Tasse: un dovere al diritto - Camera di Commercio Italiana per la

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Tasse: un dovere al diritto - Camera di Commercio Italiana per la
la
Rivista
Anno 103 - n. 2 - Febbraio 2012
Tasse:
un dovere
al diritto
In mostra a Zurigo
C’est la vie.
Foto giornalistiche dal 1940
Intervista con Leo Zanier
Quanti Ulisse ci saranno
e ci sono stati nel mondo?
Editoriale
S
di Giangi Cretti
Non faccio distinzioni: utilizzo il termine tasse nel suo generico uso corrente di imposizione
fiscale. Lo faccio pur avendo superficiale scienza, ed evidentemente poca coscienza, che
da un punto di vista formale, per eredità dal diritto romano, tasse ed imposte (generalmente legate al reddito) equivalenti non sono. Non fosse, però, che entrambe, accomunate dal fatto di essere tributi, presuppongono un esborso di denaro da parte del cittadino.
Dovrebbero essere per tutti un dovere, dal quale far discendere la possibilità di godere di
servizi adeguati corrisposti dallo stato. Che, in modo assai gravoso per quanto riguarda il
nostro Paese, con le tasse, genericamente intese, oltre a realizzare opere e fornire servizi,
deve ripianare un debito pubblico monumentale (poco meno di 2000 miliardi di euro) e
gli interessi che da esso derivano. Ragionevolmente questo stato di cose comporta un
costante incremento delle entrate - meglio se attraverso la crescita economica del Paese,
piuttosto che con l’aumento delle imposte -, oppure la riduzione della qualità, o della
quantità, dei servizi e delle opere di pubblico utilizzo.
In questo scenario, che fa da sfondo alla nostra quotidianità, aleggia, decisamente seccante, la convinzione che non tutti siamo uguali di fronte alle tasse. In quanto, non tutti possiamo dirci contribuenti. Chi non sfugge a questa categoria è il lavoratore dipendente: lui
le tasse le paga automaticamente, gli vengono detratte direttamente e manco atterranno
nella sua busta paga. Per tutti gli altri va fatta salva la buona fede nelle dichiarazioni dei
redditi. Che, però, proprio salda non è e talvolta vacilla.
In Italia, sulla carta, l’evasione fiscale è considerata reato ed è quindi penalmente rilevante.
Nella pratica è ritenuta una prodezza da furbi, se è vero, come è vero che l’evasione ammonta ad almeno 120 miliardi di euro (l’equivalente di un paio di manovre “lacrime e sangue”).
Per giunta in Italia assistiamo al preoccupante fenomeno di sedicenti gruppi libertari che,
inneggiando all’uguaglianza sociale, praticano una minacciosa liturgia del terrorismo nei
confronti di coloro che per specifica funzione sono preposti alla riscossione delle tasse
(normalmente Equitalia). Inconcepibile a prescindere: non solo è condannabile il ricorso
alla violenza, ma così facendo, colpire l’effetto anziché la causa, si impedisce la realizzazione di un sacrosanto principio di equità.
Chi non paga le tasse, «reca danno ai cittadini». Difficile non concordare con il premier
Mario Monti che, in un’intervista all’Osservatore romano, riserva quest’affondo agli evasori. Come dargli torto quando afferma di non ritenere – anche in riferimento agli accertamenti condotti a Cortina durante le festività di fine anno - che un controllo fiscale troppo
duro sui comportamenti degli italiani possa diffondere paura tra chi le tasse le paga. Semmai è vero proprio il contrario.
Combattere decisamente e sistematicamente l’evasione secondo Monti «è un’azione che
non è certo ispirata a mire di vessazione o di accanimento Non bisogna avere nessuna
paura, ma la certezza che chi non rispetta la legge non resterà nell’ombra: chi oggi evade
pensa di trarne vantaggio, sicuramente reca danno ai concittadini e offre ai propri figli, in
definitiva, un pane avvelenato; consegnerà loro, forse, alla fine della propria vita qualche
euro di più, ma li renderà cittadini di un Paese non vivibile».
Mi piace credere che nel 2012 «verrà dimostrato, con risultati certi, che alcuni, molti cosiddetti «soliti ignoti» diventeranno presto «soggetti noti» dal punto di vista fiscale». E
ancor di più confido che sia lui il primo a crederci, quando dichiara che in tempo di crisi, e
più in generale entro la cornice dell’equità, vale quanto affermava Giuseppe Toniolo: «Chi
più può, più deve; chi meno può, più riceve».
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n. 2 Febbraio 2012
1
Sommario
n. 2 Febbrraio 2012
1 Editoriale
56 Intervista con l’autore
Oltrefrontiera: il primo libro di Fabrizio Macrì
PRIMO PIANO
15 Dal Consiglio e dalla Camere federali:
No all’iniziativa sulle vacanze
Sì al disciplinamento dei giochi in denaro
Confederazione: votazione dell’11 marzo
17 Tasse, imposte, tributi, strenne, canoni,
collette, regalie, ecc.
Esigenze, curiosità e fantasie delle imposizioni
fiscali attraverso i secoli
57 “Swiss sweet night 2011 “
Il consolato di Svizzera per la regione Calabria
e “Svizzera turismo italia” insieme per
“mission Calabria”
58 Uno sguardo di là delle frontiere
A Sion nell’ambito dell’Atelier du regard
60 C’est la vie. Foto giornalistiche dal 1940
Al Landesmuseum di Zurigo fino al 22 aprile
27 L’aumento della tassazione come filo conduttore
Esame dei provvedimenti in materia di entrate
adottati dai governi Monti e Berlusconi
62 «Che rabbia, proprio non ce la faccio
a non essere Svizzero»
A colloquio con Massimo Rocchi
31 La mediazione secondo il nuovo Codice
di procedura civile svizzero
64 Discorsi d’attualità
Un ciclo di dibattiti all’Istituto Svizzero di Roma
66 Locarno 2012: Retrospettiva Otto Preminger
INCONTRI
42 «Vincere le proprie sfide, riuscire nei propri intenti
e raggiungere gli obiettivi prefissati»
Donne in carriera: Josefa Idem
70 Ricominciamo da tre
Intervista con Red Canzian dei Pooh
71 A Pippo Pollina il Premio Svizzero
della Scena 2012 (Schweizer Kleinkunstpreis)
49 “Quanti Ulisse ci saranno
e ci sono stati nel mondo?”
Un breve viaggio nella storia dell’emigrazione
italiana in Svizzera: intervista a Leo Zanier
72 Il farro: Cereale antico come madre terra
CULTURA
79 Noi siamo quello che facciamo
Golden Zone Pomigliano
54 Il poeta fanciullo e l’Italia migrante
Il centenario della morte di Giovanni Pascoli
(1855-1912)
Editore
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Comitato di Redazione
G.M. BONADA, A.G. LOTTI,
C. NICOLETTI, S. SGUAITAMATTI
DOLCE VITA
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Tre domande a Eric Laforge Managing Director
e Country Manager Fiat in Svizzera
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n. 2 Febbraio 2012
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IL MONDO IN FIERA
84 Borsa Internazionale del Turismo
BIT 2012: fieramilano, 16 - 19 febbraio
86 International Agri-business Show
FIERAGRICOLA: - Verona, 2-3-4-5 febbraio 2012
87 Biennale Internazionale dell’Edilizia
della Fiera del Levante
Costruire 2012: Bari 01-04 marzo 2012
88 Processing, Packaging and Material Handling
IPACK-IMA 2012: fieramilano dal 28 febbraio
al 3 marzo 2012
IL MONDO IN CAMERA
90 TRAVELEXPO 2012 a Lucerna
92 La Sardegna si presenta gli operatori turistici
della Svizzera francese
Seminario venerdì 16 marzo a Ginevra
Italian Swiss Tax and Legal Forum 2012
Disponibile il Calendario delle Fiere Italiane 2012
93 Rebsorten ABC
Auswahl und Einordnung von Weinen leicht gemacht
Einfach mehr wissen mit dem HALLWAG Wein A-Z
94 Contatti commerciali
96 Servizi camerali
RUBRICHE
IN BREVE
4
TALENTI ALTROVE
45
ITALICHE
7
L’ELEFANTE INVISIBILE
47
EUROPEE
9
SCAFFALE 55
INTERNAZIONALI
11
BENCHMARK
65
ETICAMENTE
25
SEQUENZE
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BUROCRATICHE
34
DIAPASON
69
ANGOLO FISCALE
37
CONVIVIO
72
ANGOLO LEGALE
39
MOTORI
77
STARBENE
80
CONVENZIONI INTERNAZIONALI 40
In copertina: Caravaggio: i bari (particolare). La fruttuosa industria dei giochi d’azzardo,
delle lotterie, delle scommesse è la terza industria del paese; nel 2010, ha fatturato 61 miliardi
di euro, di cui 44 ripagati per le vincite, consentendo allo Stato di incassarne 10 miliardi.
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n. 2 Febbraio 2012
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In breve
Italia:
Osservatorio della libertà religiosa
Il Ministro Terzi e il Sindaco di Roma oltre 8 milioni di poveri
Alemanno firmano il Protocollo
Il Ministro degli Esteri Giulio Terzi e il Sindaco di Roma
Gianni Alemanno hanno sottoscritto lo scorso 10 gennaio alla Farnesina un Protocollo di Intesa che istituisce
l’“Osservatorio della libertà religiosa”, finalizzato allo
studio, analisi e monitoraggio della libertà di culto nel
mondo. Durante la cerimonia di firma, il Ministro Terzi ha
riaffermato la convinta determinazione dell’Italia, condividendo la sensibilità della Santa Sede, ad impegnarsi in
ogni sede internazionale per riaffermare i valori universali
del dialogo e della tolleranza interreligiosi, sottolineando
il ruolo determinante della rete diplomatica per mantenere alto il profilo dell’Italia in quei Paesi dove permangono
situazioni critiche di violenza, discriminazione e persecuzione ai danni di minoranze religiose. In tale contesto,
il titolare della Farnesina ha ricordato i termini dell’impegno italiano in ambito ONU e nel quadro dell’Unione
Europea, assicurando che la promozione della libertà di
culto e della pacifica convivenza tra le fedi continuerà
a costituire un tratto qualificante della dimensione etica
della politica estera italiana.
Nel 2010, come rende noto l’Istituto italiano di statistica
(Istat), in Italia le famiglie in condizioni di povertà relativa
erano l’11% di quelle residenti. Si tratta di 8,3 milioni di
individui, il 13,8% della popolazione residente. La povertà assoluta coinvolge il 4,6% delle famiglie, per un totale
di 3,1 milioni di individui.
Sul fronte della disoccupazione, il 48,5% dei disoccupati
italiani è senza lavoro da oltre un anno. In un anno, dal
2009 al 2010, la disoccupazione di lunga durata, è aumentata del 4%. Difficile la situazione per i giovani. Sempre nel 2010, più di 2 milioni di giovani, pari al 22,1%
della popolazione tra 15 e 29 anni, era fuori dal circuito
formativo e lavorativo.
Dai dati dell’Istat emerge anche un dato sconfortante
circa il livello di istruzione. A fronte di una produzione
editoriale che conta in media 3,5 copie di opere librarie
stampate per abitante all’anno, nel 2011 solo il 45,3%
della popolazione italiana ha letto almeno un libro nel
tempo libero nell’arco di dodici mesi.
Vendemmia 2011: la Francia in testa seguita dall’Italia
Sono Francia, Italia e Spagna i paesi più “prolifici” al mondo nella vendemmia 2011. Lo rileva Vino in cifre di IsmeaUiv, la consueta raccolta di statistiche del settore vitivinicolo
mondiale che oggi viene pubblicata da Winenews. La Francia balza oltre i 50,2 milioni di ettolitri (+11% sul 2010),
seguita dall’Italia che, complice una vendemmia particolarmente scarsa, si attesta poco al di sopra dei 40 milioni di
ettolitri. Con la Spagna che, nonostante un calo di oltre il
2% sul 2010, ha prodotto 39,9 milioni di ettolitri. Quarto
produttore mondiale sono gli Stati Uniti, con 18,7 milioni
di ettolitri (-6%). Al quinto posto, c’è l’Argentina a 14,6
milioni di ettolitri (-10%). Posizione n. 6 per l’Australia, che
si mantiene in linea con la produzione 2010. Settimo, ma decisamente in crescita, il Cile (+15,5%) con oltre 10 milioni
e mezzo di ettolitri. Superano la soglia dei 10 milioni di ettolitri la Cina (con 10,4) alla posizione n. 8 del “borsino”
mondiale, e il Sudafrica, con una vendemmia cresciuta del 2% sul 2010. Dopo un 2010 fortemente negativo crescono
anche Germania (+28%) e Austria (+45%), ma anche i Paesi dell’Est-Europa: Romania (+31%), Bulgaria (+55%), Ungheria (+27%), Repubblica Ceca e Slovacchia. Vale la pena precisare che oggi la diminuzione della quantità, oltre che
determinato da fattori climatici è spesso anche il risultato di una particolare attenzione posta alla qualità del prodotto.
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n. 2 Febbraio 2012
Confermati i pieni voti al debito
sovrano elvetico
L’importanza
di essere Svizzera
L’agenzia americana di valutazione Moody’s ha confermato ieri la nota di tripla A - la migliore possibile - al debito
sovrano della Svizzera. La prospettiva è «stabile». Il nostro
Paese rimane dunque uno dei tredici ai quali le tre maggiori
agenzie concedono la tripla A, ossia il voto che corrisponde
alla massima affidabilità. Il mantenimento della valutazione
AAA è dovuto alla forte stabilità economica, istituzionale e
finanziaria del Paese, scrive Moody’s in una nota diffusa nella giornata di ieri. La Svizzera dispone anche un’economia
aperta, ben sviluppata e diversificata. La Confederazione ha
inoltre sempre agito in modo moderato in materia fiscale e
l’inflazione nel Paese si situa a livelli moderati. La prospettiva viene giudicata «stabile» da Moody’s poiché il debito
pubblico, già basso, dovrebbe ulteriormente diminuire nei
prossimi anni. Il Governo dovrà tuttavia far fronte ad alcune
sfide, non solo a causa dell’importanza del settore bancario,
ma anche della pressione che l’invecchiamento della popolazione avrà sulle istituzioni sociali, afferma Moody’s. Recentemente, la valutazione del debito sovrano di diversi Paesi
è stata degradata dalle grandi agenzie di rating. Standard
& Poors ha in particolare provocato uno scossone venerdì
scorso abbassando la nota a nove Paesi della zona euro. L’agenzia ha così tolto la tripla A alla Francia e all’Austria.
Pubblicato lo scorso 29 dicembre, è stato presentato a Roma presso l’Istituto
svizzero il 30 gennaio. È l’ultimo quaderno speciale di
Limes, rivista di geopolitica
diretta da Lucio Caracciolo,
dedicato integralmente alla
Svizzera. Sotto il titolo L’importanza di essere Svizzera,
il fascicolo raccoglie sondaggi, interviste e articoli di
storia, economia, sociologia
e letteratura. Affronta tutti
gli aspetti geopolitici, culturali ed economico-finanziari
della Svizzera nel contesto attuale. Indagando temi
come l’identità culturale e linguistica, con particolare
riferimento alla Svizzera italiana, ma anche a quella tedesca, francese e ladina.
La democrazia svizzera viene vista come caso speciale
e utile forse al resto del mondo. Le politiche migratorie
e la questione degli stranieri in Svizzera, presentano
un focus curato da Rosita Fibbi, docente di sociologia
delle migrazioni all’Università di Losanna, che offre un
importante contributo sulla presenza italiana nel Paese
elvetico, illustrando, con rigore scientifico, il contributo degli italiani alla costruzione della Confederazione
elvetica a partire dal censimento del 1888 in cui si registra l’arrivo di operai italiani destinati a lavorare alle
infrastrutture ferroviarie del Gottardo, del Sempione e
del Lötschberg. A corredo: un ricco apparato cartografico e iconografico.
L’obiettivo è quella di presentare agli italiani che poco
la conoscono, una Svizzera vista dagli svizzeri e non
filtrata dai soliti pregiudizi a base di banche, cioccolata,
montagne innevate e orologi a cucù.
presenta
Lunedì 27 febbraio 2012, 19.30
Konzertsaal KKL Lucerna
Martedì 28 febbraio 2012, 20.00
Kongresshaus Zurigo
Martedì 10 aprile 2012, 20.00
Hallenstadion Zurigo
Mercoledì 11 aprile 2012, 20.00
Arena Ginevra
Mercoledì 16 maggio 2012, 20.00
Kongresshaus Zurigo
Martedì 22 maggio 2012, 20.00
Théâtre du Léman Ginevra
Mercoledì 23 maggio 2012, 20.00
Hallenstadion Zurigo
www.goodnews.ch
0900 800 800
CHF 1.19/min., prezzi linea fissa
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n. 2 Febbraio 2012
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GAMMA MASERATI. UN PERFETTO EQUILIBRIO DI CLASSE, TECNOLOGIA E DESIGN
Se pensate al lusso più raffinato ed esclusivo, al fascino e all’eleganza dell’italian style più ispirato, a una sportività che sa emozionare
senza sacrificare il comfort e il piacere di guida, state pensando a una Maserati. Che si tratti dell’ammiraglia Quattroporte, della
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connubio di classe raffinata e impeccabile ingegneria. Scegliere una Maserati significa entrare in un mondo nel quale l’automobile
è espressione della creatività e del talento, di un’inesauribile passione per l’eccellenza, attenta ai temi della sicurezza e del rispetto
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Krähenmann Autocenter AG, 8706 Meilen, 044 793 21 00
Sportgarage Leirer AG, 9063 Stein, 071 368 50 30
Sportgarage Leirer AG, 9016 St. Gallen, 071 250 09 01
Automobile Németh AG, 3032 Hinterkappelen, 031 909 25 25
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Modena Cars SA, 1202 Genève, 022 757 87 87
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Italiche
di Corrado Bianchi Porro
Il Bel Paese nel contesto internazionale
L’Italia è un Paese ad economia industriale ben diversificata,
l’undicesima al mondo, secondo i dati della Central Intelligence
Agency (CIA). L’Agenzia fornisce svariate tabelle e commenti
all’evoluzione della Penisola, leggendo i quali ci si rende conto
della percezione del nostro Paese a livello internazionale che
talora ricalcano anche diffusi luoghi comuni. Essa – scrive il
rapporto – è divisa da un nord del Paese dominato da imprese
private, grandi e meno sviluppate, in parte collegate al welfare,
e un sud agricolo caratterizzato da un’elevata disoccupazione.
L
L’economia è pilotata da un’industria manifatturiera
di elevata qualità nella produzione di raffinati beni di
consumo, con un diffuso tessuto di piccole e medie
imprese, molte delle quali a struttura familiare che
contribuiscono con oltre il 15% del Prodotto interno
lordo. Accanto a questo c’è l’agricoltura, l’attività di
costruzione, i vari servizi settoriali. Il Paese – scrive
ancora il rapporto della CIA – ha bisogno di riforme
strutturali, in particolare per accrescere le opportunità di impiego per i giovani e le donne. I suoi persistenti problemi sono rappresentati dall’immigrazione clandestina, il crimine organizzato, la corruzione,
il livello elevato di disoccupazione, il basso tasso di
crescita economica degli ultimi anni, nonché i modesti tassi di redditi e di standard tecnici nel sud del
Paese rispetto al prosperoso Nord. La popolazione
dell’Italia è di oltre 61 milioni di abitanti, il che la
pone al 23° posto al mondo, precedendo di una
lunghezza la Birmania, poi Sud Africa, Corea del
Sud e Spagna. È invece preceduta da Gran Bretagna
(62,7), Francia (65,3), Thailandia (66), Congo (71),
Iran (77,9), Turchia (78,7) e Germania (81,4). L’Italia, per la crescita demografica è la 156ma nazione
al mondo. Viene subito dopo Monserrat, Guernsey
e Faroe e precede Kazakistan, Malta, Norvegia, Albania, Danimarca, Corea del Sud, Portogallo, Svizzera, Svezia, Austria e Cuba. In questa classifica è
primo lo Zimbabwe che precede Nigeria e Uganda.
Per il tasso di natalità, l’Italia è al 207 rango. Precede Taiwan, Slovenia, Cechia, Austria, Corea del
Sud, Germania, Hong Kong, Giappone. Anche qui a
capeggiare la classifica sono tre Paesi africani: Nigeria, Uganda e Mali. Il tasso di urbanizzazione della
popolazione italiana è pari al 68%. Come speranza di vita, la Penisola si trova al decimo posto con
81,77 anni. Precede la Francia che è al 13° rango
e la Svizzera al 15mo. Il tasso di obesità della popolazione italiana è al 9,8%, vale a dire al 58° posto nel mondo e precede di poco la Svezia che ha
un tasso di obesità dell’8,2% Per ciò che concerne
quanto si spende per l›educazione in rapporto al Pil,
l’Italia con il 4,3% è al 90° posto; la Germania col
4,5% è all’82°, la Svizzera col 5,2% al 53°, ma la
classifica è straordinariamente condotta da Timor
(16,8%), Cuba (13,6%) e Lesotho 12,4%). Come
detto sopra, per ciò che concerne il Pil, l’Italia è
l’undicesima economia al mondo con 1.777 miliardi
di dollari. Al decimo c’è la Francia con 2.145, e a
risalire troviamo il Brasile (2.172), la Gran Bretagna
(2.173), la Russia (2.223), la Germania (2.940), l’India (4.060). il Giappone (4.310), la Cina (10.090),
gli USA (14.660) e l’Unione Europea con 14.820. La
Svizzera è 38ma con 324 miliardi, tra Hong Kong
(325) e Grecia (318). Il Pil pro capite relega l’Italia
al 43° rango con 30.500 dollari a testa. È seguita
da Corea del Sud (30.000) mentre la Germania è al
33° (35.700) e la Svizzera 17ma (42.600). Al primo
posto c’è il Qatar (179.000), al secondo il Liechtenstein (141.000) e al terzo il Lussemburgo (82.600).
Come forza lavoro, l’Italia conta 25 milioni di persone. Si trova tra la Corea del Sud (24,75) e la Turchia
(25,64). Al 1° posto c’è naturalmente la Cina con
815 milioni, seguita da India con 478, UE (227) e
USA (154). La Svizzera è all’86° rango con 4,218
milioni. Per quanto riguarda il livello globale di tassazione, secondo la CIA il tasso (privato e societario)
in assoluto più pesante si trova nell’isola di Niue, in
Polinesia, con il 150,5% e quello più conveniente è
in Birmania col 3,3%. La Francia è al 19° posto col
48,8%, l’Italia al 22° col 46,7%, la Gran Bretagna al
43° col 40,4% e la Svizzera al 64° col 35,5%.
Dato che siamo in epoca di debiti sovrani, al primo posto c’è lo Zimbabwe con un rapporto debito/
Pil del 233%, al 2° il Giappone col 199,7%, al 3°
Sain Kitts nelle piccole Antille col 185%, poi viene
la Grecia col 143,7%. L’Italia è ottava col 119% e
precede Singapore (105,6%). La Germania è 16ma
con 83,4%, la Francia 18ma con 82,4%, gli USA al
29° posto col 62,9% e la Svizzera al 74° col 38,4%.
Se consideriamo l’export, al primo posto viene l’UE
con 1952 miliardi di dollari, al secondo la Cina con
1581, al terzo la Germania con 1303 e gli Usa a
1289. L’Italia è nona con 448,4 miliardi di dollari
e precede la Gran Bretagna con 410,1, mentre la
Svizzera è 18ma con 258,5. La classifica degli investimenti all’estero è capitanata dagli USA (3.817 miliardi di dollari) che precedono la Francia (1.746) e
Gran Bretagna (1675). La Svizzera è settima (911,5)
e l’Italia 12ma (601,4). Infine, gli investimenti esteri
nei vari Paesi vedono anche qui il predominio degli
Usa con 2.676, seguiti a lunga distanza da Francia (1.161), Hong Kong (1,098) e Gran Bretagna
(10,76). La Svizzera è al 10° posto (576) e l’Italia
13ma (403 miliardi di dollari).
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n. 2 Febbraio 2012
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Europee
di Philippe Bernasconi
L’ultimo appello
La storia si ripete, inesorabilmente. Ancora una volta, quando
i più credevano di essersi lasciati alle spalle il peggio, di aver
imboccato la tanto agognata svolta, ecco arrivare una nuova
mazzata, di quelle che possono lasciare KO anche il pugile più
esperto. Questa volta a far tremare nuovamente l’Unione europea ci ha pensato Standard & Poor’s.
L
L’agenzia di rating che, declassando prima parte
dei Paesi della zona euro e poi direttamente il Fondo salva Stati, ha di fatto sfiduciato l’intera Eurolandia. E all’indomani dell’annuncio di Standard
& Poor’s Mario Draghi ha rincarato la dose. “La
situazione è molto grave, è addirittura peggiorata
nelle ultime settimane”, ha avvertito il neo presidente della Banca centrale europea. A questo punto non sembra esserci davvero scelta: o la politica
si dà finalmente una mossa, traducendo le parole
in fatti, oppure sarà la catastrofe per l’euro e, probabilmente, per l’intera Unione europea.
Questa proprio non ci voleva, avrà forse pensato
Angela Merkel, che già credeva di aver vinto la
partita, essendo riuscita ad imporre a 26 dei 27
Paesi membri dell’Unione la sua linea del rigore e
delle scelte drastiche. Ma la bocciatura di Standard
and Poor’s potrebbe ora rimescolare le carte in tavola. E rigettare l’Europa nel caos. Non per niente i
capi di Stato e di governo e la stessa Commissione
europea si sono affrettati a respingere il giudizio al
mittente: scelta assurda, incondivisibile, non suffragata dai fatti. Mario Draghi ha però riportato
tutti davanti alla realtà dei fatti: non si tratta di
un complotto delle agenzie di rating. Se ancora in
ottobre si parlava di una crisi dalle dimensioni sistemiche, “da allora la situazione è ulteriormente
peggiorata”, ha avvertito il governatore della Banca centrale europea. Non c’è che dire.
E pensare che si stava forse cominciando a fare
sul serio. In dicembre i capi di Stato e di governo dell’Unione (con un’unica defezione) avevano deciso di imboccare la via del rigore e dell’Unione economica rafforzata e avevano deciso di
aumentare lo stanziamento del Fondo salva Stati.
Un mezzo passo nella direzione di una vera Unione anche fiscale e non più solo monetaria. E poi
c’erano stati gli impegni dei singoli Stati (primo
fra tutti l’Italia del neo primo ministro Monti) nel
risanare le proprie finanze a medio termine. Eppure alle agenzie di rating tutto ciò non è sembrato
sufficiente. Complessivamente Standard & Poor’s
ha declassato il rating di 9 Paesi (tra cui quello di
un peso massimo come la Francia e di una nazio-
ne insospettabile come l’Austria) e del Fondo salva Stati, giudicando insufficienti le misure adottate finora. Una bella sberla al morale di chi pensava
di aver toccato il fondo e di essere ormai pronto
alla risalita. Concretamente il declassamento del
rating potrebbe far ulteriormente aumentare le
difficoltà degli Stati a procurarsi il denaro necessario per finanziare la gestione corrente. La qual
cosa non farebbe altro che aumentare l’onere del
proprio debito. Debito su debito, senza una via
d’uscita.
Che l’Europa sia sull’orlo del baratro lo si ripete
da mesi. Ma questa volta il confine con il punto
di non ritorno sembra davvero vicinissimo. E l’appello di Mario Draghi non farebbe altro che avvalorare questa tesi. Tanto più che un altro pacco
bomba potrebbe presto scoppiare nelle mani dei
governanti europei. La crisi greca sembra infatti
sempre più fuori controllo. Il piano di emergenza
varato dal governo ellenico e gli ingenti aiuti stanziati da Bruxelles e dintorni non sembrano in grado di salvare perlomeno il salvabile. Nelle capitali
europei si scommette su un fallimento di Atene al
più tardi a marzo. Insomma, non c’è più tempo
da perdere. Se da una parte occorre al più presto
alimentare come promesso il fondo Efsf (con aiuti
veri e non più solo con semplici promesse), dall’altra occorre accelerare le riforme decise nell’ottica
della creazione di un’Unione fiscale (pur con il neo
di un’incompiuta Banca centrale europea). A questo punto, come sostiene da mesi la Germania di
Angela Merkel, che vi siano pure vincoli di bilancio e sanzioni dure. Purché si faccia qualcosa. Con
il rischio di perdere qualche pezzo per strada, ma
perlomeno con la (quasi) garanzia di permettere
la sopravvivenza dell’euro all’interno di un nocciolo duro di Stati “virtuosi”. Perché l’alternativa
sarebbe la catastrofe, monetaria ed economica.
Perché, come scrive il Corriere della Sera, “l’euro
è arrivato al bivio fatidico e orribile. O lo si lascia
andare, con conseguente catastrofe economica
globale, o lo si salva (si fa per dire) svuotandolo
dall’interno. In ogni caso, il sogno di una valuta comune europea di peso mondiale, capace di
competere con il dollaro, sta per finire nel cassetto per chissà quanti anni. Alla fine della crisi
finanziaria, quando ci si arriverà, il dollaro sarà
ancora la valuta dominante, di gran lunga: a contenderle il primato, prima o poi, ci sarà forse una
moneta asiatica, ma non l’euro”. A questo punto
illudersi ancora servirebbe davvero a poco.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Finalmente : Le verdure che
piacciono anche ai bambini !
Barilla Piccolini.
A mangiare bene si comincia da Piccolini.
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Internazionali
di Michele Caracciolo di Brienza
Il nucleare iraniano, le sanzioni
e il rischio di un bluff
Gli scontri navali che precedono gravi crisi sono esempi ricorrenti. L’incidente del Golfo del Nanchino fu il pretesto
per l’inizio della guerra in Vietnam da parte degli Stati Uniti; durante la crisi missilistica di Cuba le due superpotenze
comunicavano in termini di blocco navale e quarantena pur
avendo interessi che andavano ben al di là delle rotte con
l’isola caraibica. Oggi lo Stretto di Hormuz è diventato il
punto di attrito per delle discordanze d’interessi che contrappongono da un lato l’Unione Europea e gli Stati Uniti insieme ai paesi arabi del Golfo Persico e dall’altro lato l’Iran.
L
Lo scorso 2 gennaio alla fine di un’esercitazione
navale della marina iraniana durata dieci giorni
il prezzo del petrolio è aumentato del 4% per
raggiungere quota 112,13 USD. La sola minaccia della chiusura ha avuto un effetto sul prezzo
del petrolio e questo ricatto è tuttora abilmente
sfruttato dagli speculatori tra i quali sarebbe ovvio includere lo stesso governo iraniano. E’ una
minaccia però non credibile alla lunga poiché l’interruzione del flusso di petroliere che passano in
questo braccio di mare di 54 chilometri scatenerebbe una violenta reazione degli Stati Uniti. Dallo Stretto passano 15,5 milioni di barili al giorno,
ossia il 17% del petrolio consumato in un giorno
in tutto il mondo. E’ importante per Teheran che
tutti credano che stia per fare qualcosa giusto per
lucrare su un prezzo del petrolio maggiorato per
l’incertezza provocato da queste dichiarazioni.
Il regime iraniano affronta gravi difficoltà e divisioni interne in due fronti principali: quello vicino alla Guida Suprema l’ayatollah Ali Khamenei e quello che sostiene il presidente iraniano
Mahmoud Ahmadinejad.
Il fronte khameinista, ultraconservatore e vicino al blocco cinese, ha l’interesse ad alimentare le tensioni con i paesi occidentali. Il fronte
di Ahmadinejad è invece focalizzato sulle prossime elezioni e il mantenimento della maggioranza parlamentare. Non ha alcun interesse per
ora a rapporti più tesi con l’Occidente. Di fatti,
sono stati proprio i comandanti vicini all’ayatollah Khamenei, Hassan Firuz-abadi e Habibollah
Saiiari, a minacciare la chiusura preventiva dello Stretto di Hormuz, mentre il vicepresidente,
Mohammad Reza Rahimi, aveva minacciato
un’eventuale chiusura dello Stretto solo come
reazione a sanzioni petrolifere o attacchi militari contro l’Iran. Adesso si vedrà poiché gli Stati
Uniti hanno approvato sanzioni di una severità
senza precedenti nei confronti dell’Iran. Queste
misure arrivano in seguito al rapporto dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica che
dimostra che alcuni aspetti dell’attività nucleare
dell’Iran hanno senso solo alla luce della fabbricazione di un ordigno. Gli Stati Uniti faranno in
modo di punire ogni istituzione finanziaria che
abbia rapporti con la Banca Centrale di Teheran. L’Unione Europea dal canto suo sta cercando di proibire l’acquisto di petrolio iraniano ai
propri membri. L’UE al momento acquista circa
un quinto di tutto il petrolio esportato dall’Iran.
Non c’è un modo certo per convincere l’Iran a
rinunciare all’ordigno nucleare e alla capacità di
lanciarlo. Le sanzioni potrebbero risolversi in un
bluff. La Cina riempirà molto probabilmente lo
spazio lasciato vuoto dagli europei e dagli altri
alleati americani in Asia. Già di per sé la Cina è
oggi il maggior partner commerciale dell’Iran e
la sua posizione sulle sanzioni è senza dubbio favorevole agli interessi iraniani. L’ostacolo ai flussi
di pagamenti delle esportazioni di petrolio potrà
facilmente essere superato con l’interscambio di
altri beni. Infine, le economie stantie dell’Europa e degli Stati Uniti risentiranno della possibile
chiusura delle esportazioni di petrolio iraniano.
Ma un Iran con la bomba atomica è davvero un
pericolo imminente? In realtà no, non tanto per
la capacità di produrre un ordigno, ma tutt’al più
per la capacità di lanciarlo a grande distanza. In
più, i sabotaggi delle infrastrutture di ricerca da
parte dei servizi segreti israeliani sono stati efficaci a rallentare il programma nucleare iraniano.
Il regime iraniano è diviso e c’è da chiedersi se
davvero gli convenga perseguire nella ricerca
dell’arma nucleare. Se l’Occidente continuasse a
mostrare i benefici di una tale rinuncia e continuasse a negoziare, evitando minacce di guerra
e di cambiamento di regime, chissà, si potrebbero ottenere dei risultati inattesi.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Siamo meglio di come ci descrivono
L’inadeguatezza della classe dirigente italiana al confronto delle
leadership, espressi dagli altri Paesi europei è stata evidente nel
corso degli ultimi 30 anni, con le notevoli eccezioni di statisti come
Ciampi, Amato e Padoa Schioppa. Da qualche mese l’Italia ha un
Governo diverso formato da Professori universitari, persone rispettabili, privi di processi penali o condanne prescritte e al loro attivo
non figurano ancora leggi approvate su misura di parenti e amici, ma solo provvedimenti duri ed impopolari, che possono non
piacere ed essere considerati iniqui, ma indubbiamente sono presi
nell’interesse generale del Paese.
N
Nonostante questo e nonostante lo standing del nostro
Governo nel consesso europeo si sia fortemente rafforzato, le sferzanti critiche della stampa estera al nostro
Paese non si sono fermate. Sembra quasi che dia fastidio vedere che, nonostante le nostre beghe, alla bisogna siamo capaci di rispolverare ragionevolezza ed attributi e dare il meglio di noi stessi. La metafora è quella
del goal di Grosso al 119esimo che ci catapulta verso la
finale di Berlino ai Mondiali di calcio del 2006. Ai bivi
della nostra storia, come nelle partite decisive della nostra nazionale, arriviamo spesso come pugili all’angolo,
che pur travolti da una gragnuola di colpi, all’ultimo
round assestano il gancio al volto vincente e la sfangano per l’ennesima volta. Non sappiamo ancora se anche
questa volta ce la faremo. Ed il recente declassamento
del nostro rating di certo non aiuta; ci sono infatti ancora due variabili in campo: la capacità del governo di
mettere in atto misure tese ad aumentare competitività
e produttività e quindi crescita, la volontà dell’Europa
ed in primis della Germania di mettere mano al fondo
salva stati in modo che sia strutturalmente impossibile per paesi grandi come l’Italia rischiare il default. Si
legge che le agenzie di rating non credono al fatto che
vi sia abbastanza liquidità per prevenire un default italiano qualora la speculazione ai nostri danni ripartisse
con i ritmi che costrinsero la Banca Centrale in autunno
ad intervenire in modo massiccio sul mercato dei nostri
titoli di Stato. Il quadro non è chiaro e nelle mani di
Monti e della Merkel sembrano essere le chiavi per uscire dalla crisi. Certe rappresentazioni, però, che vengono
date dai media esteri sull’Italia hanno il sapore più che
della critica ad un Paese membro che si comporta male,
piuttosto del timore che ancora una volta ce la possa
fare nonostante tutto. I media svizzeri sono sferzanti e
parlano di un’imprenditoria italiana preda della mafia e
della criminalità organizzata, quando nessuno meglio di
noi sa quale immenso valore venga prodotto dal nostro
esercito di piccoli e medi imprenditori che rappresentano l’ossatura della nostra economia e che nelle immense difficoltà strutturali poste loro dal nostro irriformabile
“Sistema Italia”, si confrontano con sistemi più virtuosi
e si impongono, vincendo nonostante tutto la sfida della concorrenza internazionale. Mentre la stampa francese parla di un Paese al collasso, praticamente già fallito e
Le Monde accusa i colleghi italiani di non usare termini
abbastanza catastrofici per definire lo stato della nostra
economia, i dati sull’evoluzione delle nostre esportazioni tra la seconda metà del 2010 e la fine del 2011 sono
impressionanti. Un’analisi comparata del Sole24Ore ci
rivela che nel novembre 2011 l’Italia si è riportata sul
suo massimo storico di esportazioni attestatesi sui 370
miliardi di Euro e i suoi tassi di recupero rispetto alla crisi
innescatasi nel 2008 sono comparabili a quelli della Germania. Inoltre, la performance industriale dell’Italia, con
la sua rete di distretti e PMI esce vincente dal confronto
sui mercati internazionali con i giganti industriali tedeschi, mentre la Germania cresce di più nei settori a basso
valore aggiunto e nei servizi. Risultati di questo tipo non
sono certo frutto di un’imprenditoria in mano alla Mafia, che invece prospera nel grande business degli appalti pubblici, dove il vantaggio competitivo decisivo è la
corruzione della classe politica e non certo la capacità di
competere sui mercati internazionali. Sarebbe inoltre il
caso che anche dall’Unione Europea venisse qualche segnale di compattezza, non solo sul tema del fondo salva
stati e per reagire al contemporaneo declassamento dei
membri UE del Mediterraneo (tra cui Francia e Italia),
ma anche sulla spinosa questione del recupero dei capitali di origine criminale o evasi al fisco che si nascondono nei Paesi che hanno fatto dell’”opportunismo finanziario” un fattore di crescita economica. Il Sole24Ore
in una recente analisi parla della Svizzera come il caso
più emblematico di questi Paesi che hanno approfittato della globalizzazione dei mercati e della mancanza di
una stringente regolamentazione sui flussi finanziari per
mantenere una certa opacità legata al segreto bancario.
