emergenze-urgenze endoscopiche: percorsi integrati fra pronto
Transcript
emergenze-urgenze endoscopiche: percorsi integrati fra pronto
AIGO-SIED-SIGE-SIMEU Sezioni regionali Emilia Romagna Ver. 02.2010 EMERGENZE-URGENZE ENDOSCOPICHE: PERCORSI INTEGRATI FRA PRONTO SOCCORSO ED ENDOSCOPIA DIGESTIVA 1 LA NECESSITA’ DI UN PERCORSO Le urgenze di pertinenza gastroenterologica-endoscopica rappresentano una problematica rilevante in termini di incidenza, variabilità nei comportamenti professionali, impegno di risorse umane, tecnologiche ed economiche. Solo una gestione appropriata delle varie fasi del percorso, a partire dall’accesso del paziente al DEA, puo’ consentire di trasferire nella pratica quotidiana l’efficacia che la letteratura attribuisce ai trattamenti endoscopici in specifici contesti clinici. Da ciò la necessità di definire linee di comportamento comuni che consentano l‘efficace integrazione di professionalità diverse come quella endoscopica digestiva e quella di medicina d’emergenza-urgenza e quindi la decisione di costituire una task force regionale fra la trisocietaria SIED-SIGE-AIGO e la SIMEU della regione Emilia Romagna. OBIETTIVI E DESTINATARI Obiettivo del presente documento è quello di fornire raccomandazioni chiare, condivise e basate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili riguardo alla gestione del paziente che si presenta al DEA esibendo una condizione clinica in cui l’esecuzione di un esame endoscopico sul tratto digestivo in emergenza o urgenza assume un ruolo determinante per la diagnosi e/o il trattamento. Il documento si rivolge ai medici d’emergenza-urgenza ed agli endoscopisti digestivi operanti sul territorio della regione Emilia Romagna. GRUPPO DI LAVORO MULTIDISCIPLINARE INTERSOCIETARIO REGIONALE EMILIA ROMAGNA (GLIM) Il gruppo di lavoro intersocietario è stato costituito e si è incontrato la prima volta nell’estate 2009. Esso rappresenta i gruppi regionali emiliano-romagnoli delle seguenti Società: AIGO – Associaz. Italiana Gastroenterologi Endoscopisti Digestivi Ospedalieri SIED – Società Italiana di Endoscopia Digestiva SIGE – Società Italiana di Gastroenterologia SIMEU – Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza ed è così composto: Mario Cavalli (Dir. Presidio e DEA Nuovo Ospedale Civile S.Agostino-Estense Modena) Stefano De Pietri (DEA Provinciale Reggio Emilia – Coordinatore del gruppo per SIMEU) Mauro Giovanardi (U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva AUSL Rimini) Mauro Manno (U.O. Gastroent. Endosc. Digest. Nuovo Osp. Civile S.Agostino-Estense Modena) Cristina Martuzzi (DEA Ospedale S. Maria delle Croci Ravenna) Antonfranco Mereu (DEA Provinciale Reggio Emilia) Alberto Merighi (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena) Romano Sassatelli (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia – Coordinatore del gruppo per AIGO, SIED, SIGE) Omero Triossi (U.O. Endosc. Digestiva Ospedale S.Maria delle Croci Ravenna) Andrea Vercelli (DEA Ospedale Civile di Piacenza) METODOLOGIA DI LAVORO Nel primo incontro del GLIM, svoltosi nell’estate 2009, sono stati definite le finalità, condiviso il metodo di lavoro e pianificate le fasi successive: (1) revisione sistematica della letteratura rilevante; (2) condivisione e valutazione critica degli studi reperiti mediante la realizzazione di un forum accessibile con password a tutti i membri del gruppo di lavoro ed ospitato sul sito web dell’Azienda Ospedaliera S.Maria Nuova di Reggio Emilia; (3) scomposizione del percorso in macroaree (emorragia digestiva, ingestione di corpi estranei, ingestione di caustici, impiego in urgenza dell’ERCP, identificazione di indicatori e progettazione dell’audit clinico) e suddivisione su tale base del lavoro fra i membri del gruppo; (4) integrazione ed adattamento delle bozze realizzate, mediante ulteriori ricerche bibliografiche mirate e raggiungimento di un consenso informale nel corso di tre ulteriori riunioni collegiali del GLIM; (5) progressiva “raffinazione” delle bozze e successivo loro “assemblaggio” nel documento finale; (6) presentazione ufficiale del percorso in occasione di un convegno organizzato ad hoc nel mese di febbraio 2010; (7) implementazione e consensuale inizio dell’attività di auditing; (8) 2 aggiornamento periodico, ogni due anni o prima nel caso in cui l’emergere di nuove evidenze scientifiche lo giustifichi. REVISIONE SISTEMATICA E VALUTAZIONE DELLA LETTERATURA RILEVANTE Sono state interrogate le seguenti banche dati