Numero 10 - Caritas Italiana
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Numero 10 - Caritas Italiana
MENSILE DELLA CARITAS ITALIANA - ORGANISMO PASTORALE DELLA CEI - ANNO XXXIX - NUMERO 10 - WWW.CARITASITALIANA.IT POSTE ITALIANE S.P.A. SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L.27/02/2004 N.46) ART.1 COMMA 2 DCB - ROMA dicembre 2006 / gennaio 2007 Italia Caritas STRANIERI A SCUOLA, ORFANOTROFI CHIUSI: E L’ACCOGLIENZA? CI È STATO DATO UN FIGLIO FINANZIARIA PIÙ ATTENZIONE AL SOCIALE, MA IL WELFARE NON CAMBIA TSUNAMI DUE ANNI DOPO L’ONDA, È L’ORA DELLO SVILUPPO SOMALIA LE SUORE DI MOGADISCIO RICORDANO SUOR LEONELLA sommario ANNO XXXIX NUMERO 10 Mensile della Caritas Italiana Organismo Pastorale della Cei viale F. Baldelli, 41 00146 Roma www.caritasitaliana.it email: [email protected] IN COPERTINA Una bambina, una donna, un abbraccio. L’Italia è accogliente nei confronti dei minori, anche quando provengono da situazioni difficili? foto Romano Siciliani Italia Caritas direttore Don Vittorio Nozza direttore responsabile Ferruccio Ferrante coordinatore di redazione editoriale di Vittorio Nozza UN CUORE CHE VEDE, CONTRO LA FAME CAMBIA LA VITA Paolo Brivio in redazione Danilo Angelelli, Paolo Beccegato, Renato Marinaro, Francesco Marsico, Francesco Meloni, Giancarlo Perego, Domenico Rosati editoriale di Vittorio Nozza UN CUORE CHE VEDE, CONTRO LA FAME CAMBIA LA VITA parola e parole di Giovanni Nicolini L’ENIGMA DELLA SPERANZA PER LE FAMIGLIE NELLA PROVA paese caritas di Marco Russo MEMORIA E ANIMAZIONE, LA COMUNITÀ SI APRE ALL’ALTRO 3 progetto grafico e impaginazione Francesco Camagna ([email protected]) Simona Corvaia ([email protected]) 5 stampa Omnimedia via Lucrezia Romana, 58 - 00043 Ciampino (Rm) Tel. 06 7989111 - Fax 06 798911408 6 nazionale sede legale viale F. Baldelli, 41 - 00146 Roma tel. 06 541921 (centralino) 06 54192226-7-77 (redazione) A LEZIONE DI ESCLUSIONE: «NON POSSIAMO ISOLARLI» 8 di Alessandro Mauri dall’altro mondo di Ginevra Demaio 12 ORFANOTROFIO ADDIO, ORA SAPREMO ACCOGLIERE? 13 di Laura Calvanelli FINANZIARIA: IL PARADIGMA NON CAMBIA, PIÙ SPAZIO AL SOCIALE 16 di Paolo Pezzana database di Walter Nanni 18 IL MANDATO DI VERONA: «SIAMO ATTORI DI SPERANZA» 19 di Pietro Gava con un commento di Francesco Montenegro contrappunto di Domenico Rosati 22 panoramacaritas MARCIA DELLA PACE, SPICES, LIBANO progetti SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE offerte Paola Bandini ([email protected]) tel. 06 54192205 inserimenti e modifiche nominativi richiesta copie arretrate Marina Olimpieri ([email protected]) tel. 06 54192202 spedizione in abbonamento postale D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n.46) art.1 comma 2 DCB - Roma Autorizzazione numero 12478 dell’8/2/1969 Tribunale di Roma Chiuso in redazione il 24/11/2006 23 24 AVVISO AI LETTORI Per ricevere Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione di almeno 15 euro: causale contributo Italia Caritas. internazionale TSUNAMI: DUE ANNI DOPO IL DRAMMA È L'ORA DELLO SVILUPPO di Danilo Feliciangeli e Gianluca Ranzato casa comune di Gianni Borsa «NOI, “DONNE DI DIO” NELLA CLAUSURA SOMALA» di Davide Bernocchi guerre alla finestra di Maurizio Marmo IL FORUM SBARCA IN AFRICA, SARA PARTECIPAZIONE VERA? servizi di Maria Chiara Cremona e Maurizio Marmo contrappunto di Alberto Bobbio agenda territori villaggio globale 26 30 31 35 36 Le offerte vanno inoltrate a Caritas Italiana tramite: ● Versamento su c/c postale n. 347013 ● Bonifico una tantum o permanente a: - Banca Popolare Etica, piazzetta Forzaté 2, Padova Cin: S - Abi: 05018 - Cab: 12100 conto corrente 11113 Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 Bic: CCRTIT2T84A - Banca Intesa, piazzale Gregorio VII, Roma Cin: D - Abi: 03069 - Cab: 05032 conto corrente 10080707 Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 Bic: BCITITMM700 ● Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06 541921 Cartasì anche on line, sul sito www.caritasitaliana.it (Come contribuire) 39 40 44 speciale nuova sede a cura dell’Ufficio comunicazione SI CAMBIA INDIRIZZO, NEL SEGNO DELLA COMUNIONE La Caritas Italiana, su autorizzazione della Cei, può trattenere fino al 5% sulle offerte per coprire i costi di organizzazione, funzionamento e sensibilizzazione. 47 5 PER MILLE Per destinarlo a Caritas Italiana, firmare il primo dei quattro riquadri sulla dichiarazione dei redditi e indicare il codice fiscale 80102590587 a fame è mancanza di politiche, più che di risorse. La lotta alla povertà e l'aiuto allo sviluppo devono essere considerati, oggi più che mai, centrali e strategici per le scelte di politica estera del nostro paese e, più in generale, di tutti i paesi maggiormente sviluppati. I forti squilibri economici e sociali fra nord e sud del mondo sono infatti tra i principali fattori di instabilità e precarietà del quadro internazionale. Vanno attuati gli Obiettivi di sviluppo del millennio: eliminazione della messe a punto terapie intensive nelle più alte sedi istituzionali, come le Nazioni Unite. Sta di fatto che la comunità internazionale, anno dopo anno, sembra essere sempre più impacciata nel far fronte alle ingiustizie sociali, le quali non solo acuiscono il divario tra ricchi e poveri, ma accelerano la dilapidazione esponenziale delle risorse materiali ed energetiche, compromettendo peraltro l’ambiente geofisico. miseria e della fame, istruzione priDi fronte a questo scenario, a dir maria per tutti, parità tra i sessi, riduLa comunità poco inquietante, Benedetto XVI, in zione della mortalità infantile, miinternazionale appare occasione dell’annuale Giornata del glioramento della salute mentale, impacciata nella lotta alla ringraziamento sul tema “La terra: lotta contro l’Aids e altre malattie, gapovertà. Papa Benedetto un dono per l’intera famiglia umaranzia di un ambiente sostenibile, alci ricorda l’importanza na”, ha rivolto un accorato appello. largamento del partenariato per lo della preghiera per Facendosi interprete delle istanze sviluppo (destinando lo 0,7% del una reale condivisione. del nostro tempo, alla luce della preprodotto interno lordo). Ma ci esorta anche a ghiera per eccellenza, il Padre NoLa sicurezza alimentare degli in“evangelizzare il governo stro, ha invitato a combattere lo dividui dipende dal loro potere di acquisto, e non tanto dalla disponiscandalo della fame nel mondo dell’economia globale” bilità fisica del cibo. Occorre elimicambiando stili di vita e ridistrinare le cause strutturali della misebuendo le risorse con più attenzione ria, quindi favorire una riforma del sistema di gover- ai poveri. Papa Ratzinger ha ricordato che “l’ultimo rapnance dell’economia mondiale, convertendo il modello porto annuale della Fao ha confermato quanto la Chiesa di sviluppo globale. Questo obiettivo chiama in causa sa molto bene dall’esperienza diretta delle comunità e una serie di meccanismi finanziari e commerciali che dei missionari: che cioè oltre 800 milioni di persone videterminano il sistema dell'economia mondiale e che, vono in stato di sottoalimentazione e troppe persone, se lasciati alla loro spontaneità, rischiano di acuire il di- specialmente bambini, muoiono di fame”. Una piaga vario tra ricchi e poveri. Chiama in causa l’adozione di planetaria, per la quale il papa invoca interventi urgenti uno stile di vita e di consumo compatibile con la salva- da parte di tutti gli uomini di buona volontà. Ma ai criguardia del creato. E impegna a contrastare il terrorismo stiani chiede uno sforzo in più, invitandoli a riscoprire la e la facile conflittualità anche rimuovendo le cause del- preghiera anche nei momenti conviviali, “prima e dopo l’arretratezza e della povertà. i pasti”, come segno di ringraziamento al Signore e di attenzione per l'importanza del cibo quotidiano. Una preghiera necessaria anche per la difesa dell’ambiente, perPiaga nel tessuto dell'umanità Il dramma della fame è una piaga aperta nel tessuto vi- ché il cristiano deve “abituarsi a benedire il Creatore per tale dell'umanità, malgrado siano state ripetutamente ogni cosa, a partire dall'aria e dall’acqua…”. L I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 3 editoriale parola e parole di Giovanni Nicolini In continuità con il magistero dei suoi predecessori, il papa ha ribadito l'impegno della Chiesa a evangelizzare il governo dell’economia globale “che destina la maggior parte delle risorse del pianeta a una minoranza della popolazione”. In effetti è stato ampiamente dimostrato che la sicurezza alimentare degli individui dipende essenzialmente dal loro potere d'acquisto, e non tanto dalla disponibilità fisica di cibo. Ne consegue che la fame deriva in primo luogo dalla povertà. Lo sperpero di ogni giorno È per questa ragione che l’esercizio della carità nei confronti dei vari settori della popolazione mondiale afflitta dall’inedia richiede un salto di qualità. Si tratta in sostanza di passare dall'approccio assistenziale - che beninteso s’impone come necessario oggi qualvolta si profila un'emergenza - a quello della cooperazione e dello sviluppo delle nazioni, che reclama l'assunzione di responsabilità etiche condivise. Per sopravvivere, l’umanità deve “convertire il modello di sviluppo globale” a favore della scelta preferenziale per i più poveri. Ecco perché, se da una parte occorre sollecitare cambiamenti sul piano macro-economico, nel contempo è necessario adottare, come auspicato dal Santo padre, “uno stile di vita e di consumo compatibile con la salvaguardia del creato e con i criteri di giustizia verso chi coltiva la terra in ogni paese”. Secondo l’Adoc (Associazione nazionale per la difesa e l’orientamento dei consumatori), soprattutto per un eccesso negli acquisti, ogni famiglia italiana butta nel cassonetto 584 euro all’anno, su una spesa mensile di 450 euro. Lo sperpero sarebbe in gran parte legato alla trappola delle offerte speciali, vale a dire novità commerciali che poi non risultano gradite. Considerando che, secondo l’Istat, nel nostro paese sono presenti 23.600.370 famiglie, in Italia sprechiamo annualmente oltre 13 miliardi e mezzo di euro in prodotti alimentari. È una cifra che potrebbe largamente coprire le principali emergenze nel Corno d’Africa, e non solo. Viene alla mente un vecchio slogan lanciato dalla chiesa negli anni Ottanta: “Contro la fame cambia la vita”. Parole più che mai attuali nel nostro povero mondo. L’uomo è chiamato, per sopravvivere, a un impegno di solidarietà con il prossimo. Serve un’educazione al rispetto del creato, assumendo in modo particolare alcuni suggerimenti: sradicamento o almeno diminuzione progressiva della povertà nel mondo, integrazione nel mercato mondiale degli esclusi, introduzione e promozione dei prodotti dei paesi in via di sviluppo sul mercato internazionale, assicurazione a tutti dell’accesso alle risorse del pianeta nel rispetto dell’ambiente, regolamentazione dei mercati finanziari penalizzando le transazioni puramente speculative, finanziamento dello sviluppo dei paesi poveri da parte dei paesi ricchi e cancellazione del debito internazionale dei paesi più poveri. L’augurio e l'invito pressante che ci viene dalla Deus caritas est di Benedetto XVI è ad assumere un cuore che vede. “Il programma del cristiano, il programma del buon samaritano, il programma di Gesù, è un cuore che vede. Questo cuore vede dove c'è bisogno di amore e agisce in modo conseguente” (Dce, 31b). E a tutti buon Natale. ‘‘ È stato dimostrato che la sicurezza alimentare dipende dal potere d’acquisto, non dalla disponibilità di cibo. La fame, dunque, deriva in primo luogo dalla povertà... ’’ 4 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 L’ENIGMA DELLA SPERANZA PER LE FAMIGLIE NELLA PROVA Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti (…). Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Luca 2,41-52 er una felice coincidenza, l’ultimo giorno del 2006 è domenica, ed è la festa della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. L’avverto come una carezza affettuosa per tante famiglie nella prova. Tanti figli, bambini, ragazzi e giovani, vaganti in mille contraddizioni. Tante mamme angosciate e addolorate. Tanti papà consapevoli di doversi assumere responsabilità troppo pesanti per le loro forze. Povera, meravigliosa famiglia: tutti sembrano difenderla. Tutti pare vogliano metterla al centro di ogni attenzione. re più forte, più strano. Una cosa nuova e preoccupante. Sono giorni difficili quelli che vedono vagare la famiglia per Gerusalemme. Alla fine, dopo tre giorni, lo trovano in un luogo e in una situazione straordinaria, che potrebbe rassicurarli. Immerso in un ambiente di livello supremo, dove tutti ammirano l’intelligenza e le risposte del giovanetto. Ma tutto ciò dilata il loro disorientamento, e fa prevalere in loro, e nelle parole della Tutti vogliono riconsegnarle il ruolo mamma, un’angoscia che diventa primario che le spetta nella società e L’anno si conclude rimprovero: “Figlio, perchè ci hai fatnella chiesa. Ma quanto è debole quecon la festa to così? Ecco, tuo padre e io, angosta famiglia! E spesso molto stanca. della Santa Famiglia. sciati, ti cercavamo”. Chiaramente, il bambino della famiGesù, a Gerusalemme, La risposta del ragazzo, pur nella glia di Nazaret è del tutto speciale, ma si sottrae adolescente sua altezza, non è di consolazione per anche in questa occasione, e a soli doal controllo dei genitori. loro. Per Giuseppe è il momento di acdici anni, vuole offrire una speranza a Lo ritrovano cettare ancora una volta la santa tante nostre attese e preoccupazioni. in un ambiente umiltà di un ruolo subalterno. In defiÈ il momento in cui ai genitori rassicurante. nitiva, tutto resta enigmatico: “Ma essi sembrano sfuggire la consapevolezza Ma il cuore di Maria non compresero le sue parole”. Questo e il controllo di questo adolescente: non spegne le domande figlio strano torna a casa con loro, e “mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusa“stava loro sottomesso”. Ma chi è veralemme, senza che i genitori se ne accorgessero”. E si fa stra- mente? La mamma, con coraggiosa e perseverante saggezda l’impressione che stia “saltando” un mondo di abitudi- za, non spegne le domande del suo cuore. ni e tradizioni, di legami e protezioni, che fino a quel punVicende antiche, di una piccola famiglia ebrea. Vicende to ha sorretto genitori e figlio. Da sempre c’era quel viaggio grandi, di Gesù, Maria e Giuseppe. Vicende anche nostre, di di famiglia con parenti e conoscenti. Ora tutto cambia. E un quotidiano che ci interpella, ci contesta, ci angoscia. Ric’è addirittura un momento iniziale di inerzia rispetto alla schio di sentirsi lontani e isolati da tutti. Tentazione di afferscomparsa del ragazzo, perchè sembra di poterlo pensare mare che il Vangelo è un ideale inarrivabile, incapace di nel cerchio protettivo di queste buone abitudini. specchiare la nostra povera vita. Ma non è così! Auguro buon Natale ai nostri lettori. E in particolare Risposta non consolante chiedo al Signore che per qualche famiglia immersa nella Per un giorno, infatti, Maria e Giuseppe cercano Gesù “tra sua tribolazione, la Santa Famiglia sia fonte di consolazione i parenti e i conoscenti”. Ma il distacco del ragazzo appa- e di speranza. P I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 5 paese caritas di Marco Russo direttore Caritas Salerno MEMORIA E ANIMAZIONE, LA COMUNITÀ SI APRE ALL’ALTRO a parrocchia di cui stiamo per parlare è la mia. Ma potrebbe essere la vostra. La nostra comunità cristiana rispetto alla realtà dei poveri si è fatta trovare impreparata: i poveri fino a ieri erano accolti nelle case, si condividevano i bisogni nella sfera del privato, alcune disabilità erano “vergogna” per la famiglia. Ma oggi, che al povero di casa nostra si aggiunge quello venuto da lontano, che ha bisogno di casa, lavoro, affetto – di tutto, non ci è più permesso di rinchiuderci nel privato. L Non più serviti, ma al centro La seconda animazione svolta dalla Caritas è servita ad aiutare la comunità cristiana ad avvicinarsi a quanti vivono “ai margini”, accorgendosi delle persone meno fortunate, non assumendo un atteggiamento di giudizio, ma di vicinanza, di coinvolgimento delicato e rispettoso, di sostegno morale. Questo lavoro ha avuto i suoi risultati. La comunità ha preso coscienza che i poveri sono presenti anche in Nella mia parrocchia, il parroco un tessuto dove si credeva che ci fose i suoi collaboratori si sono posti Un territorio operaio. se lavoro per tutti, una casa per tutti, un primo obiettivo: riandare con la Una situazione cure per tutti, tutto dato a tutti. memoria agli anni quando i nostri economica che si rivela La comunità, di nuovo riunita, si è nonni partivano con la valigia di un’incognita. ritrovata a riflettere, per non dare socartone, per necessità. Dopo il giuE tante persone lo risposte immediate, ma provare a sto tempo per la memoria, la comuin arrivo da lontano. progettare, a capire cosa è bene per nità si è interrogata su cosa fare e loro e con loro. La persona, insomma, come accogliere chi bussa oggi alla Storia di una parrocchia non è più servita, ma al centro della nostra porta. La prima animazione che ha saputo nostra attenzione. Non è più mandaè stata affidata alla Caritas, affinché interrogarsi. E avviare attraverso incontri, confronti e un ta a destra e a sinistra, ma noi, comuun nuovo cammino nità, sentiamo di essere inviati e di esmonitoraggio attento aiutasse a risere sollecitati a dare risposte. scoprire le vecchie e, soprattutto, le La tentazione di lavarsi le mani e la paura tornano ad nuove povertà. Dai dati raccolti abbiamo avuto conferma che la nostra comunità è quasi tutta operaia: il 90% ogni soluzione proposta; l’incomprensione del linguagdei lavoratori è impegnato nelle concerie, lavoro fatico- gio pesa nei rapporti con “loro”. Tutto, in ogni modo, atso e ripetitivo, che non offre tante soddisfazioni. I nostri torno a noi dice Speranza. Non più il singolo, ma una cooperai possiedono la casa, frutto d’anni di sacrifici, ma munità si prende cura della famiglia, ognuno si coinvolil problema nasce quando la mancanza di lavoro per un ge o si lascia coinvolgere, ognuno porta quello che può. tempo prolungato, la cassa integrazione, la mobilità o il La comunità si è ritrovata insieme nell’offrire un contrilicenziamento colpiscono non uno, ma due, tre membri buto: chi si è impegnato nell’accoglienza, chi ha provvedella famiglia. O quando la pensione di un anziano, che duto ai bisogni materiali, chi si è preoccupato dell’inserisosteneva la famiglia, diventa minima. Quando qualcu- mento. E una giovane famiglia si è fatta carico dell’acno non può più pagare la casa che ha in affitto. Oppure compagnamento spirituale del bambino più piccolo: ci per una malattia improvvisa. La realtà economica, che siamo preparati al battesimo e abbiamo fatto festa. Oggi la parrocchia continua nel suo cammino di scoappariva elemento di sicurezza, diventa all’improvviso un’incognita e l’altro, che era un compagno di viaggio, perta di sé e dell’altro. E continua a raccogliersi intorno al diventa nemico da scansare. Cristo Eucaristia, spezzando il pane della carità. 