L’urgenza del momento imporrebbe all’Unione di porre
sul piatto il suo peso economico e politico per trattare
in modo unitario con la Svizzera e con altri Paesi e non
lasciare la questione a trattative separate come accaduto con Germania e Regno Unito. Un recupero decisivo
dell’evasione all’estero, fronte sul quale finalmente il
Governo italiano ha mosso qualche timido passo, consentirebbe tra l’altro di recuperare preziose risorse per
alleggerire il carico fiscale su impresa e lavoro e creare
una condizione fondamentale per far ripartire la crescita. Anche gli altri guardino in casa propria insomma:
temi come la scarsa volontà della Germania a consentire coperture finanziarie adeguate alla dimensione delle
economie sotto attacco, l’assenza dell’Unione Europea
sul fronte del recupero dei capitali nei Paesi a fiscalità agevolata e la reticenza di alcuni di essi, dovrebbero
essere oggetto dello steso sarcasmo che viene rivolto
all’Italia che in due mesi si è data dei governanti presentabili, ha riequilibrato i conti, ha iniziato ad affrontare
alcuni dei suoi mali storici come l’evasione fiscale e si
appresta ad introdurre riforme epocali, come quelle sul
mercato del lavoro e sulle liberalizzazioni destinate a restituire competitività al Sistema. Del resto per rientrare
in metafora calcistica, il tifo contro carica gli avversari:
speriamo che continuino a fischiarci.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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CONFEDERAZIONE: VOTAZIONE DELL’11 MARZO
Dal Consiglio e dalla Camere federali:
No all’iniziativa sulle vacanze
Sì al disciplinamento dei giochi in denaro
Il Consiglio federale e il Parlamento raccomandano di respingere l’iniziativa popolare «6 settimane di vacanza per
tutti» e di accogliere il «decreto federale concernente il
disciplinamento dei giochi in denaro a favore dell’utilità
pubblica». Martedì a Berna, la consigliera federale Simonetta Sommaruga ha illustrato, insieme a rappresentanti
dei Cantoni, le argomentazioni sugli oggetti in votazione
l’11 marzo 2012.
Sono stati la consigliera federale Sommaruga, il consigliere
di Stato vodese Philippe Leuba, in qualità di rappresentante
della Conferenza dei direttori cantonali dell’economia pubblica, e il consigliere di Stato bernese Hans-Jürg Käser, presidente della Conferenza dei direttori cantonali competenti in
materia di lotterie, ad illustrare le raccomandazioni di voto
del Consiglio federale e del Parlamento sull’iniziativa sulle
vacanze e su quelle sul decreto federale concernente il disciplinamento dei giochi in denaro.
Nessuna garanzia di sgravio
La consigliera federale Sommaruga non disconosce l’importanza della protezione dei lavoratori: soltanto lavoratori
sani e riposati sono in grado di fornire buone prestazioni. Il
Consiglio federale è pertanto favorevole a normative che
garantiscano il riposo e il benessere. Le considerazioni alla
base dell’iniziativa sono sensate e vanno prese sul serio.
Tuttavia, l’iniziativa non garantisce affatto un effettivo sgravio dei lavoratori, poiché non chiarisce come compensare,
in seno alle imprese, le più lunghe assenze per vacanza. In
caso di approvazione dell’iniziativa non è pertanto chiaro se
saranno i datori di lavoro o i lavoratori a doversi assumere
l’onere supplementare che ne risulterebbe. L’iniziativa non
centra il suo obiettivo se, per motivi finanziari o di altro genere, i datori di lavoro non dovessero assumere personale
supplementare per compensare le più lunghe assenze per
vacanza. I lavoratori sono, infatti, sgravati soltanto se il lavoro è ripartito tra più persone. Altrimenti aumenta l’onere
a carico dei singoli collaboratori. Se invece i datori di lavoro
dovessero assumere più personale, aumenterebbero i costi:
ogni settimana supplementare di vacanza fa aumentare i
costi salariali di circa il due per cento. Soprattutto le piccole e
medie imprese potrebbero non essere in grado di sostenere
costi salariali più elevati, indipendentemente dalla situazione
economica. Maggiori costi salariali gravano su tutto il mercato del lavoro svizzero e lo rendono meno concorrenziale.
Secondo il Consiglio federale e il Parlamento, l’attuale regolamentazione delle vacanze è consolidata. Essa consente
condizioni di lavoro favorevoli nei vari settori, condizioni che
non comprendono soltanto le vacanze, bensì anche aumenti
salariali, riduzioni del tempo di lavoro, posti a tempo parziale o contributi per la custodia dei figli.
Ampio consenso
sul disciplinamento dei giochi in denaro
Il decreto federale concernente il disciplinamento dei giochi in denaro è un controprogetto all’iniziativa popolare
«Per giochi in denaro al servizio del bene comune», alla
cui elaborazione hanno partecipato la Confederazione, i
Cantoni, il comitato di iniziativa e altri attori. È quindi il
risultato di un ampio consenso. I promotori hanno infatti
ritirato la loro iniziativa popolare a favore del decreto federale; pertanto non si voterà sull›iniziativa. Simonetta Sommaruga ha dichiarato che il controprogetto è una buona
base per una legislazione esaustiva e moderna sui giochi
in denaro. Sulla scorta del nuovo articolo costituzionale il
legislatore potrà in particolare adottare anche normative
che tengono conto dei pericoli insiti nei giochi in denaro. Tali pericoli, non da ultimo la dipendenza dal gioco,
vanno presi sul serio. È ciò che fa il nuovo articolo costituzionale: è infatti formulato in modo più concreto rispetto
alla disposizione vigente e, oltre alla Confederazione, obbliga anche i Cantoni ad assumersi le loro responsabilità.
Entrambi devono tenere conto, nella legislazione e nella
vigilanza sui giochi, dei rischi insiti nei giochi in denaro,
tutelando adeguatamente la popolazione. Anche il nuovo
articolo costituzionale consente un›offerta di giochi interessante. Garantisce inoltre che gli utili delle lotterie e delle
scommesse sportive continueranno anche in futuro a essere devoluti a scopi di pubblica utilità, assicurando l›attuale
sostegno a numerose attività in ambito culturale, sociale e
sportivo. Anche le case da gioco continueranno a fornire
un contributo a favore della collettività: gran parte del loro
prodotto lordo dei giochi sarà destinato anche in futuro
all’assicurazione per la vecchiaia, i superstiti e l’invalidità.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Finché la pianista Kathryn Stott non avrà aiutato Yo-Yo Ma a dare il meglio di sé in una composizione, non si fermerà. (Berlino, 2011)
Cosa può imparare il vostro consulente
da Kathryn Stott sulla sintonia?
Kathryn Stott conosce alla perfezione ogni sfumatura
del modo di suonare di Yo-Yo Ma.
Può anticiparne l’impercettibile variazione del ritmo.
Percepisce la più piccola alterazione della pressione
esercitata sull’archetto.
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Fino ad allora ...
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© UBS 2011. Tutti i diritti riservati.
TASSE, IMPOSTE, TRIBUTI, STRENNE, CANONI, COLLETTE, REGALIE, ECC.
Esigenze, curiosità e fantasie
delle imposizioni fiscali attraverso i secoli
«Il sistema giusto è quello di avere poche imposte chiaramente definite
e [soprattutto] di controllare che vengano pagate» Roberto Vacca.
di Tindaro Gatani
L’anno 2012 è iniziato per gli Italiani con l’amaro, e
annunciato viatico dell’aumento delle tasse. Il nuovo
Governo, guidato da Mario Monti, ne ha infatti elevate o introdotte di nuove. Nell’attesa di intraprendere una più serrata lotta contro l’evasione e di individuare le misure per la crescita, di fronte all’urgenza di
non far naufragare il Paese, il governo è intervenuto
sull’esistente e sull’evidente introducendo, tra diretti
e indiretti, 29 balzelli, che colpiranno tutti i settori
della vita pubblica e privata degli Italiani.
Da Monti ad Hammurabi (a ritroso)
La storia della tassazione, per sostenere le esigenze
economiche degli Stati, costituisce, spesso, una singolare e affascinate pagina della fantasia del potere.
Certo, leggendo le mille disposizioni per giustificare
l’introduzione di sempre più pesanti balzelli, non si
può dire che ai re, agli imperatori e ai governanti di
ogni risma e di ogni epoca, sia mancata la creatività
nell’eterna ricerca dei sistemi e dei modi per far quadrare i conti pubblici. Non mancano, naturalmente,
imposizioni arbitrarie per realizzare progetti anche faraonici ritenuti, dai governanti o dai despoti di turno,
necessari e indispensabili al loro prestigio o a quello
della Nazione. In questa categoria vanno inquadrate le tasse per le guerre, per i monumenti celebrativi
o autocelebrativi (dalla Torre di Babele alle Piramidi,
dai Mausolei alle lapidi per i caduti), o addirittura ai
matrimoni reali. Nella legislazione di Hammurabi, re
di Babilonia tra il 1792 e il 1750 a.C., sono presenti
norme sull’imposizione fiscale nell’antica Mesopotamia. Anche nel codice di re Lipit-Ishtar, che lo precedette sul trono babilonese almeno 150 anni prima, ci
sono precise disposizioni per la riscossione dei tributi.
E che nella Mesopotamia di allora non si tralasciasse
nulla di esistente e di evidente per imporre balzelli ai
cittadini lo dimostra questo brano di un testo sumerico d’epoca: «L’ispettore dei battellieri tassa i battelli,
l’ispettore del bestiame tassa il bestiame di grande e
piccola taglia, l’ispettore della pesca tassa i prodotti
della pesca. Quando un cittadino porta un montone
al palazzo per farlo tosare, se la lana è bianca paga
cinque sicli. Se un uomo divorzia dalla moglie, il governatore riceve cinque sicli e il suo ministro uno; se
un profumiere fabbrica un unguento, il governatore
riceve cinque sicli, uno il suo ministro e uno il soprintendente al Palazzo».
Il primo redditometro
Nel codice di Hammurabi, accanto alle tariffe delle varie imposizioni fiscali per i servizi commerciali ed economici, erano previste severe sanzioni a garanzia degli
utenti e dei contribuenti. In esso sono infatti previste
pene anche per i professionisti incapaci o disattenti e
per gli amministratori corrotti della cosa pubblica.
Una delle prime testimonianze storiche dell’imposizione fiscale per motivi bellici è quella del re assiro
Senràcherib (705-981 a.C.) che, per procurarsi le risorse necessarie alla sconfitta dei ribelli delle popolazioni
sottomesse, impose dei pesanti tributi agli Ebrei di Giudea. Molto più complessa e articolata di quella degli
altri popoli antichi era la regolazione dell’imposizione
fiscale presso gli Egiziani, che si basava sui censimenti
che venivano effettuati da personale altamente qualificato. Ogni capofamiglia era tenuto a fare la denuncia
dei campi, del bestiame e del raccolto delle terre a lui
assegnate. Le imposte venivano pagate in natura allo
Stato, che, a sua volta, provvedeva a dividere i prodotti tra i suoi dipendenti e ad accantonare le riserve per
i periodi di carestia. Il faraone, cioè a dire lo Stato, imponeva delle tasse anche sulle transazioni commerciali
e per questo in tutte le strade di frontiera e in tutti porti
c’erano dei posti di dogana per il controllo delle merci
in uscita e in entrata. Gli Egiziani inventarono uno dei
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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primi strumenti di misurazione della pressione fiscale,
quello che oggi si direbbe redditometro e che allora si
chiamava Nilometro o misuratore delle piene del Nilo:
erano dei pozzi artesiani che, collocati in punti strategici, servivano a calcolare la portata del fiume sacro
prima e dopo le piene. In base al livello dell’acqua si
stimava la quantità di limo riversata nei campi e quindi
si quantificava la tassazione sui terreni che il faraone
concedeva in gabella.
Fu però nell’antica Roma che l’imposizione fiscale
conobbe l’inizio di quella raffinata legislazione che è
giunta fino a noi. La pecunia pubblica, o meglio l’erario, trovò le sue fonti di approvvigionamento da diverse e ramificate entrate: dalla locazione di botteghe
all’affitto di spazi e aree pubbliche per le attività commerciali; dall’allacciamento agli acquedotti pubblici ai
diritti di portorium, cioè alle imposte doganali; dalle
decumae, le decime da pagare in natura per le gabelle sui terreni seminativi, alla scriptura per ottenere la
licenza di pascolo e di far legna nei boschi demaniali.
Ai tempi dell’imperatore Caligola fu istituita la vectigalia prostitutarum, cioè l’imposta sulla prostituzione,
un mestiere molto evidente, anche allora, per l’uso di
insegne ben esposte al pubblico. A chi praticava quella
professione veniva imposto un pagamento di almeno
il 20% del reddito medio calcolato sulla frequenza della strada e del luogo dove aveva sede l’esercizio. Prima di giungere alle casse dello Stato, le varie imposte
dell’Impero romano venivano raccolte i speciali cestelli
chiamati in latino fiscus, da cui derivò poi il nostro fisco, come sinonimo di erario.
Pecunia non olet
Per la costruzione di strade e case, i Romani impiegavano la manodopera gratuita degli schiavi, ma per
armare l’esercito e fare le guerre avevano bisogno di
ingenti somme di denaro, che in buona parte ricavavano dalle imposte sulla ricchezza e su generi di largo
consumo come il sale, uno dei pochi conservanti di
quell’epoca. Fu su questo cespite che gravava allora
una delle tasse più redditizie. Il sale divenne così costoso che venne utilizzato come mezzo di pagamento
per i soldati, che lucravano rivendendolo ai privati.
Dal pagamento «in sale» derivò la parola salario.
Per capire come la fantasia degli impositori non abbia mai conosciuto limiti e confini, basta ricordare che
l’imperatore Tito Flavio Vespasiano (9-79 d.C.) non si
fermò nemmeno di fronte ai bisogni fisiologici. Con
il duplice obiettivo di impedire lo sconcio di quanti
facevano la pipì per strada e di fare cassa, l’imperatore decise il capillare impianto in tutta Roma degli
orinatoi pubblici. La tassa, come spiegano gli storici,
non veniva pagata dagli utenti, ma dagli utilizzatori
finali, cioè dai cosiddetti fullones, lavandai che, dai
residui organici (leggi urina), ricavavano l’ammoniaca
che serviva loro per lavare e smacchiare le vesti e soprattutto per la concia delle pelli.
Lo storico SvetonioA (70-126 d.C.), nella Vita dei dodici Cesari, narra che, a quanti lo criticarono per la
centesima venalium, cioè la tassa sugli orinatoi perché «puzzavano», lo stesso imperatore, portandosi al
La Stele di Hammurabi, conservata al Louvre di Parigi.
naso alcune monete ricavate da quell’imposta, abbia
risposto con il celebre motto: Pecunia non olet, cioè
«i soldi non puzzano». In suo ricordo, ancora oggi, gli
orinatoi pubblici sono chiamati vespasiani.
All’imperatore Diocleziano ( 244-305 d.C.), accanto
all’introduzione del Calmiere dei prezzi delle merci, si deve l’istituzione di due nuove imposte: quella
sulla capitatio, che doveva essere pagata da tutti gli
individui maschi tra i 14 e 65 anni; e quella sulla iugatio, che era l’imposta sugli iugeri di terreno coltivabile posseduto. Lo iugero equivaleva alla superficie
che era possibile arare in una giornata di lavoro con
una coppia di buoi. Diocleziano creò anche l’ufficio
dell’ordo decuriorum, una organizzazione di funzionari, dislocata in tutto l’impero, per il controllo delle
entrate e delle uscite: una vera e propria agenzia fiscale ante litteram.
L’imperatore Costantino (274-337 d.C.) istituì il comes rerum privatarum e il comes sacrarum largitionum, responsabili rispettivamente del patrimonio della corona e di quello dell’erario. La decadenza politica
e la crisi economica, che investirono l’Impero tra il III
e il IV secolo, portarono a una esagerata imposizione che si manifestava anche sotto forma di vere e
proprie persecuzioni. Sugli aspetti più insolenti della
pressione fiscale nel IV secolo abbiamo una testimonianza di prima mano, scritta da Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Africa 250 circa – Gallie 327), uno degli
scrittori romani più celebri del suo tempo.
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Rivista
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Vespasiani di ieri…
“Tosare le pecore senza scorticarle”
Scrive Lattanzio: «Ogni volta che si presentavano gli
agenti del fisco preposti all’accertamento dei beni si
creava ovunque una grande confusione. Essi, infatti,
non solo misuravano i campi, controllavano gli alberi
e le viti, prendevano nota di tutte le specie di animali,
ma volevano anche contare gli uomini: a tal fine riunivano tutti gli abitanti delle città e delle campagne
nelle pubbliche piazze, ove ciascuno doveva trovarsi
insieme ai propri figli e a tutti i servi. E lì per l’appunto
avevano luogo pietosissime scene: infatti più o meno
tutti i presenti erano oggetto di crudi tormenti e di
dure percosse: i figli spesso si impiccavano per disperazione dinanzi agli occhi dei genitori; servi fedelissimi erano torturati per ottenere informazioni ai danni
dei padroni; persino mogli fedeli erano picchiate onde
costringerle a svelare i segreti del consorte. Se nulla si
otteneva per questa via, erano sottoposti a tortura gli
stressi capifamiglia, i quali, vinti dal dolore, finivano
talora per riconoscersi possessori di ciò che non possedevano».
L’Impero romano cadde anche per le esose imposizioni
fiscali, che costringevano molti cittadini, a partire da
quelli delle province di confine, a favorire le invasioni
dei cosiddetti barbari. In materia di tassazione a Roma
non si era tenuto conto del consiglio di Svetonio, che,
sempre nelle Vite dei dodici Cesari (cit.), aveva scritto: «Il buon pastore deve tosare le pecore, non scorticarle». Liberati dal giogo imperiale, le popolazioni si
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trovarono liberi dal pagamento di tasse per qualche
tempo, ma la non riscossione si tradusse in mancanza
di servizi assicurati dallo Stato: non furono più costruite strade e quelle esistenti non vennero più riparate;
la mancanza di un esercito comune favorì la nascita
di bande locali e quindi del brigantaggio; non c’erano
più scuole e ospedali, e così via. A colmare quel vuoto
ci pensò la Chiesa che, in base al Vecchio e al Nuovo
Testamento applicò la riscossione delle decime su tutti
proventi. C’era infatti scritto: «Digiuno due volte alla
settimana e pago le decime di tutte quante le mie rendite» (Luca 18, 12). Il problema si complicò quando
anche la nuova classe politica feudale del Medioevo
cominciò a esigere i suoi balzelli. Dopo i primi contrasti, il contenzioso si risolse con un compromesso,
cioè una netta spartizione dei ruoli e quindi della torta.
L’asse ecclesiastico riscuoteva sui suoi beni e quello laico sui vassalli e sul demanio. Un nuovo cambiamento
epocale si ebbe, a partire dal XIII secolo, con la nascita
del capitalismo e quindi di nuove classi sociali come
quelle degli artigiani, dei mercanti e dei banchieri, che
traevano le loro ricchezze non dal pagamento delle imposte ma dai guadagni sui commerci e sulle attività finanziarie. Dal Medioevo fino alla Rivoluzione francese
la storia fiscale è caratterizzata da una smisurata quantità di balzelli imposti, spesso, solo per rendere comoda
la vita dei feudatari di turno. Il sistema risultava più
iniquo in presenza della pluralità degli impositori costituiti da Stato, Chiesa e feudatari. Della lunga sfilza dei
balzelli medievali facevano parte: l’acquatico, imposta
per l’uso delle acque demaniali; il canone, prestazione
annua in denaro o in prodotti; il censo, rendita assicurata su poderi venduti oppure affittati; la colletta,
pagamento una tantum per speciali occasioni; il dazio,
tassa di consumo sui generi alimentari.
Lo jus primae noctis
La lunga lista può continuare con la decima, dovuta
alla Chiesa; il dominio, pagato al feudatario per la concessione delle terre; il donativo, da dare annualmente
al re; l’erbatico, per il diritto di pascolo; il focatico, imposta sulla casa (diritto di focolare); il foresteraggio,
tassa di soggiorno per stranieri; la gabella per il diritto
doganale; il pontatico, pedaggio per attraversare alcuni ponti; la regalia, tributo speciale per il sovrano; la
strenna, da pagare, in natura, al feudatario in occasioni
solenni, come per esempio il Natale, la nascita o il matrimonio di uno dei figli; il vinatico, tassa per la licenza
di vinificazione. Le imposte erano fisse e una tantum,
ma dove vigeva la legislazione medievale, tutti erano obbligati a macinare il grano, a frangere le olive,
a infornare il pane negli impianti del feudatario dietro
pagamento di imposte in natura. La tassa più odiosa
era lo jus primae noctis o feminarum, che consisteva
nell’obbligo delle ragazze da marito di giacere con il
feudatario di turno, per ottenere il permesso al matrimonio. Questo abuso introdotto per la prima volta in
Scozia, fu poi molto diffuso in Inghilterra, in Francia e
anche in Italia. Tale “diritto” tese a scomparire dopo
che molti feudatari ci lasciarono la pelle per mano di
innamorati comprensibilmente intolleranti, e fu poi so-
stituito dalla tassa sul matrimonio per le nubili, che, dal
prezzo pagato, una mezza marca d’argento, fu chiamato marchetta. E fu un balzello molto restio a morire,
se si pensa che, in alcuni Stati europei, le marchette
furono abrogate soltanto nel corso dell’Ottocento.
Con la Rivoluzione francese, scoppiata per porre fine
alle esenzioni fiscali per nobili e clero, fu stabilito il
principio che tutti dovevano pagare le tasse e che a
ogni imposizione corrispondesse un servizio per i cittadini. Veniva fissato un compromesso tra contribuenti
e utenti: nascevano così scuole, ospedali, strutture statali per tutti, ma anche i primi monopoli come quelli sul sale, sul tabacco, e nuove tasse di consumo sui
beni voluttuari come gli alcolici. Le imposte fondiarie e
quelle sugli immobili si cominciarono a pagare in base
ai registri del catasto. Poiché lo Stato aveva bisogno
di grandi introiti per attuare i suoi programmi di ammodernamento e quelli della difesa, anche in questo
caso non mancò la fantasia per imporre nuovi tributi.
Nacque allora tutta una serie di tasse per finanziare
le guerre napoleoniche come l’imposta sul cittadino,
equivalente al prezzo di tre giornate di lavoro. Gli
Inglesi rispondevano, mettendo le mani nelle tasche
dei contribuenti: il primo ministro britannico, William
Pitt, nel 1799, varò infatti la income taxe, tassa aggiuntiva del 10% sul reddito, per finanziare la guerra
contro i Francesi, che per lo scopo perseguito fu poi
chiamata «la tassa che sconfisse Napoleone». I Francesi introdussero anche l’imposta sull’aria e sulla luce
del Sole, calcolate sulla quantità che se ne riceveva in
casa attraverso le finestre. Quando il decreto napoleonico impose la riscossione di quella famigerata tassa
anche in Liguria, molti, per non pagarla, murarono le
loro finestre con il risultato di rendere malsane le case
e incrementare le malattie respiratorie.
L’imposta sui passeri
Lo stesso era successo alcuni decenni prima con l’imposta decretata in Polonia sui camini, molti dei quali
vennero demoliti per non pagare la tassa, con il risultato pratico di vivere poi nei miasmi dei fumi nocivi dei
focolari domestici. Se le finestre si potevano murare
le porte, invece, no! Ecco allora che in diversi Paesi
furono gravate di imposta le porte possedute, sia quelle esterne che quelle interne. Sulla esosità e curiosità
della tassazione inglese, nell’Ottocento, abbiamo la testimonianza di un osservatore di eccezione, Luigi Negrelli, che, inviato dalla Camera di Commercio di Zurigo a Londra, per studiare il sistema ferroviario locale,
nel 1836, resta meravigliato dalla chiusura delle strade
con barriere per permettere la riscossione di imposte
per il passaggio. Un ponte a Southampton era chiuso
da strettissimi cancelli in ghisa ai quali era collegata
un ruota che, girando segnava nella stanza dell’esattore quanto volte veniva aperto quello per le carrozze
e quell’altro per i pedoni. Per evitare imbrogli da parte
dell’esattore, la chiave del contatore era tenuta da un
controllore: a sera si verificava che vi fosse esatta corrispondenza tra le somme incassate e il numero dei passaggi. L’ingegnere trentino lamenta poi che per visitare
una qualsiasi chiesa di Londra fu costretto a pagare
…e vespasiani di oggi.
una vera e propria tassa. A San Paolo si pagavano 2
(Pence) centesimi per entrare da una porta laterale e
osservare soltanto le nudi pareti. C’era quindi una grata di ferro e per vedere la galleria principale si pagavano ancora 4 centesimi, per la biblioteca 2, per l’armeria
2, per la scala geometrica 6, per la grande campana 2,
per la cappella 2 e per le tombe 12 centesimi. E questo
solo per l’ingresso e senza diritto di una guida. Se gli
inglesi delle città erano tartassati per il pagamento dei
servizi, quelli delle campagne lo erano per l’incremento
della produttività: con un decreto del 1789, ai sudditi
britannici che abitavano nei villaggi investiti dalla piaga
dei passeri, che rovinavano i raccolti, toccava catturare e consegnare alle autorità almeno 12 di quei voraci volatili in cambio di un modesto compenso, chi si
presentava a mano vuote subiva una sanzione pari al
doppio del compenso offerto. Agli impositori di tutti i
tempi, come si diceva, non è mancata certo la fantasia:
lo zar Pietro il Grande (1689.1725) è ricordato anche
per la sua imposta sulla barba, facile da tassare per
la sua evidenza. Altre tasse sulle cose evidenti furono
quella sugli stivali, che si pagava in Prussia, e quella sui
cappelli, imposta in Inghilterra, patria delle bombette.
La prima imposizione sul copricapo era stata tuttavia
applicata nel XV secolo a Venezia, dove erano state
tassate le parrucche. La storia segnala ancora l’istituzione di tasse razziste come quelle imposte a tutti gli
ebrei maschi di età superiore a 12 anni da Ludovico il
Bavaro (1282- 1347).
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Rivista
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Tasse e tributi riscossi dallo stato dovrebbero tradursi in servizi al cittadino.
Dalla tassa sulla fame a quella sul celibato
Non sempre i sudditi contribuenti hanno accettato supinamente il pagamento dei balzelli, spesso l’esosità
fiscale ha portato a rivolte e a sconvolgimenti epocali,
come quelle ricordate, che portarono alla fine dell’Impero romano. Anche la Rivoluzione americana, come
quella francese, ebbe le sue radici nel rifiuto del pagamento di tasse ritenute esose e quindi ingiuste. Fu
infatti per opporsi alle forti imposizioni inglesi che i coloni americani si ribellarono e costituirono gli Stati Uniti
d’America. La goccia che fece traboccare il vaso fu,
nel 1773, l’introduzione del Tea Act, cioè una nuova
pesante tassa sul tè, che spinse i coloni a gettare in
mare il carico di tre navi giunte dall’Inghilterra e quindi
a dichiararsi indipendenti dalla madrepatria.
Non meno fantasiosi degli altri, sono stati gli Italiani,
che in questi primi 150 anni della loro Unità, in fatto di
tasse ne hanno escogitate di tutti i colori: da quella cosiddetta «sulla fame» o meglio sul macinato, decretata
dal ministro Quintino Sella (1827-1884), a quella per
la lotta al brigantaggio, imposta solo alle popolazioni
meridionali che, dopo essere state spogliate del tesoro
del Regno delle Due Sicilie, che andò a costituire i ¾
delle finanze del nuovo Regno d’Italia, si videro gravate da questo nuovo balzello finalizzato a combattere la
rivolta che il nuovo Stato aveva causato. La pressione
fiscale dell’Italia unita fu tale che una canzone popolare siciliana, ancora oggi in voga, ironicamente cantava:
«Governo italiano ti ringrazio che per fare la pipì non
fai pagare ancora dazio!».
Una delle leggi più vessatorie e curiose del periodo
fascista fu quella sul celibato, varata nel 1927, che,
per favorire l’incremento demografico, imponeva una
tassa a tutti gli uomini non sposati compresi tra i 25 e
65 anni. Fra le tasse curiose e dure a morire, in Italia,
c’è quella sul morto, pagata in molti paesi su ogni sepolto nei cimiteri comunali; quella sul gradino di casa
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che dà sulla strada pubblica, stabilita con l’art. 38 del
decreto 507/1993; c’è poi l’imposta sui balconi che
pendono sulla pubblica via. E meno male che non è
passata quella sulla pioggia che, a Ravenna, l’ente che
gestisce i servizi idrici intendeva far pagare, nell’anno
2008 (sic!), per la manutenzione della rete fognaria
per lo scolo delle acque piovane. E poiché la fantasia
fiscale non conosce latitudini, ricordiamo due curiose
imposte varate in Danimarca e in Olanda nell’anno
1900: la prima ha tassato gli pneumatici e la seconda
addirittura... l’abbondante letame, calcolato sui capi di
bestiame posseduto.
Non ci sono solo tasse curiose e ingiuste ma anche
proteste non sempre dettate da un buon ragionamento. Un esempio: l’imposta sui cani «considerati bene
di lusso», ventilata da parte del Governo Monti, ha
suscitato in tutta Italia una corale sollevazione in difesa
degli amici dell’uomo, da parte del popolo della rete,
che ha ipotizzato il rischio di abbandono degli animali
pur di non pagare la tassa. In Svizzera dove la tassa
si paga, e anche salata, le persone rispettano i loro
amici a quattro zampe, forse, più che in Italia. Anzi
il pagamento della tassa, con il controllo degli organi
preposti, garantisce le vaccinazioni e le cure ed evita,
soprattutto, il randagismo.
Le tasse bisogna pagarle, ma per evitare soprusi e abusi, e in molti casi anche il ridicolo, basterebbe solo seguire il consiglio di Roberto Vacca che, in La politica
è un’altra cosa: questa (Bompiani 1995), a proposito
del sistema fiscale, tra l’altro, scrive: «Il sistema giusto
è quello di avere poche imposte chiaramente definite e [soprattutto] di controllare che vengano pagate».
In Germania esiste persino un Museo delle tasse, lo
Steuermuseum di Brühl (Nord Reno-Vestfalia), dove,
lungo un itinerario didattico, sono documentati gli ultimi cinquemila anni di fantasia al potere nel campo
del fisco e dintorni.
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Eticamente
di Fabio Franceschini
Senza legalità nulla cambia
L’emergenza è lo “spread”? Anche. Ma non solo. Un’emergenza
strutturale in cui l’Italia si avvita da un ventennio, e la cui non
ancora completa soluzione rende impossibile affrontare tutte
le altre urgenze (debito pubblico, occupazione, fisco, sviluppo,
grandi opere, sicurezza e welfare), ha un nome preciso: legalità.
L
La legalità non è sempre stata una presenza costante nel discorso politico e della coscienza collettiva, nonostante i continui ammonimenti da parte
del Capo dello Stato, che non perde occasione per
sottolineare come l’evasione fiscale e la corruzione siano pratiche intollerabili. Ma alle parole del
capo dello stato devono seguire i fatti, le azioni:
dei cittadini, che non possono esimersi dall’avere
un comportamento etico, perché nessuno deve
limitarsi alla semplicistica pratica della critica non
costruttiva, altrimenti si corre il rischio che le esortazioni (e le leggi nazionali che ne seguono) rimangano parole al vento; una giaculatoria priva
di efficacia. Insomma, tutti devono fare la propria
parte a difesa della legalità: i politici legiferando e
dando l’esempio, i cittadini rispettando le leggi e
le regole a difesa di un principio che non sia solo
ridotta al rango di una pia aspirazione.
Il governo Monti simpatizza col modello danese,
che plaude alla flessibilità del lavoro. In Danimarca
la precarietà del lavoro non esiste e la mobilità che
in Italia viene vissuta dalla maggior parte dei lavoratori con angoscia, in Danimarca, pur interessando circa 800 mila persone su un totale di 4 milioni
di lavoratori, non spaventa, perché l’accesso a
un altro impiego è garantito, soprattutto grazie
al ruolo del sindacato nella gestione del sistema
di orientamento e formazione. Per questo si può
quasi dire che in Danimarca la disoccupazione di
lunga durata non esista: la metà dei disoccupati
trova un nuovo posto di lavoro in meno di dodici
mesi.
Non è sicuramente un modello di facile esportazione, soprattutto in Italia, in quanto richiede:
una Pubblica Amministrazione efficiente,
elevati tassi di scolarità.
Un ex-ministro rivela che, dopo averlo studiato
in loco, il governo Prodi rinunciò a importarlo,
perché mancavano le condizioni culturali che ne
impedissero l’abuso: un diffuso senso dello Stato
e della legalità, appunto.
Se, dato il momento di crisi mondiale risentita
anche dall’economia italiana, si chiede alla gente di fare sacrifici contribuendo a risanare le casse
dello Stato (rinunciando a qualcosa delle sudate
pensioni o dei piccoli patrimoni messi insieme),
non si dovrebbe garantire impunità alle cricche
d’establishment e a chi ha trattato un ente o una
risorsa pubblica come privatissima proprietà, con
la conseguenza di privare i cittadini di un qualcosa
che appartiene loro: la “res publica” da cui prende
le mosse il principio e lo spirito della democrazia.
Ora si parla di “crescita”, dunque di opere pubbliche, di incentivi, di liberalizzazioni e privatizzazioni, ma un chilometro di ferrovia o di autostrada
costa in Italia di più che in Francia o Germania:
il costo della mancata legalità. E in passato ogni
bene pubblico è stato svenduto, coniugando impoverimento dello Stato, nuove inefficienze, indecenti arricchimenti di amici degli amici: su scala
ridotta, il modello degli oligarchi putiniani. Per indigenza di legalità, anche qui.
Diventa retorico e rischia di apparire ambiguo,
perciò, pronunciare una volta di più la parola
equità, se non si mette mano a una vera e propria “rivoluzione della legalità”. Sono due facce
della stessa medaglia, esattamente come giustizia
e libertà. La rivoluzione della legalità oltretutto, è
l’unica riforma a costo zero. Anzi, a introito sicuro, progressivo, ciclopico. Tra evasione, corruzione, mafie, ogni anno vengono sottratte ricchezze
equivalenti a cinque o dieci manovre “lacrime e
sangue”.
In questi ultimi vent’anni – esattamente il 17 febbraio del 1992 veniva arrestato Mario Chiesa e
cominciava “Mani Pulite” – la politica non sempre
è riuscita a contrapporsi con efficacia al malaffare
e ad affermare la legalità. Un governo per essere sempre piu’ credibile non deve mai stancarsi
di perseguire una strada maestra: far rispettare le
leggi, colpendo chi sbaglia, condannando qualsiasi comportamento che possa danneggiare i cittadini e tutto ciò che si oppone ad una giustizia
compiuta. La legalità presa sul serio.
In quest’ottica, sembra un’occasione per il Parlamento di dare un forte segnale non opponendosi
alla custodia cautelare dell’onorevole Cosentino,
così non è stato. Ma con la piena fiducia nella
magistratura, la vicenda di sicuro non può dirsi
conclusa e anche qua la legalità alla fine trionferà
e sarà fatta rispettare. Sono sicuro che non mancherà occasione per dimostrare quanto sia importante la legalità, ma anche noi cittadini dobbiamo
dare una spinta in tal senso, abbandonando quella logica del più furbo che fastidiosamente sembra
tanto cara a noi italiani.
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Rivista
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Esame dei provvedimenti in materia
di entrate adottati dai governi
Monti e Berlusconi (parte seconda)
di Alberto Crosti*
Nel numero precedente di questa Rivista sono stati
esposti i principali provvedimenti, in materia di entrate,
adottati dal Governo Monti. Già però in precedenza il
Governo Berlusconi, con lo scopo di riequilibrare il Bilancio dello Stato italiano, aveva varato alcune misure
finalizzate sia ad incrementare le entrate sia a rilanciare
la crescita del sistema economico italiano.
Provvedimenti adottati dal governo Berlusconi
L’operato del Governo si è manifestato nell’adozione di
numerosi provvedimenti di riferimento:
- in primo luogo il Decreto Sviluppo1
- quindi la manovra correttiva 2011 bis2
- seguita dalla manovra di Ferragosto3
- infine l’ultima manovra (legge di stabilità), quella che ha
immediatamente preceduto le dimissioni dell’ex Presidente del Consiglio, On.le S. Berlusconi4
La manovra correttiva 2011 bis
“Stock options” concesse a dirigenti del settore bancario
e finanziario: per i bonus attribuiti a dirigenti (ed anche
a collaboratori) di istituzioni finanziarie e di società “holding” aventi partecipazioni finanziarie, è prevista una tassazione supplementare rispetto a quella normale (IRPEF).
La logica di questo provvedimento trova il suo fondamento nel tentativo di ridurre gli effetti distorsivi legati all’attribuzione di “bonus” particolarmente elevati a dirigenti
di strutture finanziarie.
La manovra 2011 semplicemente si limita ad introdurre
delle modifiche al testo del D.L. no. 78 del 2010, che aveva legiferato in materia: la maggiore tassazione si concretizza di fatto in un prelievo del 10% sulla parte della
retribuzione variabile che superi la componente fissa della
retribuzione erogata5.
Interessa rimarcare in questa sede che l’applicazione della
maggiore ritenuta addizionale riguarda anche i soggetti
beneficiari di piani di “stock options” che prestano la propria attività all’estero.
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Il riporto in avanti delle perdite fiscali: la manovra 2011
ha introdotto importanti novità in tema di possibilità di
portare in avanti le perdite fiscalmente rilevanti6 .
Le perdite contabilizzate, per la parte che ha rilevanza fiscale, sono distinte in due categorie:
- quelle realizzate durante i primi tre anni di attività
- quelle realizzate successivamente
Per la prima tipologia di perdite, il riporto in avanti è possibile senza limiti di tempo, e le medesime sono integralmente compensabili con futuri utili.
Per la seconda tipologia di perdite, il riporto è sempre
possibile senza limiti di tempo (in precedenza il limite era
di anni 5), ma solo l’80% concorre a compensare gli utili
di ciascun anno. L’eventuale 20% non utilizzato il primo
anno potrà in ogni caso essere utilizzato successivamente.
La manovra di “Ferragosto”
Settore petrolifero: l’addizionale IRES (“Robin tax”) applicata alle imprese operanti nel settore petrolifero ed in
quello dell’energia elettrica è stata elevata al 10,50% per i
periodi di imposta dal 2011 al 2013. Sono incise da questo
aumento le società aventi ricavi superiori ad € 10 milioni, e
con un reddito imponibile superiore ad € 1 milione.
Contributo di solidarietà: con il preciso scopo di migliorare
la situazione di Bilancio, è stato introdotto, a carico dei soggetti persone fisiche che godono di alti redditi, il contributo
di solidarietà. Sono colpiti da questa imposta straordinaria,
per un periodo di anni 3, ad esempio i lavoratori autonomi
od i dipendenti privati, che godono di un reddito annuale
ai fini IRPEF superiore ad € 300.000: la quota eccedente è
assoggettata ad una ulteriore tassazione del 3%7.