di studi secondari: NGC, CMA Infobase, NZGG, NLH Guidelines finder, SIGN, NICE, Cochrane Library; come banca dati generale ci si è avvalsi di Medline, attraverso l’interfaccia Pubmed. Fra i motori di ricerca web generali abbiamo scelto di avvalerci di Google ed in particolare del nuovo strumento Scholar, accessibile gratuitamente. Le “stringhe” utilizzate per le singole ricerche bibliografiche su Medline sono disponibili su richiesta tramite e-mail ([email protected]) e non vengono riportate in questa sede per ragioni di brevità. Le linee guida, laddove disponibili, sono state valutate in base ai criteri proposti nello strumento AGREE (Appraisal of Guidelines for Research and Evaluation). Il GLIM ha tenuto conto del Documento SIED 2007: “La gestione delle emergenze-urgenze in endoscopia digestiva”, il quale ha rappresentato un’importante base e guida durante tutto il processo di lavorazione. FORMATO DEL DOCUMENTO Il GLIM ha convenuto di adottare come formato del presente documento di percorso quello dell’algoritmo commentato. Le raccomandazioni sono sintetizzate in forma di algoritmi con caselle corredate da numeri che rimandano a specifici commenti esplicativi. Il formato suddetto presenta il principale vantaggio di prestarsi a diverse chiavi di lettura: in particolare, il professionista può limitarsi a consultare l’algoritmo per rivedere rapidamente le varie fasi del percorso, oppure può dedicarsi alla una lettura più approfondita comprendente l’esame dei commenti. La prima modalità di consultazione rende il documento adatto all’impiego come quick reference guide al letto del malato, la seconda lo pone come riferimento anche per chi desideri approfondire le proprie conoscenze su specifici aspetti del percorso. CONFLITTI D’INTERESSE I membri del gruppo di lavoro che hanno partecipato alla stesura del documento negano situazioni personali di conflitto d’interesse che possano aver influenzato l’indipendenza del loro contributo. Il supporto economico nell’organizzazione del meeting di presentazione proviene dalle Società Scientifiche committenti ed in parte dall’Azienda Ospedaliera S. Maria Nuova di Reggio Emilia (Osservatorio Ricerca ed Innovazione Aziendale e Dipartimento EmergenzaUrgenza). Le opinioni ed interessi di queste istituzioni non hanno in alcun modo influenzato il contenuto delle raccomandazioni. RINGRAZIAMENTI Il gruppo di lavoro sulle emergenze e urgenze endoscopiche ringrazia per il contributo offerto nella produzione del presente documento: Giuliano Bedogni (Direttore U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Valentina Boarino (UO Endoscopia Digestiva Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena), Lorenzo Camellini (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Alessandra Colantoni (DEA Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena), Rita Conigliaro (Direttore U.O. Gastroent. Endosc. Digest. Nuovo Osp. Civile S.Agostino-Estense Modena), Viola Damen (Responsabile Sistema Qualità AUSL Modena), Salvatore De Franco (Direttore Servizio Formazione Innovazione Clinica e Biblioteca Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Silvio Di Tella (Direzione Presidio Ospedaliero Provinciale AUSL Modena), Debora Formisano (Direzione Presidio Ospedaliero Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Annarita Guglielmi (Centro Formazione ECM Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Veronica Iori (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Maria Pazzaglia (Direttore DEA Ospedale S. Maria delle Croci Ravenna), Lidia Scalabrini (Area Comunicazione Aziendale Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia). Un ringraziamento particolare va ad Anna Maria Ferrari, Direttore del DEA provinciale di Reggio Emilia, per il prezioso e paziente sostegno scientifico ed umano offerto durante la stesura del documento. 