6 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 Italia Caritas le notizie che contano un anno con Italia Caritas Nel 2004 abbiamo cambiato veste. Da allora abbiamo migliorato sempre. Contenuti incisivi. Opinioni qualificate. Dati capaci di sondare i fenomeni sociali. Storie che raccontano l’Italia e il mondo. Un anno a 15 euro, causale “Italia Caritas” + Occasione 2007 ABBONAMENTO CUMULATIVO CON VALORI È un mensile di economia sociale e finanza etica promosso da Banca Etica. Propone ogni mese “Osservatorio nuove povertà”, in collaborazione con Caritas Italiana. Dieci numeri annui dei due mensili a 40 euro. Per fruire dell’offerta • versamento su c/c postale n. 28027324 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica, via Copernico 1, 20125 Milano • bonifico bancario: c/c n. 108836 intestato a Soc. Cooperativa Editoriale Etica presso Banca Popolare Etica - Abi 05018 - Cab 12100 - Cin A Indicare la causale “Valori + Italia Caritas” e inviare copia dell’avvenuto pagamento al fax 02.67.49.16.91 L E G G I L A S O L I DA R I E T À , S C E G L I I TA L I A CA R I TA S Per ricevere il nuovo Italia Caritas per un anno occorre versare un contributo alle spese di realizzazione, che ammonti ad almeno 15 euro. A partire dalla data di ricevimento del contributo (causale ITALIA CARITAS) sarà inviata un’annualità del mensile. Per contribuire • Versamento su c/c postale n. 347013 • Bonifico una tantum o permanente a: - Banca Popolare Etica, piazzetta Forzaté 2, Padova Cin: S - Abi: 05018 - Cab: 12100 conto corrente 11113 - Iban: IT23 S050 1812 1000 0000 0011 113 Bic: CCRTIT2T84A - Banca Intesa, piazzale Gregorio VII, Roma Cin: D - Abi: 03069 - Cab: 05032 conto corrente 10080707 - Iban: IT20 D030 6905 0320 0001 0080 707 Bic: BCITITMM700 • Donazione con Cartasì e Diners, telefonando a Caritas Italiana 06.54.19.21 (orario d’ufficio) Cartasì anche on-line, sui siti www.caritasitaliana.it (Come contribuire) www.cartasi.it (Solidarietà) Per informazioni Caritas Italiana viale F. Baldelli 41, 00146 Roma tel 06.54.19.22.02 - fax 06.54.10.300 e-mail [email protected] nazionale vite fragili LE LEGGI NON BASTANO ROMANO SICILIANI Ragazze asiatiche in una classe italiana. Per integrare i minori stranieri bisogna fare di più sui banchi di scuola è uno dei temi affrontati da Vite fragili, il sesto rapporto (edito da Il Mulino) pubblicato da Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova sulla povertà e l’esclusione sociale in Italia, presentato a Roma il 10 novembre. «L’approccio dell’integrazione interculturale – spiega Graziella Favaro, pedagogista e autrice, nel volume, al saggio dedicato all’esclusione a scuola – ha i suoi presupposti in un trattamento rispettoso dell’identità culturale dell’alunno straniero, che però non esasperi le sue differenze ma, piuttosto, lo accompagni fino a fargli maturare una capacità di interazione con i compagni e le materie di studio, pari a quella degli studenti italiani». Il concetto è chiaro. E la norma, si diceva, favorevole. Ma i numeri raccontano traiettorie non sempre lineari e forniscono alcune indicazioni precise: ad ogni livello educativo, nelle scuole italiane, gli studenti che vengono da lontano ottengono risultati mediamente inferiori a quelli dei loro corrispettivi italiani. E la percentuale di bocciature, soprattutto nelle scuole secondarie di secondo grado, rimane decisamente elevata. Insomma, il livello di apprendimento degli alunni stranieri, apparentemente, non è ancora armonizzato con quello dei loro compagni italiani. A LEZIONE DI ESCLUSIONE «NON POSSIAMO ISOLARLI» di Alessandro Mauri Gli studenti di origine straniera hanno risultati scolastici inferiori rispetto ai loro coetanei italiani. Voti bassi, bocciature, dispersione: le cause sono complesse. Ma la soluzione non può consistere nelle scuole separate… 8 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 rutti voti agli stranieri? Eppure sono sempre più italiani. Il processo di integrazione scolastica di ragazzi stranieri – cioè figli di migranti arrivati nel nostro paese a seguito dei genitori, oppure minori nati in Italia da genitori immigrati – è favorito, come sovente accade in Italia, da una normativa all’avanguardia, che cerca di favorire un reciproco arricchimento tra alunni e istituzioni. Però nell’applicazione non tutti i conti tornano. I rischi di esclusione che germinano e si sviluppano B Il rapporto con la classe Il fenomeno, però, va considerato oltre la freddezza del dato statistico. «Non è sufficiente – conferma Graziella Favaro – guardare numeri e indicatori, se si vuole comprendere il fenomeno dell’integrazione e, di riflesso, dell’esclusione scolastica. I voti bassi, ad esempio, hanno molte spiegazioni: innanzitutto la lingua. Per un bambino, uno studente delle elementari, è sicuramente più semplice interagire con i compagni e con gli insegnanti, dato che il linguaggio utilizzato tra loro è, appunto, elementare. Al crescere dell’età e del grado di frequenza scolastica, la lingua diventa sempre più spe- L’italiano, chiave d’accesso: «Ma il futuro sarà bilingue…» A proposito di buone prassi. Il centro Come di Milano, promosso da provincia e Caritas Ambrosiana, da anni propone progetti di facilitazione scolastica per ragazzi stranieri. Non uno di meno è uno di essi. Ha l’obiettivo di promuovere l’integrazione positiva nella scuola secondaria di secondo grado, intervenendo sugli aspetti di maggiore criticità, vale a dire l’abbandono scolastico, alti tassi di ritardo scolastico in ingresso e di esito scolastico negativo, l’impreparazione di molte scuole nell’insegnamento dell’italiano. «Gli alunni che arrivano in Italia nella preadolescenza e nell’adolescenza – spiega Monica Napoli, responsabile del centro Come – sono decisamente i più svantaggiati da un punto di vista scolastico: devono letteralmente reinventare la proprio vita, cambiare le amicizie, adattarsi a una nuova realtà. Il tutto, con l’obbligo di imparare una lingua nuova e, spesso, termini specifici non di uso comune». Il progetto Non uno di meno organizza lezioni intensive di italiano, sia durante il periodo scolastico che prima dell’inizio dell’anno. Ha interessato undici istituti superiori del milanese, per un totale di 1.080 ragazzi. «Oltre alla lingua, che è un fattore cruciale – racconta Monica Napoli – cerchiamo di collaborare con gli insegnanti, di fornire loro gli strumenti per poter sviluppare da soli buone pratiche di inserimento e integrazione». Il progetto è al secondo anno di vita ma ha già centrato alcuni risultati, anzitutto «una grande, inaspettata collaborazione e disponibilità da parte del corpo docente, che evidentemente percepisce l’urgenza di queste attività e la loro importanza». Il rischio, anche in questo caso, è che si affrontino i problemi quando è troppo tardi per risolverli. «Ci sono scuole, tra quelle in cui operiamo, in cui l’afflusso di alunni stranieri è stato graduale: questo, unito alla lungimiranza degli amministratori, ha fatto sì che il processo di inserimento fosse armonico. Altrove, purtroppo, non si è avuto il tempo di agire e le cose sono in parte degenerate». E in futuro? «La mia convinzione – conclude la responsabile del centro Come – è che i problemi di esclusione che stiamo vivendo siano dovuti al periodo di transizione: la terza generazione di cittadini non italiani, ma nati in Italia, sarà a tutti gli effetti bilingue, capace di rapportarsi da pari a pari con i propri coetanei…». I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 9 nazionale vite fragili Grado scolastico Valori assoluti e incidenza Scuola dell’infanzia Scuola primaria 164.177 (6%) Secondaria di primo grado 96.611 (5,5%) Secondaria di secondo grado ROMANO SICILIANI Totale studenti non italiani cifica e specialistica, si arricchisce di vocaboli poco noti o normalmente poco usati. Quindi chi non la padroneggia alla perfezione incontra più difficoltà». E ci sono altri fattori. Per esempio lo sradicamento: se un ragazzo ha studiato, magari con buoni risultati, fino a quindici anni nel suo paese, e poi si trova catapultato in una società diversa, inserito in una classe che può essere composta da ragazzi più piccoli di lui, «è naturale – avverte Favaro – che sviluppi una sorta di avversione per questo “nuovo mondo”, rifiutandolo e disprezzandolo». Uno dei fattori cruciali, nel processo di inserimento, è proprio il rapporto con la classe. «Esistono fattori di criticità – chiarisce la pedagogista – che riguardano il ragazzo straniero come individuo: il suo carattere, il suo background culturale, la sua capacità di adattamento. In molti casi, ad esempio, il fatto di non sentirsi allo stesso livello dei nuovi compagni è uno sprone a studiare con maggiore impegno, a imparare più in fretta. In altri, al contrario, è motivo di umiliazione e quindi di disagio, e li porta ad abbandonare lo studio, magari in cerca di qualche lavoretto in nero, oppure a scegliere carriere scolastiche più brevi e meno qualificanti». È un fatto, comunque, che nelle classi italiane ci saranno sempre più alunni stranieri: il ministero dell’istruzione prevede che nel 2020 saranno almeno 720 mila. «Tutte le proiezioni e la consapevolezza che ne deriva – prosegue Favaro – hanno consentito di produrre leggi all’altezza, che forniscono linee di principio molto moderne, soddisfacenti anche rispetto alle normative vigenti in Inghilterra e in Francia». 10 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 81.577 (5%) 82.318 (3,1%) 424.683 (4,8%) RELAZIONE, NON POLARIZZAZIONE Studente di origine straniera con l’insegnante italiana. In Italia si profila il rischio che gli stranieri scelgano alcuni istituti, gli italiani altri: un’autoesclusione che genera separazione Il problema cruciale, però, è l’attuazione delle direttive ministeriali. In altre parole: le scuole recepiscono e attuano principi e raccomandazioni nella maniera più efficace? E sono poste in grado di operare al meglio? «Anche in questo caso, la questione è complessa. Innanzitutto, le realtà scolastiche sono estremamente varie e differenti: in alcune la presenza di stranieri è ancora irrilevante, in altre intere classi sono composte da ragazzi provenienti da diverse parti del mondo. In certi casi le amministrazioni locali hanno pensato in anticipo ai problemi dell’accoglienza, e si trovano ora a poter gestire l’afflusso di giovani non italiani, mentre altre sono in piena emergenza, e reagiscono con manovre emergenziali, spesso su iniziativa degli insegnanti, che si vedono costretti a prendere decisioni sicuramente animate da buoni sentimenti, ma senza avere una base pedagogica adeguata ad affrontare le situazioni con cui devono misurarsi». La tentazione dell’allontanamento I rischi allora sono duplici: da una parte, quello che pratiche emergenziali, sulla cui effettiva capacità di produrre integrazione è lecito dubitare, diventino “d’ufficio” buone prassi condivise, semplicemente per l’assenza di proposte alternative. D’altro canto, si profila uno scenario in base al quale le scuole meglio attrezzate, in cui i processi contro l’esclusione sono già da tempo applicati, diventano catalizzatori per gli alunni di un certo gruppo etnico. «È il fenomeno della polarizzazione, purtroppo già in atto in diverse parti d’Italia – commen- FONTE: DOSSIER STATISTICO IMMIGRAZIONE CARITAS-MIGRANTES. ELABORAZIONI SU DATI DEL SISTEMA INFORMATIVO MIUR DISTRIBUZIONE DEGLI ALUNNI NON ITALIANI PER GRADO SCOLASTICO (2005-2006) INSUCCESSO SCOLASTICO Percentuali di promozione di alunni stranieri rispetto a quelli italiani: dato relativo all’anno 2003-2004 Roma punta sull’intercultura, nelle scuole c’è voglia di dialogo Scuola elementare (primaria) -3,36% Scuola media (secondaria primo livello) -7,06% Quindici anni a tradurre, mediare, far conoscere e far incontrare. Il “Forum per l’intercultura” costituito dalla Caritas di Roma nel 1991, subito dopo la legge Martelli, conta oggi circa 60 mediatori culturali provenienti dai cinque continenti, il 70% dei quali con titoli universitari o postuniversitari. Una consistente pattuglia di professionisti, motivati e aggiornati, che collabora con le strutture pubbliche, dai municipi della capitale ai ministeri della pubblica istruzione e della solidarietà sociale. L’azione nelle scuole è al centro degli impegni del Forum: in 15 anni sono stati migliaia i docenti che hanno partecipato ai corsi di formazione organizzati per affrontare i temi più svariati, incluso anche quello estremamente delicato del dialogo religioso. E così decine di migliaia di studenti, prima tramite i loro professori e poi in contatto diretto con i mediatori, hanno partecipato ai percorsi interculturali. Lavori in classe, mostre, visite guidate, ricerche, presentazione di libri, concerti, realizzazione di video e cd: occasioni e strumenti che approfondiscono l’incontro tra culture. Ma hanno anche un ruolo importante nell’abbattimento di barriere (linguistiche, intellettuali, relazionali) che contribuiscono a determinare forme e vicende di esclusione a scuola. Sull’esperienza realizzata è stata condotta un’indagine nel biennio 2004-2005, che ha interpellato 250 tra docenti e mediatori culturali, in prevalenza impegnati nelle scuole elementari e medie. Tra gli altri dati, è emerso che la stragrande maggioranza dei docenti ha dimostrato attenzione (35%), sensibilità (38,5%) e disponibilità (13,5%) nei confronti delle iniziative del Forum. Il campo di lavoro in cui si sono inseriti è ampio: corsi di italiano, formazione, manifestazioni culturali e, specialmente, scambi culturali (60% delle risposte). Non mancano però le zone d’ombra: un docente su dieci rimane, per così dire, “indifferente” all’immigrazione e all’intercultura, senza amici stranieri, senza partecipazione alle attività delle associazioni degli immigrati, senza riscontrare in sè cambiamenti dopo l’esperienza di un percorso interculturale. L’immagine delle scuole romane è tutt’altro che negativa: nel 76% dei casi opera in esse il referente per l’intercultura; nel 47% dei casi vengono recepite le circolari relative all’intercultura, con una soddisfacente applicazione; nel 40% dei casi i fondi per l’autonomia, benché sempre più esigui, vengono utilizzati anche per l’intercultura. Scuola superiore (secondaria secondo livello) -12,56% RITARDO SCOLASTICO Percentuale di alunni di nazionalità non italiana inseriti in una classe non corrispondente alla loro età anagrafica: dato relativo all’anno 2003-’04, sola Lombardia Scuola elementare (primaria) 21% Scuola media (secondaria primo livello) 53,2% Scuola superiore (secondaria secondo livello) 65,3% ta Favaro –. Il punto è che, con l’abolizione del cosiddetto bacino di utenza, i genitori possono iscrivere il figlio a qualunque scuola pubblica, non necessariamente la più vicina al luogo di residenza. Di conseguenza gli stranieri scelgono certe scuole piuttosto che altre, e gli italiani preferiscono mandare i figli in istituti con percentuali inferiori di immigrati». Si ingenera, insomma, un clima di autoesclusione, di allontanamento, di paura. E le scuole meno efficaci rischiano di diventare ghetti, o di essere percepite come tali. «È esattamente il contrario di quanto prevede la legge, ma anche di quanto detta il buon senso: non possiamo isolarci o isolarli. Molti di questi ragazzi sono italiani a tutti gli effetti: nati qui, conoscono solo il nostro paese, e lo chiamano loro». Per invertire la tendenza, forse non bastano ma sicuramente servono voci forti, che incoraggino la collaborazione tra stato, enti locali e istituti scolastici, «per promuovere un generale innalzamento della qualità dell’accoglienza a scuola e, quindi, un superamento delle enormi differenze che, al momento, caratterizzano il nostro sistema scolastico- conclude Graziella Favaro –. I segnali incoraggianti non sono mancati: abbiamo le antenne alzate, siamo pronti a recepire gli stimoli, e le più alte cariche dello stato (il presidente della repubblica e il ministro dell’istruzione) all’inizio dell’anno scolastico hanno ribadito la necessità di dare ai ragazzi stranieri la piena dignità di cittadini italiani». Nelle scuole di oggi, e non è retorica sostenerlo, si decide la qualità delle relazioni culturali e sociali nell’Italia di domani. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 11 nazionale nazionale minori in difficoltà dall’altro mondo A fine anno si conclude la secolare stagione degli “istituti per minori”. In Italia ospitano poche centinaia di ragazzi. Ma l’istituto dell’affido familiare non decolla. E bisogna vigilare sulla qualità delle altre strutture LABORATORIO-SCUOLA, PROVE DI SOCIETÀ INTEGRATA di Ginevra Demaio redazione Dossier statistico immigrazione Caritas-Migrantes no dei segni più espliciti del radicamento dell’immigrazione nella società italiana è la sua componente giovanile: più che immigrata o straniera, sarebbe opportuno definirla “di origine immigrata o straniera”. Parliamo infatti di bambini e ragazzi che appartengono a pieno titolo alla nostra società, ma ancor più a una società dai tratti globali e a culture giovanili che attraversano e superano le divisioni nazionali. La sedicesima edizione del Dossier statistico immigrazione CaritasMigrantes ha stimato che nel 2005 i minori, compresi quelli non scolarizzati, siano diventati 586 mila, circa un quinto della popolazione riprova che la tendenza in corso vede aumentare la quota di ragazzi prossimi al compimento della maggiore età e, per questo, più direttamente interessati al problema della costruzione di nuove forme di cittadinanza e convivenza. I dati, se riferiti ai singoli territori, mostrano anche differenze interne al paese, con regioni e province che superano ampiamente l’incidenza meimmigrata, e che il 55,6% di loro sia dia: Umbria, Lombardia, Veneto e nato in Italia. La stima coincide con Marche raggiungono l’8-9%; MantoGiunti alla maggiore età, i dati ufficiali dell’Istat. Nonostante va, Piacenza e Reggio Emilia il 12%. i ragazzi di origine siano giovani nati o cresciuti in ItaUna tale varietà fa della scuola straniera rischiano lia, continuano però a essere trattauno dei luoghi in cui il pluralismo di ritrovarsi irregolari ti da stranieri, protetti, quanto al della società italiana è più manifesto, nel paese che li ha visti soggiorno, fino ai 18 anni per via soprattutto il luogo in cui il processo crescere. Cruciale della loro minore età, ma successidi formazione e di contrattazione è il processo vamente a rischio di repentina cadell’identità è più vivo. Il suo valore di socializzazione duta nell’irregolarità, se non addista nella possibilità di socializzazione nelle scuole. Ma leggi tra giovani provenienti da culture dirittura di espulsione in paesi che e modelli sociali devono conoscono a malapena, non appeverse, definite non solo e non tanto colmare i ritardi na divenuti maggiorenni. dalla nazione di origine del singolo A questa incongruenza dovranragazzo o dei suoi genitori, bensì dalno cercare di rispondere le modifiche alla legge sull’im- la società in cui il ragazzo cresce e vive, nonché dai riferimigrazione e la nuova legge sull’acquisizione della cit- menti culturali e valoriali che, dopo una certa età, decide tadinanza, se saprà abbandonare vecchi residui di na- di scegliere. L’integrazione, in questo senso, cessa di essezionalismo per accogliere diritti fondati sulla nascita e re un problema di inclusione delle culture “altre” nella sulla residenza nel nostro paese. cultura del paese di insediamento, per diventare l’esito di un processo composito e in parte anche dato dall’evolvePluralismo manifesto re del tempo e delle relazioni. L’urgenza di un simile aggiornamento normativo e culRispetto a un tale obiettivo, emerge la novità che le seturale trova conferma anche nella composizione della conde generazioni di origine immigrata portano con sé e, scuola italiana, nella quale gli studenti di origine immi- di contro, la lentezza di risposta dei modelli sociali, non grata (424.683) rappresentano il 4,8%, incidenza che solo in Italia ma in tutta Europa. Anziché insistere solo nella scuola elementare, con il 6%, raggiunge il valore sull’inserimento degli immigrati e dei loro figli, emerge la più alto tra tutti i gradi scolastici, e nelle superiori quel- necessità di lavorare anche sull’immagine che gli italiani lo più basso (3,1%). Nelle scuole superiori, però, l’incre- hanno dell’immigrato e dei suoi diritti, per arrivare alla mento annuale nel 2005 è stato più evidente (+38,2%), a costruzione di una società davvero integrata. 12 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 ROMANO SICILIANI U ORFANOTROFIO ADDIO ORA SAPREMO ACCOGLIERE? di Laura Calvanelli oche settimane alla fine dell’anno. Poche settimane al superamento del ricovero in istituto per i minori. Si chiude una pagina di storia dell’assistenza in Italia. E si apre una buona occasione per riflettere sulla condizione dei bambini, soprattutto di quelli senza famiglia, o con famiglie problematiche, nel nostro paese. Nella storia italiana moderna il legislatore ha fatto tesoro dell’esperienza secolare degli istituti “per i fanciulli”, spesso di matrice religiosa, di cui l’antesignano fu, nella prima metà del Quattrocento, l’Istituto degli Innocenti a Firenze. Ma negli ultimi decenni ha cominciato a favorire interazioni e sinergie tra famiglie, servizi sociali e autorità giudiziaria minorile. Nel 1983 ha visto la luce la legge 184, pietra miliare nella programmazione della tutela dei minori. Una legge ben articolata, all’avanguardia in Europa: P già più di venti anni fa sanciva di fatto la fine degli istituti, prevedendoli come soluzione di emergenza. La legge 184/83 (e le modifiche introdotte dalla successiva 149/2001) individua come soluzione preferibile per un minore orfano o proveniente da un contesto famigliare problematico l’affidamento a un’altra famiglia, possibilmente con figli minori, o a una persona singola, o a una comunità di tipo familiare; ove ciò non sia possibile, si dispone il ricovero del minore in un istituto di assistenza pubblico o privato, di preferenza nella regione di residenza del minore. Un ampio spazio di azione si crea dunque per famiglie affidatarie (ancora oggi, però, poco numerose), comunità di tipo familiare, comunità alloggio, comunità educative, case-famiglia: esperienze di ospitalità che hanno svuotato di senso il ricorso agli istituti per minori. I quali si sono di conseguenza ridotti di numero, I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 13 nazionale Gli affidamenti familiari di minori da 0 a 17 anni Strutture che accolgono minori aperte in Italia e minori accolti Regioni Strutture aperte Piemonte 0 Valle d’Aosta 0 Lombardia 5 provincia Bolzano 1 provincia Trento 1 Veneto 0 Friuli-Venezia Giulia 0 Liguria 0 Emilia-Romagna 0 Toscana 0 Umbria 2 Marche 0 Lazio 0 Abruzzo 17 Molise 0 Campania (a) 7 Puglia 41 Basilicata 3 Calabria 19 Sicilia (b) 57 Sardegna 0 Totale 153 Regioni Affidamenti Ogni mille abitanti Piemonte 1.448 2,8 Valle d'Aosta 46 2,4 Lombardia 2.713 1,8 provincia Bolzano 201 2,1 provincia Trento 101 1,1 Veneto (a) 548 0,7 Friuli-Venezia Giulia 165 0,8 Liguria 627 3,0 Emilia-Romagna 1.246 1,4 Toscana 1.462 2,8 Umbria 171 1,3 Marche 281 1,2 Lazio (b) 918 1,0 Abruzzo (a) 110 0,5 Molise 82 1,5 Campania 546 0,4 Puglia 1.404 1,8 Basilicata 8 0,1 Calabria 316 0,8 Sicilia (c) 373 0,4 Sardegna 79 0,3 Totale 12.845 1,0 Regioni Strutture Piemonte 174 Valle d'Aosta 2 Lombardia 330 Provincia Bolzano 33 Provincia Trento 60 Veneto 261 Friuli-Venezia Giulia 31 Liguria 66 Emilia-Romagna 203 Toscana 106 Umbria 32 Marche 50 Lazio 354 Abruzzo 41 Molise 13 Campania 179 Puglia 181 Basilicata 21 Calabria 89 Sicilia (a) 133 Sardegna 62 Totale 2.421 Minori accolti 0 0 65 17 15 0 0 0 0 0 44 0 0 68 0 24 222 24 70 195 0 744 (a) Dati forniti dal Settore assistenza sociale della regione Campania (b) Dati parziali e riferiti a 255 dei 390 comuni della regione alcuni riconvertendosi in strutture di accoglienza per altri soggetti (per esempio gli anziani, date le mutate emergenze demografiche del paese). Il trend, comunità piccole Quanti sono oggi gli istituti ancora aperti? E i minori interessati dall’imminente scadenza? Ma soprattutto, quanti sono i minori che vivono fuori dalle loro famiglie, siano essi in affido ad altro nucleo o a una struttura residenziale? Il monitoraggio, in questi anni, non è stato costante. Sono state attivate solo tre anagrafi regionali, sulle venti previste per legge, in Lombardia, Piemonte e Veneto. Italia Caritas è in grado di fornire alcune anticipazioni di una ricerca condotta dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza, secondo la quale sembra che la situazione si sia evoluta positivamente, in vista della scadenza del 31 dicembre. Le regioni in forte ritardo sono a sud, ma in generale, nel paese, la ricettività delle comunità di tipo familiare è di gran lunga maggiore del numero dei posti letto necessari per accogliere i minori che ancora risiedono negli istituti che devono essere chiusi. 