Riduzione delle agevolazioni fiscali: sempre nel tentativo
di pareggio del Bilancio, sono state ridotte le varie agevolazioni fiscali concesse ai contribuenti, applicando a tutte
un abbattimento lineare. In particolare:
- la riduzione è del 5% a fronte delle agevolazioni a partire dal periodo fiscale 2012
- quindi passa al 20% a partire dal 2013
Legge no. 106, di conversione del D.L. no 70 del 13 Maggio 2011.
Legge no. 111 del 15 Luglio 2011, di conversione del D.L. no. 98 del 6 Luglio 2011.
Legge no. 148, del 14 Settembre 2011, di conversione del D.L. no. 138/2011.
Legge no. 183 del 12 Novembre 2011, pubblicata in data 14 Novembre 2011 sulla G.U. n. 265.
La norma precedente invece prevedeva che l’addizionale del 10% venisse applicata sulla parte della remunerazione variabile che
eccedeva il triplo della componente fissa. Per ulteriori riferimenti, cfr. la C.M. no. 41/E del 5 Agosto 2011.
Occorre tenere presente che la normativa italiana consente un disallineamento tra il risultato fiscale, quale base imponibile, ed il
risultato del Bilancio prima delle imposte: ad esempio a causa di costi fiscalmente non deducibili ma solo dal punto di vista civilistico.
Il contributo in questione è però deducibile dal reddito del successivo periodo fiscale: questa di fatto attenua sensibilmente l’incidenza
del contributo di solidarietà.
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Rivista
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“Stock options” concesse a dirigenti del settore bancario e
finanziario: per i bonus attribuiti a dirigenti (ed anche a collaboratori) di istituzioni finanziarie e di società “holding”
aventi partecipazioni finanziarie, è prevista una tassazione
supplementare rispetto a quella normale (IRPEF).
La riduzione in questione potrebbe essere rivista od addirittura annullata se nel frattempo il Governo riesce ad
attuare la riforma fiscale entro il 30 Settembre 2012.
Società in perdita sistemica: se certe condizioni sono
soddisfatte, un soggetto societario che presenti Bilanci in
perdita per tre esercizi consecutivi potrebbe essere qualificato ai fini fiscali come società di comodo, ed assoggettato alla tassazione con aliquota IRES del 38% anziché del
27,50% (dall’esercizio 2012 per i soggetti “solari”).
Il soggetto societario ha la possibilità di chiedere la disapplicazione di questa nuova regola mediante la presentazione di un “interpello” (ruling) rivolto all’Amministrazione Finanziaria. La tracciabilità dei movimenti
finanziari: particolarmente percepita in Italia è l’esigenza
di contrastare il riciclaggio del denaro e l’utilizzo del sistema finanziario finalizzato al medesimo. In questa ottica il
provvedimento riduce la soglia dei movimenti tracciabili,
dai precedenti € 5.000 ad € 2.500: l’importo in questione
costituisce il limite al di là del quale non è possibile usare
denaro contante nelle transazioni messe in atto da privati,
imprenditori o lavoratori autonomi.
Aumento dell’aliquota IVA ordinaria dal 20% al 21%:
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la
con decorrenza dal 17 Settembre 2011 l’aliquota IVA
normale è passata dal 20% al 21%, mentre non sono
state modificate le altre aliquote (4% e 10%). Riordino
del regime fiscale dei redditi di natura finanziaria, inclusi i dividendi: a partire dal 1° gennaio 2012 l’aliquota
base delle ritenute sui redditi di natura finanziaria è pari al
20%. Accanto all’aliquota base verrà mantenuta l’aliquota del 12,50%, ad esempio sugli interessi corrisposti sui
titoli del debito pubblico italiano, o del debito pubblico di
stati esteri inseriti nella “white list”8.
Con riferimento agli interessi verso l’estero, l’aumento
dell’aliquota della ritenuta dal 12,50% al 20% a fronte degli interessi in uscita suggerisce di documentare
in modo puntuale i requisiti per l’applicazione della ritenuta convenzionale piuttosto che di quella normale:
nel caso della Svizzera la ritenuta convenzionale è pari
al 12,50%, e quindi ben inferiore a quella normale.
Occorre dire che l’Accordo tra la Svizzera e l’UE, siglato nel contesto dell’applicazione della Direttiva risparmio tra le U.E. e la Svizzera, non viene toccato
da questa nuova regolamentazione. Pertanto, se certe
condizioni sono rispettate, gli interessi godranno di
una totale esenzione da ritenute alla fonte in uscita.
Reati tributari: la normativa penale in materia di reati
fiscali è stata rafforzata, in particolare riducendo sensibilmente le soglie di imposta evasa a partire dalle quali
scatta l’applicazione delle sanzioni penali. Ad esempio:
- € 50.000 di imposta evasa determinano la configurazione del reato di infedele dichiarazione
- € 30.000 di imposta evasa configurano il reato di
omessa dichiarazione
L’ultima manovra del Governo Berlusconi:
la legge di stabilità
Il quarto ed ultimo intervento del Governo presieduto
dall’On.le S. Berlusconi si è concretizzato nella emanazione della Legge no. 183 del 12 Novembre 2011,
la cui entrata in vigore decorre dal 1° gennaio 2012,
comunemente nota come “legge di stabilità”.9
Dal punto di vista fiscale la Legge citata non introduce modifiche particolarmente significative, incidendo
maggiormente su aspetti quali, ad esempio, la liberalizzazione delle professioni, piuttosto che sulla “corporate governance”.
Interessante, ma ricco di incognite, è il cambiamento previsto per il controllo dei conti, esercitato in Italia dal Collegio Sindacale, generalmente composto
da tre membri effettivi e da due supplenti: se certe
condizioni sono soddisfatte, sarà possibile procedere
alla nomina di un Sindaco unico, al posto dell’ attuale Collegio: la collocazione all’articolo 14 della Legge
Il differenziale del 7,50% a favore dei titoli del debito pubblico italiano costituisce un forte incentivo alla sottoscrizione dei medesimi,
in particolare in un contesto di non facile collocamento delle nuove emissioni per le note vicende economiche finanziarie.
Le Legge no. 183 riveste una particolare rilevanza nel contesto della non facile vita politica italiana: l’On.le Berlusconi aveva
condizionato le sue dimissioni all’approvazione della medesima, dimissioni puntualmente date una volta soddisfatta la condizione. Il
contenuto della citata Legge riflette gli impegni che il Governo italiano aveva assunto nei confronti dell’UE finalizzati al riequilibrio
della finanza pubblica.
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
(“Riduzione degli oneri amministrativi”) attribuisce
alla novità l’intento di alleggerire il costo dei controlli
sulle imprese.
*****
Il rapporto con la Svizzera: come potrebbe evolversi
Secondo voci autorevoli, l’ex Ministro Tremonti, prima
delle dimissioni del Governo Berlusconi, sembrava essere in procinto di definire il contenzioso in essere con la
Svizzera: si stimava che l’accordo, molto simile agli accordi siglati dalla Svizzera con il Regno Unito e la Germania, avrebbe originato per l’Italia un’entrata straordinaria
estremamente elevata10.
Cosa ne sarà ora di queste trattative? È molto difficile fare
delle previsioni, alla luce di affermazioni contrastanti in
seno al Governo11: l’impressione è che il Governo Monti non metterà mano al “dossier” a breve, avendo delle
priorità sia “mediatiche” sia imposte dalla UE assai più
vincolanti e pressanti: di per certo potrebbe godere di un
“tesoretto” consistente proveniente dalla vicina Svizzera .
Occorre però osservare che non sembra essere molto facile il percorso dei due Accordi stipulati con i due citati
Paesi dalla Confederazione elvetica, per tutta una serie di
problematiche da risolvere. In sintesi arrivare a trasferire
in Italia il “tesoretto” che, per lo meno virtualmente, giacerebbe in Svizzera sembra presentare difficoltà ad oggi
molto alte.
Merita una considerazione il netto e stridente contrasto
esistente tra la massima tutela che ancora oggi la Svizzera garantisce al segreto bancario da un lato, e la totale
caduta del medesimo nei rapporti con l’Amministrazione
Fiscale in Italia dall’altro: ci si domanda se, in soccorso
degli evasori, lavoreranno i segreti bancari dei vari Paesi
che tutelano il segreto bancario, ed in particolare di quel
paese verso il quale “l’italico medio” ha una “attrazione
fatale”, sovente senza alcun collegamento con l’evasione
fiscale, che lega gli italiani alla vicina Svizzera.
Considerazioni finali
È prematuro, e in ogni caso non è il nostro compito, valutare l’operato del Governo presieduto dal Prof. Mario
Monti, stante la situazione del tutto eccezionale, e for-
L’addizionale IRES (“Robin tax”) applicata alle imprese operanti nel settore petrolifero ed in quello dell’energia elettrica è stata elevata al 10,50% per i periodi di imposta dal 2011 al 2013.
se irrepetibile per lo meno in Italia, che lo ha proiettato
a divenire, in pochi giorni, Capo del Governo italiano:
chiamato come “medico chirurgo specialista” al capezzale di un malato giudicato “terminale”12, con una febbre
(“spread”13) altissima, si è comportato, sinora, come tale.
Quali sono le possibilità di recupero che il malato ha? In
sintesi, da questa “cura di cavallo”, come ne uscirà la crescita in Italia? Potrà essere molto compromessa?
Questo sembrerebbe essere il timore di numerosi commentatori del contenuto della “manovra”. Per il momento la “febbre” sembrerebbe essersi un po’ ridotta, ma di
per certo non eliminata: basterà? 14
*Dottore Commercialista e Revisore Legale in Milano
10 Secondo l’economista svizzero Jaeggi (intervista de “Il Giornale” del 30 Ottobre 2011) si stima che gli italiani detengano in Svizzera
circa 400 miliardi di euro. In data 29 Ottobre 2011 “Il Corriere della Sera” stimava un gettito oscillante tra i 26 ed i 70 miliardi di
euro quale conseguenza dell’accordo, oltre ad un incasso annuo di 1 miliardo di euro sugli interessi futuri: la stima era però elaborata
sull’ipotesi di fondi pari a circa 126 – 200 miliardi di euro.
11 Il Ministro Giarda, incaricato dei rapporti con il Parlamento, rispondendo al “question time” parlamentare del 7 Dicembre 2011,
ha escluso ogni accordo simile a quelli prospettati con il Regno Unito e la Germania: ha espresso l’opinione che un simile accordo
non rientrerebbe nella tipologia delle convenzioni OCSE, ma piuttosto di fatto sarebbe una sanatoria, che comporterebbe molto
probabilmente l’apertura da parte della U.E. di una procedura di infrazione contro l’Italia. Più recentemente, in occasione di
un’intervista alla televisione, il Ministro per lo sviluppo Passera si è espresso in modo possibilista sulla ripresa delle trattative con la
Svizzera.
12 È nostra personale opinione che il giudizio formulato sull’Italia, come malato terminale, sia eccessivo, stante il rispetto da parte
dell’Italia di tutta una serie di parametri che danno un quadro totalmente diverso della “malattia”: ad esempio il risparmio delle
famiglie, tra i più alti in Europa , oppure i consumi di macchine di lusso , molto più alto che in Francia, o ancora la proprietà
immobiliare molto più diffusa che nella maggiore parte dei paesi europei, od ancora gli attivi che gli italiani detengono in Svizzera.
Anche il rapporto tra debito pubblico e P.I.L., oggi al 120%, verrebbe notevolmente ridimensionato se al denominatore venisse
appostato il PIL. opportunamente integrato dell’effettivo prodotto lordo del “sommerso“ (Il Corriere della Sera, 4 Dicembre 2011, a
cura di Milena Gabanelli).
13 Lo “spread” misura il differenziale tra il rendimento dei titoli del debito pubblico italiano rispetto ai titoli del debito pubblico
tedesco.
14 L’effetto “spread” pesa notevolmente sui conti pubblici dell’ Italia: nel 2012 il maggiore onere per interessi si attesterebbe sui 16,9
miliardi di euro.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
29
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La mediazione secondo il nuovo Codice
di procedura civile svizzero
di Barbara Klett*
I conflitti fra aziende, fra partner commerciali o all’interno di un’azienda sono all’ordine del giorno. Tali
conflitti hanno perlopiù effetti distruttivi e impegnano
risorse finanziarie e temporali non indifferenti. Solamente poche aziende possono permettersi procedure
giudiziarie lunghe e costose in caso di conflitti. La mediazione, in molti casi, rappresenta pertanto un valido
metodo alternativo di risoluzione del conflitto. Il legislatore svizzero ha riconosciuto i vantaggi e le possibilità della mediazione come alternativa alla procedura
giudiziaria, ancorando l’istituto della mediazione nel
nuovo codice di procedura civile entrato in vigore a
inizio 2011.
agisce come intermediario tra le parti. Egli è esclusivamente responsabile dell’avanzamento della procedura.
Le soluzioni vere e proprie sono elaborate di comune
accordo dalle parti. Quest’ultime prendono le decisioni
necessarie e dominano dunque la procedura.
Importante nella procedura di mediazione è dunque il
fatto che le parti sono protagoniste nella ricerca di una
soluzione della propria vertenza. Nel caso di mancato accordo, hanno la possibilità di ricorrere al giudice
ordinario. La mediazione, infatti, rappresenta un tentativo di soluzione autonoma basato sul dialogo e la
cooperazione tra le parti e non esclude o sostituisce il
sistema giudiziario.
La mediazione come alternativa
alla procedura giudiziaria
La mediazione è una forma di risoluzione del conflitto nonché un’alternativa alla procedura giudiziaria. La
mediazione è per definizione una procedura di elaborazione di conflitti strutturata ed extra-processuale,
all’interno della quale le persone coinvolte nel conflitto – con l’aiuto di un terzo neutrale – elaborano di
comune accordo una soluzione al conflitto stessa. Il
mediatore, al contrario di un giudice, nella procedura
di mediazione non ha alcun potere decisionale, bensì
L’importanza della mediazione
nell’ambito commerciale
In Svizzera, la mediazione è conosciuta dalla metà degli anni ‘80. Essa ha preso piede in diversi ambiti, tra
cui il mondo economico. L’importanza della procedura
di mediazione è sottolineata anche a livello europeo. Il
Parlamento europeo all’inizio del 2008 ha, infatti, codificato la procedura di mediazione emanando la direttiva concernente determinati aspetti della mediazione in
materia civile e commerciale (Direttiva 2008/52/CE).
Ultimamente il Parlamento europeo ha esaminato l’e-
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
31
secuzione della direttiva in questione e, nel settembre
del 2011, ha allestito un rapporto che rileva i vantaggi
nei confronti di procedure giudiziarie civili e commerciali, come il risparmio in termini di tempo e costi e le
alte probabilità di successo. Il rapporto ha anche posto
l’accento sulla necessità di una maggiore informazione dei cittadini sulla mediazione quale alternativa alle
vie giudiziarie. Per questo motivo l’UE ha intenzione
di promuovere l’esecuzione della direttiva relativa alla
mediazione negli stati membri entro la metà del 2012.
Codificazione della procedura di mediazione
La mediazione è stata codificata in Svizzera a partire dal 1° gennaio 2011 nel Codice di procedura civile
svizzero (CPC). L’inserimento della mediazione nella
CPC svizzera rappresenta un completamento importante delle procedure autoritative già esistenti. Il CPC
svizzero differenzia due forme di mediazione: da una
parte la mediazione al posto della procedura di riconciliazione, dall’altra la mediazione come procedura incidentale all’interno di una procedura già pendente. La
legge regola l’organizzazione, la segretezza e indipendenza, l’approvazione dell’accordo stipulato così come
la questione dei costi. Secondo la legge è compito delle
parti di vagliare la strada della mediazione (e con essa
il mediatore) al posto della riconciliazione obbligatoria.
La necessità di un accordo tra le parti mette in risalto
la volontarietà della procedura di mediazione. La mediazione termina quando le parti stipulano un accordo
extra-giudiziario oppure quando almeno una di esse
32
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
comunica all’autorità di conciliazione il fallimento delle
trattative. In questo secondo caso il giudice rilascerà
l’autorizzazione ad agire, permettendo così l’avvio della procedura giudiziaria.
La legge non regola ogni dettaglio della procedura di
mediazione. Le parti devono, infatti, poter decidere
le condizioni-quadro per la mediazione, libere da obblighi e limiti. Ciò avviene regolarmente attraverso la
stipulazione del contratto di mediazione, il quale dovrebbe regolare i seguenti punti: modo di procedere,
organizzazione (tempo/logistica), onorario del mediatore, suddivisione dei costi così come la volontà delle
parti di consegnare al tribunale un eventuale accordo
extra-giudiziario.
Disbrigo attraverso l’accordo di mediazione
La mediazione termina solitamente con la stipulazione
di un accordo scritto comprendente tutte le soluzioni
pattuite. Le parti possono richiedere al giudice competente l’approvazione dell’accordo rispettivamente
dell’accordo parziale. L’accordo, rispettivamente l’accordo parziale, così approvato è paragonato a una
sentenza.
Anche durante la procedura decisionale una mediazione intesa come procedura incidentale può sempre
essere consigliata dal tribunale o richiesta di comune
accordo dalle parti. Il tribunale non può obbligare le
parti alla mediazione. Secondo le circostanze, comunque, una spintarella del tribunale verso un tentativo di
mediazione può essere utile.
Perché una procedura di mediazione?
Un confronto con le procedure giudiziarie ordinarie
mostra che la procedura di mediazione, regolarmente,
termina più rapidamente e con un minore dispendio di
denari. Dato che le parti non delegano la loro competenza decisionale, possono prendere posizione attivamente nella procedura. La mediazione è tradizionalmente adatta per soluzioni a lungo termine all’interno
di rapporti duraturi, proprio nell’ottica della collaborazione futura. Ciò concerne situazioni in cui i rapporti
personali tra le persone coinvolte giocano un ruolo
importante e/o situazioni in cui accanto al chiarimento
di fatti passati è necessaria anche una soluzione orientata al futuro (ad esempio in caso di conflitti all’interno
di organizzazioni e aziende, tra aziende nell’ambito di
rapporti commerciali di lunga durata, in caso di litigi di
vicinato e per regolare la successione). La mediazione è
in particolar modo adatta a litigi con più parti coinvolte
e/o a litigi coinvolgenti persone di culture diverse.
La mediazione shuttle
La prassi ha mostrato che anche nel caso di cosiddetti
litigi liquidanti – vale a dire se le parti non pianificano
una collaborazione futura – l’esecuzione di una procedura di mediazione può essere efficiente. La metodologia, in questi casi, deve essere adattata. Se le parti
litigano e non hanno alcun interesse l’una per l’altra
non accetteranno di impegnarsi in un discorso comune e costruttivo. In questi casi è adatta la cosiddetta
mediazione pendolo (dall’inglese shuttle-mediation).
La mediazione shuttle o caucusing consiste in sessioni
di mediazione individuali, tenute con i singoli partner:
l’immagine della ‘navetta’ che si sposta da un luogo
a un altro descrive in modo plastico questa peculiare
strategia. In questa forma di mediazione i colloqui e le
trattative con le parti si svolgono separati. Il mediatore
si muove tra le due stanze ove si trovano le parti e promuove una comunicazione appropriata alla situazione
e costruttiva rispettivamente assume l’onere di trasmissione delle offerte di transazione. La forza di questo
metodo risiede nel fatto che le parti, nel quadro dei loro
colloqui individuali con il mediatore, possono parlare
liberamente di temi confidenziali e riflettere bene sulle
loro offerte. Dato che manca un confronto diretto tra le
parti, si evitano comportamenti reattivi e la problematica legata all’immagine (rischio di screditarsi / di perdere la faccia). Il modello della mediazione shuttle può
essere impiegato anche a fasi, dunque non per tutta la
durata della mediazione, ma solo per una fase di stallo,
che può essere così più facilmente superata.
Partecipazione dei rappresentanti legali
La questione legata alla necessità della presenza dei
rappresentanti legali nella procedura di mediazione va
discussa nel quadro della preparazione della procedura
di mediazione. In generale si può dire che proprio in
casi complessi a livello tecnico-giuridico è sensato che
le parti siano rappresentate legalmente. Gli avvocati
possono spiegare la mediazione e favorirla, mostrando i rischi procedurali; essi possono inoltre occuparsi di
compiti puntuali quali il controllo giuridico, la formulazione dell’accordo e il controllo della correttezza.
La ricerca di un mediatore
Il Codice di procedura civile svizzero non prescrive
determinate qualificazioni professionali per i mediatori. Le associazioni professionali assicurano attraverso
standard di qualità, regole associative e con l’accreditazione dei loro membri che il mediatore disponga
di una solida formazione di mediatore, agisca conformemente alle regole del mestiere e si perfezioni continuamente. Le maggiori associazioni in ambito della
mediazione commerciare sul territorio svizzero sono le
seguenti: Coordinazione Mediazione Svizzera (www.
mediationschweiz.ch); Associazione svizzera degli avvocati (www.swisslawyers.ch); Camera svizzera per la
mediazione commerciale (www.skwm.ch).
Potenzialità della mediazione e considerazioni finali
In conclusione si può affermare che la mediazione è
un’alternativa interessante alla procedura giudiziaria
ordinaria. I vantaggi della mediazione rispetto a una
procedura giudiziaria sono legati principalmente al diritto di autodeterminazione delle parti. Davanti al tribunale le parti perdono il loro influsso sulla soluzione
del conflitto, sui costi e sull’avanzamento temporale
della procedura. Tutto ciò, infatti, risiede nell’ambito
di competenza del giudice. La sentenza emanata da
un terzo, giudice o arbitro, deve essere accettata dalle
parti come tale. Al contrario, nel quadro della mediazione le parti hanno influsso sui fattori più importanti,
come tempo e costi così come la ricerca della soluzione.
Anche considerando l’effettività e il risparmio di risorse
la mediazione, nell’ambito commerciale, rappresenta
un’efficace alternativa alla procedura giudiziaria. Accanto a procedure di mediazione extra-processuali, la
mediazione può e dovrebbe essere sempre più utilizzata anche nell’ambito di procedure giudiziarie già promosse, al fine di risolvere il litigio in maniera efficiente.
*Rechtsanwältin, LL.M
Fachanwältin SAV Haftpflicht- und Versicherungsrecht
Mediatorin SAV/DAA
Kaufmann Rüedi Rechtsanwälte AG, Luzern
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la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
33
Burocratiche
di Manuela Cipollone
Mille proroghe
Salva Italia
Legge Comunitaria
Mille proroghe, Salva Italia, Legge Comunitaria. Tanti e importanti i provvedimenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale a
cavallo del nuovo anno che ha visto entrare in vigore anche
le nuove norme sui rimpatri volontari degli immigrati e il
pagamento del permesso di soggiorno.
E
È entrato in vigore il 28 dicembre il “Salva Italia”,
decreto così battezzato dal Presidente Monti, che
reca “disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e
il consolidamento dei conti pubblici”, cioè la manovra “lacrime e sangue” che dovrebbe rimettere
in piedi l’Italia.
Il giorno seguente, il 29 dicembre, è entrato in vigore il decreto legge che proroga le missioni internazionali e gli interventi della cooperazione italiana
nel mondo. In particolare, l’artico 1 elenca tutte le
missioni che impegnano l’Italia all’estero, soprattutto in Medio Oriente, Africa, Balcani e Mediterraneo, quantificando le risorse da destinare a ciascuna. La stessa cosa fa l’articolo 7 per le Iniziative
di cooperazione allo sviluppo. L’attuazione di queste norme costerà all’Italia 1.402.405.458 euro.
Sempre il 29 è divenuto legge il “Milleproroghe”,
quest’anno meno corposo del solito, tanto da far
ironizzare il Presidente Monti sull’opportunità di
chiamarlo ancora così. Trenta, comunque, gli articoli del decreto che “Proroga di termini previsti da
disposizioni legislative” che vanno dalle assunzioni nella Pubblica Amministrazione all’ippica, passando per gli ammortizzatori sociali ai farmaci, ai
trasporti locali.
Commissione grandi rischi
Firmato dall’ex Presidente del Consiglio Berlusconi, è stato pubblicato negli ultimi giorni del 2011 il
decreto che riorganizza la Commissione Nazionale
per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi,
che definisce cinque settori di intervento (rischio
sismico; vulcanico; meteo-idrologico, idraulico e
di frana; chimico, nucleare, industriale e trasporti; ambientale e incendi boschivi) e le competenze
della commissione, il cui obiettivo è quello di “for-
34
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
nire al Dipartimento della protezione civile pareri
di carattere tecnico-scientifico su quesiti posti dal
Capo del Dipartimento della protezione civile, in
relazione alle diverse tipologie di rischio”.
Il decreto definisce organizzazione e funzionamento della Commissione, che rimane in carica per cinque anni.
Sul fronte immigrazione, sono state pubblicate in
Gazzetta le “Linee guida per l’attuazione dei programmi di rimpatrio volontario e assistito” degli
immigrati extraeuropei che ne facciano richiesta.
Sette gli articoli del decreto firmato dall’ex Ministro dell’Interno Roberto Maroni che spiega in cosa
consistono i Programmi di rimpatrio, ne definisce
l’accesso e le priorità per l’ammissione, per poi indicare i criteri per l’individuazione delle organizzazioni, degli enti e delle associazioni che possono
affiancare il Viminale
Al vecchio governo si deve anche il decreto sul
“Contributo per il rilascio ed il rinnovo del permesso di soggiorno”, firmato dai ministri Tremonti
e Maroni.
È entrata in vigore il 17 gennaio la Legge comunitaria 2010: si tratta della prima legge approvata
dall’entrata in carica del governo Monti, licenziata
definitivamente dal Senato il 30 novembre scorso.
La Legge Comunitaria 2010 è strutturata in due
Capi e 24 articoli: il primo contiene disposizioni di
carattere generale, mentre il secondo contiene deleghe legislative per l’attuazione di 23 direttive di
prossima scadenza e le disposizioni particolari che
danno al Governo una “base indispensabile” –
come ha detto il Ministro Moavero Milanesi – per
chiudere altrettante procedure di infrazione aperte
dalla Commissione Europea contro l’Italia.
All’inizio del nuovo anno il Garante per la privacy ha annunciato l’avvio di procedura di consultazione pubblica sul documento “Autorizzazione
al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato
di salute per studi osservazionali retrospettivi”.
Obiettivo della consultazione quello di “acquisire
osservazioni e commenti, in particolare da parte
di università, enti o istituti di ricerca e società scientifiche, ricercatori, esercenti le professioni sanitarie, organismi sanitari, enti, associazioni e organismi rappresentativi di operatori sanitari e di associazioni di pazienti
interessati”.
Definitiva la chiusura del Consolato di Losanna
Tra i decreti pubblicati in Gazzetta anche quello del Ministero degli Esteri che ha soppresso il Consolato Generale
a Losanna e modificato, allo stesso tempo, la circoscrizione consolare della sede di Ginevra che ora comprende
i Cantoni di Ginevra, Vaud, Vallese, Friburgo e Neuchatel. Altra conseguenza del decreto, pubblicato il 21 dicembre scorso, riguarda le Agenzie Consolari di prima
categoria di Neuchatel e Sion, ora poste alle dipendenze
del Consolato a Ginevra.
Pubblicati in Gazzetta anche tre diversi comunicati della
Farnesina in cui si rende nota l’istituzione di un Consolato onorario sia nella cittadina svedese di Sundsvall che
a Liegi, con simultanea soppressione – in quest’ultimo
caso – del vice Consolato onorario di Arlon. Il nuovo
consolato onorario è posto alle dipendenze del Consolato Generale a Charleroi.
E se a fine anno è stato pubblicato il decreto presidenziale che fissa il numero (cinquemila) delle onorificenze
dell’Ordine “Al merito della Repubblica italiana” che
potranno essere conferite nelle ricorrenze del 2 giugno e
del 27 dicembre 2012, il 28 gennaio scorso è entrato in
vigore il Regolamento di esecuzione delle nuove norme
sull’Ordine della “Stella d’Italia”, approvate dal Parlamento nel febbraio 2011.
Tredici gli articoli del Regolamento che inizia con il quantificare in cinque le Classi dell’Ordine - Cavaliere di Gran
Croce, Grande Ufficiale, Commendatore, Ufficiale e Cavaliere – cui si aggiunge la classe speciale di Gran Croce
d’Onore.
L’articolo 4 chiarisce che l’onorificenza è riservata “ai
cittadini italiani e stranieri che, all’estero, abbiano acquisito particolari benemerenze nella promozione dei
rapporti di amicizia e collaborazione tra l’Italia e il Paese in cui operano, e nella promozione dei legami con
l’Italia”.
Per questo, “le proposte di conferimento devono pervenire da parte dei Rappresentanti diplomatici italiani
all’estero - ivi incluse quelle formulate dai Capi degli
Uffici Consolari - al Ministero degli Affari Esteri - Cerimoniale Diplomatico della Repubblica - che le sottopone al Consiglio dell’Ordine”.
Ciascuna proposta dovrà contenere, tra le altre cose,
anche “una precisa esposizione delle motivazioni che
sottendono la proposta medesima”.
La Classe speciale di Gran Croce, recita l’articolo 8,
“viene conferita ai cittadini italiani che abbiano perso la vita ovvero abbiano subito un’invalidità superiore
all’80 per cento della capacità lavorativa in conseguenza dello svolgimento all’estero di attività di alto valore
umanitario”.
La Segreteria dell’Ordine è affidata al Cerimoniale Diplomatico della Repubblica, che avrà il compito – stabilito
dall’articolo 9 – di “far rimettere ai Rappresentanti diplomatici italiani all’estero le insegne e i diplomi della
Stella d’Italia”.
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di Tiaziana Marenco
Società anonima. Spese dell’azionista
a carattere privato e frode fiscale
Degna di nota, nella sua severità, la recentissima sentenza del Tribunale Federale Svizzero del 20 dicembre 2011 (6B_453/2011) riguardante la condanna di un azionista di una società anonima svizzera
per frode fiscale ripetuta, commessa attraverso la contabilizzazione
di alcune spese private a carico della società.
L
La sentenza ha per oggetto le spese contabilizzate a carico della società dai due azionisti unici e membri del consiglio di amministrazione nei periodi fiscali 2002 – 2005
a titolo di “festa di compleanno” (CHF 24’137), “wellness personale” (CHF 13’267), “consulenza di carriera”
(CHF 2’675), “consulenza di coppia” (CHF 4’160) e per
un corso di formazione presso l’università professionale
di Zurigo (CHF 7’900). Negli anni che hanno fatto oggetto del procedimento la società aveva realizzato un
fatturato di diversi milioni di Franchi svizzeri; nel 2005
essa contava 15 collaboratori. L’ultima istanza del Canton
Zurigo, dopo aver considerato che i giustificativi erano
formalmente corretti e completi, così da permettere alle
autorità fiscali l’esame delle poste addebitate alla società,
aveva esaminato se le spese, le quali avevano palesemente almeno in parte carattere privato, raggiungevano un
ammontare tale da influenzare la situazione patrimoniale
della società facendola apparire in una luce differente dai
bilanci corretti. Il tribunale cantonale aveva infine esaminato se gli azionisti avevano in qualche modo agito con
astuzia, modificando i giustificativi o contabilizzando le
spese sotto una voce inconsueta. Negate entrambe le
ipotesi, il tribunale cantonale aveva assolto gli azionisti.
Di diversa opinione il Tribunale Federale Svizzero per i
motivi elencati qui di seguito:
- In materia di evasione e frode fiscale, con l’armonizzazione del diritto delle imposte cantonale dirette, i
legislatori cantonali sono stati obbligati a introdurre
disposizioni identiche a quelle della Legge Federale
sull’Imposta Federale Diretta (LIFD). Il Tribunale Federale Svizzero esamina quindi liberamente e con piena
cognizione le decisioni cantonali in materia.
- L’articolo 186 LIFD che regola la frode fiscale in materia di imposte sui redditi e sul capitale ha il seguente
tenore: (1) Chiunque, per commettere una sottrazione
d’imposta ai sensi degli articoli 175–177, fa uso, a scopo d’inganno, di documenti falsi, alterati o contenutisticamente inesatti, quali libri contabili, bilanci, conti
economici o certificati di salario e altre attestazioni di
terzi, è punito con la detenzione o con la multa sino
a 30 000 franchi. (2) È salva la pena per sottrazione
d’imposta. Giusta l’articolo 175 cpv. 1, disposizione che
regola la sottrazione di imposta consumata, il contribuente che, intenzionalmente o per negligenza, fa in
modo che una tassazione sia indebitamente omessa o
che una tassazione cresciuta in giudicato sia incompleta, chiunque, se obbligato a trattenere un’imposta alla
fonte, intenzionalmente o per negligenza non la trattiene o la trattiene in misura insufficiente, chiunque,
intenzionalmente o per negligenza, ottiene una restitu-
zione illecita d’imposta o un condono ingiustificato, è
punito con la multa.
- La frode fiscale presuppone dolo o perlomeno dolo
eventuale riguardo alla falsità del documento che viene utilizzato a scopo di inganno dell’autorità fiscale. Il
Tribunale Federale ritiene adempito l’elemento del dolo
eventuale qualora il contribuente non abbia nemmeno
verificato se le informazioni fornite alle autorità fiscali
attraverso la contabilità siano corrette. La frode è consumata nel momento in cui il documento falso o inesatto
è inoltrato presso l’ufficio tassazioni a scopo di evasione
o perlomeno senza escludere che lo stesso documento
possa culminare nell’omissione di una tassazione.
- L’utile netto di una persona giuridica quale la società anonima è costituito giusta l’articolo 58 cpv. 1 LIFD dal saldo
del conto profitti e perdite, epurato dal riporto dell’anno
precedente, aumentato in misura di tutti i prelevamenti
fatti prima del calcolo del saldo del conto profitti e perdite e non destinati alla copertura di spese riconosciute
dall’uso commerciale, in particolare delle distribuzioni
palesi o dissimulate di utili e le prestazioni a terzi non
giustificate dall’uso commerciale, prime tra tutte le distribuzioni dissimulate di utili a favore degli azionisti.
- Il carattere aziendale delle spese non viene meglio definito nella legge; la giurisprudenza ritiene a tal scopo
necessario un nesso causale tra la spesa e lo scopo
dell’azienda. Qualora spese di carattere non aziendale
vengano contabilizzate a carico della società, la giurisprudenza ritiene quindi perpetrato il falso in libri contabili. Nel caso di una distribuzione dissimulata di utili
il confine tra carattere privato e carattere aziendale di
una specifica spesa può talvolta essere indefinito, perciò spesso il dolo non può essere provato e l’autorità
rinuncia all’apertura di una procedura penale. Qualora
tuttavia la spesa abbia palesemente carattere privato,
la giurisprudenza ritiene che la contabilizzazione delle
stesse può essere avvenuta solo dolosamente a scopo
di evasione fiscale, e questo indipendentemente dalla
portata, quindi dall’ammontare della spesa privata e
dal suo influsso sul quadro finanziario generale della
società. Poiché da un lato la contabilizzazione di singole poste private a carico della società non può esser
considerata come “immediatamente riconoscibile” per
l’ufficio tassazione e d’altro lato gli organi di una società
anonima sono tenuti per legge a conoscere i principi
generali di contabilità, il Tribunale Federale conclude
che gli azionisti nel caso concreto non abbiano potuto ignorare il carattere palesemente privato di almeno
parte delle spese accollate alla società. Ciò accade solitamente a scopo di evasione fiscale.
- Il falso in documenti perpetrato unicamente allo scopo
di frode fiscale è peraltro consumato dal delitto della
frode fiscale, mentre l’evasione fiscale, che costituisce
una semplice infrazione, può essere punita in diretta
concorrenza e quindi in aggiunta alla frode.
[email protected]
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
37
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Angolo legale
di Massimo Calderan
Revisione della Legge federale svizzera
sugli investimenti collettivi di capitale (1a parte)
Gli investimenti collettivi di capitale sono patrimoni accumulati
da più investitori in vista del loro investimento comune e gestiti per loro conto. Gli investitori sono persone fisiche o giuridiche che detengono quote in investimenti collettivi di capitale.
In Svizzera, gli investimenti collettivi di capitale sono regolati
dalla Legge federale sugli investimenti collettivi di capitale del
23/06/2006, entrata in vigore l’1/01/2007 (LICol). La LICol nacque dall’esigenza di una revisione completa della Legge federale
sui fondi di investimento del 18/03/1994, al fine di estenderne
l’ambito di applicazione e di aumentare la competitività della
piazza finanziaria svizzera.
S
Sono soggetti alla LICol gli investimenti collettivi
di capitale e tutte le persone che gestiscono o custodiscono tali investimenti; sono esclusi dalla sua
applicazione gli istituti della previdenza professionale, le casse delle assicurazioni sociali ed altri soggetti che non hanno come esclusivo scopo
l’investimento collettivo di capitale. Inoltre, sono
altresì escluse dal campo di applicazione di tale
legge le società di investimento sotto forma di società anonime se quotate in una borsa svizzera o
se possono parteciparvi esclusivamente investitori
qualificati, i portafogli collettivi interni di natura
contrattuale istituiti dalle banche o dai commercianti di valori mobiliari, e i prodotti strutturati.
Chiunque gestisce o custodisce investimenti collettivi di capitale necessita dell’autorizzazione
dell’autorità di vigilanza svizzera, ossia dell’Autorità Federale di Vigilanza sui Mercati Finanziari
(FINMA).
La LICol differenzia gli investimenti collettivi di
capitale aperti dagli investimenti collettivi di capitale chiusi. Tra gli investimenti collettivi di capitale
aperti, ove gli investitori vantano nei confronti del
patrimonio collettivo un diritto al rimborso delle loro quote al valore netto di inventario, sono
annoverati i fondi contrattuali, i fondi in valori
mobiliari, i fondi immobiliari, altri fondi per investimenti tradizionali e alternativi e le SICAV (per
le quali, all’atto di costituzione, il conferimento
minimo richiesto è pari però a CHF 250.000,00).
Le società in accomandita per investimenti collettivi di capitale e le SICAF rientrano, invece, nella
categoria degli investimenti collettivi chiusi, senza
diritto di rimborso a favore degli investitori.
La LICol contiene specifiche e limitate disposizioni con riferimento agli investimenti collettivi
di capitale esteri. In particolare, la legge prevede
l’obbligo di approvazione, da parte della FINMA,
della documentazione rappresentativa degli investimenti collettivi di capitale esteri pubblicizzati in
Svizzera o dalla Svizzera. Per ottenere tale approvazione, gli investimenti collettivi di capitale esteri
devono essere sottoposti a vigilanza statale nello
stato in cui ha sede la direzione del fondo o la
società. Inoltre, la legge prevede che la direzione del fondo o la società debbano designare un
rappresentante e un ufficio di pagamento (una
banca) per le quote distribuite in Svizzera. La LICol non prevede invece un obbligo, a carico dei
gerenti patrimoniali di investimenti collettivi di
capitale esteri, di assoggettamento alla vigilanza
della FINMA, ma consente loro, a determinate
condizioni, di assoggettarsi volontariamente a
tale vigilanza.
È in corso una profonda revisione delle disposizioni della LICol, che nasce dall’esigenza di adeguare la regolamentazione svizzera sugli investimenti
collettivi di capitale agli standard internazionali.