3 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO IN EMERGENZA-URGENZA NELL’EMORRAGIA DIGESTIVA 4 INTRODUZIONE L’emorragia digestiva rappresenta una problematica di frequentissimo riscontro nella pratica medica di emergenza-urgenza in tutto il mondo occidentale, giustifica un numero elevatissimo di ricoveri ospedalieri ed è gravata da un’alta mortalità. Negli ultimi anni gli avanzamenti in questo campo sono stati numerosi ed importanti, sia sotto il profilo diagnostico che terapeutico. In particolare le modalità di trattamento intensivo pre-endoscopico del paziente critico, il progresso delle tecniche diagnostiche e terapeutiche endoscopiche, l’avvento della radiologia interventistica, l’utilizzo di farmaci antiulcerosi potenti ed efficaci, il ricorso selettivo ad approcci chirurgici meno invasivi, hanno insieme contribuito a migliorare il percorso diagnostico ed il trattamento dei pazienti con sanguinamento digestivo superiore) ed inferiore. Recentemente è stata proposta una classificazione in base alla quale vengono definite superiori le emorragie originanti a monte della papilla del Vater, medie quelle originanti dalla papilla di Vater all’ileo terminale, inferiori quelle originanti dall’ileo terminale al retto. Nella stesura di questo documento abbiamo tuttavia classicamente suddiviso le emorragie digestive in superiori ed inferiori in base all’origine del sanguinamento da una sede prossimale o distale al legamento di Treitz. Le emorragia digestive superiori sono poi state ulteriormente classificate in non varicose e varicose. INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO DEA Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione FC Frequenza cardiaca PA/PAS Pressione arteriosa/PA sistolica Temperatura corporea centrale Tcentr DEA Dipartimento di Emergenza ed Accettazione SpO2 Saturimetria periferica di ossigeno EGA Emogasanalisi arteriosa UEC Unità di emazie concentrate ARDS Acute respiratory distress syndrome PFC Plasma fresco congelato MOF Multi Organ Failure PPI farmaci inibitori della pompa protonica Hb emoglobinemia EGDS esofagogastroduodenoscopia GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA Le emorragie digestive richiedono un trattamento intensivo pre-endoscopico volto a correggere le alterazioni fisiopatologiche indotte dal sanguinamento ed a consentire il trasporto del paziente e l'esecuzione dell'esame endoscopico in condizioni ottimali. Scopo di questa sezione del documento è di suggerire, sulla scorta delle evidenze scientifiche disponibili, le raccomandazioni per il trattamento iniziale del paziente con emorragia digestiva: valuteremo le definizioni di normalità e stabilità emodinamica, emorragia massiva, shock emorragico, trattamento intensivo, gli obiettivi (end-points) da raggiungere con lo stesso, per poi affrontare le modalità della resuscitation. 5 ALGORITMO 1: INQUADRAMENTO DELLO STATO EMODINAMICO Emorragia digestiva Stato emodinamico? 1 2 NORMALE • FC< 100 bpm • PAS> 90 mmHg • Diuresi> 0.5 ml/kg/h • FR< 20 atti/min • Stato di coscienza integro • Cute rosea e calda • Polso periferico pieno ANORMALE • Tachicardia> 100 bpm • Ipotensione< 90 mmHg • Oliguria< 0.5 ml/kg/h • Tachipnea> 20 atti/min • Ansia, agitazione, sopore • Pallore, cute fredda • Polso periferico iposfigmico 2 Stabile? 3 STABILITA’ EMODINAMICA: Il concetto di stabilità emodinamica non è definito da parametri assoluti, ma è relativo alle variazioni dinamiche del paziente, che può essere classificato come: • Stabile ab initio • Momentaneamente stabile in virtù dell’espansione volemica, con successivo deterioramento • Instabile anche in corso di espansione volemica Gravità dell’emorragia? 4 Tabella 1 EMORRAGIA MASSIVA • Perdita acuta di classe III-IV • Volume ematico perso> 30% • In uomo adulto> 1500 ml 5 SHOCK EMORRAGICO Incapacità di cellule e tessuti di utilizzare l’ossigeno. Consegue ad una riduzione acuta del volume circolante e dei trasportatori d’ossigeno (Hb). Ridotto apporto di ossigeno e wash-out di cataboliti. Alterato metabolismo cellulare e progressiva disfunzione d’organo. 6 6 Tab. 1 Classi dello shock emorragico (perdite stimate di sangue) CLASSE I CLASSE II CLASSE III CLASSE IV Perdita di sangue (ml) Fino a 750 750 - 1500 1500 - 2000 > 2000 Perdita di sangue (% del volume ematico) Fino al 15 % 15 – 30 % 30 – 40 % > 40 % Frequenza cardiaca < 100 > 100 > 120 > 140 Pressione arteriosa Normale Normale Ridotta Ridotta Pressione differenziale (mm Hg) Normale o aumentata Ridotta Ridotta Ridotta Frequenza respiratoria 14 - 20 20 - 30 30 - 40 > 35 Diuresi oraria (ml/h) > 30 20 -30 da 5 a 15 Trascurabile Stato di coscienza Leggermente ansioso Moderatamente ansioso Ansioso e confuso Confuso e letargico Reintegrazione di liquidi (regola 3:1) Cristalloidi Cristalloidi Cristalloidi e sangue Cristalloidi e sangue ALGORITMO 2: OBIETTIVI SPECIFICI DEL TRATTAMENTO INTENSIVO TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA Il trattamento intensivo inizia con la valutazione ed il trattamento delle priorità A, B, C (Airway, Breathing, Circulation). I punti salienti sono rappresentati da: 1. Espansione volemica con ripristino del volume circolante 2. Ripristino della capacità di trasporto dell’ossigeno mantenendo adeguati livelli di emoglobina 3. Prevenzione/Correzione della coagulopatia, dell’ipotermia e dell’acidosi metabolica (triade letale) 7 A-Airway OBIETTIVI SPECIFICI • FC< 100 bpm • PAS= 80-100 mmHg • Diuresi> 0.5 ml/kg/h • Lattati≤ 2 mmol/L • Eccesso di basi (BE)≤ -5 mmol/L OBIETTIVI SPECIFICI • Hb= 7-9 g/dL B-Breathing C-Circulation Ripristino del volume circolante 8 Mantenimento di adeguato trasporto di O2 (ripristino quota corpuscolata) 9 OBIETTIVI SPECIFICI • INR≤ 1.5 • Piastrine> 5x109/L • Lattati≤ 2 mmol/L • Eccesso di basi (BE)≤ -5 mmol/L • Tcentr.