giorgio, la parte di paese sottostante risulta essere messa in sicurezza da cadute di sassi e colate di fango. I lavori sono stati seguiti e sussidiati dall’Ufficio tecnico dei Grigioni, nella persona dell’ingegnere A. Bischoff. I costi complessivi per l’opera di arginatura sono ammontati a circa fr. 74’000.–, fr. 11’000.– al di sotto del preventivo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 237 è tenuta la conferenza Come nasce un libro durante la quale autori, grafico, editore e librai hanno potuto affrontare dal loro punto di vista le tematiche inerenti la nascita, la distribuzione e la vendita del libro! La conferenza in pratica era imperniata sulla nascita di un particolare libro e a questo proposito gli autori Carlito Ferrari e Natasha Russo insieme al grafico Lulo Tognola (arguto e piccante come al solito) hanno spiegato agli Qui il Moesano Giuseppe Russomanno 238 Il 23 aprile ricorre la giornata mondiale del libro istituita dall’UNESCO nel 1995. L’idea venne lanciata da Jordi Pujol, Presidente della Catalogna, e prontamente accettata dagli altri Stati. Fu proprio in Spagna e precisamente a Barcellona che nel 1926 fu istituita la ricorrenza su proposta dello scrittore Vi cent Clavel Andrés. Il 23 aprile erano anche morti tre scrittori famosi: Cervantes, Shakespeare e Garcilaso de la Vega avvenuta nello stesso anno 1616. Sempre in tale giorno in Spagna si festeggia San Giorgio, patrono della Catalogna. La festa è dedicata agli innamorati che hanno la buona abitudine di regalarsi un libro. Tutte le librerie per l’occasione espongono i loro libri all’esterno e a chiunque compra un libro viene regalato un fiore. Anche gli scrittori passeggiando per le famose ramblas di Barcellona, ne approfittano per firmare i loro libri. Da noi, nel Moesano, da tre anni, a cura della Biblioteca SEC/SAP di Roveredo, della Mediateca e delle librerie Russomanno di Roveredo e Grono e da quest’anno del Centro Culturale di Soazza, si festeggia la ricorrenza invitando lettori occasionali e non a leggere nelle varie classi di tutte le scuole delle due valli! Il 23 aprile una cinquantina di volontari si è presentata puntualmente, ar- Interno libreria Errebi, Roveredo mata di libri e di buone intenzioni, davanti alle porte delle aule loro assegnate! Inutile dire che la cosa ha impressionato positivamente insegnanti e alunni che hanno potuto così approfittare delle esperienze e dei vissuti dei narratori che con le loro storie li hanno trasportati in mondi lontani e appassionanti! Non sono mancati nemmeno gli appuntamenti letterari dedicati agli adulti, infatti nella Mediateca di Roveredo e nella biblioteca di Soazza è stata organizzata l’ora del tè durante la quale si poteva anche ascoltare qualche buon racconto! Dulcis in fundo alle 20.15 nella sala del Centro Culturale di Soazza, alla presenza di un centinaio di persone si attenti spettatori le difficoltà che si incontrano quando si decide di scrivere un libro. Massimo Gabuzzi in rappresentanza dell’editore Salvioni e il sottoscritto in rappresentanza dei librai hanno poi raccontato come è difficile stampare e soprattutto vendere un libro. L’applauso spontaneo e cordiale che ha chiuso la conferenza è senz’altro da indirizzare non soltanto agli organizzatori ma soprattutto ai lettori che hanno messo da parte lavoro e famiglia per portare una ventata di novità nelle nostre scuole a dimostrazione del fatto che anche i non addetti ai lavori hanno qualcosa da dire e che sono disposti a dirla se gliene viene data la possibilità. Un grazie di cuore a queste persone e agli insegnanti che li hanno accolti con affabilità e fiducia. L’interesse mostrato per la lettura e la voglia di trasmetterlo anche ad altri attraverso il canale della scuola ha senz’altro fatto capire agli insegnanti che non sono soli nella loro opera educativa e ai lettori, vista l’ottima accoglienza, che gli insegnanti sono molto aperti alle cose buone che arrivano dalla società perché tutti lavorano per lo stesso scopo: la crescita spirituale dei nostri ragazzi che saranno il motore del nostro Paese. Il 2010 assume una particolare valenza in quanto l’Unesco lo ha designato quale anno internazionale del riavvicinamento delle culture e quale mezzo migliore del libro per farlo? Gli organizzatori della manifestazione sono veramente felici di essere riusciti ad estendere la cosa in tutte e due le valli del Moesano e anche se negli ultimi anni i concorrenti del libro sono aumentati, il successo riscontrato in questa terza edizione fa ben sperare nella buona tenuta della carta stampata! Grazie ai nostri amici lettori e arrivederci alla quarta edizione. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Una giornata veramente speciale 239 Il postiglione del San Bernardino e «la Parigina» un’insolita storia di famiglia 240 Nel 1904, le sorelle Madeleine e Jeanne Tardieux, con un’accompagnatrice, giungono in Mesolcina da Parigi, dirette a San Bernardino-Villaggio per trascorrervi le vacanze. Una meta insolita per due giovani parigine, ma vi è un motivo ben preciso: la diciassettenne Madeleine, in particolare, desidera conoscere i parenti della nonna, il cui capofamiglia, originario di Mesocco, esercitava il mestiere di pittore e dopo anni di emigrazione stagionale si era stabilito a Parigi. A Mesocco le tre viaggiatrici si trasferiscono sulla diligenza condotta da Domenico Fulgenzio Ponzio, detto Genzin, cui compete il tratto fino a Splügen. In occasione dei successivi spostamenti per incontrare i parenti Anotta, Nigris e Seghezzi, Madeleine scatta una fotografia a Pian San Giacomo. Essa ritrae la diligenza con il postiglione a cassetta e, all’interno, la sorella Jeanne, davanti alla locanda con Deposito postale. Dopo questo primo viaggio in Mesolcina trascorrono parecchi anni. Madeleine si sposa ma già nel 1914, primo anno della Grande Guerra, perde il marito. Passati altri cinque anni, ritorna in vacanza a San BernardinoVillaggio, dove chiede del Genzin, «che ballava così bene». La informano che proprio l’anno prima ha perso la moglie Antonietta, vittima della pandemia di grippe, la cosiddetta influenza spagnola, che nel XX secolo causò la maggiore catastrofe demografica della Svizzera. La situazione dell’ex postiglione, che è diventato postino a Roveredo e si occupa di tre figli in tenera età (Walter, Arnoldo e Werner), è triste. Madeleine riallaccia il contatto, che si rivela provvidenziale: ambedue vedovi, decidono di sposarsi, ciò che avviene nel 1920. Da questa unione nascono altri tre figli: Piero, Antoinette e Franco. Il tenore di vita della famiglia di otto persone Pian San Giacomo: la locanda con la fermata della diligenza nel 1904 non può essere che modesto e richiede perciò grande parsimonia, sfruttando la produzione dell’orto come pure della vigna, che consente una piccola entrata con la vendita di vino, e con l’allevamento di una ventina di capre. Un sostegno, anche morale, è costituito dal fatto che nel periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale i genitori di Madeleine si trasferiscono definitivamente a Roveredo. Ne approfittano i nipotini che, frequentandoli, imparano il francese. In estate, le capre vengono affidate allo zio Fernando sull’Alpe di Cadino, dove Franco si occupa della mungitura, come già al piano. Per le vacanze, la famiglia affitta una cascina in Calanca, sui Monti di Giova, o sul Monte Laura, che raggiungono dopo circa tre ore, seguendo il sentiero (la costruzione della strada sarà iniziata solo nel 1936). Qui, nel 1932, Antoinette, così richiesta dal pittore Guido Tallone – che affresca la chiesetta di San Domenico costruita dal 1921 al 1922 su progetto del fratello Enea – posa per il volto di un angioletto. Genzin ha cura di assicurare un impiego ai figli: Walter, elettricista, Arnoldo, fabbro ferraio, Werner, postino, mentre Piero diventa collaboratore di Radio Suisse a Madeleine Ponzio-Tardieux, ”la Parigina” (1887-1978) Domenico Fulgenzio Ponzio, postiglione (1881-1959) Qui il Moesano Qui il Moesano Giacomo Pellandini 241 Berna. Genzin, che rimane un appassionato di montagna e fa parte dell’UTOE (Unione Ticinese Operai Escursionisti), muore il 4 giugno 1959. La moglie Madeleine, che si è ben adattata alla vita di paese, vive fino al 1978. Il ricordo di Madeleine è ancora vivo nella mente degli anziani di Roveredo: era una signora distinta, grazie anche alla sua pronuncia francese, e si faceva notare per la sua finezza ed eleganza. In paese la chiamavano la Madame. Nel corso degli anni si spengono quattro figli (Werner, Walter, Arnoldo e Piero). Ancora oggi Werner, che aveva seguito le orme paterne quale postino, è ricordato a Roveredo per il suo servizio zelante e puntuale. Era particolarmente benvenuto nelle case quando portava l’AVS. Non di rado, secondo la consuetudine paesana, veniva gratificato con un grappino. Dei due figli rimanenti, Antoinette (classe 1925), conosce a Lugano, dov’è occupata quale telefonista, Josef Weiss, che sposa nel 1951 a Roveredo. Dopo un periodo a Root, nel Canton Lucerna, gli sposi si trasferiscono a San Gallo. Qui il marito è nominato caposettore presso la Suva; da quan- do è pensionato si occupa dell’assistenza a persone anziane e del suo hobby preferito: la cura del giardino. Antoinette conduce una vita piuttosto ritirata, a causa della delicata salute, rallegrandosi delle visite dei figli e dei tre nipotini. Suo fratello Franco (classe 1930), dopo l’apprendistato alle Officine federali a Bellinzona, lavora presso la Georg Fischer a Sciaffusa. Assolve la scuola reclute quale armaiolo a Worblaufen nel Canton Berna e prosegue la carriera militare in qualità di istruttore federale degli armaioli, raggiungendo il grado di aiutante sottufficiale. Ora, a Münchenbuchsee, si gode la pensione con la moglie Stefania nata Pini (padre di Airolo, madre di Arogno), mentre a causa delle distanze i contatti con i tre figli e i sette nipotini non sono molto frequenti. Ritornano però volentieri in valle, cogliendo l’occasione per approvvigionarsi di prodotti locali. Sia Antoinette che Franco ricordano con nostalgia gli anni della loro fanciullezza, quan‑ do Roveredo era un quieto villaggio agreste e la loro lingua - con la mamma e i nonni materni - era il francese: un tempo ormai lontano, ma sempre presente nella loro memoria. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 La squadra maschile U12 si è aggiudicata senza fatica il girone preliminare battendo sempre per 2-0 le squadre di Luvinate, Lugano 1, Lugano 3 e Moesa 2. Nella finale il Moesa 1 si è imposto contro la forte compagine del Giubiasco in una partita comunque più equilibrata per 25-21 e 25-17. Ottima prestazione dei quattro che, per l’ultima volta, si sono trovati a giocare con la formazione base. L’anno prossimo due giocatori militeranno nella U14, dove incontreranno compagini molto più agguerrite. L’altra squadra di valle in competizione nella stessa categoria, pur vincendo una partita, si è classificata al nono rango, mentre la squadra dell’U14 è giunta quinta. Qui il Moesano Patrick Mottis, presidente Moesa Volley 242 Brillante stagione sportiva 2010 per il Moe sa Volley, ad iniziare dalla squadra delle ragazze di Terza Lega. Battendo il PV Volley Lugano, venerdì 7 maggio in casa, le brave giocatrici, allenate da Domenico Grillo e da Salvatore Giampà, si sono assicurate il definitivo primo posto in classifica a quota 26 punti su 14 partite giocate, distanziando di quattro lunghezze la squadra del Sottoceneri, rimasta ferma a 22 punti. Il primo posto in classifica ha così assicurato alla squadra moesana la meritata qualificazione diretta in Seconda Lega! La seconda grande prestazione ha visto sempre la Terza lega femminile imporsi in una partita entusiasmante per la Coppa Ticino contro la squadra della SFG Locarno che milita da anni in Seconda lega e che ha chiuso il campionato a metà classifica. Dopo un inizio titubante e timoroso, le ragazze del Moesa si sono trovate in svantaggio, perdendo il primo set. Dal secondo set, le pallavoliste hanno invece iniziato a macinare punti su punti. Si sono così nettamente imposte nei seguenti 3 set successivi per 25-20, 25-11 e 25-23 per la grande soddisfazione degli allenatori. Ottima prestazione, dunque, che ha portato la squadra mesolcinese alla semifinale della Coppa Ticino, purtroppo persa per 3 set a 2 contro il fortissimo SG Lugano, terzo classificato nel campionato di Seconda lega. Ottimi risultati di stagione anche per i più piccoli. Domenica 28 marzo a Lugano si sono infatti svolte le finali di pallavolo per la categoria Under 12 tra le quattro migliori squadre ticinesi. La squadra U12 del Moesa La squadra Terza Lega femminile, con allenatori e comitato, il giorno della promozione Volley (allenata da Michela Costa e Patrick Mottis) ha vinto un po’ a sorpresa (alla sua prima partecipazione ai Campionati ticinesi) tutte e tre le partite delle finali, aggiudicandosi meritatamente il titolo di Campioni ticinesi! I quattro bravi giovani (una ragazza e tre ragazzi: Joy Berta, Fabrizio Mottis, Nicolò Barbieri e Nathan Bagnovini), approdati alle finali dopo una qualificazione sudata sui campi nei precedenti weekend, hanno battuto il Bedigliora-Novaggio, il Camorino e il Locarno in finale, sempre col chiaro punteggio di 2-0. Netto anche il risultato della finale: i moesani hanno vinto il primo set per 25-18 e il secondo con un secco 25-3. Il titolo di Campione ticinese ha così dato accesso diretto alle Finali svizzere, che si sono tenute l’8-9 maggio a Bienne. I bravissimi ragazzi si sono imposti nei gironi preliminari andando infine a cogliere uno splendido sesto posto di classifica finale! Da ultimo, questi giovanissimi, domenica 6 giugno hanno vinto a Lugano pure l’ultimo torneo Minivolley Cup U12 e U14 indoor della stagione, alla quale hanno preso parte anche tre altre compagini del Moesa Volley. È da segnalare infine anche il buon successo per la U16 (allenata da Domenico Grillo e Cinzia Ghidossi) che nel gennaio scorso ha vinto entrambe le partite giocate per il regolare campionato ticinese presso la SPAI di Locarno contro il Locarno e il Lugano, issandosi così a metà classifica. Dopo un inizio di stagione incentrata sugli allenamenti di tecnica e di tattica, piano piano si sono mostrati anche per loro i primi importanti frutti sportivi. I 4 giovani Campioni ticinesi (da sinistra: Joy Berta, Fabrizio Mottis, Nathan Bagnovini e Nicolò Barbieri) La U12 maschile vittoriosa al torneo Minivolley Cup 2010 a Lugano (maglietta rossa e bianca) e le altre compagini moesane Qui il Moesano Moesa Volley: promozione e risultati importanti una stagione da incorniciare! Questi ottimi risultati del 2010 (completati dalla squadra amatoriale mista di adulti che partecipa durante l’anno con buon successo ai tornei di volley e di beach volley dentro e fuori Cantone), vanno a coronare una stagione superlativa per la giovane e sana associazione sportiva, tra i quali risultati si cita infine il secondo posto in classifica finale di Campionato per la U21 allenata da Salvatore Giampà. Il comitato del Moesa Volley, che ad inizio stagione aveva prefissato due ambiziosi obiettivi (cioè la qualificazione ai Campiona ti Svizzeri per la neonata U21 e la promozione in 2a Lega per la seconda squadra) si vede così realizzare entrambi con grande soddisfazione di tutti! Un successo meritato per gli allenatori e per tutte le ragazze che con devozione e serietà si impegnano giornalmente, e per il comitato che segue e sostiene con passione il percorso di tutte le sezioni, comprese quelle minori, dalla U10 alla U16, interessanti bacini per garantire continuità futura alla giovane società. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 243 Qui il Moesano *** 244 Lo scorso marzo 2010, il Lotto Svizzero ha emesso la più grande estrazione della sua storia, mettendo in palio ben più di 35 milioni di franchi, andati in seguito ad un unico fortunatissimo vincitore…! L’ingente bottino ha acceso la fantasia e i sogni di molte persone. Ne abbiamo incontrate alcune nel Moesano e chiesto loro come avrebbero investito tale cifra astronomica… N.d.R. «Se dovessi vincere 35 milioni di franchi, porterei a termine i lavori di ristrutturazione del castello di Mesocco. Inoltre, al suo interno costruirei un Holiday Inn con piscina, per turisti in transito lungo la A13.» (Lorenza, Mesocco-Lumino, 33 anni) «Beh, penso che li spenderei il più presto possibile per non attaccarmi troppo e non diventarne troppo dipendente. Farei beneficenza… Haiti, Papua, Bolivia. Pagherei pure il debito della casa. Sosterrei la Pgi mesolcinese, il progetto piscina, e i promotori culturali, artistici, artigianali della Valle, fra cui i registi di teatro.» (Martino, Lostallo-Coira, 46 anni) «Sostanzialmente non vorrei che la mia vita cambiasse: continuerei probabilmente a vivere come ora... certo togliendomi qualche sfizio in più! Una parte della vincita andrebbe ai miei famigliari e a chi mi è caro e poi sosterrei alcune organizzazioni ambientaliste e umanitarie serie!» (Tessa, San Vittore, 37 anni) «Regalerei un milione a testa ai miei figli, acquisterei immobili e terreno in Riva (di proprietà di mia madre), acquisterei un comodo camper per girare i Balcani e l’Europa dell’Est, istituirei una fondazione, porterei il domicilio fiscale della fondazione in qualche paesino cui le imposte farebbero comodo, così facendo eviterei che i cinque municipali di Roveredo si fregassero le mani per le previste entrate…» (Stefan, Roveredo, 60 anni) «A parte costruirmi una casa e aiutare i miei ragazzi, io costruirei un teatro, dove sarei io il direttore artistico. In questo teatro dovrebbero recitare in prevalenza gli amatori e qualche volta i professionisti. Se sapessi che in paese ci fosse una famiglia bisognosa, l’aiuterei ma non farei beneficenza così come viene intesa oggi.» (Renata, Mesocco, 57 anni) Qui il Moesano Mini-indagine: «Cosa faresti, se vincessi 35 milioni di franchi al lotto?» «Comprerei la Bassa Mesolcina e la regalerei al Ticino…» (Lino, Roveredo, 56 anni) «Costruirei una bella casa per la famiglia, cambierei le due automobili, mi godrei un po’ di più la vita (vacanze, weekend, wellness, ecc.) e una buona parte del resto lo investirei senza rischi (tassi bassi, come obbligazioni ecc.). Comunque continuerei la mia vita professionale e famigliare come prima.» (Patrick, Lostallo, 41 anni) «Il denaro mi potrebbe andar bene in funzione del prossimo. In primis per i bambini che hanno fame, o stanno male o devono essere curati. Le molte richieste di associazioni che si adoperano per migliorare qualcosa in questo tormentato mondo, le richieste di chi, anche da noi, fa fatica ad arrivare a fine mese, ecc. Detto questo, è chiaro che vorrei dare – materialmente parlando – anche qualcosa a parenti e amici. Per me allestirei volentieri il mio sito internet, pubblicherei qualche libro (senza dover andare in ginocchio da nessuno). Chissà, magari mi andrebbe anche un giornale mio o da condividere con chi ha i miei stessi ideali e principi. Naturalmente non rinuncerei ad un viaggio in Grecia, alla ricerca dei miei amati filosofi antichi e del loro, più o meno ricostruibile, contesto di vita.» (Nicoletta, San Vittore) Schedina compilata del Lotto svizzero «Ben consapevole che non succederà mai, ma qualora si dovesse concretizzare, a mio avviso bisogna escogitare un modo produttivo e sano per aiutare chi ha bisogno, occuparsi finalmente di quello che ci piace e appassiona (ad esempio, per me il mondo dello spettacolo, in particolare il teatro, il ballo, il cinema e ovviamente un ingrediente che non può mancare con questi tre ingredienti: la musica), avere più tempo per se stessi, per la famiglia, gli amici, rimanendo però sempre umili. Coi soldi vinti, costruirei un edificio dove tutte le forme di spettacolo possano trovare un unico punto di incontro e le persone interessate possano accedere per apprendere e/o dare degli insegnamenti. Sono sicura che con questa cifra si riesca a reperire degli ottimi Maestri, e di fama internazionale. Insomma, una vera scuola di recitazione per cinema e teatro, e naturalmente anche per ogni genere di ballo. Il mio desiderio è quello che in questa Scuola Casa dello Spettacolo oltre agli insegnamenti di interpretazione, le persone trovino il sorriso, la serenità, il divertimento, la voglia di comunicare e soprattutto tanta, ma tan- ta umanità da poter donare agli spettatori.» (Carmela, Mesocco, 47 anni) «35 milioni sono troppi, difficili da immaginare… Comunque, se la fortuna mi baciasse, avrei già in mente qualche progetto. Innanzitutto, essendo studente, mi pagherei gli studi. Una certa somma la conserverei in