Nel luglio 2011 il Consiglio Federale ha avviato una
consultazione, che si è conclusa il 17/10/2011. Il
“avamprogetto” del governo gode di vasti consensi ed è accolta favorevolmente pure la volontà
del governo di procedere rapidamente. Per contro vi sono critiche, contradditorie, a singole modifiche, in particolare all’estensione del campo di
applicazione della legge, allo stralcio dal catalogo
degli investitori qualificati dei clienti di gerenti
patrimoniali che dispongono di un contratto di
gestione patrimoniale, al concetto troppo ampio
di distribuzione, alla limitazione delle forme giuridiche delle quali i gerenti patrimoniali di investimenti collettivi di capitale potranno usufruire
e alle aumentate esigenze per i rappresentanti di
investimenti collettivi di capitale esteri.
L’11/01/2012 il Consiglio federale ha preso atto
del “Rapporto del Dipartimento federale delle finanze sui risultati della consultazione concernente la revisione della legge sugli investimenti collettivi (LICol)“ del 23 dicembre 2011 e ha incaricato
lo stesso Dipartimento ad elaborare entro inizio
marzo 2012 un “messaggio” relativo alla modifica della LICol, che tenga conto delle principali
richieste di modifica al “avamprogetto” emerse
dalla consultazione.
La modifica, di cui tratteremo nella prossima Rivista, dovrebbe entrare in vigore già nel 2012.
[email protected]
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Convenzioni Internazionali
di Paolo Comuzzi
Perdite fiscali e indebito utilizzo
In sede OCSE (vedasi quanto indicato nel sito Tax Treaty Topics)
si discute in modo molto preoccupato del fatto che “ … due to
the recent financial and economic crisis, global corporate losses
have increased significantly. Numbers at stake are vast, with
loss carry-forwards as high as 25% of GDP in some countries.
Though most of these claims are justified, some corporations
find loop-holes and use ‘aggressive tax planning’ to avoid taxes
in ways that are not within the spirit of the law …”.
P
Aspetti generali
Possiamo dire che le perdite ci sono certamente ma
possiamo aggiungere anche che le perdite “fanno
gola” (l’occasione è ghiotta) e nel caso si possano
utilizzare almeno “due volte” non ci sono particolari
esitazioni a farlo da parte di contribuenti certamente
aggressivi1.
È sempre l’OECD ad affermare che “ … this aggressive tax planning is a source of increasing concern
for many countries and they have developed various
strategies to deal with it. Working cooperatively,
countries can deter, detect and respond to aggressive
tax planning while at the same time ensuring certainty and predictability for compliant taxpayers …”.
È chiaro che in presenza di una situazione di bilancio
che è molto critica per numerosi stati la riduzione del
carico fiscale senza che vi sia alcuna valida motivazione di carattere economic è un problema molto sensibile e non possiamo tacere del tema.
Vogliamo insistere sulle parole del documento che si
sostanziano nel “working cooperatively”, parole che
lasciano intendere come solo un adeguato scambio
di informazioni possa prevenire un utilizzo aggressivo delle perdite non solo con il trasferimento da un
paese all’altro ma con un utilizzo che è di fatto doppio rispetto a quanto stabilito dalla norma stessa. Su
questa materia esiste un compiuto manuale che ha
come titolo “ …Corporate Loss Utilisation through
Aggressive Tax Planning …” e che sviluppa le diverse
tematiche presenti per questa materia.
Questo documento “ … builds on Addressing Tax
Risks Involving Bank Losses (2010), looks at a number of commonly used schemes and identifies three
key risk areas: corporate reorganisations, financial
1
instruments and non-arm’s length transfer pricing.
Though these are generally used for sound business
and economic reasons, some taxpayers use them to
obtain undue tax advantages. For example, countries
have identified financial instruments that create artificial losses or obtain multiple deductions for the
same loss. They have also seen loss-making companies acquired solely to be merged with profit-making
companies and loss-making financial assets artificially allocated to high-tax jurisdictions through non
arm’s length transactions …”.
È molto importante evidenziare che vengono messe in
luce tre aree importanti (che sono definite come aree
di comune utilizzo o come schemi di comune utilizzo):
a) operazioni straordinarie: b) strumenti finanziari; c)
Transfer pricing ed a queste si aggiungono delle aree
minori come le fusioni.
Il documento evidenzia come ci siano strategie della Amministrazione Finanziaria “ … to detect and
respond to these aggressive tax planning schemes.
Detection usually takes place through audits, special
reporting obligations on losses, mandatory disclosure
rules, rulings, and co-operative compliance programmes. Responses require a comprehensive approach
focusing on aggressive tax planning schemes, as
well as on their promoters and users. Early engagement between taxpayers and tax authorities in the
framework of disclosure initiatives and co-operative
compliance programmes also has positive effects,
convincing some tax payers not to use or promote
certain schemes …”
Il documento come si vede evidenzia quail strumenti
di reazione: a) verifiche di carattere fiscale2; b) specifici
documenti da indirizzare alle autorità con riferimento
alle perdite; c) obbligo di indicazione di specifiche procedure poste in essere3.
Il documento evidenzia come sia necessaria una collaborazione tra contribuente ed autorità per giungere ad una conclusione su queste posizioni ed in
questo senso mi pare che sia orientata anche la Amministrazione Fiscale Italiana prima con il documento
in materia di prezzi di trasferimento e quindi con la
nuova norma in merito al fatto che devono essere
oggetto di specifica sanzione le informazioni false
In passato una tipica operazione che veniva posta in essere era quella di comprare società usando di una controllata Olandese; questa
contabilizzava in modo distinto l’avviamento e quindi procedeva alla svalutazione consentendo alla controllante italiana di svalutare
la partecipazione nella stessa controllata (in questo modo quanto pagata per la società oggetto di acquisizione era recuperato almeno
in parte riducendo le imposte).
2
In questo senso hanno una fondamentale importanza le verifiche di carattere simultaneo che consentono di apprendere notizie in
modo contemporaneo in due diversi paesi.
3
In Italia possiamo considerare come obbligo specifico quello di evidenziare i costi nei quali la società sia incorsa per transazioni con
contribuenti residenti in Stati e / o Territori da qualificare come paradisi fiscali.
40
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Rivista
n. 2 Febbraio 2012
che fossero eventualmente fornite alla stessa Amministrazione Finanziaria.
Infine il documento evidenzia in modo chiaro che lo scambio
di informazioni è essenziale “ …through the OECD, countries share intelligence on aggressive tax planning schemes and
increase international co-operation on detection, responses,
and evaluation …”4.
In conclusione il documento sancisce che “ … governments
should also introduce policies to restrict the multiple use
of the same loss and to introduce or revise restrictions on
the use of certain losses in the context of mergers, acquisitions, or group taxation regimes. Finally, the report identifies emerging threats for tax revenue, such as aggressive tax
planning schemes based on after-tax hedges, and suggests
that countries analyse the policy and compliance issues related to them …”.
In questo senso l’Italia ha fatto qualche passo avanti mediante la introduzione della norma in material di elusione fiscale
e potenziando certamente nella prassi lo scambio delle informazioni nell’ambito delle convenzioni contro le doppie
imposizioni.
Resta da valutare se non sia il caso di potenziare in modo
ulteriore questo settore dello scambio delle informazioni con
gli altri Stati allo scopo di creare una community fiscale delle diverse amministrazioni che possa essere di valido ausilio
per quella che è la lotta alla riduzione immotivata (ovvero
condotta senza che alla base vi siano della valide ragioni economiche per organizzare il business in una determinata maniera) del carico fiscale.
Qualche aspetto specifico
Il documento è pienamente in linea con quanto abbiamo
sempre sostenuto sulle pagine di questa rivista: lo scambio
delle informazioni è un elemento essenziale (possiamo dire
fondamentale) per chiudere le diverse posizioni del contribuente in diversi paesi.
È palese che quando il documento OCSE parla di operazioni di “corporate restructuring” come di operazioni a rischio
fiscale lo stesso intende fare un preciso riferimento alle operazioni di carattere internazionale e non a quelle di carattere
nazionale, il riferimento non può che essere a quelle operazioni di arbitraggio fiscale (ie la trasformazione di un determinato reddito in un reddito di diversa natura con conseguente
riduzione del carico di imposta) che possono essere poste in
essere senza alcuna valenza di carattere economico. Su questa materia l’ordinamento Italiano forse presenta ancora delle debolezze che potrebbero essere colmate anche con una
adeguata opera di interpretazione (anche giurisprudenziale).
Il riferimento ai cd “financial instruments” non può che richiamare alla mente la instaurazione di accordi derivati (si
pensi alla implementazione di derivati speculativi) che non
hanno ragione economica sottostante ma che consentono
una movimentazione di materia imponibile da un determinato paese ad uno diverso.
Qui il nostro ordinamento ha cercato anche recentemente
di dotarsi di qualche strumento giuridico come è quello di
una maggiore “stretta” definitoria in merito al concetto di
derivato di copertura.
Infine la materia del Transfer Pricing, materia che in presenza di un contribuente che ormai supera la nozione di contribuente “multinazionale” per diventare un contribuente
“globalizzato” ovvero un contribuente che opera in modo
unitario in diversi paesi con regole diverse (e non sempre
ad interessare è la mera riduzione del carico fiscale) è certamente di estrema importanza in quanto è fondamentale
capire quali siano le funzioni assegnate ad ognuna delle società coinvolte e quali siano le determinanti che portano ad
assegnare alle stesse un determinato reddito. Qui il nostro
ordinamento ha previsto lo scambio “spiegazione / sanzioni”
previsto nella normativa specifica che viene a istituire il documento cd di Transfer pricing (ovvero il cd country file e/o
master file quando dovuto).
In questa situazione che coinvolge diversi paesi il cd “working cooperatively” di cui al documento è una condizione
essenziale per poter procedere con correttezza ma anche con
precisione nell’attribuzione del reddito (in materia di TP sono
abbastanza inutili ruling di stampo unilaterale5 in quanto è la
solo la lettura del contribuente nel suo complesso che consente di porre in essere una corretta attribuzione reddituale
guardando alla catena del valore).
Sugli aspetti di maggiore particolarità (si pensi alle menzionate fusioni) dobbiamo dire che l’ordinamento italiano ha già
posto in essere delle difese che appaiono certamente adeguate e che consistono nella difesa normativa di cui alla norma
antielusiva ed in quella di carattere giurisprudenziale prevista
mediante l’applicazione del principio di abuso del diritto.
L’ordinamento Italiano oggi è anche nella fase per la quale
stringe molto sul concetto di effettivo beneficiario in quanto
ritiene che il pagamento di somme ai soggetti non residenti
senza la applicazione di una ritenuta alla fonte (o con la applicazione di una ritenuta ridotta) sia un fatto che merita un
controllo approfondito (controllo ben noto in Svizzera dove
la applicazione diretta del dettato convenzionale è una eccezione).
Conclusione
Si ritiene che il documento menzionato (formulato in sede
OCSE) sia pienamente coerente con lo sforzo del legislatore
italiano teso ad impedire una riduzione della materia imponibile che sia connessa ad una mera strategia di carattere fiscale
senza che si accompagni alla stessa alcuna valida strategia di
carattere economico.
4
È palese che non viene “proposto” solo uno scambio di informazioni ma uno scambio di esperienze allo scopo di consentire l’emanazione di provvedimenti normative atti a impedire il diffondersi del fenomeno.
5
Questi vincolano contribuente e paese per un determinato periodo ma sono rigidi e non tengono conto del veloce mutare del business. In aggiunta in
materia di TP non ha senso il vincolo verso un solo paese.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
41
Donne in carriera
di Ingeborg Wedel
Donne in carriera: Josefa Idem
«Vincere le proprie sfide, riuscire nei propri intenti
e raggiungere gli obiettivi prefissati»
S
42
la
Rivista
Siamo molto lieti di poter presentare ai nostri lettori questa eccezionale donna, Josefa Idem unica
atleta che nella sua carriera ha partecipato a sette olimpiadi e si accinge nel 2012 a concorrere
per l’ottava volta e – ci auguriamo vivamente –
con grande successo!
Josefa è nata il 23 settembre del 1964 a Goch, in
Germania, che si trova al confine con l’Olanda e
già a 11 anni, con la complicità della sorella si è
seduta per la prima volta in una canoa.
Oltre a cimentarsi in questo sport, non ha trascurato il ciclismo, la corsa e il trekking, in compagnia di sua sorella e del fratello.
Si è formata professionalmente nella Polizia ed
è anche diplomata in lingue: Italiano – inglese –
tedesco – francese.
Venuta in Italia giovanissima, ne ha assunto la
cittadinanza e – nel 1990 – ha sposato Guglielmo
Guerrini, suo allenatore dal 1998. Uniti hanno
affrontato questo percorso con grande fiducia di
poter fare insieme qualche cosa di importante!
Hanno due figli: Janek, nato nel 1995 e Jonas nel
2003, che sono le sue “medaglie” più preziose.
Josefa è,infatti, una madre tenerissima e i suoi
ragazzi sono i suoi più accaniti sostenitori.
Nel 2001 Josefa ha deciso di entrare in politica,
perché pensava di aver maturato in questi anni
una certa competenza da mettere a disposizione
della gente: infatti ha molti interessi ed è impegnata nella lotta sul fronte delle ingiustizie sui
più deboli. Il suo motto è “non abituarsi ai soprusi, combattere ed essere sereni”.
Dal Febbraio 2007 è anche membro della Commissione Scientifica per la vigilanza sul doping
per la tutela della salute nelle attività sportive.
È stato molto laborioso contattare questa atleta,
sempre in giro per il mondo per gare ed allenamenti. Siamo riusciti ad ottenere la sua disponibilità solo per l’intervista telefonica.
Josefa – oltre ad essere super impegnata – è una
donna schiva: non ama molto apparire; preferisce farsi conoscere attraverso le vittorie ottenute
nelle gare di canoa.
Non possiamo elencare le numerosissime gare
alle quali l’atleta ha partecipato con impegno,
ottenendo ottimi risultati. Ricordiamo solamente
quelle più importanti. Nel 1984 – a soli 20 anni –
n. 2 Febbraio 2012
Iosefa idem in gara…
ha affrontato la sua prima Olimpiade. Finora ha
partecipato finora a sette edizioni vincendo una
medaglia d’oro, tre d’argento e una di bronzo.
Nei campionati mondiali – il suo primo nel 1990
– ha conquistato ben cinque medaglie d’oro, tre
d’argento e 2 di bronzo. La gara più recente si è
svolta in Ungheria a Szeged nel settembre 2011:
questa partecipazione le è valsa la qualifica per le
olimpiadi di Londra del 2012.
Nei campionati europei – gare iniziate 1997 – è
arrivata a conquistare 4 medaglie d’oro, 1 d’argento e 2 di bronzo.
Anche a Josefa abbiamo sottoposo le nostre domande al fine di conoscerla meglio anche come
donna e non solo come atleta.
Per lei essere donna essere una donna di successo nello sport ad alto livello non ha significato
confrontarsi con particolari pregiudizi: le donne
sono atlete al pari dell’uomo. La fatica principale
è stata quella di farsi apprezzare, a suon di splendidi risultati, in uno sport come quello che da lei
praticato poco pubblicizzato.Ci fa notare che nel
suo settore la dirigenza è maschile: quindi manca in generale una particolare sensibilità verso la
donna. Gli uomini, per lo meno nel suo mondo
sportivo, si ricredono ovviamente solo di fronte a risultati positivi, dimostrando in questi casi
che forse qualche sensibilità in fondo c’è! Non
ha avvertito personalmente una discriminazione
nel suo essere atleta donna. Semmai ostacoli,
Vivere il giardino
14–18 marzo 2012
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Mercoledì, giovedì dalle 9 alle 20
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…e con i figli dopo la medaglia d’argento a Pechino.
che per lei si riassumono nella difficoltà di conciliare la
vita famigliare con quella di sportiva che richiede molta
dedizione, orari impossibili, assenze da casa, ecc. D’altronde, le sue rinunce si riducono ad alcuni hobby, mai
rinuncerebbe alla famiglia e alla sua vita privata, alla
gioia di vedere crescere i suoi figli. Josefa, nella pratica
del suo sport non ritiene di aver goduto di particolari
svantaggi o vantaggi. Ritiene un privilegio aver avuto
la possibilità, nelle sue trasferte sportive, di aver potuto visitare luoghi meravigliosi come p.e. il Canada, la
Norvegia, dove poter camminare nella natura e godere
delle bellezze di quei posti. Non sa se le intuizioni femminili siano superiori a quelle maschili, è convinta però
che nel suo campo almeno, la seduzione sia bandita,
perché proprio non esiste. La soddisfazione maggiore?
Vincere le proprie sfide, riuscire nei propri intenti e raggiungere gli obiettivi prefissati.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Con la forza del leone.
Da Venezia attraverso le Alpi – il successo
non conosce confini.
GENERALI offre soluzioni per ogni età e situazione.
Sia per la previdenza o la protezione quotidiana, da GENERALI
lei trova una soluzione a misura per le sue esigenze personali.
Semplicemente
Talenti altrove
di Chiara Rinaldi
Sergio Galanti: un professionista del settore bancario
Rientrerò sicuramente, ma non per lavorare...
Nato negli Stati Uniti, ma italiano a tutti gli effetti,
Sergio ci racconta la sua storia di italiano in giro per
il mondo.
Come mai all’estero?
In realtà questo dipende un po’ dalla mia storia e da
quella dei miei genitori. Mio padre, italiano di Brescia,
è emigrato in Belgio per lavoro dove ha conosciuto
mia madre. Poi insieme hanno deciso di vivere il sogno
americano e si sono trasferiti negli Stati Uniti. Io sono
nato a New York e mio fratello a San Francisco due
anni dopo. Negli Stati Uniti le opportunità professionali per mio padre erano ottime e gli si prospettava
davanti una brillante carriera. Ma l’arrivo mio e di mio
fratello hanno cambiato le carte in tavola. Confrontati
con la decisione di dove far crescere i propri figli, i miei
genitori hanno deciso di rientrare in Italia. È stato molto difficile per mio padre, soprattutto
dal punto di vista professionale, da una
vita felice e ricca di opportunità a un
ambiente lavorativo molto duro, dove
ha dovuto ricominciare quasi da zero e
senza opportunità di crescita.
E così sei diventato veramente italiano, giocando a calcio in cortile...
Sì, effettivamente. Ho magnifici ricordi
di un’infanzia felice, tra amici e pallone. Sono cresciuto in Italia e ho fatto
le scuole in Italia. Mi sono diplomato
all’istituto aeronautico a Roma e poi
intrapreso la carriera militare nella marina. Mi piaceva molto e da ufficiale era
molto interessante, ma, sembrerà strano, purtroppo
soffrivo di mal di mare e dopo tre anni ho deciso di
uscirne e di andare negli Stati Uniti a fare l’università. Forse è stato un po’ l’istinto di emulare mio padre,
facilitato anche dalla doppia cittadinanza italo-americana. Mentre facevo l’università mi sono mantenuto
lavoricchiando in ristoranti e mi sono laureato in storia
a Berkeley. Ho cominciato a lavorare in una banca e
mi sono sposato. A questo punto mi si è riproposto lo
stesso dilemma di mio padre: in quale paese far crescere i miei futuri figli? Ho cercato di riavvicinarmi all’Europa e ho avuto un’opportunità interna per trasferirmi
a Londra. Così mio figlio è nato in Inghilterra. Non era
l’ideale e sentivo l’esigenza di avvicinarmi di più all’Italia. Dopo sei anni è arrivata l’opportunità di trasferirsi
qui a Zurigo sempre nel settore bancario.
E come ti trovi in Svizzera?
La Svizzera mi è piacuta subito e nonostante non parli
la lingua, mi sento a mio agio. È un bel paese, organizzato bene, gli stipendi sono buoni e la qualità della vita
ottima. E poi sono praticamente in Italia, senza doverci
lavorare. Non ho mai sentito l’esigenza di spostarmi ulteriormente, semmai verso l’Asia a Singapore per avere
un’esperienza diversa per un po’.
Ma qui sto bene. Una volta ho fatto un colloquio per
un lavoro in Italia, ma non ha funzionato e va bene
così. Essendo stato fuori dall’Italia per molti anni ed
esposto all’ambiente e al modo di lavorare anglosassone, penso sarebbe difficile per me adattarmi all’ambiente lavorativo italiano. E ho paura che mi ritroverei
come mio padre, pagato poco e infelice a combattere
contro una mentalità burocratica.
Cosa servirebbe all’Italia per attirare
talenti?
In Italia si perde troppo tempo per qualunque cosa: amministrazione, burocrazia... Ci sono regole, ma nessuno le
segue. La gente perde tempo a litigare
con tutti e non si va da nessuna parte.
Qui la professionalità in ogni settore è
molto più alta. E poi a lavoro equivalente, qui gli stipendi sono molto più alti.
Sei a conoscenza della recente legge
italiana per favorire il rientro dei giovani dall’estero?
No, mai sentita.
Rientrerai in Italia?
Rientrerò sicuramente, ma non per lavorare. Il mio
cuore è in Italia, là ci sono i miei amici d’infanzia, mio
padre. Potrei tornarci per lavorare solo se mi offrissero
uno stipendio più alto, con lo stesso stipendio non ne
vale la pena, troppi gli svantaggi. L’Italia è bella per le
vacanze, ci vado ogni volta che ho l’occasione. È casa
mia, mi piace lo stile di vita, il tempo libero, il calcio,
i ristoranti... Anche la cultura e i valori come l’amicizia, l’autenticità dei rapporti. All’estero mi sono presto
accorto di quel di più che deriva dall’essere italiano,
dall’avere questi valori e cultura nel mio DNA.
Rientrerò appena possibile, per adesso solo il lavoro mi
tiene fuori.
Sei a conoscenza della recente legge italiana per favorire il rientro dei giovani dall’estero?
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
45
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L’Elefante invisibile1
di Vittoria Cesari Lusso
Le crisi servono
davvero per evolvere?
sonalmente appartengo a coloro che sono tentati di
rispondere prontamente “sì”. Di getto.
Tuttavia, quasi subito sorge poi in me la necessità di
attenuare tale netta presa di posizione con un “ma,
dipende”.
Invero, l’idea che le crisi siano anche un’opportunità
per evolvere la sentiamo ripetere assai spesso in questi
ultimi tempi.
È stata ribadita da eminenti personalità politiche, in
particolare nei messaggi di fine anno. Il presidente della Repubblica italiana nel tradizionale discorso del 31
dicembre ha espresso la convinzione che “l’Italia può e
deve farcela” ad attraversare il tunnel dell’attuale crisi e che “la nostra società deve uscirne più severa e
più giusta, più dinamica, moralmente e civilmente più
viva, più aperta, più coesa”. Negli auguri alla nazione
formulati dal presidente francese Sarkozy quest’ultimo
ha sottolineato come le difficoltà attuali servano da
sprone per ridurre le spese correnti, semplificare l’organizzazione territoriale, consolidare il sistema pensionistico e completare la rivoluzione digitale. Nella sua
allocuzione di Capodanno Eveline Widmer-Schlumpf,
in veste di presidente della Confederazione, ha detto
chiaramente che “ci troveremo di fronte un 2012 fatto di grandi sfide” e ricordato il coraggio civile che ha
sempre consentito alla Svizzera “di individuare nuove
strade e di adottare buone soluzioni”.
1
Una vecchia
leggenda
indiana narra
di un elefante
che pur
muovendosi
tra le folle
con la sua
imponente
mole passava
comunque
inosservato.
Come se fosse
invisibile…
Se ne dibatte nei media e nei talkshow televisivi. In
questi contesti spesso si cita il termine cinese wei-ji (qui
scritto in ortografia nostrana semplificata). Viene affermato che i due caratteri di cui è composta tale parola
esprimano rispettivamente i concetti di “crisi” (wei) e
quello di “opportunità” (ji). È quanto ad esempio ha
ribadito, poche settimane fa nella trasmissione Otto e
mezzo di Lilli Gruber, un’imprenditrice cinese che vive e
opera a Milano. Quando l’ho sentita mi sono detta: Se
lo dice anche lei che è cinese, allora possiamo crederle!
E invece no! Andando a verificare per scrivere questo
articolo, scopro che tale affermazione viene considerata
fallace! Molti linguisti ritengono si tratti di una colorita
pseudoetimologia in quanto wei significa in effetti qualcosa come “pericolo”, ma la parola polisemica ji da sola
non significa necessariamente opportunità. Essa può assumere diversi significati: macchina, perno, punto cruciale, segreto, inganno, oltreché e anche… opportunità.
L’imprenditrice di cui sopra probabilmente era ormai più
intrisa di cultura occidentale che di cultura cinese. Peccato! Anche a me piaceva utilizzare (oralmente e per
iscritto) tale citazione! È così consolante! Motivante!
Come è nata tale erronea interpretazione? Si ritiene
che sia stato John F. Kennedy a lanciarne la moda utilizzando più volte questo riferimento nei suoi discorsi.
È stato poi copiato da altri politici, consulenti, oratori,
giornalisti, ecc… Insomma tale strumento retorico è diventato molto popolare! Complice il fatto, penso, che
riesce in modo mirabile a coniugare realismo e speranza, pericolo e rinnovamento, timori e ottimismo. Dicendo che per i cinesi le crisi sono anche un’opportunità si
dice dunque una cosa non del tutto corretta sul piano
linguistico, che però soddisfa un bisogno psicologico fondamentale dell’essere umano: quello di sentirsi
motivato in situazioni critiche a sfoderare il coraggio
e l’impegno necessario per far fronte alle difficoltà e
inventare nuove più adeguate soluzioni!
Tutta la psicologia moderna ci insegna che spesso senza crisi non c’è evoluzione per l’essere umano (elefante questo forse troppo poco visibile!). Erik Erikson, un
grande studioso dello sviluppo, concepisce la crescita
psicologica come una serie di crisi cruciali il cui esito,
più o meno felice a seconda delle risorse personali e
ambientali disponibili, è determinante per la salute
mentale e l’equilibrio della persona adulta. Ad esempio, un bambino in età prescolare vivrà il momento
critico della separazione quotidiana dalle figure genitoriali come un’avventura che gli apre nuovi affascinanti mondi, oppure come un traumatico abbandono da
non dimenticare? Un adolescente svilupperà nella crisi
di passaggio le risorse per trasformarsi in adulto autonomo, responsabile, emotivamente equilibrato, oppure
rimarrà schiavo di comportamenti eccessivi, di ribellione o di ostile isolamento, tipici della sua verde età?
E lo stesso vale per le coppie, le famiglie e per le diverse relazioni interpersonali. Anche in questo campo
le possibilità evolutive sono legate alla capacità di cogliere le opportunità di crescita offerte dalle inevitabili
crisi! Senza crisi, infatti, le relazioni non crescono! Ciò
per una semplice ragione: cambiare modi di agire e di
pensare è faticoso! In assenza di scomode crisi ci si adagia. La crisi obbliga a muoversi, a fare qualcosa. Una
situazione di litigiosità tra coniugi può così tradursi nel
benefico passaggio da una visione idealizzata dell’altro
a una più realistica, fondando così il rapporto su basi
più consapevoli e mature. Le tensioni tra generazioni
possono rappresentare l’occasione per meglio chiarire i
rispettivi ruoli e le reciproche aspettative, e per ritrovare
il piacere di stare insieme. Nei rapporti tra amici o colleghi accade un po’ la stessa cosa: da un momento di
crisi può scaturire la spinta necessaria per affrontare la
corvée di un po’ di “pulizia relazionale”, abbandonando esigenze eccessive e trovando il coraggio di chiarire
divergenze o fastidiosi malintesi.
Ebbene sì, pur rinunciando a citare i cinesi, penso
si possa affermare che le crisi offrono effettivamente
un’opportunità per crescere, a diversi livelli!
Sempre che lo si voglia, però!
Se avete commenti o reazioni in merito al tema trattato
non esitate a contattarmi [email protected]
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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UN BREVE VIAGGIO NELLA STORIA DELL’EMIGRAZIONE ITALIANA IN SVIZZERA:
INTERVISTA A LEO ZANIER
“Quanti Ulisse ci saranno
e ci sono stati nel mondo?”
di Romina Michelotti
Sindacalista, animatore culturale, esperto di formazione degli adulti e tra i più noti e letti autori friulani,
anche fuori dal Friuli, molte delle sue raccolte di versi
sono state musicate e tradotte nelle principali lingue
europee, Leonardo Zanier vive a Zurigo. Ci incontriamo nella sua casa davanti ad un buon caffè e a calcolate sigarette. Ed inizia il nostro viaggio, breve ma intenso, nella storia dell’emigrazione italiana nella quale
Leo Zanier - classe 1935 - carnico di origini, ha segnato importanti tappe e raggiunto conquiste memorabili.
Lei che ha vissuto in prima persona l’esperienza della migrazione, come affronta oggi la Svizzera socialmente e politicamente la questione dell’emigrazione?
Il momento più duro, più teso è stato negli anni ’70
con Schwarzenbach, e quindi con le iniziative antistranieri che tendevano a ridimensionarne il numero
ma soprattutto a fare una pressione forte per tenerli in qualche modo fuori dalla vita sociale e politica.
Il fenomeno interessante è che questo partito è quasi
sempre stato battuto, anche se l’intuizione di Schwarzenbach era che la lotta all’emigrazione poteva essere
un volano elettorale importante. Su questo lui ha fatto
la sua fortuna politica, però non ha vinto ed inoltre
in quel periodo le organizzazioni imprenditoriali erano
sostanzialmente contrarie.
Questione che per esempio in Italia invece è molto ambigua. In Veneto, in parte in Piemonte, in Lombardia
c’è tutta una serie di imprenditori che sono leghisti e
magari in fabbrica, in officina hanno persone straniere
che lavoro in nero. Probabilmente in questo caso non
è solo un fatto di xenofobia, ma è anche un ragionamento di rendimento: se l’emigrazione è tenuta sotto
pressione costa meno.
Schwarzenbach questo l’aveva capito molto bene ed
era andato molto vicino alla vittoria elettorale. Fatto
strano è che oggi i successori di Schwarzenbach sono
diventati - con differenze enormi rispetto al passato - il
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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primo partito svizzero. Sono arrivati dove sono arrivati,
ma alle ultime elezioni hanno avuto un calo del 2%;
il che vuol dire che hanno raggiunto speriamo l’apice
della loro fortuna politica.
Detto questo, quello che credo si possa aggiungere
è che la parità di trattamento - non solo salariale - è
sempre stata una rivendicazione centrale; la lotta al
lavoro nero idem, per cui la marginalità quasi istituzionale non è mai stata caldeggiata. Difatti adesso con gli
accordi bilaterali si cominciano a vedere imprenditori
di diversi Paesi europei che vengono qui e pagano i dipendenti a salari più bassi di quelli previsti da contratto
collettivo, ma tale comportamento viene considerato
indegno e quindi sanzionato; questo porta a orizzonti
di civiltà interessanti.
“Diventare bianchi dopo essere stati i marocchini
d’Europa, è l’ebrezza che può allontanare la ragione
dalla realtà”… Lei è un emigrante, figlio e nipote di
emigranti, cosa ha significato per lei l’emigrazione?
Negli ultimi anni gli italiani sono considerati vicini in
Svizzera; c’è stata addirittura una serie di pubblicazioni, di celebrazioni, un libro grosso ed interessante che è
uscito Il secolo degli Italiani sulla storia dell’emigrazione italiana in Svizzera, che una volta era quella preponderante. Quindi sono stati accettati, sono considerati
quasi o per nulla diversi, importatori di lavori interessanti. Gli emigrati ora sono ben integrati. Anche qui,
nell’emigrazione italiana in Svizzera ci sono parecchi
che però considerano gli emigrati venuti dopo, quasi
degli intrusi e quindi non c’è la solidarietà necessaria e
utile per tutti, compresi gli svizzeri, a capire che anche
questi nuovi migranti stanno iniziando un percorso che
sarà lungo e magari anche difficoltoso.
1956: Fuga dal Friuli ferito dalla guerra, senza lavoro
e senza speranza, quando alla frontiera di Chiasso la
polizia svizzera lo fece scendere dal treno e mettere “in fila, in mutande, con il passaporto in mano”..
Ha fatto tanto - da quella data - per i migranti italiani in
Svizzera. Quali sono le conquiste delle quali va più fiero?
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Poco dopo essere arrivato nella Confederazione elvetica ho conosciuto le Colonie Libere Italiane e ho cominciato a lavoraci dapprima come responsabile culturale, poi come Presidente. Le rivendicazioni erano
quelle della parità di trattamento, della pari dignità,
della non discriminazione. Erano anni di guerra fredda, quindi c’era una sorveglianza speciale più che
verso gli emigrati “semplici”, verso gli emigrati che
avevano una storia politica soprattutto se venivano
dal PCI o dalla CGIL. Si può fare anche un discorso
di qualità se si può dire, cioè di chi erano gli emigrati.
Subito dopo la guerra sono quelli che provengono dai
cantieri navali della Spezia, dalle Reggiane di Reggio
Emilia che erano delle grandissime industrie belliche
e che venivano ristrutturate o addirittura chiuse con
grandissimi licenziamenti, fasi dure di occupazione e
dove gli svizzeri andavano a reclutare la manodopera.
Subito dopo quella fase inizia l’emigrazione non più
dall’industria, ma anche dalle campagne e dunque
con persone che con la cultura industriale non avevano nessuna familiarità e spesso erano abbastanza
sprovvisti dal punto di vista dell’educazione scolastica. C’erano problemi di alfabetizzazione in senso
stretto: saper leggere, scrivere e far di conto che per
molti non era dato, ma anche dal punto di vista tecnologico, come la lettura dei disegni tecnici, meccanici, tecnici/edili.
Già negli anni ’60 con le Colonie Libere si era costruita
una rete di corsi di formazione abbastanza diffusi nelle
diverse realtà della Svizzera che perseguivano obiettivi
di alfabetizzazione e di trasferimento di conoscenze
tecnologiche non solo della realtà esterna, ma anche
di lettura in senso tecnico del lavoro che facevano.
Questo è continuato per anni fino a che nel ’70 - con
l’accordo con la CGIL - abbiamo messo in piedi l’ECAP CGIL in Svizzera, diventata una potenza. Oggi
è una delle più grandi realtà formative di questo Paese: l’anno scorso ha avuto circa 36.000 corsisti. Questa realtà formativa è cresciuta molto rapidamente e
all’inizio era destinata soprattutto e quasi esclusivamente ai lavoratori italiani; si comincia poi a lavorare
anche con gli spagnoli ed i portoghesi, serbi, croati,
macedoni, etc. ed oggi gli italiani sono circa il 15%.
Questo è il lavoro che ho fatto con più impegno e
credo che abbia profondamente segnato questa fase
dell’emigrazione. In fondo l’obiettivo era quello di favorire l’integrazione, quindi di insegnare anche il tedesco, il francese perché gli immigrati avessero possibilità di relazione molto più forte partendo da livelli di
scolarizzazione molto bassi. Quello che si vede invece
ora in Italia è che gli immigrati hanno livelli di scolarizzazione altissimi rispetto a quelli dell’emigrazione
italiana negli anni ’60 e ‘70 in questo Paese.
Il suo libro, Allora vi diciamo. Alla nazione, descrive
un mondo che non fa riferimento soltanto ai migranti
e alle migrazioni, ma ci spinge a ragionare su concetti fortemente ambigui come quelli di identità. Che
significato ha per lei identità?
Questo libro mi è stato chiesto da un editore meridionale italiano. È un’antologia, nella quale raccolgo
testi scritti nei diversi anni, in diverse occasioni salvo
due o tre che sono inediti. Mi chiedeva di dire da dove
vengo, dove sono andato, cosa ho fatto, con chi ho
fatto che cosa e quindi questo libro ha una struttura
abbastanza organizzata.
Passando alla parola identità, per me è un vocabolo
che ha avuto uno sviluppo abnorme. Si dice identità
lombarda, identità padana, identità di tutti i tipi. È una
parola ambigua e pericolosa; naturalmente tutti hanno
identità. Dipende come la si definisce: se identità è la
fotografia di un percorso che si fa mentre si vive, quindi
l’identità non è un fatto statico, è parallela al curriculum
oppure se si tende a far diventare l’identità quasi un
lusso, una cosa immutabile rispetto ad un fatto etnico.
L’identità quando è forte produce in sé il potenziale del conflitto perché tutti gli altri sono pericolosi. Io
sono io e tu il resto. Questa è una parola che va presa
con molta attenzione, con molle da fabbro.
Un altro suo libro, Liberi di dover partire, è un manifesto nel quale vi si identificano migliaia di persone,
è una sintesi di parole che racchiudono costrizione e
necessità. Come descrive il migrante friulano degli
anni ‘60? Quali sono le affinità tra carnico e svizzero?
Una cosa che mi ha fatto tanto piacere è che questo
libro che è stato tradotto in tante lingue, che avuto
moltissime edizioni, adesso è stato tradotto anche in
arabo e verrà pubblicato in tempi vicini. Questo mi
piace, perché raccontare ai nuovi che vengono in Italia
quale è il pensiero al di dentro di un immigrato italiano
potrà aiutare a capirsi.
Non so bene come verrà accolto, perché la mia è una
sintesi, una struttura di pensiero laica, ironica, ma
quell’arabo che l’ha tradotto mi ha detto di non essersi sentito in imbarazzo e questo non è male. Io ho
cercato di scrivere la storia di singole persone, uomini
e donne del mondo, non solo friulani o dei miei compaesani e con tanti obiettivi; mentre scrivevo i miei
Paesi si svuotavano e quindi c’era anche un tentativo
scaramantico per dire - fermiamoci, fermativi, qui sta
succedendo una sorta di massacro, ma anche di dire
che l’emigrazione è il destino di tutti, non di una minoranza.
Nella mia regione - la Carnia – i cui emigrati gravitavano più sul bacino del Danubio, più verso il
Nord, verso l’impero Asburgico c’era un’emigrazione stagionale, cioè la gente andava e tornava.
Ed in ogni famiglia o quasi c’era un emigrato che
assieme alla zootecnia, assieme allo sfruttamento dei boschi e dell’artigianato chiudeva il bilancio
in attivo e non si verificava spopolamento. C’era un
andare e un tornare, un rafforzare l’economia locale e quello sembrava un fatto quasi fisiologico.
Con l’Unità d’Italia e soprattutto con la prima guerra mondiale, quello sbocco e quella frontiera si sono
chiusi e le condizioni economiche peggiorate, quindi
l’emigrazione si dirige verso Francia, Belgio, Svizzera,
e viene incoraggiata ad andare verso il Canada, l’Australia, gli Stati Uniti. In questo caso, non va più uno
solo, ma intere famiglie e le case si svuotano, una alla
volta, in modo sistematico ed irreversibile. Questa è
stata la differenza tremenda, che ha creato un impoverimento demografico e culturale, perché in fondo
vanno le famiglie più forti, quelli che scommettono
su una vita nuova. I prati cominciano a non essere
più lavorati, le stalle crollano, la zootecnia sparisce e
questa è stata la fase che durerebbe ancora se ci fosse
gente in grado di emigrare. Dalle mie parti da oltre
60.000 persone che vivevano in quell’area – un’area
alpina - oggi sono rimasti la metà ed in certi posti sono
emigrati anche il 60-70%, quindi si è creata una difficoltà incredibile.