≥ 35°C. Prevenzione/correzione della coagulopatia 10 7 ALGORITMO 3: RIEPILOGO GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA EMORRAGIA DIGESTIVA Paziente con emorragia digestiva nel DEA Stato emodinamico? Anormale e/o instabile e/o ematemesi Allertamento endoscopia digestiva Normale e stabile Inizio trattamento Allertamento servizio trasfusionale/ emoteca Osservazione Monitoraggio di: • FC • PA • Diuresi oraria • Emocromo 11 PROVVEDIMENTI UNIVERSALI • O2 supplementare • 2 accessi venosi periferici di grosso calibro • Monitor multiparametrico • Prelievi per esami ematochimici, emogruppo e prove crociate • Cateterismo vescicale 15 TRATTAMENTO INTENSIVO • Ripristino del volume circolante (vedi algoritmo 4) • Mantenimento di adeguato trasporto di O2 (ripristino quota corpuscolata) • Prevenzione/Correzione della coagulopatia (vedi algoritmo 5) 12 Risposta a 30-60 minuti? Nessuna risposta o risposta transitoria 13 Ripristino stabile della normalità emodinamica 14 EGDS – Vedi algoritmi specifici sul timing endoscopico” EGDS appena possibile 16 17 8 ALGORITMO 4: RIPRISTINO DEL VOLUME CIRCOLANTE Paziente con emorragia digestiva nel DEA Stato emodinamico? A-Airway B-Breathing Anormale e/o instabile Normale e stabile Gravità dell’emorragia? Classe III-IV Bolo 2000 ml cristalloidi (Ringer lattato) Bolo 2000 ml cristalloidi (Ringer lattato) + emazie concentrate 18 19 15 I° bolo 15 min. Classe I-II Osservazione Monitoraggio di: • FC • PA • Diuresi oraria • Emocromo Rivalutazione emodinamica Anormale o risposta transitoria Infusioni di mantenimento, monitoraggio, EGDS Normale 20 Rivalutazione emodinamica II° bolo 15 min. Bolo 2000 ml cristalloidi (Ringer lattato) + emazie concentrate Anormale o risposta transitoria 21 Prosegue infusione di fluidi + eritrociti concentrati + plasma EGDS appena possibile 9 ALGORITMO 5: PREVENZIONE/CORREZIONE DELLA COAGULOPATIA Paziente con emorragia digestiva + anormalità e/o instabilità emodinamica Politrasfuso? Si Plasma fresco congelato 23 Acidosi? Si Correzione dell’ipoperfusione 24 Ipotermia? Si • Prevenzione • Fluidi riscaldati • Riscaldamento attivo esterno 25 10 COMMENTI AGLI ALGORITMI 1. STATO EMODINAMICO?: lo stato emodinamico è influenzato dal volume circolante, dalla performance cardiaca e dalle resistenze periferiche. Cruciale è la capacità di mantenere un’adeguata perfusione d’organo, che nel paziente emorragico risulta progressivamente compromessa a causa dell’ipovolemia acuta (la depressione cardiaca e la vasodilatazione da esaurimento di amine vasoattive sono fenomeni tardivi, preceduti da fenomeni opposti: aumentato lavoro cardiaco e vasocostrizione periferica). 2. NORMALITA’ EMODINAMICA: lo stato emodinamico può essere classificato come normale o non normale in base a parametri clinici (stato di coscienza, irrorazione cutanea, caratteristiche del polso periferico) e fisiologici (frequenza cardiaca e respiratoria, pressione arteriosa sisto-diastolica e differenziale, diuresi). L’alterazione di alcuni parametri emodinamici in risposta all’emorragia, senza ipotensione, indica solo l’efficacia dei meccanismi di compenso (più efficienti nel giovane e nell’atleta) e non deve indurre a misconoscere la gravità del sanguinamento. 3. STABILITA’ EMODINAMICA: in virtù dei meccanismi fisiologici (richiamo di liquidi dall’interstizio, tachicardia) e di fattori iatrogeni (reintegro del volume) il paziente emorragico può raggiungere uno stato di compenso, suscettibile di variazioni dinamiche: lo stato emodinamico, nel tempo, può mantenersi stabile oppure modificarsi, configurando un quadro di instabilità (deterioramento di alcuni o tutti i parametri emodinamici). Il paziente instabile emodinamicamente non può esibire parametri normali (la variazione di frequenza sotto la soglia della tachicardia o la riduzione della PA sopra la soglia dell’ipotensione non configurano instabilità emodinamica), mentre un paziente con parametri non normali può mantenersi stabile su tali valori. 