14 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 (a) Solo affidamenti giudiziali (b) Dato non comprensivo degli affidamenti giudiziali del comune di Roma (c) Dati parziali e riferiti a 255 dei 390 comuni della regione Rispetto alla precedente rilevazione del Centro, datata 30 giugno 2003, si assiste in primo luogo a una sensibile riduzione degli istituti (da 215 a 153) e del numero di minori in essi accolti (da 2.633 a 744). E anche gli affidamenti familiari, benché rimangano uno strumento utilizzato soprattutto nelle regioni del centro-nord, sono aumentati, dai 10.200 rilevati del 1999 ai 12.845 della fine del 2005. L’accoglienza dei bambini nei servizi residenziali evidenzia (anche se i dati sono provvisori) che mediamente esiste un tasso di accoglienza di poco più di un bambino ogni mille residenti, con punte di tre su mille in Liguria e, viceversa, di uno su diecimila in Basilicata. Il trend della presenza di bambini nei servizi residenziali è tendenzialmente stabile; in molte regioni l’accoglienza si sta sempre più indirizzando verso il modello delle comunità piccole e di tipo familiare, con un miglioramento sensibile della “qualità” dell'accoglienza stessa. In sintesi, i dati affermano che sono complessivamente 27.244, in Italia, i minori fuori dalle loro famiglie. Sebbene l’evoluzione dei numeri sia positiva, i motivi di preoccupazione non mancano. A scadenza del 31 di- FONTE: CENTRO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE E ANALISI PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA. DATI PROVVISORI E AGGIORNATI A PERIODI DIFFERENTI, TRA FINE 1999 E FINE 2005 Gli istituti per minori ancora aperti in Italia FONTE: CENTRO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE E ANALISI PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA. DATI PROVVISORI E AGGIORNATI A PERIODI DIFFERENTI, TRA IL 1999 E FINE 2005 FONTE: CENTRO NAZIONALE DI DOCUMENTAZIONE E ANALISI PER L’INFANZIA E L’ADOLESCENZA. DATI PROVVISORI E AGGIORNATI, PER QUASI TUTTE LE REGIONI, A FINE 2005 minori in difficoltà Minori 1.160 21 3.847 151 275 1.002 229 n.d. 1.170 543 225 577 n.d. 232 96 1.283 1.208 152 516 631 337 13.655 Ogni mille abitanti 1,8 1,1 2,5 1,6 3,1 1,3 1,3 n.d. 1,9 1,0 0,9 4,5 n.c. 1,1 1,8 1,1 1,5 1,4 1,3 0,6 1,3 1,4 (a) Dati parziali e riferiti a 255 dei 390 comuni della regione cembre ormai raggiunta, occorre precisare e migliorare le strategie di tutela dell’infanzia, volte a dare applicazione effettiva alla legge e a rendere esigibile in tutto il territorio nazionale il diritto a crescere in una famiglia. Ma in Italia questo non vale ancora per tutti: la realizzazione degli interventi previsti dalla legge 149/2001 (ad esempio il sostegno alle famiglie d’origine, o a chi realizza affidamenti o adozioni di minori ultradodicenni e con disabilità accertata, ecc) è subordinata alle disponibilità finanziarie dello stato, delle regioni e degli enti locali, che dunque non hanno l’obbligo di assicurare gli aiuti previsti, ma lo fanno nei limiti consentiti dai rispettivi bilanci. Né la 149/2001 né la 328/2000 (legge quadro sui servizi sociali) contengono, d’altronde, norme che consentano agli utenti e alle associazioni di tutela dei diritti di far rispettare dagli enti locali la priorità degli interventi alternativi al ricovero in comunità residenziale. Fondi dimezzati L’attuazione della 149 è ulteriormente complicata dal fatto che con la 328 e la modifica del titolo quinto della Co- stituzione la competenza per le politiche sociali è divenuta esclusiva delle regioni, per quanto riguarda i poteri di programmazione e legislativi, e degli enti locali per quanto riguarda la gestione degli interventi. È quindi necessario che le regioni assumano a livello legislativo i provvedimenti necessari e che gli enti gestori degli interventi assistenziali (comuni singoli o associati) concretizzino il diritto a crescere in una famiglia, definendo modalità operative e risorse. Ma l’impegno non può mancare, anzitutto, a livello centrale. E purtroppo le ultime leggi finanziarie, figlie di governi di diverso colore politico, non lasciano spazio a facili illusioni: i fondi destinati all’infanzia hanno registrato un dimezzamento, in poco meno di 36 mesi, come pure le risorse per i tribunali per i minorenni e quelle dei servizi sociali territoriali. Data la pluralità dei soggetti interessati, l’azione di governo è determinante non solo per definire e garantire livelli minimi di assistenza (Liveas) in tutto il territorio nazionale, ma per dare indirizzi sulla formazione del personale e delle famiglie affidatarie e per monitorare leggi e regolamenti attuativi regionali, che fissano, secondo standard molto diversi, i requisiti funzionali, organizzativi e strutturali di comunità educative, case-famiglia e altre strutture. In questo panorama non omogeneo, occorre vigilare perché al minore sia garantito, come prima opzione, il diritto a rimanere nella propria famiglia: solo qualora ciò non fosse possibile, la tutela del superiore interesse del minore rende necessario il ricorso a soluzioni alternative, temporaneamente l’affidamento a un’altra famiglia e solo successivamente l’inserimento in comunità di tipo familiare. Purtroppo, per via di lacune culturali o della colpevole inerzia delle istituzioni, il ricorso ai servizi educativi, e non alle famiglie, continua a rappresentare l’asse portante delle politiche assistenziali degli enti locali, anche quando è palesemente antieconomico, perché converrebbe sostenere finanziariamente la famiglia di provenienza e garantire nel contempo un accompagnamento sociale adeguato e costante. Mancano poche settimane alla scadenza del termine per la chiusura degli istituti. Ci si augura che sia rispettata e che sia la prima tappa di un impegno più costante e serio verso l’infanzia in Italia. Istituzioni e privato sociale devono esprimere un impegno comune nel monitoraggio delle strutture, per verificare le facili riconversioni e i make up di facciata. Occorre promuovere la qualità dell’accoglienza e una progettazione attenta dei percorsi personali per ogni bambino in difficoltà. Altrimenti, la chiusura degli istituti sarà solo una splendida occasione persa. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 15 nazionale politiche sociali FONDI AD HOC Tra le misure positive della Finanziaria 2007, anche stanziamenti specifici per i soggetti non autosufficienti IL PARADIGMA NON CAMBIA, MA PIÙ SPAZIO AL SOCIALE ROMANO SICILIANI La finanziaria 2007 delude chi si aspettava i primi passi verso un welfare inteso come investimento sociale. Ma molte misure favoriscono famiglie e soggetti fragili. Ambiente ok, male cooperazione allo sviluppo e servizio civile di Paolo Pezzana e lettere a Gesù Bambino vanno scritte con anticipo rispetto a Natale; perché sotto l’albero il proprio sogno diventi realtà, i bambini sanno che occorre avere desideri ragionevoli, formularli per tempo, consegnarli alla persona giusta e poi aspettare comportandosi il meglio possibile. È un peccato che ai bambini più giudiziosi non venga chiesto anche di occuparsi della legge finanziaria 2007, la prima dell’attuale governo. Di essa non si può certo dire che segni una grossa discontinuità, rispetto alla confusione che ha accompagnato le precedenti sessioni di bilancio. Polemiche, discussioni più accese che attente, emendamenti, maxiemendamenti e fiducie parlamentari varie sono state, anche in questa occasione, corollario metodologico della manovra. Non è un buon segnale di qualità della vita istituzionale del paese, ma forse ce lo si poteva attendere. Gli indicatori più importanti vengono tuttavia dai contenuti. Ed è sotto l’albero di Natale della finanziaria che l’operatore sociale guarda, per vedere se i reali desideri dei più poveri, espressi il più delle volte in doloroso silenzio, hanno trovato qualche forma di accoglimento. Leggendo il documento (che al momento di scrivere ha superato il primo voto alla camera, ma è ancora al vaglio del parla- L 16 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 mento) si osserva che la manovra 2007 prova a coniugare rigore, equità e sviluppo come il governo si proponeva, ma il risultato finale, sotto il profilo delle politiche sociali, non propone novità. Chi si aspettava un cambio di paradigma, da un welfare tradizionale a un welfare considerato come investimento sociale per la coesione, lo sviluppo e la crescita di tutti, non trova segnali sufficienti. In questa finanziaria manca il reddito minimo; mancano misure fiscali per gli incapienti, a favore dei più poveri; non si finanziano livelli essenziali di assistenza; non si pratica una seria integrazione tra politiche sociali e sanitarie. Forse per paura di un eccesso di spesa, non si va nella direzione dell’universalismo (pur selettivo) delle tutele, che costituirebbe un’infrastruttura sociale indispensabile per la crescita sostenibile del paese. Nel segno dell’equità Contrariamente al recente passato, la finanziaria 2007 dimostra però sensibilità per le questioni sociali e per il sistema integrato di servizi e interventi sociali. Non c’è un cambio di paradigma, ma nella manovra compaiono numerose misure che potrebbero avere un impatto favorevole sulle politiche sociali. La prima considerazione riguarda la riduzione del deficit pubblico. Il debito è un’ipo- teca sul futuro del paese, in pendenza della quale la spesa sociale, per la debolezza politica dei suoi destinatari, resta esposta, costantemente e prima di altri, a tagli e riduzioni. A questo proposito la finanziaria 2007 sembra fare il suo dovere: un deficit nei limiti Ue è una condizione per poter proporre politiche sociali più forti e giuste. Un secondo segnale importante riguarda il Fondo nazionale per le politiche sociali, principale fonte di finanziamento del sistema di servizi sociali: dopo ripetuti tagli, il governo in carica lo riporta almeno ai livelli del 2004. Un terzo elemento apprezzabile è il peso che la manovra assegna alla famiglia e al sostegno dei carichi famigliari effettivi, posti concretamente al centro della redistribuzione di risorse che la manovra dispone per via fiscale. Attenzioni sociali, nel segno dell’equità, sono presenti anche in altre previsioni della finanziaria. Immigrazione, non autosufficienza, periferie, mezzogiorno, famiglia, minori e giovani sono oggetto di attenzioni specifiche e di stanziamenti; si conferma la misura del cinque per mille a sostegno di molti attori sociali; si estendono alcune agevolazioni per le onlus e si danno ai comuni, che sono i principali attori del welfare system, maggiori margini di manovra. In questo quadro non si può non apprezzare come un buon inizio lo stanziamento di oltre 200 milioni l’anno per le non autosufficienze, che rappresentano una diffusa emergenza sociale del nostro tempo: serve molto di più per garantire diritti e livelli essenziali di assistenza ai cittadini non in grado di provvedere a se stessi, ma quella indicata è già una somma importante per cominciare a lavorare e sperimentare misure di sostegno concrete. È parimenti importante, anche se probabilmente non determinante, la somma di 50 milioni l’anno stanziata per l’integrazione degli immigrati, cui si aggiungono le risorse per il fondo per l’istruzione delle donne immigrate, apprezzabilmente aggiunte in finanziaria dalla minoranza durante il dibattito parlamentare. Oltre 300 milioni l’anno saranno invece destinati al capitolo famiglia, per realizzare asili nido, sperimentare forme di sostegno più forte alle famiglie numerose, condurre azioni educative, potenziare i consultori, qualificare il lavoro di cura delle badanti e altro. Anche in questo caso, come per i giovani e le comunità giovanili, le pari opportunità, le donne vittime di violenza, gli stanziamenti della finanziaria sono utili, ma ancora non bastano per risolvere i problemi. Probabilmente non risolutivo, ma senz’altro importante e potenzialmente adeguato, è il complesso delle risorse messe a disposizione del mezzogiorno, tra fiscalità di vantaggio, fondo per le aree sottosviluppate, cofinanziamento di progetti europei, fondi per le zone urbane più degradate. Spese militari, troppi fondi Tra qualche settimana verrà il momento dell’attuazione della legge. E qui si intravede un concreto pericolo: data la proliferazione dei ministeri con vocazioni sociali all’interno del governo e le competenze prevalentemente regionali in materia di welfare, potrebbero verificarsi situazioni in cui sarà difficile accordarsi su chi e come dovrà spendere le risorse disponibili, con potenziali ritardi e sprechi di denaro pubblico. Allargando un poco lo spettro dell’analisi oltre le politiche sociali, va detto che se è apprezzabile che si dedichino ingenti risorse, direttamente o in forma di incentivi, alle politiche ambientali, lo è meno che lo stesso si faccia per le spese militari e per l’industria degli armamenti, che trovano in questa finanziaria il loro livello più elevato degli ultimi anni. Considerando anche il permanere dei tagli alla cooperazione internazionale e il mantenimento di uno stanziamento inferiore alla domanda per il servizio civile, il quadro che si ricava dal complesso della manovra è a tinte variabili, e non può essere apprezzato univocamente. Qualcosa è cambiato, ma non è ancora ciò che avremmo voluto noi bambini. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 17 nazionale nazionale database esclusione politiche sociale sociali convegno ecclesiale Nei titoli del Convegno ecclesiale nazionale non compariva. Ma la carità vissuta è stata al centro di tanti momenti di confronto. «L’efficacia dell’annuncio del Vangelo si sperimenta quando incrocia il grido dei disperati» GIOVANI “NON PER SEMPRE”, MENO IMPEGNO E SOLIDARIETÀ di Walter Nanni valore della solidarietà e dell’impegno collettivo: dal 59% al 42%. L’impegno politico vero e proprio coinvolge una piccola percentuale di ragazzi (appena il 4%). Anche la fiducia negli uomini politici si attesta su livelli molto bassi, nonostante una crescita dall’8% al 12% nel periodo considerato. Il fatto di sentirsi disgustati verso certi modi di fare politica è cresciuto in modo esponenziale, dal per le altre fasce di età: ad esempio, 12% al 23%. Tuttavia, la partecipazioper i 18-20enni si è passati dal 39% al ne concreta evidenzia uno scenario Presentato il sesto 25%. Solo dopo i 25 anni si registradiverso: solo il 23% dei giovani ha diRapporto Iard no le prime consistenti uscite di cachiarato di non avere mai partecipasulla condizione sa, spesso in concomitanza con il to a un’iniziativa politica. Un trentengiovanile in Italia. Più matrimonio o la convivenza. Tuttane su due ha dichiarato di aver assitardivi l’uscita di casa via, quasi il 70% dei 25-29enni e olstito a un dibattito politico, un 15e l’ingresso nel mondo tre un terzo tra i 30-34enni (36%) vi17enne su tre ha partecipato a un del lavoro, controverso ve ancora con i genitori. corteo, quasi un maggiorenne su il rapporto con la politica. I percorsi di studio dei giovani quattro ha firmato per un referenSoprattutto, cresce la sono più lunghi che in passato, dum e uno su dieci ha aderito a una diffidenza verso scelte con un ingresso più tardivo nel qualche forma di boicottaggio. vincolanti mondo del lavoro: tra i 25-29enni Alla domanda “Quale obiettivo prioritario dovrebbe avere la politic'è ancora un 35% di giovani che ca?”, si osservano forti cambiamenti nelle risposte: cala non lavora (tra i 30-34enni tale quota è pari al 23%). Quanto alla visione del futuro, non piace l’impegno l’importanza attribuita a “mantenere l’ordine della nain scelte troppo vincolanti; è invece diffusa l’idea che zione” (dal 36% al 26%) e a “dare maggior potere alla nella vita anche le scelte più importanti non sono “per gente nelle decisioni politiche” (dal 32% al 14%); mentre sempre”: dal 49% del 1996 al 54% di oggi. è in crescita l’idea che la politica debba “proteggere la libertà di parola” (dal 25% al 35%). L’importante è la salute Quanto alla sfera del rapporto con enti, media e istituCi sono valori che tra i giovani rimangono ai primi posti: zioni, si registra il progressivo declino della fiducia nei conla salute raccoglie il consenso della quasi totalità del cam- fronti di molte istituzioni: insegnanti, polizia, banche e uopione (92%), seguita a breve distanza dalla famiglia (87%) e mini politici. L’ultima rilevazione riserva invece una crescidalla pace (80%); a pari merito la libertà. Seguono l’amore ta di fiducia nei confronti dei militari, che passano dal 32% (76%) e l’amicizia (74%). Si riduce invece, nella scala delle al 52% dei consensi. Crolla, infine, la fiducia nei confronti priorità, l’importanza attribuita alla dimensione lavorati- della televisione: si passa dal 47% di coloro che si fidavano va, che passa, negli anni 1983-2006, dal 68% al 61% dei della televisione privata (nel 1996) al 33% di oggi; per quella consensi. In forte diminuzione è l’importanza attribuita al pubblica, dal 53% dei consensi si passa al 38%. oltre vent’anni di distanza dalla prima edizione (1983), il sesto Rapporto dell’Istituto Iard (basato sulle risposte fornite da un campione di circa 3 mila ragazzi), traccia lo scenario della attuale condizione giovanile, messa a confronto con le altre indagini svolte dall’istituto in questi anni. Una nota dolente è rappresentata dall’assunzione di responsabilità e dall’entrata nella vita adulta: se nel 1983 era uscito di casa il 17% dei 15-17enni, oggi tale situazione riguarda soltanto il 3% dei giovani di tale età. Situazione simile anche 18 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 IL MANDATO DI VERONA «SIAMO ATTORI DI SPERANZA» ROMANO SICILIANI A di Pietro Gava P iù di 2.700 partecipanti, un’assemblea composta da 11 cardinali, 222 vescovi, 608 sacerdoti, 41 diaconi, 322 tra religiosi e religiose, 15 consacrati laici e 1.275 laici. Numeri da kolossal (ecclesiale). Ma un kolossal denso di esperienze, riflessioni, preghiere. E di voglia di condividerle. Alla fiera di Verona, dal 16 al 20 ottobre, è andato in scena il quarto Convegno ecclesiale nazionale, sul tema “Testimoni di Gesù Risorto speranza del mondo”. La carità non era espressamente indicata nei titoli della manifestazione e dei cinque ambiti di studio. Ma non è stata assente. Come ha trovato spazio? E come è uscita dall’evento ecclesiale del decennio (almeno in Italia)? Lo abbiamo chiesto ad alcuni delegati Caritas. «Lo stile e lo spessore dei gruppi di lavoro hanno prodotto un forte senso di appartenenza ecclesiale – esordisce don Vincenzo Mango, direttore di Caritas Napoli –. A Verona ho vissuto momenti di gioiosa familiarità, schiettezza, passionalità. Sono contento di aver vi- sto all’opera un laicato più maturo, una presenza più significativa rispetto ad altri convegni. I laici oggi sono meno subalterni, coscienti del ruolo e consapevoli delle loro responsabilità». Esaurita la premessa, largo al bilancio. «Io ho partecipato a un gruppo di lavoro sulla fragilità e confermo che i temi legati alla carità sono stati toccati: la necessità di pensare tempi e luoghi di un agire solidale, l’approfondimento del valore della sobrietà, i problemi generati dai campanilismi, gli atteggiamenti di chiusura che non consentono di valorizzare le ricchezze di ogni uomo. Ho colto una maggiore attenzione alla famiglia, come luogo di relazioni, nelle sue dimensioni ecclesiali e civili. E coraggio contro forme di peccato che ledono la dignità umana». A Verona non sono mancate riflessioni su come contrastare le diverse forme di povertà dell’epoca contemporanea. «È necessario sradicare la mentalità dell’elemosina nelle