Il fantasma di Canterville
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Il fantasma di Canterville
OSCAR WILDE Il fantasma di Canterville illustrazioni di Maurizia Rubino a cura di Davide Francioni Nota al testo Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde venne pubblicato la prima volta nel 1886 sulla «Court and Society Review». La versione che qui presentiamo – rivolta ai bambini a partire dagli 8 anni – è stata ricavata dal testo in lingua inglese contenuto nella raccolta Complete Shorter Fiction, a cura di I. Murray, Oxford World’s Classic, 2008. Per rispettare il più possibile l’opera originale, l’adattamento è stato curato secondo questi criteri: i capitoli I, III e V sono stati tradotti omettendo soltanto quei riferimenti alla cultura inglese e alla cultura americana di fine Ottocento che sarebbero risultati di più difficile comprensione a un piccolo lettore; nei II-IV-VI e VII, invece, allo scopo di snellire il ritmo narrativo, sono stati effettuati alcuni tagli che tuttavia non alterano la trama, né lo stile dell’autore. Il fantasma di Canterville di Oscar Wilde (tit. originale The Canterville Ghost). Volume allegato a Un’estate fantastica 3. Non vendibile separatamente. Illustrazioni: Maurizia Rubino Editor: Davide Francioni Impaginazione: Rosa Collevecchio Copertina: Paolo Bernacca Stampato in Italia © 2010 Centro Produzione Editoriale srl via Ruscitti, Zona Industriale S. Atto – Teramo www.liscianiscuola.it Tutti i diritti sono riservati. La casa editrice è a disposizione sia degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare, sia per eventuali involontarie omissioni nella citazione delle fonti. I uando il signor Otis, ambasciatore degli Stati Uniti d’America, acquistò Canterville Chase, tutti gli dissero che stava compiendo una grande sciocchezza. Non c’era dubbio, infatti, che quel posto fosse infestato dai fantasmi. Lo stesso Lord Canterville, uomo onesto e molto scrupoloso, si sentì in dovere di informarlo al riguardo il giorno in cui discussero le condizioni della vendita. «Non abbiamo voluto viverci più neanche noi» disse Lord Canterville «da quando la mia prozia, la duchessa di Bolton, ebbe una specie di crisi isterica a causa di due mani scheletriche che le si poggiarono sulle spalle mentre Q 3 si stava vestendo per venire a cena. Mi creda, signor Otis, lo spettro è stato visto da diversi membri della mia famiglia e anche dal parroco, il reverendo Augustus Dampier, che è un docente del King’s College, a Cambridge. 4 «Dopo quel brutto incidente capitato alla duchessa» proseguì «nessuno dei nostri giovani domestici volle restare con noi e Lady Canterville non riusciva più a dormire la notte per colpa di quei misteriosi rumori che provenivano dal corridoio e dalla biblioteca». «Signore» rispose l’ambasciatore «prenderò mobili e fantasma in blocco. Vengo da un paese moderno, dove tutto può essere comprato col denaro; e sono sicuro che, se in Europa esistesse qualcosa di simile a un fantasma, l’avremmo già portato da noi per esporlo in uno dei nostri musei, o addirittura al circo». «Temo che quel fantasma esista davvero» ribatté Lord Canterville, sorridendo. «Lo conosciamo da tre secoli, dal 1584 per la precisione, e da allora appare ogni volta che sta per morire un membro della nostra famiglia». «Be’, fa così anche il medico di famiglia!... Lord Canterville, i fantasmi non esistono e mi 5 chiedo se la natura possa fare delle eccezioni per l’aristocrazia inglese». «In America siete senza dubbio molto... vicini alla natura!» rispose Lord Canterville, il quale non aveva colto l’ultima battuta del signor Otis. «Ma se non vi dà fastidio avere uno spettro in casa, allora tanto meglio. Ricordi, però, che io l’ho messa in guardia». Qualche settimana dopo l’affare fu concluso e il signor Otis si trasferì a Canterville Chase insieme alla famiglia. Sua moglie, la signora Otis, era una donna di mezz’età, che da giovane era stata una delle ragaz6 ze più belle di New York; Washington, il primogenito, era un giovanotto alto e biondo che i genitori avevano chiamato così in onore di George Washington, il primo presidente degli Stati Uniti d’America; Virginia E. Otis, la secondogenita, era invece una quindicenne molto carina e delicata, che amava andare a cavallo e di cui il giovane duca di Chesire s’era perdutamente innamorato fin dal primo giorno in cui l’aveva vista cavalcare ad Hyde Park; infine, c’erano i simpatici gemellini, soprannominati “stelle e strisce” tanto erano impertinenti quei due ragazzi. 