4. GRAVITA’ DELL’EMORRAGIA?: nelle fasi iniziali della gestione non vi sono parametri strumentali e di laboratorio che consentano di stratificare in modo attendibile la gravità dell’emorragia (nelle prime fasi, la perdita simultanea di plasma e quota corpuscolata lascia inalterato l’ematocrito mentre solo il successivo richiamo di liquidi dall’interstizio rende evidente l’anemizzazione). Una stima approssimativa delle perdite può inizialmente essere basata sui parametri clinici e fisiologici (vedi Tab. 1). Occorre far notare a tale riguardo come la comparsa di ipotensione sia un indicatore tardivo dell’entità del sanguinamento, potendo mancare anche in presenza di perdite pari al 30 % del volume circolante (1500 ml di sangue in un uomo adulto e sano di 70 Kg); i primi parametri a modificarsi sono lo stato di coscienza, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la diuresi oraria, quest’ultimo unico indicatore affidabile della perfusione d’organo. Occorre inoltre ricordare che pazienti in terapia con beta-bloccanti o portatori di pace-maker non sono in grado di aumentare la frequenza cardiaca in risposta all’ipovolemia1. 5. EMORRAGIA MASSIVA: è intesa come una perdita acuta del 30-40 % del volume ematico circolante con conseguenti alterazioni emodinamiche secondarie principalmente all’ipovolemia (ipoperfusione, ridotto pre-carico, centralizzazione del circolo con ischemia periferica e splancnica), cui va aggiunta la ridotta capacità del volume circolante di trasportare ossigeno (con esacerbazione dei fenomeni ischemici dovuti all’ipoperfusione), alterazioni della coagulazione dovute sia ad emodiluizione (da richiamo di liquidi dall’interstizio e iatrogena) sia ad alterazioni reologiche, priming dei neutrofili e risposta infiammatoria sistemica che può evolvere in Multi-Organ Disfunction Syndrome (MODS)2, 3,4 . 6. SHOCK EMORRAGICO: è inteso come la presenza di shock (ovvero incapacità da parte di cellule e tessuti di utilizzare l’ossigeno) secondario ad emorragia acuta. Lo shock si instaura allorchè un’ipoperfusione prolungata altera il metabolismo cellulare e determina alterazioni del microcircolo. Lo shock progredisce per fasi successive che culminano in uno stadio irreversibile (stadio IV) caratterizzato da un ben preciso quadro di ostruzione progressiva del microcircolo e necrosi limitrofa5, 6. 7. TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA: le fasi del trattamento intensivo del paziente emorragico (in inglese resuscitation) sono essenzialmente tre (nella realtà devono essere affrontate contemporaneamente), ovvero: ripristino del volume circolante, ripristino della quota corpuscolata e prevenzione/correzione della coagulopatia. Occorre sempre sottolineare che tutti i pazienti con emorragia massiva sono coagulopatici a causa del “circolo vizioso del 11 sangue”: l’emorragia acuta insieme allo shock cellulare ed a fattori iatrogeni (infusioni e trasfusioni) favorisce l’instarurarsi di acidosi metabolica, ipotermia centrale e conseguente coagulopatia (triade letale), con ulteriore aggravamento dell’emorragia stessa6, 7. E’ dunque scorretto limitarsi a trattare il paziente emorragico con i fluidi per sostenere il circolo e la pressione arteriosa2, 4. 8. RIPRISTINO DEL VOLUME CIRCOLANTE: l’obiettivo da raggiungere con il ripristino del volume è l’adeguata perfusione d’organo. A tal fine occorre sostenere il circolo mediante le infusioni di fluidi ed emocomponenti mirando a ripristinare adeguate frequenza cardiaca e pressione arteriosa; la ripresa della diuresi oraria a valori ≥ 0.5 ml/Kg è il miglior indicatore di un’adeguata perfusione periferica1; la conferma di una perfusione adeguata è fornita dalla riduzione della spinta verso l’acidosi metabolica, desumibile dal dosaggio dei lattati2, 4 e/o dalla valutazione dell’eccesso di basi misurato su sangue arterioso4, 8, 9, 10. Valori pressori≥ 80 mmHg ma≤ 100 mmHg garantiscono un’adeguata perfusione sistemica senza incrementare eccessivamente la pressione idrostatica ed il rischio di peggioramento dell’emorragia e/o destabilizzazione del coagulo2. 