nostre comunità, elaborare meditazioni e proposte, riscoprire e riconoscere i fondamenti della caI TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 19 nazionale convegno ecclesiale rità di Cristo – dichiara Umberto Silenzi, direttore della Caritas diocesana di San Benedetto del Tronto –. Verona ci lascia in eredità alcune sfide importanti. È ora che si decida cosa fare del diaconato, i sacerdoti non hanno tempo per tutto. Bisogna accompagnare e tutelare le esperienze del volontariato cattolico, per evitare il rischio di trasformare tutto in affari e guardare solo al budget. Le scuole cattoliche devono sforzarsi di aprire le porte a chi è più povero. E dovremmo tutti trovare il tempo di riflettere e rivedere le nostre esistenze, per migliorare la nostra capacità di discernimento e di essere concreti segni di speranza». Costruttrice di pace L’intima connessione dell’esperienza di carità con altre dimensioni della vita ecclesiale è stata colta da molti. «Verona ha ribadito che la testimonianza del Vangelo ac- quista credibilità nel momento in cui interagisce con il grido di tanti disperati – sintetizza don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana –. Abbiamo bisogno di misurarci con questo grido, perché altrimenti non avremmo la possibilità di testare la portata di speranza del messaggio di Gesù Cristo: è emerso nel gruppo sulla fragilità, al quale ho partecipato, e nella sintesi dei lavori di gruppo. Ma anche il papa, nella seconda parte del suo messaggio, ha ricordato che nei momenti storici in cui la chiesa ha saputo coniugare l’annuncio della verità del Vangelo alla carità vissuta nella concretezza della storia è stata capace di promuovere grandi e positivi cambiamenti storici. Questa congiunzione si deve riproporre in futuro: è una sorta di mandato che ci viene affidato, per evitare i rischi simmetrici di ridurre l’impegno a sociologismo e l’annuncio a cultura disincarnata». Carità non enunciata nel titolo, insomma, ma paro- la chiave nei quattro giorni veronesi. «Tutti gli ambiti hanno toccato la dimensione della carità, invitato a rileggere la presenza della chiesa nel territorio, riflettuto sulla testimonianza da offrire per rispondere alle esigenze della fragilità umana – osserva Salvatore Licchello, vicedirettore di Caritas Brindisi –. Probabilmente nel precedente convegno, quello di Palermo del 1995, il tema della carità era stato affrontato in modo più diretto. Comunque sarà importante concretizzare quanto vissuto a Verona in una pastorale unitaria e integrata». Punto di vista sostanzialmente condiviso da due delegati di Caritas italiana. «Il tema della carità non è stato molto centrale, tuttavia dal Convegno è possibile trarre indicazioni utili e importanti per il nostro lavoro – afferma Renato Marinaro, responsabile dell’ufficio studi –. Il papa e il presidente della Cei, cardinale Ruini, hanno voluto dare un esplicito riconoscimento alla testimo- Il coraggio della base ci ricorda che la carità non è accessoria CAPACI DI SGUARDO AMPIO A Verona il tema è stato affrontato con un po’ di timore. Ma nei gruppi sono emerse testimonianze di carità vissuta: presenza attiva, che genera speranza Insomma, ci troviamo di fronte a una chiesa che ancora non sa vivere sino in fondo l’integrazione dei compiti e delle attività pastorali. Però la presenza vivace dei laici indica la volontà di favorire una contaminazione feconda. Il tema cruciale, sul quale si è imperniato il Convegno di Verona, è stato la speranza. Occorre scoprire e convincersi sempre più che la carità, oggi, è testimonianza di speranza. Il coraggio manifestato dalla base ci aiuta a capire che quando si parla di missione, di evangelizzazione, di escatologia, o magari di progetto culturale e di visione dell’uomo, la carità non risulta esclusa e accessoria. Il cuore della missione del cristiano è la carità. E come può svolgersi senza un fondamento di carità? Forse è bene rifarsi alle parole del cardinale Tettamanzi, presidente del comitato promotore del Convegno. Nel suo intervento, che ha aperto i lavori di Verona, ha detto che i cristiani non devono parlare “di” speranza, ma devono parlare al mondo “con” speranza. Certo, se guardiamo al mondo di oggi ci viene magari da chiudere gli occhi. Ma siamo chiamati a guardarlo, questo mondo, e a guardarlo con gli occhi del Risorto. E da questo sguardo nasce una presenza attiva e vivace, una presenza di carità: capace, incrociando la presenza del povero, in tutte le sue molteplici vesti, di porgere speranza a chi è disperato. Delegati al Convegno ecclesiale nazionale di Verona, durante una fase dei lavori in assemblea. Nelle pagine precedenti, preghiera sugl spalti dell’Arena durante la cerimonia di apertura del Convegno di Francesco Montenegro presidente di Caritas Italiana L a riflessione sulla carità, nel Convegno ecclesiale di Verona, è stata affrontata forse con un po’ di timore, forse con una certa pudicizia. Ma non è stata assente. Anzi. Ci sono state alcune indicazioni nel discorso del papa; ci sono stati passaggi nell’intervento conclusivo del cardinale Ruini, presidente della Cei; si sono ascoltate provocazioni, nei gruppi di studio, da parte dei relatori. Ma c’è stata soprattutto una diffusa testimonianza della carità come impegno e come esperienza vissuta, che ha visto protagonisti molti laici all’interno dei gruppi, soprattutto in quelli dedicati a fragilità, lavoro, cittadinanza. C’è una base cattolica, insomma, che sta compiendo percorsi significativi sul fronte della carità e a Verona ne ha parlato con convinzione e con forza. Anche se il relativo minor spazio concesso alla carità dai lavori in assemblea ha finito per delimitare il campo del dibattito. Per esempio, un concetto che è riecheggiato poco è stato “dottrina sociale della chiesa”, tema che meritava e merita ampia at20 nianza della carità. Sono emerse quattro indicazioni: rinnovare i metodi per rilevare povertà e risorse; migliorare le capacità di coordinare l’azione solidale della chiesa nel territorio; elaborare prassi per il pieno raggiungimento degli obiettivi dei servizi attivati; continuare a sviluppare le modalità per coinvolgere la comunità ecclesiale e civile sui temi della carità». «I temi trattati sono strettamente collegati alla dimensione della carità – conclude Paolo Beccegato, responsabile dell’area internazionale –. Nelle relazioni del cardinale Tettamanzi, di don Giulio Brambilla e anche in quelle del papa e di Ruini ho colto passaggi chiari su ciò che ci sta a cuore. Sottolineo le affermazioni sulla carità come costruttrice di pace in un’epoca segnata da guerre, conflitti e terrorismo. Inoltre sono emersi i rapporti tra carità e non violenza e tra carità e verità, che ci stimola a un’informazione attenta ai diritti umani: non è davvero poco». I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 tenzione da parte di tutte le espressioni di chiesa. Il cardinale Ruini, nel suo intervento, ha parlato della carità che irrobustisce le persone e le rende più idonee per un dono maturo della propria vita. Sicuramente avrà dato per scontato che la carità è anche altro, visto che la sollecitudine verso i poveri, a partire da Gesù, rappresenta il segno qualificante della Chiesa. Nell’esperienza della chiesa italiana, oggi, questa indicazione va declinata tenendo conto della trasversalità dei fenomeni di povertà e fragilità. Il fedele cristiano e le aggregazioni ecclesiali non devono porsi solo il problema di cercare il povero, ma la sfida odierna è saper cogliere le povertà presenti nei diversi settori di impegno, anche pastorale. Quando si parla di famiglia, oppure di giovani, il tema delle povertà non c’entra nulla? Deve essere appannaggio esclusivo di una pastorale “specialistica” (pure fondamentale)? E, d’altro canto, ancora troppo di frequente il povero è inteso come una “dote” che si dà in affidamento agli operatori della ca- rità. E che si finisce per “trattare” separatamente. Contaminazione feconda Ma ho avuto l’impressione, dal confronto avvenuto nei gruppi a Verona, che ci siano sintomi di una più ampia capacità di sguardo. L’operatore ecclesiale deve saper cogliere la provocazione (concreta, storica) che il tema e l’esperienza della carità pongono al suo servizio pastorale, anche quando esso non si espleta sul terreno diretto della carità. E l’operatore della carità, dal canto suo, deve saper guardare a 360 gradi: non ci possiamo estraniare dagli altri ambiti di vita e di azione pastorale, ma dobbiamo saperli interpretare e comprendere a partire dall’incontro con le vicende che incrociamo ogni giorno, di bisogno e di povertà. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 21 nazionale contrappunto IDENTITÀ AL BIVIO TRA SOPRAFFAZIONE E RELAZIONE di Domenico Rosati ue libri contromano su un tema cruciale del nostro tempo. L’invenzione delle razze è opera di Guido Barbujani, genetista e romanziere; Identità e violenza si deve al premio Nobel Amartya Sen. L’uno più descrittivo, l’altro più propositivo, invitano entrambi a usare molta cautela quando ci si avvicina ai territori della razza e dell’identità. Barbujani sostiene che le razze sono un’invenzione degli uomini, perché discendiamo tutti da antenati consanguinei: se non fratelli, siamo almeno tutti cugini. Sen esamina invece le conseguenze della proclamazione esasperata delle identità. “La suddivisione della popolazione mondiale secondo le civiltà o secondo le religioni D tente, è carico il tempo presente, nel quale torna allarmante l’appropriazione del favore divino a sostegno di non importa quale causa politica. Se ne può uscire? Il mito del “solitarismo” “Di che razza sei?”, chiesero un giorno ad Einstein. E lui: “Razza umana”. La ragione, quando non sragiona, arriva al punto. Il flusso della storia ha demolito sistematicamente le co– scrive il famoso economista indiastruzioni della speranza, ma ciò non no – produce un approccio che defiè motivo sufficiente per desistere. C’è Perché è tanto difficile, nirei solitarista all’identità umana, un disarmo degli eserciti e un disarin un mondo in cui approccio che considera gli esseri mo delle coscienze: l’esistenza delle siamo tutti… cugini, umani membri soltanto di un gruppo identità non va banalizzata, semmai mettere al bando ben preciso”. ne va ricordata la consistenza storica, la violenza? dunque provvisoria e revocabile, riQuesto modo di rappresentare le Oggi si teorizza spetto al valore mai negoziabile della differenze tra gli uomini genera una lo scontro tra civiltà dignità umana. predisposizione all’affermazione einvece di quello tra classi Una volta si dovevano scongelare sclusiva. E il ricorso alla violenza per sociali e nazionalità. le “ideologie ostinate”, idoli della moottenerla. Oggi si immagina lo scontro Ma non è una deriva delle civiltà, come ieri si teorizzava lo dernità; ora si deve impedire la cresenza alternative scontro irriducibile tra classi sociali, scita di nuovi miti universalistici (ocrazze o nazionalità. Però, se ci si ferma cidente cristiano contro invasione a ragionare, si scopre che ogni essere umano non si defini- islamica, e poi cinese o indiana…), che preludono a insce mai per un’unica qualità o appartenenza. Ciascuno è fausti destini di nuova barbarie, ancorché tecnologica. membro di una serie di gruppi e formazioni sociali. “L’i- Non basta rammentare che culture e identità esprimono naggirabile natura plurale delle nostre identità – secondo il concreto essere di singoli e gruppi umani; bisogna deSen – ci costringe a prendere delle decisioni sull’importan- strutturare la loro versione “solitaristica”, in modo da metza relativa delle nostre diverse associazioni e affiliazioni”. tere in vista i fili di collegamento e somiglianza, nel senso Ciò avviene ogni giorno, ad esempio nelle scelte politiche, della comune appartenenza umana. quando l’impermeabilità di principi e ideologie si stempeIn questa impresa, l’iniziativa appartiene di diritto a ra nella convergenza sulle “cose buone o riducibili al bene”, quanti credono nell’evento di un Dio che si è incarnato ed su cui si forma il consenso democratico. è morto per amore “di ogni uomo, di tutto l’uomo, di tutL’alternativa a questo approccio relazionale è il ricor- ti gli uomini”, come amava dire Paolo VI. Ne deriva un’iso alla sopraffazione, per imporre un punto di vista “su- dentità impegnativa, che rifiuta ogni prolungamento verperiore” o far prevalere un interesse, comunque parziale, so la violenza o la sua giustificazione. E che si apre, in porappresentato come generale. E di violenza, esplicita o la- sitivo, all’incontro di un prossimo senza confini. 22 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 panoramacaritas FORMAZIONE CHIESA ITALIANA Spices, 160 ore per studiare la cooperazione Sulle orme di San Benedetto marcia di fine anno per la pace Scade il 22 dicembre il termine per iscriversi alla Spices (Scuola di politica internazionale cooperazione e sviluppo), promossa da Volontari nel mondo - Focsiv in collaborazione con Caritas Italiana e Ucsei (Ufficio centrale studenti esteri in italia), con il patrocinio della Pontificia Università Gregoriana. Le lezioni (160 ore) si svolgeranno a Roma da gennaio a giugno 2007 in orari pomeridiani. La Spices è una scuola di perfezionamento sui temi della politica internazionale e della cooperazione allo sviluppo; la sua offerta formativa è strutturata in due percorsi (area politicogiuridica internazionale e area socio-economica internazionale), preceduti da un ciclo propedeutico. La scuola ha nella dottrina sociale della chiesa uno dei riferimenti fondamentali. Info www.focsiv.it LIBANO Aiuti Caritas per vittime e immigrati Caritas Libano ha lanciato un appello alla rete internazionale per finanziare un programma di interventi (del valore di 6,28 milioni Una marcia “sulle orme di San Benedetto”, nei luoghi che hanno visto incominciare la sua straordinaria parabola umana e spirituale. La 39ª Marcia per la pace, organizzata dall’Ufficio nazionale Cei per i problemi sociali e il lavoro, in collaborazione con Caritas Italiana, Pax Christi e la locale diocesi, si svolgerà quest’anno a Norcia (Pg) sul tema “La persona umana, cuore della pace”, che riprende i contenuti dell’annuale messaggio del papa per la Giornata mondiale della pace del 1° gennaio. L’appuntamento con la marcia è invece per il 31 dicembre: in mattinata preghiera ecumenica e tavola rotonda sul tema “Acqua e pane per tutti”; nel pomeriggio momento di preghiera, presentazione del messaggio papale, riflessioni e testimonianze; in serata la marcia, che culminerà nella celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio consiglio giustizia e pace. E, ovviamente, nel brindisi di mezzanotte, per un nuovo anno di pace. di euro) in seguito al conflitto della scorsa estate. Caritas Italiana intende sostenere in particolare due progetti: uno propone attività per la pace e la riconciliazione (budget previsto, 218.250 euro), l’altro serve a rilanciare attività generatrici di reddito (budget previsto, 1.686.000 euro). Finora Caritas Italiana ha già stanziato 160 mila euro per interventi in Libano, Gaza e Israele. Il programma di Caritas Libano prevede interventi ad ampio spettro: ricostruzione di case ed edifici comunitari, fornitura di combustibile, assistenza ed educazione sanitaria, aiuti Guatemala e Salvador, per prendere visione del lavoro di aiuto alle popolazioni colpite, l’anno scorso, dalla tormenta tropicale Stan e dell’uragano Wilma, oltre che dall’eruzione del vulcano Ilamatepec in Salvador. Caritas Italiana ha inviato circa 500 mila euro, compresi i fondi inviati alle Charities degli Stati Uniti in seguito all’uragano Kathrina, che a settembre 2005 mise in ginocchio New Orleans. Aiuti di emergenza, fornitura di alimenti, riparazione di case, assistenza medica ed educazione alla salute, recupero delle coltivazioni e formazione degli agricoltori: Caritas Italiana continua a sostenere gli interventi, realizzati grazie alla capillare rete delle Caritas diocesane e locali, che hanno raggiunto decine di migliaia di persone. ad agricoltori, artigiani e pescatori per riavviare le attività. Una particolare attenzione viene posta anche ai problemi, resi più acuti dalla guerra, dei numerosi immigrati e rifugiati in Libano, gruppo particolarmente vulnerabile. Al Centro migranti di Caritas Libano, in seguito al conflitto, è stato chiesto di seguire i detenuti del carcere di Beirut e di facilitare il rientro in patria di centinaia di lavoratori. CENTRO AMERICA Vicini alle comunità colpite dagli uragani Una missione di Caritas Italiana ha fatto visita alle Caritas di Messico, I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 23 internazionale progetti > sostegno alle famiglie a cura dell’Area internazionale Tempo di Natale, tempo privilegiato di festa e di ascolto per la famiglia. La Caritas pone da sempre le famiglie tra i destinatari prioritari dei suoi interventi, in tutti gli angoli della terra. Nello stesso tempo, le famiglie sono chiamate a essere protagoniste nell’impegno per la rimozione delle grandi piaghe del nostro pianeta, a partire dalla fame. Ha affermato recentemente il papa: «Ogni persona e ogni famiglia può e deve fare qualcosa per alleviare la fame nel mondo, adottando uno stile di vita e di consumo compatibile con la salvaguardia del creato e con criteri di giustizia». Presentiamo alcuni progetti a sostegno delle famiglie, specialmente in area rurale. [ ] MODALITA OFFERTE E 5 PER MILLE A PAGINA 2 LISTA COMPLETA MICROREALIZZAZIONI, TEL. 06.54.19.22.28 24 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 EL SALVADOR INDIA Donne protagoniste dopo le due tragedie Nelle diocesi di Sonsonate e Santiago de Maria, Caritas Italiana sta sostenendo dal 2003 un programma di promozione della donna, realizzato dalle Caritas diocesane locali. Attraverso i processi partecipativi di ricostruzione (dopo le emergenze dell’uragano Mitch del 1997 e del terremoto del 2001) sono state coinvolte un migliaio di donne, giovani, ragazze, madri di famiglia; ciò ha rappresentato l’elemento di forza dei programmi di ricostruzione, che si proponevano anche di migliorare le condizioni di salute e di avviamento al lavoro delle comunità locali. Le attività di promozione della donna nell’ambito della vita familiare e sociale hanno già dato frutti significativi, favorendo incontri tra coppie di sposi, il protagonismo imprenditoriale delle donne nella microimpresa, la diminuzione della violenza domestica. Ora si tratta di proseguire in questo cammino. > Costo 50 mila euro > Durata 2006-’07 > Causale El Salvador - promozione donna Piccole piantagioni di tè per vincere fame e guerra Lo stato nord-orientale dell’Assam non beneficia del boom economico dell’India, con i suoi tassi di crescita strabilianti e i progressi tecnologici. Si continua a lottare, giorno dopo giorno, contro fame, alluvioni e carestie, cercando di sopravvivere a una guerra che dura da più di 25 anni, tra i ribelli indipendentisti del Fronte unito di liberazione dell’Assam (Ulfa) e le truppe governative di Nuova Delhi. Costata almeno 15 mila morti e caratterizzata da gravi violazioni dei diritti umani da parte delle forze armate indiane, la guerra coinvolge le 800 piantagioni del pregiatissimo tè dell’Assam, finora sfruttate dagli indiani grazie al pagamento di corrispettivi economici ai ribelli. La giovane diocesi di Tezpur agisce in favore delle famiglie oppresse dal potere economico indiano e dalla violenza dei ribelli: Caritas Italiana intende sostenere un suo progetto per creare piccole piantagioni di tè, di proprietà di 58 famiglie organizzate in cooperative. I capifamiglia, oltre al capitale iniziale per l’acquisto della terra e delle attrezzature, beneficeranno anche di corsi di formazione per la gestione dell’attività e per sviluppare modelli di convivenza civile e partecipata nella comunità locale. > Costo 25 mila euro > Causale India-Assam CILE Mano tesa alla federazione degli agricoltori In Cile, nella zona periferica di Punta Arenas, le famiglie sopravvivono grazie al lavoro della terra e all’allevamento. Per cercare di far fronte comune e riuscire a vendere i propri prodotti, condividendone i benefici, è stata costituita una federazione di agricoltori e allevatori che raggruppa cento famiglie. A sostegno di queste famiglie è stato avviato dalla diocesi un programma di rafforzamento dell’attività agricola e di allevamento, che prevede anche la realizzazione di un centro di raccolta e vendita comunitaria dei prodotti. > Costo 5.500 euro > Causale MP 402/06 Cile BURUNDI MADAGASCAR Educazione scolastica per i figli dei detenuti Il carcere della città di Ngozi, a nord del Burundi, è fortemente popolato di detenuti, oltre 1.400, in una struttura che ne potrebbe ospitare solo mille. Mancato rispetto dei diritti umani, arresti e processi arbitrari: i problemi della giustizia hanno causato la sovrappopolazione che durante gli anni della guerra (1993-2005) ha interessato tutti i penitenziari del Burundi. Il progetto, elaborato dalla Caritas diocesana di Ngozi e da Caritas italiana, intende dare un sostegno alle famiglie dei prigionieri attraverso il pagamento dei costi d’iscrizione alla scuola primaria e l’acquisto del materiale scolastico per 1.500 bambini. Le famiglie