vista dei viaggi che tanto sogno e una parte la donerei in beneficenza alle persone meno fortunate di me o a qualche Associazione umanitaria che si occupa della ricerca per combattere alcune malattie. Infine, non potrei mai dimenticare di aiutare i miei genitori…» (Veronica, Roveredo, 19 anni) «Con tutti quei soldi potrei realizzare tutti i miei desideri, anche quelli più pazzi, come costruire un villaggio turistico in Calanca con tante piccole casette ornate con gerani e con vista sulla natura più selvaggia. Nel centro costruirei il mio ristorante, dove poter mangiare e bere, conversare e ammirare il lento passare delle stagioni, accogliendo gente da ogni dove...» (Prisca, Cama, 38 anni) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 245 Qui il Moesano 246 «Per il lavoro, non smetterei ma ridurrei la percentuale, poi avere a disposizione dai 4 ai 6 mesi di tempo libero da poter impiegare come meglio credo. Sono diversi i sogni nel cassetto. Mi piacerebbe conoscere posti nuovi che non devono essere per forza a 2’000 km da qui. Poi un corso d’inglese all’estero, una casa nuova, e una sbragata con i soci… Anche vero che con 35 milioni sarei un egoista se li mettessi nel materasso, credo sarebbe un dovere morale dare una mano a chi ne ha bisogno (associazioni, fondazioni, ecc.)» (Athos, Soazza, 40 anni) «Prima di tutto spero che nessuno venga a sapere che sono io che ho vinto, poi credo che con 35 milioni di sicuro mi farei delle belle vacanze con la mia famiglia, e la beneficenza d’obbligo... Ci starebbe anche una fondazione. Distribuirei anche un milione ai miei fratelli e il resto… sotto il materasso. Niente di diverso da quello che farebbe tanta gente, temo. Continuerei a vivere a Soazza perché si vive bene, comprerei un cavallo a mia figlia e forse investirei qualcosa anche per la Mesolcina. Insomma, se vincessi io, il paese e la Mesolcina potrebbero cambiare un po’… però sarebbe difficile tenere l’anonimato.» (Maris, Soazza, 39 anni) «Mi compero un bel, ma proprio bell’attico nel centro di Londra ed assumo un maggiordomo. La mia vita? Dolce, anzi dolcissimo far niente... Bighellonare tutto il giorno per negozi, pub e centri wellness. A Roveredo ci ritornerei di tanto in tanto: il tempo necessa- Nicole Peduzzi Vacanza da sogno; Playa Marsella (Nicaragua) rio per bagnare i fiori e arieggiare la casa…» (Nadia, 47 anni, Roveredo) «Per prima cosa, confidando ancora nell’oramai tramontato segreto bancario, dovrò fare di tutto per nascondere la notizia della mia vincita. Agli occhi della gente non dovrò paventare nessuna gioia; dovrò sembrare il solito introverso e musone di prima. Eviterò assolutamente di cambiare l’ormai vetusta macchina, perché sarebbe il primo indizio di una vincita. Anche le vacanze in paesi tropicali sono da evitare assolutamente, in quanto rappresenterebbero un evidente sintomo di benessere economico. Oltre al problema degli amici cari, dovrò affrontare anche quello fiscale, in altre parole come sfuggire a quegli sciacalli che vorrebbero dimezzare la mia vincita? Un altro problema mi balena per la mente: come e dove investirò il denaro e a chi lo darò in consegna? Mi potrò mai fidare di qualcuno? La migliore soluzione: abbandonare tutto e partire per una meta lontana. Cosa importa estirpare le mie radici, abbandonare gli amici più cari, lasciare la mia dolce casa? Una tale somma può ben valere questo sacrificio…» (Eros, Roveredo, 53 anni) (San Carlo, 27 marzo 1928 – Buchs, 24 maggio 2009) Un anno e mezzo fa si spegneva Beni Cleto Albertini, personalità eclettica del Grigioni Italiano. Cittadino patrizio di Mesocco, ma nato a San Carlo in Val Poschiavo il 27 marzo 1928, fu il settimo ed ultimo figlio di Giovanni Albertini e Vittorina de Tognola. Crebbe a Buchs, nel canton San Gallo, dove il padre si trasferì per lavorare nell’amministrazione doganale. All’età di sedici anni, dopo il suo rientro da un soggiorno linguistico a Losanna, gli fu diagnosticata la tubercolosi. Era l’anno 1944 e la penicillina non era ancora disponibile in Svizzera. Beni fu allora mandato al Sanatorium di Davos, dove gli venne data una camera al piano inferiore, quello dove venivano curati i pazienti in fase terminale. Miracolosamente, Beni sopravvisse. Fu allora trasferito al piano superiore, dove, riacquistate le forze e grazie anche alle sue conoscenze linguistiche, cominciò a fare la conoscenza di pazienti italiani, francesi, britannici e indiani. Lasciò l’ospedale nel 1946 e, invece di iniziare il lavoro presso le ferrovie statali come avrebbe voluto il padre, decise di intraprendere gli studi in gestione alberghiera alla Hotelfachschule di Lucerna. Subito dopo aver conseguito il diploma, partì per la Svezia con un amico svedese, suo collega. Lavorò in un hotel a Vadstena e imparò pure lo svedese da una monaca del famoso monastero di Santa Brigida. Rientrato in Svizzera lavorò dapprima come giovane ricezionista al prestigioso Hôtel de la Paix a Ginevra (1952). In seguito, all’età di ventotto anni, diventò direttore alberghiero prendendo in mano le redini dell’Hotel Europe a Davos, da lui trasformato poi in lussuoso albergo. Durante le vacanze Beni amava esplorare l’Europa. Una volta, durante un viaggio verso la Grecia, restò per strada a Titogrado (oggi nuovamente chiamata Podgorica) in Montenegro. Destino volle che un’avvenente diciassettenne di nome Dida lo poté aiutare traducendo in tedesco le informazioni del meccanico. Dopo aver riparato l’automobile, Beni non proseguì più per la Grecia, ma si fermò a Budva in Montenegro. Sposò Dida nel 1960 e un anno dopo nacque la prima figlia Tamara Dorotea Victoria. Nel 1963 Beni iniziò la gestione dell’Hotel Plaza a Zurigo che lasciò però già nel 1966 per cimentarsi in una nuova impresa: l’introduzione del turismo in Tunisia. Un imprenditore tunisino di nome Mr. Sadok Mellouli l’aveva infatti convinto a tuffarsi in questa avventura. Con l’aiuto della moglie Dida e di un altro svizzero che aprì una scuola alberghiera, Beni fu pioniere in questo campo. In quegli anni la Tunisia era un paese che doveva importare tutto dalla Francia – dal materiale di costruzione alle macchine da Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano Beni Cleto Albertini: albergatore, collezionista e viaggiatore «Se vincessi 35 milioni di franchi comprerei una bella macchina, dei vestiti, farei una vacanza mozzafiato e costruirei qualche palazzo dove ci vivrei continuando a guadagnare.» (Igor, Rovere do, 19 anni) 247 ricca collezione di monete fenicie e romane, di gioielli e d’altri oggetti antichi che i beduini avevano recuperato dopo le primaverili piogge torrenziali. Quando la famiglia decise di ritornare in Svizzera nell’aprile del 1975, Beni scelse di stabilirsi a Basilea. Grazie alla sua vicinanza con la Francia, la città renana costituiva per lui il punto culturale più vicino alla Tunisia, un paese che ha sempre ricordato con affetto. Ad età avanzata e afflitto dall’Alzheimer, Beni intraprese nel 2004 un lungo viaggio per andare a vivere con la figlia Tamara e la sua famiglia ad Honolulu, nelle Hawaii. Purtroppo, nel maggio del 2007, fu necessario il suo rientro in Svizzera. Beni trascorse gli ultimi anni della sua vita cosmopolita a Buchs, nel Canton San Gallo, dove era cresciuto. Poesia L’albero della vita Dal centro, anello dopo anello, è cresciuto l’albero. Impronta indelebile di anni buoni e di anni magri. Così la mia vita … Anno dopo anno sono cresciuto e maturato. Esperienze, ferite e gioie sono disegnati nei cerchi. Nata la mia personalità, il mio carattere. Forze spirituali, grazie ricevute sono in gioco. Fede, speranza e amore mi hanno fatto aperto e libero. Faccio mie le parole di Rainer Maria Rilke: «Io vivo la mia vita in anelli che aumentano, passando sopra le cose. Forse l’ultimo non lo compierò, ma tentarlo almeno vorrei». Sopra la mia ultima dimora un albero giovane e forte, così da vivere il più a lungo qua sulla terra. In ricordo dei nostri cari morti 1º settembre 2009 - 31 agosto 2010 SAN VITTORE 28.09.09 08.11.09 14.11.09 02.01.10 20.02.10 01.03.10 25.06.10 BERRI Edgardo, nato il 02.09.1932 STORNI Nicolino, nato il 20.03.1921 STORNI Alberto, nato il 15.03.1928 BORLA Silvano, nato il 07.01.1944 BERRI Massimo, nato il 19.05.1960 GRASSI Irma, nata il 13.05.1927 STORNI Pierina, nata il 06.08.1934 ROVEREDO 02.10.09 23.10.09 11.11.09 22.11.09 24.11.09 02.02.10 10.02.10 26.02.10 12.04.10 19.04.10 08.05.10 12.06.10 28.06.10 17.08.10 LUNGHI Novo, nato il 02.11.1942 DEMENGA Luciana, nata il 27.09.1943 PAGGI Fernanda, nata l’08.09.1938 JAKUPI Kumrije, nato il 01.04.1944 FILISETTI Elda, nata il 06.09.1936 LOSA-PASINI Ida, nata il 14.11.1919 PESENTI Giuseppina, nata il 19.10.1932 ALBIN Martino, nato il 21.08.1947 NICOLA Enrico, nato il 28.11.1939 BERGAMIN Mario, nato l’08.09.1930 FIBBIOLI Moreno, nato il 15.01.1956 FRANCHI Rezia, nata il 05.10.1928 TOGNI Maria, nata il 13.11.1907 JANETT Giacomo, nato il 29.05.1927 GRONO 05.09.09 23.09.09 02.10.09 07.10.09 24.11.09 28.11.09 13.02.10 28.02.10 13.03.10 BERNI Agostino Sen., nato il 01.12.1933 ALBERTINI Susanna, nata il 10.05.1988 GHIDOSSI Silvana, nata il 20.11.1927 POLTI Lino Sen., nato il 23.09.1923 PICCALUGA Fausto, nato il 09.05.1927 STAUB Kurt, nato il 13.09.1936 TOMBA-PAROLINI Maria, nata il 02.05.1910 TONNA Ines, nata il 18.10.1913 SANTARELLI Quintino, nato il 18.04.1939 01.05.10 NOZZA-BIELLI Lidia, nata il 17.04.1912 15.05.10 SIEGRIST Willi, nato il 07.08.1914 19.05.10 PEDROTTI Guido, nato l’11.02.1945 24.06.10 MINOLA Eligio, nato il 20.09.1934 13.08.10, Neukomm Flavio, nato il 14.03.1952 LEGGIA 26.07.10 VINZENZ Christoffel, nato il 02.12.1924 CAMA 08.01.10 28.03.10 26.07.10 AMBROSETTI Franco, nato l’11.04.1939 BETTONI Maddalena, nata il 13.09.1926 MILANI Giuseppe, nato il 10.02.1933 Qui il Moesano Qui il Moesano 248 scrivere. All’inaugurazione del suo primo albergo, l’Hôtel Jawhara a Sousse, Beni dovette accogliere i suoi primi clienti con porte e finestre senza vetri, perché l’ordinazione da Marsiglia non era arrivata in tempo. Nel 1967 nacque il secondo figlio Bénédict Marc Antonio. Come ricordano i familiari, gli anni trascorsi in Tunisia dal 1966 al 1975 furono i più felici di Beni. La sua attività alberghiera era fiorente. Inaugurò tre alberghi e finì la sua carriera da presidente della SILT, una compagnia di turismo belga. Nonostante gli impegni professionali trovava anche il tempo per intraprendere numerose escursioni attraverso il Nord Africa. Dal Marocco all’Egitto, i suoi viaggi lo portarono a visitare antichi siti romani e numidici che alimentarono in lui l’interesse per la cultura materiale. Finì infatti per acquisire una 249 LOSTALLO 02.09.09 25.10.09 26.10.09 09.12.09 12.03.10 13.05.10 16.05.10 18.05.10 18.08.10 RAPP Erich, nato il 27.04.1936 GIUDICETTI-SALA Agnese, nata il 15.05.1922 GIUDICETTI Nicolao, nato il 06.02.1918 ALBERTINI Ferrante, nato il 20.09.1928 SANTI-COLOMBO Elisa, nata il 22.11.1917 ROSA Valentino, nato il 09.02.1936 DERITZ-FOSSATI Flora, nata il 01.05.1921 FOSSATI-SALA Annita, nata il 21.01.1917 PICCAMIGLIO Giuseppe, nato il 21.07.1951 SOAZZA 08.10.09 16.10.09 24.03.10 21.05.10 SANTI Germano, nato il 24.10.1929 ACQUISTAPACE Diego, nato il 10.11.1930 BOFELLI Ilde, nata il 10.01.1926 RIZZI Maria, nata il 03.04.1921 Rodolfo Fasani Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui il Moesano MESOCCO 14.12.09 18.01.10 16.02.10 03.04.10 27.04.10 05.05.10 10.05.10 02.07.10 27.08.10 TOSCANO EX FAURE Maria, nata il 05.10.1919 PROVINI Armando, nato il 27.07.1920 LAMPIETTI Arrigo, nato il 26.01.1931 CORFÙ Giovanni, nato il 01.06.1921 FURGER Silvano, nato il 18.11.1942 PASSARDI Giovanni, nato il 14.04.1933 TÖNZ Antonietta, nata il 18.12.1921 VIVALDA Elvira, nata il 28.02.1916 FEDERSPIEL Alice, nata il 02.08.1918 SANTA MARIA 24.02.10 PIUBELLINI Irene Brigida Elena, nata il 16.08.1923 250 SELMA 07.03.10 VON DÄNIKEN Heinz, nato il 27.07.1927 BRAGGIO 26.09.09 GRASSI Renata, nata il 31.12.1951 11.06.10 HORT Yvon Joseph, nato il 13.03.1933 ROSSA 26.09.09 14.10.09 13.11.09 29.01.10 PAPA Oliva Beatrice, nata il 28.10.1924 BERTOSSA Mario Damiano Filippo, nato il 15.12.1929 CAPRIROLI Valeria, nata il 25.07.1920 PAPA Bruno, nato il 09.12.1914 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 251 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 50 anni Capanna Sasc Furä 252 253 Club Alpino Svizzero: Sezione Bregaglia La facciata di una casa a Vicosoprano ornata di fiori. Foto della Redazione La ricorrenza dei 50 anni della Capanna Sasc Furä è l’occasione adatta per volgere uno sguardo alla storia del nostro rifugio. Con ammirazione e gratitudine ricordiamo i fondatori che nel lontano 1960 con spirito innovativo e molto entusiasmo crearono le basi per la nascita del nostro rifugio, nonché tutti i membri ed i guardiani che in seguito ne hanno reso possibile l’ulteriore sviluppo con il loro entusiasmo. Con orgoglio oggi vantiamo un bellissimo rifugio alpino a Sasc Furä che, assieme alla costruzione di un locale invernale nella vecchia cascina nel 2003 e ad una palestra d’arrampicata, inaugurata l’11 luglio 2010, testimoniano l’impegno e il buon andamento della Sezione. Storia: costruzione e ampliamenti - A fine agosto 1955, in occasione di una riunione straordinaria a Promontogno, l’ex presidente Ugo Giacometti ripropone all‘assemblea la costruzione di un rifugio a Sasc Furä. Si studiano diverse varianti, che però non trovano il consenso del comitato centrale del Club Alpino Svizzero (CAS). - All’inizio del 1959 viene nominata una commissione per la costruzione della capanna, Almanacco del Grigioni Italiano 2011 - Il 31 maggio dello stesso anno un’altra assemblea decide la costruzione del rifugio e dà competenza al presidente di procedere in merito. Qui la Bregaglia - Il 14 novembre 1959 l’assemblea dei delegati decreta un sussidio del 50 % e finalmente il 2 ottobre 1960 numerosi soci e amici della montagna accorsi da vicino e da lontano possono assistere alla festa d‘inaugurazione del rifugio Sasc Furä. Costo della costruzione fr. 17’322.–. - Perciò nel 1964 un gruppo di soci invita la Sezione a voler fare i passi necessari per ampliare la capanna Sasc Furä e già il 29 agosto del 1965 ha luogo l’inaugurazione dell’ampliata capanna. Il presidente della Sezione Rodolfo Giacometti con il pastore Pietro Leutenegger in occasione della festa d’inaugurazione - Nel 1973 muore la guida Reto Giovanoli, che fu il primo custode e si occupò della capanna, aiutato dalla moglie Ida, fino nel 1966. - Sono trascorsi pochi anni dall’ultimo ampliamento della capanna Sasc Furä e nel 1977 già si deve decidere un nuovo ampliamento che verrà inaugurato a metà ottobre del 1978 in occasione dei festeggiamenti per i 75 anni della Sezione. Ben presto però ci si accorge che la piccola capanna non è in grado di accogliere i molti alpinisti che scelgono il Badile quale meta per le loro ascensioni. Arturo Semadeni, Costante Ganzoni, Ugo Giacometti e il dottor Enrico Fasciati sostano davanti all’albergo dei “pastori“ La capanna durante e dopo l’ampliamento del 1978 254 Qui la Bregaglia composta dalla presidenza e da Reto Giovanoli, Ero Picenoni e Claudio Ganzoni. Costo approssimativo fr. 20’500.–. 255 - Nel 1985 muore, dopo lunga malattia, Renata Pool da parecchi anni gerente della nostra capanna Sasc Furä. - Durante l’anno 1992 il comitato si occupa nuovamente di un progetto di ampliamento della capanna. Guido Ganzoni allestisce i nuovi piani che vengono inviati al rappresentante del comitato centrale. Dopo l’approvazione del comitato centrale del CAS e del CAS Sezione Bregaglia si passa quindi al terzo ampliamento della capanna. La capanna durante e dopo l’ampliamento del 1965 Il 2 ottobre 2010 i 50 anni della nostra capanna sono stati festeggiati assieme alla popolazione della Bregaglia con un’esposizione di vecchie fotografie nella sala multiuso di Bondo, allietata da un coro che eseguì canti della montagna. Inaugurazione della Capanna Sasc Furä nel 1996 dopo l’ennesimo ampliamento Le fotografie provengono dall’archivio della Sezione Bregaglia del CAS Almanacco del Grigioni Italiano 2011 «Al Cascinott» Un fatto veramente accaduto Nicola Roganti Dato che sempre più spesso sentiamo dire nelle campagne della “Promozione della Salute Svizzera” che è importante insegnare ai giovani a fare movimento, ci è sembrato giusto portare un esempio di esercizio fisico volontario all’aria aperta che rinforza i muscoli, mantiene la salute e dà soddisfazione. Nicola vive a Vicosoprano e ha 11 anni. N.d.R. Arno Giovanoli aveva già scritto nell’Almanacco del 2009 l’articolo: Avevo 9 anni. Anche questo episodio si svolge Alago Mott, anno 1932 256 Domenica 14.03.2010 io e mio papà siamo partiti con sci e snowboard da Roticcio, che si trova ad un’altitudine di 1268 m, per salire alla nostra cascina in Val Furcela a 2’300 msm. Dopo pochi metri abbiamo incontrato Guido Giovanoli. Salendo abbiamo visto solo 3 camosci. Faceva caldo e abbiamo fatto una pausa alla Sosta, dove io ho mangiato un po’ di merenda. Saliti la sponda, sopra la Sosta, soffiava un vento forte che mi portava tutta la neve in faccia. Dopo 2 ore di cammino sulla neve dura siamo arrivati al Cascinott, entrati nella cascina abbiamo preparato il tè con la neve sciolta. sul Mott, vicino a Bivio, dove la sua famiglia si trasferiva in estate con il bestiame per il periodo dell’alpeggio. N.d.R. Dopo aver mangiato il pranzo abbiamo lavato i piatti. Appena finito, siamo scesi. Io avevo portato lo snowboard, mio padre aveva gli sci. All’inizio sulla parte più ripida è andato davanti mio papà, alla fine sono andato avanti io. A Roticcio la neve era un po’ molle, ma per fortuna solo per un piccolo tratto. Scendere con lo snowboard è stata una bell’esperienza, perché non ero mai sceso da un pendio così lungo. A me piace molto anche giocare a hockey, a calcio e un po’ meno a tennis, vado in bici e mi piace anche correre e giocare a ladro e poliziotto. Proprio di rimpetto al Mott, in una casetta sulla sponda destra del fiume Giulia, abitava Alfred che faceva lo stradino. Alfred abitava con la sua mamma Savina, già un po’ anziana, e l’aiutava a governare due vacchette, falciava l’erba, raccoglieva il fieno e faceva diversi lavoretti da contadino. La loro stalla si trovava proprio a fianco della strada carreggiabile. Una sera d’autunno, sull’imbrunire, Alfred stava sul fienile caricando una gerla, quando un tizio si presentò sulla porta del fienile, agitatissimo, gesticolando con mani e braccia. Il nostro Alfred, vedendo qualcosa di luccicante fra le mani dello sconosciuto, pensò subito ad una rivoltella e pronto spiccò un salto dalla loggia del fienile, per fortuna non troppo alta. Trafelato entrò in casa chiudendo bene la porta. Chiamò la mamma e, balbettando, le raccontò che c’erano dei malviventi che lo volevano uccidere. La mamma, povera vecchietta, pure lei si spaventò e così decisero di fuggire per mettersi in salvo. Presero poche cose indispensabili, fra le quali una scatoletta di latta nella quale la mamma teneva i suoi risparmi. Chiusero a chiave la porta di casa, guardinghi attraver- sarono il ponte sopra la Giulia e, ansimanti, arrivarono a casa nostra al Mott chiedendo aiuto. Quando entrarono in casa faceva già buio. Mio babbo chiese loro cosa fosse successo. Alfred raccontò alla rinfusa e tutto agitato quello che aveva visto, di quel tizio gesticolante e con la rivoltella in mano, ribadendo che lo volevano uccidere! Subito i nostri puntellarono la porta di casa e si misero di guardia. Noi piccoli eravamo spaventati quanto i grandi, e la mamma Savina con la scatola dei suoi risparmi ben stretta al seno piangeva e pregava balbettando qualche frase in romancio. Nel frattempo si era alzata la luna che rischiarava la strada e i nostri uomini videro un gruppo di persone che si dirigeva verso Capalotta. Presero coraggio e spararono alcuni colpi in aria coll’intenzione di intimorire i briganti. Questi, arrivati a tarda notte a Bivio, raccontarono indignati di essere stati accolti molto malamente al Mott. Più tardi si venne a sapere che i briganti erano dei viandanti di passaggio attraverso la valle della Giulia attardatisi per strada e che il tizio che si era presentato ad Alfred, altri non era che un povero sordomuto che gesticolando con mani e braccia chiedeva qualche informazione! Conseguenza della storia Tutte le volte che andavamo a Bivio a fare la spesa, il signor Arnold, che gestiva il ristorante Posta, con una certa malizia ci rammentava l’accaduto dicendo: «Ecco che arrivano i timorosi!» e concludeva con una risata. Scritto a Soglio durante la primavera del 2010 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Arno Giovanoli 257 Curiosità in archivio 258 Una scatola di legno che si trova nell’archivio comunale di Vicosoprano con la scritta Eier aveva attirato la mia attenzione da un po’ di tempo. Un giorno l’ho aperta e ho scoperto che all’interno aveva tanti scompartimenti in cartone per le uova e ognuno di essi era foderato con foglietti di un calendario o ritagli di giornale. Sul coperchio c’era ancora l’indirizzo che lasciava capire che stata spedita a Davos, da dove era poi stata rimandata indietro. Ma perché le uova venivano mandate a Davos e chi le spediva avanti e indietro? In un quaderno rosso contrassegnato con il numero 76 che contiene alcune copie di lettere ho poi trovato le risposte: La prima lettera è stata scritta nel 1941 alla Società Valorizzazione uova e pollame, Badenerstr. 