7 Era una bella serata di luglio quando gli Otis si recarono nella loro nuova dimora inglese, a pochi chilometri dalla stazione di Ascot. Ma, non appena giunsero al castello, il sole si oscurò e cominciarono a cadere grosse gocce di pioggia. Ad attenderli, sulle scale, trovarono la signora Umney, l’anziana domestica dei Canterville che, dopo essersi presentata, li condusse nella grande biblioteca, dove aveva preparato il tè. Guardandosi intorno, la signora Otis notò una strana macchia vicino al caminetto e disse, rivolgendosi alla domestica: «Temo che laggiù sia stato versato qualcosa». «Sì, signora, è stato versato del sangue» rispose la domestica, con voce bassa. «Che orrore!» esclamò la signora Otis. «Bisogna farlo sparire subito!». La domestica, allora, sorrise e, sempre con voce bassa, disse: «È impossibile far sparire 8 quella macchia di sangue. Essa si trova nel punto esatto dove, nel 1575, Sir Simon de Canterville uccise la moglie, Lady Eleanore de Canterville. Sir Simon le sopravvisse ancora nove anni, poi sparì in circostanze misteriose e il suo corpo non fu mai più ritrovato. La macchia di sangue è molto ammirata dai turisti che visitano il castello». 9 «Che sciocchezza!» proruppe Washington, il primogenito degli Otis. «L’impareggiabile Super-smacchiatore e Detergente Pinkerton la farà sparire in un batter d’occhio» e, così dicendo, si mise subito a strofinare il pavimento con uno strano bastoncino. La macchia, in effetti, sparì dopo pochi istanti; tuttavia il giovane non fece in tempo a gioire della sua impresa che un lampo illuminò la stanza e il tuono che seguì fece balzare tutti in piedi, mentre la vecchia domestica cadde a terra, svenuta. Poco dopo, la signora Umney rinvenne e, ancora terrorizzata, avvertì gli Otis delle terribili sventure che sarebbero accadute in quella casa. Sia l’ambasciatore che sua moglie, però, la rassicurarono: loro non avevano affatto paura dei fantasmi... 10 II L a tempesta infuriò tutta la notte, ma non successe nulla di particolare. Il mattino seguente, tuttavia, quan do gli Otis scesero a far colazione, videro di nuovo l’orribile macchia di sangue sul pavimento. «Non credo che sia colpa del Super-smacchiatore» disse Washington «perché l’ho testato su qualsiasi cosa. Dev’essere stato il fantasma». Così si mise a strofinare la macchia per la seconda volta. Ma il secondo giorno riapparve ancora. Ed era lì anche il terzo giorno, nonostante la biblioteca fosse stata chiusa a chiave dal signor Otis in persona. La cosa, ormai, interessava tutta la famiglia: il 11 signor Otis pensò di essere stato troppo scettico circa l’esistenza dei fantasmi, la signora Otis volle iscriversi alla Società di parapsicologia e Washington scrisse una lunga lettera a due esperti di fenomeni paranormali in cui chiedeva delucidazioni circa la permanenza di macchie di sangue nei luoghi dei delitti. Quel giorno tutti i dubbi circa l’oggettiva esistenza dei fantasmi sparirono per sempre. La sera successiva gli Otis approfittarono del fresco per fare una gita in carrozza. Ma nessuno fece cenno al fantasma e l’argomento non venne sfiorato neanche al ritorno, durante la cena. Poi, alle undici in punto, ognuno si ritirò nella propria stanza e alle undici e trenta tutte le luci del castello si spensero. Poco dopo, il signor Otis fu svegliato da uno strano rumore che giungeva dal corridoio. Era un rumore metallico e gli sembrò che si stesse avvicinando alla porta. Allora decise di alzarsi, accese la candela e guardò 12 l’orologio. Era l’una in punto. L’ambasciatore non si sentiva affatto agitato e si tastò il polso: il battito era regolare. Quello strano rumore, però, continuava e insieme si sentiva, chiaramente, un rumore di passi. Così, si infilò le pantofole, prese una