si trovano infatti in grave difficoltà economica: oltre a mancare delle entrate del lavoro del capofamiglia che si trova in carcere, devono anche farsi carico della sua alimentazione. Al progetto partecipano le parrocchie della diocesi di Ngozi, che recensiscono i bisogni scolastici dei figli dei detenuti e selezionano i beneficiari. > Costo 10 mila euro > Durata 2006-’07 > Causale Grandi Laghi - Ngozi Centro di promozione familiare tra i Bara In una zona desertica, sull’altipiano di Ihorombe, nella parte meridionale del Madagascar, si trova la nuova missione di Ambatolahi. La zona comprende 30 mila persone sparse in 290 villaggi ed è caratterizzata dalla forte cultura tradizionale e ancestrale dei Bara. Gli zebù, simbolo di ricchezza, hanno un peso importante in tutti gli avvenimenti familiari e tutti vivono di allevamento di zebù e di coltivazione tradizionale e non produttiva. I bambini non vanno a scuola. La missione, sostenuta dal vescovo, ha avviato un programma formativo per favorire lo sviluppo di queste famiglie e metterle in condizione di avere prospettive per un futuro meno precario. È urgente realizzare un programma idrico per consentire il funzionamento del Centro di promozione umana, familiare e sociale. > Costo 2.424 euro > Causale MP 420/06 Madagascar I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 25 internazionale RIPRENDERE IL LARGO Attività finanziate da Caritas in India: pescatori costruiscono barche a Jamilaibad; a destra, negozietto di alimentari DUE ANNI DOPO IL DRAMMA È L’ORA DELLO SVILUPPO di Danilo Feliciangeli e Gianluca Ranzato ue anni fa pochi sapevano cosa fosse uno tsunami. Dal 26 dicembre 2004 questa parola del vocabolario giapponese è entrata nel linguaggio comune. Tutti ricordano quella mattina di Santo Stefano, quando una delle più grandi calamità naturali della storia moderna si manifestò in otto paesi affacciati sull’oceano Indiano, dall’Asia all’Africa. I mezzi di comunicazione di tutto il mondo resero quel dramma (un’onda gigantesca, innescata da un terremoto distruttivo) un evento mediatico senza precedenti. Fu una “tragedia globale”, che uccise circa 300 mila persone, aborigeni andamani e ricchi turisti svedesi, coppie occidentali in viaggio di nozze e famiglie nei villaggi di capanne dello Sri Lanka. La manifestazione di solidarietà che ne è seguita è stata altrettanto imponente, dando vita a una mobilitazione enorme di risorse, iniziative, uomini e mezzi, spaziando dalla generosità individuale all’impe- D 26 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 gno di fondazioni bancarie e multinazionali. Si mossero anche i poveri: ai paesi colpiti giunsero offerte dalle Caritas di paesi africani, dell’Europa dell’est, dell’America Latina. Realtà poverissime, che hanno però voluto partecipare a quel “dramma globale”. Dopo due anni, molte delle ferite inferte dallo tsunami si stanno rimarginando, anche se i problemi irrisolti restano numerosi. Caritas Italiana ha partecipato ai programmi di emergenza e riabilitazione, in coordinamento con il network Caritas Internationalis e supportando le Caritas locali in Indonesia, Sri Lanka, India, Tailandia, Myanmar e Somalia; progetti Caritas vengono realizzati anche alle Maldive, dove una Caritas locale non c’è. Dall’emergenza alla riabilitazione e allo sviluppo: la logica che ha guidato l’intervento è quella consolidata in decenni di risposte alle crisi umanitarie, ma l’impegno messo in campo dalla rete Caritas è stato forse il più grande nella storia della confederazione, grazie all’enorme partecipazione dei donatori. STEFAN TEPLAN oltre lo tsunami Il 26 dicembre ’04 uno tsunami portò lutti e distruzione in otto paesi affacciati sull’ oceano Indiano. L’emergenza è stata affrontata con efficacia, nonostante i problemi. Adesso bisogna guardare oltre L’impegno di Caritas Italiana nei paesi dello tsunami (in euro) FONDI RACCOLTI E ALLOCATI Indonesia Provincia di Aceh e isola di Nias: aiuti d’urgenza, riabilitazione socioeconomica, ricostruzione abitativa, capacity building per la Caritas locale Sri Lanka Provincia di Jaffna, distretto di Chilaw, distretto di Colombo: aiuti d’urgenza, riabilitazione socioeconomica, ricostruzione abitativa e comunitaria, animazione e educazione alla pace, aiuti d’urgenza alle vittime di guerra India Stati meridionali del Kerala e Tamil Nadu, arcipelago delle Andamane: aiuti d’urgenza, riabilitazione socio-economica, ricostruzione abitativa e comunitaria, capacity bulding e formazione Tailandia Diocesi di Surat Thani: aiuti d’urgenza, riabilitazione socioeconomica, ricostruzione strutture comunitarie, microcredito, capacity building della Caritas locale Myanmar Diocesi di Mandalay e Shan orientale: capacity building, educazione e infrastrutture scolastiche, sviluppo rurale e socioeconomico, sanità e prevenzione Aids Maldive Territorio nazionale: riabilitazione e sviluppo del settore sanitario Somalia e altri paesi Somalia: aiuti d’urgenza, riabilitazione socioeconomica, sanità Fondo Asia prevenzione disastri Spese di gestione di progetto TOTALE Caritas nelle comunità La fase degli aiuti d’urgenza è stata senza dubbio un successo: nonostante la devastazione subita, il numero di persone coinvolte, l’altissimo numero di vittime e il tipo di calamità, si è riusciti a evitare il tanto temuto diffondersi di epidemie e carenze nutritive. Il collasso del già debole sistema idrico-sanitario, sommato all’enorme numero di corpi senza vita, aveva fatto temere all’inizio che sarebbe mancata l’acqua potabile e si sarebbero diffuse malattie, ma grazie all’impegno di tutti (volontari, governi locali e stranieri, organizzazioni non governative e agenzie internazionali) milioni di sfollati sono stati accolti nei campi, ristorati, vestiti, curati sia fisicamente sia psicologicamente, cercando di rispettare le esigenze culturali e familiari di tutte le vittime. I primi due anni del dopo-tsunami sono stati dedicati alla riabilitazione e ricostruzione di quanto è andato distrutto dal maremoto. La rete Caritas ha concentrato i suoi interventi sulle comunità, intese in senso ampio. Interi villaggi di pescatori con decine di migliaia di abitazioni, decine di migliaia di barche e reti da pesca, piccoli negozi e botteghe, centri comunitari, campi coltivati: Caritas si è dedicata alle persone, alle famiglie, ai villaggi, alle parroc- FONDI SPESI O OPERATORI IMPEGNATI ESPATRIATI 5.480.000 2.254.734 2 8.070.000 7.786.430 4 8.480.000 7.473.972 2 3.480.000 1.292.882 1 1.500.000 764.392 - 3.230.000 1.319.613 1 250.000 87.098 500.000 500.000 863.500 502.161 31.853.500 21.981.282 - 10 chie, partendo dai loro bisogni primari, ovvero una casa dove abitare e i mezzi di produzione per riguadagnare l’indipendenza economica. La distanza dall’oceano Oggi la fase della riabilitazione delle attività produttive si avvia alla conclusione, in tutti i paesi colpiti. L’approfondita analisi dei bisogni ha fatto da guida alla distribuzione, gratuita, dei mezzi di produzione: barche, motori e reti da pesca, ma anche banchi e attrezzatura per il piccolo commercio, per il piccolo artigianato (macchine da cucire, utensili…), capi di animali, utensili per l’agricoltura e, in alcuni casi, piccoli capitali iniziali per riavviare le attività. Si è trattato di una fase delicata, da gestire nel rispetto degli equilibri sociali comunitari, in contesti già caratterizzati da povertà e tensioni interetniche. Ma nei suoi interventi il network Caritas ha potuto fare riferimento alla capillare conoscenza del territorio offerta dai suoi partner nelle chiese locali: un radicamento nelle comunità, che ha reso socialmente sostenibili gli interventi avviati. Le difficoltà però non mancano. La ricostruzione delle case ha presentato e presenta problemi peculiari, legati soprattutto alla proprietà della terra. Il gran numero di vitI TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 27 internazionale oltre lo tsunami time è stato dovuto anche al tradizionale stile di vita delle comunità di pescatori, basato su un’estrema vicinanza delle case al mare, in alcuni casi solo un paio di metri dalla battigia. I governi locali hanno così impedito la ricostruzione di insediamenti abitati all’interno di “zone cuscinetto” in prossimità delle coste. Tale decisione, pur comprensibile, ha posto agli operatori impegnati nella ricostruzione il complicato problema del reperimento di nuovi terreni di proprietà, su cui trasferire le famiglie sfollate, e del passaggio della proprietà in una forma tale da garantire il diritto futuro dei beneficiari. Anche in questo caso le Caritas locali, nazionali e diocesane, forti di relazioni preesistenti con le amministrazioni locali, hanno potuto individuare soluzioni adeguate. I programmi di ricostruzione delle abitazioni termineranno entro il primo semestre 2007; entro quella data la rete Caritas avrà ricostruito circa 31 mila case: abitazioni dignitose, in molti casi migliori di quelle distrutte dal maremoto. Programmi di gestione dei disastri Dopo due anni di interventi, l’aiuto post-tsunami deve fare i conti anche con i problemi e le sfide che caratterizza- no i paesi colpiti dall’onda sul piano politico-militare ed economico-sociale. Sicuramente la preoccupazione più grande riguarda il conflitto etnico in Sri Lanka: le parti contrapposte, il governo cingalese di Colombo e i ribelli indipendentisti noti come Tigri Tamil si sono ritrovati in una prima fase uniti dalle dimensioni della tragedia, che aveva colpito tutti senza differenze. Dopo venti anni di conflitto sanguinoso e senza soluzione, il comune dolore sembrava una ragione valida per mettere da parte i rancori e le contese e cercare insieme il dialogo per risollevarsi dalla tragedia. Purtroppo queste intenzioni sono venute meno dopo pochi mesi. Anche la posta degli aiuti umanitari ha spinto le parti ad alzare il livello dello scontro: il conflitto si è riacutizzato e ha raggiunto il suo massimo dopo l’elezione del nuovo presidente. Al dolore generato da questa nuova fase di scontri, con migliaia di morti da entrambe le parti, perlopiù civili, si aggiunge il rammarico, da parte della comunità internazionale, di non aver sfruttato le possibilità che questa tragedia poteva aprire nel processo di pace, come invece è successo in Indonesia nella regione di Aceh, dove si è giunti a un accordo tra i ribelli del Gam e il governo di Jakarta. Mentre in tutti i paesi colpiti il processo di ricostruzione procede più o meno speditamente, secondo i tempi stabiliti, in Sri Lanka le difficoltà e i danni causati dallo tsunami si sommano (come spiega l’altro articolo in queste pagine) a quelli causati dalla guerra civile, soprattutto nelle province nord-orientali. Qui, come e più che altrove, la rete Caritas cerca di realizzare un approccio integrato allo sviluppo. Il 2007 sarà dunque dedicato, oltre che alla conclusione dei programmi di ricostruzione, all’avvio dei programmi di sviluppo, orientati a migliorare in modo sostenibile le condizioni di vita delle popolazioni, con l’impegno anche a evitare il ripetersi di catastrofi di tali dimensioni, tramite programmi di prevenzione e gestione dei disastri naturali. L’obiettivo è innescare un processo virtuoso, che coniughi emergenza, riabilitazione e sviluppo. Aiuti d’emergenza Distribuzione generi alimentari, tende, generi di prima necessità Assistenza ai bambini (generi di prima necessità e materiale scolastico) Assistenza sanitaria Abitazioni Alloggi temporanei Case permanenti Accesso all’acqua e miglioramento delle condizioni igieniche 611.500 beneficiari 71.446 bambini beneficiati 703.084 beneficiari 11.500 18.735 realizzate e 12.061 in costruzione 2.286 progetti realizzati (156.700 beneficiari) e 1.300 interventi pianificati Infrastrutture Edifici ricostruiti 660 (1.942 ricostruzioni pianificate) Strutture per bambini 44 Supporto finanziario alle attività scolastiche 14 scuole Strade 71 chilometri riabilitati e 65 chilometri pianificati Riattivazione del tessuto socioeconomico Barche consegnate 3.371 Barche riparate 3.050 Motori consegnati 2.776 Reti e attrezzature per la pesca consegnati 39.829 Gruppi di auto-aiuto e risparmio formati 2.011 Progetti agricoli 402 famiglie beneficiarie Formazione professionale 15.000 tra giovani e famiglie avviati e sostegno alle piccole imprese ad attività generatrici di reddito La guerra sopravvissuta all’onda, lo Sri Lanka è un’isola rassegnata Governo cingalese e ribelli Tamil sono tornati a fronteggiarsi sanguinosamente. Le famiglie sfollate sono 55 mila. Ma la Caritas scommette sulla pace I risultati raggiunti dalla rete Caritas Internationalis nei paesi dello tsunami STUDIARE IL DOMANI Nasreen e Saisun, 14 enni, in una scuola finanziata da Caritas in Indonesia Supporto psico-sociale e sostegno alle comunità locali Ricostruzione del tessuto socio-comunitario 31.626 leader comunitari formati Attività a favore di individui vulnerabili (bambini, anziani, disabili) 55.000 beneficiari Attività di assistenza psicologica alle vittime 26.168 beneficiari Formazione igienico-nutrizionale 725 beneficiari di Giovanna Federici a vent’anni lo Sri Lanka è teatro di un aspro conflitto tra le truppe ribelli delle Tigri Tamil, che reclamano la sovranità dei territori settentrionali e orientali, abitate in maggioranza da membri dell’etnia tamil, e il governo srilankese, costituito principalmente da membri dell’etnia maggioritaria cingalese, che intende mantenere l’intera isola sotto il proprio controllo. Lo tsunami del dicembre 2004 era apparso come una possibilità d’incontro e dialogo tra le parti in lotta, ma ciò è avvenuto solo in parte. Negli ultimi mesi l’escalation di violenza ha coinvolto con varia intensità tutto il paese. Episodi isolati si sono alternati a vere e proprie battaglie, con impiego di artiglieria aerea e navale: una D 28 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 lunga lista di eventi drammatici, che Italia Caritas ha documentato ai suoi inizi, nel numero di giugno, e che recentemente ha finito per includere l’uccisione di 17 operatori umanitari di un’ong francese. Anche Caritas era stata colpita da vicino: due operatori di Caritas Jaffna hanno perso la vita, il 10 aprile, su una mina destinata a un mezzo dell’esercito. Percezione minima La guerra ha già provocato più di 60 mila vittime e pone un considerevole freno allo sviluppo sociale ed economico del paese. Come spesso accade, è la gente comune che paga in maniera più acuta le sofferenze causate dalla guerra: molti sono costretti a fuggire e ad abbandona- re casa, lavoro e affetti. L’emergenza umanitaria che ne deriva è di notevole proporzioni: secondo Unhcr il numero dei rifugiati causati dalla recente escalation si stima in 55 mila famiglie. Caritas Sri Lanka sostiene le vittime con programmi di assistenza e riabilitazione. Il network Caritas Internationalis, oltre a contribuire ad affrontare l’emergenza, è da anni promotore di un processo di educazione alla pace, che intende contribuire a una risoluzione definitiva della controversia. Anche Caritas Italiana ha ampliato il proprio intervento nell’isola, supportando due programmi (pace e sostegno alle vittime della guerra) di Caritas Sri Lanka. A giugno quest’ultima ha ospitato il Caritas peace forum, incontro di numerose Caritas naziona- li, provenienti da tutto il mondo, riunitesi per parlare di “costruzione della pace”, con un occhio di riguardo proprio al conflitto nell’ex Ceylon. Gli srilankesi sono testimoni della guerra ormai da più di vent’anni e nel paese la percezione del conflitto in atto è minima. La gente è abituata a convivere con la guerra, il pessimismo nei confronti dei governanti è comune e la stanchezza di parlare di quello che accade è diffusa. I soldati che muoiono sulle mine e i bombardamenti non turbano più di tanto, se non in casi clamorosi. Nessuno crede in una soluzione efficace e le periodiche negoziazioni per cercare di raggiungere un accordo sono accolte da scherno e rassegnazione. Ai quali il lavoro delle Caritas, e di tanti altri, cerca di non arrendersi. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 29 internazionale internazionale testimonianza casa comune Suor Leonella Sgorbati è stata uccisa a settembre a Mogadiscio. È caduta, in un paese sfibrato dalla violenza, tra l’orfanotrofio e l’ospedale: il recinto di una vita a servizio degli ultimi. Ce ne parlano le sue consorelle CONTINENTE VECCHIO, FINALMENTE L’UNIONE CI PENSA di Gianni Borsa inviato agenzia Sir a Bruxelles loro contesti nazionali al cambiamento demografico”. Si suggerisce fra l’altro di: “aiutare i lavoratori a equilibrare la vita professionale, familiare e privata in modo che i potenziali genitori possano avere il numero di figli che desiderano”; “migliorare le opportunità di impiego per i lavoratori anziani”; “aumentare la produttività e la competitività potenziale, valorizzando il contributo Dalla sfida all’opportnità”), che ha codei lavoratori anziani e di quelli giostituito la base per i lavori del primo vani”; “sfruttare l’impatto positivo L’Europa manifesta Forum biennale europeo sulla demodell’immigrazione sul mercato del tendenze demografiche grafia del 30 e 31 ottobre a Bruxelles. lavoro”; “garantire finanze pubblipreoccupanti. Il primo «In futuro dovremo considerare che sostenibili, per assicurare la proForum biennale ogni politica tenendo presente la ditezione sociale a lungo termine”. in materia ha indicato mensione demografica. Sul mercato Spunti in parte interessanti e conagli stati membri Ue del lavoro, a livello di assistenza sanidivisibili, in altri casi molto meno oricinque ambiti d’azione. taria e sistemi pensionistici le trasforginali. È d’altro canto positiva l’attenA cominciare dai “tempi mazioni saranno evidenti, ma anche i zione focalizzata sui “tempi della fadella famiglia”, miglia” e sulla necessità di aiutare le sistemi di istruzione, l’urbanistica, le per incoraggare strutture abitative e le infrastrutture coppie a procreare. L’aumento del le coppie a procreare dovranno fare i conti con la sfida deltasso di natalità è essenziale per assil’invecchiamento della popolazione». curare un futuro ai popoli di un conVladimir Špidla, commissario responsabile di occupazio- tinente ormai sempre più vecchio. E positiva è anche l’anne e affari sociali, ha inaugurato con queste parole il Fo- notazione secondo cui la centralità della famiglia dovrebrum a Bruxelles davanti a 400 rappresentanti degli stati be essere “una costante in tutte le politiche”, le iniziative, membri ed esperti di tutta Europa. Špidla ha osservato che le normative, i bilanci, sia nazionali che comunitari. «il Forum offre l’opportunità di uno scambio delle miglioOccorre peraltro osservare che il passaggio dalle parori pratiche e di un dibattito su soluzioni a lungo termine». le ai fatti, soprattutto in campi delicati come questo, non è automatico. Una frase di Špidla, pronunciata illustrando Triplicano gli ultraottantenni il documento Ue, fa emergere qualche interrogativo. «Le Tra i dati presentati dall’esecutivo di Bruxelles, è emerso politiche pubbliche vanno adattate al nuovo contesto deche “la percentuale dei cittadini europei ultraottantenni mografico – ha spiegato il commissario –. Per esempio, dovrebbe quasi triplicare entro il 2050, quando le perso- sulle donne di età compresa fra i 30 e i 45 anni grava semne nella fascia di età compresa tra i 60 e i 79 anni costi- pre più un triplice onere: avere figli, fare carriera e prentuiranno un quarto del totale dei cittadini Ue”. Nello dersi cura dei genitori che invecchiano». Ma è giusto che stesso documento-base si enucleano “cinque nuovi am- figli e genitori anziani siano da considerare un “onere” per biti d’azione concreta per aiutare gli stati ad adeguare i la donna e, più in genere, per la famiglia e la società? Europa invecchia, non è una novità. Ma finalmente anche nelle sedi comunitarie si fa largo la volontà di porre sotto i riflettori la questione demografica. Gli anziani sono una risorsa; ma senza bambini e giovani non c’è domani. Da qualche tempo, dunque, si discute del problema ai massimi livelli; dopo il “Libro verde” del 2005 e varie iniziative ad hoc svoltesi nei mesi scorsi, la Commissione Barroso ha varato la comunicazione “The demographic future of Europe – From challenge to opportunity” (“Il futuro demografico dell’Europa – L’ 30 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 «NOI, “DONNE DI DIO” NELLA CLAUSURA SOMALA» servizi e foto di Davide Bernocchi uor Marzia Feurra è in Somalia da 39 anni, suor Annalisa Costardi da 29. Sono due delle quattro consorelle della comunità delle Missionarie della Consolata di Mogadiscio, con cui suor Leonella Sgorbati ha condiviso gli ultimi anni di una vita dedicata, in Africa, al servizio appassionato del prossimo. Lo scorso 17 settembre, giorno dell’omicidio di suor Leonella, le suore hanno dovuto lasciare precipitosamente Mogadiscio, per seguire la salma della consorella a Nairobi, dove sono stati celebrati i funerali. Da allora suor RITRATTO SOMALO Marzia e suor Annalisa sono in Suor Leonella, Kenya, così come suor Gianna Irene a sinistra, in piedi con suor Annalisa. Peano, con in cuore la grande spe- Sedute suor Maria ranza di poter tornare al più presto a Bernarda, suor e suor Mogadiscio, per servire la