330 Zurigo 4 In essa si chiede di voler far pervenire 20 formulari E2 e E3 e un timbro per la centrale comunale delle uova di Vicosoprano. Si fa inoltre notare che la produzione annua di uova per gallina calcolata dalla Società, che ammonta a 90-100 uova è troppo alta per il nostro comune, causa la scarsità di becchime e dato che le galline devono restare rinchiuse quasi tutto l’anno. Leggendo le diverse lettere con le richieste di spiegazioni si capisce che le famiglie avevano il diritto (forse anche il dovere) di tenere un dato numero di galline per produrre le uova che coprissero il loro fabbisogno. Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Renata Giovanoli-Semadeni 259 Ecco la famosa cassa per le uova depositata nell’archivio di Vicosoprano Non vien detto esattamente quante fossero, ma in un punto si legge che un produttore che possedeva 14 galline e aveva una famiglia che contava 7 persone, doveva consegnare le uova di 3½ galline. Lettera del 24 febbraio 1942 col timbro del Posto comunale di raccolta delle uova Vicosoprano Non era chiaro come bisognava calcolare le chioccie. Siccome smettevano di deporre le uova per un periodo di pochi mesi, i responsabili del comune ritenevano che avessero diritto a ricevere il mangime come le altre. A volte il becchime nei negozi scarseggiava e allora si scriveva alla centrale per sollecitarne la fornitura. Un altro punto non chiaro era se il fornaiopasticciere che possedeva alcune galline do- vesse consegnare le uova alla centrale per poi ricomprarle o se le potesse usare direttamente. In un’altra lettera si parla di un produttore che dovrebbe consegnare le uova di 1½ gallina. Purtroppo gliene erano restate solo 11 invece di 12 (uova)! Il grande problema era quante uova dovesse ancora consegnare?! Dato che si tratta delle copie delle lettere che vennero spedite, le risposte non ci sono, ma si capisce come di volta in volta si cercava una soluzione che andasse bene per tutti. Da quanto si legge i produttori ricevevano 29½ centesimi per uovo e la centrale che le mandava per esempio al Konsumverein a Davos Platz ricavava 32½ centesimi per uovo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 di St.Moritz e si temeva che nel frattempo le uova si potessero congelare. Inoltre il porto postale era meno elevato di quello della ferrovia. Il peso ideale per pacco era di 15kg. In inverno, quando le galline non deponevano uova, si inviavano gli scontrini per ricevere uova da altri posti. Se c’era la possibilità, si compravano a Bondo o a Castasegna. Si vede che lì potevano uscire di più e producevano meglio! L’ultima lettera porta la data del 25 aprile 1945 e chiede come mai la cassa vuota non sia più ritornata. Probabilmente con la fine della guerra l’azione venne interrotta. In alcune lettere si pregano i fornitori di spedire le uova con la posta e non con il treno, dato che la Sesa andava a prendere la merce solo una volta alla settimana alla stazione Erano tempi duri, senza globalizzazione, con la gente che cercava di produrre gli alimenti per non morire di fame! Forse noi che siamo cresciuti in un periodo di benessere generale dovremo ricordarcelo più spesso!! Come nacquero i comuni della Bregaglia? Reto Walther BONDO Tanti anni fa la Bregaglia era formata da un solo comune, e questo fino al 1535. Secondo un documento del 4.6.1383 e fino al 1535, il territorio di Sottoporta era diviso in: territorio «di qua dell’acqua» Soglio e Castasegna e territorio «di là dell’acqua» Promontogno e Bondo. Nel 1535 la Bregaglia si divide in due comuni. Dal promontorio di Nostra Donna, dove la valle è stretta e fino al confine di stato, si forma il comune di Sottoporta. Qui la Bregaglia Risultati della votazione nei singoli Comuni aventi diritto di voto 162 schede entrate 87 - SÌ 80 - NO 7 - bianche 0 92% SÌ, partecipazione 54% CASTASEGNA aventi diritto di voto 153 schede entrate 92 - SÌ 82 - NO 10 - bianche 0 89% SÌ, partecipazione 60% SOGLIO Dalla Nostra Donna fino a Maloja diventa il comune di Sopraporta. Nel 1745 Casaccia si stacca dal comune grande e forma un proprio comune fino all’anno 1971, quando Casaccia si unisce al comune di Vicosoprano. 260 Nel 1859 Stampa e Vicosoprano si separano, per formare ognuno un comune proprio. Nel 1879 si scioglie pure il comune di Sottoporta e nascono i tre comuni di: Castasegna, Bondo e Soglio. Il 30 maggio 2008 le assemblee dei cinque Comuni della Val Bregaglia, Bondo, Castasegna, Soglio, Stampa e Vicosoprano, hanno approvato a larga maggioranza la convenzione sull’aggregazione dei Comuni. Una delle ultime lettere, scritta il 25 febbraio 1945, da notare che questa venne spedita non più a Zurigo ma a Locarno! 573 cittadini, ossia l’85% dei votanti hanno detto sì al progetto di aggregazione. La partecipazione al voto è stata del 57%. aventi diritto di voto 135 schede entrate 85 - SÌ 63 - NO 22 - bianche 0 74% SÌ, partecipazione 63% STAMPA aventi diritto di voto 403 schede entrate 220 - SÌ 188 - NO 29 - bianche 3 85% SÌ, partecipazione 55% VICOSOPRANO aventi diritto di voto 324 schede entrate 191 - SÌ 160 - NO 30 - bianche 1 84% SÌ, partecipazione 59% Il 1.1.2010 nasce il comune di Bregaglia Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Il prezzo era molto buono, confrontato con il valore odierno delle uova. Si può ben capire che si calcolasse ogni singola gallina e ogni singolo uovo! 261 Documento storico 262 L’idea di creare un documento storico con i bolli, lo stemma e le firme degli ultimi presidenti dei cinque comuni della Bregaglia, mi è venuta perché faccio parte del gruppo di lavoro archivio storico, che nei mesi invernali si trova regolarmente un pomeriggio alla settimana in una saletta della ex casa comunale a Stampa, per catalogare i documenti ricevuti dalle famiglie bregagliotte e che poi vengono depositati all’archivio storico nel Palazzo Castelmur a Coltura. A questo punto mi permetto di invitare chiunque abbia in casa dei documenti interessanti degni di essere conservati a futura memoria (tipo: documenti antichi, lettere di emigranti, lettere di soldati, commercio, regolamenti sull’uso degli alpi, contratti, proprietà, testamenti, atti processuali ecc.) a contattare un membro del gruppo di lavoro: Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Reto Walther 263 Gian Andrea Walther Promontogno Arnoldo Giacometti Promontogno Silvio Maurizio Vicosoprano Reto Walther Coltura Il materiale che viene messo a disposizione dell’archivio può essere semplicemente fotocopiato e indi restituito oppure lasciato in deposito a tempo indeterminato o figurare come donazione. Se qualcuno fosse interessato ad avere il documento dei 5 comuni a colori e il documento della nascita dei comuni di Bregaglia su un cartoncino A4, lo può richiedere a: Reto Walther tel. 081 822 16 67 al prezzo di fr. 5.–. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Il 22 maggio 2010 ha avuto luogo l’inaugurazione della BIBLIOTECASTASEGNA 264 Diamo dunque la parola alla biblioteca «Dopo tanti anni di vagabondaggio sono finalmente arrivata. Il mio viaggio è iniziato 23 anni fa in un’aula della scuola di Bondo. Me l’avevano messa a disposizione... provvisoriamente! Il mio posto avrebbe dovuto essere nella vecchia palestra... ma laggiù c’era un localone molto alto, freddo e anche bruttino. Ho deciso di non andarci. Prima dovevano ristrutturarlo. Me lo avevano anche promesso e un architetto stava anche già facendo progetti. Le bibliotecarie e il bibliotecario – a quei tempi c’era anche un uomo a prendersi cura di me – non sono rimasti con le mani in mano: hanno arredato, hanno comprato libri, hanno organizzato tante manifestazioni e mi hanno anche dato un nome, BB come Brigitte Bardot, e un logo: il più bello del canton Grigioni. Quando hanno iniziato a parlare di ristrutturare la vecchia casa di scuola a Bondo, io sono stata la prima a essere buttata fuori. Anche questa volta, solo provvisoriamente, mi hanno dato un pezzettino dell’asi- lo di Castasegna. Le bibliotecarie non si sono lasciate scoraggiare e credendo nel motto: Se Dio chiude una porta, lui apre una finestra, hanno messo tutti i miei ca. 4’500 libri in sacchetti di carta e siamo partite. Questa volta non ho aspettato 20 anni! Nei lunghi mesi d’inverno, invece di passare il tempo leggendo, ho fatto piani, cercato soldi e un po’ sognato... Mi sono dovuta cambiare anche il nome, ora sono la bibliotecastasegna, da BB a CA, non ho ancora trovato come chi… E nel frattempo il mio sogno è diventato realtà. Sono ancora più bella di quanto pensassi… Mi hanno messo una bellissima porta d’entrata e sono grande, chiara, spaziosa. Ho tanti bellissimi libri nuovi in italiano e anche in tedesco che spero non faranno solo bella figura nei miei nuovi scaffali, ma mi auguro che voi li portiate via e li leggiate, così io continuerò a viaggiare… …perché leggere è per la mente ciò che l’esercizio fisico è per il corpo.» La gente accorsa alla mia inaugurazione (foto a sinistra). Le quattro bibliotecarie (foto a destra). Foto: Renata Giovanoli-Semadeni Poesia Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Rosita Fasciati-Vincenti 265 «Al boi» Al boi l’è sciügaa. L’aua iss la passa pü invia. Soma ün omet da sasc al testimonia da lan ura passäda chilò dii fancc ca cun aua, sablun, sasc e legn àn facc spass. L’ann ca vegn l’aua la tornarà e implenir al boi; altri fancc fagiarann sü omin növ e ‘s divertirann daspair l’aua, ent la natüra. I lasciarann corar la fantasia, inventand giöch növ dalonc dal trafich e dal stress dal dì d’inciö! Renata Giovanoli-Semadeni Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Antonella Castelli 266 Fra gli obiettivi prioritari dell’UNESCO per gli anni 2000-2015, troviamo la diffusione e il miglioramento della cura e dell’educazione della prima infanzia, in particolar modo dei bambini più vulnerabili e svantaggiati. La strategia proposta è quella di creare contesti alfabetizzanti, a casa, a scuola, al lavoro e nella comunità locale, per tutelare i bambini contro quelle deprivazioni culturali presenti nella nostra società. Uno di questi contesti sul quale agire prioritariamente è quello famigliare. Promuovere l’apprendimento nella famiglia, figli e genitori insieme, è anche quanto si prefigge il progetto Nati per leggere, perfettamente in linea dunque con quanto auspicato dall’UNESCO. Ho avuto la graditissima opportunità di presentare il progetto Nati per leggere nel Grigioni italiano il 19 febbraio 2010 nella scuola media di Stampa, grazie al gentile invito da parte delle Biblioteche della valle Bregaglia. Il progetto Nati per leggere è un progetto di promozione della lettura rivolto ai bambini e alle loro famiglie nato negli USA verso la fine degli anni ottanta sulla base di recenti ricerche scientifiche in neuropsichiatria infantile, che hanno dimostrato come il leggere ad alta voce ai bambini in età prescolare abbia una influenza positiva sia dal punto di vista dell’apprendimento e della conoscenza, sia da quello delle relazioni interpersonali. In pratica Nati per leggere desidera creare nei genitori l’abitudine di leggere ai propri figli fin dai primi mesi di vita, per far diventare il libro una presenza quotidiana nelle loro giornate. Recenti indagini dimostrano, infatti, che la lettura ad alta voce al bambino in età precoce aumenta le probabilità che questi rimanga un lettore anche in futuro, quando essere un lettore significa avere un miglior profitto scolastico, poter quindi raggiungere un alto livello di scolarizzazione e un miglior inserimento nella società. Nati per leggere intende suggerire ai genitori un tipo di comportamento comunicativo positivo, far vedere e sentire come si può interagire con un bambino piccolo attraverso un libro. L’adulto che legge a un bambino compie un’azione molto particolare: si tratta di un vero e proprio dialogo che comprende non solo la lettura ad alta voce, ma anche lo stare in braccio alla mamma, il sorridersi, il guardarsi, l’osservare insieme un’immagine. Tutto ciò conferma al bambino la percezione di vivere un momento speciale e privilegiato. Significa che la lettura ad alta voce, nella sua apparente semplicità, contiene valenze legate a modelli di comunicazione di tipo affettivo e cognitivo che agiscono in modo rilevante sul suo sviluppo. Per questo è importante che i genitori siano consapevoli del valore di condividere la lettura di un libro con i loro bambini anche molto piccoli, non soltanto per trasmettere una storia, un racconto, una filastrocca, ma per nutrire la loro mente di parole che li sorprendano, che li abituino ad immaginare mondi possibili e a sviluppare capacità e modalità di scambio emotivo con gli altri. Il libro Per definizione il libro è un oggetto culturale che porta con sé i valori e la cultura della lingua scritta, e la lettura ai bambini è un’attività di cura, una pratica di condivisione e di iniziazione ai valori di una società, un’occasione di produzione di idee e significati. D’altra parte il libro è uno strumento che si presta a molti altri usi: a sollecitare la creatività ed l’immaginazione ma anche a familiarizzare con il registro della lingua scritta, a sperimentare emozioni e sentimenti come pure a stimolare riflessione e discussione. Molto prima che si ponga il problema dell’apprendimento della lettura in senso stretto, il libro è una straordinaria occasione di stimolazione intellettuale, di potenziamento delle capacità di espressione ed è un modo di familiarizzare i bambini con il sistema simbolico. Molto, naturalmente, dipende dalla scelta dei libri, dalla consapevolezza delle loro peculiarità, e dalla conoscenza dei bambini cui si legge, ma soprattutto è decisiva la dedizione, spesso quasi inconsapevole, degli adulti che leggono ai bambini. Gli obiettivi In sintesi Nati per leggere intende promuovere: - la pratica della lettura ai bambini fin dai primi anni di vita, come opportunità fon‑ damentale di sviluppo della persona; - - una tutela più ampia del bambino in nome del suo diritto ad esser protetto non solo dalla malattia e dalla violenza ma anche dalla mancanza di adeguate occasioni di sviluppo affettivo e cognitivo; la consapevolezza che libro e lettura sono importanti strumenti per i genitori che vogliono accompagnare i loro bambini nella crescita degli affetti e delle emozioni. Nati per leggere si colloca in quel ventaglio di proposte in grado di favorire migliori competenze linguistiche per cercare di frenare il fenomeno dell’illetteratismo (analfabetismo di ritorno), problema che in Svizzera tocca il 22% della popolazione, tra cui 600 mila adulti. I costi sociali da esso derivati sono stati calcolati prudentemente in 1.1 miliardi di franchi l’anno. Porre rimedio a questa triste e preoccupante situazione non è più un compito destinato alle sole istituzioni culturali attive in questo campo, ma un dovere della società intera. Nati per leggere intende collaborare proprio in questa direzione come campagna di sensibilizzazione sull’importanza della lettura in età precoce, quale premes- Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Anche i bambini svizzeri sono nati per leggere 267 Qui la Bregaglia Bibliomedia e Istituto svizzero Media e Ragazzi 268 Promotori e coordinatori del progetto sono Bibliomedia e l’Istituto svizzero Media e Ragazzi. Dal 1920 la Fondazione svizzera Bibliomedia è attiva nello sviluppo delle biblioteche e nella promozione della lettura. I suoi servizi sono rivolti a biblioteche pubbliche e scolastiche, a scuole, ma anche a enti privati e a istituzioni attive in ambito culturale, presenti anche in piccoli comuni o in quartieri periferici. L’Istituto svizzero Media e Ragazzi, con un preciso mandato da parte dell’Ufficio federale della cultura, si occupa della promozione della lettura nei giovani e nei bambini nelle 4 lingue nazionali, tramite numerose iniziative e progetti che coinvolgono la scuola, le famiglie, le biblioteche e più in generale tutti gli educatori. Grazie alla collaborazione di queste due Istituzioni, nel 2006 nella regione di lingua italiana e nel 2008 su piano nazionale (e quindi anche in tedesco, in francese e in romancio) con il patrocinio del presidente della Confederazione e con il sostegno dell’Ufficio federale della cultura, ha preso avvio Nati per leggere Svizzera. Le tre regioni linguistiche dispongono dello stesso materiale informativo ‹www.natiperleggere.ch›, ma operano in maniera autonoma in funzione delle diverse esigenze pratiche e culturali. Nella Svizzera italiana Nella nostra regione linguistica i promotori del progetto sono la Bibliomedia della Svizzera italiana ‹www.bibliomedia.ch/it› e Media e Ragazzi Ticino e Grigioni italiano ‹www.tigri.ch›, succursale italofona dell’Istituto svizzero con sede a Zurigo ‹www.sikjm.ch›. L’iniziativa ha richiesto un grande lavoro di preparazione da parte dei due enti promotori e richiederà sempre, anche in futuro, un impegno costante. Infatti, affinché Nati per leggere possa realizzarsi in maniera ottimale, si è reso indispensabile il coinvolgimento dei medici pediatri, delle biblioteche e di vari enti locali. Solo mediante questa preziosa alleanza, nel rispetto delle rispettive competenze, l’iniziativa può avere successo. Gli ambulatori, come pure i consultori pediatrici, sono luoghi strategici. L’autorevolezza che i genitori riconoscono ai pediatri ne fanno degli efficaci suggeritori e promotori della lettura durante i periodici controlli di salute, nell’arco dei primi cinque anni di vita del bambino. Essi possono rafforzare efficacemente il loro messaggio, consegnando ai genitori il materiale informativo appositamente preparato dai due enti promotori, organizzando un angolo di lettura nella sala d’attesa, dove saranno presenti gli stessi libri che i genitori sono poi invitati ad andare a cercare nella biblioteca più vicina. Il ruolo delle biblioteche non è meno importante, né meno impegnativo. I bibliotecari curano i contatti con le famiglie interessate al progetto, si procurano i libri segnalati nelle bibliografie, prevedono di organizzare dei momenti particolari di ritrovo dedicati alla lettura, durante i quali mamme e bambini possono fare amicizia. Nati per leggere vuol essere, infatti, anche occasione straordinaria d’incontro, dove è possibile fare nuove conoscenze, scambiare consigli, confrontare problemi, darsi una mano. Occasioni tanto più importanti per i genitori provenienti da culture diverse. Alle biblioteche spetta inoltre il compito di allestire uno spazio facilmente riconoscibile per accogliere i piccoli utenti e le loro famiglie. Lo stesso discorso vale per tutti i Servizi di assistenza e cura a domicilio e per gli Asili nido che accolgono i bambini dai tre mesi ai tre anni di età e hanno deciso di aderire all’iniziativa. L’approccio scientifico che sta alla base della professione medica, l’abitudine alla verifica, al controllo di efficacia, al confronto di dati risvegliano interessi analoghi tra chi si occupa di libri e di letteratura. Dall’altro lato, avvicinare anche i non addetti ai lavori alla ricchezza, varietà e potenzialità del mondo dei libri per bambini, è fonte di sorpresa e di grande arricchimento. Attività di formazione Gli Enti promotori prevedono incontri di aggiornamento e di formazione e animazioni alla lettura a scadenza regolare per tutti gli aderenti al progetto. La struttura dei corsi è diversificata in rapporto ai destinatari, privilegiando l’aspetto dello sviluppo affettivo e relazionale della lettura ad alta voce praticata in ambito famigliare se rivolti ai genitori, l’aspetto pedagogico ed educativo se rivolti a bibliotecari, insegnanti e educatori. Le animazioni alla lettura per i genitori hanno luogo nelle biblioteche, negli ambulatori pediatrici, negli asili nido e dove ci sarà richiesta specifica. Materiale di supporto Gli enti promotori mettono a disposizione: - Amare il libro in tenera età, un opusco‑ lo per i genitori, con alcune considerazioni riguardanti l’applicazione pratica del pro‑ getto e 3 bibliografie divise per fasce d’età; - - - gli adesivi da incollare su tutti i libri adatti a Nati per leggere; diversi elenchi divisi per regione (compren‑ sorio) con gli indirizzi utili degli studi me‑ dici, dei consultori pediatrici e delle biblio‑ teche, per tutti gli aderenti all’iniziativa; un pacchetto regalo da distribuire alle famiglie in cui vi è una nascita (il pacchet‑ to contiene due libri illustrati per bambini, l’opuscolo Amare il libro in tenera età e un libro curato dai promotori per avvicinare i genitori alla filosofia del progetto). Di grande aiuto il sito ‹www.natiperleggere.ch›, assai esaustivo e costantemente aggiornato. Da gennaio 2009 l’iniziativa si presenta in maniera ancora più capillare, grazie ad un opuscolo in cui si illustrano contenuti e finalità in 14 idiomi: lo scopo è quello di raggiungere le numerose famiglie che in Svizzera parlano un idioma diverso. Inoltre per il Grigioni italiano è stato preparato un prospetto informativo speciale in italiano, tedesco e in tre idiomi romanci. Scopo del progetto, come si è visto, non è quello di leggere al lattante, ma di usare il libro con lui, di far conoscere il libro nelle sue caratteristiche come strumento di comunicazione essenziale. Al di là delle proposte specifiche, ciò che occorre fare con i genitori è modellare un tipo di comportamento comunicativo. Far vedere e sentire come si interagisce con un bambino piccolo attraverso un libro, facendo leva sul fatto che si tratta di un’attività normale e quotidiana, per la quale ognuno può trovare la propria voce autentica, il proprio vero modo di essere. Per questo mi sento di ringraziare di cuore tutti coloro che hanno già accettato di aderire a Nati per leggere Svizzera, fra i quali non mancano diversi enti del Grigioni italiano. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia sa indispensabile per un effettivo inserimento sociale dell’individuo. 269 La seconda immagine è senza dubbio veritiera. All’albergo si affianca l’ufficio postale. Non possono aiutarci le date di spedizione delle cartoline; la seconda non è viaggiata, mentre la prima è datata 1905, solo un anno dopo l’inaugurazione 270 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Ad un attento osservatore la prima immagine risulta un fotomontaggio; gli abbaini sul tetto risultano di numero inferiore a quelli reali, le finestre appaiono tutte finte, anche altri piccoli particolari fanno pensare alla foto di un progetto e non alla realizzazione finale. Ricordiamo che l’architetto fu Ottavio Ganzoni di Promontogno, attivo all’inizio del secolo con alcune importanti realizzazioni in valle 271 Due immagini dell‘Albergo Helvetia: una falsa l‘altra vera. Essere o apparire? Walter Coretti Oggi spesso in molti ambiti quello che conta è apparire. Mi sono chiesto in che modo questo corrispondesse alla realtà delle prime cartoline della nostra valle. Parliamo quindi di immagini di fine 800, inizi 900. La risposta, a mio parere, è stata confortante: due soli falsi, entrambi di alberghi, evidentemente per aumentarne l’imponenza e renderli quindi più attrattivi ai numerosi turisti che già in quell’epoca visitavano la nostra valle. Fotomontaggio... accalappia-clienti Rispetto alla costruzione reale, le due cartoline hanno caratteristiche diverse: Nella prima con un abile fotomontaggio l‘altezza e l’imponenza dell‘Hotel Bregaglia sono state modificate con l‘aggiunta di un piano e di ali laterali assolutamente inesistenti nella costruzione reale riportata nella terza immagine Almanacco del Grigioni Italiano 2011 L’erica arborea (Baumerika) Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Remo Maurizio Nella seconda addirittura l’ambiente è stato falsato con un primo piano dell’albergo e mettendo il paese sullo sfondo al fine di far risaltare l’imponenza dell’Hotel. Il medesimo fotomontaggio si trova anche in alcune pubblicità dell’epoca 272 273 Cespugli di erica arborea radicati su una roccia. Foto dell’autore È una pianta mediterranea cespugliosa, sempreverde, alta alcuni metri, con tronco e rami legnosi. Le foglie sono piccole e aghiformi. I fiori si presentano rosei, solitari o riuniti in verticilli (cioè sullo stesso piano intorno al ramo). L’erica arborea ama il caldo. Cresce abbondante sui pendii asciutti e solativi della Val Chiavenna. Raggiunge gli 800 metri s.l.m. all’imbocco della Val Codera, ma non è più presente al confine italo-svizzero di Castasegna. Infatti si ferma presso le cascate dell’Acqua Fraggia, a ca. 5,5 km dalla frontiera italo-svizzera. Qui si situa il posto di ritrovamento naturale più a nord dell’intero arco alpino. Quello dell’Acqua Fraggia è quindi un posto degno di essere menzionato, ma soprattutto di essere protetto e mantenuto. In Svizzera l’erica arborea non cresce spontanea, neppure nel sud del Canton Ticino. Per ultima l’immagine reale in una cartolina che pubblicizza le caratteristiche dell’Hotel Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Com’è la Varroa? Sembra uno scudo di un antico guerriero greco: piatto ed ellittico. Color rossiccio fino a rosso scuro quasi nero; le dimensioni sono contenute da 1,5 a 2 mm. Rostro, zampe (ben otto!!) e corpo tutto sotto lo scudo tanto per non dare nell’occhio e sentirsi ben protetto. Per quanto piccolo, questo acaro si distingue bene ad occhio nudo anche se cerca in genere di infilarsi fra le connessure della corazza dell’ape per suggere l’emolinfa dove l’esoscheletro è più debole e quindi non sempre è in posizioni ben visibili. Ovviamente stiamo parlando di individui femminili. I maschi sono talmente insignificanti nelle dimensioni e nel ruolo comparsa, assegnato nel dramma più complessivo, che non vale neppure la pena di menzionarli. Perché la Varroa è un terribile nemico? Perché è difficile da contrastare, ha alto numero di generazioni all’anno e, con queste, Qui la Bregaglia Giampaolo Palmieri 274 Su invito di Pro Natura Bregaglia e degli Apicoltori bregagliotti il signor Palmieri, presidente dell’Associazione Produttori Apistici della provincia di Sondrio, ha tenuto una serata informativa sulle api, le loro particolarità, la loro cura e la gioia che ci possono dare, non solo attraverso la produzione del miele e della cera, ma anche con la loro compagnia. Sono felice che in quell’occassione abbia spontaneamente accettato di scrivere un articolo per il nostro Almanacco, in cui spiega in modo chiaro ed interessante il problema più grande che i nostri apicoltori stanno affrontando ormai da alcuni anni. N.d.R. Aspettava solo un attimo di disattenzione. Poi scivolò silenziosa fra quelle giovani vite della nursary. Diabolicamente, senza intoppi, raggiunse la culla e si nascose mentre le amorevoli cure degli adulti provvedevano all’alimentazione della piccola creatura. Quietamente attese che il pudico tendaggio a protezione dell’ultimo sonno di gioventù fosse ben steso per potersi poi abbandonare al suo vampiresco pasto. La vittima è impotente, ferma e muta. Le sorelle camminano poco sopra ma non si possono accorgere del dramma che si sta consumando nella celletta sotto di loro. Con il rostro la Varroa provvederà a pungere più volte la pupa per succhiarne il sangue, ovvero l’emolinfa. Così ben nutrita potrà figliare. Due generazioni e mezzo – ma anche tre a carico di una sola pupa. Non è un caso che la culla spesso si trasforma in tomba o che le api nascono fortemente handicappate. Questo vampiro viene dall’oriente ma lì le api hanno elaborato delle tecniche di spulciamento collaborativo che tende a limitare una forte capacità di adattamento. Insorgono facilmente fenomeni di resistenza ovvero presenta una notevole capacità ad assuefarsi alla sostanze chimiche che vengono impiegate per combatterla. A ciò si affianca anche la capacità di adeguare rapidamente il proprio comportamento biologico al mutare delle esigenze. I trattamenti operati dall’uomo, ad esempio, colpiscono solo le Varroe quando queste parassitizzano le api adulte. Nell’ultimo decennio abbiamo notato che hanno imparato a ridurre il periodo che passano sulle api adulte, prediligendo un maggior soggiorno fra la covata, rimanendo così meno esposte all’azione dell’apicoltore. I metodi di lotta sono poi resi complessi anche dalle affinità biologiche esistenti fra ospite e vittima: difficile trovare sostanze letali per la Varroa ed innocue per le api. La scelta dei prodotti e dei protocolli è complicata anche dalla necessità di salvaguardare la purezza e la qua- Ape con le ali atrofizzate Qui la Bregaglia Un vampiro si aggira per gli alveari 275 Varroa su ape. Le foto: archivio dell’autore la presenza di questo parassita. Hanno impiegato secoli, anzi forse millenni per scrivere questo nel loro DNA . Per le nostre non è così. La minaccia è troppo recente perché le vittime elaborino biologicamente una strategia altrettanto vincente e poi, essendo allevate, l’evoluzione e la difesa della specie non è più affare della Natura ma ormai pressoché completamente delegata all’uomo. Strano come in questa società di insetti cooperazione ed individualismo siano sempre presenti in modo antitetico. E come fanno fatica ad apprendere un gesto di cooperazione e di amore in più !! Vien sempre un brivido quando si riflette sulle analogie che rivelano con l’uomo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 «Al mül dal Pasini» 276 Varroa su pupa. Foto: archivio dell’autore lità del miele e della cera da ogni possibile contaminazione. I prodotti utilizzati devono inoltre, ovviamente, rispondere ai requisiti di legge e alle procedure di studio e verifica previsti per la registrazione dei farmaci. Norme più che giuste ma i tempi della ricerca, gli interessi economici delle case produttrici, la burocrazia e i tempi di registrazione dei farmaci veterinari non sempre sono così tempestivi ed adeguati ai ritmi di adattamento di questo acaro. E le forti mortalità degli alveari che si sono registrate negli ultimi anni? A mio avviso sono quasi tutte legate al flagello: Varroa destruttor (il cognome sarà banale ma il nome è tutto un programma). Le famiglie di api una volta indebolite dagli attacchi del parassita perdono la capacità di difesa e di riequilibrio anche in merito ad altre patologie. Sono come i pazienti che debilitati, muoiono poi di polmonite per un semplice colpo d’aria. Le punture delle Varroe sulle api adulte, ad esempio, non portano alla morte ma sono vettori di virus. Le api indebolite da questo parassita, specie in inverno, faticano, inoltre, a effettuare i voli di purificazioni e così le feci sono trattenute per molti più giorni e possono contribuire a favorire la nosemiasi, patologia intestinale determinata da un protozoo (anzi adesso classificato fra i miceti). Una patologia che in alcuni casi è molto diffusa e pericolosa. Negli ultimi anni si parla soprattutto di una forma di Nosema, il ceranae che si presenta senza manifestare i sintomi classici della patologia e quindi più difficile da diagnosticare senza un buon supporto tecnico di laboratorio. Non si può che concludere che salvare le api è basilare perché esse hanno una capacità di impollinazione che è pressoché unica. Sono importanti per l’agricoltura e soprattutto per l’ambiente, se vogliamo ancora rivedere, anno dopo anno, la grande quantità di fiori a cui siamo abituati: nei prati, nei boschi, dei nostri luoghi del cuore. Io ho lavorato ai tempi della costruzione degli impianti delle forze idriche della Bregaglia nella direzione dei lavori della città di Zurigo su tutti i cantieri della Bregaglia. Avevo imparato il mestiere del muratore. Finito la scuola reclute tornai in valle nel periodo in cui erano iniziati i primi lavori di costruzione degli impianti. Vi voglio raccontare una storiella che mi capitò sul cantiere di Murtaira, ai tempi chiamato il K2, perché poco prima Achille Compagnoni aveva conquistato la vetta del K2 nell’Himalaja. Il cantiere di Murtaria era un cantiere molto ripido, impegnativo e faticoso. Il collegamento fra le baracche e le opere di costruzioni era garantito da scale di legno che contavano più di 350 scalini. Alla fine dei lavori nel cantiere del Plancanin si smontarono tutte le installazioni. Quando avemmo finito di smontare le installazioni, arrivò una telefonata dell’ingegnere in capo, signor Zingg, che si trovava a Zurigo. Diceva che il giorno dopo ci sarebbe stata una seduta straordinaria alle ore 16:00 nell’ufficio a Vicosoprano che si trovava nell’Elvezia. Il giorno dopo ci trovammo in 15 tra ingegneri, technici e un muratore nell’ufficio a Vicosoprano. In apertura il signor Zingg, ingenere in capo, disse che avevano deciso di eseguire ulteriori lavori nelle strutture esterne del cantiere del Plancanin per cui servivano diverse tonnellate di cemento. Dalla galleria che dal Plancanin porta a Murtaira il binario era stato tolto e dunque i mezzi meccanici vi non potevano più entrare. La domanda a cui bisognava dare una risposta era dunque: come portare le diverse tonnellate di cemento mancanti al Plancanin? Io ero seduto in un angolo del tavolo, avevo solo il diploma di muratore e mi sentivo quasi minorato. Il signor Zingg era una persona che parlava con grande autorità e voleva una soluzione immediata. A quei tempi non si faceva uso degli elicotteri. Tutti i cervelloni esposero la loro idea, ma erano soluzioni troppo costose. Il signor Zingg guardò dalla mia parte e mi chiese come avrei fatto io. Un’idea ce l’avevo. Risposi che forse si poteva fare così: prendere un mulo, portarlo con la teleferica fino al portale della galleria di Murtaira e lì utilizzare i caretti della revisione delle gallerie, caricarli di cemento e farli tirare dal mulo fino al Plancanin. Tutti scopiarono in una risata e mi dissero che era una cosa impossibile. Io ci restai un po’ male, ma non dissi niente. Dopo un istante riprese la parola il signor Zingg e disse: «Perché no, questa può essere un’idea realizzabile.» I grandi cervelloni ci restarono male, il signor Zingg chiuse la seduta e mi fece fermare per discutere il mio progetto. Dopo la discussione mi diede luce verde e io mi impegnai ad eseguirlo. Il giorno dopo girai la valle per vedere se c’era la possibilità di ottenere un mulo per questo tipo di lavoro. Lo trovai a Roticcio dal sigonr Emilio Pasini. Dopo aver contrattato con il signor Pasini, misi subito per iscritto il contratto. Il signor Pasini mi assicurò che lui avrebbe portato il mulo fino al portale della galleria di Murtaira. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Giorgio Derungs 277 Agganciata la barella, partimmo, io ero sulla pedana, perchè nella barella c’era il mulo. All’inizio tutto andò bene, ma arrivato sopra le case di Ca d’Faret ad un’altezza di cira 80 metri, il nostro macchinista avrebbe dovuto rallentare la teleferica e procedere a marcia ridotta. Ma non fu così, la teleferica viaggiava a grande velocità e all’inizio della salita si bloccò. Il nostro buon Gian si era addormentato. Il mulo cominciò a dare calci e spaccò tutte le pareti. I pezzi delle assi cascarono poco lontano dalle case del bel maggese. Io mi tenevo alla barella e cercavo di calmare il mulo. Dopo un momento la teleferica riprese a muoversi. Sulla barella con il mulo a valle Sulla barella con il mulo in cima alla teleferica vecchia di Murtaira Arrivati al portale della galleria, il signor Rähs non fermò la teleferica sul pilone ma cira 3 metri prima. Restai appeso mentre il telefono suonava, ma non potevo uscire. Rähs avrebbe potuto vedere sul suo quadrante, dove mi trovavo, ma non si spostava di una virgola. Per fortuna uscì un operaio dalla galleria. Così gli dissi: «Vai sul pilone e telefona per dirgli di tirare ancora 3 metri.» La manovra funzionò. porta stagna aveva circa un’altezza di 1.65 m e 80 cm di larghezza. Tentammo di convincere il mulo, gli prendemmo le gambe anteriori e gliele piegammo sotto la pancia. Il mulo era come in ginocchio. Davanti tiravano e dietro spingevano. L’operazione riuscì, il mulo fu introdotto nella galleria, lì si rimise in piedi. Dopo introducemmo i 5 carretti in galleria, li legammo assieme e li caricammo con i sacchi di cemento. Su un carro avevano posto 20 sacchi, dunque potevamo trasportare 100 sacchi per volta. Quindi legammo il mulo con le dovute stanghe ai carri. Nella galleria non c’era nessuna fonte di luce, ci servivamo di lampade a carburo. Ognuno ne aveva una. Dopo avere preparato il carico per bene, io salii sul carro e presi in mano le redini per guidare il mulo. Dissi agli altri di spingere i carri alla partenza e poi salire sul carro. Appena i carri furono messi in movimento, diedi un hü hü; il mio hü rinbombò nella galleria e il mulo si Calammo la barella sulla strada che portava all’imbocco della galleria, lì presi il mulo, lo codussi nel portale e gli diedi da mangiare. Il mulo si era calmato e potei legarlo davanti al camerone della galleria, dove gli avevamo preparato un bel posto. Il giorno dopo preparammo i carri per la partenza. Andammo con il mulo fino alla porta stagna della galleria e ci accorgemmo che il mulo non passava in altezza. Che fare? La spaventò. Comiciò a correre come un dannato. Le luci si spensero all’istante, tutto era oscuro e il mulo correva e correva come un pazzo. Io mi sono orientato solo quando, arrivato nel punto della galleria dove c’è una curva, capii che potevamo essere presto al Plancanin. Avevo dato l’ordine di aprire la porta provvisoria, ma non si vedeva nessuna luce. Si sentì un colpo battere sulla parete provvisoria, il mulo diede un raglio e tutto tornò silenzioso. Scendemmo dal carro e rimettemmo in azione le nostre lampade a carburo. Il mulo era sdraiato sulla soletta della galleria come stecchito. Tentammo di slacciarlo e spingemmo indietro i carri. Nel frattempo la squadra che lavorava all’esterno aprì la porta provvisoria. Provammo a spingere il mulo fuori dalla galleria, ma non si muoveva, sembrava morto. Lo lasciammo quieto per un’oretta. Non dava nessun segno di vita. Io ero preoccupato. Ad un tratto dal dissabbiatore del Plancanin entrò un raggio di sole. Io non smettevo di ossevare il mulo e mi parve che in quel raggio di luce muovesse un orecchio. Gli andai vicino, gli accarezzai la testa e il mulo aprì gli occhi. Io dissi fra me: «Che Dio me la mandi buona.» Dopo aver scaricato il cemento e girato i carri, fummo pronti per il ritorno. Mi avvicinai al mulo, gli misi una mano sulla schiena e lo feci alzare, tutto funzionò per il meglio. Presi il mulo ed entrai di nuovo in galleria. Lì allacciammo i carri vuoti e tornammo a Murtaira con un passo normale. Dopo quell’inizio cruento il mulo fu per tutto il tempo molto docile e tutto funzionò nel modo migliore. Con l’aiuto del mulo portavamo 500 sacchi di cemento al giorno al Plancanin e gli operai non riuscivano a consumarlo alla stessa velocità. Alla fine dell’operazione mulo il signor Zingg, ingegnere in capo, mi ringraziò e mi invitò a mangiare un buon pranzo. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 278 Il prezzo che chiedeva ammontava a 16 franchi al giorno più 2 franchi al giorno per il fieno. Io non avevo nessuna conoscenza in fatto di muli. Nella stazione a valle di Murtaira avevo modificato la barella, montando delle sponde alte circa 1 metro. La mattina Emilio si presentò con il mulo. Gli chiesi se andasse tutto bene. Mi rispose di sì, ma che lui non sarebbe salito sulla barella con il mulo. Io mi arrabbiai parecchio e gli feci notare che il nostro contratto diceva così. Ma lui non cedette. Cosa mi toccò fare? Dovetti salire io stesso assieme al mulo. Quando alzammo la barella per agganciarla alla teleferica, il mulo si accorse di non trovarsi più sulla terra ferma, comiciò a dare calci e spaccò tutte le sponde. Calammo dunque la barella, togliemmo il mulo e inchiodammo delle pareti più solide, quindi abbassai la pedana e caricammo nuovamento il mulo sulla barella, lo legammo e gli sistemammo una coperta militare sulla testa. Al macchinista, signor Rähs Gian, che ognitanto si addormentava, dissi di fare attenzione e di regolare bene la velocità, in modo che la barella non dondolasse sul filo. Mi rispose: «Vai pure e fidati di me.» 279 Gianin Gianotti Ringraziamo di cuore la signora Sina Fasciati che ci ha fatto pervenire questo teatrino scritto dal maestro Gianin Lögh: Qui la Bregaglia 280 Aldo G.: Erwin : Luigi: Ernesto: Giacum: Erwin: Ernesto: Ernesto: Mario: Giacum: Ernesto: Erwin: Mario: Luigi: Aldo G.: Ernesto: Giacum: Aldo G.: Ernesto: Luigi: Erwin: Ernesto: Gianotti di Vicosoprano per rievocare i fatti salienti della vita del comune negli anni che seguirono la costruzione della diga dell’Albigna e inscenato dagli allievi di secondaria durante la sera di Calendimarzo del 1961. [N.d.R.] Davant el Pretorio, üna seira da l’invern dal 1961. (As zära l’üsc dal Pretorio e vegnan ora 5 oman: Erwin, Luigi, Aldo Giovanoli, Mario e Giacum) Um à facc ün bun pass inavant. Ma ai l’è vulüda tüta. Urmai as sà, er la mear idea l’incuntra sempar ün po’ da cuntrarietà. (Al riva giò par sträda e al fa par indär via e legiar i avis) Vualtar da Ruticc u rivà sempar in ritard. La radunanza l’è bela e sciünäda. Am è rincrasciü da nu veir pudü rivär ora e temp, ma l’è üna strädacia. Ce vev decis innura sta seira? Ie à l’impresciun ca la sea indacia ben e c’um abbia töcc bunan decisiun. (Vers l’Ernesto) Um sè gnii e quela da numinär üna dele‑ gaziun. Üna delegaziun, ma parciè mai e cun ce incumbenza? Üna delegaziun ch’ingiarà fin in Sardegna. Indu’ el pö sta Sardegna? Ie cun tüt lan scola ca ie à giü, nu ‘n à mai santii numinär. Ma er ie ‘n à capii poch. Al segretari l’à dascorz ün po’ ent i snuz e ie nu à capii ben. Ma l’à da essar giò daspair Ginevra. La Sardegna l’è e süd da Genova e mia da Ginevra. L’è ün’isola immez el mär. Ie à l’impresciun ca u zavairà tüc insemal. Parciè pö üna delegaziun da mandär immez el mär? A, ie capisc ben ca tü ‘t disinteressa dii noss affari da cu‑ mün, tü ca tü è sagiür ent sü la ti bela mota da Ruticc, ma nualtar or chilò, l’è diferent. Ben dicia. Ma ie nu sà ci pericul ca possan esistar par vualtar daplü cu par nualtar. As trata da la diga. Tü sà ben ca l’è sfessa. A, quel l’è ün pezz ca ie ‘l sà. Ma l’è la facenda da la dele‑ gaziun ca ie nu capisc mia. Luigi: Erwin: Aldo G.: Ernesto: Giacum: Ernesto: Erwin: Ben, sci dà ement. Um à numinaa üna delegaziun da tre ca ingiarà in Sardegna e fär ün’urdinaziun da sügar, cioè da legn da calcun, par pudeir stupär ent lan sfessa da la diga. Ben preist ai sarà la racolta dal legn da calcun lagiò e um à panzaa da ‘s an fär rivär sü 4 o 5 vagun. Tant ün po’ daplü o ün po’ da manch nu fagiarà pö mia ora tant. Al legn da calcun nu ‘l peisa pö mia inscì tant. Ma ca ai àn vola propi inscì ün grand quantitativ? L’altar dì l’è stacc chilò ün ingegner e l’à da veir dicc ca almanch 3 vagun ai àn vuless. Ma innura parciè mai an cumandär 4 o 5 vagun, sa an bastan tre? Üna scorta da calcun l’ingiarà sempar ben da la veir là. Um pò forza stupär giò er i böc da la sträda ent al pais. (is sentan giò sü la banca) (vegnan or da l’üsc: Gino, Aldo, Fritz, Silvano, Nicolin, Rodolfo, Carlo Maffei, Carlo Pedroni e Adriano) Gino: Am pär ca la sea indacia ben! Silvano: Insoma, e la scola nu ‘s ai dà mai impurtanza ebonda. Aldo: Ma ben, iss cun tüt quel prolungament, ie penz c’um à facc ün bun pass inavant e c’um camina cul temp. Carlo P.: Parciè, fin in iss at paräva c’um füss stacc or da temp? Aldo: Nu ‘s trata da quel. Sa um vol stär in cuncurenza cul Tascin, um à da slungär lan scola. Rodolfo: Iss quela dal fil eletrich par ciürär al bas-ciam d’aton am pär üna buna idea. Par an fär ün bun afare, um varà ben da stär insemal. Carlo P.: E i pastret gnirann giò da moda. Nicolin: As pò forza guardär cun la cità da Zürigh, ca as cunceda anca ün suplement d’energia gratuida par cargär lan bataria. Silvano: I füssan forza interessaa er quii dii Euclid. I àn quasi sempar dascargaa lan bataria quii mostar d’afari. Adriano: Is àn facc ün bun sarvesci cun quii Euclid. Aldo P.: E i fann pirlär da mincadì e er da dumenga ogni tant... Adriano: Ie à parò l’impresciun ca i vessan da cuntinuär sü bel drizz e sa ‘l fa dasbögn da taiär ora er ün po’ da bosch. Nicolin: E fond i àn d’indär giò. Innura tü avdarà ca ‘l cessa er l’aua ent lan canva. Gino: A ba, ba! Quel l’à da essar aua ca vegn sü d’ingiò e ‘l sarà dificil da ‘s la dastör. Fritz: Das glaub’i au, was de Gino da seit. Das Wasser kunnt ganz b’stimmt vo una ufa. Ja nu, das wömmer jetz scho meistera. Jetz hämmer ja au as Wort z’säga. Oder was denkst du Karl? Carlo M.: Es ka scho si, es ka scho si. ‘S isch aber kalt do, i gon ufa. Aldo P.: Cun tüt quel mücc da rapan ch’is mandan sü quii da Zürigh, cassa um varal pö da tör e man? Rodolfo: Par quel nu veir mia tema. Am vegn ben libar in qualci maneira. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia «Attività püblica» 281 L’idea da la suvrastanza da rinovär al Pretorio par farmär quii ca vann in Italia, sa i fann la sträda or da pais, am pär ca la merita da essar sustagnida. Al sarà pö er da guardär indua ca ‘s ingiarà cun la pumpa. (La scena la reista ün mument vöida, pö as sent vusc. Al riva lan dona dal Frauenverein) Zilla: Lidia: M.Louise: Lidia: Ada: M.Louise: Ma guardà, guardà, i àn già tracc al carnacc! Ca la sea già sciünäda la radünanza? L’è già tüt smuranzaa. Sci ie scumet ca nu l’è mianca smuranzaa dapartüt. O dia, dia, i noss oman i sarann già e ciäsa e ‘s spaciär. Al me al sarà già sü tüt intent dree la si cuntabilità. Incur ca ‘s met dree e trär cià i se furmulari al pär al segretari dal Cilè. (As tragiand ün po’ da la banda e guardär la faciäda dal Pretorio) Essar, sto Pretorio, l’è sciont ün edifizi interessant. L’è pü rär cu ünich in tüt la Svizzra. Ma ce disciat mai, pü rär cu ünich? Ma scì, cui se sgrafit, al se stemma, la berlina e la campanelina. Ci sà sa ‘l Heimatschutz al darà vargot er par al Pretorio? Quel nu crech mia, l’à già suvenziunaa fort al fonc giò sül tecc da la tor quädra. A l’è suvenziunaa dal Heimatschutz quel bel guafan par l’alarm? Ie nu saväva mia. Nu eni mia giü ent, enta Ruticc e vendar i talar da ciculata? A, altar che. Sa ‘s trata da trär ent rapan, i sann ben indu’ ca l’è Ruticc. Ma ben, sci i àn sarvii e ün bun scopo. L’è doma da sparär ca la sirena nu l’abbia mai da funziunär. Brr! Che freid... (As invia) Ingem er nualtar sü la Corona. Ma scì, u no Rodolfo, c’um cacia davent l’avarizia intant ca l’è anca temp. (I vann) Ie vun sü er ie e ‘n beivar ün quintin da quel blanch. Ie, par al me stomach, l’è forza mear üna Rivella o ün’aua minerale. Quela am plascess ben er e ie, ma am dà dalunga ent la teista e ent lan gamba. (Qualci altar vann) Hei, hei! Ingem e ‘n beivar ün got. (Al guarda sül larogi) Fin e l’ura da pulizia al và anca ün bun mument. (I vann tüc) Zilla: Ma scì, cun quel corz da cuntabilità i päran tüt quant in‑ diavulaa. Is dasmencan parfin d’indär e mungiar lan vaca. Emilia: Bun ca ‘l me om l’è tant sbrigativ. L’à già riempii e cunse‑ gnaa tüt lan scheda d’imposta e inscia um pudarà veir ün bel Calendamarz in päsc. M.Louise: (la dà ement) Altar che indacc e ciäsa i oman, am pär dai santir e cantär. Emilia: Ma ce disciat mai, da quistan ura? Ada: Altrochè, i cantan la Montanara. (La cantarela dree) Zilla: Ma chilò l’è ora ün avis növ. Lidia: Lecc sü da fort, ca ie nu trov plü i me ugei! (La cerca giò la tasca) M.Louise: Sci det bun e ment, l’è propi vargot par nualtran dona: (La leg) Per l’istituenda grande industria di plastica, cercan‑ si in tutti i villaggi della Bregaglia brave e fidate donne e giovanette di entrambe le confessioni e di ogni età. Lavoro facile e pulito: ottime e garantite condizioni di paga. Da annunciarsi entro il 1. aprile al Comitato Pro Plastica Bregagliotto. Ün pair: O, ma guardà mo ci bel. Altran: E ci buna ucasciun par guadagnär bii rapan! M.Louise: Ie già m’anunc. Ada: Er ie! Zilla: Er ie! Lidia: Ma e tüc i facc da ciäsa? Zilla: Ö, issa cun tüt lan machina ca ‘s trova. M.Louise: L’è già rivaa prospet d’üna machina ca läva, stira, supressa e cuncia ent i böcc. Ada: E par cuscinär, ie già ie crump üna machina par fär pommes frîtes. Lidia: E cun tüt quel ca ‘s guadagna, as pudarà pö er crumpär üna machina ca läva i piat. Zilla: Forza er ca an vanza anca er par la televisciun. M.Louise: Ahi, ci belezza! E ci bii temp ca ‘m và incuntar! Ada: Ma la fabrica indu’ gnirala pö? Zilla: Incus’ ca ie à santii dir, i volan fabricär or al bar da lan norza. M.Louise: E ie am plascess daplü sü Camplungh e sul. Emilia: Ca ‘s vess pö da caminär tüc i dì fin lassü? Ada: Par quel, inciö, cun üna teleferica al füss facil cumbinär. Lidia: Ma basta, ie già nu sun mia tant da quela. Emilia: L’è mear ca ‘m ai dorma anca sura. M.L. e Ada: Scì, scì, ingem e lecc, buna nöcc. Zilla: Arivederci mardì ca vegn! Buna nöcc! Lidia: E nu dasmancà mia da tör dree tüc i lavureri par la tombola. Buna nöcc e tütan. Tütan: Buna nöcc. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 282 Nicolin: Silvano: Erwin: Adriano: Mario: Giacum: Rodolfo: Gino: Ernesto: Nicolin: Ernesto: Luigi: Erwin: Carlo M.: Rodolfo: Aldo P.: Nicolin: Adriano: Nicolin: Ernesto: 283 Continua il diario di Andrea Ganzoni Ilda Rezzoli Ursina Negrini-Ganzoni Dopo le annotazioni dell’anno 1899, pubblicate nell’Almanacco dell’anno scorso, ecco quelle riguardanti il 1900 millenovecento. Qui la Bregaglia 1° Gennaio Essendo ieri Domenica, si festeg- 284 Dato che in passato le persone venivano battezzate spesso con i nomi dei genitori, nonni o zii, quasi tutti gli uomini di Soglio si chiamavano: Gaudenzio, Andrea o Antonio. Per le donne sceglievano: Anna, Maria, Caterina… Per questo motivo c’era una grande quantità di persone con lo stesso nome e spesso anche con lo stesso cognome. I soprannomi furono introdotti, dunque, per riuscire a distinguerli tra loro. Mi permetto di elencarne alcuni, sperando di non offendere nessuno. Siccome sono nata in una famiglia di Giovanoli, e questi erano i più numerosi, incomincio da loro: I Barbun – Giovanoli da parte di mia madre I Fadrich – Giovanoli da parte di mio padre I Pipetta – Giovanoli della casa Max I Curasin in gamba – Giovanoli,1. stirpe I Curasin – Giovanoli chiamati anche Bülo o Cantante, 2. stirpe I Foll – Giovanoli chiamati anche al femminile Lan Folla, perché avevano tante figlie I Malera – Giovanoli che oggi vivono sia a Soglio che nei villaggi della valle I Mutella – Giovanoli che oggi si trovano a Vicosoprano e vengono chiamati anche Mutelin I Oscar – Giovanoli di Spino, famiglia numerosa il cui padre si chiamava Oscar I Cuasecca – Giovanoli di Bondo I Fadrigott o I Cua – Giovanoli trasferitisi a Coltura e Borgonovo I Giuanöl – Giovanoli trasferitisi a Coltura I Ghirei – Giovanoli trasferitisi a Bondo, Fex e Maloja Al Biond – un Giovanoli biondo, più unico che raro Molte famiglie Giovanoli con tanti figli si trasferirono a Bivio – Cavreccia. C’erano anche altre famiglie di Soglio con dei soprannomi: I Corett – Coretti I Treila – Torriani I Vustin – Torriani il cui nome si perse, perché i maschi non si sposarono e le figlie non lo tramandarono I Misott, I Polin, i Martin – Pool con diversi figlie e figlie in e fuori valle I Gianotti – famiglia scomparsa a Soglio I Nunzi – figli trasferiti a Vicosoprano e fuori valle I Suentar, I Zafun o Lan Calgheira (figlie di un calzolaio) – Fasciati I Sallasc, I Curdinei – Salis trasferitisi a Montaccio, Vicosoprano e fuori valle I Ricc, I Mulineir o I Fanni – Ruinelli Quando abitavo ancora a Soglio c’erano già alcune famiglie che erano venute da fuori ed erano: I Willy, i Filschki, i Schumacher e i Wazzau. giò St. Silvestro più del solito. Come d’uso alla sera ci fu funzione nella chiesa. In seguito poi chi se ne andò a casa, e chi in compagnia cercò di divertirsi dappiù recandosi nelle bettole. Da ciò che si sente dappertutto si cominciò il nuovo anno in buona armonia e speriamo dunque di finirlo pure così. Io con diversi amici passai il mio St. Silvestro al Palazz, ove si fece piccola cena e fra discussioni e canto ci si restò sin verso mattina. Incominciammo l’anno con pioggia tutto il dì. 7 gen. Notte durante, neve, 10 cm. Cominciò di poi a piovere e detta neve si sciolse rapidamente. Dopomezzodì si tirò lo slittone e si va coi carri sino a Vicosoprano. 13 gen. Bel giorno. Tenor dire dei vecchi ai 13 di questo mese, il sole, dopo la sua assenza di circa un mese e mezzo, doveva tornare a dare un’occhiata sino alla nostra casa, ma malgrado il bel tempo, non potei osservare nulla. 20 e 21° gen. Bel tempo, vento favonio. La sera gran ballo della gioventù all’albergo Bregaglia. Ci fu forte concorso di ballerini e ballerine e tutto finì in allegria e per bene. 2 Febbraio Stanotte venne altra neve, e rag- giungeva l’altezza di circa 10-12 cm. Si tirò lo slittone e si va coi carri tuttora sino a Vicosoprano. Dopomezzodì venne un po’di pioggia cosicché la neve di nuovo se ne va in acqua. 4 feb. Neve e pioggia. Essendo io senza occupazione stabile, mi sembrano lunghi e noiosi i giorni di lavoro, ma infine in uno o nell’altro modo, c’è sempre mezzo di farli passare. Non così invece è il caso colle domeniche. Restando un po’di più nel letto che gli altri giorni, passa in qualche maniera l’avanti mezzodì, il dopomezzodì però non finisce più. All’una e un quarto, ora, d’inverno c’è la predica, ma al giorno d’oggi che tutti credono d’esser sapienti abbastanza, specialmente del sesso maschile, ben pochi ci vanno. Sortendo quindi dalla chiesa bisogna tornar a casa, oppure se si vuol passare qualche ora in compagnia recarsi nelle bettole. Sin qui pazienza. Se almeno nelle taverne si trovasse buona compagnia da potersi trattenere in qualche utile discussione ecc. ecc. non vorrei dir nulla. Al contrario però in tutte le osterie non si fa che giocare Jass, 3/7 e che so io, da mezzodì sino a sera ed anche dopo cena si comincia con tal nobile divertimento. È dunque chiaro che per un avversario del giuoco come lo sono io, una domenica d’inverno dopomezzodì riesce di vera noja. 5 feb. Giorno mediocre, caldo. La neve è quasi completamente sparita. Le strade però sono ancora fangose e cattive. Nella vicina Italia, regna in diversi siti l’influenza. Da noi sin ora grazie a Dio, ancor non si fece sentire. Malgrado il tempaccio umido di questi ultimi giorni salvo qualche piccolo raffreddore, la salute qui è in generale buona. 16 feb. Giornata senza vento ma nuvola, tempaccio perfido ossia unliebliches Wetter come si dice in tedesco. In questi giorni transita nuovamente molta merce pell’Engadina, come al solito sempre vino e carbone, ciò che nello scorso gennaio non fu il caso. Il cambio da carro a slitta si fa ancora a Vicosoprano. 20 feb. La scorsa notte cadde alquanta neve, circa 15 cm. Ebbimo di poi neve mista con pioggia. Le strade son pessime. La posta del dopomezzodì proveniente da Samedan arrivò con oltre un’ora di ritardo. 25 feb. Domenica. Bellissima giornata. Ai crotti, essendoci ancor un po’ di neve, non si potè stare all’aperto. Nei luoghi ove c’è molto sole la neve è quasi via, però le strade sono ancor fangose e cattive. 5 Marzo Continua il vento. Sereno ma fred- do. In una stalla a Casaccia scoppiò la zoppina, e sembra sia stata importata con fieno Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Cognomi e soprannomi di Soglio e dintorni 285 subito condotta all’istituto Pasteur a Milano, onde essere curata. Anche a Castasegna per sospetto d’idrofobia si uccise un cane. Poveri noi se la malattia si propagasse, colla massa di cani grandi e piccoli che oggidì girano pelle strade. Soltanto sul territorio di Promontogno e Bondo ce ne sono attualmente 13, a Spino 3. Molti proprietari farebbero meglio d’impiegare i franchi 4 che pagano di tassa pel loro cane, per comperare polenta pelle loro famiglie. 17 marzo Merito ai cani idrofobi dei quali ne parlai giorni fa, vien fatta la seguente pubblicazione nel foglio ufficiale Cantonale: «Der Hundebann ist im Engadin und Puschlav verhängt. Die Hunde müssen an einem sicheren Orte eingeschlossen oder mit einem metallenen Maulkorb versehen werden. Die gebissenen Personen werden der Pasteur’schen Impfung unterworfen, die mit dem getöteten Hund im Berührung gewesenen Hunde & Katzen werden getötet. Herrenlose Hunde werden wie immer aufgefangen und sofern sie nicht innert 6 Tagen zurückverlangt werden amtlich beseitigt. Als Herrenlos gelten: a) Hunde welche kein Halsband , oder ein solches ohne eine gültige Marke tragen; b) Hunde mit Halsband und Marke welche ohne Eigentümer in einer Entfernung von wenigstens 5 Km vom Wohnort dieser letzteren herumstreifen». 20 marzo Fiera di San Giuseppe a Chiavenna. A motivo della zoppina che regna nella provincia di Sondrio sono chiusi i passi pel bestiame bovino e porcino, percui la frequenza dei bregagliotti a detta fiera quest’anno non fu grande. Del resto le fiere oggidì eccettuato pell’acquisto di cavalli od altri animali, perdono vieppiù d’importanza giacchè pella compra d’altri generi dappertutto ci sono botteghe. Oltracciò i commessi viaggiatori e mercanti ambulanti non mancano di girare pelle case, offrendo merci più di quello che fa bisogno. Basta ad avere danaro, non si resta più intrigati! 22 marzo Pioggia e neve. Ebbe luogo l’esposizione cantonale dei tori di razza alla Plef. Vennero condotti sul piazzale 12 tori grandi e piccoli, belli e brutti. Dei quali però i tre esperti cantonali ( Braun di Coira, Ca- menisch di Sarn e Roffler di Jenatz ) non poterono ammetterne che la metà alla premiazione. 2 vennero premiati in 1a classe con fr. 70.– caduno. 2 in 2a classe con fr. 60.– caduno ed altri due in 3a classe con fr. 50.–. Anzi uno dei due ultimi causa mancanza di danaro non ricevette che menzione onorevole. Detta esposizione riguardava naturalmente solo il Circolo di Bregaglia. 25 marzo Cielo coperto e piuttosto freddo. Ai crotti si stava meglio accanto al fuoco che all’aperto. Oggi asta del legname di proprietà comunale, di una condotta proveniente dalla Bondasca. Tutta la partita era della misura di circa 1’500 m cubi. Alla detta asta si presentarono oltre ad alcuni negozianti nazionali, diversi negozianti italiani e l’esito fu buono! Il legname di fabbrica venne pagato fr. 18.– sin fr. 20.– il metro cubo; quello da bruciare fr. 3.– sin fr. 3.50 al metro cubo di volume, mentreché pel legname d’opera, trattasi naturalmente metro cubo massa compatta. 26 marzo Principiato oggi a concimare i prati che lo scorso autunno non vennero concimati. 28 marzo Venne ancora alquanta neve, di- modoché essa neve raggiungeva l’altezza di 25-30 cm. Di poi il cielo si schiarì e alcune occhiate di sole la fecero sciogliere più che la metà. Si tirò stamane lo slittone ma le strade sono pessime. Anche in montagna è caduta molta neve. La posta da Samedan del dopomezzodì arrivò qui con oltre mezz’ora di ritardo. 30 marzo Cielo coperto e vento. Freddo. Passano ancor giornalmente molti minatori diretti alla volta di Preda e Bevers. 1° aprile Vento e freddo, ma bella giornata. Ai crotti chi giuocava alle bocce, potè resistere all’aperto, gli altri dovettero ritirarsi presso al fuoco. Foto: Il personale che lavorava nell’albergo Bregaglia nel 1899. L’uomo con la croce è Camillo Ganzoni, fratello di Andrea e mio nonno Qui terminano le annotazioni giornaliere nel quader netto nero di Andrea Ganzoni. Sulle pagine seguenti sono annotate ricette di pasticcerie scritte un po’ in italiano e un po’ in francese da suo fratello Camillo Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 286 proveniente dall’Italia. Da ciò che pare, si son prese le volute misure onde localizzare la malattia. 6 marzo Ritornati oggi da Campacc col bestiame, ove eravamo dopo il 29 gennaio. 11 marzo Domenica. Bel giorno. Ai crotti si giuocò a bocce e si potè stare all’aperto a bere il solito bicchiere di vino, verso sera era tuttavia freschino. Stasera concerto della musica Concordia di Castasegna nella gran sala dell’Albergo Bregaglia. In seguito ballo. Le tasse d’entrata pel concerto sono fissate: pel concerto a fr. 1.50 pei primi posti, a fr. 1.– pei secondi posti; pel ballo fr. 1.–. In realtà tale festa è una speculazione della musica di Castasegna essendoché il ricavo va nella sua borsa, e secondo me sarebbe desiderabile se pochi ci prendessero parte a tal divertimento, che così forse in avvenire i nostri quacc (sopranome di quelli di Castasegna) se la vedono magra non s’arrischiassero poi di venire colle loro pagliacciate. Pazienza se le tasse d’entrata fossero più miti, ma per un concerto come ognuno se lo può immaginare, le tasse sud.te sono troppo alte, pelle nostre circostanze. 12 marzo Altra bella giornata. Il saputo concerto venne ieri sera frequentato discretamente. Sembra ci sia stata un’entrata di oltre fr. 100.–, ciò che vuol dire che malgrado la scarsità di danaro, per certe cose ce n’è sempre. Anche il ballo fu animato e durò sino alla mattina. 13 marzo Vento e bella giornata calda. Arrivarono oggi i primi tagliapietre che lavorano qui nelle cave intorno al villaggio. Giornalmente passano pure compagnie d’operai di tutte le generazioni, i quali si recano alla galleria dell’Albula, ed in parte anche a cercar lavoro altrove alla fortuna. 