fiala dal borsello da toilette e aprì la porta. Proprio davanti a sé vi13 de, nella pallida luce della luna, un vecchio dall’aspetto terribile. I suoi occhi erano rossi come carboni ardenti, i lunghi capelli grigi gli ricadevano sulle spalle in lunghe ciocche sparpagliate, l’antico abito che indossava era sporco e strappato e, dai polsi e dalle caviglie, gli pendevano pesanti manette e catene arrugginite. «Egregio signore» disse il signor Otis «le devo chiedere, gentilmente, di oliare le sue catene. Le ho portato, a tal proposito, una piccola fiala di Lubrificante Sole Tammany. Dicono che sia molto efficace già con una sola applicazione. Glielo lascio qui, sul tavolo, vicino alle candele della camera da letto. Sarò felice di fornirle un’altra fiala qualora ne avesse ancora bisogno». Detto questo, l’ambasciatore americano chiuse la porta e tornò a letto. Per un attimo, il fantasma di Canterville restò senza parole, tanto era indignato. Poi, 14 con rabbia, scaraventò la fiala sul pavimento e scappò per il corridoio, lanciando grida cavernose ed emettendo una spettrale luce verde. Mentre stava raggiungendo la cima della scale, apparvero due piccole figure vestite di bianco e, subito dopo, un grosso cuscino gli sfiorò la testa. A quel punto si rese conto che non c’era tempo da perdere e scomparve attraverso la parete. Poi, la casa ricadde nel silenzio assoluto. Rifugiatosi in una stanza segreta dell’ala sinistra del castello, il fantasma si appoggiò a un raggio di luna per riprendere fiato e si mise a riflettere su 15 quello che gli era capitato. Mai, in tutta la sua plurisecolare carriera, era stato così pesantemente insultato. Ripensò allora all’episodio della duchessa di Bolton e alla crisi isterica che ebbero quattro domestiche solo per aver sentito le sue grida provenire da una delle camere da letto. Ripensò anche al rettore della parrocchia, a cui aveva spento le candele mentre stava uscendo dalla biblioteca e che, da allora, era in cura dallo psichiatra. 16 E ripensò all’anziana Madame de Tremouillac, anche lei colpita da crisi isterica dopo aver visto uno scheletro seduto sulla poltrona accanto al camino, intento a leggere il suo diario. Si ricordò persino della terribile notte in cui il malvagio Lord Canterville fu trovato mezzo soffocato nel suo spogliatoio, con un fante di quadri ficcato in gola! Poco prima di morire, infatti, egli confessò di aver barato al gioco e vinto a Charles James Fox circa cin17 quantamila sterline proprio con quella carta che, giurava, il fantasma gli aveva fatto inghiottire. Con l’orgoglio tipico di un artista, il vecchio fantasma rievocò tutte le sue imprese più celebri e sorrise ripensando alla sua ultima apparizione nei panni di “Ruben il Rosso” ovvero il “Bebè Strangolato”, o al suo debutto da “Gibeon lo Scarno” ovvero il “Vampiro della Brughiera di Bexley”. E dopo tutto questo, pensava, doveva arrivare una moderna e rozza famiglia americana ad offrirgli il... Lubrificante Tammany! Nessun fantasma era mai stato trattato in questo modo! Insomma, decise di vendicarsi. 18 III L a mattina do po, durante la colazione, gli Otis discussero a lungo del fantasma. L’ambasciatore americano s’era un po’ offeso, ovviamente, nel notare che il suo regalo non era stato accettato. «Non intendo fargli del male» disse. «Anzi, considerando che egli abita in questa casa da tanto tempo, penso che non sia cortese tirargli addosso cuscini» (a queste parole, ovviamente, i gemelli scoppiarono a ridere...). «D’altra parte» proseguì «se si rifiuta di usare il Lubrificante, dovremo togliergli le catene. È impossibile dormire con quel baccano fuori dalla camera da letto». Gli Otis, tuttavia, non furono più disturbati 19 per il resto della settimana, fatta eccezione per la macchia di sangue sul pavimento della biblioteca, che si rinnovava ogni mattina, nonostante la porta venisse chiusa a chiave tutte le sere dal signor Otis e le finestre fossero sbarrate. Tra l’altro, il colore della macchia cambiava ogni giorno e ciò suscitava diversi commenti. Alcuni giorni era di un rosso sbiadito, altre volte di rosso vermiglio, altre ancora di rosso porpora e un