loro gente. Marzia Gianna Irene, con Speranza condivisa anche da suor mons. Giorgio Bertin S Maria Bernarda Roncacci, quarta religiosa della comunità, in procinto di tornare dall’Italia. A quando risale la presenza delle Missionarie della Consolata in Somalia? Suor Annalisa. Le prime sorelle sono arrivate in Somalia all’inizio del 1925; all’epoca il paese era una colonia italiana. La responsabilità della chiesa in Somalia era affidata ai padri della Consolata, poi sostituiti dai frati Minori francescani. Seguendo l’esempio dei padri Trinitari, fondatori nel 1904 della missione in Somalia, le nostre suore hanno scelto di orientare la maggior parte delle proprie opere a favore della popolazione locale: nel corso degli anni, nel sud della Somalia sono sorte missioni con scuole, dispensari, orfanotrofi. In Somalia le suore della Consolata hanno raggiunto le 100 presenze, anche se solo per un giorno, tra l’arrivo di una consorella e la partenza di un’altra. Nel I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 31 internazionale testimonianza 1960 il paese ha ottenuto l’indipendenza e le suore, con tutta la chiesa, hanno potuto continuare la propria opera indisturbate; anzi, con la partenza di tanti italiani, la nostra vocazione al servizio del popolo somalo si è maggiormente chiarita. Le suore erano circa 60 nel 1972, quando Siad Barre decretò la nazionalizzazione della maggior parte delle opere della chiesa. Il nostro impegno in scuole e ospedali ha comunque potuto continuare con una quarantina di consorelle fino al 1991, quando la caduta del regime di Barre ha aperto la strada a una totale anarchia. È stato l’inizio del calvario della Somalia. Cosa accadde alle suore nel 1991? Suor Marzia. Come tutti gli stranieri, anche le nostre suore hanno dovuto abbandonare il paese. Io e due consorelle eravamo parte del gruppo di italiani che per ultimi hanno lasciato Mogadiscio, il 16 gennaio, dopo che una folla aveva saccheggiato e incendiato la cattedrale, come molti altri edifici pubblici. Convinte che le cose si sarebbero sistemate nel giro di poche settimane, siamo andate a Mombasa, ad aiutare i profughi somali che fuggivano in Kenya in gran numero. Ma la situazione politica si faceva sempre più complicata e le condizioni in cui versava la popolazione erano sempre più drammatiche; all’inizio di marzo, ci accordammo con l’organizzazione austriaca Sos Kinderdorf per tornare a Mogadiscio. Sos era presente in città dal 1985, con un orfanotrofio e un servizio maternità; nel 1991 si decise di impiantare un servizio pediatrico di emergenza, fino a oggi l’unico servizio sanitario operante nella capitale a titolo gratuito. Suor Leonella arrivò a Mogadiscio nel 2001, dopo più di trent’anni in Kenya. Si aggiunse a me e a suor Annalisa, più tardi arrivò suor Gianna Irene: eravamo tutte infermiere di formazione. Con noi c’era suor Maria, maestra, il cui lavoro è sempre stato con i bambini orfani del villaggio Sos. Negli ultimi anni la Somalia è sempre stata estremamente pericolosa. Com era la vostra vita? Suor Marzia. La potremmo definire claustrale, a parte i periodi di riposo in Kenya o in Italia. Pur tra le mille occupazioni e preoccupazioni quotidiane, è sempre stata confinata al villaggio-orfanotrofio e all’ospedale Sos. Per passare da un recinto all’altro si deve attraversare la strada, scortate da guardie armate, cosa normale nel contesto somalo. È proprio attraversando quella strada che suor Leonella è stata chiamata alla testimonianza dell’amore supremo per il popolo somalo. Dopo il 1991, comunque, siamo state costrette altre 32 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 volte ad abbandonare la Somalia. La prima nel 1993, durante un’operazione internazionale che tentava di riportare ordine nel paese, a seguito di alcuni scontri armati particolarmente sanguinosi. La seconda nel 1998, quando io fui vittima di un rapimento a scopo di lucro, che si risolse poi con la mia liberazione, grazie alla mobilitazione delle donne somale della città. Allora rimanemmo “in esilio” per circa nove mesi. Tutte noi siamo sempre state consapevoli dei rischi. D’altronde, una serie di morti violente (prima il vescovo monsignor Salvatore Colombo, poi padre Pietro Turati, Graziella Fumagalli e Annalena Tonelli, per limitarci alle persone più vicine) ha rappresentato un ammonimento chiarissimo. Più di una volta, di fronte a gravi difficoltà, abbiamo valutato l’ipotesi di partire. In quelle ore abbiamo pregato, chiedendo a Dio di mostrarci la Sua volontà. E con emozione, al termine di quei momenti di discernimento, abbiamo sempre constatato che ciascuna di noi aveva ricevuto da Lui la medesima risposta: «Rimani!». Siamo rimaste: per lenire le immense sofferenze della gente di Mogadiscio, consapevoli della responsabilità di testimoniare l’Amore che il Signore ci aveva affidato. Come è nata l’idea di fondare all’interno di Sos la scuola per infermieri, che ha portato suor Leonella in Somalia? Suor Annalisa. Il bisogno di formare il personale somalo era evidente da anni, perché gli infermieri qualificati che si ritiravano per motivi di età non potevano essere sostituiti. Data la sua grande esperienza di infermiera e formatrice, Sos ha chiesto l’aiuto di suor Leonella, che in quei mesi terminava il suo mandato di superiora regionale in Kenya. Suor Leonella ha accettato, pur conscia delle enormi difficoltà dell’impresa, dovute sia all’anarchia imperante nel paese che alla specificità del contesto culturale somalo, diverso dall’Africa che lei aveva conosciuto. Dopo una lunga fase preparatoria, il progetto della scuola ha visto la luce nel 2002. Siccome suor Leonella non faceva mai le cose a metà, ha voluto che la scuola diventasse il riferimento per la formazione professionale nel centro-sud della Somalia, il che si è avverato quando l’Oms ha dato il proprio riconoscimento al diploma della scuola Sos. Prima di chiamarla a sé, il Signore ha concesso a suor Leonella la gioia di vedere il primo gruppo dei propri studenti diplomarsi; erano una trentina alla cerimonia della consegna dei diplomi, il 17 agosto, un mese prima della sua morte. Com’erano il rapporto di suor Leonella con i suoi studenti? E le vostre relazioni con i somali? INSEGNARE E IMPARARE IN UNA GIUNGLA DI VIOLENZA A destra, suor Maria Bernarda e i bambini del Villaggio Sos di Mogadiscio. Sotto, suor Leonella e i suoi studenti alla scuola per infermieri che dirigeva Suor Marzia. Suor Leonella amava molto i suoi studenti e le lacrime che loro hanno versato al momento della sua morte testimoniano l’affetto che nutrivano per lei. A parte alcune eccezioni, il popolo somalo conosce le suore e le rispetta profondamente, come “donne di Dio”. In particolare, è entrata nell’immaginario dei somali l’idea della presenza delle suore negli ospedali. La gente di Mogadiscio ci considera parte di loro, perché parliamo la loro lingua, perché durante gli anni degli scontri, della fame, dei bombardamenti e delle ingiustizie eravamo lì, a piangere e sperare con loro. Tra le innumerevoli attestazioni di amore e rispetto ricevute in questi anni, mi viene in mente una frase toccante dettami da un somalo: «Finché ci meritiamo le suore, significa che Dio non ci ha dimenticati». Nonostante la differenza di religione, i somali musulmani hanno sempre riconosciuto in noi la volontà sincera di amare Dio e il prossimo. E questo ci uniti a loro, che hanno un profondissimo senso religioso. Che idea vi siete fatte sull’omicidio? Suor Marzia. È senza dubbio un gesto che va letto all’interno del contesto violento della Somalia e in un certo spirito di chiusura nei confronti dell’altro, che anni di isolamento e di mancanza di istruzione hanno rafforzato, soprattutto in alcuni giovani. Ma, d’altra parte, siamo convinte che questo sentimento riguardi una parte minoritaria del popolo somalo e diversi elementi ci dicono che il gesto è maturato in un ambiente estremamente ristretto, con scarsi contatti con il resto della popolazione. Non va dimenticato che suor Leonella era a Mogadiscio con l’autorizzazione delle Corti islamiche, che da giugno controllano la città, e che i vertici di questo movimento si sono immediatamente interessati alla vicenda, identificando chi ha compiuto l’omicidio e promettendo giustizia. L’enorme folla radunatasi nei pressi del centro Sos a piangere la sua morte e il lungo corteo che l’ha scortata fino all’aeroporto non lasciano dubbi sui sentimenti della maggior parte della popolazione. Quali sono le vostre prospettive per il futuro? Suor Annalisa. Abbiamo la volontà di rientrare e di riprendere la nostra missione, non appena ciò sarà possibile. In questo momento, però, la tensione politica in Somalia è talmente alta che l’evacuazione degli stranieri dal centro-sud del paese non riguarda solo noi, ma tutto il personale delle Nazioni Unite e delle ong. È comunque in corso un dialogo tra Sos Kinderdorf e le autorità di Mogadiscio per verificare se esistano le condizioni per tornare al normale livello di attività. «Perdono, perdono, perdono»: sono le ultime parole di suor Leonella. Assumono un significato particolare, nel contesto della Somalia? Suor Marzia. È un messaggio di amore, con cui suor Leonella ha indicato ai somali la via per uscire dalla giungla tenebrosa di violenza e sopraffazione in cui il popolo vaga da anni. Solo la conversione del cuore, l’amore e il perdono possono guarire le profonde ferite della Somalia. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 33 internazionale internazionale crisi africane Trattare o no con gli islamisti? Il paese rischia la guerra civile Signori della guerra sconfitti a metà 2006. Corti islamiche sempre più forti. Istituzioni provvisorie divise e confinate a Baidoa. E gli aiuti dall’Etiopia... N 34 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 zione adeguata, acqua potabile, sanità, istruzione. L’estrema impopolarità dei signori della guerra, unita alla percezione che la loro alleanza filo-americana fosse contro l’islam, hanno garantito alle Corti islamiche il sostegno popolare che, insieme alla capacità organizzativa e militare mostrata dagli islamisti, ha sortito l’effetto di annientare il potere dei signori della guerra, cacciandoli dalla capitale. Intimorito dal potere acquisito dagli islamisti, a giugno il governo di Baidoa ha ricevuto aiuti militari dalla vicina Etiopia, che non pare intenzionata a permettere che il processo di pace intersomalo conduca a un’inclusione degli islamisti nelle istituzioni politiche. Il presidente etiope, verso fine novembre, ha dichiarato che le sue truppe erano pronte ad affrontare le Corti. Dispensario Caritas In questi mesi, insomma, la tensione non ha fatto che crescere, sia tra Mogadiscio e Baidoa, sia all’interno delle stesse istituzioni, dove all’ala oltranzista si oppone una parte che, spalleggiata dalla maggioranza della comunità internazionale, vede nella mediazione con gli islamisti l’unica possibilità per evitare una guerra civile, che potrebbe coinvolgere altri paesi del Corno d’Africa. In questo quadro alla fine di maggio, grazie anche al sostegno di Caritas Italiana, Caritas Somalia ha aperto a Baidoa un dispensario medico: l’unica struttura che offra visite e medicinali gratuiti in un distretto di 160 mila abitanti, tra i più poveri della Somalia. Il dispensario, dove operano due giovani infermieri formati da suor Leonella, finora ha servito circa 3 mila pazienti al mese, molti dei quali bambini sotto i 5 anni. Nonostante la situazione estremamente tesa, la struttura continua a operare; Caritas Somalia sta anche studiando un progetto contro la malnutrizione infantile, nella speranza di poterlo presto realizzare. EMILIANO BOS el 2004, dopo un lunghissimo periodo di anarchia, gli sforzi della comunità internazionale hanno portato alla formazione di istituzioni federali di transizione per la Somalia. Create in Kenya, esse si sono successivamente trasferite all’interno della Somalia, trovando nella città di Baidoa una sede di compromesso in grado di ospitare parlamento, governo e presidente delle repubblica, in attesa che si creassero le condizioni per insediare le istituzioni nella capitale Mogadiscio. Quando, a febbraio, Baidoa ha accolto le istituzioni, la preSEMPRE IN ARMI Guerrigliero somalo. senza di un gran numero di “siIl paese da 15 anni gnori della guerra”, soprattutto è vittima a Mogadiscio, era percepita codell’instabilità me il problema principale da risolvere, per riportare legalità in Somalia. La questione era complicata dal fatto che la maggior parte di questi personaggi facevano parte di governo e parlamento, poiché le istituzioni di transizione non avevano potuto formarsi se non come luogo di compromesso in cui erano rappresentate tutte le fazioni che esercitavano un potere nel territorio. Durante i primi mesi del 2006, la maggioranza dei signori della guerra di Mogadiscio si è riunita in una “Alleanza contro il terrorismo”, ispirata e appoggiata dagli Usa, che ha attaccato a più riprese le forze fedeli alle Corti islamiche, istituzioni create nel corso degli anni da gruppi di ispirazione islamista, che si sono assunte il compito di amministrare la giustizia secondo i precetti dell’islam, in un paese completamente privo di sistema giudiziario. Fatta eccezione per ciò che riescono a provvedere le poche ong che operano nel centro-sud della Somalia, sono proprio i gruppi islamisti somali a fornire risposte pratiche, anche se parziali, a un popolo che non è in grado di soddisfare i bisogni di base: alimenta- guerre alla finestra MATURITÀ NELL’URNA, IL CONGO SAPRÀ VOLTARE PAGINA? di Maurizio Marmo anno vissuto sulla propria pelle uno tra i conflitti più sanguinosi e trascurati dell’ultimo decennio. Ma hanno dato prova di volere voltar pagina. Il 29 ottobre i congolesi sono tornati alle urne (dopo il primo turno, presidenziale e parlamentare, di fine luglio) per eleggere al ballottaggio il presidente della repubblica. Ha vinto Joseph Kabila, negli ultimi anni presidente ad interim, che ha sopravanzato il rivale Jean-Pierre Bemba, leader di una delle fazioni che dal 1998 al 2003 hanno combattuto contro il governo. Il lungo e faticoso processo di le potrebbe essere decisiva. Le Nazioni Unite, presenti nel paese africano con 18 mila caschi blu, e i governi di Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Belgio e Sudafrica sembra siano uniti nel volere il ritorno alla normalità, dopo essere stati per anni divisi nell’appoggiare le diverse parti in conflitto. Inoltre la popolazione congolese, stanca degli enormi patimenti subiti, ha dimostrato di essere compatta nel transizione ha raggiunto il suo primo volere l’unità del paese e la fine di e fondamentale obiettivo: la scelta ogni violenza. L’opera di sensibilizzaKabila presidente, del primo presidente legittimo della zione condotta in vista delle elezioni, lo sconfitto Bemba Repubblica democratica del Congo. I che ha avuto nella chiesa cattolica protesta: ma dovrebbe congolesi hanno deciso, vogliono la una delle principali promotrici, ha essere la volta buona, pace e hanno affidato a Kabila (figlio contribuito a rendere ogni persona per la conclusione e successore di Laurent-Desirée, ucpiù consapevole dei propri diritti. della lunga transizione ciso a Kinshasa nel gennaio 2001, doIl nuovo presidente dovrà impepolitica. Restano po essere stato portato al potere nel gnarsi molto, perché il Congo ha proproblemi enormi: 1997 dal movimento ribelle sostenublemi enormi. Gli sfollati sono ancora fondamentale un milione, le attività sanitarie e scoto da Ruanda e Uganda, che in pochi è sostenere l’opera mesi aveva fatto cadere il regime lastiche devono essere riavviate in di chiese e società civile trentennale di Mobutu) il compito molte zone, e così la produzione agrodella ricostruzione. pastorale. La smobilitazione dei comNel momento in cui scriviamo non si sa ancora se Bem- battenti non si è ancora completata e nell’est, in particolaba accetterà il responso delle urne, contestato il 16 novem- re nelle regioni del Kivu e dell’Ituri, vi sono ancora milizie bre con l’accusa di parzialità indirizzata alla Commissione che perpetrano attacchi contro la popolazione civile. elettorale indipendente. La tentazione di fomentare la vioDeterminante, però, sarà soprattutto la costituzione di lenza può essere molto forte, perché durante la guerra si un governo che, oltre a essere stabile, faccia i reali interesriescono a fare affari d’oro, nel vero senso della parola: il si della popolazione. Durante il periodo di transizione lo Congo è uno dei più grandi produttori del metallo prezio- sfruttamento illegale delle ricchezze minerarie è contiso (ma anche di diamanti, coltan, rame, stagno, cobalto, nuato, anche se forse in misura inferiore rispetto al periopetrolio, legname…). Il 20 agosto, dopo la proclamazione do di guerra. La corruzione, molto diffusa, può avere gradei risultati del primo turno, vi furono gravi scontri nella ca- vi conseguenze, si pensi alle paghe dei militari che spesso pitale fra la guardia presidenziale e le milizie di Bemba, che non giungono a destinazione, alimentando l’insicurezza. causarono la morte di un centinaio di persone. Sarà dunque fondamentale continuare a sostenere la società civile e le chiese, nel loro lavoro di coscientizzazioSfollati e combattenti ne della popolazione e di pressione nei confronti delle La forte pressione esercitata dalla comunità internaziona- nuove autorità governative e amministrative. H I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 35 internazionale forum sociale mondiale Dopo Porto Alegre, e un passaggio in India, i soggetti che si battono per una globalizzazione equa fanno tappa a Nairobi. È una grande occasione per esprimere il punto di vista di un continente ignorato. Ma non mancano i timori DAL BRASILE AL KENYA A sinistra, manifestanti al recente vertice sui cambiamenti climatici a Nairobi. Sotto, corteo al Forum di Porto Alegre IL FORUM SBARCA IN AFRICA, SARÀ PARTECIPAZIONE VERA? di Maria Chiara Cremona er la prima volta in Africa. Dal 20 al 25 gennaio del 2007. Con l’intenzione di guardare i problemi che attanagliano buona parte del mondo da una prospettiva particolare. Troppe volte ignorata, considerata senza speranza e senza voce. Il Forum sociale mondiale approda per la prima volta in Africa, in una delle sue metropoli più avanzate e contradditorie, Nairobi. La capitale del Kenya si sta preparando all’evento. Come intende rappresentare le istanze di un intero continente? Tante sono le aspettative che l’Africa ripone nel Forum: a Nairobi sono attese circa 80 mila persone, il più grosso incontro internazionale mai svoltosi in città, e il desiderio è che il Forum, pur mantenendo un respiro mondiale, venga “africanizzato”, ovvero che rappresenti un’opportunità perché al centro della scena internazionale venga posta l’Africa. Alcune novità nell’organizzazione dell’evento sembrano corrispondere a questa istanza. diverse spiritualità; liberare il mondo dalla dominazioAnzitutto sta emergendo forte il desiderio di dare risalto ne del capitale multinazionale e finanziario; assicurare alle azioni alternative, a partire dal tema scelto (People un accesso universale e sostenibile al bene comune delstruggles, people alternatives, ovvero “Lotte della gente, al- l’umanità e della natura; democratizzare la conoscenza ternative della gente”). E poi è da sottolineare il metodo e l’informazione; assicurare dignità, difendere le diverpartecipato con cui sono state decise e impostate le gran- sità, garantire eguaglianza di genere ed eliminare tutte di aree tematiche in cui si articoleranno i lavori del Forum. le forme di discriminazione; garantire diritto al cibo, alI lavori seguiranno alcuni orientamenti ben definiti, la cura medica, all’educazione e a un lavoro decente; che sono espressi da altrettanti verbi all’infinito, a metà costruire un ordine del mondo basato sulla sovranità, tra l’auspicio, l’esortazione e la consegna: costruire un l'autodeterminazione e i diritti dei popoli; costruire mondo di pace, di giustizia, di eticità e di rispetto per le un’economia sostenibile e centrata sulle persone; co- P 36 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 struire strutture politiche veramente democratiche e istituzioni con partecipazione delle persone alle decisioni e al controllo degli affari pubblici e delle risorse. Queste tematiche faranno da guida ai lavori della manifestazione: i gruppi, le organizzazioni e le singole persone si confronteranno all’interno dei gruppi, per provare a pianificare azioni e campagne che faranno da guida alle attività dei movimenti sociali fino al prossimo Forum mondiale. Questo approccio attivo è una novità per il Forum, che è sempre stato visto come luogo di confronto ma non di azione, per cercare di rendere più incisiva la sua proposta nelle diverse parti del mondo e far sentire i movimenti sociali meno soli. Inoltre l’Africa Social Forum proporrà sessioni plenarie aperte a tutti i partecipanti su temi di interesse mondiale, ma considerate a partire da una prospettiva africana, invitando a parlare personalità del continente. Piattaforma ecumenica Il Forum, insomma, chiederà un coinvolgimento profondo a tutti i partecipanti: gruppi, organizzazioni, movimenti, network