16 marzo Ieri nuvolo e freddo, oggi bel tempo e più mite. Da un cane idrofobo proveniente da Poschiavo o risp. dalla Valtellina vennero morse in Engadina due persone, diversi cani e bestiame bovino. Detto cane potè fortunatamente venir ucciso a Zuoz, tuttavia s’avrà ad attendere ora l’esito delle morsicature, che quei poveri infelici ricevettero dalla bestia arrabbiata. Una delle due persone, cioè la colpita più fortemente venne 287 Facciamo insieme il Centro Giacometti 288 Stampa è, come sappiamo, la patria della famiglia di artisti Giacometti. In Bregaglia sono cresciuti Giovanni, Alberto, Diego e Augusto Giacometti; qui hanno prodotto opere importanti. Per tutta la vita sono rimasti legati al loro luogo natio. Malgrado ciò in patria ancora manca un luogo che renda omaggio agli artisti e che sia capace di soddisfare le esigenze di visitatori interessati alla storia e all’opera degli artisti. Il 30 novembre 2009 un gruppo di persone ha creato l’associazione degli Amici del Centro Giacometti che ha proprio lo scopo di iniziare e sostenere il processo verso la realizzazione di una nuova offerta culturale. Il Centro Giacometti sarà inaugurato il 15 gennaio 2016. cometti rappresenta un marchio conosciuto a livello mondiale che attira la gente. Questo nome ha un potenziale di sviluppo. Nel modo giusto e adeguato questo nome può essere sfruttato ottimamente. I partecipanti alla manifestazione “Facciamo insieme il Centro Giacometti” al lavoro Il Centro Giacometti è una futura struttura di accoglienza per visitatori che vuole rendere omaggio alle famose personalità di Stampa, in particolare ad Alberto Giacometti, artista universale. All’interno del paesaggio museale della Bregaglia vuole studiare e valorizzare il patrimonio culturale, storico e naturale di questa valle di lingua italiana a cavallo tra l’Engadina e la Lombardia. L’offerta si inserirà anche in un ambito educativo e lavorativo coinvolgendo varie fasce di età e di pubblico. La progettazione e la realizzazione del Centro Giacometti sono operazioni complesse e multiformi che richiedono la collaborazione di numerosi specialisti nel campo della storia dell’arte, della ricerca culturale, della scienza del paesaggio e della museologia. Anche il coinvolgimento della popolazione della Bregaglia è un presupposto importante per il successo del progetto. Il 29 maggio 2010 nell’edificio scolastico Samarovan a Stampa ha avuto luogo un evento pubblico con lo scopo di interrogare i Bregagliotti in merito al progetto degli Amici del Centro Giacometti. La manifestazione portava il titolo Facciamo insieme il Centro Gia cometti. Vi hanno partecipato più di ottanta persone: un mix interessante di valligiani, commercianti, politici e appassionati d’arte che per quattro ore ha affrontato questo tema in brevi relazioni e workshop. Si trattava di raccogliere idee su come presentare la vita e l’opera della più famosa famiglia di artisti della Bregaglia nel nuovo centro per i visitatori. L’evento ha offerto alla popolazione valligiana l’opportunità di proporre le proprie idee e di fare domande. Secondo il sindaco del Comune di Bregaglia, Anna Giacometti, è tempo di creare qualcosa di nuovo, di realizzare un centro per i visitatori che possa soddisfare le esigenze degli ospiti che vengono in Bregaglia proprio per conoscere i luoghi dove sono nati e cresciuti i nostri artisti e dove hanno trovato l’ispirazione per le loro opere. Per Ulf Küster, curatore della Fondation Beyeler di Basilea, la Bregaglia è ricca di luoghi che hanno un’aura particolare, come per esempio il cimitero. Il pubblico internazionale sarebbe inoltre entusiasta di poter vedere l’atelier dove sono state create le opere di Giovanni e Alberto. Citando Ulf Küster: «Tutto quello che rende così famoso Alberto Giacometti, e che più lo caratterizza, deve essere visto sotto l’ottica della sua origine bregagliotta». Lorenzo Zanetti dell’Ufficio per l’economia e il turismo del Cantone dei Grigioni ritiene possibile che un Centro Giacometti assuma un ruolo di faro in grado di irradiare la sua luce oltre i confini regionali. Il nome Gia- Dopo le relazioni i gruppi di lavoro hanno discusso la questione di quali siano gli aspetti fondamentali affinché il Centro Giacometti possa sviluppare un carattere forte e autonomo. I relatori hanno presentato nel forum i punti più importanti. L’associazione Amici del Centro Giacomet ti ha preparato una bozza d’ideazione e il presidente Marco Giacometti ha presentato la prima idea per il Centro. Il Centro Giacometti comprenderà un percorso che coinvolge l’Atelier Giacometti e stalle oggi vuote che si trovano nel villaggio di Stampa. L’esposizione avrà un carattere multimediale moderno, attraente, interattivo e allo stesso tempo semplice ed autentico. Gli edifici verranno conservati e debitamente trasformati. Gli itinerari tematici porteranno i visitatori ad una serie di luoghi di particolare interesse culturale e paesaggistico. Sono stati identificati nel villaggio di Stampa degli edifici potenzialmente disponibili che verranno acquistati e integrati nel Centro Giacometti. La Fondazione Centro Giacometti, di prossima istituzione, perseguirà l’obiettivo di pianificare, realizzare e gestire il Centro. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Marco Giacometti 289 Fermare la storia, raccogliere la memoria dei testimoni del tempo e raccontare storie per unire passato e presente – sono queste altre attese che la popolazione nutre rispetto al Centro Giacometti. La polarità tra esclusività e redditività, tra grande e piccolo, richiederà soluzioni ben calibrate. Si dovrà inoltre trovare la giusta misura tra l’esposizione da una parte e l’insegnamento e il lavoro d’atelier dall’altra. I partecipanti hanno apprezzato la manifestazione informativa e l’approccio partecipativo. Hanno rilevato il significato che luoghi e monumenti nel paesaggio di particolare fascino ricopriranno nel percorso tematico. La gente si è posta anche domande in merito all’infrastruttura dei trasporti, al settore Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia 290 Alla presentazione dell’idea ha fatto seguito un secondo gruppo di lavoro che ha affrontato la questione della forma del Centro. I partecipanti hanno espresso prevalentemente approvazione nei confronti della concezione presentata, che prevede di utilizzare diversi edifici esistenti e di intrecciare la storia della valle con la presentazione dell’opera degli artisti. Il pubblico ha inoltre espresso l’opinione che debba essere un’esposizione che coinvolga tutti i sensi, che riprenda e amplifichi la semplicità e l’autenticità del luogo. Classe e non massa potrebbe essere un motto, mantenendo tuttavia la priorità della redditività della struttura e del valore aggiunto che deve creare. 291 Il villaggio di Stampa che ospiterà il Centro Giacometti alberghiero e alle spese di esercizio del Centro. Infine si è discusso in modo controverso il nome della futura istituzione culturale. Mentre molti partecipanti erano dell’avviso che il nome debba concentrarsi sul marchio Giacometti conosciuto a livello mondiale, altri vorrebbero una terminologia più aperta. La manifestazione è stata un’importante pietra miliare per il progetto. Il largo consenso emerso durante la giornata informativa ha incoraggiato gli inizianti nelle loro intenzioni. Il lavoro di progettazione proseguirà in stretta collaborazione con esperti esterni e con la popolazione della Bregaglia. Gruppi di lavoro, nei quali saranno invitati anche i Bregagliotti, approfondiranno i vari aspetti del progetto. Come aiutare? I costi per la pianificazione e la realizzazione del Centro Giacometti vengono attualmente stimati a 10 milioni di franchi. In questo montante sono contenute le spese per la pianificazione, comunicazione, documentazione, gestione delle collezioni, ricerca, progetto dell’esposizione, acquisizione e trasformazione degli immobili, realizzazione dell’esposizione e preparazione degli itinerari. Conti degli Amici del Centro Giacometti, Stampa: - Conto bancario: Banca cantonale Grigione 7603 Vicosoprano, CCP 70-216-5 IBAN: CH7500 7740 1006 7335 100 - Conto corrente postale: CCP 85-415934-4 Indirizzo: Amici del Centro Giacometti, Piz Duan 1, 7605 Stampa Tel. 081 834 01 40 ‹[email protected]› ‹www.centrogiacometti.ch› Almanacco del Grigioni Italiano 2011 «Stralci di vita» 292 Foto di Robert Bösch/WINFORCE, apparsa il 21 gennaio 2010 nella Homepage di Dario Cologna che ritrae l’atleta della Val Monastero mentre si allena a Maloggia Dario Cologna si è allenato a Maloggia prima di partire per i Giochi olimpici di Vancouver Renata Giovanoli-Semadeni Già durante la stagione 2008-2009 l’atleta della Val Monastero ci aveva viziati, vincendo il Tour de Ski e la Coppa del Mondo nello sci di fondo. Dopo essere tornato a casa, ha partecipato alla Maratona Engadinese che ha vinto per la seconda volta, confermando di essere un grande esempio per i nostri giovani. L’inverno scorso, ci ha fatti sognare di nuovo vincendo la gara dei 15 chilometri durante i Giochi Olimpici di Vancouver e ci ha tenuti col fiato sospeso anche durante la 50 chilometri nella quale purtroppo è caduto prima degli ultimi 100 metri. Facciamo al simpatico atleta della Val Monastero i nostri complimenti per i traguardi già raggiunti e gli auguriamo tante soddisfazioni anche durante la stagione 2010-2011 e per i Campionati Mondiali che si svolgeranno a Oslo nel mese di febbraio. Amici d’oltre confine, dopo avere letto per caso alcuni miei stralci, mi stimolano a pubblicare in forma di libro una piccola raccolta di vicende vissute durante il mio percorso di vita. Io sto forse ingannando me stessa illudendomi di poter ancora sfornare un volumetto tutto mio prima di arrivare al... capolinea. Chissà! Ultraottantenne, per accellerare il mio lavoro ho persino imparato a usare un computer di recente data, questo ordigno che per interi decenni ho guardato in cagnesco. Mi è diventato amico e mi diverte. La vecchiaia, tutti ne sono coscienti ma pochi lo vogliono ammettere, è una brutta bestia. Ci priva dei nostri Cari, uccide gli amici più intimi e ci ruba persino la memoria. Si dice che essa renda saggi, ma comincio a dubitarne. Arrivati a una certa età, dobbiamo cercare di gabbare anche lei, la brutta bestia, scegliendoci delle amicizie che neanche lei può portarci via. Questi amici sono per me: i libri, la penna e il computer. Ora, rileggendo le poche cose che ho raccolto, alcune scritte nei lontani anni 1940, mi sembra di guardare il passato attraverso la lente di un cannocchiale usato alla rovescia. Tutto è tanto lontano. Il dolore e l’angoscia per tragedie vissute non sono più così nitidi nella memoria, sono come una foto sbiadita nel tempo, e per fortuna sbiadito è anche il volto di qualche brutto ceffo che mi fu nemico. Degli amori felici o no che una volta ci rubavano il sonno, riusciamo a sorridere. Pinzillacchere, quisquilie! – direbbe Totò. A questo punto, però, mi vien fatto di chiedere: Ma allora, a che è servito vivere? Forse unicamente per gli attimi d’amore che, con parsimonia ma comunque, abbiamo sparso come fiori lungo il nostro cammino. Mi chiedo pure: Quale strana Forza ignota costringe ogni essere vivente a un faticoso viaggio terreno che inizia per tutti con un vagìto e termina in un... rantolo? Secondo me la risposta un giorno verrà, sempre che venga!, ma solo quando lo spirito avrà abbandonato la sua prigione. Nell’attesa, stiamo allegri!! Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia Elda Simonett-Giovanoli 293 Così arrivò la motosega in Bregaglia Il ranocchio Qui la Bregaglia Piero Del Bondio 294 Il caldo, la siccità, i tosaerba rumorosi, gli aerei da combattimento che sorvolavano la regione avevano impaurito il ranocchio che in extremis trovò rifugio buttandosi in un pozzo. Finalmente era salvo, ma ahimé! anche imprigionato. L’ombra e l’acqua fresca del fontanile lo riempivano di gioia e si mise a gracidare. Passarono, ore e ore, giorni e giorni, finché un bel mattino si accorse che non poteva trascorrere lì il resto della sua vita e che gli toccava tentare una nuova fuga. Impresa ben più ardua che gettarsi in un pozzo: ora bisognava uscirne, ma come? Ci provò e ci riprovò, senza successo. Non potendo evadere dalla sua prigione, si rassegnò e cercò di trovare un modo di vivere in quelle profondità. Cibo non ce n’era tanto, ma sempre abbastanza per campare. Si era così sistemato e lo spazio ristretto lo orientò alla riflessione: imparò a conoscersi. La piccola luce che palpitava in lui lo faceva talvolta anche gioire. Dal fondo del pozzo assisteva al susseguirsi delle stagioni. La primavera arrivava come una benedizione: il sole di tanto in tanto si faceva vedere sugli orli del fontanile con un bagliore tenue e limpido. L’estate poi, con la sua luce intensa rischiarava tutto il pozzo nelle ore più calde della giornata. Allora il ranocchio si spostava su un lato e si metteva a contemplare il cielo. Vedeva le nuvole passare sopra di lui e ogni tanto perfino delle rondini; i loro garriti echeggiavano sulle pareti del pozzo. Il ranocchio era felice... quasi felice. Finita l’estate, ecco l’autunno, la stagione più bella per passare il proprio tempo in un pozzo. Le foglie variopinte vi si riflettevano dentro e creavano una sinfonia di colori. Gli capitava anche di assistere al raduno delle rondini che si preparavano a partire e allora il povero ranocchio si riempiva di tristezza e si chiedeva: - Perché non so volare? Perché non posso almeno uscire da questo maledetto pozzo? - Ma poi si rassegnava e continuava la sua vita da eremita. Col passare degli anni la sua salute cominciò a indebolirsi: acciacchi alle membra, digestione stanca, vista debole, udito scarso. Il grigiore dell’inverno in fondo al pozzo lo aveva estenuato. Non riusciva più a gioire veramente, né al risveglio della primavera, né all’esplodere dell’estate, né al dilagare colorato dell’autunno. L’inverno poi lo faceva precipitare in una cupa malinconia. L’acqua del pozzo si faceva sempre più sporca e il nutrimento veniva a mancare. Il ranocchio già si preparava a morire: sereno come un vecchio saggio, aspettava la fine meditando. Quasi per miracolo un giorno arrivò un gruppo di persone a svuotare e pulire il fontanile. Il ranocchio ebbe dapprima paura e tentò di nascondersi, ma poi si abbandonò in balia della sorte. Si trovò così raccolto in un secchio e sollevato fuori dal pozzo. Si occuparono di lui, lo portarono al fiume e, dove questo scorreva lentamente, quasi ristagnava, lo calarono dolcemente in acqua. Lì il povero ranocchio trovò la libertà, ma anche la morte. Stanco e debole a causa della vita trascorsa nel pozzo, non fu in grado di resistere alla debole corrente e il fiume se lo portò via lontano lontano, fino al mare. Mio padre, Attilio Negrini, in compagnia di Attilio Gini Raccontarvi oggi la storia della motosega può sembrare una cosa ridicola, ormai si sa, è un attrezzo (macchina) che praticamente ognuno oggigiorno possiede, sia come azienda, come ditta o come privato. Non era così 55 anni fa, almeno non qui in Bregaglia. Per questo motivo, con questo racconto, proverò a spiegarvi come fu introdotta la motosega in valle. A quei tempi ero un fanciullo, non andavo ancora a scuola. Mio babbo Attilio e mio zio Battista erano boscaioli e io li seguivo spesso nei boschi oppure ascoltavo ciò che raccontavano su lavori già terminati o di programmi che avevano per la testa (ammetto però che non riuscivo a capire tutto), ma ero comunque molto interessato. Era l’anno 1956, una sera di febbraio, il forestale Gustavo Dolfi venne da mio padre per dirgli che il giorno seguente a Cudin ci sarebbe stata una dimostrazione di una motosega. Riteneva importante partecipare, visto che il comune di Vicosoprano era interessato all’acquisto e, così si sperava, pure per il comune di Stampa (ecco la competizione tra i due comuni). Alla dimostrazione era inolte presente anche la ditta Carini di Sondrio. Il pomeriggio lo trascorsi osservando come si spiegava il taglio e la lavorazione usando appunto la motosega. Furono tagliati alcuni larici che più tardi vennero usati per farne dei paracarri nella zona del Punt da La Caroggia. C’era la neve e la giomata era freddissima, con me c’era il mio compagno Paulin Maurizio di Vicosoprano. Per noi il pomeriggio trascorse velocemente e, anche se non avevamo capito alcune cose, rimanemmo molto affascinati. L’evento poi fu comunicato e trattato nel Consiglio comunale di Stampa, purtroppo non bastò a convincere il Consiglio alla compera. La decisione presa, però, non scoraggiò mio padre Attilio, che privatamente acquistò la motosega McCuloch. La storia non finì così, anzi diventò sempre più interessante... A quei tempi la professione del boscaiolo, era una delle occupazioni più importanti da praticare qui in valle. Solo sul territorio di Stampa Valle si contavano diverse squadre di 10 e più persone (al grüp da Barnöv, quel da Stampa e Caltüra, quii da Cacior ecc.). Presto però il gruppo che possedeva la motosega, diventò pericoloso. Specialmente quando si trattava di fare l’inoltro delle Offerte per i singoli tagli; essendo meccanizzati, lavoravano di qualche centesimo più a buon Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Marcello Negrini 295 Poesia 296 Ti sento che cammini sui miei passi, la tua ombra leggera copre la mia ombra, alita dolcemente senza peso, sostiene i miei pensieri che scorrono sparsi, senza inizio né fine, pesanti macigni rotolanti, silenti nei ripidi pendii, nei neri baratri della mia malinconia. Mi tendi le braccia, sento la tua mano, sicura irride il gelo della morte, incoraggia e dirige il mio cammino incerto; sei sempre nella folla dei miei pensieri. Che Dio t’abbia in gloria. Verena Wazzau I partecipanti del corso forestale tenutosi a Cudin dal 20.01.1958 all’8.02.1958. Le foto provengono dall’archivio dell’autore prezzo rispetto alle altre squadre. Questo a tutti non garbò, così che in un assemblea tenutasi nell’anno1957, all’ordine del giorno ci fu la trattanda con la proposta di proibire l’uso della motosega durante il taglio del legname. Gustavo, il forestale di Stampa, in occasione di quella famosa assemblea invitò l’ingegnere forestale Otto Bisaz che, durante la discussione già un po’ animata, chiese la parola, dicendo di essere sorpreso di tale proposta, perché ormai bisognava modernizzarsi «... l’è tanco pruibir el boscadur d’indär e bosch cun la bicicleta.» Ed ecco che qui i presenti riletterono... e l’esito della votazione fu di consentire l’uso del tanto discusso attrezzo. Da allora in poi vennero acquistate da tutte le squadre di boscaioli e dai privati, ma mai dai comuni (almeno non da quello di Stampa). 297 L’anno dopo, nel mese di gennaio, a Cudin fu organizzato un corso di due settimane durante il quale fu introdotta la lavorazione del legname con la motosega. Vi parteciparono boscaioli di tutta la valle e da quel giorno nei boschi della Bregaglia ci fu più rumore. Il 1° maggio 1974 l’allora forestale Gustavo Dolfi andò in pensione. Al suo posto fui nominato io. Venni dunque invitato alla prima seduta del Consiglio comunale di Stampa che si tenne nel mese di maggio. Alla fine del colloquio l’allora presidente Cornelio Crüzer comunicò che il consiglio aveva deciso di comperare una motosega. Questa è dunque la storia dell’arrivo della motosega a Stampa che dopo quasi 20 anni ebbe quel giorno una svolta decisiva. Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia A Mario Errata corrige Causa uno sbaglio subentrato durante la fase preparatoria dell’Almanacco del 2010, sembra che le due poesie stampate a pagina 165 siano di Silvia Rutigliano. Questo non è assolutamente vero; la giornalista le ha solo inserite in coda all’articolo “Agostino Fasciati e Gaudenzio Giovanoli maestri e socialisti in Val Bregaglia”. In realtà esse sono, come ben spiegato a pagina 163, di Agostino Fasciati che scriveva sotto lo pseudonimo di Fulvio Reto. La Redazione dell’Almanacco si scusa con la giornalista Silvia Rutigliano e con i fedeli lettori e farà il possibile per evitare che sbagli simili si ripetano. Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Poesia In ricordo dei nostri cari morti 1º settembre 2009 - 31 agosto 2010 298 A Stalvéder taimp avant Ögn badéva söls ütgèls, Sön al sgól e sön al cant Per savair schi niss dïs bêls, Aint al märz duman e saira Schi purtessan prümavaira. Ossa vo’l or vêrs al guäd, Riva fegn sur sö Stalvéder; Sö per l’álber al pü ät Pass’ el sö invêrs San Péder, E cumainza al cant dal cük, Canta ferm sön quel fastük. Ögn co Baiva ‘veva prest No scuè al si clavè; ‘Dua mai piér al rest Anc dal faign ci’l vess manchè? L’ültim märz uschi’l panséva, ‘Tant an stalla tot baschléva. Da Stalvéder al dì ziva Vegn sö Baiva al nos omett; Bêl a pôsta sö el niva Per der faign a quel cazrett. «Dà santìa al cük ci canta Vügl as vénder rüpps cinquanta.» A Stalvéder ‘veva faign Bundianza al noss omett; Co’s decida o mel o baign Quel da Baiva d’ir dirett Fegn ligió pel supplitgér Da’l der faign cun baign pagér. «Cun plaschair accett al faign, Ma tretschient arüpps stuais der.» Söl principi as sgrata baign, Ma anfegn partgè’l naghér ? Dà urmai santìa al cük, Prest ‘vain’ erba e flurs cun sük. «Na ! rasponda quel ligió, Faign nu vend anc óssa britg; Aia temm ci quist on co Prümavaira tärd’ ün zitg; Fegn ci’l cük n’ho bitg canté, Vend nì cer ni bunmartgè.» La stagiun allura buna ‘S müda an mel fegn aint al matg; Vent e bischa e naiv a runa Pórtan tuerna anviern e glatg; Flurs tot alvas, biestga an stalla, Al nos cük ho datg la balla. Túerna in sö planet e muk Barbutond da tant in tant: «Schi tö spétgas som’ al cük Santirosti prest al cant.» Om da spass adögna statg ’L al fo béver or d’ün dratg. «O’l mi faign ci dà vandia» Co suspira al nos omett; Bler da plö cumprér l’ho stuìa, E’l barbotta tot sulett: «Cük, ‘na vota’m ist cükè Cük, ma tö nu’m cükast plö.» Spunta bêl al prüm d’avrigl Propi’n dì da prümavaira; Lest el tschüna aint l’uigl Urdanér la brögna e naira: Oz é’l dì da canter staign Per pudair duman ‘vair faign. Poesia in romancio di Bivio tratta dal volumetto «Il Biviano» gentilmente messoci a disposizione dal signor Giancarlo Torriani CASTASEGNA VICOSOPRANO 29.04.10 SALIS Renzo, nato il 05.08.1922 14.09.09 15.10.09 18.10.09 30.12.09 06.04.10 26.04.10 09.05.10 BONDO 01.04.10 11.04.10 24.05.10 01.06.10 03.07.10 12.07.10 PICENONI Ottavio, nato il 17.09.1942 WILLY-MAURIZIO Nilda, nata il 19.05.1930 BERTSCHINGER Hans, nato il 10.05.1929 SCARTAZZINI Franco, nato il 04.02.1926 D’ARCHINO Francesco, nato il 22.04.1928 MEULI Mario, nato il 08.05.1920 GIANOTTI Clemente, nato il 12.08.1932 ARPAGAUS-VOSER Ruth, nata il 21.09.1924 PETRUZZI Diego, nato il 07.05.1942 ROGANTI Elio, nato il 20.09.1948 CHIESA Renzo, nato il 15.10.1922 TAM Ezio, nato il 03.07 1926 SCHWARZEN Erich Josef, nato il 19.04.1941 CASACCIA 09.11.09 GIOVANNINI Mario, nato il 13.08.1927 05.02.10 REZZOLI Bertha, nata il 02.09.1926 SOGLIO MALOGGIA nessuno 22.08.10 DE TANN-ZARUCCHI Bruna, nata il 21.03.1932 STAMPA 18.12.09 ROGANTINI-DE TANN Alma, nata il 19.09.1924 BORGONOVO BIVIO 11.10.09 11.04.10 PARAVICINI Aldo Giuseppe, nato il 23.05.1927 PARAVICINI-JÖHRI Frida, nata il 10.10.1931 19.07.10 NEGRINI-GIACOMETTI Redolfina, nata il 10.06.1922 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Qui la Bregaglia Qui la Bregaglia «Al cant dal cük» 299 Poesia Qui la Bregaglia Foto 300 Sbiadito l’attimo d’un luogo con accanto zia Orsolina. L’istantanea tagliò l’equilibrio tra due rami di siepe rimettendo il sole boschivo all’ombra di un album. E il taglio ancora sanguina per l’inesorabile d’un istante colmo di segreti e d’un discorso non finito nell’estate a ombrelli d’ippocastano. Bella ancora nonostante l’istantanea d’un taglio a mezzo velo con l’ineffabile dietro. Paolo Gir Autorità religiose cattoliche 2011 VESCOVO DI COIRA Mons. Vito Huonder dr. (07) Roveredo: Don Daniel Pawel Zmujdzin, parr. amm. (10) e Don Piotr Kozlowski, sacerdote collab. (10) Vescovo ausiliare: Mons. Marian Eleganti dr. (10) S. Vittore: P. Roberto Comolli OSB, parr. (93) Vicari generali regionali: Josef Annen, dr. theol. (09) Martin Kopp, dr. theol., lic. phil. (09) Andreas Rellstab, lic. theol., NPO-Management (09) Vicari episcopali: Mons. Marian Eleganti OSB, dr. theol. (10) Christoph Casetti, lic. theol. (08) Grigioni Italiano nel Capitolo e Curia: Mons. Aurelio Lurati (90) Decanato Mesolcina/Calanca: Mons. Aurelio Lurati, delegato vescovile (03) Decanato Poschiavo/Bregaglia: Don Cleto Lanfranchi, decano (03) CLERO NELLE VALLI Mesocco: vedi Soazza Soazza: Don Marco Flecchia, parr. amm. (82) Lostallo: vacante (10) Santa Maria-Castaneda: Don Gianbattista Quattri, parr. amm. (94) Buseno: vedi Verdabbio Augio-Rossa-Santa Domenica-Cauco: vedi Lostallo, vacante Braggio: vedi Soazza Arvigo-Selma-Landarenca: Don Ugo Margna, parr. (92) Poschiavo-Borgo: Don Cleto Lanfranchi, parr. (94) Don Guido Costa, parr. a riposo (09) S. Antonio-Cologna: vedi Le Prese Prada-Pagnoncini-AnnunziataCantone-Le Prese: Don Davide Redaelli, parr. amm. (10) San Carlo-Angeli Custodi: Don Pietro Zanolari, parr. (93) Brusio-Viano-Campocologno: Don Giuseppe Paganini, parr. amm. (83) Cama-Leggia: Don Taddeo Golecki, parr. (05) Vicosoprano: Don Antonio Codega, parr. amm. (04) Grono: Don Antonio Marelli, parr. amm. (79) Bivio: Don Christoph Kilarski, parr. amm. (09) 301 Autorità religiose riformate 2011 Decano del Sinodo Retico: Thomas Gottschall, Trimmis Presidente Consiglio Ecclesiastico Cantonale: Lini Sutter-Ambühl, Roveredo Membri Consiglio Ecclesiastico Cantonale: Cornelia Camichel-Bromeis, Coira Roland Just, Disentis Hans Morgenegg, Davos Michael Ott, Celerina Thea Urech-Mattenberger, Masein Cancelliere del Sinodo e attuario del Consiglio Ecclesiastico: Giovanni Caduff, Malans Calendario Vicario generale: Martin Grichting, dr. iur., moderatore curiae (09) Verdabbio: Don Mario Gasparoli SC,parr. amm. (‘83) e Don Albin Keller, parr., a riposo (01) Presidente del Colloquio Engadina Alta-Bregaglia-Poschiavo-Sursés: Thomas Widmer, St. Moritz PASTORI DELLE VALLI Valposchiavo: Antonio di Passa Bivio: vacante Bregaglia: Simona Rauch, Stefano D’Archino Moesano: Birke Horvathmüller Almanacco del Grigioni Italiano 2011 ANNO 2011 PRINCIPIO ASTRONOMICO DELLE STAGIONI Primavera: Il 21 marzo, ore 00:21. Entrata del sole nel segno dell’Ariete. Equinozio di primavera. Giorni e notti uguali in durata. Estate: Il 21 giugno, ore 19:17. Entrata del sole nel segno del Cancro. Giorno più lungo dell’anno. Autunno: Il 23 settembre, ore 11:05. Entrata del sole nel segno della Bilancia. Equinozio di autunno. Giorno e notte uguali in durata. Calendario Inverno: 302 Il 22 dicembre, ore 06:31. Entrata del sole nel segno del Capricorno. Giorno più breve dell’anno. TEMPORA Primaverili: 16, 18 e 19 marzo Estive: 08, 10 e 11 giugno Autunnali: 14, 16 e 17 settembre Invernali: 30 novembre, 02 e 03 dicembre ROGAZIONI 30, 31 maggio e 1° giugno ORA LEGALE Inizio: 27 marzo +1 ora Fine: 30 ottobre -1 ora ECLISSI Nel 2011 vi saranno due eclissi di luna e quattro di sole - 4 gennaio eclissi parziale di sole, visibile da noi; - 1° giugno, 1° luglio e 25 novembre eclissi di sole, non visibili da noi; - 15 giugno eclissi di luna, visibile da noi; - 10 dicembre, pomeriggio, eclisse parziale di luna, poco visibile da noi. SEGNI DELLO ZODIACO FESTE MOBILI E RICORRENZE Ariete Toro Le Ceneri: 9 marzo Giornata del malato: 6 marzo Pasqua: 24 aprile Festa della mamma: 8 maggio Ascensione: 2 giugno Pentecoste: 12 giugno SS. Trinità: 19 giugno Corpus Domini: 23 giugno Sacro Cuore: 1° luglio Festa Federale di preghiera: 18 settembre Festa del Raccolto: 16 ottobre Domenica della Riforma: 6 novembre Festa di Cristo Re: 20 novembre 1a d’Avvento: 27 novembre Gemelli Cancro Leone Vergine Bilancia Scorpione Sagittario Capricorno Acquario Pesci FASI LUNARI Luna nuova Primo quarto (crescente) Luna piena Ultimo quarto (calante) GENNAIO Martedì 04 Schiers m FEBBRAIO Mercoledì 02 Ilanz m MARZO: Mercoledì 02 Ilanz Martedì 08 Schiers Mercoledì 30 Grüsch m m m APRILE Mercoledì 06 Ilanz Mercoledì 13 Küblis Mercoledì 20 Thusis Venerdì 29 Coira Sabato 30 Coira m m m m m MAGGIO Martedì 03 Grono Mercoledì 04 Ilanz Mercoledì 11 Roveredo Mercoledì 11 Thusis Mercoledì 25 Küblis Martedì 31 Davos m m m m m m GIUGNO Sabato 11 Domat-Ems Martedì 14 Klosters m m LUGLIO Mercoledì 20 Ilanz m AGOSTO Lunedì 15 S. Bernardino Mercoledì 17 Ospizio Bernina Venerdì 19 Splügen m SETTEMBRE Giovedì 01 Thalkirch Sabato 03 Landquart m Lunedì 05 Maloja m Martedì 06 Klosters Mercoledì 07 Ilanz m Mercoledì 07 Cazis (Bündner Arena) Venerdì 09 Lenzerhiede m Martedì 13 Andeer m Mercoledì 14 Thusis m Giovedì 15 Küblis m Mercoledì 21 Ilanz Martedì 27 Jenaz OTTOBRE Martedì 04 Davos m Mercoledì 05 Thusis m Mercoledì 05 Cazis (Bündner Arena) Mercoledì 05 Roveredo m Sabato 08 Zernez Martedì 11 Grono m Martedì 11 Schiers m Mercoledì 12 Ilanz Mercoledì 19 Grüsch m Sabato 29 Cazis (Bündner Arena) NOVEMBRE Mercoledì 02 Ilanz Giovedì 03 Küblis Lunedì 14 Disentis Venerdì 25 Coira Sabato 26 Coira Martedì 29 Schiers DICEMBRE Mercoledì 28 Ilanz Calendario Il 2011 è un anno comune di 365 giorni. Esso corrisponde all’anno 6724 del periodo giuliano, all’anno 2764 dalla fondazione di Roma, all’anno 5771 e 5772 dei Giudei, all’anno 1432 e 1433 dell’Egira o epoca di Maometto. Infine corrisponde all’anno 720 dalla fondazione della Confederazione svizzera. Elenco delle fiere di bestiame per l’anno 2011 nel Cantone dei Grigioni 303 m m m m m m m = solo mercato merci Ufficio per l’agricoltura, il miglioramento delle strutture e la misurazione dei Grigioni (UAMM) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 Sabato 2 Domenica 3 4 5 6 7 8 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Calendario 9 Domenica 304 10 11 12 13 14 15 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 16 Domenica 17 18 19 20 21 22 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 23 Domenica 24 25 26 27 28 29 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 30 Domenica 31 Lunedì ennaio 2 3 4 il giorno cresce 30 minuti Fasi lunari Pr. tempo Calendario cattolico Calendario riformato APODANNO/Giornataperlapace C MariaSantissimaMadrediDio CAPODANNO UlricoZwingli*1484 H EPifANiAdinostroSignoreG.C. s. BasilioMagno ss. NomediGesù s. Telesforo s. Emiliano s. Valentino s. RaimondodaPennafort s. Gerardo BattesimodiGesù s. Giuliano s. Guglielmo s. Paolino s. Ilda s. Ilario s. Felice s. Mauro 2ª Domenicaordinaria s. Marcello s. AntonioAbate s. Prisca s. Mario ss. FabianoeSebastiano s. Agnese,vergineemart./s.Mainrado s. Vincenzo 3ª Domenicaordinaria s. Ildefonso s.FrancescodiSales Conversionedis.Paolo ss. TimoteoeTito s. AngelaMerici s. Tomasod'Aquino s. Valerio 4ª Domenicaordinaria s. Martina s. GiovanniBosco Dom.dopoCapodanno Bertoldo Isacco Tito Simone EPIFANIA Isidoro Gerardo I 1ªdopoEpifania Giuliano Sansone Fruttuoso Massimo Ilario Felice Mauro L 2ªdopoEpifania Marcello Antonio Prisca Marta FabianoeSebastiano Agnese Vincenzo C 3ªdopoEpifania Emerenziana Timoteo Convers.diPaolo Policarpo Crisostomo CarloMagno Valerio 4ªdopoEpifania FratelliMoravi Virgilio 5 6 7 8 9 I J J 4 K Nuvoloso K e K poca neve 3 L A A A B B C D D E E E F F G G H H Freddo e neve 4 12 11 12 13 14 15 16 17 18 19 Vento e freddo 20 6 19 22 21 305 23 24 Vento e neve 2 26 I 25 26 27 28 29 30 I J 10 Calendario Anno 2011 G 1° Nevicate 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 2 3 4 5 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 6 Domenica 7 8 9 10 11 12 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 13 Domenica Calendario 14 15 16 17 18 19 306 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 20 Domenica 21 22 23 24 25 26 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 27 Domenica 28 lunedì ebbraio 2 3 4 il giorno cresce 1 ora e 25 minuti Fasi lunari Pr. tempo Calendario cattolico Calendario riformato s. IgnazioMartire PresentazionedelSignore s. Biagio,benedizionedellagola s. Rabano s. Agata 5ª Domenicaordinaria s. PaoloMiki s. Romualdo s. GerolamoEmiliani s. Apollonia s. Scolastica MadonnadiLourdes s. Eulalia 6ª Domenicaordinaria s. Giordano ss. CirilloeMetodio/SANVALENTINo ss. FaustinoeGiovita s. Daniele Settes.fondatorideiServiti s. Simeone s. Gabino 7ª Domenicaordinaria s. Eleuterio s. PierDamiani CattedradiSanPietro s. Policarpo s. Flaviano s. Walburga s. Fortunato 8ª Domenicaordinaria s. Alessandro s. osvaldo Brigida PresentazionealTempio Biagio Phil.Gallicius*1504 Agata J J K K L 5ªdopoEpifania Dorotea Riccardo Salomone Apollonia Scolastica UgodaSanVittore Susanna L 6ªdopoEpifania Giona Valentino Faustina Giuliana GiordanoBruno MartinLutero+1546 Mariano C Septuagesima Eucario Eleonora SophieScholl+1943 Giosuè MattiaApostolo Vittorio Nestore Sexagesima Sara Leandro 7 3 8 3 J 11 12 13 14 15 16 17 Vento e neve 18 19 20 6 18 21 307 22 23 F J 9 10 4 G G H H I I 6 Bello Bello e A soleggiato A A B B C 11 C D D E E F 5 Calendario Anno 2011 F 1° Luminoso e freddo 2 25 24 25 26 27 28 Molto freddo Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 2 3 4 5 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 6 Domenica 7 Lunedì 8 Martedì 9 Mercoledì 10 Giovedì 11 Venerdì 12 Sabato Calendario 13 Domenica 308 14 15 16 17 18 19 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 20 Domenica 21 22 23 24 25 26 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 27 Domenica 28 29 30 31 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì arzo Albino Basilio Cunegonda RupertoeCasimiro GiuseppedellaCroce 3 4 il giorno cresce 1 ora e 44 minuti Calendario cattolico s. s. s. ss. s. 2 Calendario riformato 9ª Domenicaordinaria s. Fridolino/GIoRNATADELMALATo ss. FelicitaePerpetua s. GiovannidiDio s. FrancescaRomana/LeCeneri ss. 40martiri s. Eulogio s. Gregorio 1ª DomenicadiQuaresima s. Geraldo s. Longino s. ClementeMariaHofbauer s. Eriberto TEMPoRA s. Patrizio s. CirillodaGerusalemme TEMPoRA s. Giuseppe,sposo TEMPoRA 2ªDomenicadiQuaresima s. Eugenio s. Serapione s. Benvenuto s. Turibio s. Simone s. Ancilla/AnnunciazionedellaB.V.M. s. Ludgero 3ªDomenicadiQuaresima Oralegale+1Ora s. GiovanniDamasceno s. GiovannidaCapistrano s. Eustachio s. Climaco s. Cornelia 6 Gelo 7 Albino JohnWesley+1791 Cunegonda Adriano Eusebio J K K L L Estomihi Fridolino PerpetuaeFelicita Filemone CirilloeMelodio Alessandro GuidoZonca GregorioMagno+604 L A A B B B C Neve e pioggia invocavit Ernesto Zaccaria Melchiore SelmaLagerlöf+1940 Geltrude Gabriele Giuseppe C 4 D D E E F F Reminiscere Emmanuele Joh.Seb.Bach*1685 HermannKutter+1931 Fedele MarcoeTimoteo Umberto/Annunciazione Desiderio G H H I I I Oculi J Emma Prisco Eustachio Guido Balbina J K K K 5 Fasi lunari Pr. tempo 3 4 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 13 18 Lievi nevicate 19 6 19 G Calendario Anno 2011 M 1° 20 21 309 22 23 Freddo e gelo 24 25 2 26 26 27 28 29 Uggioso e freddo 30 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 prile Anno 2011 1 Venerdì 2 Sabato 3 Domenica 4 5 6 7 8 9 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Calendario 10 Domenica 310 11 12 13 14 15 16 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 17 Domenica 18 19 20 21 22 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì 23 Sabato 24 Domenica 25 Lunedì 26 27 28 29 30 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 2 3 4 il giorno cresce 1 ora e 34 minuti Calendario cattolico s. Venanzio s. FrancescodiPaola 4ª DomenicadiQuaresima AnnunciazionedelSignore s. Isidoro s. VincenzoFerreri s. Marcellino s. GiovanniBattistadellaSall ss. EdisioeDionigi s. MariaCleofe 5ªDomenicadiQuaresima s. Ezechiele s. StanislaoKostka s. Giulio s. Ermenegildo s. Tiburzio s. Crescenzio s. BernardettaSoubirous DomenicadellePalme s.Rodolfo s. Calogero s. LeoneIX,Papa s. Ildegonda s. Anselmo VenerdìSanto ss. SosteroeCaio,martiri s. GiorgioeAdalberto PASQUADiRiSURREZiONE s. FedeledaSigmaringa Lunedìdell’Angelo s. MarcoEvangelista ss. CletoeMarcellino s. PietroCanisio s. PietroChanel s. CaterinadaSiena s. PioQuinto Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato Ugo Abbondio L L Freddo Laetare G.Tersteegen+1769 M.LuterKing+1968 Marziale EmilBrunner+1966 Celestino Apollonio DieterBonhoeffer+1966 A 3 Judica Ezechiele Leone Giulio GiustinoMartire Tiburzio Raffaele PietroValdo+1197 D DomenicadellePalme Rodolfo Valeriano Fil.Melantone+1560 Ermanno Anselmo VenerdìSanto origene Giorgio G PASQUA Alberto LunedìdiPasqua MarcoEvangelista Anacleto Anastasio Vitale CaterinadaSiena+380 Valpurga A A B B C C D D E E F F G H H I I 3 7 9 10 11 Variabile 12 13 14 15 4 16 11 17 Vento 18 19 20 6 18 Bello e brina 21 311 22 23 24 25 26 J K K L L A 6 8 J K 5 Calendario A 1° 2 25 Bello e caldo 27 28 29 30 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 Domenica 2 3 4 5 6 7 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 8 Domenica Calendario 9 10 11 12 13 14 312 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 15 Domenica 16 17 18 19 20 21 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 22 Domenica 23 24 25 26 27 28 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 29 Domenica 30 Lunedì 31 Martedì aggio 2 3 4 il giorno cresce 1 ora e 13 minuti Calendario cattolico 2ª DomenicadiPasqua Quasimodo s. Giuseppeoperaio/Festadellavoro FilippoeGiacomoApp. s. Atanasio ss. FilippoeGiacomo s. Gottardo s. Angelo ss. ValerianoeDomenicoSavio s. Stanislao 3ª DomenicadiPasqua s. VittoreMauro/FESTADELLAMAMMA s.Beato s. Epimaco s. Fabio ss. PancrazioeNereo s.Servazio/MadonnadiFatima ss. BonifacioeMatteoApostoli 4ª DomenicadiPasqua s. Sofia s. Ubaldo s. PasqualeBaylon s. Venanzio s. PietroCelestino s.BernardinodaSiena s. Ermanno 5ª DomenicadiPasqua s. RitadaCascia s. Desiderio MariaAusiliatrice s. GregorioVII s. FilippoNeri s. AgostinodaCanterbury s. Germano 6ª DomenicadiPasqua s. MassimodaTrier s. Giovannad'Arco RoGAZIoNI Visitadis.MariaElisabetta RoGAZIoNI Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato 5 6 7 A 8 Atanasio Adelina Floriano Gottardo GiovanniDamasceno+754 ottaviano A B B C C C Misericordia HenriDunand*1828 N.L.Zinzendorf+1760 Gordiano Mamerio Pancrazio Servazio Bonifazio D 13 D E E F F G 14 Jubilate Sofia Pellegrino Bruno Isabella Pudenziana Cristiano Costantino 3 3 10 Bello e caldo 11 4 10 Pioggia I I J J Cantate Elena Gir.Savonarola+1498 Giovanna Urbano Beda GiovanniCalvino+1564 Guglielmo J Rogate GirolamodaPraga+1416 Giobbe J.Neander+1680 A K K L L L A B B 12 15 16 17 18 G H H 9 Calendario Anno 2011 M 1° 19 6 20 17 21 Bello e mite 22 313 23 24 25 2 26 24 27 Uggioso 28 29 Bello e caldo 30 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 Mercoledì 2 Giovedì 3 Venerdì 4 Sabato 5 Domenica 6 7 8 9 10 11 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 12 Domenica Calendario 13 Lunedì 314 14 15 16 17 18 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 19 Domenica 20 21 22 23 24 25 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 26 Domenica 27 28 29 30 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì iugno 2 3 4 il giorno cresce di 18 minuti sino al 21 del mese Calendario cattolico Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato s. Giustino RoGAZIoNI ASCENSiONE s. Marcellino s. CarloLwanza s. FrancescoCaracciolo Nicodemo ASCENSiONE Marcellino Erasmo Edoardo B C 7ª DomenicadiPasqua s. Ildebrando s. Norberto s. Roberto s. Medardo TEMPoRA ss. PrimoeFeliciano s.EnricodaBolzano TEMPoRA s. BarnabaApostolo TEMPoRA SOLENNiTÀDiPENTECOSTE s. GiovannidaS.Facondo LunedìdiPentecoste s. AntoniodaPadova s. Tobia s. Vito s. Benno s. Eufemia ss. FeliceeSimplicio SANTiSSiMATRiNiTÀ s. GiulianaFalconieri s. Silverio s. LuigiGonzaga s.PaolinodaNola C ORPUSDOMiNi/s.Edeltrude Nativitàdis.GiovanniBattista s. Germano 13ª Domenicaordinaria ss. GiovanniePaolo s. Cirillod'Alessandria s. Ireneo ss. PietroePaoloApostoli ss. ProtomartiriRomani Exaudi Reinardo Norberto PaulusGerhard+1676 Medardo Camillo onofrio Barnaba D PENTECOSTE Alice LunedìdiPentecoste Felicita H.Becher-Stowe+1812 Vito Giustina Gaudenzio Arnoldo C D E E F F F G 3 1 Bello e caldo Bello e caldo 4 9 Pioggia H abbondante TRiNiTATiS LeoJud+1542 Albertina Albano Paolino Edeltrude GiovanniBattista Everardo K 1ªdopoTrinitatis Pelagio Cirillo Beniamino PietroePaolo Rammem.diPaolo B K L L L A A B B C C 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 G H I I J J 5 6 15 17 18 Calendario Anno 2011 G 1° 19 20 21 315 22 23 Bello e mite 24 2 26 23 25 27 28 29 Variabile 30 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 uglio Anno 2011 1 Venerdì 2 Sabato 3 Domenica 4 5 6 7 8 9 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 10 Domenica Calendario 11 12 13 14 15 16 316 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 17 Domenica 18 19 20 21 22 23 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 24 Domenica 25 26 27 28 29 30 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 31 Domenica 2 3 4 il giorno cala 55 minuti Calendario cattolico s. Teobaldo/S.CUoREDIGESÙ VisitadiMariaSantissima 14ª Domenicaordinaria s. TomasoApostolo s. ElisabettadelPortogallo s. AntonioMariaZaccaria s. MariaGoretti s. Willibaldo s. Edgaro s. VeronicaGiuliani 15ª Domenicaordinaria s. Engelberto s. Benedetto ss. PlacidoeSigisberto s. Enrico s. CamillodaLellis s. Bonaventura MadonnadelCarmeloediEinsiedeln 16ª Domenicaordinaria s. LeoneQuarto,Papa s. Sinforosaesettefiglimartiri s. Reto s. Margherita