giorno addirittura di un brillante verde smeraldo. Questi cambiamenti di colore divertivano molto gli Otis, tranne la giovane Virginia che, inspiegabilmente, rimaneva sempre sconvolta alla vista della macchia e quasi scoppiò in lacrime il giorno che la vide di color verde smeraldo. La seconda apparizione del fantasma avvenne la domenica sera. Gli Otis s’erano appena ritirati nelle loro stanze quando sentirono un tremendo fracasso giungere dall’atrio. Si precipitarono lungo le scale e videro che 20 una grossa armatura s’era staccata dal suo piedistallo, cadendo sul pavimento, e che, seduto su una se dia dalla spalliera alta, c’era il fantasma di Canterville intento a massaggiarsi le ginocchia, tutto sofferente. I gemelli, che s’erano portati appresso le loro scacciacani, scaricarono due pallottole sul vecchio fantasma con la precisione di chi si è addestrato a lungo sul proprio maestro di calligrafia; mentre l’ambasciatore gli puntò il revolver in faccia, urlando: «Mani in alto!». Il fantasma, allora, lanciò un grido rabbioso e sgusciò tra loro lasciandosi alle spalle 21 una scia di nebbia che spense la candela di Washington e fece ripiombare tutti nel buio. Poco dopo, raggiunta la cima delle scale, prima si riprese un attimo, poi si lasciò andare nella sua celebre risata demoniaca che, in più di un’occasione, si era rivelata decisamente utile! Si diceva, infatti, che quella risata avesse fatto venire i capelli grigi a Lord Raker in una sola notte e che ben tre domestiche fran22 cesi di Lady Canterville, per causa sua, fossero andate via terrorizzate prima della fine del mese di prova. Per questo il fantasma fece esplodere la sua risata più agghiacciante, che riecheggiò in ogni angolo del castello. L’eco della risata non s’era ancora spenta, quando si aprì una porta, da cui uscì la signora Otis avvolta in una vestaglia azzurra. «Mi spiace che lei stia così male» disse. «Le ho portato una boccetta di sciroppo del dottor Dobell. È un ottimo rimedio per l’indigestione». Il fantasma, a quel punto, decise di trasformarsi nel grosso cane nero, uno dei suoi travestimenti più spaventosi, ma un rumore di passi lo fece esitare un attimo, e così pensò di rimediare diventando fosforescente e svanendo, poco prima che arrivassero i gemelli. Quando tornò in camera sua era distrutto e si fece prendere dalla più violenta agitazione. La volgarità dei gemelli e il rozzo materialismo della signora Otis lo avevano letteral23 mente disgustato; ma quello che lo deprimeva di più era il non essere riuscito a indossare l’armatura. Era convinto che persino quei moderni americani sarebbero rimasti terrorizzati di fronte a uno spettro con l’armatura! Quella, infatti, era la sua corazza personale. L’aveva indossata con grande successo al torneo di Kenilworth e aveva ricevuto i complimenti niente meno che dalla regina Elisabetta in persona. Purtroppo, però, quando aveva provato ad entrarci, era stato completamente soggiogato dal peso dei pettorali e del casco d’acciaio ed era rovinato a terra pesantemente, sbattendo entrambe le ginocchia e ferendosi le nocche della mano destra. Nei giorni seguenti si sentì molto male e 24 non mise piede fuori dalla sua stanza, tranne che per ripristinare la solita macchia di sangue. Alla fine si ristabilì e pensò di mettere in atto un terzo tentativo per spaventare l’ambasciatore americano e la sua famiglia. Decise di apparire il 17 agosto, di venerdì e questo era il suo piano: sarebbe piombato in silenzio nella stanza di Washington Otis, avrebbe farfugliato qualcosa da25 vanti al suo letto e si sarebbe pugnalato la gola tre volte al ritmo di una musica di sottofondo. Poi, dopo aver lasciato quel giovanotto in uno stato di completo terrore, sarebbe entrato nella camera del signor Otis e di sua moglie, avrebbe poggiato una mano scheletrica sulla fronte della signora e sussurrato all’orecchio del marito tremante i segreti degli ossari. Alla giovane Virginia che, per la verità, non l’aveva mai insultato ed era sempre graziosa e gentile, non sapeva bene cosa fare. Forse sarebbe bastato solo un urlo sepolcrale dall’armadio della sua stanza... Era invece assai