che vorranno condividere esperienze e riflessioni. Proprio a questo proposito crescono le aspettative di una significativa partecipazione africana, ma anche le preoccupazioni. In positivo, dall’Africa i partecipanti al Forum avranno molto da imparare: si tratta di un continente che ha tanto da dire, in termini di valori e mentalità alternative, che possono essere utili alla costruzione di un mondo diverso. Dall’Africa ci si aspetta inoltre una grande partecipazione giovanile e un ampio spazio dato alla cultura: teatro, musica, danza, mezzi di comunicazione e altre forme espressive, molto importanti nel contesto africano. I timori si concentrano invece sulla consapevolezza dell’importanza del Forum da parte dei keniani e in particolare degli abitanti di Nairobi: il rischio è che la manifestazione, che si svolgerà nello stadio di Kasarani, alla periferia della città, si celebri senza che Nairobi stessa se ne accorga, o che venga scambiato per una delle tante conferenze internazionali che la città frequentemente ospita, senza che venga colta la novità e la diversità che porta con sé. Il timore, in altre parole, è che la società civile keniana, e più in generale africana, non sia pronta per fare suo un evento come il Forum sociale mondiale. L’appuntamento di fine gennaio sarà dunque anche l’occasione per misurare la partecipazione reale dell’Africa ai movimenti sociali mondiali. Sarà importante verificare se il Forum, ad onta dell’aggettivo “mondiale” che lo qualifica, si rivelerà ancora una volta centrato sulla sensibilità, le dinamiche e le proposte provenienti dall’occidente del mondo. Sarebbe un peccato constatare, soprattutto quando si parla di alternative, che l’Africa continua a rimanere relegata sullo sfondo. Anche tra gli organismi africani, comunque, non mancano segnali incoraggianti, nel cammino di avvicinamento al Forum. Organizzazioni non governative e chiese hanno dialogato, negli ultimi mesi, per presentare insieme al Forum temi ed esperienze importanti. E nel campo delle chiese si è creata una piattaforma ecumenica come spazio di confronto e coordinamento in preparazione al Forum, a cui partecipano chiesa cattolica e chiese protestanti. La chiesa cattolica si è poi organizzata non solo per preparare attività e proposte per il Forum, ma anche per sensibilizzare i keniani, prima dell’inizio dell’evento, a partire da alcune questioni centrali per le società e le chiese in Africa: nomadi e migrazioni, baraccopoli, Aids, debito internazionale, pace e riconciliazione. E qualcuno sta maturando l’idea in I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 37 internazionale internazionale contrappunto forum sociale mondiale base alla quale non soltanto i keniani devono andare al Forum, ma anche il Forum deve uscire da se stesso e incontrare la realtà di Nairobi, in particolare quella delle sue periferie degradate. Guidate dalla rete delle parroc- chie cattoliche, si stanno organizzando visite negli slum di Nairobi, e persino iniziative culturali e anche seminari in diversi luoghi periferici della città. Sarà il modo migliore per evitare il rischio dell’autoreferenzialità. Ascolto, confronto, proposta: presenza Caritas più convinta di Maurizio Marmo l Forum sociale mondiale arriva per la prima volta Al Forum di Nairobi Caritas Italiana intende portare in Africa. Dopo i diversi incontri tenuti a Porto Aleuna testimonianza sul proprio operato in ambito intergre (Brasile) dal gennaio 2001 e la tappa di Mumbay nazionale, dando voce ai partner locali, in particolare (India) del 2004, il variegato panorama delle orgaafricani, e aprendo una finestra sulle esperienze delle nizzazioni che cercano alternative all'attuale ordiCaritas diocesane italiane. ne sociale ed economico mondiale si è dato appuntamento a Nairobi, dal 20 al 25 gennaio 2007 (come gli anGuardare con occhi nuovi ni precedenti in concomitanza con il forum economico di Fra i temi proposti, insieme a Caritas Europa, ci sono il Davos, in Svizzera, al quale partecipano esponenti dei gorapporto fra migrazioni e sviluppo, la lotta al traffico degli verni, della finanza e dell’economia liberista). esseri umani, la pace e riconciliazione, la gestione delle riTra i vari organismi che hanno promosso il Fsm vi è la sorse minerarie, la mobilitazione della società civile nel Conferenza episcopale brasiliana. Andialogo politico. Grazie alla presenza di che Caritas Internationalis ha aderito due operatori a Nairobi, Caritas ItaliaDelegazione italiana alle ultime edizioni e nel corso degli na sostiene il lavoro preparatorio di con trenta esponenti anni molte Caritas nazionali hanno Caritas Amecea e della chiesa del delle realtà diocesane. Kenya, con cui collaborerà ai seminari visto questa occasione di incontro coCon la rete me importante momento per lanciare sulla lotta all’Aids e sulla cancellazione il proprio messaggio di solidarietà e internazionale Caritas del debito estero dei paesi poveri. cambiamento. Caritas Italiana parteLa realizzazione del Forum sociale saranno sviluppati ciperà per la seconda volta al Fsm con mondiale a Nairobi è un’occasione numerosi temi, dalle molto importante per parlare del conuna delegazione formata da una trentina di rappresentanti delle Caritas tinente e per porre l’attenzione sui gramigrazioni all’Aids diocesane, coinvolte nell'ambito dei vi problemi che vivono gli africani. Ma percorsi di educazione alla mondialità promossi in Italia. è anche un’opportunità per guardare, con occhi nuovi, la La presenza al Forum è un’occasione per testimoniare realtà dei paesi africani, molto diversi tra loro, confrontanla carità come dimensione essenziale dell'essere chiesa in dosi con culture, storie, abilità e tradizioni ricchissime. rapporto al mondo. Il Forum è infatti un luogo privilegiaSarà interessante ascoltare il punto di vista africano sulto di ascolto dei poveri, ma anche spazio di confronto con l’attuale sistema economico mondiale e sentire dai diretti organizzazioni della società civile, ong, associazioni e moprotagonisti come riescano a inventarsi quotidianamente vimenti di base, esponenti delle differenti religioni. un lavoro o un modo per sopravvivere. Sarà un allenaLa partecipazione al Forum è coordinata da Caritas Inmento per vincere gli stereotipi e superare le semplificaternationalis, attraverso Caritas Amecea (la Caritas dell'Azioni che spesso accompagnano l'approccio all'Africa. L’ultimo giorno del Forum rappresenterà una novità frica orientale) e avviene dunque nell’ambito di una rete rispetto al passato: l’obiettivo è definire un Piano d’azione consolidata. Sarà un’opportunità di confronto con altre per il 2007 e 2008, con proposte d’impegno concrete. Un reti di persone e organizzazioni, grazie al dialogo e al ricoaltro mondo è possibile, ripartendo dall’Africa. noscimento delle reciproche differenze. I 38 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 IL NOBEL SBAGLIATO AL CREDITO DEMOCRATICO di Alberto Bobbio arebbe una ricchezza per ogni paese del mondo. Sarebbe una palestra di partecipazione democratica. Sarebbe un modo per schiantare l’unica vera globalizzazione oggi pienamente riuscita, quella dei capitali, il mercato più invisibile e pericoloso. Invece è un sogno e rischia di restare tale, nonostante il premio Nobel per la pace attribuito a Mohammad Yunus, economista-filosofo, teorico del diritto democratico al credito, l’uomo che ha dimostrato che i poveri fanno un uso dei soldi infinitamente più sapiente di quello dei ricchi. Cosa sarebbe il mondo se le banche fossero possedute dai soci veri, dai cittadini, banchieri pro tempore che destinano soldi a tenere altri: non proprio quello che accade nella grande finanza. Non ci può essere, in altre parole, alcuno sviluppo senza un ruolo attivo dei poveri. È la formula della cooperazione, dell’economia di reciprocità che può cambiare le cose e, forse, centrare quegli Obiettivi del millennio, rispetto ai quali oggi la mira è completamente sballata. Il Nobel al microcredito può avere valore pedagogico, se innesca una logica nuova nell’elaborazione di una cultura imprenditoriale insieme le idee su mestieri e profese finanziaria diversa. E, soprattutto, se Il premio per la pace sioni? Sarebbe la vera rivoluzione. Ma costringe a riflettere sull’attuale geoa Mohammed Yunus, a Yunus hanno dato il premio Nobel politica della finanza, che oggi offre pioniere della per la pace, importante ed evocativo, enormi possibilità solo agli speculatomicrofinanza, e si sono ben guardati dal dargli quelri, siano essi singoli o paesi interi. è evocativo. Ma avrebbe lo per l’economia. Non sarebbe politiBasta un esempio per capire. Ogni meritato quello camente corretto sostenere la tesi che anno sui mercati telematici finanziari all’economia, andato il denaro non serve per produrre decircolano quasi 500 mila miliardi di a un teorico della dollari. La ricchezza prodotta in un annaro, ma servizi, beni e posti di lavoro. neutralità del mercato. no dal mondo intero, il cosiddetto Pil Il denaro serve del pianeta, è di circa 60 mila miliardi Il ruolo attivo dei poveri per produrre denaro? di dollari. Significa che c’è un’econoYunus è un simbolo. Il Nobel va attrimia di carta che vale cinquanta volte buito al microcredito e alla filiera di gente che ci ha creduto. A cominciare da Paolo VI e dal- più di quella reale, genera ricchezze enormi, in gran parte l’enciclica Populorum progressio; anzi, bisognerebbe an- esenti da tasse, con un trucco: arricchisce pochi e rovina dare ancora più indietro nel tempo, alle banche di credito molti. E potrebbe rompersi da un momento all’altro. Nescooperativo, alle casse rurali, ai preti cocciuti che tenevano suno ci bada. Tanto i ricchi un sistema per raddrizzare le coinsieme le società operaie di mutuo soccorso nell’Italia di se lo trovano sempre. fine Ottocento. Insomma a tutti quelli che pensano che tra A Edmund Phelps, d’altronde, è stato assegnato il Nofinanza ed economia c’è una relazione, ma essa deve tener bel 2006 per l’economia. Lui è il guardiano dell’ortodossia conto della sociologia, dell’antropologia, dell’educazione, delle bolle monetarie e della neutralità del mercato, semdell’azione politica e pastorale. pre e comunque innocente rispetto ai guasti che produce. Il microcredito suggerisce che i poveri possono essere È il Nobel che spettava a Mohammad Yunus, l’uomo che la soluzione del loro problema. Il 97% dei poveri che, nel ha posto in discussione il ruolo della finanza nell’economondo, sono entrati in programmi di microfinanza han- mia globale. E ha avviato, insieme a tanta altre gente scono restituito denaro e interessi, permettendo alle banche nosciuta, a tutte le latitudini del mondo, un movimento dal di innescare il circolo virtuoso dei profitti a disposizione di sapore fortemente politico. S I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 39 agenda territori parrocchia e mondialità MILANO Più di mille richiedenti asilo, l’accoglienza comincia in aeroporto Con i 1.018 richiedenti asilo registrati dal 1° gennaio al 31 ottobre 2006 (saranno 1.200 entro fine anno, dato triplicato rispetto agli anni precedenti), l’aeroporto di Malpensa (nella foto) si colloca ormai al secondo posto tra le “frontiere d’asilo” del nostro paese, superato soltanto da Lampedusa. Il dato è contenuto in un volume (“Dall’accoglienza all’integrazione. Rifugiati a Varese”) pubblicato dalla cooperativa Le querce di Mamre, Consorzio Farsi Prossimo e Caritas Ambrosiana. Il fenomeno del forte aumento degli arrivi a Malpensa si riversa successivamente sulle strutture sociali e ricettive del territorio. L’emergenza è stata gestita grazie alla “cabina di regia” attivata dalla prefettura di Varese (che coinvolge anche la questura) e all’impegno di orientamento, accoglienza e inserimento sociale profuso dai soggetti connessi a Caritas. Esso incomincia all’aeroporto, grazie allo “Sportello rifugiati” gestito da Caritas e Cir, e prosegue nel territorio, grazie a una fitta rete di centri di accoglienza, comunità per nuclei famigliari e reti di appartamenti individuali, seguiti anche dalle comunità parrocchiali. I soggetti Caritas gestiscono in totale circa 100 posti di accoglienza nel territorio di Varese (più altri a Milano) e per il 2007 hanno offerto alla prefettura la possibilità di gestire 70 nuovi posti di pronta accoglienza. aperto da marzo, dietro al Duomo di Vicenza, ogni venerdì sera dalle 22.30 alle 4 di mattina. “Notturno Giovani” è un’iniziativa di Caritas Vicenza (con il sostegno del comune) raggiungibile anche via mail o via chat. È gestito da giovani volontari preparati, che nei primi mesi di apertura hanno incontrato ragazzi e ragazze, soli o in piccoli gruppi, in cerca di qualcuno che potesse veramente mettersi sulla loro lunghezza d’onda. L’iniziativa fa parte di “Progetto Dialogo - prossimità e cura delle relazioni: la persona come risorsa”, promosso dalla Caritas vicentina in collaborazione con gli uffici diocesani per la famiglia, per i giovani e per la scuola: per preparare altre persone disponibili al volontariato in questo ambito, la Caritas vicentina sta avviando un nuovo corso di formazione. SENIGALLIA TREVISO Adozioni a vicinanza: in molti aiutano i parenti dei detenuti La Caritas Tarvisina ha raccolto oltre 180 adesioni alla proposta delle “adozioni a vicinanza”. L’iniziativa, di cui è stato fatto un primo bilancio a due anni dall’avvio, riguarda il mondo del carcere e ha l’obiettivo di creare reti di solidarietà per aiutare famiglie e ragazzi che si trovano a vivere situazioni di disagio, a causa dell’incarcerazione di un congiunto. Singoli, gruppi e famiglie hanno sottoscritto le “adozioni”, che consentono di aiutare, secondo criteri educativi di medio-lungo periodo, circa 50 nuclei familiari con minori, coinvolgendo servizi pubblici, Caritas parrocchiali 40 I TA L I A C A R I TA S | e associazioni di volontariato. Gli interventi non si limitano all’aiuto economico e consentono di coprire diversi bisogni, dall’alimentazione alla salute all’inserimento sociale. VICENZA “Notturno Giovani”, spazio d’ascolto e per “decomprimersi” Essere ascoltati da altri giovani. Poter parlare quando si ha sete di relazioni autentiche. Poter raccontare la propria solitudine, le incertezze, le fragilità. O, semplicemente, “decomprimersi” dopo la birreria o la discoteca. A tutte queste esigenze cerca di rispondere “Notturno Giovani”, lo spazio di contatto e di ascolto DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 Nuovo ambulatorio per gli ospiti di casa “Palazzolo” La casa della solidarietà “Don Luigi Palazzolo” si arricchisce di un nuovo, importante servizio. Un ambulatorio che fornisce prestazioni infermieristiche e consulenza medica si va ad aggiungere alle molteplici iniziative che si svolgono nella struttura di accoglienza gestita dalla Caritas diocesana di Senigallia. La casa offre accoglienza e risposte ai bisogni di diversi soggetti,dai senza dimora agli immigrati, dai minori alle persone segnate da disagio mentale. Il nuovo ambulatorio completerà i servizi già forniti dal centro d’ascolto, dal centro di prima accoglienza (che fornisce pasto, pernottamento, doccia e guardaroba), dal servizio di raccolta di indumenti e mobili usati. di Annamaria Gregorio Alife-Caiazzo, grandi orizzonti per una piccola Caritas: all’inizio fu il terremoto, ora è tempo di commercio equo La storia della Caritas diocesana di Alife-Caiazzo ebbe inizio nel 1980. A causa del sisma in Irpinia, il vescovo dell’epoca decise di istituire in diocesi l’organismo, per dare un aiuto concreto alle persone terremotate della Campania. Fu una catastrofe, insomma, a far comprendere la natura della Caritas e la sua necessità vitale per una chiesa che doveva uscire dal torpore, per servire le persone allo sbando dopo la tragedia. In seguito la nuova Caritas cominciò a spostare lo sguardo anche su altre questioni, compresi i problemi di carattere internazionale. Pur operando in un’area di soli 63 mila abitanti, sparsi in un territorio dell’entroterra casertano COMMERCIO ALTERNATIVO La Caritas di Alife-Caiazzo ha dato vita a “Pinteme di 540 chilometri quadrati, prevalentemente agricolo, jonte”, associazione che promuove l’equosolidale circondato dai monti, suddiviso in 24 comuni per 44 micro-parrocchie dalle 300 alle 5 mila anime, la diocesi di Alife-Caiazzo ha sempre risposto alle emergenze nazionali e internazionali con generosità. Fino agli anni Novanta furono effettuate numerose raccolte, per contribuire a fronteggiare diverse emergenze; molte microrealizzazioni furono promosse, insieme alle adozioni a distanza, soprattutto in Bosnia. Una gara di solidarietà si è sviluppata anche nel 2005, quando tutta la comunità diocesana (non solo parrocchie, ma anche scuole, privati, associazioni e volontari) ha partecipato ai progetti di Caritas Italiana in favore delle popolazioni del sud-est asiatico colpite dal maremoto. Rocce congiunte Ma la proiezione internazionale non si è limitata alle emergenze. Piccole comunità parrocchiali hanno infatti avviato rapporti diretti di condivisione con altre parti del mondo: Eritrea, Burundi, Kenia, Madagascar e Camerun (alcune microrealizzazioni sono state realizzate tramite Caritas Italiana). La diocesi, tramite l’ufficio missionario, ha attivato un gemellaggio con Bukavu (Congo), sostenendo le missioni dei padri Saveriani e delle suore di Santa Gemma. Da tempo, inoltre, si collabora con l’Aifo - Associazione amici dei lebbrosi di Raoul Follereau, inviando medicinali e aiuti umanitari. Ma soprattutto la Caritas ha promosso l’associazione diocesana Pinteme Jonte - Rocce congiunte, per la diffusione e la divulgazione nel territorio del commercio equo e solidale: il suo obiettivo, oltre alla vendita di prodotti appartenenti al circuito del commercio equo, ha come impegno la promozione di altri temi importanti (finanza etica, diritti umani, turismo solidale, sviluppo sostenibile). La spinta iniziale dell’emergenza, l’idea dell’altro lontano da noi e la neo-cultura del consumo critico hanno contribuito, lentamente, a un cambiamento di mentalità. Che risponde anche al mutamento dei tempi: in paesini agricoli o con piccoli centri, dove l’agorà è ancora il punto di ritrovo delle persone, l’immigrazione non passa inosservata. Migranti marocchini, algerini e tunisini lavorano come ambulanti, gli indiani sono dediti agli allevamenti di bufale, dall’est europeo arrivano le “badanti”. Anche i numerosi istituti scolastici, a vari livelli, cominciano a vivere come normale la presenza di altre nazionalità tra i propri alunni. La Caritas, in questo quadro, diventa interlocutore imprescindibile anche per le istituzioni, favorendo l’incontro tra le culture, promuovendo il rispetto delle identità, portando, attraverso la costante presenza e le proprie attività, l’annuncio e la testimonianza di un Dio d’amore che vuole che tutti gli uomini siano salvi. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 41 agenda territori sto in campagna a cura dell’Ufficio comunicazione Ancora trecentomila casi all’anno, una Giornata per battere la lebbra Il problema Si celebrerà il 28 gennaio la 54a Giornata mondiale dei malati di lebbra. Sono ancora 300 mila i nuovi casi di lebbra, pari a 820 al giorno, che ogni anno si manifestano nel mondo. E attualmente sono circa 10 milioni le persone che hanno la vita segnata dalla malattia, benché dal morbo di Hansen si possa guarire. Dunque il problema è tuttaltro che debellato o ridotto ai minimi termini. La Giornata verrà animata, in Italia, da Aifo (Associazione italiana amici di Raoul Follereau nella foto). La campagna internazionale contro la diffusione della lebbra si prefigge di offrire informazioni sulla curabilità della malattia, togliendole l’alone di paura che ancora l’accompagna e che causa l’emarginazione dei malati; favorire la riabilitazione delle persone guarite, in modo che possano reinserirsi attivamente nella società; sensibilizzare l’opinione pubblica circa l’importanza delle donazioni, al fine di poter offrire cure tempestive che evitino danni irreversibili; informare la società civile nei confronti dei problemi relativi allo sviluppo socio-sanitario dei paesi a basso reddito. L’iniziativa In Italia la Giornata gode dell’alto patronato della presidenza della repubblica; anche il papa ha pronunciato negli scorsi anni, in occasione della Giornata mondiale, parole di solidarietà e di sostegno nei confronti dei malati di lebbra di tutto il mondo, esprimendo l’auspicio che la malattia sia definitivamente sconfitta. Quest’anno in Italia la manifestazione gode anche del patrocinio del Segretariato sociale Rai; si spera che ciò incoraggi i mezzi di informazione a dare rilievo alla Giornata e alla questione. Aifo opera dal 1961: in 45 anni ha curato più di un milione di persone, grazie ai 110 milioni di euro complessivamente donati dai cittadini italiani. In occasione della Giornata mondiale, il 28 gennaio più di duemila volontari Aifo distribuiranno nelle piazze italiane il “Miele della solidarietà”, in vasetti provenienti dai circuiti del commercio equosolidale, in collaborazione con Agesci e Commercio alternativo. La 54a Giornata mondiale dei malati di lebbra sarà in particolare dedicata al Brasile: volontari Aifo attivi nel paese sudamericano terranno in tutta Italia incontri di sensibilizzazione e informazione su lebbra, sanità di base e sviluppo socio-sanitario in Brasile. Info www.aifo.it 42 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 TERNI “Arte in carcere”: il progetto è diventato mostra È stata inaugurata martedì 31 ottobre, a palazzo Primavera di Terni, alla presenza del ministro della giustizia, Clemente Mastella, la mostra “Forme e colori del silenzio: arte in carcere”. Per una dozzina di giorni sono state esposte oltre cento opere, realizzate dai detenuti di diversi istituti penitenziari italiani. Il progetto “Arte in carcere”, gestito dal Cesvol (Centro servizi per il volontariato) della provincia di Terni, è stato promosso alcuni anni fa all’interno dell’istituto di pena di Terni dalla Caritas diocesana di Terni-Narni-Amelia e dall’associazione San Martino; vi partecipano anche altre associazioni. I detenuti, insieme a una volontaria, si cimentano in produzioni artistiche su tela: da questa esperienza è nata l’idea della mostra, che raccoglie le opere di detenuti ristretti nelle carceri di Cuneo, Piazza Armerina, Poggio Reale, Ragusa, Rimini, Spoleto, Sulmona, Taranto, Terni, Viterbo. TARANTO Centro diurno e “avvocati di strada”, vicini a chi è fragile È stato inaugurato agli inizi di novembre il nuovo centro diurno della Caritas diocesana di Taranto, ubicato nel centro polivalente “Giovanni Paolo II”, nel rione Tamburi. Finanziato grazie ai fondi dell’otto per mille, il nuovo centro completa una serie di servizi, di cui fanno parte un centro di accoglienza notturna per senza dimora e un centro per rifugiati politici. Il centro diurno sarà però aperto a una pluralità di soggetti: non solo homeless e stranieri, ma anche giovani, adulti disoccupati e anziani del territorio, per i quali verranno elaborati progetti individualizzati. E altre idee non mancano: la “Banca delle risorse umane”, laboratori artigianali, iniziative di mediazione nelle famiglie e riconciliazione familiare; assistenza nella ricerca di casa e lavoro. A metà ottobre la Caritas diocesana ha presentato la nuova associazione “Avvocati di strada”, in collaborazione con l’Ordine degli avvocati della provincia: hanno aderito 15 legali, che forniranno un servizio a soggetti poveri e deboli inviati dalla Caritas. LAMEZIA TERME Un osservatorio per “Alzare la testa” contro il crimine Un osservatorio permanente. Per “Alzare la testa” contro la criminalità. L’escalation criminale che negli ultimi mesi ha colpito la città di Lamezia Terme ha suggerito alla comunità “Progetto Sud” e ad altre associazioni locali di dare vita a un “osservatorio permanente” sulla città calabrese. L’esordio è coinciso con un’operazione di solidarietà a favore dei Godino – la famiglia di imprenditori lametini che ha perso casa e attività commerciale, a causa di un incendio presumibilmente appiccato dal racket delle estorsioni – attraverso l’apertura di un conto corrente bancario intestato alla Caritas diocesana di Lamezia Terme, che aderisce all’osservatorio. Un piccolo, ma tangibile segno di condivisione e di ribellione alle logiche criminali che gravano sulla Calabria. sto in campagna a cura dell’Ufficio comunicazione Il cotone non sempre è pulito, tessiamo un futuro più giusto Il problema Il cotone sulla pelle. Degli altri. Una maglietta, una tovaglia, un paio di jeans: oggetti d’uso quotidiano, tessuti di cotone, ma anche di lino o altre fibre coltivate, lavorate, vendute, acquistate…. Ma come funziona il mondo dei tessili? Spesso in modo non pulito. Il caso del cotone è emblematico: si tratta del prodotto ecologicamente e socialmente più “sporco” al mondo. Perché per produrlo si utilizzano pesticidi e sementi ogm, la manodopera viene sfruttata e i diritti umani dei lavoratori calpestati (soprattutto nelle fabbriche del sud del mondo), le filiere e i mercati liberalizzati causano quotazioni mondiali instabili. L’elenco di ingiustizie e squilibri è nutritissimo e interessa tutti i livelli della filiera produttiva e di commercializzazione. La proposta Come combattere queste storture, che si intrecciano ai fili delle nostre magliette? “Tessere il futuro” è la campagna 2006-2007, promossa dal consorzio Ctm altromercato, per riprendere il filo dei diritti nella produzione tessile. Essa parte dalla denuncia di un mercato globale ingiusto e dannoso per l’ambiente e giunge alla proposta di una nuova filiera tessile, equa e solidale al 100%, che muove da un paese dove l’economia globale ha fatto sentire le sue contraddizioni: l’Argentina. La campagna offrire materiali informativi e di sensibilizzazione (dossier, brochure, manifesto) per evidenziare i problemi attuali e indicare che solo regole condivise, improntate a principi di equità e solidarietà, rendono possibile un’economia che tuteli l’ambiente e i diritti di chi coltiva, produce, acquista. Ctm altromercato ha inoltre avviato una partnership con alcuni gruppi di produttori in Argentina per creare la prima filiera tessile equa e solidale. Il progetto è concepito come un laboratorio di economia alternativa, che garantisce trasparenza, tracciabilità a ogni passaggio, nel rispetto dei diritti dei lavoratori e dell’ambiente. Proprio alla situazione argentina e ai meccanismi perversi che hanno provocato, negli anni scorsi, il suo collasso economico e sociale, è dedicato lo spettacolo Gente come uno della compagnia Alma Rosé, che anche grazie alla campagna “Tessere il futuro” sta girando da ottobre i teatri di diverse città italiane. Infine la campagna offre consigli per regolarsi negli acquisti e su cosa fare dei vecchi indumenti. Info www.tessereilfuturo.org I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 43 villaggio globale a tu per tu INTERNET CONCORSO Esclusione sociale, la Commissione riassunta in un sito Tradurre l’enciclica in testi e video, proposta ai giovani di Caritas Trento RADIO-TV Forum terzo settore: lettera ai dirigenti Rai per chiedere dialogo “La discussione sul nuovo Contratto di servizio Rai, nonostante le buone intenzioni annunciate a più riprese da amministratori e dirigenti dell’azienda, non sembra schiudersi al confronto. Chiediamo una consultazione sulla tv del futuro”. I portavoce del Forum del terzo settore, Maria Guidotti e Vilma Mazzocco, hanno scritto una lettera 44 I TA L I A C A R I TA S | Il medico in famiglia veste i panni di don Di Liegro: «Un cristiano pratico, andava all’essenza delle cose» Un’idea originale. Per “tradurre” nel linguaggio dei giovani niente meno che Deus Caritas est, la prima enciclica di Benedetto XVI (nella foto, il papa mentre firma il testo). Alla scoperta della carità è un concorso, al quale si può partecipare inviando materiali fino al 31 marzo 2007, che la Caritas diocesana di Trento ha promosso rivolgendosi a gruppi di adolescenti e giovani tra i 16 e i 25 anni. L’obiettivo è far cogliere ai giovani la necessità di uscire da una visione individualistica della carità e della solidarietà, perché divenga patrimonio della comunità. Anche per questo si richiede la partecipazione di gruppi, sollecitati a produrre un testo letterario o un video, che commenti, interpreti e attualizzi uno dei quattro brani dell’enciclica scelti dagli organizzatori. INFO www.arcidiocesi.trento.it/caritas aperta sui temi della comunicazione radiotelevisiva. “La comunicazione sociale della Rai è parte costitutiva e qualificante del servizio pubblico radiotelevisivo e multimediale”, afferma il testo. In questa linea, il Forum chiede “che la discussione sul nuovo Contratto di servizio rappresenti una sorta di consultazione collettiva sulla tv del futuro, sulla tv dei cittadini; che vengano rafforzati i tavoli di confronto con la società civile organizzata; che vengano riconosciuti spazi autonomi di palinsesto nei quali sia possibile raccontare la società italiana in tutti i suoi aspetti; che venga rafforzato il Segretariato sociale Rai”. TELEVISIONE “Racconti di vita”: Costituzione negata in venti puntate Torna su Rai Tre Racconti di vita. E questa volta si dà un compito impegnativo: raccontare la “Costituzione DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 negata”. Il programma di Giovanni Anversa (nella foto) è di nuovo in onda dal 5 novembre: in venti puntate (ogni domenica alle 12.40) si occuperà di traiettorie esistenziali vissute fra disagi e speranze per difendere un diritto. Ogni puntata sarà dedicata a un articolo della Carta costituzionale, che sarà messo a confronto con altrettante storie di cittadini comuni: al diritto sancito si contrappone spesso un’esistenza difficile, dove per quel diritto c’è poco spazio. In ogni puntata è prevista la partecipazione in studio di un ministro, un parlamentare o un personaggio dell’associazionismo e della cultura. «Non è una vetrina per i politici – assicura Anversa –. Non chiederemo loro di prendere un impegno davanti alle telecamere: nel recente passato abbiamo avuto troppi cattivi esempi. Ci interessa il dialogo, il confronto con i problemi veri delle persone comuni». [redattore sociale] MARIA MARIN È on line il sito internet della Commissione di indagine sull’esclusione sociale (Cies), strumento istituito con una legge del 2000, ma che prosegue l’opera delle commissioni di indagine sulle povertà (le prime guidate da Ermanno Gorrieri) che hanno operato in Italia dalla metà degli anni Ottanta. La Cies oggi ha il compito di effettuare, anche in collegamento con analoghe iniziative europee, studi e rilevazioni sui fenomeni di povertà ed esclusione nel nostro paese, nonché proposte per rimuoverne le cause. La Commissione, della quale fa parte anche un membro di Caritas Italiana, predispone per il governo, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sulla base della quale l’esecutivo riferisce al parlamento. Il nuovo sito, molto lineare, è ricco di informazioni sulla storia delle commissioni, e soprattutto di documenti sull’esclusione sociale nel nostro paese. INFO www.commissionepoverta-cies.it di Danilo Angelelli “Il film è liberamente ispirato alla vita di don Luigi Di Liegro”. Appunto. Chi ha avuto l’opportunità di conoscere l’indimenticato primo direttore di Caritas Roma, e presto si troverà a riconoscere in tv qualcosa di molto simile alla sua vita, dovrà considerare che quando si ama una persona è difficile accettare modifiche o forzature alla sua storia. Ma il racconto popolare ha le sue regole: dunque nessuna sorpresa davanti a episodi che, secondo gli sceneggiatori, risultano essere “più funzionali alla narrazione”. Quello che deve restare è lo sforzo, che l’adattamento televisivo compie, di ricostruire un messaggio di speranza, un invito alla solidarietà. E se ci si ferma anche solo all’impegno di ricerca profuso dall’interprete, nessuno si sentirà tradito. Il prete degli ultimi sta per arrivare in due prime serate su Canale 5, con il titolo “L’uomo della carità”. E avrà l’espressione meravigliata di Giulio Scarpati, quasi 30 anni di teatro, cinema e tv. “Medico in famiglia” compreso. Scarpati, cosa ha amato della figura di don Luigi Di Liegro? Il suo essere un cristiano pratico, con un’attenzione a 360 gradi per chiunque. Interpretarlo è stata una bellissima sfida: alle difficoltà che ci sono quando si affronta un nuovo personaggio, si è aggiunta la responsabilità di far rivivere in tv la forza di una figura per la quale tutte le persone che ho intervistato avevano una grande ammirazione. Il suo carisma, il modo con cui trascinava le persone sono state il comune denominatore delle testimonianze raccolte alla Caritas, a Villa Glori, all’ostello di via Marsala. Quando si portano in tv figure del genere si corre il rischio di farne un santino. Pericolo scampato per “L’uomo della carità”? NON UN SANTINO Tre scene del film per la tv Il regista Alessandro Di Robilant è stato molto bravo a evitare la facile commozione. “L’uomo della carità”, Da parte mia ho cercato di non esaltare nessun aspetto pietistico, ma anzi di tenere in cui Giulio Scarpati fede alla forza del personaggio senza lasciare che le emozioni fossero “aiutate” interpreta don Luigi Di Liegro e che andrà dalle parole né dalle immagini. L’umanità, quando c’è, è forte di per sé. Non ci andava in onda in due serate di fare versioni “masticate” per aiutare la digestione del pubblico. Che è migliore su Canale 5 in inverno delle cose che gli si offrono. Un altro rischio era fare di Di Liegro un uomo di parte, a causa dei suoi richiami alla comunità politica. Invece dietro c’era una vocazione… Credo che la politica tenda sempre ad appropriarsi delle cose belle e a dare la colpa ad altri delle inadempienze. Di Liegro ha bastonato chiunque si comportasse in maniera non giusta e non ha guardato in faccia a nessuno. Con la sua religiosità vissuta molto nel sociale, ha sempre messo il politico di fronte alle cose da fare. Quali scene del film restituiscono meglio il senso del messaggio cristiano? Una è quando Di Liegro scopre la condizione disumana in cui vivevano decine di persone ospiti di un istituto: c’è tutta la rabbia per la situazione e tutto l’amore per chi subisce soprusi e ingiustizie. E poi la scena in cui porta i cornetti caldi ai senza dimora che dormono lungo il Tevere, il suo dare dignità ad ognuno, chiamandoli per nome. Cosa vorrebbe che restasse di questo film? Può sembrare retorico, però vorrei che “L’uomo della carità” rappresentasse un invito a non smettere di lottare per quello in cui si crede, per quello che si ritiene giusto. E un monito ad andare più all’essenza delle cose. I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 45 villaggio globale pagine altre pagine EDITORIA “Punto famiglia”: nuovo bimestrale, laboratorio di idee Ha visto la luce Punto Famiglia, rivista che mette al centro i temi legati all’universo familiare. Il primo numero del periodico (cadenza bimestrale) è stato distribuito a novembre. La rivista non avrà un tono accademico: anche quando parlerà di questioni di ampio respiro lo farà raccontando storie ed entrando nel quotidiano. INFO [email protected] SEGNALAZIONI Potenti a cena, non autosufficienti e coppie flessibili Francesco Antonioli, La cena dei potenti. Quando Jahvè, Dio e Allah s’incontrarono (Piemme, 2006, pagine 127). Ambientato a Chartres, racconta una misteriosa convocazione e uno strano incontro. Alla base c’è l’idea che le religioni monoteistiche possano convivere, senza tradire le identità. Cristiano Gori (a cura di), La riforma dell’assistenza ai non autosufficienti. Ipotesi e proposte (Il Mulino, 2006, pagine 496). Sempre più persone non autosufficienti in Italia, ma la risposta delle politiche pubbliche è inadeguata. Il volume propone un progetto di riforma elaborato dagli autori. Luca Salmieri, Coppie flessibili. Progetti e vita quotidiana dei lavoratori atipici (Il Mulino, 2006, pagine 272). Le trasformazioni economiche e sociali modificano percorsi di realizzazione professionale, vite di coppia, esperienze genitoriali. Difficile assumere responsabilità, quando l’ordine temporale è limitato al breve periodo e le risorse economiche sono esigue. 46 I TA L I A C A R I TA S | DICEMBRE 2006 / GENNAIO 2007 di Francesco Dragonetti Tempo di letture e preghiere: i ragazzi si preparano al Natale, nazismo e islam per gli adulti “Un buon libro è un compagno che ci fa passare momenti felici” (Giacomo Leopardi). Evidentemente non la pensano così gli italiani, che leggono molto poco, come confermato da recenti statistiche, che ci relegano al terz’ultimo posto in Europa. Ma con l’approssimarsi del Natale, le librerie sfoggiano molte novità. E allora qualche suggerimento, per giovani e per adulti. In tema di letture spirituali, ai ragazzi suggeriamo Ho scommesso su di te! D’amore si muore, di speranza si vive. Meditazioni per il tempo di Avvento, di Domenico Segalini: brevi riflessioni per ogni giorno dell’Avvento, un libro per riflettere e pregare, per chi sceglie di lasciarsi scomodare il cuore (Editrice Ave, pagine 112). I miei occhi han visto la tua salvezza è invece un sussidio di accompagnamento della preghiera personale quotidiana, per ragazzi da 6 a 11 anni, con la possibilità di colorare, ritagliare, scrivere… per rendere più attivo il cammino verso Natale (Editrice Ave, pagine 48). Vieni, Signore! è infine un sussidio di preghiera per giovani e giovanissimi: un libro che provoca al silenzio, che fa spazio alla Parola da meditare, custodire, far diventare vita. Segue le settimane dell’anno liturgico ed è suddiviso in sezioni (Editrice Ave, pagine 80). Sul versante storico-spirituale, agli adulti consigliamo Un vescovo contro Hitler. Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, di Stefania Falasca (San Paolo edizioni). Clemens August von Galen, da poco proclamato beato, è una figura simbolo della resistenza tedesca a Hitler: sfidò a viso aperto le violazioni dei diritti, i crimini e la barbarie del nazismo. Nelle sue famose prediche, che gli valsero l’appellativo di “Leone di Münster”, denunciò con forza il progetto per l’eliminazione delle “vite senza valore”. Il libro presenta per la prima volta l’epistolario tra il vescovo e Pio XII: una corrispondenza inedita, che rivela il comune intento contro la follia nazista. L’islam che non fa paura, di Michele Zanzucchi (San Paolo edizioni) è un volume di grande attualità, che analizza la realtà di un “altro” islam, impropriamente definito “moderato”, costituito da correnti e tendenze spirituali, intrise di tolleranza e misericordia, caratterizzate da un forte impegno sociale e civile. L’opera si presenta come un vero e proprio reportage dal mondo islamico: affronta e analizza le questioni più calde, i personaggi pìù coraggiosi, la cultura più antica, la spiritualità e la tradizione. Caritas Italiana cambia sede, nel segno della comunione di Ferruccio Ferrante foto Francesco Carloni oordinarsi per una sempre più incisiva azione di annuncio, testimonianza e servizio. È questo il significato del nuovo complesso della Cei (foto sopra), inaugurato a Roma, in via Aurelia 796, lunedì 20 novembre. Nell’edificio, che si trova accanto alla sede della tv Sat 2000 e dell’Istituto per il sostentamento del clero, troveranno posto Caritas italiana (l’organismo pastorale per l’animazione alla carità) e le fondazioni Migrantes (per l’assistenza religiosa, la promozione dell’accoglienza, la comprensione e la valorizzazione delle identità dei migranti italiani e stranieri) e Missio (che raccoglie e dà unità agli organismi ecclesiali per la missione). Alla cerimonia erano presenti il cardinale Camillo Ruini e monsignor Giuseppe Betori, presidente e segretario Cei, i collaboratori ecclesiastici e laici degli organismi interessati, il sindaco di Roma, Walter Veltroni, il presidente della regione Lazio, Piero Marrazzo (foto a fianco, durante il taglio del nastro), e i vescovi delle commissioni episcopali cui la Caritas e le due fondazioni fanno capo (la commissione per il servizio della carità e la salute, presieduta dall’ausiliare di Messina, Francesco Montenegro; la commissione per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese, che ha C come presidente l’arcivescovo di Trento, Luigi Bressan; la commissione per le migrazioni, presieduta dal vescovo ausiliare di Bergamo, Lino Bortolo Belotti). Nuovi spazi con uffici, sale per incontri, spazi abitativi, un asilo-nido, parcheggi per i dipendenti e un parcheggio per 480 automobili a disposizione della città: queste le caratteristiche del nuovo edificio. Nei prossimi mesi sarà ultimata anche un’aula magna in grado di ospitare 300 persone. Così, all’inizio del 2007 Caritas Italiana lascerà il palazzo vaticano di viale Ferdinando Baldelli, che all’epoca della fondazione (1971) le era stato concesso in uso gratuito, dopo la cessazione, nel 1968, della Poa (Pontificia opera di assistenza). Per il nuovo organismo, papa Paolo VI indicò 35 anni fa mete pastorali e pedagogiche, invitando ad andare oltre le logiche assistenziali. Prospettive ribadite da Giovanni Paolo II e recentemente anche da Benedetto XVI, che Caritas Italiana ha cercato di irradiare, proprio dalla sede di viale Baldelli, in tutte le diocesi italiane. Per tutti ora, con il cambio di sede e la coabitazione con altri organismi, si profila un nuovo impegno: si tratterà di continuare a comunicare e testimoniare il Vangelo, operando sempre più in sinergia con gli altri settori della chiesa italiana. NUOVO RECAPITO DI CARITAS ITALIANA DAL 2 GENNAIO: VIA AURELIA 796, 00165 ROMA Entrare nell’Alleanza è abbandonarsi con fiducia a una nuova vita, che è già nascosta nel più profondo di noi, che si presenta e che – se le diamo la terra, l’acqua e il sole – rinascerà con nuova forza. E verrà il tempo del raccolto. DOMENICO GHIRLANDAIO, NATIVITÀ. FIRENZE, SANTA TRINITÀ Jean Vanier, La comunità. Luogo del perdono e della festa Italia Caritas augura ai suoi lettori di lasciarsi rinnovare da un’Alleanza che chiede accoglienza. E genera speranza. I lettori, utilizzando il c.c.p. allegato e specificandolo nella causale, possono contribuire ai costi di realizzazione, stampa e spedizione di Italia Caritas, come pure a progetti e interventi di solidarietà, con offerte da far pervenire a: Caritas Italiana - c.c.p. 347013 - viale F. Baldelli, 41 - 00146 Roma - www.caritasitaliana.it
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