I carnici hanno una buona affinità culturale con gli
svizzeri. La lingua in qualche modo la si dominava;
nella generazione prima la si parlava. Nel carnico molte parole entrate nell’uso quotidiano sono di origine
tedesca. Se si mettono assieme alla lingua, le condizioni orografiche, climatiche, e la cultura del lavoro,
gli svizzeri sembravano molto vicini… forse meno
divertenti e spiritosi almeno apparentemente, per cui
io non ho avuto grandi problemi a comunicare e ad
integrarmi con loro.
Leonardo Zanier rappresenta oggi sicuramente il maggior poeta carnico vivente, è stato definito il poeta dell’emigrazione. Cosa l’ha indotto ad iniziare a scrivere?
Il perché non lo so, comunque l’ho fatto (..ride). Probabilmente c’era una voglia di comunicare che non
fosse solo il chiacchierare, che fosse un fatto molto più
preciso. Lo scrivere esige precisione, un raccogliere e
raccogliersi attorno a parole giuste, fare delle analisi
che non siano banali. Scrivendo e leggendo nei miei
Paesi, nelle osterie ho visto che creavo emozioni e che
c’era una grande comunione nel raccontarsi queste
cose. Poi man mano, ho visto che lavorare sulle parole
è una delle cose più belle che si possano fare, come
credo uno scultore che da un pezzo di sasso tira fuori
delle forme, delle suggestioni, delle idee, degli equilibri. Con le parole è probabilmente più complicato,
perché esistono già.
Nel combinarle, scombinarle, aggregarle, cambiarle
c’è una sorta di piacere che diventa uno stimolo forte.
C’è stato anche un incoraggiamento forte in quanto le
mie poesie sono state tradotte da un gruppo di friulani
che stavano in Svezia e che volevano comunicare con
i loro colleghi svedesi chi erano e questa è stata una
cosa importante anche se l’ho saputa molto dopo. Poi
le mie poesie sono state usate da un professore dell’università di Udine che insegnava serbo-croato e sono
state tradotte anche in serbo croato…e poi via via in
inglese, francese, spagnolo e in ultimo in arabo.
Quanto è riuscito a fare attraverso il sindacato - nel
quale ha militato per molti anni - per la promozione della dignità dei migranti nel contesto locale?
Rispetto a quello che facevo prima nelle Colonie Libere
Italiane c’è stato una sorta di salto facendo l’accordo
con la CGIL, perché aumentava il potere contrattuale
la
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lario, finché con l’introduzione in Italia delle “150
ore” siamo riusciti a fare in modo che i presidenti
delle commissioni d’esame venissero in Svizzera e
quindi gli esami venivano fatti la sera dopo lavoro.
Oggi per esempio l’ECAP si occupa molto dei disoccupati. Ci sono migliaia e migliaia di persone mandate
nei centri ECAP per riqualificarsi anche se in questo
ultimo periodo si punta maggiormente ad insegnare
a come fare le offerte di lavoro, a come presentarsi, a
capire dove ci sono dei posti liberi, ecc.
verso il Governo italiano e i Consolati. Si è passati quindi da bilanci precari, da livelli di volontariato quasi totali dove la gente insegnava prendendo pochissimo o
niente tranne i rimborsi spese, ad una struttura un po’
più solida in cui il lavoro era remunerato. Il volontariato è comunque rimasto, soprattutto in quanto chi insegnava era già motivato di suo nel senso di voler fare
delle cose per i suoi colleghi, per gli emigrati italiani.
La prima fase è quasi una sorta di trasferimento delle
competenze dalla prima emigrazione professionalizzata alla seconda, quella più rurale e più analfabeta. Crescendo questo non bastava più e ad un certo
punto - quando si è passati all’industrializzazione in
modo massiccio - moltissimi studenti dell’università
soprattutto ticinesi sono stati coinvolti nell’insegnamento. In una fase successiva - quando si è passati
all’alfabetizzazione informatica - si andava al Politecnico a cercare chi era disponibile a fare questo
lavoro e per fortuna c’è stata sempre una grande
disponibilità di studenti e laureati non solo italiani.
L’ECAP ha avuto un ruolo storico nella formazione
e riqualificazione professionale in un mercato come
quello svizzero. Come si è evoluto l’Ente in questi
anni e che ruolo ha assunto?
C’è stata una prima fase in cui si traferiva alfabetizzazione. Poi si è puntato più in alto, e quindi a far
raggiungere qualifiche svizzere riconosciute. Corsi per
muratori, per elettro-impiantisti, saldatori, idraulici
con un esame formale da parte svizzera, con il riconoscimento economico in busta paga che non era un
obiettivo qualunque perché, nei cantieri svizzeri il settanta/ottanta per cento di chi ci lavora sono immigrati.
Siccome non c’erano titoli riconosciuti, i livelli salariali
erano inferiori e una delle barriere era appunto quella
del riconoscimento dei titoli.
All’inizio è stato molto complicato, perché gli esami si dovevano sostenere a Milano, a Como e duravano una settimana con perdite di lavoro e di sa-
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Sempre a proposito di ECAP, cosa induce il passaggio
da ente (di emanazione della CGIL) a fondazione?
Questo succede nell’84 ed era già cominciato molto prima un lavoro assieme ai sindacati svizzeri. Chi
accetta per primi sono i sindacati dell’edilizia, poi i
sindacati metalmeccanici, finché si arriva a stipulare
un accordo con l’Unione Sindacale Svizzera e questo
significa cambiare anche la natura giuridica dell’ECAP che diventa un’organizzazione di questo Paese,
secondo il diritto svizzero. Nel consiglio di fondazione quindi, metà sono di provenienza CGIL e metà di
provenienza dell’unione sindacale. Diventa più interessante. Questo succede anche perché in Italia - in
quegli anni - con il passaggio della formazione professionale alle regioni, la CGIL decide di non avere più
una struttura formativa del sindacato, ma di puntare
sul pubblico. Questo non vale per l’estero, però l’aggancio organizzativo/comunicativo con l’Italia diventava più complicato, più politico.”
Quali suggerimenti darebbe ad un giovane italiano
che deve affrontare oggi la Svizzera? A quali enti
consiglia di far riferimento?
Si stanno riorganizzando quelle che erano le strutture storiche dell’emigrazione. Restano quelle che sono
le Colonie Libere, le ACLI, però ne nascono molte
altre. Ad un certo punto in diversi posti sono nati i
Secondos, gruppi formati dai figli degli immigrati che
nel frattempo sono diventati anche cittadini svizzeri, e che partecipano alla vita politica, democratica
svizzera e questo è un aspetto relativamente nuovo.
Poi nascono anche altre forme organizzative che sono
quelle dei piccoli imprenditori che si associano, degli
studenti che si associano, di una serie di iniziative tese
più ad organizzarsi per gruppi che per cittadinanza.
Sicuramente necessitano di una riflessione in merito ai
bisogni dei nuovi più che ai nuovi bisogni in quando
l’emigrazione dall’Italia continua. C’è l’emigrazione
intellettuale, la formazione di chi viene è molto più alta
di quella di una volta, con l’idea che andare all’estero diventa un investimento, e non più un vivacchiare,
un andare dove si guadagna di più, ma andare dove
la crescita personale è più forte. E questo pone altri
tipi di idee organizzative. Ora c’è anche il Forum per
l’integrazione dei migranti e delle migranti (Fimm),
che raggruppa tutte le nazionalità e in qualche modo
dialoga anche con il Consiglio Federale e si propone di
interventi politici rispetto ai diritti, alla cittadinanza, al
diritto di voto e credo che quello sia anche dei punti
forti della riflessione dell’emigrazione attuale.
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IL CENTENARIO DELLA MORTE DI GIOVANNI PASCOLI (1855-1912)
Il poeta fanciullo e l’Italia migrante
di Mattia Lento
Il 31 dicembre 1855 nasceva a San Mauro di Romagna uno dei poeti italiani più illustri della nostra letteratura. Giovanni Pascoli lo conoscono in molti, perché
inserito nel programma di studio delle scuole superiori e quest’anno nuovi e vecchi studenti avranno
modo di scoprirlo ulteriormente grazie alle numerose
iniziative pubbliche pensate per ricordare il centesimo
anniversario della sua morte.
Il poeta romagnolo non è certamente tra i preferiti
di chi siede tra i banchi di scuola. La sua biografia
priva di slanci, un orizzonte ideologico segnato da un
certo provincialismo e l’estremo pudore poetico non
lo rendono certo accattivante agli occhi di un adolescente. Eppure, il contributo di Giovanni Pascoli alla
poesia italiana non è certo da sottovalutare. La sua
concezione intima e interiore del sentimento poetico,
la valorizzazione dell’ambito familiare e quotidiano,
l’idea della poesia come arte consolatrice sono state chiarite dal poeta nel famoso articolo apparso nel
1897 intitolato Il Fanciullino.
Ma al di là di una poetica segnata dall’idealismo tipico
della cultura ottocentesca, la poesia del Pascoli si lascia apprezzare soprattutto per un certo sperimentalismo metrico e fonetico. Caratteristiche che sono state
apprezzate nel corso del Novecento, ad esempio, da
un “maledetto” della cultura italiana come Pier Paolo Pasolini. Il libro Myricae è la prima vera e propria raccolta di poesie del Pascoli, nonché una delle
più conosciute e studiate. In questa raccolta, Pascoli
propone frammenti di vita campestre e ne restituisce
la personale esperienza sensoriale. I componimenti
sono dedicati al ciclo delle stagioni, al lavoro dei campi e alla vita contadina. Le myricae, le umili tamerici,
diventano un simbolo delle tematiche del Pascoli ed
evocano riflessioni profonde, al di là della superficie
bozzettistica.
Pascoli aderì in gioventù a ideali socialisti e libertari,
ma non arrivò mai a esprimere un pensiero politico
coerente e strutturato. Scoppiata la guerra italo-turca,
pronunciò il celebre discorso a favore dell’imperialismo La grande Proletaria si è mossa, dimostrando tutta la debolezza ideologica del suo pensiero. In questo
testo dalle tinte prefasciste, il poeta esprime entusiasmo nei confronti dell’intervento italiano. L’avvio di
una politica coloniale da parte dell’Italia è avvertito
dal Pascoli come soluzione per offrire terre e lavo-
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ro a quegli italiani che sempre di più sceglievano la
via dell’emigrazione. Un tema caro al Pascoli che nel
1904 scrisse Italy - Sacro all’Italia raminga, ispirandosi
ad un episodio veramente accaduto. Giuseppe Battiston e Gianmaria Testa lo hanno riportato in scena il
12 gennaio al Teatro dei Differenti di Barga per festeggiare il centenario. Il poemetto descrive il fenomeno
dell’emigrazione prendendo come spunto la storia di
una famiglia conosciuta dal Pascoli. Protagoniste sono
la piccola Maria-Molly, malata di tisi, riportata in Italia
dagli Stati Uniti per trovare aria buona e cure, e la nonna, che le si affeziona fino a morire, simbolicamente,
in sua vece. Pascoli avvertì che l’emigrazione era uno
dei problemi fondamentali del suo tempo e soffrì per
l’emorragia di uomini e donne che in massa stavano
lasciando il paese. Il suo punto di vista sul tema rimase
sostanzialmente patriottico ma, forse, può comunque
servire anche oggi per capire meglio la nostra storia
unitaria e per affrontare al meglio l’arrivo nel nostro
paese di nuovi popoli e nuove culture.
Scaffale
di Liber
Zucchero
Fornaciari
IL SUONO
DELLA
DOMENICA
Mondadori
pp. 300, € 19,00
Figlio di un “voltaformaggio” e di
una casalinga, il piccolo Adelmo Fornaciari cresce a Roncocesi, tra i campi, vicino a Reggio Emilia. Un mondo
piccolo tra la cooperativa comunista
e la parrocchia di don Tajadela, prete
bello grosso, popolato di personaggi
memorabili come la nonna Diamante, il nonno Cannella, lo zio Guerra,
maoista che mangiava solo riso, la
Vittorina, che si piega per gonfiare
la ruota della bicicletta e gli mostra le
mutande rivelandogli cosa c’è sotto
e spalancandogli la porta dell’erotismo e delle fantasie sessuali. Siamo
a metà degli anni Cinquanta, in quel
gran pezzo dell’Emilia, terra di comunisti e di motori, di cucina grassa e di
cantanti. Delmo aggiusta in officina
il suo mosquito che non parte mai,
dorme in una camera dove stanno
appese sopra il suo letto meravigliose
coppe, salami, ciccioli, prosciutti. Si
sveglia alla mattina unto e profumato di grasso. E va in chiesa a suonare
l’organo. In cambio serve messa. Un
mondo antico fatto di fatiche, ma anche di un inesausto desiderio di felicità. Siamo alla vigilia del boom economico e Delmo vola sui seggiolini del
calcinculo del luna park alla fiera di
San Biagio. C’è il giradischi. Ascolta il
beat emiliano dei Nomadi e dell’Equipe 84, ma anche Let It Be dei Beatles
e A Whiter Shade Of Pale dei Procol Harum. Cambia il set. Dall’Emilia
Adelmo si sposta nella Forte dei Marmi delle estati ricche e degli inverni
poveri, delle balere e dei dancing. Poi
nella Carrara anarchica. Non smetterà
più di inseguire le sue radici, cantando e suonando in tutto il mondo.
Zucchero con la sua disarmante
onestà racconta la sua vita in un romanzo sorprendente che al ritmo arcaico della campagna alterna quello
martellante del blues. Un’epopea di
terra, di carne, di sesso. Non senza
dolorosi lati oscuri. Una vita autentica e sfrenata accompagnata da un
sound dionisiaco, a volte diabolico,
che si distende nel suono dolce della
domenica.
Giorgio Bocca
Marco Malvaldi
GRAZIE NO
SETTE IDEE CHE
NON DOBBIAMO
PIÙ ACCETTARE
LA CARTA
PIÙ ALTA
Feltrinelli
pp. 108; € 10,00
La crescita folle
La produttività, il nuovo dio
La lingua impura
Il dominio della finanza
La corruzione generale
La fine del giornalismo
L’italia senza speranza
Forse in questi anni ci siamo abituati:
cose che dovrebbero farci indignare passano sotto silenzio, discorsi che
non si dovrebbero sopportare diventano moneta corrente, idee come minimo discutibili vengono invece comunemente accettate. Giorgio Bocca
però non si è mai arreso, e in questo
pamphlet alza la voce per denunciare
le scorciatoie del pensiero unico, che
certo non scomparirà con un cambio
di governo e a cui si deve rispondere
con un sonoro e liberatorio: “Grazie,
no!”. E se è ormai quasi un’abitudine
anche l’indignazione, anche il cinico e
soddisfatto luogo comune secondo cui
l’Italia è ormai perduta, vittima delle
sue ataviche tare e dei suoi vizi inestirpabili, Bocca ci ricorda, con l’autorità
del testimone e la vividezza del grande cronista, che già altre volte (ultima
la guerra partigiana, così vicina e così
preziosa) l’Italia fu sul punto di soccombere, ma gli italiani hanno saputo
trovare in loro stessi la forza di salvarsi.
Giorgio Bocca (Cuneo, 28 agosto
1920 - Milano, 25 dicembre 2011) è
stato uno dei più importanti giornalisti
italiani degli ultimi cinquanta anni. Si
è occupato di attualità politica, analisi
socioeconomiche, approfondimento
storico e storiografico. Tra le sue opere
ricordiamo: Storia dell’Italia partigiana
(1966); Storia d’Italia nella guerra fascista (1969); Palmiro Togliatti (1973);
La Repubblica di Mussolini (1977);
L’inferno. Profondo Sud, male oscuro
(1993). Con Feltrinelli ha pubblicato
Piccolo Cesare (2002), Basso Impero (2003), Partigiani della montagna
(2004), L’Italia l’è malada (2005), Napoli siamo noi (2006), Le mie montagne (2006), Il provinciale (2007), È la
stampa, bellezza! (2008), Annus horribilis (2010) e Fratelli coltelli (2010).
Sellerio
pp. 208, € 13,00
A Pineta siamo a metà di un’estate
particolarmente lunga. Massimo, che
ha completamente ristrutturato il bar,
cerca una nuova banconista; Aldo, a
cui hanno distrutto il ristorante dandogli fuoco, sta cercando un nuovo
locale. Il posto adatto ci sarebbe: si
tratta di Villa del Chiostro, una beauty farm che sta andando piuttosto
bene, messa su vari anni prima da un
personaggio losco, Riccardo Foresti, e
dove vorrebbe aprire un ristorante in
comproprietà. Aldo è reso dubbioso
dalla cattiva reputazione di Foresti e
prima di accettare vuole delle garanzie; la stessa storia della beauty farm,
infatti, ha dei punti oscuri. Grazie alle
conoscenze di Pilade in Comune, i
vecchietti riescono a mettere le mani
sui vari atti che hanno portato all’acquisizione del fabbricato; scoprono
così che la proprietà è stata comprata
ad un valore assai inferiore al prezzo
di mercato. La spiegazione è ovvia: il
bene è stato acquistato come nuda
proprietà, e quindi destinato a rimanere in mano al venditore, Ranieri
Carratori, fino alla morte di quest’ultimo. Meno ovvio è, invece, che il
Carratori stesso sia morto in maniera
improvvisa dopo un mese circa dalla
stipula del contratto. Apparentemente, per una malattia che non perdona;
ma per i vecchietti è una coincidenza
troppo grossa per essere solo un caso.
Un infortunio al tendine costringe Massimo a un ricovero proprio nello stesso ospedale in cui è morto Carratori.
Aldo, Ampelio, Gino e Pilade, i quattro
pensionati-detective di Pineta affondano in questa nuova avventura fra un
pettegolezzo, una bevuta e quattro risate, rompendo la monotonia della placida vita di provincia con arguzia e ironia.
E dimostrando alla fine che la scienza
serve, anche tra i tavolini di un bar.
Marco Malvaldi (Pisa, 1974) ha pubblicato con questa casa editrice i tre romanzi della serie dei vecchietti del BarLume: La briscola in cinque (2007), Il
gioco delle tre carte (2008) e Il re dei
giochi (2010), e inoltre Odore di chiuso (2011).
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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OLTREFRONTIERA: IL PRIMO LIBRO DI FABRIZIO MACRÌ
Intervista con l’autore
di Paola Volk
Fabrizio Macrì dedica questo suo primo libro all’internazionalizzazione, al Made in Italy, al sistema produttivo italiano visto dall’estero ed al ruolo delle Camere di
Commercio Italiane all’estero. Frutto di una selezione di
articoli pubblicati su La Rivista, negli anni di lavoro alla
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, il libro
offre uno sguardo dall’estero sulle imprese e l’economia
italiana, sulle arretratezze del Sistema Italia, ma anche
sul suo grande potenziale di crescita. Uno sguardo critico
ma ottimista sull’Italia del futuro, sui suoi rapporti con la
Svizzera e con il Mondo. La prefazione è di Piero Bassetti.
Oltrefrontiera offre al lettore uno sguardo critico al sistema produttivo italico analizzato da chi vive all‘estero da
molti anni. Prevale la critica implacabile che si fa spesso
dell‘Italia dall‘estero o l‘affetto che porta ad attutire i vizi
cronici dei nostri connazionali? Visti dall’estero i nostri
vizi cronici non si attutiscono, tutt’altro, stridono ancora
di più, soprattutto con l’aspirazione della terza economia
d’Europa, da un lato, di voler stare in Europa sentirsi parte integrante del consesso delle grandi nazioni e potenze economiche e dall’altro di fare sempre di testa sua:
di mettere in atto comportamenti individuali e collettivi
che di europeo ed occidentale hanno ben poco. Tuttavia,
credo che questa crisi ci ricondurrà alla realtà, sarà una
lezione che ci farà capire che per stare tra i grandi bisogna
che il sistema-Paese funzioni, sia a livello istituzionale che
economico. Il vincolo che ci siamo autoimposti con l’entrata nella moneta unica, sta avendo adesso i suoi effetti
“educativi” sul nostro sistema delle imprese e di riflesso
sulla gestione della cosa pubblica. Saremo costretti a giocare secondo le regole ed a valorizzare il nostro immenso
talento. Tutto sommato questa è una fase positiva per
l’Italia: per la mia generazione che ha vissuto l’imposizione della moneta unica sulla nostra economia come
una speranza di cambiamento, questa crisi è la prova del
nove. Ora dobbiamo dimostrare di cosa siamo capaci. Il
mio libro dimostra che abbiamo tutti i numeri per farcela.
Il libro nasce da una raccolta di articoli scritti negli ultimi
anni e pubblicati sulla Rivista, il mensile della Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera. Avevi già in mente
un piano generale dell‘opera nella stesura mensile dei
tuoi pezzi? Avevo in mente di scrivere un libro da un pezzo. Quanto senti di avere tanto da dire, ti senti crescere
una strana energia dentro, ma non sapevo che sarebbe
stato frutto della raccolta dei miei articoli su La Rivista.
L’idea mi è stata data dai miei genitori che sempre per
primi leggevano i miei articoli appena li scrivevo. E forse
sono tutt’ora tra i pochi che li leggono.
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la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
Quali sono i temi trattati nel libro ai quali ti senti
maggiormente legato?
C’è un articolo sull’epopea di Olivetti nel Canavese che ho
scritto dopo un viaggio di lavoro ad Ivrea. Mentre lo scrivevo mi venivano i brividi e mi saliva la rabbia, rileggerlo
ancora oggi mi emoziona. La Olivetti è stata una delle
enormi occasioni perdute dall’Italia: un grande gruppo industriale all’avanguardia del management e della tecnica
che per miopia e per colpa di un sistema-Paese inesistente
e litigioso, è stato lasciato morire facendo perdere all’Italia
il treno della New Economy e dell’Information technology
partito negli anni ’90. Il Piemonte e l’Italia tutta avrebbero
oggi un altro volto se Olivetti ci fosse ancora, se la grande
eredità manageriale, culturale e morale di Adriano fosse
entrata nel DNA della classe dirigente italiana.
Viaggi molto per motivo di lavoro e conosci da vicino le
particolarità delle varie regioni italiane. C‘è una realtà
locale che ti ha particolarmente colpito?
Sono molto legato all’Emilia Romagna. È una regione
che ha delle performance industriali impressionanti pur
avendo un sistema sociale generoso e tollerante, capace
di integrare l’emigrazione. È la regione che meglio di tutte
rappresenta l’Italia dei nostri sogni, ricca ed operosa, ma
allo stesso tempo capace di godersi la vita, di una battuta in qualsiasi momento. Ricchissima, non solo di grandi
marchi del Made in Italy che hanno reso nota la qualità
italiana in tutto il mondo, ma anche di arte, cultura e turismo di qualità. L’Emilia Romagna è la dimostrazione che
possiamo essere competitivi e vincenti pur mantenendo
l’amore per le cose belle e buone che ci distingue da tanti
altri popoli «ricchi ma tristi».
Nei rapporti tra l‘Italia e la Svizzera quali elementi hai
maggiormente evidenziato? Ho messo molto l’accento
sulle grandi opportunità che il mercato svizzero offre alle
nostre aziende esportatrici e soprattutto sul modello svizzero di «accompagnamento delle imprese»: un sistema
fiscale semplice ed efficiente, una burocrazia snella e vicina al cittadino, un sistema di trasporti che aiuta le imprese
ad abbattere i loro costi, ma soprattutto un’idea di paese
comune che lega i cantoni tra di loro nonostante il forte
decentramento delle istituzioni.
Secondo te che cosa dovrebbero imparare gli italiani dagli svizzeri? La modestia, la semplicità ed il low-profile.
Quando ero bambino si diceva “italiani brava gente”,
si avvertiva ancora l’umiliazione da noi subita durante il
secondo conflitto mondiale ed il nostro senso di inferiorità verso altri popoli più ricchi e organizzati. Poi secondo me gli anni ’80 e ’90 ci hanno dato alla testa, siamo
diventati molto arroganti verso l’esterno, ci siamo chiusi
in noi stessi, abbiamo interpretato le difficoltà economiche introdotte dall’Euro come un atto di imperialismo di
economie più forti, invece di cogliere l’opportunità per
affrontare le nostre debolezze e soprattutto nell’ultimo
decennio abbiamo espresso una classe dirigente impreparata, ignorante delle cose del mondo e delle lingue ed allo
stesso tempo piena di sé. Questo ci squalifica molto agli
occhi degli altri, dobbiamo lavorare, fare le cose che sappiamo fare meglio e mantenere un profilo basso, solo così
ci guadagneremo il rispetto del mondo: fatti non parole e
atteggiamenti. Questo gli svizzeri lo sanno bene. Qui si fa
carriera presto, si guadagna molto, si guidano macchine
veloci e si abitano case eleganti, ma nessuno mai te lo
sbatte in faccia. Nei rapporti di business gli svizzeri sono
sempre molto preparati e non si perdono in cerimoniali,
vanno dritti al sodo, ma lo fanno con grande rispetto del
proprio interlocutore, senza mai far pesare la propria funzione o il proprio potere. Questo è stato il più grande insegnamento che ho ricevuto lasciando l’Italia 12 anni fa.
Quanto ci caratterizza secondo te la peculiarità di esprimere il meglio nel momento della crisi? È la nostra dote
migliore, ma deve rimanere un’arma di riserva, un’eccezione, non può essere la regola. Nel contesto economico
internazionale di oggi in cui nuovi popoli si affacciano sulla scena mondiale ed aspirano a più alti standard di vita,
se l’Italia vuole essere ascoltata, almeno in Europa, deve
dimostrare una stabilità di comportamenti e fondamentali
economici che la rendano credibile. Non possiamo sempre arrivare sull’orlo del baratro per fare ciò che serve.
È un atteggiamento infantile e denota una nostra debolezza psicologica che dobbiamo vincere. Io credo in noi,
perché in questi anni con gli Italiani del Sud e del Nord
ci ho lavorato, li ho visti negli occhi e ho captato le loro
paure, ma anche il loro coraggio e la genialità delle loro
scelte, li ho sentiti sulla pelle nel mio lavoro quotidiano.
Urge un cambio di classe dirigente, dobbiamo darci un
sistema di selezione dei decision maker basato sul merito,
sull’esperienza all’estero, sulle conoscenze delle lingue e
del mondo. La partita è aperta: giochiamocela.
Oltrefrontiera si può acquistare presso la Libreria Italiana
di Zurigo (Hohlstr. 30, tel. 044 241 65 46), oppure online
su: www.magazzino51.com
“SWISS SWEET NIGHT 2011“
IL CONSOLATO DI SVIZZERA PER LA REGIONE CALABRIA E “SVIZZERA
TURISMO ITALIA” INSIEME PER “MISSION CALABRIA”
Il Console onorario di Svizzera in Calabria, nonché Delegato della CCIS, Avv.
Renato Vitetta, unitamente al Tiziano Pelli e a Piccarda Frulli hanna espresso massima soddisfazione per la riuscita della “Mission Calabria”, culminata
con la “Swiss Sweet Night”. L’evento che si è tenuto a Palazzo di Città, nella
splendida Sala dei Lampadari, prima dei saluti proposti dal Presidente del
Consiglio Comunale Sebastiano Vecchio e dalla Delegata al Turismo della
Città di Reggio Calabria Monica Falcomatà, ha offerto una visone a 360° Il Console onorario di Svizzera
di ciò che vuol dire turismo e sviluppo di questo settore per gli esperti della in Calabria Renato Vitetta.
comunicazione turistica elvetica. Obiettivo, quello di creare nuovi contatti
con la realtà calabrese e con quella reggina in particolare, per presentare i più interessanti prodotti dell’offerta “Svizzera”. Alla presenza di un folto gruppo di studenti reggini di una scuola media che parteciperanno nell’ottica del
Progetto “Conosci la Svizzera” ad una gita d’Istruzione in terra elvetica nel prossimo Marzo, è stata presentata una
serie di filmati con immagini dei più suggestivi paesaggi di alcune celebri mete del turismo internazionale, quali St.
Moritz, con il Trenino Rosso del Bernina, oggi patrimonio mondiale dell’Unesco, per passare a Zermatt, il versante
svizzero del Cervino, che concede la possibilità di partire dalla Svizzera con gli sci ai piedi ed arrivare “via neve” in
Italia, a Cervinia, attraverso un percorso con paesaggi mozzafiato, con montagne alte oltre 4.000 metri. Sono poi
state passate in rassegna Città quali Lucerna, piccolo gioiello incastonato sul Lago dei 4 Cantoni nella Svizzera Centrale, dove oggi si possono ammirare presso il Museo Rosengart, secondo al mondo dopo il MOMA di New York, i
maggiori capolavori di Picasso, Klimt, Monet e molti altri celebri artisti.
La giornata si è conclusa con una serata organizzata da Svizzera Turismo con il Consolato di Svizzera presso il Salotto
“Etoile”, una delle più belle “Terrazze sullo Stretto”. Alla presenza di un pubblico competente, la serata, condotta
da Giacomo Battaglia, artista reggino di consolidata fama, è culminata in una straordinaria esibizione della Soprano
Paola Sanguinetti, accompagnata dal giovane Davide Burani.
la
Rivista
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A SION NELL’AMBITO DELL’ATELIER DU REGARD
Uno sguardo di là delle frontiere
di Marco Patruno
Diamo un seguito all’importante iniziativa transfrontaliera, nata sotto l’egida della Fondazione Fellini per
il Cinema di Sion-Vallese, di cui abbiamo già avuto
l’opportunità di parlare sulle colonne della Rivista
in occasione dell’articolo concernente le Fondazioni
Fellini di Rimini e Sion. Oggi possiamo confermare il
proseguio dell’azione. In effetti, gli alunni del Liceo
Giorgio Spezia di Domodossola sono venuti in visita
al Collège des Creusets e alla Fondation Fellini pour
le Cinéma, dove hanno scoperto in quest’occasione il
progetto «Atelier du Regard».
Nell’ambito della «Carta degli scambi transfrontalieri»
di Chamonix – che prevede delle azioni a carattere culturale e relazionale tra le scuole superiori e medie italiane, francesi e svizzere – un gruppo di giovani italiani,
accompagnati dalle loro insegnanti Annie Veschambre
e Daniela Donzelli, sono stati ricevuti nel Collège des
Creuset di Sion dal Vice-Preside Christian Wicky e
dal Presidente della Fondazione Fellini per il Cinema,
Stéphane Marti.
Lo scopo di questa visita era, da un lato, permettere a
questi giovani liceali italiani di conoscere le strutture di
un istituto vallesano, e più particolarmente invogliarli a
partecipare al progetto «Atelier du Regard», concepito
dal liceo svizzero con il suo Preside Benjamin Roduit, in
collaborazione con la suddetta Fondazione.
Il progetto «Atelier du Regard» in primo piano
Tutti questi ragazzi hanno cosi scoperto i metodi di lavoro dei loro colleghi vallesani come pure le attrezzature dei loro laboratori. Dalle loro osservazioni è risultato evidente la differenza esistente tra la loro struttura
scolastica italiana meno performante rispetto a quella
svizzera di Sion.
Ma il fatto di paragonare queste diverse situazioni di
vita scolastica è stato comunque un’esperienza interessante. In oltre, sotto la sapiente guida di Stéphane
Marti, il gruppo di Domo ha potuto ammirare all’interno del Liceo stesso, la mostra fotografica realizzata dagli studenti vallesani che hanno aderito a questo
meraviglioso progetto.
È stato spiegato loro il metodo adottato per ottenere
queste foto in bianco e nero, scattate con macchine
fotografiche argentiche, ma anche lo sviluppo e la
stampa di queste medesime.
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Rivista
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Una scoperta entusiasta continua
Nel loro sguardo si poteva leggere una luce entusiasta mentre scoprivano queste diverse operazione che li
hanno affascinati, come ci hanno detto in seguito; un
entusiasmo che andava crescendo man mano venivano a conoscenza che una dozzina di loro parteciperanno a questo progetto «Atelier du Regard».
Infatti, è previsto nel marzo 2012 un soggiorno di 2
giorni nel Collège des Creusets, durante il quale potranno a loro volta dedicarsi alla realizzazione di foto,
nelle stesse condizioni dei loro coetanei del Vallese e di
Chamonix. Eh già… i ragazzi francesi del Liceo FrisonRoche di Chamonix parteciperanno anche loro a questa interessantissima iniziativa transfrontaliera. Questi
giovani avranno anche la possibilità di seguire le lezioni
che si svolgono nella scuola di Sion.
A progetto ultimato, le foto realizzate dagli studenti italiani, francesi e svizzeri saranno oggetto di una
mostra itinerante nei tre stati, aperta al pubblico, che
metterà in evidenza i stili diversi nell’approccio estetico
all‘arte fotografica, un arricchimento non indifferente
per lo scambio.
Ciliegina sulla torta, la giornata si è conclusa con la
visita alla Fondazione Fellini per il Cinema, situata da
poco presso la «Maison du Diable», in cui hanno potuto ammirare le foto del film di Fellini Otto e mezzo.
È stato questo un momento di grande emozione, scoprire il mondo affascinante e magico del grande Maestro del cinema mondiale. Ultimamente sono venuti ai
ragazzi francesi del «Collège Frison-Roche» a Sion per
vivere la stessa esperienza dei loro amici italiani. Accompagnata da Alp-Info, questa stupenda avventura
transfrontaliera permetterà di creare nuovi legami tra
queste popolazioni di confine.
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AL LANDESMUSEUM DI ZURIGO FINO AL 22 APRILE
C’est la vie. Foto giornalistiche dal 1940
Presentando per la prima volta il suo ricco archivio
di foto giornalistiche nell’ambito di una mostra, il
Museo nazionale svizzero (Landesmuseum) racconta
la storia svizzera recente attraverso l’obiettivo dei fotoreporter e illustra l’evoluzione del fotogior-nalismo
dalla metà del XX secolo sino ai giorni nostri.
Tre padiglioni originali progettati negli anni Quaranta
dal costruttore e designer Jean Prouvé accolgono, in
un allestimento accurato, varie fotografie che raffigurano eventi politici, episodi della vita quotidiana, momenti indimenticabili, istantanee di personalità note e
ritratti di eroi di tutti i giorni.
Il visitatore scoprirà inoltre come i primi reportage fotografici, dedicati ai temi più svariati, cedono progressi-vamente il passo alle istantanee individuali, dapprima in bianco a nero e poi a colori. Le nuove tecniche
di stampa e di trasmissione delle immagini consentono
di pubblicare sulla stampa quotidiana un numero sempre maggiore di foto che ritrag-gono avvenimenti di
scottante attualità.
I settimanali illustrati perdono importanza a partire
dagli anni Sessanta. La mostra spiega peraltro il passaggio dall’era analo-gica all’era digitale ponendo a
confronto il funzionamento di un’agenzia fotografica
degli anni Quaranta e quello di un’agenzia fotografica
dei giorni nostri.
La mostra offre una panoramica dell’archivio fotografico comprendente vari milioni di immagini, che nel
2006 è venuto ad arricchire le collezioni del Museo
nazionale svizzero. L’esposizione è articolata attorno a
nove sezioni tematiche:
I reportage
Fino al 1960 circa, i fotoreportage sulle riviste illustrate costituiscono il mezzo più diffuso per far entrare il
vasto mondo nelle case delle lettrici e dei lettori. Ogni
set-timana, numerose riviste pubblicano articoli ampiamente illustrati su eventi impor-tanti, usanze pittoresche, ma pure su episodi della vita quotidiana.
Le persone
Il fotogiornalismo ha nel mirino gli esseri umani. Famosi o sconosciuti, sono gli in-terlocutori con i quali
il pubblico stabilisce un dialogo. Si immerge nel loro
mondo, cerca le similitudini o le differenze. Le persone
immortalate simboleggiano il loro mondo, il loro lavoro, il modo di trascorrere il tempo libero.
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Walter Diggelmann ripara una ruota della sua bicicletta al
Tour de Suisse, 1950. (©Museo nazionale svizzero)
Il fotogiornalismo ieri e oggi
Prima dell’era digitale ci volevano ore o giorni prima
che una foto fosse pronta per essere stampata. A partire da oggetti originali, la mostra spiega i vari procedimenti utilizzati all’epoca, dalla camera oscura alla
redazione. Ciò contrasta chiaramente con il modo di
lavorare di un’agenzia giornalistica odierna: in tempi
brevissimi le foto vengono selezionate e inviate alle
redazioni dei giornali. Le immagini di attuali-tà affluiscono a getto continuo.
Una cronaca della Svizzera
Questa sezione passa in rassegna settant’anni di storia
contraddistinti da eventi e immagini rimasti impressi
nella memoria, ma anche da episodi dimenticati dalla
maggior parte delle persone nel giro di pochi giorni. I
ricordi riaffiorano e i visitatori collegano le immagini
pubblicate nei giornali con gli avvenimenti della propria vita.
Un evento per la stampa: l’elezione di Miss Svizzera
Dal secondo dopoguerra, i concorsi di miss hanno conosciuto un boom anche in Svizzera. Lo spettacolo che
Teatro di strada satirico del movimento giovanile, Zurigo,
1980.(©Museo nazionale svizzero)
Apertura della galleria stradale del San Gottardo, 5.9.1980.
Lavoratori immigrati italiani al loro arrivo in Svizzera,
Briga, 1956. (© Museo nazionale svizzero)
Landsgemeinde, Glarona, 4.5.1941.
culmina con l’incoronazione – che ricorda i cerimoniali
di corte – non lascia indifferenti nemmeno tanti repubblicani incalliti.
Un evento per la stampa: il Consiglio federale in gita
Dopo la Seconda guerra mondiale, una tradizione si
impone: il Consiglio federale al gran completo compie
un’escursione nel cantone d’origine del presidente della
Confederazione prima delle vacanze estive. Un’occasione per i membri del governo di mostrarsi rilassati e vicini
alla gente.
I dossier tematici
La mostra si sofferma su sei temi che hanno particolarmente colpito gli Svizzeri: la vita durante la Seconda guerra mondiale, lo sviluppo del traffico privato,
la que-stione giurassiana, l’introduzione del suffragio
femminile, la recessione negli anni Settanta e la scena
aperta della droga al Platzspitz di Zurigo, noto anche
con il nome di «Needle Park».
Le ultime notizie
Soltanto la possibilità di trasmettere le immagini prima
telefonicamente e poi elet-tronicamente, nonché il miglioramento delle tecniche di stampa hanno consentito
alle prime pagine dei quotidiani di attirare l’attenzione
dei lettori non solo con titoli a caratteri cubitali, ma
anche con foto di attualità.
Un confronto tra le prime pagine dei quotidiani svizzeri
apparsi tra il 1947 e il 2003 mostra questa evoluzione
in mo-do evidente.
(©Museo nazionale svizzero)
(© Museo nazionale svizzero)
Who is who? Questa sezione presenta una carrellata
di celebrità immortalate in settant’anni di fotogiornalismo. Coloro che sono sempre sotto i riflettori e al centro dell’interesse del pubblico, finiscono inevitabilmente sui giornali. Giornali e vip sono uniti da uno stretto
rapporto di amore-odio e dipendono gli uni dagli altri.
Il volume, C’est la vie. Foto giornalistiche svizzere
dal 1940, edito dal Museo nazionale svizzero/Limmat
Verlag, 92 pagine, 146 illustrazioni (tedesco, francese, italiano), è in vendita nella boutique del museo o
può essere ordinata al seguente indirizzo elettronico:
[email protected].