determinato ad impartire una sonora lezione ai gemelli: li avrebbe prima paralizzati per la paura comparendo tra i loro due lettini sotto forma di un gelido cadavere verde; poi avrebbe iniziato a volteggiare per la stanza nei panni del famossissimo “Daniel il Muto” ovvero “lo Scheletro del Suicida”. Alle dieci e mezzo sentì che gli Otis stava26 no andando a letto. Per un po’ fu disturbato dai selvaggi scoppi di risa dei gemelli, ma alle undici e un quarto piombò il silenzio assoluto e, a mezzanotte in punto, fece la sua sortita. Si sentiva solo il ritmico russare dell’ambasciatore. Il fantasma, allora, sbucò dai pannelli di legno della parete con un sorriso malefico e si diresse verso la camera del povero Washington. Il vento gli soffiava le lunghe 27 ciocche grigie sul viso e agitava il sudario in modo raccapricciante. Giunse il momento di agire: emise una risata soddisfatta ma, poco prima di svoltare l’angolo, cadde all’indietro lanciando un urlo di terrore e portandosi le mani scheletriche sul viso. Proprio di fronte a lui, si ergeva uno spettro orribile, con la testa enorme, pelata, la faccia pallida e la bocca infuocata. Quell’essere mostruoso teneva un falcetto di acciaio luccicante con la mano destra e aveva appeso sul petto un cartello, con una strana scritta a caratteri antichi. 28 Non avendo mai visto prima un fantasma, egli ne fu ovviamente molto spaventato. E, subito dopo aver lanciato un’altra, furtiva occhiata a quello spirito, scappò via nella sua stanza, trascinando via il lenzuolo svolazzante lungo il corridoio. Tornato nella sua stanza, il fantasma cercò di farsi coraggio e pensò che quel nuovo nemico potesse aiutarlo in qualche modo nella sua battaglia contro gli Otis. Decise dunque di incontrarlo la mattina successiva, ma non appena giunse sul posto, si trovò dinanzi uno spettacolo orrendo: lo spettro stava appoggiato con29 30 tro il muro, in una posizione innaturale, e il falcetto di acciaio luccicante gli era caduto a terra. Allora, decise di prenderlo tra le braccia, per tirarlo su, ma con suo grande stupore si ritrovò a stringere un lenzuolo bianco e un manico di scopa, mentre una grande zucca vuota, ovvero la testa, gli rotolava fra i piedi! Il fantasma non capiva, così afferrò il cartello e lesse le seguenti, orribili parole: IL FANTASMA DE OTIS L’UNICO ED ORIGINALE DIFFIDATE DALLE IMITAZIONI TUTTI GLI ALTRI SONO FALSI Improvvisamente tutto gli fu chiaro: era stato ingannato! Così, umiliato e offeso, si ritirò nella sua stanza a leggere libri di cavalleria antica. 31 IV N ei giorni successivi il fantasma se ne restò chiuso nella sua stanza. Si sentiva molto stanco e depresso per tutte quelle umiliazioni e smise di occuparsi persino della famosa macchia di sangue. «Gli Otis non la vogliono» pensava. «Del resto, sono persone troppo volgari e rozze per poterla apprezzare». Ciononostante, lo spettro non rinunciò alle sue abitudini plurisecolari, come quella di apparire il primo e il terzo mercoledì di ogni mese lungo il corridoio, 32 borbottando frasi senza senso. Nello stesso tempo, però, non sapeva più come uscire allo scoperto senza incappare nell’ennesima figuraccia. Gli Otis, infatti, non gli davano tregua: presero a stendere lungo il corridoio delle corde nelle quali inciampava nel buio e, una notte, addirittura, il fantasma scivolò sopra una striscia di burro che i gemelli avevano spalmato sul pavimento. Quest’ultimo affronto lo fece arrabbiare così tanto che volle compiere un ultimo sforzo per riaffermare la sua dignità. Con uno scatto d’orgoglio, decise di far visita a quei due studentelli di Eton, impersonando il terribile “Rupert il Temerario”, ossia il “Conte Decapitato”. 