9. MANTENIMENTO DI ADEGUATO TRASPORTO DI O2 (ripristino della quota corpuscolata): il conseguimento di adeguati livelli di emoglobina è fondamentale per garantire un corretto apporto di ossigeno a cellule e tessuti: le linee guida dell’American Society of Anesthesiology (ASA) raccomandano il raggiungimento di un livello di 6 g/dL, il National Institutes of Health (NIH) di 7 g/dL11, 12. Valori eccessivi di ematocrito ed emoglobina possono rallentare il microcircolo per ragioni reologiche; nel caso di trasfusione di unità di emazie concentrate a lungo giacenti in emoteca sono poi note l’accentuazione della risposta pro-infiammatoria sistemica, la depressione immunitaria e la diminuita deformabilità della membrana eritrocitaria con intasamento del microcircolo ed esacerbazione del danno da ischemia/riperfusione13. Per contro, nei pazienti con vasculopatia coronarica e/o sistemica, il danno ischemico d’organo si verifica a livelli più elevati di emoglobina rispetto alla popolazione normale. Un ematocrito eccessivamente basso interferisce inoltre con l’emostasi primaria (interazione eritrociti – piastrine ed aggregazione piastrinica). Appare dunque ragionevole mantenere come obiettivo un livello di emoglobina compreso nell’intervallo fra 7 e 9 g/dL2. 10. PREVENZIONE/CORREZIONE DELLA COAGULOPATIA: per trattare adeguatamente il paziente con emorragia in atto e consentire di attuare in sicurezza le successive manovre finalizzate al raggiungimento dell’emostasi (endoscopica o chirurgica), è fondamentale mantenere o ripristinare la capacità di coagulazione ed aggregazione piastrinica2, le quali come anticipato possono essere compromesse a causa dello shock circolatorio oppure a seguito di patologie preesistenti (in particolare epatopatia avanzata). Laddove vi sia compromissione emodinamica (e quindi necessità di politrasfusione acuta: ≥ 8 UEC/24 ore) viene raccomandata la somministrazione di plasma fresco congelato1. L’indicazione alla somministrazione di PFC riguarda anche i pazienti coagulopatici per epatopatie avanzate e/o altre condizioni morbose determinanti deficit multipli dei fattori emocoagulativi che presentino sanguinamento acuto e compromissione emodinamica. Il ripristino della capacità coagulativa deve includere anche la correzione dell’acidosi metabolica e dell’ipotermia che pure interferiscono sia con la cinetica enzimatica della cascata coagulativa sia con la stabilizzazione del coagulo: in tutti i pazienti emorragici acuti deve essere misurata la temperatura centrale ed eseguita una emogasanalisi arteriosa6, 7. Nei pazienti coagulopatici per epatopatia avanzata o deficit di vitamina K di altra natura si dovrebbe provvedere precocemente alla somministrazione di fitomenadione (Konakion®). Il comportamento da tenere di fronte a pazienti ipocoagulati con warfarin, acenocumarolo, eparine, o affetti da deficit selettivi dei fattori emocoagulativi sarà trattato specificamente in appendice al documento. 11. ALLERTAMENTO CENTRO TRASFUSIONALE/EMOTECA: la necessità di reperire rapidamente ingenti quantità di sangue ed emoderivati, di procedere quando possibile alla tipizzazione dello stesso (le trasfusioni iniziano con sangue 0 negativo e proseguono, appena possibile con sangue isogruppo) ed il peso prognosticamente sfavorevole di unità di emazie concentrate di lunga giacenza, richiedono la stretta collaborazione con il servizio trasfusionale/emoteca nel paziente con emorragia grave. 12. TRATTAMENTO INTENSIVO: vedi anche punto 8. Non vi sono dati certi17, 18 circa il timing ideale per iniziare l’espansione volemica. Appare pertanto consigliabile iniziare 12 appena possibile il monitoraggio e trattamento intensivo con gli obiettivi specifici già esaminati2, 4, 19. Nei pazienti con ipertensione portale nota e segni di emorragia digestiva superiore (ematemesi, vomito caffeano, melena) è opportuno somministrare 2 mg di Glipressina® (terlipressina) e.v. ripetibili ogni 4-6 ore, facendo attenzione ai soggetti coronaropatici, in cui questo farmaco può esacerbare un’ischemia miocardica. Nei pazienti con segni di emorragia digestiva superiore ed anamnesi positiva per ulcera peptica od uso di FANS è opportuno somministrare endovena inibitori di pompa protonica, poiché l’elevata acidità interferisce con la stabilizzazione del coagulo ed alcuni studi hanno dimostrato una minor incidenza di recidiva del sanguinamento e fabbisogno di emotrasfusioni20. 