Informazioni: www.cestlavie.landesmuseum.ch
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Rivista
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A COLLOQUIO CON MASSIMO ROCCHI
«Che rabbia, proprio non ce la faccio
a non essere Svizzero»
Massimo Rocchi è diventato svizzero. Anche svizzero.
L›artista di origine italiana si è applicato e ha studiato
la nuova patria, approfondendo le caratteristiche dei
Confederati. E così ha dato vita a una nuova enciclopedia svizzera, liberamente interpretata secondo il linguaggio scenico «rocchese». Rocchipedia è una lezione
di storia sui generis, basata su un modernissimo strumentario pedagogico didattico. Ogni rappresentazione
è costantemente rielaborata e controllata per garantire
sempre la proverbiale qualità svizzera; i contenuti vanno di pari passo con il progresso della scienza elvetica.
Da circa 30 anni lei è un assiduo osservatore delle
caratteristiche svizzere. Nel frattempo si è anche naturalizzato e possiede il passaporto rosso. Quali sono
i vantaggi? Un passaporto è come la chiave di casa,
ed io in questa casa che si chiama Svizzera ci vivo dal
1982. Mi ero stancato di stare alla finestra, di giudicare
loro, pensando di essere meglio io. Così ho deciso di
fare domanda per il passaporto svizzero. 15 anni dopo
ho pensato di fare della mia nuova identità, un monologo teatrale. Mi sono tuffato in questo mare di montagne, ed è nato rocCHipedia. Uno Svizzero si chiede
cosa vuol dire essere Elvetico oggi. Racconta da dove
viene, che storia ha avuto, come si vota, come si vive,
come si mangia, come si fa la dichiarazione dei redditi,
o come non la si fa.
Lei vive in Svizzera da quasi trent’anni. Perché ha avvertito l’esigenza di diventare cittadino svizzero appena due anni fa?
Mi crede se le dico che anche se sono nato in Italia e
ho il passaporto italiano, dopo una settimana di Romagna desidero tornare a casa mia, a Basilea? Manco
dall’Italia da ben 34 anni. L’Italia che ho gustato io non
esiste più. I genitori rimangono sempre i genitori, ma
ci si innamora di una sconosciuta, e si forma una nuova famiglia. Ho studiato e lavorato in Francia per una
decina di anni. In Italia ho fatto TV un anno, a Roma,
poi un anno e mezzo a Madrid. Ho recitato per un
anno e mezzo in Germania. La mia base era sempre
la Svizzera. Nel 1995 scrissi äuä. Poi il Circo Knie nel
2003, in seguito Circo Massimo. Mai avrei creduto, se
me lo avessero detto, che il passaporto svizzero sarebbe stata una fonte di tanta creatività fino a farne uno
spettacolo. Aggiungerei però anche un dato importante: viviamo un momento storico assai importante
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Rivista
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“Mi piacerebbe essere uno Zeitfänger. Un cacciatore
di sensazioni, che sono comuni a coloro che vivono
in Svizzera”.
per gli Svizzeri e per tutti quelli che vivono qui: cade
il segreto bancario. Ora inizia il bello. Vediamo se la
Svizzera diventerà economia o rimarrà un salvadanaio.
A proprosito, sa che gli amici Italiani sono sempre stato
lo Svizzero? Arrivo sempre puntuale al bar. Che rabbia,
proprio non ce la faccio a non essere Svizzero.
Si è sempre sentito accettato in Svizzera?
Sì, non ho mai avuto alcun problema.
Si può dire dunque che oggi la Svizzera è casa sua?
Si, oggi il mio paese è la Svizzera tedesca.
Cosa serve, secondo Lei,
per far funzionare l‘integrazione?
Arbeit, fantasia e culo, pardon: fortuna.
Il suo lavoro ha molto a che fare con l’umorismo e la
naturalezza. In ogni modo lei il suo mestiere non lo
definisce una passione, perché?
Il mio lavoro, è un lavoro. Ma la mia passione è vivere.
Io non faccio il comico, vorrei essere comico. Sul palcoscenico vado preparato al meglio, però vorrei che
tutto sembrasse naturale, come lo é la spontaneità in
un bambino.
“Mai avrei creduto, se me lo avessero detto, che il passaporto svizzero
sarebbe stata una fonte di tanta creatività fino a farne uno spettacolo”
“I politici usano il mio linguaggio, quello dello spettacolo. 30 anni fa un
buon politico doveva essere serio, oggi si richiede l’esempio e la serietà ai
comici. Noi però accettiamo le critiche, loro no”
Da dove genera la Sua comicità?
Dalla vita, dai libri e dal silenzio.
Durante gli spettacoli tratta anche delle tematiche
che la toccano personalmente? Mi piacerebbe essere
uno Zeitfänger. Un cacciatore di sensazioni, che sono
comuni a coloro che vivono in Svizzera. Mi piacerebbe
essere come il pulviscolo atmosferico. Sa quello che si
vede controluce? Visibile e invisibile.
Ci parli del suo spettacolo attuale rocCHipedia. Cosa
attende il pubblico? La mia storia della Svizzera. Un
racconto fra scienza e fantasia, fra favole e fatti, il passato può essere molto attuale.
Nel suo spettacolo non mancano le battute sull’AVS
e sul servizio militare. Tempo fa questo genere di
comicità nei teatri svizzeri era impensabile. Quanto
coraggio serve? Il coraggio di un bambino, che senza
offendere chiede come è possibile che le cicogne consegnino i bambini nudi e in un fagottino, e che questi
nascano senza raffreddore.
Non mancano anche delle frustate ai politici. Non rischia di sembrare un po’ didascalico? Sono un birichi-
no, non un professore. I politici usano il mio linguaggio,
quello dello spettacolo. 30 anni fa un buon politico doveva essere serio, oggi si richiede l’esempio e la serietà
ai comici. Noi però accettiamo le critiche, loro no.
Queste critiche possono avere delle influenze sul
pubblico? Nessuna. La risata dura due o tre secondi,
poi svanisce nell’aria.
Ha mai pensato di rappresentare rocCHipedia in Italia?
Rappresenterò rocCHipedia in Svizzera Italiana, ed in
Svizzera Francese. In Italia? Mi hanno proposto Varese e Como. Non so. Ma la Svizzera è interessante per
l’Italia? Vedo manifesti elettorali su cui c’è scritto: No
all’Europa! Ma l’Europa è da ormai dieci anni che non
ci vuole più!
Dopo rocCHipedia, cosa ha in serbo Massimop Rocchi per il suo pubblico? rocCHipedia, così come Circo
Massimo o äuä, è un titolo, che io aggiorno costantemente. Non appena sentissi che il mio spettacolo non
fosse più attuale, lo demolirei. Già da ora inizio a chiedermi cosa ci sarà nel prossimo spettacolo. Forse un
tema potrebbe essere il denaro, ne parlano tutti; ma
pensa che ce ne sarà ancora, di denaro, fra due anni?
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Discorsi d’attualità
Un ciclo di dibattiti all’Istituto Svizzero di Roma, che rappresenta l’incontro,
e talvolta lo scontro, tra il pensiero e la ricerca italiana
e quella svizzera o internazionale
Viviamo in una fase delicata di passaggio e transizione,
che sembra toccare più o meno tutti i campi delle nostre
realtà. Ci sono elementi per diagnosticare addirittura un
cambio d’epoca: dal ‘postmoderno’ costruttivista, con il
suo diniego radicale di poter raggiungere qualsiasi realtà,
a un tipo di ‘new realism’ (Maurizio Ferraris) o ‘età di
autenticità’ (Edward Docx). Un cambio che non riguarda
solo la filosofia, la critica letteraria e l’arte, ma anche la
politica e il mondo finanziario, dove il crollo di Wall Street nel 2008 segna una svolta decisiva.Mentre l’addio alle
esagerazioni costruttiviste potrebbe essere vissuto come
una liberazione da acrobazie sempre più sterili e svuotate
di contenuti, il ritorno alla ‘realtà’ porta con sé anche il
rischio di (ri)cadere in semplificazioni e di perdere la sensibilità per le sfumature e per la complessità delle cose
(“rien que la nuance!”: Baudelaire). Induce ulteriormente
a riflettere il fatto che sembrano riconoscibili nel mondo di oggi ‘pattern’ di processi e trasformazioni ricorrenti
nella storia che invitano, infatti, a un confronto con altri
momenti cruciali, tra questi il tardo impero romano e soprattutto la crisi del 1929. L’ISR si prefigge per il 2012 di
suscitare un dibattito aperto e contraddittorio su alcuni
dei temi scottanti di oggi, analizzandoli in una prospettiva
storico-comparativa sotto il punto di vista di una transizione, sia reale, sia solo percepita. Discorsi d’attualità
comprende otto incontri ideati e curati da Christoph Riedweg direttore dell’Istituto Svizzero di Roma, che si snodano da gennaio a novembre per costruire un percorso
di idee esplorando, con l’intento di suscitare un dibattito
aperto e contraddittorio, temi di immediata attualità dei
tempi di transizione che viviamo e analizzandoli in una
prospettiva storico-comparativa sotto il punto di vista di
un eventuale cambio d’epoca (dal postmoderno verso
una nuova stagione più “realista”). Ciascuno dei dibattiti
è dedicato a temi diversi dell’attività umana dall’arte e
l’architettura alla filosofia teoretica e politica, dalla storia e
l’urbanistica sino alla finanza e alla ricerca e alla sostenibilità. Gli ospiti a confronto di ciascun incontro sono sempre
due e rappresentano l’incontro, e talvolta lo scontro, tra
il pensiero e la ricerca italiana e quella svizzera o internazionale. Gli interventi di tutti relatori saranno raccolti negli
Atti, che saranno pubblicati a conclusione del ciclo.
Il primo appuntamento, incentrato sull’arte, che ha visto
confrontarsi Bice Curiger (Kunsthaus, Zurigo) con Bartolomeo Pietromarchi (MACRO, Roma), ha avuto luogo lo
scorso 25 gennaio; i prossimi si svolgeranno secondo il
seguente programma dettagliato.
29.2.2012 - Dal postmoderno al realismo
Maurizio Ferraris (Università di Torino) si confronta con
Emil Angehrn (Università di Basilea)
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la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
La splendida Villa Maraini a Roma ospita la sede dell’Istituto
svizzero.
27.3.2012 - Patto politico e costituzioni formali nell’esperienza storica dell’Occidente
Paolo Prodi (Università di Bologna) si confronta con Thomas Maissen (Università di Heidelberg)
17.4.2012 - Democrazia e Postdemocrazia
Giacomo Marramao (Università di Roma Tre) si confronta
con Ruth Dreifuss (Ginevra, da confermare)
22.5.2012 - Banking: Back to Basics
Alfredo Gysi (BSI, Lugano) si confronta con Maurizio
Franzini (Sapienza Università di Roma)
19.6.2012 - Our Responsibility for a Sustainable Future
Richard Ernst (ETH, Zürich) si confronta con Giuseppe
O. Longo (Università di Trieste)
16.10.2012 - Architettura e Arte: prospettive di un rincontro rischioso
Jacqueline Burckhardt (Parkett, Zurigo, membro ISR
1970–72) si confronta con Adriana Polveroni (Roma)
13.11.2012 - Tra Antico e Moderno.
Le Corbusier e la Città
Stanislaus von Moos (Università di Zurigo/Yale School
of Architecture, membro ISR 1968–71) si confronta con
Marco De Michelis (IUAV, Venezia)
In collaborazione con MAXXI Architettura in occasione
della mostra “Le Corbusier e l’Italia, 1907- 1965”.
Gli incontri, resi possibili anche grazie al di Albert Gnägi
(Zurigo, membro ISR 1970/71), Gunhild e Olaf Kübler
(Küsnacht/Zurigo) si svolgono sempre alle ore 18.30 all’ISR, via Ludovisi 48, nella Sala Conferenze.
Informazioni: www.istitutosvizzero.it
Benchmark
di Nico Tanzi
Da Tunisi all’Isola del Giglio, passando per il PD:
segnali, dati e conferme per una fantastica
rivoluzione culturale
Forse è solo un’impressione, ma credo che l’inizio di questo secondo decennio degli anni duemila stia portando con sé un cambiamento profondo nei paradigmi politici, sociali, comportamentali.
In Europa come in Medio oriente, in nord Africa come negli Stati
Uniti. Nel mondo intero, forse. Provo a rendere l’idea. Gli anni
volano, sempre, e a volte non lasciano grandi tracce. Ma il 2011
non è stato un anno come gli altri.
I
Il settimanale Time, che tradizionalmente nella copertina del numero di Natale elegge il personaggio
dell’anno, stavolta ha scelto di rendere omaggio a
un volto anonimo, simbolo di un’annata, appunto, diversa: the protester – il manifestante. Una
scelta che ha rispecchiato lo stato d’animo della
gente comune negli angoli più diversi del pianeta.
Un momento storico che aveva preso il via negli
ultimi giorni del 2010, con l’auto-immolazione di
Mohamed Bouazizi, venditore ambulante abusivo
a Tunisi, che si era dato fuoco per protestare contro
la polizia che gli aveva confiscato merce e bancarella. Un “semplice” atto di sfida che ha portato
alle dimissioni del presidente tunisino Ben Ali, che
guidava il Paese da un quarto di secolo o quasi, per
poi innescare la ribellione in tutta la regione: Egitto,
Libia, Nordafrica, Medio oriente (la cosiddetta Primavera Araba) e infine provocare la gigantesca reazione a catena che ha portato alla nascita del movimento di protesta “Occupy Wall Street” contro
gli abusi della finanza globale, e a movimenti analoghi in Canada, Australia e in diversi paesi europei.
Non ci sarebbe da stupirsi se il 2011 venisse ricordato come un anno di svolta. A noi umani
non è dato comprendere i motivi per cui proprio
quella singola palla di neve, e non un’altra, finisce per scivolare improvvisamente a valle. Ma
possiamo capire molto facilmente grazie a quali
meccanismi la palla si ingrossa così tanto, trasformandosi in una valanga capace di travolgere tutto
e tutti. E su questo non ci sono dubbi: a rendere immediato e fragoroso il contagio sono stati
le reti sociali e la comunicazione in tempo reale.
Internet nella sua espressione migliore, insomma.
Fra parentesi: un paio d’anni fa, quando un ampio
gruppo di intellettuali aveva candidato il Web al
premio Nobel per la pace, in molti non avevano
compreso il senso della proposta. I fatti recenti
illuminano di luce diretta quell’intuizione. Um-
berto Veronesi, nel 2009, aveva scritto: “Lo so:
è inusuale e sorprendente proporre il Nobel per
la Pace a favore di un mezzo di comunicazione
di massa invece che di una o più persone. Eppure sono convinto che chi dal futuro si volgesse a controllare i nomi dei vincitori del premio
di questi anni, e trovasse Internet accanto ad Al
Gore e Barack Obama, avrebbe la fotografia fedele della parte migliore della nostra epoca. Se
il Web vincesse il Nobel dimostreremmo agli osservatori futuri due cose: che avevamo capito la
portata della rivoluzione globale rappresentata
dalla Rete; che eravamo determinati a volgerla al
miglior utilizzo nell’interesse dell’umanità intera”.
Due casi italiani, uno macro e uno – con tutto il
rispetto – microscopico, offrono altri indizi per seguire la nostra pista.
Uno. Lo scafo inclinato della Costa Concordia e il
viso del comandante Schettino sono immagini che
abbiamo ben impresse nella memoria. Eppure i
grandi mass media, nei giorni del disastro, presero
un abbaglio colossale, spacciando per girate sulla
Concordia immagini in realtà riprese su una nave
australiana, la Pacific Sun Cruise, anni fa, durante
una violenta tempesta nell’Oceano Pacifico. Bene:
a smascherare la bufala sono stati proprio i social
media, Twitter in testa. E il commento degli italiani sulla tragedia si è espresso collettivamente su
quella che è diventata la nuova “piazza virtuale”:
ovvero Facebook, il social network che (dati Censis) il 27% degli italiani, soprattutto nella fascia fra
i 18 e i 30 anni, usa come fonte di informazione.
Due. La campagna per il tesseramento del PD (partito democratico) ha ottenuto un risalto raramente
ottenuto da altre campagne di tesseramento di un
partito politico. Non perché sia una grande campagna, o una campagna shock: ma per la sua inconsistenza, e per gli errori imperdonabili di chi l’ha
confezionata. Non sarebbe la prima volta che accade: ma se un tempo questa mediocre campagna
sarebbe semplicemente passata inosservata, oggi
essa è diventata un oggetto di discussione pubblica
e allargata, proprio grazie alle discussioni su Facebook e Twitter. Nell’era dei social network niente è
più lo stesso. E non è un modo di dire.
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Locarno 2012:
Retrospettiva Otto Preminger
La retrospettiva della 65esima edizione del Festival del
film Locarno, in collaborazione con la Cineteca svizzera
e la Cineteca francese, sarà dedicata al maestro hollywoodiano di origine europea Otto Preminger (1905 -1986).
Il Festival presenterà l’intera opera cinematografica del
regista: una quarantina di pellicole che saranno proiettate nelle migliori copie disponibili in 35mm. Come per la
retrospettiva dedicata a Ernst Lubitsch (2010) e quella a
Vincente Minnelli (2011), le proiezioni saranno accompagnate da presentazioni di cineasti, attori e critici cinematografici presenti a Locarno.
Secondo Olivier Père, direttore artistico del Festival del
film Locarno,: “Il cinema di Otto Preminger rappresenta
l’apogeo del classicismo e si basa sull’arte dell’equilibrio
e sulla genialità della composizione formale e narrativa,
che coniuga destini individuali e Storia, violenza e disciplina, razionalità ed emozione, scetticismo e umanità”.
Otto Preminger nasce a Wiznitz, Austria-Ungheria, nel
1905. Inizia la sua carriera come attore e regista teatrale
sotto la guida di Max Reinhardt. Firma in Austria il suo
primo lungometraggio, Il grande amore (Die grosse Liebe, 1931), e nel 1934 si trasferisce negli Stati Uniti, dove
inizia a lavorare come regista di produzioni cinematografiche per la 20th Century Fox. Nel 1944 Preminger realizza il suo primo capolavoro, Vertigine (Laura), un classico
del film noir che segna il vero debutto della sua carriera.
Dopo questo film seguono una serie di studi psicologici
al femminile che adottano spesso la forma del poliziesco,
come Un angelo è caduto (Fallen Angel, 1945), o Seduzione mortale (Angel Face, 1952) ma anche del melodramma storico (Ambra - Forever Amber, 1947).
Nel 1953, stanco dei problemi con la censura, Preminger
decide di diventare produttore e inaugura questo periodo
OPEN DOORS 2012: FOCUS SULL’AFRICA
FRANCOFONA SUB SAHARIANA
Dopo l’India nel 2011, la prossima edizione di Open Doors, il laboratorio di coproduzione del Festival del film
Locarno, sarà dedicata all’Africa francofona sub sahariana. Il Festival selezionerà una dozzina di candidature che verranno annunciate a maggio 2012.I progetti
finalisti verranno presentati nel quadro del laboratorio
di coproduzione Open Doors (4 – 7 agosto 2012) che
avrà il compito di mettere in contatto i professionisti della regione prescelta con potenziali partner, soprattutto
europei, al fine di favorire il sostegno necessario alla realizzazione dei progetti.
A conclusione dei tre giorni di workshop verrà assegna-
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n. 2 Febbraio 2012
di libertà e creatività con una commedia di grande successo, La vergine sotto il tetto (The Moon Is Blue, 1953).
Preminger realizza, tra il 1954 e il 1962, una successione di capolavori quali La magnifica preda (River of No
Return, 1954), Buongiorno Tristezza (Bonjour Tristesse,
1958), Anatomia di un omicidio (Anatomy of a Murder,
1959), Exodus (1960) e Tempesta su Washington (Advise
& Consent, 1962). Dopo Bunny Lake è scomparsa (Bunny Lake Is Missing) girato a Londra nel 1965, Preminger
firma una serie di film di minor successo. Avrà tuttavia il
tempo di realizzare un ultimo grande film, Il fattore umano (The Human Factor, 1979), prima di morire a New
York nel 1986.
La 65esima edizione del Festival del film Locarno si terrà
dall’1 all’11 agosto 2012.
to un premio del valore di 50.000 CHF (circa 40.000
euro) finanziato dall’iniziativa Open Doors. Un secondo
premio del valore di 7.000 euro sarà offerto dal CNC
(Centre national du cinéma et de l’image animée) e
ARTE conferirà l’International Relations ARTE Prize, del
valore di 6.000 euro.
Per l’edizione 2012 il Festival si avvale del contributo di
Alex Moussa Sawadogo, esperto di cinema africano e
direttore del festival Afrikamera a Berlino. Con il sostegno della Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC) del Dipartimento federale degli affari esteri,
la sezione Open Doors, che ogni anno coinvolge una
regione diversa, mira ad aiutare e mettere in luce i registi
e i produttori di paesi del Sud e dell’Est del mondo il cui
cinema indipendente è fragile.
Sequenze
di Jean de la Mulière
THE DESCENDANTS
di Alexander Payne
TINKER, TAILOR, SOLDIER, SPY
di Tomas Alfredson
Le Hawaii non sono esattamente il paradiso in terra che tutti
crediamo: almeno non lo sono più per uno dei suoi abitanti, Matt
King. Sua moglie Elizabeth ha appena avuto un incidente che
l’ha gettata in coma. Da anni troppo concentrato sul suo lavoro,
l’uomo si ritrova con due figlie che ormai non conosce più, la più
grande delle quali, Alexandra, è sulla via della ribellione più spinta.
Il dolore di Matt per la tragedia subita si trasforma in frustrazione
quando scopre che sua moglie aveva una relazione extraconiugale,
e stava per chiedere il divorzio. Il marito tradito e disperato si lancia allora alla ricerca dell’amante della sua sfortunata consorte…
Spesso l’ironia, il sarcasmo e le situazioni più assurde arrivano
proprio nei momenti in cui l’animo umano è maggiormente
esposto al dolore. Questo ci mostra con perizia e sensibilità il
nuovo film di Alexander Payne (che h ricevuto due Golden Globe come miglior film drammatico e miglior interprete in un film
drammatico a George Clooney), costruito su persone assolutamente comuni che nella difficoltà perdono le loro certezze ma
si sforzano di ritrovare un nuovo equilibrio, simile nella sostanza
ma costruito su basi molto più solide di quello trovato in passato.
Il risultato è una commedia molto toccante, vagamente stonata,
abile nello scavare dentro figure che si differenziano pochissimo
da noi, rendendo interessante e coinvolgente la vita interiore di
personaggi con cui ci si può identificare nel loro essere ordinari,
o meglio esseri umani.
Il titolo sembra uno scioglilingua: gli italofoni se la cavano visto
che in traduzione diventa La talpa, come già era stato per il
romanzo di John Le Carré da cui è tratto. La trama è difficile
da spiegare e non preoccupatevi se per i primi quaranta minuti non capite niente. Infatti, verrete catapultati in dialoghi e
situazioni talmente complesse che sarebbero difficili da capire
anche se tutti i personaggi fossero vostri parenti. È un film di
spionaggio sulla riorganizzazione dei vertici dell’intelligence
inglese. Da qui si parte per capire cosa abbiano in comune
uno stagnaio, un sarto, un soldato e una spia. In apparenza
niente, ma nella Londra del 1973 una di esse era la spia all’interno dell’Intelligence Inglese: il Circus. Mandati in pensione
anticipata gli scomodi vertici del Circus, Controllo e Mr. Smiley
ad essi subentrano i tre membri più anziani dell’intelligence,
una nuova generazione di agenti segreti capitanata tra gli altri
da Bill Haydon. Fin qui nulla di particolare, ma quando si insinua la voce che nel triumvirato ci sarebbe una spia dei russi
Mr. Smiley, radiato dal Circus, viene chiamato in causa per indagare sulla possibile talpa, rispolverando il caso già avviato
da Controllo qualche anno prima e nella quale anche lui era
stato messo sotto indagine. Grazie all’aiuto del giovane Peter
Guillam e all’infiltrato a Budapest Ricki Tarr, Mr. Smiley riuscirà
a svelare l’arcano, vale a dire chi fra lo stagnaio, il sarto e il
soldato è la vera spia.
THE IRON LADY di Phyllida Lloyd
Con il proposito di voler ritrarre una donna tanto potente quanto complessa, The Iron Lady racconta la storia di
Margaret Thatcher, ex Primo Ministro britannico che riuscì ad affermarsi in un mondo maschile e maschilista, abbattendo le barriere di discriminazione sessuale e sociale.
Il film si apre con una Margaret Thatcher (Meryl Streep) che,
ormai ottantenne, decide di sgombrare il guardaroba del
marito defunto. Quel gesto scatena in lei un’ondata di ricordi che le crea confusione e senso di disagio, preoccupando
lo staff e la figlia Carol. Margaret, in effetti, sembra non riuscire più a distinguere la realtà dal sogno, ma in realtà sta
ripensando al passato e ai sacrifici che è stata costretta a fare
per perseguire la carriera politica. Da quel momento, inizia
a lottare contro l’incessante rievocazione del passato. Finché
non impacchetta gli effetti personali del marito Denis e torna
alla sua vita: i ricordi continueranno ad accompagnarla, ma
anche la sua vita nel presente, sebbene meno ricca di sorprese merita di essere vissuta. L’idea vincente del film consiste
nell’aver scelto di partire dai giorni nostri, di rappresentare
una donna anziana, sola e affetta dai fantasmi del passato
che la tormentano. La costruzione drammatica della vicenda
segue quindi i processi mentali e l’inconscio oppressivo del
personaggio principale, piuttosto che metterne in scena le
azioni seguendo la cronologia degli eventi.
la
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Diapason
di Luca D’Alessandro
Chick Corea / Stefano Bollani - Orvieto (ECM)
Due pianisti di due generazioni diverse: Chick Corea e Stefano Bollani si
sono incontrati per la prima volta all’Umbria Jazz Festival nel 2009, dove
hanno dato un concerto insieme. Un episodio chiamiamolo discreto, se si
considera la vera profondità artistica dei due personaggi. Questo primo
contatto comunque era il decollo verso una collaborazione che oggi sfocia
nel disco Orvieto. Un’opera registrata dal vivo durante la scorsa edizione
dell’Umbria Jazz Winter ad Orvieto e che dimostra le vera classe dei due
personaggi che si ispirano a vicenda. Entrambi hanno un’altissima stima reciproca, operano su un alto livello di rispetto. Bollani dichiara sul suo sito di
ascoltare Corea sin da quando aveva undici anni, prendendo spunto “dal
suo stile, dal suo fraseggio e dal suo incredibile ritmo” e dice di essere molto onorato di suonare in simil compagnia. Simile è il commento di Corea su
Bollani. Un disco che quindi ci offre l’essenza di questo rispetto ricambiato.
Captain Mantell - Ground Lift (IRMA)
Cosmicamente comico, il concetto di Tommaso Mantelli alias Captain Mantell, che con il suo trio supersonico composto di Nicola Lucchese e Omero
Vanin detti Doctor Ciste e Sergente Roma naviga nell’universo interstellare,
alla scoperta di una nuova dimensione esistente oltre allo spazio siderale
stesso. Gli eroi dopo aver inseguito oggetti volanti non identificati ed essersi persi nello spazio profondo ritrovano infine la giusta via per il pianeta
terra, per la loro casa natia che durante l’assenza si è completamente trasformata. O sono loro stessi ad essere cambiati? Come sia, è una trasformazione espressa in suoni distintamente digitali del trio che fa ampio uso di
sintetizzatori, batterie elettroniche, chitarre e bassi sporchi. Sì, sporchi, perché il loro sound si trasforma da sonorità spaziali, asettici a qualcosa di più
terrestre e fangoso. Un disco sperimentale, consigliato a chi è alla scoperta
di qualcosa di completamente nuovo sul piano elettronico.
Ligabue - Campovolo 2.011 (Warner)
Nel 2005 180‘000 persone avevano assistito al concerto dal vivo di Ligabue all’aeroporto Campovolo di Reggio Emilia. Una festa di dimensione
smisurata che negli ambienti dei sostenitori era entrata a far parte di quelle
più illustri della storia del gruppo. L’anno scorso, l’evento si è ripetuto con
110’000 ascoltatori – che in realtà sarebbero potuti anche essere di più se
il numero dei biglietti non fosse stato limitato per motivi di sicurezza da
parte degli organizzatori. Tuttavia: in tale contesto Ligabue ha realizzato
l’album Campovolo 2.011 composto di tre CD. La scaletta contiene le hit e
le novità di Ligabue degli ultimi anni, tutte cantate dal vivo. Per offrire un
valore aggiunto a chi acquista a questo disco che segue l’album Arrivederci
Mostro del 2010, oltre al fatto di offrire un ambiente live, Liga ha aggiunto
tre brani inediti. Campovolo è quindi il documento di un evento storico che
in Italia non si ripeterà più così presto.
Antonello Venditti - Unica (Sony)
La copertina del nuovo album di Antonello Venditti ha qualcosa di spirituale.
È il simbolo di una trasformazione intellettiva del cantante? Comunque sia,
Venditi – ancora una volta – riesce ad interpretare sogni, realtà e sentimenti
della gente e del contesto politico-sociale nel quale viviamo. Brani come Oltre
il confine ad esempio cantano dell’emigrazione di coloro, che con la speranza
di trovare una vita migliore in Europa, partono dal Nordafrica a bordo di un
gommone, mettendo a repentaglio la propria vita. Accanto a brani seri, Venditti
offre spazio all’ironia: nel brano La ragazza del lunedì rivolge un messaggio
all’ex-presidente del consiglio Silvio Berlusconi. Nel caso di Venditti di “unico”
non c’è solo la musica, ma anche la strategia di comunicazione dell’album, iniziata con un video rubato in studio, e pubblicato in anteprima online sul sito di
Servizio Pubblico, programma diretto da Michele Santoro. Tirando le somme:
Unica - un album unico con temi multiformi, politici, sociali, spirituali.
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INTERVISTA CON RED CANZIAN DEI POOH
Ricominciamo da tre
di Salvatore Pinto
I Pooh, mitico gruppo musicale italiano, dopo quarant’anni di
attività, con l’uscita dal gruppo del batterista Stefano D’Orazio sono rimasti in tre. Con caparbietà e voglia di continuare
a fare musica, i Pooh si rimboccano le maniche e riformano la
band con tre musicisti aggiuntivi, tra cui il figlio di Red Canzian. Partiti in ottobre 2011 con il tour «Dove comincia il sole
live» i Pooh hanno fatto tappa a Zurigo il 23 gennaio scorso.
La Rivista ha colto l’occasione per incontrare Red.
Ciao Red, come stai? Benissimo grazie, ma pronti e vogliosi di iniziare il concerto.
Come si sta in tre sul palco dopo che Stefano D’Orazio
ha deciso di lasciare i Pooh? Più larghi (ride) … scherzo.
Stavolta siamo in sei sul palco, quindi siamo più stretti, ma
va tutto bene. Come tu sai, Stefano ha fatto la sua scelta. Abbiamo accettato e capito che vuol dare una svolta
alla sua vita. Siamo rimasti amici. Roby, Dodi e io ci siamo
guardati negli occhi e abbiamo deciso di continuare, anche
se questa cosa ci ha messo un po’ in difficoltà, ma abbiamo capito che la nostra vita è sul palco facendo musica
per i nostri fan.
Come ci hai appena confermato, sul palco siete sei. Chi
sono le new entry, e come vi siete organizzati musicalmente e tecnicamente? Adesso abbiamo un batterista
pazzesco, che pur avendo 29 anni è già un mostro del palcoscenico … si tratta di mio figlio. Ha già collaborato con
Pino Daniele, Patty Pravo, Malika Ayane ed è molto ricercato dai giovani musicisti italiani. Quindi prima di venire a
suonare con noi ha fatto già le sue esperienze. Riguardo al
repertorio dei Pooh non ha avuto problemi, dato che già da
piccolo veniva in sala d’incisione con noi; quindi la nostra
musica ce l’ha nel sangue. Il nostro pubblico lo ha accolto
in maniera strepitosa e questo ci fa piacere. Poi ci sono gli
altri due musicisti Ludovico Vagnoni e Darigo Ballo. Sono
degli ottimi elementi, adesso i Pooh hanno un muro di suono imponente e i concerti sono veramente belli.
Che cosa possono aspettarsi i fan da questi nuovi Pooh
nei vostri concerti? Sicuramente vogliamo dare al pubblico la sensazione di una band rinata e nuova con una
carica emotiva che in fondo ci vuole per fare questo mestiere. Tutto questo naturalmente con le nostre canzoni
storiche e nuove.
Red, come si può stare per quarant’anni insieme? Ci spieghi come avete vissuto musicalmente e amichevolmente
in questi anni? Non è facile, non è facile … Abbiamo avuto
le sane litigate, forti, come in ogni famiglia, però questo ci
ha fatto diventare uomini. Non dimenticare che abbiamo
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la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
Con l’uscita di Stefano D’Orazio i Pooh ricominciano da tre
(© Cristian Dossena).
veramente incominciato da ragazzi a fare musica insieme.
Siamo diventati uomini alla scuola dei Pooh. Quindi è chiaro che quando Stefano ci ha lasciati è stato un momento
emozionante sia per noi che per i nostri fan.
Da qualche parte ho letto che Stefano ha lasciato i Pooh
per motivi di età. Mi sbaglio? Sicuramente Stefano è stato colpito da questa cosa. Però vedi, è un fatto di scelta.
Pochi giorni fa ho compiuto sessant’anni e non ho avuto
questa sindrome del rocchettaro sessantenne che vuole smettere di suonare. Spesso sento che un artista vuole smettere per il semplice motivo di avere sessant’anni.
Prendiamo l’esempio di Vasco che vuole smettere, Ivano
Fossati dice la stessa cosa … Io per fortuna non ho questi
problemi e ti dico francamente che voglio fare musica fino
a ottant’anni e più, salute permettendo. E perché no, forse
morire sul palco.
Avete scritto brani ormai storici tipo Brennero 66, Parsifal,
Piccola Ketty, Tanta voglia di lei, Opera prima. Siete nati
come band innovativa poi nel tempo siete diventati più
commerciali. Perché? Penso che non c’è mai un motivo
che induce un musicista a cambiare genere o sperimentare.
Noi in quei tempi abbiamo deciso di scrivere queste canzoni un po’ forti, e lo abbiamo fatto. Infatti, nel nostro ultimo
album siamo ritornati un po’ alle nostre radici. Penso che
un musicista debba sentire le sue emozioni e scrivere in
base a quel che sente e non seguire le tendenze del mercato anche se oggi è molto difficile.
Grazie e buon concerto
Grazie a te e un saluto a tutti i lettori de La Rivista.
Un abbraccio da Red Canzian dei Pooh.
A Pippo Pollina il Premio Svizzero
della Scena 2012 (Schweizer Kleinkunstpreis)
La giuria dell’ATP – Associazione artisti teatri promozione - Svizzera, composta composta da artisti e
rappresentanti della cultura, ha deciso di assegnare il
Premio Svizzero della Scena 2012 - il riconoscimento
più prestigioso che un artista possa ricevere in Svizzera - a Pippo Pollina. Il premio dotato di 10’000 franchi, verrà consegnato giovedì 12 aprile 2012 a Thun
in occasione della serata di gala d’apertura della 53a
Borsa Svizzera degli Spettacoli.
Un premio prestigioso, prima di lui l’unico italiano residente in Svizzera che lo ha ricevuto è massimo Rocchi,
che Pollina riceve per le sue canzoni, il suo gusto per
l’avventura e la sua apertura musicale, così come per il
suo impegno socio-politico.
Nel comunicato che ha reso pubblica la notizia si legge
che Pippo Pollina è un artista in costante movimento
creativo. Questo è evidente se si fa l’elenco delle innumerevoli e differenti collaborazioni con vari artisti,
tra gli altri Franco Battiato, gli Inti Illimani, Georges
Moustaki, Nada, Charlie Mariano, Konstantin Wecker,
Linard Bardill o Patent Ochsner. Vari riconoscimenti a
concorsi musicali in Italia e in altri paesi confermano i
numerosi talenti della canzone d’autore italiana e il suo
grande contributo alla cultura. Pippo Pollina non solo
riempie le sale di concerto ma tocca intimamente il suo
pubblico con l’intensità della sua musica e la profondità dei suoi testi. È uno fra i rappresentanti più autentici
e moderni «dell’italianità» e, come artista socialmente
impegnato, si dedica al rispetto dell’individuo e della
società.
Nel suo carnet professionale: 15 album, più di 150 canzoni e più di 3000 concerti hanno commosso il pubblico in Italia, Austria, Belgio, Egitto, Francia, Germania,
Lussemburgo, Olanda, –e naturalmente in Svizzera.
Dal canto suo l’artista italiano ha parlato di un anno
che è iniziato con “una notizia splendida e del tutto
inaspettata”. “Tutto mi aspettavo – continua un Pollina comprensibilmente emozionato – “ma che la giuria
decidesse fra centinaia di prestigiosi artisti svizzeri,
attori, cabarettisti, musicisti di ogni sorta di scegliere proprio me, questa poi...Ancora una volta la scena culturale svizzera si dimostra estremamente libera
di fronte ad ogni tipo di influenza e premiando un
musicista e cantautore italiano (anche se da un anno
godo della doppia cittadinanza) prova la sua grande
indipendenza da qualsiasi condizionamento cultura-
le e politico. In un momento di grande incertezza di
valori e di riferimenti sociali questo gesto mi carica
di un ulteriore responsabilità che spero di riuscire ad
interpretare con l’energia e con lo spirito giusto”.
“In questo senso – ha voluto sottolineare il cantautore - voglio dedicare questo riconoscimento al mio
pubblico svizzero. Quel pubblico che da 25 anni
segue il mio percorso artistico con spirito di partecipazione e che mai ha mancato di farmi sentire la
sua stima e il suo appoggio anche quando i tempi
sembravano bui e difficili.
Anche se la mia lingua e la mia cultura parlano di
un mondo per loro in parte sconosciuto. Quel pubblico che, partecipando ai miei spettacoli con sempre
maggiore interesse, mi ha permesso un bel giorno di
“ riaffacciarmi “ alla scena musicale italiana, dopo
lunghi anni di esilio volontario e di riposizionarmi in
un contesto artistico, quello italiano, massacrato dalle
tendenze commerciali e dal sistema di uno show business in cui l’elemento culturale di una proposta non
valeva più nulla se non sorretto da forze politiche o da
potentati economici”.
Il premio della Scena Svizzera sarà consegnato durante
la cerimonia di apertura della Borsa internazionale della cultura al palazzo dei congressi di Thun, il prossimo
12 aprile, in presenza del Ministro della cultura elvetico, con una lettura delle motivazioni e una laudatio del
celebre attore e cabarettista svizzero Lorenz Kaiser. Per
l’occasione saranno presenti anche i cantautori Werner
Schmidbauer e Martin Kaelberer con i quali Pippo Pollina interpreterà un paio di brani ancora inediti.