33 Erano anni che non appariva con quel travestimento e impiegò più di tre ore per ultimare tutti i preparativi. Alla fine, soddisfatto del suo aspetto, arrivò davanti alla camera dei gemelli , all’una e un quarto della notte. Pensando di fare un ingresso trionfale, spalancò la porta con violenza, ma una brocca d’acqua gelida gli si rovesciò addosso, infradiciandolo tutto. Il povero fantasma sentì le 34 risatine dei gemelli e, sconvolto, si rintanò nella sua stanza dove rimase per tutto il giorno seguente, bloccato da un fortissimo raffreddore. Ma non era finita. Il 19 settembre, durante l’ennesima spedizione notturna in occasione della quale aveva assunto le sembianze di “Giona l’Insepolto” ossia il “Ladro di Cadaveri Cherstey Barn”, allorché si stava dirigendo verso la biblioteca, gli balzarono addosso due figure che si agitavano follemente e gli gridavano «Buu!» nell’orecchio. Terrorizzato, scappò lungo le scale, ma venne bloccato da Washington Otis, che 35 era armato di una lunga canna per annaffiare. Circondato e in preda alla disperazione, fu costretto a dileguarsi attraverso la stufa di ghisa e, da lì, giunse in camera sua stravolto e ricoperto di fuliggine. Da quella volta non si fece più vivo durante la notte, tanto che gli Otis credettero che il fantasma avesse abbandonato per sempre il castello. Informarono di questo anche Lord Canterville, che si rallegrò molto con l’ambasciatore americano. In realtà, il vecchio fantasma si trovava ancora nella sua stanza e, nel frattempo, aveva anche pensato di spaventare il giovane Duca di Chesire il quale, innamoratissimo di Virginia, da qualche tempo frequentava il castello. Ma il timore di imbattersi di nuovo nei due gemelli l’aveva dissuaso. 36 V ualche giorno dopo, Virginia e il Duca di Chesire uscirono per una cavalcata sui prati di Brockley. Nel saltare una siepe, Virginia si strappò la divisa da cavallerizza e, al ritorno, preferì rientrare dalla scala sul retro in modo che nessuno potesse vederla. Passando davanti alla camera degli arazzi, la ragazza notò qualcuno all’interno e, pensando che fosse la domestica di sua madre, entrò per chiederle se le poteva rammendare la divisa. Con grande sorpresa, vide il fantasma di Canterville in persona, che se ne stava seduto accanto alla finestra a guardare le foglie Q 37 morte trascinate dal vento. Aveva un’aria molto triste e malinconica, al punto che Virginia, invece di scappare in camera sua e chiudersi a chiave, fu mossa a pietà e provò a confortarlo. «Mi dispiace per lei» disse la ragazza. «Ma i miei fratelli torneranno a Eton domani, così, se si comporterà bene, nessuno la disturberà più». «È assurdo chiedermi di comportarmi bene» rispose lo spettro, stupito che quella ragazzina così gentile gli stesse rivolgendo la parola. «È assurdo!... Io dovrei sbattere le mie catene e urlare attraverso i buchi delle serrature e vagare nella notte... È la mia unica 38 ragione di esistere!». «Non è affatto una ragione di esistere!» ribatté Virginia. «Lei è stato molto malvagio! La signora Umney ci ha raccontato che ha ucciso sua moglie». «Sì, lo ammetto» rispose il fantasma stizzito. «Ma questi sono affari di famiglia, che non vi riguardano». «È una cosa terribile uccidere qualcuno» disse Virginia, con tono molto serio. «Oh, come odio l’astratto moralismo! Mia moglie era una donna bruttissima, non era capace di stirarmi i vestiti e per giunta non sapeva nulla di cucina... Comunque, non importa, acqua passata... Ma insomma, anche 39 se l’avevo uccisa, non è stato meno malvagio, da parte dei suoi fratelli, farmi morire di fame!». «Morire di fame! Oh, signor Fantasma, voglio dire, signor Simon, è molto affamato? Ho qui con me degli ottimi sandwich, ne vuole un po’?». «No, grazie, sono anni che non mangio; ma è molto gentile da parte tua tutto questo. Sei gentile, molto più del resto della tua orribile, rozza, volgare e disonesta famiglia». «Basta!» esclamò Virginia. «È lei ad essere orribile, e rozzo, e volgare, e anche disonesto, perché sa di avermi rubato tutti i 40 colori a tempera per dipingere quella stupida macchia di sangue in biblioteca! Prima mi ha rubato tutti i rossi, tanto che non posso più dipingere nessun tramonto. E poi anche il verde smeraldo... Dove mai s’è visto un sangue verde? È proprio ridicolo!». «Ebbene, è vero» disse il fantasma, «Cosa potevo farci? Non è facile, al giorno d’oggi, procurarsi del sangue vero. Ma è stato tuo fratello a cominciare con quel suo Smacchiatore Pinkerton. Per quanto riguarda i colori, poi, è una questione di gusto. Noi Canterville, ad esempio, abbiamo il sangue blu, ma a voi americani queste cose non interessano...». «Lei non sa niente dell’America, anzi, le consiglio di emigrare e di farsi una cultura! Mio padre sarà felice di pagarle il viaggio. Conosco tanti americani che sarebbero disposti a sborsare migliaia di dollari per avere un nonno fantasma!». «Non credo che l’America mi piacerebbe». 