13. NESSUNA RISPOSTA O RISPOSTA TRANSITORIA: questa conclusione non può essere tratta in via definitiva prima di 30 minuti circa dall’inizio del trattamento intensivo, considerando il tempo per la somministrazione dei due boli di fluidi. Nel primo caso (nessuna risposta) i parametri emodinamici rimangono alterati dopo i due boli, mentre nel secondo caso (risposta transitoria) si ha un deterioramento dei parametri emodinamici dopo una momentanea normalizzazione (a seguito del primo o secondo bolo). Dopo un intervallo massimo di 60 minuti, proseguire solo con il trattamento intensivo appare inappropriato: nei non-responder occorre procedere ad un tentativo di emostasi endoscopica appena possibile. 14. RIPRISTINO STABILE DELLA NORMALITA’ EMODINAMICA: il ripristino della normalità e stabilità emodinamiche può essere conseguito al termine del primo o del secondo bolo. 15. OSSERVAZIONE: il paziente emodinamicamente normale e stabile ab initio può essere trasferito dal DEA al reparto (preferibilmente in un ambiente sub-intensivo) prima dell’esecuzione dell’esame endoscopico. Considerato il rischio di ripresa del sanguinamento, occorre proseguire con un attento e stretto monitoraggio clinico, dei parametri emodinamici ed emocromocitometrici21. 16. EGDS APPENA POSSIBILE: il paziente che nonostante un corretto trattamento intensivo non raggiunga la stabile normalità emodinamica deve comunque essere sottoposto ad endoscopia per tentare di raggiungere l’emostasi22. 17. EGDS – VEDI ALGORITMO….: nei pazienti emodinamicamente normali e stabili ab initio ed in quelli in cui la stabile normalità emodinamica viene ripristinata a seguito del reintegro volemico nella fase di trattamento intensivo, il timing dell’esame endoscopico deve essere determinato in base agli algoritmi specifici dedicati ai pazienti con emorragia digestiva nei capitoli successivi. 18. BOLO 2000 ML CRISTALLOIDI (RINGER LATTATO): allo stato attuale non esistono evidenze scientifiche tali da suggerire un vantaggio derivante dall’impiego di soluzioni diverse dalle saline isotoniche nell’approccio al reintegro volemico dei pazienti con shock emorragico1. Fra queste, sia la soluzione di Ringer che la normale fisiologica sono accettabili, nonostante la tendenza della seconda a provocare un’acidosi metabolica da ipercloremia4. Una revisione sistematica Cochrane del 2007 non ha confermato significativi benefici derivanti dall’impiego delle soluzioni colloidi attualmente disponibili in vece delle saline isotoniche24. Promettenti sono i dati riguardanti le soluzioni cristalloidi ipertoniche25, 13, 26 . 19. BOLO 2000 ML CRISTALLOIDI (RINGER LATTATO) + EMAZIE CONCENTRATE: nel paziente con emorragia massiva, oltre al ripristino del volume occorre garantire adeguati livelli di Hb, idonei ad un corretto trasporto d’ossigeno1, 13. 20. INFUSIONI DI MANTENIMENTO, MONITORAGGIO, EGDS: al raggiungimento di parametri emodinamici normali e stabilità emodinamica le infusioni proseguono a velocità di mantenimento e non allo scopo di espandere il volume intravascolare; il monitoraggio clinico ed ematochimico consentono di intercettare i pazienti che riprendono a sanguinare in modo copioso e si deteriorano dal punto di vista emodinamico. 21. PROSEGUE INFUSIONE DI FLUIDI + ERITROCITI CONCENTRATI + PLASMA EGDS APPENA POSSIBILE: il sangue ed il plasma reintegrano la quota corpuscolata ed i fattori della coagulazione, oltre ad espandere efficacemente il comparto intravascolare; l’eccessiva somministrazione di liquidi nelle 24 ore (≥ 10 L cristalloidi o ≥ 10 UEC o ≥ 0.25 L/Kg di cristalloidi) può associarsi a edema viscerale con ipertensione intra-addominale e sindrome compartimentale addominale secondaria27, 28, polmone da shock (ARDS) ed edema cerebrale4. Appare dunque ragionevole, dopo i due boli iniziali di cristalloidi, 13 proseguire l’espansione del comparto intravascolare con soluzioni colloidi2, 24, 29. I pazienti che non rispondono al reintegro volemico con la normalizzazione emodinamica devono essere sottoposti a EGDS appena possibile. 22. POLITRASFUSO?: i pazienti politrasfusi sono soggetti a diluizione iatrogena dei fattori della coagulazione ed a chelazione del calcio necessario per la cascata coagulativa e devono essere considerati coagulopatici4, 6; nei pazienti con emorragia massiva (di classe III e IV) esiste anche un’alterazione dei fenomeni reologici favorenti l’aggregazione piastrinica per deplezione della quota corpuscolata2. Nel politrasfuso trattato con emazie a lungo conservate in emoteca, si verifica inoltre una diminuita perfusione tissutale da ostruzione del microcircolo secondaria a ridotta deformabilità eritrocitaria4. 