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Rivista
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Convivio
di Domenico Cosentino
Il farro
Cereale antico come madre terra
L’estate scorsa due coppie di giovani italiani hanno trascorso un periodo di vacanze nella mia casa di Pietragrande in Calabria: Luca e Stefania toscani (provincia
di Lucca), Albino e Roberta veneti (Provincia di Belluno). Di solito ai miei ospiti preparo solo la prima colazione in giardino. Per il resto (pranzo e cena) vanno a
mangiare fuori. Una sera, però, ho avuto la felice idea
d’invitarli a cena.
Francesco il pescatore mi aveva portato dei freschi
gamberoni di nassa e dei teneri calamari, mentre Cristofero, che conduce un’azienda agricola sull’altopiano
silano, mi aveva regalato del Farro grande. Fu così che,
avendo nella mia dispensa, dei saporiti fagioli bianchi
di Cortale, decisi, quella sera, di preparare una minestra di farro con fagioli, verdure e pesce e gustarla con
i miei ospiti. Buona l’idea! Ma impegni da realizzarsi
con convitati provenienti da due diverse regioni che
hanno una grande cucina e ottimi prodotti enogastronomici.
72
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Rivista
n. 2 Febbraio 2012
Il paese dei “Mille Campanili”
Infatti, finito di mangiare gli antipasti (canapè e stuzzichini), appena portato a tavola la mia minestra di farro
ne è nata una discussione, anche vivace, proprio intorno
alla qualità e alla provenienza del farro: Luca e Stefania
a sostenere che il” Decocco”, che è il Farro medio di
alta qualità che si coltiva solo nella Garfagnana e che è
lavorato, ancora oggi, in impianti molitori tradizionali,
con macine di pietra. Albino e Roberta a ribattere che Il
piccolo, detto anche Triticum, coltivato biologicamente
sulle Dolomiti bellunesi è il migliore farro in assoluto sulla piazza d’Italia perché ha poco glutine e sapore intenso. Quale padrone di casa cercai, invano, di fare il “giudice di pace”: volevo evitare che la simpatica discussione
degenerasse e che si potesse cenare in santa pace. Provai, alzando anche la voce, e riuscii, finalmente, a farmi
ascoltare dagli amici veneti e toscani. Dissi loro e che ero
a conoscenza del fatto che l’Italia è il Paese dei Mille
campanili, con i suoi prodotti a “Chilometro Zero”, ma
che era anche inutile azzuffarsi per una minestra. Di ottimo farro (Piccolo, Medio e Grande) – aggiunsi - nel mio
viaggiare per l’Italia, ne avevo trovato in tutta la penisola. Conclusi, senza nessuna speranza di averli convinti che, essendo il farro il cereale più antico del Mondo,
quello di qualità è sempre stato presente in quasi tutte le
regioni di’Italia dove si produceva frumento.
Le prime coltivazioni nel Neolitico
Coltivato dagli Italici per molti secoli, il farro, rappresentò la coltura comune a tutti i popoli latini. Per i romani
farro voleva dire farina, da fero, verbo latino e che secondo loro era un prezioso alimento facile da trasportare
da sostenere e quindi nutrire. Duemila anni fa, quando
la gente del Mediterraneo aveva come base della dieta
quotidiana le antesignane di focaccia (libum) e polenta
(puls), impastava già con la farina di farro triticum monococcum o col dicoccum e la spelta. Allora come oggi,
sempre seminato tra la fine di ottobre e inizio novembre. Va detto però, che quando il farro arrivò sulle tavole
dei popoli latini, aveva già fatto molta strada e vissuto
molto più a lungo di tutti gli altri cereali, se è vero che le
prime coltivazioni risalgono al Neolitico (8000 a.C), tra
Mesopotamia, Egitto e Palestina. Da semplice alimento, nell’antica Roma, durante il regno dell’Imperatore
Probo, il farro diventò la base dell’alimentazione delle
legioni romane. Lo scrittore inglese Hugh Johnson nel
suo libro The Story of Wine ci racconta che quando Probo usò perfino l’esercito per piantare nuovi vigneti in
Gallia e lungo il Danubio, ordinò loro di portarsi dietro
un sacchetto di Farro per nutrirsi insieme a un tralcio di
vite da piantare in ogni angolo del mondo. E come se
non bastasse, sempre a Roma, il farro, col tempo, diventò anche simbolo di fecondità, grazie alla pratica della
Conferratio, in uso tra le famiglie patrizie: l’offerta della
focaccia nuziale richiamava sugli sposi la protezione di
Cerere, dea delle messi, portatrice di potenza e fertilità.
Dimenticato nel Medioevo, ma mai scomparso
Le fortune del Farro, però, sono durate solo per il tempo dell’agricoltura di sussistenza. Nel Medioevo cadde
in disuso: l’arrivo di nuove varietà, figlie d’incroci più
produttivi (da cui sono nati grano tenero e grano duro)
ha causato una riduzione delle coltivazioni confinandole
nelle zone agricole marginali, dove la produzione intensiva è impossibile. Il farro non si è arreso: si è adattato,
imparando a non soffrire il freddo e amare i terreni in
pendenza, meglio se calcarei, crescendo anche oltre i
mille metri. Ma le rese basse, la raccolta faticosa – i chicchi maturi non restano nella spiga, ma cadono sul terreno – e la perdita di sapienza culinaria lo hanno condotto
sul bilico dell’oblio alimentare.
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n. 2 Febbraio 2012
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Il Superpatron del Vecchio Mulino Andrea Bertucci
Tra i cereali, è il meno calorico
Ma mai scomparso, per fortuna! Il tempo del cibo –
come già successo per altri prodotti - è galantuomo. La
nuova attenzione agli equilibri dietetici, il modo di nutrirsi corretto (vedi Dieta mediterranea) hanno spinto a
riscoprire i cereali negletti, prima fra tutti il farro, straordinario a partire dalla pianta, che protegge i chicchi con
un guscio robusto, ostico a insetti e parassiti: un atout
fondamentale per la riuscita della produzione biologica e biodinamica. Tra i cereali è il meno calorico – 335
calorie per cento grammi – e quello a più alto indice di
sazietà, grazie allo smisurato assorbimento d’acqua in
cottura (quasi tre volte il suo peso). Nei suoi chicchi,
abitano generose quantità di nutrienti essenziali. Sali
minerali (calcio, fosforo, magnesio), vitamine del gruppo B e tante fibre, a patto di sceglierlo nella versione
decorticata, che preserva la glumetta esterna, mentre
quello perlato è del tutto svestito. Grazie al contenuto
di proteine – abbondante e ad alto tasso di digeribilità – il farro è il compagno ideale dei legumi (si sposa
bene anche al pesce e le verdure) che contribuiscono
con l’aminoacido Lisina a equilibrare il più salubre dei
piatti unici.
A passo d’uomo su per la Garfagnana
Una cosa si erano raccomandati Luca e Stefania, quando finite le vacanze, lasciarono la Calabria: “Fatti
sentir se dovessi passare da Lucca. Si va a mangiare
a Castelnuovo della Garfagnana il vero e unico Farro
Dicococco protetto dall’igp europea”. Fu così che in
una splendida giornata di fine estate, tornando dalla
sagra dei cachi e trovandomi a Seravezza, in Versiglia,
il viaggiatore goloso ha cercato Luca al cellulare. Non
avendolo trovato (la segreteria continuava a dire che il
Cliente era fuori sede e quindi irreperibile), ha deciso
di andarci da solo in Garfagnana. E avendo l’intenzione
di fare un viaggio e non una gita, ha scelto di arrivarci, a
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passo d’uomo, attraverso le strade alte, quelle tracciate
dai romani e dai longobardi o quella che ha attraversato
Annibale a bordo di un elefante. Dalla Versiglia, dunque, ha puntato verso Passo del Vestito e Passo del Cipollato, viaggiando con accortezza e moderata velocità,
perché le gole che si paravano davanti erano precipizi
che richiedevano prudenza. Nel giro di un paio d’ore,
il viaggiatore goloso si è trovato in cima alla morbida e
complessa valle del fiume Serchio, da tutti conosciuta e
considerata come l’irsuta Garfagnana.
Al Vecchio Mulino di Castelnuovo: suino e farro
A Castelnuovo con il suo castello, il viaggiatore goloso
ha trovato un paese ancora in festa: era appena terminata la terza edizione del premio Garfagnana in Giallo
nato con l’idea di costruire un concorso letterario dedicato ai racconti gialli che devono trovare ambientazione
nella valle della Toscana lucchese. L’osteria Il Vecchio
Mulino (secondo Luca luogo ideale per gustare il farro),
le cui origini risalgno al 1800, il viaggiatore goloso l’ha
trovato incastonato nelle fondamenta del duomo di Castelnuovo, vicino alle mura dell’antica Rocca che ospitò
anche Ludovico Ariosto, in qualità di governatore del
ducato estense. Ad accoglierlo, il vaggiatore goloso ha
trovato il proprietario Andrea Bertucci, un’istituzione
per i cultori delle tipicità gastronomiche garfagnane, che
da anni seleziona i prodotti di casari, norcini, mugnai e
contadini del territorio. L’atmosfera del locale, molto caratteristico, ricorda le osterie di un tempo, con il bancone di marmo e gli scaffali stipati di bottiglie e barattoli,
formaggi e salumi di ogni bendiddio. Il viaggiatore goloso ha iniziato subito dai salumi: ha gustato prima delle
fette di Brioldo, che un salume tipico della Garfagnana
a forma di pagnotta, e poi del prosciutto Bazzone. È
seguita la Mortadella della Lunigiana, un insaccato,
questo,prodotto con testa, polmoni, lingua e frattaglie
del suino, la bondiola che è il linchetto stagionato con
funghi porcini e il cacio di pecora in varie stagionature.
Il tutto accompagnato dal pane di farina di castagne,
di farro o di patate. Non prevedendo la degustazione
piatti caldi di straordinaria varietà, il viaggiatore goloso
(era salito fin qui solo per i Farro), ha ordinato per prima
un’insalata di farro: cereale bollito con dadolini di verdure, uova e formaggi, un farrotto, cucinato 40 minuti
e abbinato ad acciughe, frutti di mare, o assecondando
la tendenza dolce, presentato con funghi, zucca, carote
e topinambur. Ha chiuso con la zuppa di farro, che l’oste presenta sulla carta come Gran farro, dove il cereale,
dopo l’ammollo, s’insaporisce in un soffritto di verdure
miste, dadolini di prosciutto e passato di fagioli. Il viaggiatore goloso ha bevuto del vino rosso servito dall’oste
in caraffa, proveniveniente dai Colli Lucchesi Tenuta di
Vagliano.
LA GASTRONOMIA ITALIANA IN SVIZZERA
Viva la cucina italiana !
Da noi vi offriamo le vere specialità italiane. Lasciatevi incantare
dal nostro ambiente mediterraneo, dalle nostre eccellenti pizze
con il marchio « vera pizza napoletana DOC », dalle tipiche pietanze
a base di carne o di pesce, nonché dalla nostra prelibata pasta
fresca e dai succulenti dolci. Il tutto accompagnato da una vasta
selezione di vini provenienti da tutte le regioni d’Italia.
Buon appetito !
LA RICETTA
I 19 ristoranti pizzerie Molino in Svizzera vi accolgono
7 giorni su 7, 365 giorni all’anno. Inoltre, offriamo a tutti
i membri su presentazione della tessera della Camera di
Commercio Italiana per la Svizzera uno sconto del
10% su tutte le consumazioni !
GRAN FARRO (SECONDO IL VECCHIO MULINO)
Ingredienti per 4 persone
150 g di farro (della Garfagnana), 500 g di fagioli
bianchi, ½ cipolla, ½ costa di sedano, 1 carota, 1
spicchio d’aglio, 4 foglie di salvia, 10 foglioline di
maggiorana, 1 rametto di rosmarino, 1 pizzico di
spezie (noce moscata, cannella e chiodi di garofano) 100 g di dadolini di prosciutto della Garfagnana, 150 g di pomodorini, 40 g di olio extravergine
d’oliva dei colli lucchesi, sale e pepe.
Come la prepara lo Chef
Lessa i fagioli, dopo averli messi a mollo il giorno
prima. Li scola e tiene l’acqua di cottura da parte.
Passa al setaccio una parte dei fagioli. Trita l’aglio, la cipolla, il sedano, la salvia, il rosmarino, la
maggiorana e la carota. Soffrigge il tutto nell’olio
d’oliva insieme con i dadolini di prosciutto. Regola
di sale e pepe. Unisce i pomodorini tagliati a filetti,
il pizzico di spezie e lascia cuocere per 15 minuti.
Passa il soffritto al setaccio, unisce il passato di fagioli, un poco della loro acqua, mescola e unisce il
resto dei fagioli interi e il farro. Cuoce il tutto per
35-40 minuti aggiungendo di tanto in tanto un
poco di acqua dei fagioli. Serve con un filo d’olio
extravergine d’oliva dei colli lucchesi.
Il Vino: Rosso, Colli Lucchesi Tenuta Vagliano
MOLINO Basilea
Steinenvorstadt 71
4051 Basilea
T 061 773 80 80
Apertura il 2 marzo 2012
MOLINO Berna
Waisenhausplatz 13
3011 Berna
T 031 311 21 71
MOLINO Crans-Montana
Rue de Pas-de-l’Ours 6
3963 Crans-Montana
T 027 481 90 90
MOLINO Dietikon
Badenerstrasse 21
8953 Dietikon
T 044 740 14 18
MOLINO Friborgo
93, rue de Lausanne
1700 Friborgo
T 026 322 30 65
MOLINO Molard, Ginevra
Place du Molard 7
1204 Ginevra
T 022 310 99 88
MOLINO La Praille, Ginevra
Centre Commercial La Praille
1227 Carouge
T 022 307 84 44
MOLINO S. Gallo
Bohl 1
9000 S. Gallo
T 071 223 45 03
MOLINO Thônex
Rue de Genève 106
1226 Thônex
T 022 860 88 88
MOLINO Uster
Poststrasse 20
8610 Uster
T 044 940 18 48
MOLINO Vevey
Rue du Simplon 45
1800 Vevey
T 021 925 95 45
MOLINO Winterthur
Marktgasse 45
8400 Winterthur
T 052 213 02 27
MOLINO Zermatt
Bahnhofstrasse 52
3920 Zermatt
T 027 966 81 81
MOLINO Select, Zurigo
Limmatquai 16
8001 Zurigo
T 044 261 01 17
LE LACUSTRE, Ginevra
Quai Général-Guisan 5
1204 Ginevra
T 022 317 40 00
MOLINO Stauffacher,
Zurigo
Stauffacherstrasse 31
8004 Zurigo
T 044 240 20 40
MOLINO Glattzentrum
Einkaufszentrum Glatt
8301 Glattzentrum
T 044 830 65 36
MOLINO Frascati, Zurigo
Bellerivestrasse 2
8008 Zurigo
T 043 443 06 06
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Place du Marché 6
1820 Montreux
T 021 965 13 34
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n. 2 Febbraio 2012
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IL PROGRAMMA COMPLETO DI IVECO:
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Motori
di Graziano Guerra
Nuova Fiat Panda
Per le vie di Napoli con il volante fra le mani
La nuova city-car marchiata Fiat sfrutta al massimo lo spazio interno. Pur continuando a essere un’auto molto compatta, Panda
cresce, per garantire i più alti standard di sicurezza e migliorare
l’abitabilità. Facile svoltare, ancora di più parcheggiare. Produce sicurezza sia in mezzo al traffico sia in autostrada.
G
Gesù, chistu overo fa? Si saranno detti i napoletani osservando la nuova Panda circolare per le
strade della loro città e pensando a Marchionne.
Qualcuno ha voluto guardarci dentro, restandone
ammaliato. Il proverbiale scetticismo napoletano in
questo caso, complice Pomigliano d’Arco, ha ceduto il passo all’altrettanto proverbiale ottimismo
partenopeo.
Giunta alla terza generazione, la compatta cinque
porte del gruppo Fiat non smette di stupire. Più
generosa nelle dimensioni e dalle forme rotonde,
impone un nuovo modo di intendere la macchina
di tutti i giorni. Ottima sintesi fra prima e seconda auto. Piace perché si guida con estrema facilità,
è rimasto quell’apprezzato tasto (City) che alleggerisce l’andamento di marcia, in particolare nel
traffico stop&go, dove, mantenendo lo stile della e
commerciale, un funzionante start&stop permette
di inquinare meno, molto meno, risparmiare carburante e limitare il rumore. Silenziosa, più larga e più
lunga (164 x 365 cm) della precedente dichiara di
primo acchito le sue mire: piacere alla famiglia e districarsi agilmente nella circolazione. Le forme indicano anche maggior sicurezza per i pedoni. All’interno è luminosa e, come una ben organizzata boy
scout, ha sempre una soluzione pronta. Spazi, vani,
tecnologia. La plastica utilizzata è di quella buona,
piacevole al tatto, riserva sorprese se la si osserva
da vicino. Può ospitare abbastanza comodamente
fino a cinque persone e il portabagagli è tra i più
capienti del segmento: 225 litri che possono diventare 260 con il sedile posteriore scorrevole in posizione completamente avanzata, fino a raggiungere
gli 870 litri. Non poche le soluzioni tecnologiche
ricercate ma fruibili in modo semplice, e che soddisfano sia bisogni concreti della mobilità quotidiana
sia la crescente sensibilità verso ambiente e sicurezza. Come il Gear Shift Indicator (GSI), l’ecoDrive e
la modalità ECO del motore TwinAir Turbo. Sigle
entrate nel linguaggio comune e raggruppate nel
marchio Air Technologies di Fiat che identifica le
tecnologie a basso impatto ambientale. Con moto-
ri parsimoniosi nei consumi, ma pronti ed elastici.
La frenata è all’altezza. La visione sulla carreggiata
è soddisfacente. La velocità massima raggiungibile
è di 168 Km/h con la Multijet 1.3, e di 160 all’ora
circa con la TwinAir 0.9. Spicca il bicilindrico 0.9
TwinAir Turbo da 85 CV, nominato “International
Engine of the Year 2011”, per il consumo medio
dichiarato con tasto Eco premuto erogante 77 CV:
4,2 l/100 Km; 99 g/km l’emissione di CO2. Tra i
nuovi contenuti, l’infotainment unito al navigatore
portatile con collegamento bluetooth; l’evoluto riconoscimento vocale è di uso immediato, non serve alcuna fase di apprendimento della voce; permette anche l’ascolto di SMS in arrivo. Collegando
un dispositivo digitale alla porta USB o AUX-IN,
sul tunnel, è possibile ascoltare musica digitale in
formato MP3, WMA, AAC e WAV, registrata su
lettori audio digitali e/o penne USB. Una chicca: A
richiesta sarà disponibile tra breve il sistema di frenata LSCM (Low Speed Collision Mitigation) che a
velocità inferiori ai 30 km/h rileva ostacoli ravvicinati e frena automaticamente.
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Rivista
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Golden Zone Pomigliano
Noi siamo quello che facciamo
Graziano Guerra
Nessuna retorica, poca enfasi, tanta concretezza. Così
i giovani di Pomigliano d’Arco hanno accolto la grande
stampa internazionale del settore giunta sul rinnovato
sito industriale per la presentazione dinamica della nuova
Panda. Giovani, ingegneri e tecnici, d’ambo i sessi, hanno
accompagnato i giornalisti in una visita aziendale per molti
versi memorabile. “Klinisch sauber”, “Hi Tech visibile
e spettacolare”, “Qualità che rasenta la perfezione”,
i commenti più sentiti durante il tour. Sui volti di quei
ragazzi era visibile la grande concentrazione nel lavoro,
ma si notava anche come gongolavano, consapevoli della
loro forza e dell’impatto che la nuova struttura sapeva
provocare. Dopo anni di vituperata cronaca su Napoli e
dintorni. Marchionne uomo del sud, chi dubitava non
ne conosceva il genio. Gesù, chistu overo fa? Avranno
pensato i napoletani vedendo le nuove fiammanti
Panda sfrecciare per le vie di Napoli e pensando a
Marchionne e all’erede di una famiglia – gli Agnelli - da
sempre molto legata a Napoli. Una filosofia sana spinge
all’emulazione dell’eccellenza, sempre, non certo a
livellare, irrimediabilmente, verso il basso. A Pomigliano
hanno fatto i passi giusti. La selezione del personale per
esempio non è finita nei clientelismi locali, bensì affidata
una società statunitense neutrale, esperta e consapevole
del valore del materiale umano. Dimostrate in lunghi anni
di professionalità, ma spesso limitate da fattori contrari,
ritenuti ineluttabili. Ora questi professionisti tecnicamente
molto ben preparati, si trovano ad agire in un ambiente
nuovo, pulito, hi tech. Mossi da un irresistibile, forte, sano
spirito di rivincita.
Dal punto di vista della tecnologia, dell’automazione
e della flessibilità produttiva, il sito di Pomigliano è lo
stabilimento più avanzato di Fiat e fra i più evoluti al
mondo. Nel tempo record di 12 mesi il sito comprensoriale
Giambattista Vico è stato portato all’eccellenza tecnologica
ed organizzativa, con un investimento complessivo di
800 milioni di euro, fatto sia sulle macchine sia sulle
persone, per le quali sono già state investite 200 mila ore
3 DOMANDE A ERIC LAFORGE
MANAGING DIRECTOR E
COUNTRY MANAGER FIAT IN SVIZZERA
Signor Laforge, che prospettive ha nuova Panda in Svizzera? Nuova Fiat Panda
rafforzerà il successo ottenuto dal 1980 a oggi con più di 63.000 unità vendute:
45.000 della prima generazione, 1980-2003, e 18.000 della seconda.
Quando arriverà dai concessionari svizzeri? Sarà commercializzata da febbraio 2012, con un prezzo base di poco superiore ai 16.000 franchi, nelle versioni Pop, Easy e Lounge e con i motori 1.2 8V da 69 CV, 1.3 Multijet S&S da 75 CV
e 900cc TwinAir S&S. 10 colori di carrozzeria, 9 ambienti interni, 2 coppe copriruota e 2 cerchi in lega da 14 e 15 pollici.
Obiettivo di vendita per il 2012? 2.700 unità, le dirò di più: 90% a benzina e il restante a gasolio, anche perché la
bifuel benzina/metano arriverà solo nell’autunno prossimo. Come pure la 4x4.
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di formazione. Il rinnovamento totale è avvenuto con
l’applicazione in tutte le Unità degli standard del World
Class Manufacturing. Uno dei pilastri del WCM riguarda
pure l’applicazione di metodi e strumenti che consentano
il rispetto dell’ambiente. Per la realizzazione della nuova
Panda tutti i processi sono stati progettati e realizzati
secondo principi che consentono il raggiungimento dei
più stringenti parametri ambientali.
Il World Class Manufacturing è un modo nuovo di fare
fabbrica, con il coinvolgimento di tutte le persone fin
dalla fase di progettazione delle postazioni di lavoro e
delle sequenze delle operazioni, adottato da tutti gli
stabilimenti Fiat per raggiungere zero incidenti, zero
difetti, zero stock, e zero guasti.
Le persone si sono radunate in una sola area di simulazione
chiamata Work Place Integration e su linee di montaggio
ricostruite virtualmente hanno trovato, per ogni attività,
le migliori soluzioni. Solo allora è stato dato avvio alla
costruzione della linea definitiva. Gli uffici sono nel bel
mezzo delle linee, in grandi aree vetrate, vicini al prodotto
e a chi lo costruisce.
Tutte le postazioni di montaggio sono state ridefinite,
circoscrivendo un’area ideale, dove lo spostamento
massimo di ogni operaio è di circa 60 centimetri. I
materiali, infatti, sono tutti a portata di mano e non
occorre chinarsi o alzare le braccia, perché quando è la
vettura a sollevarsi o a ruotare sui ganci per offrire ad ogni
operazione il lato giusto all’altezza giusta: in gergo tecnico
significa che le persone lavorano in “golden zone”. Ampi,
luminosi, puliti, a Pomigliano i locali della lastratura per
esempio sono quanto di più lontano si possa immaginare
da un’officina tradizionale, dove sono stampate e saldate
delle lamiere. In questa nuova officina l’uomo non fatica
più a caricare, a reggere le saldatrici, a movimentare le
pesanti componenti: l’operaio è conduttore di impianti,
gestore e controllore del lavoro delle macchine.
PANDA CLASSIC RIMANE
Dopo il lancio commerciale della Fiat Nuova Panda, la gamma
del modello presenta una novità di grande interesse: infatti,
la versione precedente continuerà a essere venduta con la
denominazione Panda Classic. La vettura punta a presidiare la
fascia bassa del segmento A grazie alle sue doti di accessibilità
e convenienza sia in termini di prezzo che di contenuti. Lanciata nel 2003 e commercializzata in 76 Paesi nel
mondo, la seconda serie della Fiat Panda ha conquistato una crescente leadership nella sua fascia di mercato:
Con una quota del 15,7% è la city-car più venduta in Europa. Forte di questo successo, Fiat Panda Classic si
presenta con una razionalizzazione dell’offerta con un vantaggio importante per il cliente: 1 solo allestimento
per la 4x2, denominato Classic e motori 1.2 69 cv benzina, 1.3 Multijet 16v 75cv diesel, 1.2 69cv EasyPower
(GPL/benzina) e 1.4 77cv Natural Power (metano/benzina). 4x4: Panda Climbing continua ad offrire trazione
integrale on demand e può essere equipaggiata con i propulsori 1.2 69cv benzina e 1.3 Multijet 16v 75cv diesel.
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Starbene
Il potere
fa sentire più alti
Nell’immaginario collettivo le
persone dall’aspetto imponente
sembrano avere più facilità ad
acquisire potere; nessuno però
aveva sin qui dimostrato che
i potenti si sentono più alti di
quanto siano in realtà. Lo hanno fatto adesso due ricercatori
americani Jack Gonzalo della
Industrial and Labor Relations School della Cornell University di Ithaca, e Michelle Duguid della Washington
University, che pubblicheranno prossimamente le loro osservazioni sul numero della rivista Psycological Science.
I due ricercatori evidenziano una correlazione fra la sensazione di potere e la percezione della propria altezza
fisica: così una donna di un metro e 63 di altezza, può
sentirsi più alta di qualche centimetro (dai 2 ai 5) quando
si trova in una posizione dominante. Per arrivare a queste conclusioni, i ricercatori hanno utilizzato test psicologici e videogame, assegnando a ogni persona coinvolta
nell’esperimento (in tutto 266 donne e uomini americani)
un avatar della propria altezza. Hanno poi valutato, per
ogni partecipante, la percezione fisica dell’altezza in diverse condizioni psicologiche, legate a una maggiore o
minore sensazione di potere. Detto delle conclusioni a cui
sono giunti i ricercatori, lo studio lascia aperta una serie
di domande che gli autori stessi si pongono. Intanto: chi
è basso di statura, nel tentativo di acquisire potere, deve
indossare scarpe con tacco o con uno spessore interno? E
poi: è possibile condizionare psicologicamente una persona, aiutarla a essere più autorevole e a gestire meglio gli
altri offrendogli un ufficio ai piani alti? E infine: il sentirsi
potenti rende certi capi poco disponibili nei confronti dei
sottoposti perché li vedono “piccoli” dall’alto della loro
(falsa) altezza? Dall’attualità politica italiana ampia la materia per un prossimo studio.
Dai 45 anni il cervello
inizia perdere colpi
Il cervello comincia a perdere
colpi a partire dai 45 anni e non,
come si pensava, dopo i 60. La
notizia, apparsa sul British Medical Journal è di indubbia rilevanza: oggi si vive di più e arrivare alla vecchiaia con il cervello
più sano possibile è una sfida per
tutti. Un gruppo di ricercatori
inglesi, francesi e americani, ha deciso di studiare come
l’età modifica le funzioni cognitive e cioè la memoria, la
capacità di ragionamento e l’attitudine a comprendere le
cose. Hanno reclutato oltre 7 mila persone (5 mila uomini
e 2 mila donne) le hanno seguite per dieci anni, fra il
1997 e il 2007, sottoponendole per tre volte, in quest’arco di tempo, a una serie di test per valutare la memoria, il
vocabolario, la capacità di comprensione visiva e uditiva,
la fluidità semantica e fonologica (rispettivamente, cioè,
la capacità di scrivere una serie di parole che cominciano
con la lettera «S» e di scrivere il maggior numero possibile di nomi di animali). I risultati hanno dimostrato che
i punteggi relativi a tutte le funzioni cognitive (compresi
appunto la memoria, il ragionamento, la fluidità verbale),
tranne il vocabolario, si riducevano con il passare degli
anni e che il declino era più veloce nelle età più avanzate.
Nel dettaglio: la capacità di ragionamento si riduceva del
3,6% negli uomini e nelle donne fra i 45 e i 49 anni e
del 9,6% per i maschi fra i 65 e i 70; mentre per le donne il declino risulta più contenuto: 7,4%. Se è vero che
tutto comincia così presto, è indispensabile promuovere
stili di vita sani, per proteggere soprattutto la salute cardiovascolare. È ormai accertato, infatti, che quello che fa
bene al cuore, fa bene anche al cervello. E soprattutto
correggere i fattori di rischio cardiovascolare, che, a lungo andare, può portare non soltanto a danni cardiaci, ma
anche alla demenza.
Vanità è maschio
Un tempo erano solo le donne a doversi confrontare con i modelli proposti dalle riviste patinate, i programmi Tv e compagnia bella che impongono l’essere sempre belle, in forma, sexy,
attive. Oggi, secondo un recente sondaggio promosso da Central YMCA e Succeed fondation,
pare che anche gli uomini siano vittime di questa tendenza e che siano afflitti da quelli che si
ritiene siano grandi problemi: la pancetta, la perdita dei capelli, muscoli flaccidi, le rughe, i peli.
Ne deriva che oggi ben l’87% dei maschi ha delle riserve sul proprio aspetto che non esitano
a definire con termini sprezzanti, mettendo in luce tutta una serie di difetti. Non solo la percentuale di insoddisfatti è molto alta, ma è indicativa se si considera che alla stessa domanda
hanno risposto in quel modo il 75% delle donne: gli uomini avrebbero dunque superato le
donne in quanto a insoddisfazione. Altri recenti sondaggi e ricerche di mercato attestano come le persone arrivino a essere disposte a tutto pur di sentirsi bene dentro la propria pelle – e il boom di interventi di chirurgia estetica, trattamenti
di bellezza vari ne è testimone. Nel caso specifico, il 38% dei partecipanti di sesso maschile ha dichiarato che sarebbe
disposto a sacrificare un anno della propria vita in cambio di un corpo perfetto. Una percentuale di aspiranti adoni che,
come si scopre dai dati raccolti, ha di nuovo superato le donne. Nonostante i partecipanti al sondaggio riconoscano che
i modelli proposti dai media e dalle celebrità siano ideali irraggiungibili e spesso irrealistici, in molti casi soccombono
e cercano comunque di conformarsi. Ecco così che a livello fisico l’uomo vuole avere i muscoli al posto giusto – o più
spesso i muscoli e basta – una folta capigliatura, la pancia piatta, gli addominali “quadrati” eccetera. Le donne invece
vorrebbero essere snelle, sode, senza rughe.
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la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
Le ascelle?
Meglio rasate
Strano a dirsi. Ma anche gli uomini dovrebbero rasarsi le ascelle per
piacere di più all’universo femminile. Questa affermazione non
piacerà molto agli uomini “duri”,
quelli che amano conservare in
tutto e per tutto la loro (presunta?) mascolinità. D’altronde, però,
in un’epoca in cui anche i maschi
si truccano, si fanno crescere i capelli e indossano orecchini,
radersi anche le ascelle non suona poi così tanto strano. A
suggerire questa nuova tendenza è stato un gruppo di scienziati provenienti dalla Repubblica Ceca che ha condotto uno
studio con uomini “tradizionalisti” e uomini “rasati”. Ma
perché mai, qualcuno di domanderà, le donne dovrebbero,
improvvisamente, guardare le ascelle degli uomini? Si tratta
solo di un fattore estetico? Niente affatto: si tratta di olfatto.
I ricercatori, infatti, hanno raccolto dei campioni di “effluvio ascellare” dagli uomini e li hanno successivamente fatti
annusare alla cieca a un gruppo di donne. Queste avevano
il compito di votare l’attrattività dei singoli uomini in base al
“profumo” che avevano appena percepito: la maggior parte di loro è stata attratta dalle ascelle glabre. Ma dallo studio
emerge anche che il piacere dell’effetto rasatura duri ben
poco. Quel tipo di odore attrae il sesso femminile soltanto
per poco tempo dopo la rasatura, perché già dopo una settimana l’effetto torna identico a quello di una persona che
non si è mai rasato le ascelle, o lo aveva fatto da almeno
6-10 settimane. Per quanto riguarda l’odore bisognerebbe
dunque “cogliere l’attimo”. Un altro fattore interessante
emerso dallo studio è che le femmine sembrano mostrare
una preferenza per le ascelle rasate di uomini che sono in genere molto pelosi. Secondo gli scienziati, i peli della ascelle,
molto più lunghi di quelli delle scimmie, si sono evoluti per
mantenere le sostanze chimiche prodotte dalle ghiandole
ascellari in modo da intensificare l’odore naturale del corpo
aumentandone così la percezione anche negli altri individui.
Le statine efficaci anche
nella prevenzione dell’ictus
Le preziose statine, negli ultimi
anni oggetto di molte ricerche
– e di business da parte di alcune aziende alimentari che le aggiungono ai più svariati alimenti
– sembrano essere implicate anche nella prevenzione dell’ictus in
soggetti predisposti. Questi elementi, infatti, non solo confermano il loro ruolo positivo nella riduzione del colesterolo LDL,
cosiddetto “cattivo”, ma anche nel miglioramento della coagulazione sanguigna. Le persone che hanno il colesterolo
molto alto, si sa, sono considerati soggetti ad alto rischio
di ictus a causa dei coaguli sanguigni che impediscono il
normale afflusso di sangue a cuore e cervello.
Secondo uno studio condotto dall’Università del Nord Carolina (Usa), le statine divengono un elemento indispensabile proprio nella riduzione della coagulazione sanguigna
che, insieme alla diminuzione del colesterolo, divengono
oltremodo un rimedio molto importante nella prevenzione
delle malattie cardiovascolari. Per arrivare a tali conclusioni, sono stati eseguiti degli esperimenti su modello animale
(scimmie e topi) che avevano lipidi ematici particolarmente
elevati. I ricercatori hanno trovato che i livelli alti di LDL
(lipoproteine a bassa densità) ossidati inducono una molecola chiamata “fattore tissutale” che, a sua volta, innesca la
coagulazione. Questo genere di lipoproteine sono collegate
a un rischio particolarmente elevato di malattie cardiache,
in parte contrastato da un’elevata presenza di HDL, ovvero di lipoproteine ad alta densità. Ma le HDL non sono le
uniche “amiche” del cuore, per fortuna ci sono anche le
statine che hanno dimostrato di avere attività antitrombotica in diversi precedenti studi. Tuttavia, credo che lo studio
dell’Università della americana è il primo a chiarire come le
statine riducano effettivamente l›attivazione del processo
di coagulazione del sangue, indipendentemente dalla loro
attività ipolipemizzante (riduzione dei lipidi).
Germe di soia contro i fastidiosi sintomi della menopausa
Tra i vari problemi che comporta la menopausa ci sono anche certi fastidiosi sintomi, di cui il
più famoso e diffuso sono senz’altro le cosiddette vampate di calore – altresì popolarmente conosciute come “caldane”. Di rimedi per alleviare i sintomi della menopausa ce ne sono molti.
Oggi, un nuovo studio, ribadisce l’efficacia della soia – nella fattispecie, il germe fermentato. Lo
studio è stato pubblicato sul Journal of Women Health, ed è stato condotto al fine di valutare
gli effetti sui sintomi della menopausa di in principio attivo conosciuto con il nome di S-equol.
Alle 126 donne partecipanti allo studio, poi suddivise a caso in due gruppi – di cui uno faceva
da gruppo di controllo – è stato somministrato un supplemento giornaliero di 10 mg di S-equol
o un placebo. Il tutto è durato 12 settimane. Al termine del periodo di test, i dati raccolti hanno
permesso di quantificare una riduzione dei sintomi – le vampate di calore – del 58,7% nelle 66 donne appartenenti al
gruppo S-equol. Le 60 donne appartenenti al gruppo di controllo a cui era stato dato un placebo hanno invece sperimentato una riduzione del sintomo nella misura del 34,5%. Tra le partecipanti allo studio, 62 donne hanno dichiarato
di essere soggette a sperimentare almeno tre vampate di calore al giorno. Di queste, 34 hanno fatto parte del gruppo
S-equol; 28 del gruppo di controllo con placebo. Anche qui i dati raccolti hanno permesso di stabilire che per le donne
trattate con il germe della soia i sintomi si erano ridotti del 62,8%, contro il 23,6% nelle donne trattate con placebo.
Non solo nelle donne del gruppo S-equol era diminuita la frequenza delle vampate, ma anche l’intensità e gravità di queste.
Ulteriori effetti del S-equol si sono mostrati con miglioramenti significativi circa rigidità muscolare di collo o spalle, rispetto
al gruppo placebo. Altri effetti positivi si sono poi mostrati in sintomi correlati come sudorazione, insonnia, depressione.
la
Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Il
Mondo in fiera
Mercanteinfiera Primavera Parma
3-11 Marzo 2012
Modernariato, antichità e collezionismo
in mostra
MCE 2012: Milano
dal 27 al 30 marzo 2012
Mostra Convegno Extracomfort
Vinitaly 2012: Verona, 25 - 28 marzo 2012
Il Salone dei vini e distillati
più importante al mondo
MECSPE 2012: Parma 29 - 31 marzo
8 saloni dedicati alle tecnologie
la Rivista
per l’innovazione
n. 2 Febbraio 2012
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Fiere
Mercanteinfiera Primavera Parma, 3-11 Marzo 2012
Modernariato, antichità e collezionismo in mostra
Chiara Samugheo, Monica Vitti, anni Ottanta, da diapositiva
6x8, Fondo Chiara Samugheo CSAC Università di Parma.
Mercanteinfiera è il più importante appuntamento di
settore su scala europea: oltre mille espositori presentano opere di modernariato, antichità e collezionismo
scovate nei loro viaggi e durante le loro ricerche.
Migliaia di proposte preziose ma anche curiose o, semplicemente, “riscoperte di un nostro recente passato”.
La manifestazione si divide in due grandi appuntamenti: uno primaverile (3-11 Marzo), l’altro autunnale (29
Settembre-7 Ottobre), a Parma, nel cuore dell’Emilia e
dell’Italia, per scegliere tra migliaia di pezzi di stili diversi,
verificare le tendenze del mercato, scoprire nuove filiere collezionistiche, conciliare gli affari con un piacevole
soggiorno nella capitale della Food Valley, la città della
cucina ma anche della musica e dell’arte. La manifestazione è rivolta ai visitatori alla ricerca dell’acquisto curioso o importante e ai collezionisti, designer, architetti
alla ricerca di materiali di ogni epoca e stile. Dopo aver
festeggiato i trentenni di attività lo scorso ottobre, con
una crescita ed un successo costante nel tempo (da 112
espositori e 10.000 visitatori su 3.000 mq nel 1982, a oltre 1.100 espositori e 50.000 visitatori su 45.000 mq nel
nuovo quartiere delle Fiere di Parma, appena inaugurato), Mercanteinfiera è a tutti gli effetti la meta preferita
degli esperti di modernariato, ma anche il ritrovo per
grandi antiquari, dall’alta epoca all’arte nativa. Le epoche storiche e gli stili si incrociano, sovrapponendosi in
un disordine apparente che genera giochi originalissimi.