41 «E perché?» chiese Virginia. «Non abbiamo abbastanza rovine o luoghi d’interesse storico, immagino!». «Macché, per la vostra marina militare e, soprattutto, per le vostre brutte maniere!». «Be’, buona sera! Dirò a mio padre di concedere ai gemelli una settimana di vacanza in più!». «Per favore, Virginia, non andar via» implorò il fantasma. «Sono così solo e infelice e non so più che fare, vorrei soltanto dormire... Sono ormai trecento anni che non dormo e sono stanco!». Di fronte a quelle parole, Virginia sbarrò gli occhi, meravigliata, e gli si avvicinò tremante. «Oh, povero, povero fantasma» mormorò la ragazza. «Non hai un posto dove dormire?». «Oltre la pineta» egli rispose, con voce sognante «c’è un piccolo giardino, dove l’erba cresce alta e rigogliosa; lì fioriscono le stelle bianche della cicuta e l’usignolo canta tutta la 42 notte. Tutta la notte canta e la luna fredda splende sul giardino e il tasso tende i suoi rami giganteschi a chi vi si addormenta». Gli occhi di Virginia si riempirono di lacrime. «Stai parlando del Giardino della morte» bisbigliò, coprendosi il viso con le mani. «Sì, la morte dev’essere così bella. Dimenticare tutto e raggiungere finalmente la pace! Tu puoi aiutarmi, puoi aprire per me i portali della morte, perché l’amore ti accompagna sempre e l’amore è più forte della morte». Virginia tremò e un brivido freddo le attraversò la schiena. 43 Poi il fantasma parlò di nuovo: «La vecchia profezia scritta sulla finestra della biblioteca dice che una giovane ragazza dovrà piangere con me i miei peccati, perché io non ho lacrime, e dovrà pregare per la mia anima, poiché io non ho fede. Se tu farai tutto questo, l’Angelo della morte avrà pietà di me». Virginia si alzò all’improvviso e disse: «Ebbene, chiederò all’Angelo di avere pietà di te». A quelle parole, il fantasma baciò la ragazza con la grazia dei tempi andati. Poi la condusse attraverso la stanza. Sugli arazzi erano ricamati minuscoli cacciatori che le intimavano, insieme ad animali orrendi con le code da lucertole e gli occhi da rospo, di tornare indietro. «Torna indietro, piccola Virginia! Potremmo non vederti più!». Ma Virginia non diede loro ascolto. Quando giunsero in fondo alla sala, il fantasma si arrestò e bofonchiò frasi incomprensibili. Virginia aprì gli occhi e vide il muro dileguarsi come la nebbia e poi 44 si ritrovò davanti una caverna oscura. Il vento soffiava intorno a loro. «Presto!» gridò il fantasma. «Altrimenti non faremo in tempo!». Subito dopo, i pannelli di legno si chiusero e la stanza degli arazzi ripiombò nel silenzio. 45 VI C irca dieci minuti dopo suonò la campana per il tè. La signora Otis, non vedendo scendere Virginia, mandò un domestico al piano di sopra a chiamarla. Costui disse che non era riuscito a trovare la signorina e, all’inizio, la donna non si preoccupò più di tanto di quel ritardo. Poi, quando scoccarono le sei, la signora Otis cominciò ad agitarsi. Tutti si misero in cerca della ragazza: i fratelli andarono a cercarla in giardino, mentre il signor Otis e la moglie ispezionarono tutte le stanze del castello, ma di Virginia non c’era traccia. A quel punto, l’ambasciatore sospettò che la ragazza fosse stata rapita da una carovana di zingari a cui, qualche giorno pri46 ma, aveva concesso di accamparsi nel parco della proprietà. Infatti, quando si accorse che i nomadi erano fuggiti all’improvviso, prima avvertì la polizia e poi decise di partire alla volta di Ascot, sperando di poterli trovare ancora nei dintorni del paese. Il giovane duca di Chesire, sconvolto, volle partire insieme al signor 47 48 Otis, a cavallo del suo pony. I due speravano di ottenere informazioni su quella carovana di zingari, ma nessuno in paese sapeva niente, così si rassegnarono a tornare a casa, dove c’erano ad aspettarli Washington