s. LorenzodaBrindisi s. MariaMaddalena s.Brigida 17ª Domenicaordinaria s. Cristina s. GiacomoilMaggiore,Apostolo ss. GioacchinoeAnna s. Pantaleone ss. NazzarioeCelso s. Marta s. PietroCrisologo 17ª Domenicaordinaria s. IgnaziodaLoyola Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato 3 Teobaldo VisitazionediMaria D D 2ªdopoTrinitatis Cornelio Ulrico Anselmo GiovanniHus+1415 Gioacchino Chiliano Luigia E Tuoni e E temporali E F F G G 8 3ªdopoTrinitatis Rosalia Rachele Felice Enrico Bonaventura Margherita Joh.C.Blumhard*1815 H 4ªdopoTrinitatis Alessio Armanno Rosina Elia Vittoria MariaMaddalena olga K 1 4 H I I J J K 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 Bello 16 17 6 15 18 Calendario L 1° 19 20 K Piovigginoso L L A A A 23 2 21 23 24 25 5ªdopoTrinitatis Cristina Giacomo Anna Laura Pantaleone Beatrice Giacobea B 26 Variabile B con C temporali C C D D 30 27 6ªdopoTrinitatis WilliamPenn+1718 E 3 317 22 28 29 30 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 gosto Anno 2011 1 Lunedì 2 3 4 5 6 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 7 Domenica Calendario 8 9 10 11 12 13 318 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 14 Domenica 15 16 17 18 19 20 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 21 Domenica 22 23 24 25 26 27 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 28 Domenica 29 Lunedì 30 Martedì 31 Mercoledì 2 3 4 il giorno cala 1 ora e 30 minuti Fasi lunari Pr. tempo Calendario cattolico Calendario riformato festanazionale s. Alfonso s. Eusebio s. Lidia s. GiovanniMariaVianney MadonnadellaNeve TrasfigurazionediN.S.G.C. festanazionale Pietro Gustavo Augusto Domenico osvaldo TrasfigurazionediGesù 19ª Domenicaordinaria s. Sisto s. Domenico s. Romano s. LorenzoMartire s. Chiarad'Assisi s. Amedeo s. Geltrude 20ª Domenicaordinaria s. MassimilianoKolbe ASSUNZiONEDiMARiAVERGiNE s. Rocco s. Giacinto s. Elena s. GiovanniEudes s. Bernardo,Abate 21ª Domenicaordinaria s. PioX s. MariaRegina s. RosadaLima s. Bartolomeo,Apostolo s. LuigiIX s. Gregorio s. Monica 22ª Domenicaordinaria s. AgostinoVescovo Decollazionedis.GiovanniBattista s. Felice s. PaulinoVescovo 7ªdopoTrinitatis Afra Ciriaco Romano Lorenzo Eusebio Clara FlorenceNightingale+1910 H 8ªdopoTrinitatis Samuele Mosè Rocco Liberto Amos Stoccolma1925 BlaisePascal+1662 K I I J J J K L L L A A B 9ªdopoTrinitatis Ernestina Alfonso Amsterdam1948 Bartolomeo Lodovico Severino CesariodiArles+542 B 10ªdopoTrinitatis Agostino Decap.GiovanniBattista ClaudiodaTorino Rebecca E B C C D D E F F G 6 7 E F F G G H 5 Pioggia 8 9 4 6 10 11 12 Pioggia e bello 6 13 13 14 15 16 17 18 Calendario A 1° 19 Bello e caldo 20 21 319 22 2 23 24 21 25 Molto bello e caldo 26 27 28 29 3 29 Caldo 30 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 Giovedì 2 Venerdì 3 Sabato 4 Domenica 5 6 7 8 9 10 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Calendario 11 Domenica 12 13 14 15 16 17 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 18 Domenica 320 19 20 21 22 23 24 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 25 Domenica 26 27 28 29 30 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì venerdì ettembre il giorno cala 1 ora e 36 minuti Calendario cattolico s. s. 23ª s. s. s. s. s. s. Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato Verena Verena FestadiMariaConsolatrice Absalom GregorioMagno oliverCromwell+1658 G H H Domenicaordinaria Rosalia LorenzoGiustiniani Magno Regina NativitàdiMariaVergine GregorioMagno NicoladaTolentino 11ªdopoTrinitatis AlbertSchweitzer+1965 Ercole Magno Regina HenriArnaud+1721 LeoTolstoi*1828 Sostene I 24ª Domenicaordinaria ss. FelicitaeRegula NomediMaria s. GiovanniCrisostomo EsaltazionedellaS.Croce TEMPoRA Festadei7doloridiMaria ss. CornelioeCipriano TEMPoRA s. Lamberto TEMPoRA fESTAfEDERALEDiPREGhiERA ss. SofiaeIrene s. Gennaro s. Eustachio s. Matteo,Evangelista ss. Maurizioecompagni ss. LinoeTecla Mariarifugiodeipeccatori 26ª Domenicaordinaria s. NicolaodellaFlüe ss. CosmaeDamiano s. Vincenzode'Paoli s. Venceslao ss. Arcangeli:Michele,Gabriele,Raffaele s. Gerolamo 12ªdopoTrinitatis FeliceeRegula Tobia Ettore Priscilla Nicomede LuigiPasquali+1568 HeinrichBullinger+1575 L fESTAfEDERALE Rosa Gennaro Fausta MatteoEvangelista Maurizio Tecla Roberto B 14ªdopoTrinitatis Cleopa Cipriano Cosma Venceslao Michele orsoeVittore I I J J K K L L A A B B 2 3 4 5 6 7 Bello 4 8 9 10 4 11 Bello e caldo 12 13 14 15 6 12 Bello e caldo 16 17 18 19 20 21 24 E 27 2 Bello 3 27 321 22 C C D 20 D Viariabile D e pioggia E F F G G H Calendario Anno 2011 S 1° 23 25 26 28 29 30 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 s. Remigio 2 Domenica 27ª ss. s. s. s. s. s. 28ª s. s. s. s. s. s. s. 29ª s. s. s. s. s. s. s. 30ª s. s. ss. s. s. ss. s. 31ª s. s. Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Calendario 9 Domenica 322 10 11 12 13 14 15 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 16 Domenica 17 18 19 20 21 22 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 23 Domenica 24 25 26 27 28 29 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 30 Domenica 31 Lunedì 3 4 il giorno cala 1 ora e 40 minuti Calendario cattolico 1 Sabato 3 4 5 6 7 8 ttobre 2 Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato Remigio 15ªdopoTrinitatis Leodegardo Lucrezia PierP.Vergerio+1565 Placido Angela Giuditta HeinrichSchütz*1585 I Domenicaordinaria GiovanniLeonardi Gedeone Probo Massimiliano Edoardo Callisto Teresad'Avila 16ªdopoTrinitatis Dionigi Gedeone Corina ElisabethFry+1845 TeodorodiBeza+1605 Edvige Teresa L Domenicaordinaria Gallo Ignazio Luca,Evangelista PaolodellaCroce Vendelino orsolaecomp.martiri MariaSalome fESTADELRACCOLTO Gallo Giusto LucaEvangelista Ferdinando Vendelino orsola Jerem.Gotthelf+1854 Domenicaordinaria GiovannidaCapestrano AntonioMariaClaret CrisanteeDaria Evaristo Frumenzio SimoneeGiuda,Apostoli Narciso 18ªdopoTrinitatis Severino Salome RenatadaFerrara*1510 Armando Sabina SimoneeGiudaApp. Narcisio Domenicaordinaria 19ªdopoTrinitatis AlfonsoRodriguez/OrasOlare–1Ora HenriDunand+1910 Wolfgango 95tesidiLutero I J J K K K L A A A B B 8 Temporali 9 4 10 4 F F G G H H I 13 Bello e caldo 6 12 14 15 16 17 18 19 Bel tempo 2 20 Bello e meno caldo 3 26 20 21 323 22 23 24 25 26 27 28 29 30 I J 11 12 C C C D D E E 6 7 H Domenicaordinaria AngeliCustodi TeresinadelBambinoGesù Francescod'Assisi Placido Bruno MadonnadelRosario Sergio 5 Calendario Anno 2011 O 1° Piovigginoso 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 2 3 4 5 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 6 Domenica 7 8 9 10 11 12 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Calendario 13 Domenica 324 14 15 16 17 18 19 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 20 Domenica 21 22 23 24 25 26 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 27 Domenica 28 Lunedì 29 Martedì 30 Mercoledì ovembre il giorno cala di 1 ora e 14 minuti Fasi lunari Pr. tempo Calendario cattolico Calendario riformato GNiSSANTi O CommemorazionedeiFedeliDefunti s. Pirmino s. CarloBorromeo s. Zaccaria 32ª Domenicaordinaria s. Leonardo s. Engelberto ss. QuattroCoronati DedicazioneBasilicaS.Salvatore s. LeoneMagno,Papa s. MartinodaTours s. Giosafatte 33ª Domenicaordinaria s. StanislaoKotska s. Alberico s. AlbertoMagno s. otmaro s. Florino DedicazioneBasilicass.PietroePaolo s. ElisabettadaTuringia fESTADiCRiSTORE s. Corbiniano PresentazionediMaria s. Cecilia,VergineeMartire s. Clemente,PapaeMartire s. Crisogono s. Caterina,VergineeMartire s. Corrado 1ªDomenicadiAvvento s. Colombano s. Crescenzio s. Saturnino s. AndreaApostolo TEMPoRA ConciliodiCostanza1414 GiuliodaMilano Teofilo Sigismondo Malachia J K K 2 K L Nuvoloso fESTADELLARifORMA Leonardo Florenzio Claudio Teodoro Taddeo SörenKierkegaard+1855 PierPaoloVermigli+1562 L 21ªdopoTrinitatis Aurelio Federico Joh.A.Comenius+1670 otmaro Bertoldo Eugenio ElisabettadaTuringia+1231 C 22ªdopoTrinitatis Edmondo Colombano Cecilia Clemente Crisogono Caterina Corrado 1ªdiAvvento MargareteBlarer+1541 Noè Saturnino AndreaApostolo 4 A A A B B C C D D E E F Pioggia e vento 6 10 Pioggia e neve 2 18 Neve e freddo 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 17 18 19 20 21 325 22 23 24 25 3 25 26 27 28 I J J K 3 16 F F G G H H I 2 Calendario Anno 2011 N 1° Neve e gelo 29 30 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 1 Giovedì 2 Venerdì 3 Sabato 4 Domenica 5 6 7 8 9 10 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 11 Domenica Calendario 12 13 14 15 16 17 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 18 Domenica 326 19 20 21 22 23 24 Lunedì Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato 25 Domenica 26 Lunedì 27 28 29 30 31 Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato icembre 2 3 4 il giorno cala di 15 minuti fino al 21 del mese Calendario cattolico Fasi lunari Pr. tempo Calendario riformato Eligio Saverio Lucio K L L 2ªdiAvvento AndreaBrucioli Abigail LeonhardRagaz+1945 Enoc Delia KarlBarth+1968 Gualtiero L 5 6 7 s. Eligio s. Lucio,patronodelladiocesi TEMPoRA s. FrancescoSaverio TEMPoRA 2ª DomenicadiAvvento s. Barbara s. Saba s. NicolòdaBari s. AmbrogiodaMilano immacolataConcezione s. Valeria s. Angelina 3ª DomenicadiAvvento s. Damaso s. GiovannaFrancescadaChantal s. Lucia s. GiovannidellaCroce s. Valeriano s. Adelaide s. Lazzaro 3ªdiAvvento JochenKlepper+1942 ottila Lucia Nicasio Abramo Adelaide Lazzaro 4ª DomenicadiAvvento s. Graziano s. Urbano s. Ursicino s. Riccardo s. Flaviano s. GiovannidaCracovia VigiliadiNatale 4ªdiAvvento Ecumene Nemesio CatarinaBora+1552 Tommaso Fiorino Dagoberto MatildaWrede+1928 G G H H I I NATALEDiNOSTROSiGNOREGESùCRiSTO s. Stefano,protomartire Sacrafamiglia s. GiovanniEvangelista ss. Innocenti s. TomasoBecker s. Davide s. Silvestro NATALEDiN.S.G.C. J 27 Stefano J 28 GiovanniEvangelista InnocentiFanciulli Gionatan Davide Silvestro K K K L L A A B B B C 4 2 Molto freddo F 9 10 11 12 6 10 13 14 15 C D D E E E F 8 16 17 Nevicate 18 Calendario Anno 2011 D 1° 19 20 2 18 Variabile 3 24 Uggioso e freddo 21 327 22 23 24 25 26 29 30 31 Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro © Piante da radice Mesi Luna Se Mz-Lu Carote Tr � � � Mg-Gi Ra Gi-No Se Mz-Gi Rape da foraggio Calendario 328 No No Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì No No Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì No Sì Sì No Ra Ag-Ot � � � Sì No Sì Sì No Sì No No Sì No Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì � � � � Sì No Sì No Sì Sì Mg-Gi Sì No Sì No Sì Sì Ra Se-Ot � Sì No No Sì No Sì Sì Sì Sì Se Mz-Mg Ra Mg-Se Se Ap-Mg Tr Tr Mg-Gi e Ag-Se Tr Ap-Mg In Ag non possono prendere l’acqua Se Mz-Gi Tr Mg-Gi Ra Ag-No Tr Mg e Ot � � � � � � � � Tr Mg-Ag Ra Gi-Ot No No No Sì No Sì Sì No No Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì No Sì No Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì No No No Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì No Sì No � � � Se Fe-Lu Sì Sì � � � � Se Mz-Gi Mg-Lu Sì � � � � Tr Sì Sì Sì Sì Ra Gi-Se Ra Ge-Ma e Se-Di Finocchio Sì No Sì Se Fe-Mg e Se-Ot Porro No Sì Sì Ra Ag-Ot Aglio Sì Sì Se Mz-Gi Bietole rosse Sì Sì Mg-Gi e Ag Ra Gi-Ot Cipolle Sì No � Tr Se Mz-Gi Sedano Sì Sì Se Mz-Gi Se Mz-Ag Ravanelli No No Ra Se-Di Ap-Lu Ra Ag-Di Patate Sì Sì � � � � � � Barbabietole Tr Rape Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Calendario Annotazioni No Sì No No No Sì No � � No No � � � No No Sì No No Sì Sì Sì Sì Sì LEGGENDA � Ariete � Toro � Gemelli � Cancro � Leone � Vergine � Bilancia � Scorpione � Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci Sì Se Seminare Tr Trapiantare Ra Raccogliere Sì Sì Sì � Ultimo quarto (calante) � Primo quarto (crescente) Almanacco del Grigioni Italiano 2011 329 Piante da foglia Mesi Se Mz-Mg Cavoli Sì Ra Ag-No Tutte Sì Sì Se Mz-Se � � � No No Tr Ap-Ag Mg Ra Mg-Ot Se Mz-Gi Prezzemolo Tr Ap-Ag Ra Ma-No Se Ap-Ag Indivia Tr Mg-Se Cicoria di Bruxelles Se Mz-Gi � � � � Tr Tutte Mg-Ag Ra Mg-Ot Se Mz-Ag Lattuga Tr Ap-Lu Ra Gi-No Calendario Se Fe-Gi Verza Tr Mg-Gi Ra Lu-Di Se Fe-No Valerianella Tr Fe-Gi e Se-Di Ra Ge-Di 330 Se Fe-Ot Crescione Tr Ap-Ag Ra Ge-Di Bietola da coste Sì Se Fe-Ot Tr Ap-Ot Ra Gi-No Sì � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Cavolfiore Sì Sì Sì Sì Se Mz-Gi Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Piante da Frutto Fagioli Piselli Pomodori Zucca Tr Ap-Lu Tr Mg-Lu Ra Ag-No No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Se Mg-Gi Ra Ag-Se Se Mz-Gi Sì Sì Sì Sì No No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Ra Gi-Se Sì Sì Sì Se Mz-Gi Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No No Sì No No Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Soia Sì No Sì Gi-Lu Se Fe-Gi Sì Sì Tr Sì Mais Ra Ag-Ot Se Fe-Lu Cetrioli Zucchine Tr Tr Mg-Ag Mg-Lu No Sì Sì Sì Ra Mg-Ot Sì Sì Sì Sì Se Fe-Mg Fragole Luna � � � � � � � � � � � � Ra Gi-Ot No No Sì Ra Gi-Ot Tr Ap-Gi e Ag-Ot Ra Gi-Ag � � � � � � � � � � Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì No No Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì No No Sì No No Sì No Sì Sì � tutte Se Ap-Ag Ra Gi-Ot Sì No Sì Mesi Se Ge-Gi Sì Sì Fe-Gi Se Mz-Gi No No Sì Sì Sì No No Sì Sì Tr � � � � � � � � Ra Lu-No Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì No No Sì Carciofo Sì No No No Sì Se Fe-Lu No No Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Ap-Lu Ra Lu-Di Sì No Tr Sì Sì � � � � � Ra Gi-Ot Sì No Sì Mg-Se Sì Sì Sì Tr Luna tutte Se Fe-Gi Sì Sì Mesi Sì No No � Ra Gi-No No Piante da fiore Girasole � � � � � � � � � Se Fe-Gi Tr Sì � Mg Ra Mg-Ot Erba cipollina Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � � � Tr Spinaci Luna Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro � � � Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � No Sì No Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì No Sì No Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì � � � � � � � � � � � � � � � � � � � Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì No Sì Sì No Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì No Sì No Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì No Sì Sì No Sì Sì Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Calendario Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro 331 Sì Sì Sì Sì LEGGENDA � Ariete � Toro � Gemelli � Cancro � Leone � Vergine � Bilancia � Scorpione � Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci Se Seminare Tr Trapiantare Ra Raccogliere � Ultimo quarto (calante) � Primo quarto (crescente) � Ariete � Toro � Gemelli � Cancro � Leone � Vergine � Bilancia � Scorpione � Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci Se Seminare Tr Trapiantare Ra Raccogliere � Ultimo quarto (calante) � Primo quarto (crescente) Ge Gennaio Lu Luglio Mg Maggio No Novembre Gi Giugno Di Dicembre Ge Gennaio Lu Luglio Mg Maggio No Novembre Gi Giugno Di Dicembre Fe Febbraio Ag Agosto MzMarzo Ap Aprile Se Settembre Ot Ottobre Fe Febbraio Ag Agosto MzMarzo Ap Aprile Se Settembre Ot Ottobre Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro Mesi Pi Ge-Mg Tr Melo Mz-Mg e Se-Ot Co Mz-Gi e Ot-No In Ge-Mg e Ot Po Ge-Mg, Lu e Ot-Di Ra Ag-Ot Pi Ge-Mg e Se-Ot Tr Pero Mz-Gi e Ot Co Mz-Mg e Ot-No In Mz-Gi e Ot Po Ge-Mg e No-Di Ra Lu-Ot Pi Ge-Gi e Ot Tr Prugno Mz-Ap e Ot Co Mz-Ap e Ot-Di In Ge-Mg e Ot Po Ge-Ap e No-Di Ra Lu-Ot Pi Mz-Mg e Ag-Se Tr Co Mz-Ap e No In Mz-Mg Calendario Castagno Ap-Mg Po Ge-Mz, Gi, No-Di 332 Co Mz-Ap e Ot-No Ra Se-No Pi Mz-Mg e Se-Ot Tr Ciliegio In Fe-Mg e No Fe-Mg Po Ge-Ap e Gi-Ag Ra Mg-Se Pi Ge-Ap e Se-Ot Tr Amarena Fe-Ap e No Co Mz-Ap In Fe-Mg Po Ge-Mz e Gi-Lu Ra Gi-Se Luna Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � � � � � � � Sì No Sì No Sì Sì No Sì No Sì � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � � No No Sì No No Sì No Sì No Sì No No No Sì Sì Co Mz-Mg Frutta e bacche In Ap-Mg Po Mz-Mg e Se-Ot Ra Gi-No Sì Giardino Sì Sì Ge-No Seminare fiori Piant. arbusti e siepi Fe-Gi e Ot No No No Potare e sfrondare Ge-Ap e Ag-Di No No Spuntare e cimare Fe-Ot No Lavorare e concim. Ge-No No Sì Pi Mz-Mg e Se No No Sì Mesi Sì No No Frutteto Sì No No No Sì No Sì No Sì No Sì No Sì Seminare cereali Mz-Lu e Se-Ot Seminare foraggi Mz-Gi, Ag e Ot-No No Interrare Mz-Gi No Lavorare terreni Mz-Mg, Lu, Se-No No Concimare Di-Mz No Raccogliere Mg-No No Sì � � � � � � Sì tutte Sì � � � � Sì Sì No Sì Sì Sì No No Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Campi Sì No Sì Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � tutte tutte No No Luna No � � � � � � � � � Sì Sì No Sì No No Sì No No Sì Sì No No � Sì Sì No Sì No No Sì No No Sì No Sì No Sì No Bosco No Tagl. legna ardere Ge-Mz e Ot-Di Tagl. legna costr. Ge-Mz e Ot-Di Sì Taglio alb. Natale No-Di Sì Gli abeti tagliati 3 giorni prima dell’11º plenilunio conservano molto più a lungo gli aghi No Sì � � Sì � No Sì Sì Sì Sì Sì Sì No Sì Sì Sì Sì Il legno per i manici è da tagliare nei giorni del sagittario in agosto per mantenerli piegevoli e resistenti Allevamento No No No Sì Sì Sì Sì No No Sì No Sì Sì Ge-Mg e Se-Di No Sì Lievitaz. pane No Sì Fare conserve Mg-No Imbott. bevande Se-Ot Sì Lattofermenti No Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Sì Se Seminare Tr Trapiantare Ra Raccogliere Macellazione Conservare Sì LEGGENDA � Ariete � Toro � Gemelli � Cancro � Leone � Vergine � Bilancia � Scorpione � Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci Mz-Se Sì No Sì Cova e schiusa � Ultimo quarto (calante) � Primo quarto (crescente) � � Mai in agosto! � � � Sì � Sì � Sì Sì Sì Sì No No No No Sì Sì No Sì Sì No Sì No Sì No Sì Sì No Sì Sì No Sì No Sì Sì No Sì Sì No Congelare frutta e verdura nei giorni del frutto. Una volta scongelati hanno un buon sapore, non si decompongono e non sono acquosi LEGGENDA � Ariete � Toro � Gemelli � Cancro � Leone � Vergine � Bilancia � Scorpione � Sagittario � Capricorno � Acquario � Pesci Se Seminare Tr Trapiantare Ra Raccogliere � Ultimo quarto (calante) � Primo quarto (crescente) Ge Gennaio Lu Luglio Mg Maggio No Novembre Gi Giugno Di Dicembre Fe Febbraio Ag Agosto MzMarzo Ap Aprile Se Settembre Ot Ottobre Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Calendario Frutteto 333 Calendario lunare-zodiacale dell’ortofrutticoltura e altro Cura del corpo Mesi indicati Segni zoodiacali � � � � � � � � � � � � Luna Sì � � Taglio capelli Taglio unghie No No Sì Sì No No Sì No Annotazioni No No Sì No Applicare impacchi al viso o maschere in luna calante Applicare creme idratanti o rassodanti in luna crescente I giorni del capricorno sono adatti a qualsiasi trattamento della pelle La luna calante è adatta per stimolare i piedi (eliminare tensioni ed elementi tossici presenti nel corpo) Per la rigenerazione delle funzioni del corpo è ideale la luna crescente Massaggi rilassanti e disintossicanti sono da eseguire in luna calante Massaggi rigeneranti e rinforzanti sono da eseguire in luna crescente Nei mesi senza la «R» si può soleggiare più a lungo Le cure ricostituenti hanno maggior eficacia in luna crescente L’organismo si depura in luna calante I digiuni purificatori hanno maggior successo in luna nuova Pulizia I giorni dell’aria in luna calante sono l’ideale per rovistare, arrieggiare e pulire I giorni dell’acqua sono l’ideale per la rimozione dello sporco più profondo e la pulizia a fondo Le pulizie di primavera riescono meglio nel segno dell’acquario in luna calante Nei mesi senza la «R» si può arrieggiare più a lungo La muffa va tolta in luna calante Altro Calendario 334 Sì � Taglio fieno No � Sì Calendario Pulire orto Dipingendo e laccando in luna calante nei giorni dell’aria la vernice asciuga meglio. LEGGENDA Giorni della luce (aria) Gemelli, bilancia, acquario Giorni del calore (fuoco) Ariete, leone, sagittario Giorni del freddo (terra) Toro. vergine, capricorno Giorni dell’acqua (acqua) Cancro, scorpione, pesci Giorni del fiore Gemelli, bilancia, acquario Giorni del frutto Ariete, leone, sagittario Giorni della radice Toro, vergine, capricorno Giorni della foglia Cancro, scorpione, pesci � Ariete � Leone � Sagittario � Toro � Gemelli � Vergine � Bilancia � Capricorno � Acquario � Cancro � Luna nuova � Primo quarto (crescente) � Scorpione � Luna piena � Ultimo quarto (calante) � Pesci Ge Gennaio Lu Luglio Fe Febbraio Ag Agosto Ap Aprile Ot Ottobre Mz Marzo Se Settembre Mg Maggio No Novembre 335 Gi Giugno Di Dicembre Questo calendario lunare-zodiacale è soggetto a modifiche e ad eventuale ampliamento. Indicazioni dai lettori sono ben volute! Da inviare ad una/un redattrice/tore. Indirizzo vedi pagina 3. © Pro Grigioni Italiano Almanacco del Grigioni Italiano 2011 Calendario Annotazioni 336
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