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Rivista
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Cara Monica: un omaggio fotografico a Monica Vitti
Ad ampliare l’offerta ci sono poi gli eventi collaterali,
vere e proprie mostre autonome all’interno del grande
evento. Nei trent’anni di Mercanteinfiera, rappresentando l’evoluzione sociale del nostro paese, la rassegna
ha proposto un susseguirsi di esposizioni antologiche e
rassegne tematiche d’ogni tipo, capaci di incuriosire un
pubblico sempre più vasto di curiosi e appassionati: in
questo contesto rientra la realizzazione, prevista per la
prossima edizione primaverile, di una mostra in collaborazione con lo CSAC-Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma, dedicata agli scatti di Chiara Samugheo su Monica Vitti. Cara Monica…
vuole rappresentare non solo un omaggio, ma anche un
percorso incentrato su questa figura fondamentale per il
cinema italiano, vista attraverso l’obiettivo di una fotografa d’eccezione. Inoltre ci sarà una seconda collaterale
dedicata alle biciclette d’epoca e a ciò che le riguarda:
‘…Ma dove vai bellezza in bicicletta’: il mondo della
bicicletta d’epoca, vuole essere sia un’anticipazione sul
tema che si svilupperà nell’edizione autunnale (Auto e
Moto d’Epoca), sia un ulteriore avvicinamento al mondo
del collezionismo e alle sue dinamiche.
Orari per il pubblico: dalle 10 alle 19
Orari per gli espositori: dalle 9,30 alle 19,30
Giornate per operatori: 1 – 2 marzo 2012
dalle 08,00 alle 19,00
Chiara Samugheo, Monica Vitti, anni Ottanta, stampa
a colori, Fondo Chiara Samugheo CSAC Università di Parma.
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Chiara Samugheo, Monica Vitti, anni sessanta, stampa in b/n,
Fondo Chiara Samugheo CSAC Università di Parma.
PER INFORMAZIONI
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
Seestrasse 123, CH - 8027 Zürich
Tel +41 44 289 23 23 Fax +41 44 201 53 57
e-mail: fi[email protected] www.ccis.ch
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Fiere
VINITALY 2012: VERONA, 25 - 28 MARZO 2012
Il Salone dei vini e distillati
più importante al mondo
I vini da agricoltura biodinamica e le altre manifestazioni
I vini da agricoltura biodinamica saranno protagonisti di Vinitaly 2012, che apre una vetrina internazionale
a una nicchia di mercato fatta di piccoli numeri, ma che
fa tendenza rispetto alla richiesta di qualità globale. Un
centinaio le aziende italiane ed estere che hanno scelto di
aderire alla nuova iniziativa di Vinitaly, che prevede uno
spazio appositamente allestito al primo piano del Palaexpo.
In contemporanea al Vinitaly si svolgono a Verona anche
le seguenti manifestazioni:
Da domenica 25 a mercoledì 28 marzo 2012, questo il
prossimo appuntamento con la 46a edizione di Vinitaly
(www.vinitaly.com), il Salone dei vini e distillati più importante al mondo, e le rassegne Sol, Agrifood Club ed
Enolitech che completano l’offerta di Veronafiere nel
settore wine&food e tecnologie.
Le date sono ora ufficiali e per agevolare la programmazione degli oltre 4.000 espositori e dei quasi 156.000
operatori presenti ogni anno a Verona sono state fissate
anche le giornate di apertura del 2013: da domenica
7 a mercoledì 10 aprile. Con tale modifica, Veronafiere
ha voluto recepire le aspettative degli espositori, così da
favorire l’accesso degli operatori professionali, in particolare quelli internazionali del canale ho.re.ca. (hôtellerie, ristorazione e catering), che avranno più giorni di
rassegna per incontrare le aziende espositrici. Vinitaly
manterrà una grande attenzione nei confronti dei consumatori, degli appassionati e dei wine lover.
Gli eventi di Vinitaly e Sol for You saranno ampliati con
la collaborazione delle aziende, delle associazioni di categoria, del sistema città e territoriale e inizieranno dal
venerdì precedente l’apertura della rassegna.
L’ultima edizione di Vinitaly, che si è chiusa con un alto
gradimento degli espositori per la qualità dei contatti,
ha stabilito un nuovo record di presenze: 156.000 visitatori, dei quali oltre 48.000 esteri (+3% sul 2010) da
più di 110 Paesi.
La top ten delle provenienze ha visto la Germania in
testa, seguita da Stati Uniti e Canada, Regno Unito,
Svizzera, Francia, Austria, Paesi dell’Est Europa.
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Rivista
n. 2 Febbraio 2012
SOL - Salone Internazionale dell’Olio Extravergine di
Qualità – (www.sol-verona.com) che propone solo il meglio della produzione olivicola. Sol si conferma il principale
riferimento del settore olivicolo, dove ogni anno si danno
appuntamento produttori e buyers nazionali ed esteri.
La grande visibilità dell’evento e le iniziative ad esso correlate: l’International Meeting Point, il Buyers’ Club Online, le Degustazioni Guidate, i Convegni di Settore e il
Concorso Oleario Internazionale “Sol d’Oro”, lo rendono
eccellente strumento di promozione: sia per chi punta ad
ampliare gli orizzonti commerciale che per chi tiene a confermare la propria posizione sul mercato.
AGRIFOOD CLUB – (www.agrifoodclub.it) la vetrina
dell’eccellenza Made in Italy, dove trova spazio solo il prodotto italiano di qualità. L’obiettivo del Salone è affiancare
l’Espositore nella promozione ed esportazione della grande tradizione gastronomica nazionale, per farlo Agrifood
Club mette a disposizione la sua Agorà: un’area di 190
mq interamente dedicata alle degustazioni, dove giornalmente le Aziende dialogano con il pubblico attraverso un
linguaggio fatto di assaggi e abbinamenti.
ENOLITECH – Salone Internazionale delle Tecniche per la
Viticoltura, l’Enologia e delle Tecnologie Olivicole (www.
enolitech.it), che dal 1998 è l’appuntamento internazionale con la tecnologia innovativa applicata alla filiera del
vino e dell’olio, e rappresenta una valida opportunità per
tutte le aziende del settore che intendono promuovere sul
mercato il meglio della produzione, per presentare e far
conoscere nuove applicazioni e tecnologie.
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MCE 2012: Milano dal 27 al 30 marzo 2012
Mostra Convegno Extracomfort
Favorire l’incontro tra domanda e offerta e lo sviluppo del
business è l’obiettivo che, ancora una volta, guida la 38a
edizione di MCE – mostra convegno expocomfort, manifestazione leader mondiale nell’impiantistica civile e industriale, nella climatizzazione e nelle energie rinnovabili in
calendario dal 27 al 30 marzo 2012 in Fiera Milano. La valorizzazione energetica nel senso più ampio d’innovazione
e ricerca è il driver della prossima edizione che si presenta
sotto i migliori auspici: oltre 1.600 le aziende espositrici dirette, +14% di espositori esteri, sia in termini numerici sia
in termini di superficie, e non ultimo l’intero quartiere fieristico occupato. Qual è l’importanza delle fonti rinnovabili
nel mix di energie? Quali le soluzioni ottimali per il raggiungimento degli obiettivi europei previsti per il 2020? Questi i
quesiti che saranno al centro del dibattito di MCE 2012 con
“Zero Energy 2020: Verso l’Integrazione” il file rouge della
prossima edizione dal punto di vista espositivo, da quello
congressuale e da quello delle iniziative, per aiutare tutta la
filiera del settore a conoscere le dinamiche, le tecnologie,
le normative e il mercato da cui dipende il futuro energetico non solo del nostro Paese ma di tutta la collettività. In
quest’ottica sono state studiate numerose iniziative che andranno ad animare MCE 2012. Innanzitutto il programma
convegni, che propone tre convegni istituzionali di grande
richiamo. Si partirà con la seconda edizione di “FCE – Forum Nazionale sulla Certificazione Energetica degli Edifici”, che sarà l’occasione per un aggiornamento sullo stato
normativo e attuativo della certificazione nel nostro Paese.
A seguire, “Impianti e sostenibilità ambientale nelle grandi
architetture internazionali”, una panoramica sui più impor-
tanti esempi di architettura integrata a livello mondiale con
la partecipazione di autorevoli speaker stranieri. Per finire,
un focus su “Fotovoltaico e Solare Termico: parte di un
sistema energetico integrato” il mix energetico indispensabile per una valorizzazione del futuro. Confermate “Percorso Efficienza & Innovazione 2012” e “Verso la Classe A
2012”, le due iniziative distinte, ma sinergiche che hanno
riscosso un ampio successo nel 2010, volte a far emergere i
prodotti e le soluzioni d’eccellenza delle aziende espositrici,
in tema di valorizzazione energetica e novità. Continua, anche per MCE 2012, la collaborazione con ANIMA, ANGAISA e ASSISTAL per contribuire a fare cultura di settore. A
questo riguardo saranno presentati i dati dell’Osservatorio
del Mercato Idrotermosanitario nato con l’obiettivo di creare un punto unico di “osservazione” strategica sui trend
dei diversi attori della filiera: mondo della produzione, della
distribuzione e dell’installazione. Inoltre, anche per la prossima edizione ANGAISA realizzerà TECNOPOLIS, lo spazio
operativo nel quale sono presentati sistemi innovativi per
gestire e sviluppare le varie attività e funzioni di un’azienda
distributrice del settore idrotermosanitario: dalla vendita al
banco, in self service o in show-room, alla logistica di magazzino. ANIMA proporrà invece una speciale “Lounge”,
dedicata alla Meccanica e alle tecnologie, riservata agli
Espositori MCE, che offrirà occasioni di incontro e di dialogo. Infine, ANIMA e MCE attiveranno il “Comitato Difesa
Proprietà Industriale e Intellettuale”, uno strumento unico
che permette di intervenire, in maniera tempestiva, durante
i giorni di manifestazione, per rimuovere i prodotti segnalati come possibili copie dai periti di un apposito collegio di
avvocati. A MCE 2012 ritornano anche i Welding Days®, i
corsi formativi pratici e gratuiti riservati ai processi di saldatura che consentono di conseguire la qualifica di saldatore,
affiancati a momenti d’incontro con gli specialisti del settore e presentazioni delle ultime novità tecnologiche inerenti
alla saldatura. Da segnalare anche l’area CESTEC – il Centro per lo Sviluppo Tecnologico, l’Energia e la Competitività
della Regione Lombardia - dedicata all’aggiornamento professionale dove gli operatori potranno trovare informazioni
su tutte le diverse attività messe in campo e le numerose
opportunità a loro disposizione, specificatamente in ambito
di progettazione efficiente e di certificazione energetica.
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Fiere
MECSPE 2012: Parma 29 - 31 marzo
8 saloni dedicati alle tecnologie per l’innovazione
L’innovazione tecnologica tornerà in mostra a Fiere di Parma dal 29 al 31 marzo 2012 in occasione dell’undicesima
edizione di MECSPE, la fiera internazionale delle tecnologie
di produzione organizzata da Senaf che si presenterà con i
suoi otto saloni tematici - Eurostampi, PlastixExpo, Subfornitura, MECSPE, Motek, Control Italy, Automotive e Logistica - che verranno affiancati per il terzo anno consecutivo
da Impianti Solari Expo, il servizio di consulenza sulle energie rinnovabili per i tetti industriali. I numeri dell’edizione
2011, unitamente alla qualità degli espositori in mostra, alla
propositività dei dibattiti sviluppati ed alla partecipazione
dei buyer internazionali, hanno confermato MECSPE come
appuntamento di assoluto rilievo nel panorama fieristico
dedicato al comparto manifatturiero. 26.174 visitatori altamente qualificati, che testimoniano un incremento del 15%
rispetto all’edizione 2010, un’offerta di 1.091 espositori distribuiti su 50.000 mq di spazio espositivo e 10 delegazioni
di buyer provenienti dai Paesi Esteri rappresentano, infatti,
un risultato importante ed in controtendenza rispetto al panorama fieristico italiano. I dati positivi della manifestazione
sono in linea con le indicazioni provenienti dalle testimonianze degli imprenditori: il 65% delle imprese della meccanica e della subfornitura ha ottenuto nel 2010 un fatturato in crescita rispetto al 2009 ed il 17% ha pareggiato i
conti con l’anno precedente. L’edizione 2012 ha l’intento di
mantenere come filo conduttore il concetto dell’innovazione applicato alle diverse filiere industriali attraverso la presentazione di numerose soluzioni tecnologiche che verranno disposte mediante innovative formule espositive quali
viali,piazze e isole di lavorazione per permettere ai visitatori
di orientarsi al meglio ed agli espositori di essere posizionati nel giusto contesto. L’industria dei trasporti continuerà
ad essere l’assoluta protagonista di MECSPE con una serie
di iniziative ed appuntamenti dedicati al comparto automotive, motorsport, aeronautico, ferroviario e nautico che
metteranno in luce le produzioni di eccellenza del Made in
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Italy e le soluzioni per la mobilità del futuro. La centralità di
questo comparto per MECSPE, e più in generale per tutto
l’impianto produttivo italiano, è testimoniata dal 25% dei
visitatori dell’edizione 2011 che hanno dichiarato di lavorare per questo settore. Inoltre, sarà sviluppata la tematica
dell’efficienza energetica, trasversale a tutti i settori trattati
da MECSPE, attraverso il percorso ecoMEC che evidenzierà materiali, prodotti, processi produttivi, lavorazioni e
servizi “green”. Per il terzo anno consecutivo ci sarà anche il salone Impianti Solari Expo in cui saranno posizionate le migliori soluzioni tecnologiche e finanziarie relative
agli impianti solari ed in cui verranno organizzati numerosi
momenti di dibattito. L’edizione 2011 ha ospitato la tavola
rotonda promossa da Gifi, il Gruppo imprese fotovoltaiche
italiane aderente a Confindustria Anie, da cui sono emerse
numerose proposte concrete per l’ottimizzazione del quarto Conto Energia. “L’edizione 2011 di MECSPE ha visto
il tutto esaurito perché il sistema di relazioni che viene a
crearsi in fiera è proprio funzionale allo sviluppo di sinergie e reti d’impresa, un modello che può aiutare le aziende
del comparto manifatturiero italiano ad ottimizzare costi e
processi e a proteggersi dalla concorrenza delle realtà straniere – commenta Emilio Bianchi, Direttore di Senaf – Anche nel 2012 ci posizioneremo al fianco degli imprenditori
per offrire loro le soluzioni più idonee per lo sviluppo del
loro business e cercare di confermare insieme lo stato di
salute del comparto”.
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Il
Mondo in Camera
TRAVELEXPO 2012 a Lucerna
La Sardegna si presenta gli operatori
turistici della Svizzera francese
Seminario venerdì 16 marzo a Ginevra
Italian Swiss Tax and Legal Forum 2012
Disponibile il Calendario
delle Fiere Italiane 2012
Rebsorten ABC
Auswahl und Einordnung von Weinen
l eicht gemacht
Einfach mehr wissen mit dem
HALLWAG Wein A-Z
Contatti commerciali
Servizi camerali
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Rivista
n. 2 Febbraio 2012
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Il mondo in camera
TRAVELEXPO 2012 a Lucerna
Dal 6 all‘8 gennaio si è tenuta a Lucerna la Travel Expo,
la Fiera del turismo che ha richiamato per il secondo
anno consecutivo appassionati di avventure a viaggi di
ogni tipo. Da diverse ricerche emerge infatti che, anche in un contesto economico difficile, i flussi turistici
continuano a crescere e si orientano verso proposte
sempre più differenziate e personalizzate.
Nel corso dei tre giorni della manifestazione circa 300
espositori hanno presentato le loro offerte ed hanno
permesso ai numerosi visitatori intervenuti all‘evento
fieristico di immergersi nei colori, nei suoni e degli odori dei cinque continenti. Bellissime immagini e allestimenti originali hanno caratterizzato gli stand presenti;
non sono mancate, inoltre, musiche, danze e delizie
gastronomiche dei paesi rappresentati.
Oltre la varietà delle destinazioni tra le quali poter sciegliere, molto ricca è stata l‘offerta presente in termini
di tipo di viaggio proposto: dalle crociere ai viaggi in
camper, dai trekking sportivi ai soggiorni più rilassanti,
un‘ampia gamma di proposte destinate ad accontentare un pubblico dai gusti e dal budget economico più
diverso. La nostra Bella Italia è stata rappresentata,
all‘interno di un padiglione tricolore di 64 mq, dalla
Camera di Commercio Italiana per la Svizzera, Go-Italy
ed Air Berlin.
Star d‘eccezione le quattro regioni Puglia, Calabria,
Sicilia e Sardegna, collegate da Air Berlin alla Svizzera con voli diretti giornalieri (Catania, Lamezia Terme,
Rimini, Brindisi, Olbia, Palermo).
Quattro Tour Operator (Thomas Cook/Neckerman,
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Olimar, Italtours e Novasol) hanno presentato le loro
offerte: strutture alberghiere di ogni categoria, splendide masserie e agriturismi, ville private con piscina,
viaggi in Vespa in giro per le bellezze del nostro paese
e altre proposte originali ed accattivanti.
La ditta Aleardi ha presentato le suddette quattro regioni attraverso le specialità gastronomiche conosciute
in tutto il mondo. Per la Puglia le famose Orecchiette e
le Olive di Cerignola, per la Calabria la la Nduia (salsa
piccante per condire bruschette e primi piatti) le cipolle
di Tropea, per la Sicilia squisiti dolcetti di pasta di mandorle al limone e per la Sardegna il tipico pane Curasao
e gli gnocchetti sardi.
L‘evento ha attirato 26’340 visitatori, con un aumento
del 6% rispetto al 2011, e si prepara a diventare un
punto di incontro fisso per tutti gli appassionati e gli
operatori del settore. Il prossimo appuntamento, per
la terza edizione della Travel Expo, sarà infatti dal 25 a
27 Gennaio 2013 negli stessi spazi fieristici della fiera
di Lucerna.
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Il mondo in camera
La Sardegna si presenta gli operatori
turistici della Svizzera francese
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS)
in collaborazione con il Centro Servizi per le Imprese,
l’Azienda Speciale della CCIAA di Cagliari, organizza
due giornate di incontri BtoB tra una decina di operatori
del turismo della Sardegna incoming e operatori turistici
svizzeri (agenzie di viaggio, tour operator) nei Cantoni di
Ginevra e Vaud interessati a conoscere l’offerta turistica
della meravigliosa isola.
Gli incontri sono rivolti esclusivamente agli operatori di
settore: tour operator, agenzie di viaggio con propria at-
tività di tour operator, operatori aziendali/bancari/assicurativi e associazioni di tipo culturale/sportivo.
Gli interessati ad incontrare gli operatori della Sardegna,
per maggiori informazioni possono rivolgersi a:
CCIS UFFICIO DI GINEVRA
Marianna Valle
tel.: 022 9068595
e-mail: [email protected]
Disponibile il Calendario
delle Fiere Italiane 2012
Sono ancora disponibili alcune copie del nuovo Calendario delle Fiere Italiane 2012, che contiene l’elenco di
tutte le fiere italiane internazionali nonché di tutte le più
importanti manifestazioni di settore.
L’elenco delle fiere è così suddiviso:
- Informazioni generali (luogo, data, ecc.)
- Descrizione delle singole manifestazioni
- Segreterie Organizzative e dati statistici
- Elenco alfabetico, cronologico, per settore
Tutte queste informazioni sono ora disponibili in un pratico manuale di facile consultazione.
Il costo del Calendario Fiere è di Fr. 35.90 (incl. IVA 2,5%)
per i Soci della Camera di Commercio e di Fr. 46.15 (incl.
IVA 2,5%) per i non Soci.
La nuova edizione del Calendario delle Fiere Italiane può
essere richiesta al seguente indirizzo:
CAMERA DI COMMERCIO ITALIANA PER LA SVIZZERA
Seestrasse 123 - Casella Postale - 8027 Zurigo
Tel. 044 289 23 23 - Fax 044 201 53 57
E-mail: fi[email protected]
Seminario venerdì 16 marzo a Ginevra
Italian Swiss Tax and Legal Forum 2012
La Camera di Commercio Italiana per la Svizzera (CCIS), in
collaborazione con la Chambre Vaudoise du commerce et
de l’industrie (CVCI) e l’OSEC e con lo sponsor della Banque de Dépôts et de Gestion, organizza venerdì 16 marzo,
dalle ore 8.30 alle ore 12.45, il seminario “Italian Swiss
Tax and Legal Forum 2012” presso la sede della Chambre vaudoise du commerce et de l’industrie a Losanna.
Gli argomenti fiscali e legali che saranno trattati in questa
edizione sono di grande attualità e legati principalmente
alla tematica della Black – list di cui sarà fatta un’analisi
pratica sia per fare chiarezza sulle diverse lists che si sono
susseguite in Italia negli ultimi anni sia per comprendere
quelle che possono essere le conseguenze per gli operatori economici svizzeri.
In questo contesto creato dalle Black lists, dove l’investitore potrebbe considerare non semplice l’idea di investire
in Italia, saranno presentate ai partecipanti le migliori opzioni e i rischi che l’investitore può evitare sia dal punto
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di vista fiscale che legale nell’acquistare una società o un
fondo di commercio in Italia. Il seminario non si rivolge
esclusivamente ai consulenti specializzati, avvocati, fiscalisti ma anche alle banche e alle imprese.
Il costo per la partecipazione al seminario è per i soci di
CCIS e CVCI di CHF 200.- e per i non-soci di CHF 300.-.
Ai partecipanti sarà fornita l’intera documentazione del
seminario.
Essendo il numero di posti limitato, è obbligatoria l’iscrizione che deve pervenirci entro il 9 marzo 2012.
PER INFORMAZIONI
CCIS - Ufficio di Ginevra
Marianna Valle, Fabio Franceschini
Rue du Cendrier 12-14 – CP – 1211 Genève 1
tel.: 022 9068595, fax: 022 9068599
e-mail: [email protected]
Il mondo in camera
Rebsorten ABC
Auswahl und Einordnung
von Weinen leicht gemacht
Wer kennt die Situation nicht: Man steht ratlos vorm Weinregal, auf dem Flaschenetikett finden sich zwei Begriffe: Dôle und Gamay. Doch welcher bezeichnet die
Rebsorte und welcher den Wein? Welchen Einfluss hat eine Rebsorte überhaupt auf
Charakter, Aroma und Geschmack eines Weins? Und welche Rolle spielt sie in einer Cuvée? Das Rebsorten ABC von Dagmar Ehrlich verschafft sowohl Einsteigern
wie auch fortgeschrittenen Weinfreunden einen kompakten Überblick zum Thema.
Dieser praktische HALLWAG Wein-Kompass im Westentaschenformat stellt die 120
wichtigsten Rebsorten und die 24 bedeutendsten Cuvées alphabetisch vor. Angefangen bei Aglianico über Pinot noir bis hin zu Zweigelt, geben Steckbriefe zu jeder
Rebsorte Auskunft über den genauen Namen, Aussprache, Synonyme, Herkunft und
Verbreitung der Rebe sowie Geschmack und Charakter der daraus hergestellten Weine. Die Länge der Beschreibung richtet sich dabei nach der Bedeutung der jeweiligen
Sorte: Die „Stars“ werden auf einer Doppelseite mit großem Bild und die „AufsteiDagmar Ehrlich
ger“ auf einer Einzelseite mit kleinerem Foto präsentiert, während sich die „RegionaRebsorten ABC
len“ zu dritt eine Doppelseite ohne Bild teilen. Ein besonderes Augenmerk gilt zudem
HALLWAG Verlag, München
den immer wichtiger werdenden Ökorebsorten. Kurze Texte, die Besonderheiten und
160 Seiten, Format 10 x 18 cm
Wissenswertes zu Reben und den entsprechenden Weinen erläutern, ergänzen jeden
Klappenbroschur
Eintrag. Im Extrakapitel Cuvées und ihre Rebsorten werden schließlich die bekann9,99 € (D) / 10,20 € (A) / 17,90 sFr
testen, aus mehreren Rebsorten verschnittenen Weine sowie die dafür verwendeten
Rebsorten vorgestellt. Ein kurzer Theorieteil zur Historie, eine kleine Rebsortenkunde,
Hintergrundwissen zu Züchtungen sowie zum Einfluss von Klima, Boden und Mensch auf die entstandenen Weine runden
das nützliche Nachschlagewerk ab. Die Klappen-Innenseiten bieten Infos zu den Stars und Aufsteigern und ihren Weinen
sowie ein Glossar mit den wichtigsten Fachbegriffen. Dagmar Ehrlich studierte in Geisenheim Weinbau und Önologie. Sie
lebt und arbeitet als Seminarleiterin und Weinjournalistin in Hamburg.
Einfach mehr wissen
mit dem HALLWAG Wein A-Z
Aromaböckser, Bâtonnage, Rückverschnitt – die Weinsprache ist voller Fachbegriffe,
deren Bedeutung sich nicht so ohne Weiteres von selbst erschließt. Gerade als Einsteiger möchte man verstehen, welcher Ausdruck welche Bedeutung hat, doch dafür nicht
gleich ein ganzes Seminar zum Thema besuchen. Hier hilft das HALLWAG Wein A-Z
von Ulrich Sautter weiter. Dieses Minilexikon bietet auf 160 Seiten einen kompakten
und zugleich umfassenden Überblick über alles Wissenswerte zum Thema. In rund 400
Einträgen erklärt der Autor zentrale Begriffe der Weinsprache und weil Wissensdurst
sich bekanntlich beim Lesen ganz von selbst einstellt, verführen die zahlreichen Querverweise zum Immer-Weiterschmökern. Themen, die einer ausführlicheren Beschreibung bedürfen wie Bio- bzw. biologisch-dynamischer Wein, Kork und die Alternativen
oder das weite Feld der Sensorik, widmet der Autor besonderen Raum und Seiten, die
anschaulich bebildert wurden. Neu sind die Länder-Seiten, die steckbriefartig und mit
Karten einen Überblick über das jeweilige Weinland und seine Anbaugebiete verschaffen. Zusätzliche Informationen erhält der Leser auf den Innenseiten der Klappen: Knapp
und verständlich werden hier erstmals die unterschiedlichen Qualitätsstufen der Weine
verschiedener Länder vorgestellt und um jene Kriterien ergänzt, die dazu erfüllt sein
müssen. Dr. Ulrich Sautter, Jahrgang 1965, hatte schon in jungen Jahren Freude daran,
Fakten zum Thema Wein zu sammeln – Rebsortenprofile in einem Weinbuch hatten ihn
dazu inspiriert. Während seines Studiums begann er über Wein zu schreiben. In den
folgenden Jahren publizierte er regelmäßig in Fachzeitschriften, sowie Tageszeitungen.
Nach vielen Jahren als Redakteur bei Wein Gourmet arbeitet er heute als freier Journalist und betreibt seit Anfang 2010 den Branchen-Newsletter Weinversand Brief.
Ulrich Sautter
Wein A-Z
Die 400 wichtigsten Fachbegriffe
HALLWAG Verlag, München
160 Seiten, mit ca. 25 Fotos und 6 Karten
Format 10 x 18 cm, Klappenbroschur
9,90 € (D) / 10,20 € (A) / 17,90 sFr
la
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Contatti commerciali
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Via Europa 227
I – 25062 Concesio BS
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Frabo spa
Via Benedetto Croce 21/23
I – 250275 Quinziano d’Oglio BS
Tel: 0039/030 9925711
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Automazione industriale
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Via S. Vito 693
I – 41057 Spilamberto MO
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Fax 0039/ 059 789666
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Italmatic Srl
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I – 20060 Cassina dè Pecchi
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la
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Pasta fresca
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Fax: 0039 0742 3601812
E-mail: [email protected]
www.pastajulia.it
Richieste di ricerca
agenti-rappresentanti
s,’azienda Pro Light GmbH e Ielli
GmbH è nata nel febbraio 2000 e si
occupa principalmente di progettazione, sviluppo e realizzazione d’impianti d’illuminazione innovativi. In
pochi anni l’azienda ha raggiunto un
elevato livello tecnologico, grazie ad
una specializzazione ed applicazione
nei settori progettazione e montaggio. La progettazione professionale
dell’illuminazione, quali edifici civili,
posti di lavoro, aule, capannoni industriali, edifici pubblici e di pubblica attualità ecc. non poteva essere
calcolata in modo approssimativo. Il
risultato finale è un impianto d’illuminazione calcolato anche nei minimi dettagli, con possibilità di eseguire filmati tridimensionali.. ielli sta per
Innovative Electronic & Light, cioè
per soluzioni innovative nell’ambito dell’elettronica ed illuminazione.
L’azienda progetta, produce e commercializza prodotti innovativi per
l’illuminazione LED sotto il marchio
ielli. Tali prodotti LED consentono
di risparmiare energia e proteggono
l’ambiente perché non contengono
mercurio, non emettono raggi UV e
consumano poco energia elettrica.
L’azienda è alla ricerca di distributori
e grossisti di prodotti LED interessati
ai citati prodotti.
sLa ditta rema spa di Monguelfo (BZ)
è una ditta attiva nella produzione di
sistemi di casse porte metalliche e profili di alto livello per l’architettura d’interni. Specializzata sia nell’architettura
residenziale e sia in quella pubblica
l’azienda è alla ricerca di ditte che
possano essere interessate ad entrare
in contatto con lei per sviluppare un
business comune su territorio elvetico.
la vita. Per un bel pavimento in legno serve naturalmente anche un
bel battiscopa, un gradino ad essi
adatto oppure anche il sottofondo
in legno o a secco. Larix vuole offrire
tutto questo ai suoi clienti. L’impresa bolzanina è alla ricerca di partner
commerciali su territorio elvetico
che la possano aiutare a sviluppare
il proprio business.
s,A DITTA Grünig pietre naturali S.r.l.
venne fondata nel 1963 nella valle
di Fundres, dall’imprenditore tedesco
Dieter Grünig. Questa valle, dotata
di un’interessante varietà di pietre
naturali in così ristretto spazio, si
rivelò l’ideale collocazione per l’azienda. Dopo il rinvenimento del serpentino e della quarzite cristallo nella
cava di Fundres, venne eretta una
grossa fabbrica per la loro ulteriore
lavorazione. L’incomparabile Quarzite Argentea è particolarmente adatta per l’impiego in centri benessere,
impianti wellness e piscine. La pietra
naturale ha una lunga tradizione
nella realizzazione di bagni e terme.
Già gli antichi romani, dove la cultura balneare aveva un ruolo centrale,
utilizzavano pietra naturale per i loro
bagni. La ditta è alla ricerca di architetti e alberghi che possano essere
interessati ad acquistare e utilizzare
tale prodotto nei loro progetti edili.
DAL MERCATO SVIZZERO
Ricerca di merci e servizi
s&ONDATA NEL A #AMPO 4URES
(BZ), la ditta Larix ha come proprio obiettivo di mettere in opera
per i propri clienti il pavimento per
Lattodensimetro e butirrometro
Gerber Instruments AG
Im Langhag 12
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a 15 km dall’aeroporto di Genova,
affacciata direttamente sulla buca
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300 circondata da 8000 mq. circa.
possibilità di frazionare in due unità
immobiliari.
Arenzano (GE)
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su due livelli di mq 350 con piacevole vista mare, circondata da mq. 250
circa di giardino .
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unità immobiliari con destinazione commerciale e residenziale.
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Engimattstrasse 14
CH – 8002 Zürich
Tel: +41 44 284 16 16
Fax +41 44 201 25 16
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Tel.: ++41 417901188
Fax: ++41 417901061
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Trasporti internazionali
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Lerzenstrasse 14
CH - 8953 Dietikon
Tel: +41 447446222
E-mail: [email protected]
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Per le richieste di cui sopra rivolgersi a:
Camera di Commercio Italiana per la
Svizzera, Seestr. 123, casella postale
8027 Zurigo
Tel. 044/289 23 23
Fax 044/201 53 57
E-mail: [email protected], www.ccis.ch
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Loano (SV) 4 ville di circa 100 mq di superficie abitativa l’una (soggiorno cucina, 3 camere da letto, 3 bagni), 100 mq di zona interrata (doppio box e taverna),
300/400 mq di giardino. Tutte posizionate in zona soleggiatissima e con u splendida vista Mare.
I prezzi: EURO 670’000,00 a 830’000,00
Fabbricato monopiano a Voltri
È in vendita, nel retroporto di Genova – Voltri, un fabbricato monopiano denominato “Piastra Commerciale” ad uso Servizi Portuali a destinazione commerciale,
accorpato all’edificio denominato “Torre Uffici” con
annesso ampio parcheggio. In posizione centrale tra il
casello autostradale di Genova - Voltri , le banchine del
Porto, gli uffici del Terminal e il varco di entrata del Porto. Possibilità di ampliamento di ulteriori 2’000 mq circa.
Possibile la realizzazione di un impianto fotovoltaico.
Per ulteriori informazioni consultare il sito web: http://www.ccisweb.com/IT/immobili.aspx
o contattare la CCIS: [email protected] - tel. +41(0)44 289 23 23
ATTIVITÀ E SERVIZI
Con i suoi circa 800 Soci la Camera di Commercio Italiana per
la Svizzera, fondata nel 1909, è un‘associazione indipendente
ai sensi del Codice Civile Svizzero. Il suo compito precipuo
consiste nella assistenza alle imprese dedite all‘interscambio
tra Italia, Svizzera ed il Principato del Liechtenstein. La gamma dei suoi servizi, certificati ISO 9001, è molto variegata e
comprende tra l‘altro:
- Ricerche su banche dati di produttori, importatori, grossisti, commercianti, agenti/rappresentanti dei seguenti Paesi:
Italia e Svizzera
- Informazioni riservate su aziende italiane: visure, bilanci,
assetti societari, protesti, bilanci, rapporti commerciali, ecc.
(disponibili on-line in giornata)
- Segnalazioni di potenziali fornitori ed acquirenti
- Ricerca e mediazione di partners commerciali italiani e svizzeri
- Organizzazione di incontri e workshop tra operatori, con
l‘ausilio di servizi di interpretariato e segretariato
- Recupero di crediti commerciali, con particolare riguardo
alla ricerca di soluzioni amichevoli e extragiudiziali
PUBBLICAZIONI
-
La Rivista periodico ufficiale mensile (11 edizioni all‘anno)
Calendario delle Fiere italiane
Annuario Soci
Indicatori utili Italia-Svizzera
Agevolazioni speciali per i Soci
Seestrasse 123, Casella postale, 8027 Zurigo
Tel. ++41 44 289 23 23, Fax ++41 44 201 53 57
http://www.ccis.ch, e-mail: [email protected]
IVA-Nr. 326 773
- Recupero dell‘IVA svizzera in favore di operatori italiani,
nonché dell‘IVA italiana per imprese elvetiche
- Consulenza ed assistenza legale in materia di diritto commerciale, societario e fiscale
- Assistenza e consulenza in materia doganale
- Informazioni statistiche ed import/esport
- Informazioni finanziarie e riservate sulla solvibilità di imprese italiane e svizzere
- Ricerca di prodotti, marchi di fabbricazione e reperimento
di brevetti
- Azioni promozionali e di direct marketing
- Arbitrato internazionale
- Informazioni relative all‘interscambio, normative riguardanti gli insediamenti in Svizzera ed in Italia
- Seminari e manifestazioni su temi specifici di attualità
- Traduzioni
- Viaggi di Studio
- Certificato di Italiano Commerciale rilasciato in collaborazione con la Società Dante Alighieri di Roma
- Swiss Desk Porti italiani
- La CCIS fornisce informazioni su Fiere e Mostre italiane.
Rappresentanza ufficiale di Fiera Milano e di VeronaFiere
- Recupero crediti in Svizzera
- Regolamento di Arbitrato e di Conciliazione
della Camera Arbitrale della CCIS
- Compra-vendita di beni immobili in Italia
- Costituzione di società affiliate di imprese estere in Italia
- Il nuovo diritto societario italiano
- Servizi camerali
Rue du Cendrier 12-14, Casella postale, 1211 Ginevra 1
Tel. ++41 22 906 85 95, Fax ++41 22 906 85 99
e-mail: [email protected]
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RECUPERO IVA ITALIANA
RECUPERO IVA SVIZZERA
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molto vantaggiose, è rivolto sia
alle imprese svizzere che recuperano l’IVA pagata in Italia che alle
imprese italiane che recuperano
l’IVA pagata in Svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra Italia e Svizzera la
legislazione svizzera consente agli imprenditori italiani il
rimborso dell’IVA svizzera.
Grazie agli accordi di reciprocità tra l’Italia e la Svizzera, la
legislazione italiana consente agli imprenditori svizzeri di ottenere il rimborso dell’IVA italiana. La CCIS:
sªFORNISCELANECESSARIADOCUMENTAZIONE
sªESAMINALADOCUMENTAZIONECOMPILATA
ªRECAPITA LISTANZA DI RIMBORSO IN )TALIA ALL!UTORITË lSCALE
competente;
sAVVIA E CONTROLLA LITER DELLA 6OSTRA PRATICA TRAMITE IL SUO
ufficio di Pescara;
sFORNISCEASSISTENZALEGALE
La CCIS:
sFORNISCEUNSERVIZIODIINFORMAZIONEEPRIMACONSULENZA
sDIVENTAIL6OSTRORAPPRESENTATElSCALE
sESAMINALACOMPLETEZZADELLA6OSTRADOCUMENTAZIONE
sINVIA LA DOCUMENTAZIONE ALLE AUTORITË SVIZZERE E SEGUE
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Informazioni più dettagliate contattare
la Camera di Commercio Italiana per la Svizzera
+41 (0)44 289 23 23
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Grazie alla propria rete di contatti e alla conoscenza delle esigenze e dei bisogni del
mercato elvetico e di quello italiano, la Camera di Commercio offre ad imprese sia
svizzere che italiane intenzionate ad esportare i propri servizi e prodotti all’estero un’accurata ricerca di controparti commerciali. Attraverso un’analisi sistematica del mercato
obiettivo ed identificati i partner commerciali ritenuti più idonei per le imprese a diventare affidabili interlocutori nel settore di riferimento, viene organizzato un incontro
presso le aziende target così selezionate permettendo alle imprese italiane o svizzere un
rapido ed efficace ingresso sui rispettivi mercati di riferimento.
Per ulteriori informazioni ed un preventivo sul servizio, potete contattarci al seguente indirizzo mail [email protected]
Tomorrow
needs
commitment
Proteggere, far fruttare e trasmettere il suo patrimonio.
Oggi come ieri, il nostro impegno è guidato dalla trasparenza e da una visione
a lungo termine. È con questi valori dettati dal buon senso che intratteniamo
con lei una relazione duratura, basata sulla fiducia.
Affrontiamo il futuro con serenità.
www.ca-suisse.com
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