e i gemelli. Dopo un po’, gli zingari furono ritrovati. Essi, ovviamente, non avevano rapito Virginia e giustificarono la partenza improvvisa dicendo di essersi sbagliati sulla data di una fiera in un paese vicino. Alla fine, il signor Otis mandò tutti a letto, ma proprio quando l’orologio della torre suonò la mezzanotte, si udì un tonfo e subito dopo un urlo. Poi, un tuono scosse la casa e in cima alle scale si spalancò un passaggio segreto: proprio sul pianerottolo apparve Virginia, pallidissima, che teneva un piccolo scrigno in mano. «Santo cielo!» esclamò il signor Otis. «Dove ti eri cacciata, piccola? Non fare più questi scherzi» e tutti si precipitarono su di lei. 49 «Tesoro, grazie a Dio ti abbiamo ritrovata» mormorò la signora Otis, baciando la ragazzina ancora tremante. «Papà» disse Virginia con calma «sono stata col fantasma. Adesso è morto e devi venire a 50 vederlo. È stato molto cattivo, ma si è pentito sinceramente per tutto quello che ha fatto e mi ha donato questo scrigno di gioielli prima di morire». Poco dopo Virginia condusse tutti, Washington in testa, attraverso il passaggio segreto fin dentro una stanza stretta e bassa con una piccola finestra a grata. Lì videro uno scheletro incatenato al muro, sdraiato a terra, ma nella posizione di chi era proteso con le braccia verso una bacinella, che un tempo, aveva dovuto contenere dell’acqua. Virginia, allora, si inginocchiò accanto allo scheletro e iniziò a pregare. Gli altri, invece, rimasero in silenzio ad osservare quella scena terribile: il corpo di Lord Canterville era stato finalmente ritrovato. «Dio lo ha perdonato» disse infine Virginia, in tono solenne. 51 VII Q uattro giorni dopo quegli strani avvenimenti, intorno alle undici di sera, un corteo funebre usciva da Canterville Chase. Il carro era trainato da otto cavalli neri, la bara era ricoperta da un drappo rosso porpora sul quale era ricamato lo stem- 52 ma dei Canterville. Ai lati del carro camminavano i domestici con le torce accese. Era un corteo davvero maestoso. Dal Galles era giunto appositamente anche Lord Canterville, che seguiva per primo il corteo sulla sua carrozza, insieme alla giovane Virginia. Poi veniva il signor Otis, con la moglie, Washington, i gemelli e il Duca di Chesire. L’ultima carrozza era quella della signora 53 Umney, la vecchia domestica. Il funerale venne celebrato dal reverendo Augustus Dampier nel modo più solenne e, quando la bara fu calata nella tomba, Virginia ci pose sopra una croce fatta di fiori di mandorlo. Il mattino seguente il signor Otis volle parlare con Lord Canterville di quei gioielli che il fantasma aveva donato a sua figlia. Erano davvero molto preziosi e l’ambasciatore non voleva che Virginia li accettasse. Ma Lord Canterville, da uomo onesto quale era, disse all’ambasciatore che la sua famiglia non era a conoscenza di quei gioielli e che non poteva riconoscerli come sua eredità, in quanto non esisteva nessun documento scritto che ne provasse l’esistenza. Inoltre, quell’uomo leale ricordò al signor Otis che egli, al momento della firma del contratto di cessione della proprietà, aveva dichiarato di voler acquistare mobilia e fantasma in blocco. Ciò implicava che tutto quello che appar54 teneva al fantasma, ora apparteneva a lui. «E poi, signor Otis» concluse Lord Canterville «Virginia ha reso un servizio tanto importante al mio antenato che, se mi appropriassi di quei gioielli, il suo spettro salterebbe fuori dalla tomba per tormentarmi fino alla fine dei miei giorni». 55 Così l’ambasciatore, benché considerasse i gioielli dei Canterville alla stregua di inutili frivolezze tipiche dell’aristocrazia inglese, non poté evitare che Virginia accettasse quel dono tanto prezioso. Anzi, quando il giorno del matrimonio di Virginia con il duca di Chesire, la ragazza venne presentata addirittura alla regina in persona, quei gioielli destarono l’ammirazione generale! Virginia e il suo spasimante, infatti, si sposarono non appena quest’ultimo diventò maggiorenne e tutti concordavano sul fatto che i due formassero proprio una splendida coppia. 56
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