23. PLASMA FRESCO CONGELATO: nei pazienti politrasfusi (quindi con emorragia di classe III e IV ed alterazione dello stato emodinamico) la somministrazione di PFC consente di ripristinare contemporaneamente sia i fattori della coagulazione sia il volume intravascolare (il plasma ha un elevato potere oncotico). Nei politrasfusi con fabbisogno≥ 8 UEC in 12 ore, un elevato rapporto PFC:UEC≥ 1:1.4 riduce la mortalità a 24 ore e quella globale, l’incidenza di infezioni nosocomiali e MOF, a fronte di una maggior incidenza di ARDS (indipendentemente dai cristalloidi somministrati)14. L’indicazione alla somministrazione di PFC riguarda anche i pazienti coagulopatici per epatopatie avanzate e/o altre condizioni morbose determinanti deficit multipli dei fattori emocoagulativi che presentino sanguinamento acuto e compromissione emodinamica. 24. CORREZIONE DELL’IPOPERFUSIONE: l’acidosi metabolica è secondaria all’ipoperfusione dei tessuti periferici durante la centralizzazione del circolo (la vasocostrizione è la prima risposta all’ipovolemia) ed al conseguente metabolismo anaerobio associato a produzione di lattati. Il corretto trattamento è quindi il ripristino della volemia e della perfusione periferica. 25. GESTIONE DELL’IPOTERMIA: la prima terapia dell’ipotermia consiste nel prevenirla, evitando l’esposizione prolungata del paziente e riscaldando artificialmente l’ambiente. Poiché il ripristino della volemia può richiedere l’infusione di elevate quantità di fluidi, occorre prevenire l’ipotermia iatrogena infondendo solo liquidi riscaldati (la fisiologica e la soluzione di Ringer possono essere riscaldate nel forno a micronde fino a 40 °C)1. Un’efficace metodica non invasiva di riscaldamento attivo esterno consiste nello scambio termico convettivo tramite l’applicazione di cuscinetti pneumatici in cui circola aria riscaldata. BIBLIOGRAFIA 1. American College of Surgeons. Committe on Trauma. Resources for the Optimal Care of the Injured Patient. ACS Publication, Chicago, 1998 2. Spahn DR, Cerny V, Coats TJ et al. Management of bleeding following major trauma: a European guideline. Crit Care 2007; 11: R17 3. Ciesla DJ, Moore EE, Johnson JL, Sauaia A, Cothren CC, Moore JB, Burch JM. Multiple Organ Dysfunction During Resuscitation Is Not Postinjury Multiple Organ Failure. Arch Surg 2004; 139: 590-5 4. Moore FA, McKinley BA, Moore EE, et al. III.Guidelines for Shock Resuscitation. J Trauma 2006; 61: 82-9 5. McGee J O’D, Isaacson PG, Wright NA. Oxford Textbook of Pathology. Vol 1. Principles of Pathology. Oxford University Press, 1992 6. Shapiro MB, Jenkins DH, Schwab CW, Rotondo MF. Damage Control: Collective Review. J Trauma 2000; 49: 969-78 7. Moore EE, Burch JM, Franciose RJ, Offner PJ, Biffl WL. Staged Physiologic Restoration and Damage Control Surgery. World J Surg 1998; 22: 1184-91 8. Trembley LN, Feliciano DV, Rozycki GS. Are resuscitation and operation justified in injured patients with estreme base deficits (less than -20)?. Am J Surg 2003; 186: 597-601 9. Davis J, Shackford S, Mackersie R, et al. Base deficit as a guide to volume resuscitation. J Trauma 1988; 28: 1464-67 10. Rutherford E, Morris J, Reed G, et al. Base deficit stratifies mortality and determines therapy. J Trauma 1992; 33: 417-23 14 11. Practice guidelines for blood component therapy: a report by the American Society of Anesthesiologists Task Force on Blood Component Therapy. Anesthesiology 1996; 84: 73247 12. National Institutes of Health Consensus Conference. Perioperative red blood cell transfusion. JAMA 1988; 260: 2700-03 13. Moore FA, McKinley BA, Moore EE. The next generation in shock resuscitation. Lancet 2004; 363 (12): 1988-96 14. Sperry JL, Ochoa JB and The Inflammation the Host Response to Injury Investigators. An FFP:PRBC Transfusion Ratio ≥ 1:1.5 Is Associated With A Lower Risk Of Mortality After Massive Transfusion. J Trauma 2008; 65: 986-93 15. Rosemurgy A, Zervos EE. Management of Variceal Hemorrhage. Curr Probl Surg 2003; 40 (6): 256-343 16. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Management of Acute Upper and Lower Gastrointestinal bleeding. 2008 17. Hirshberg A, Hoyt DB, Mattox KL. Timing of Fluid Resuscitation Shapes the Hemodynamic Response to Uncontrolled Hemorrhage: Analysis Using Dynamic Modeling. J Trauma 2006; 60: 1221-7 18. Kwann I, Bunn F Roberts I. Timing and volume of fluid administration for patients with bleeding. Cochrane Database of Systematic Reviews 2003; 3: 1-18 19. Sebat F, Johnson D, Musthafa AA, Watnik M, Moore S, Henry K, Saari M. A Multidisciplinary Community Hospital Program for Early and Rapid Resuscitation of Shock in Nontrauma Patients. Chest 2005; 127: 1729-43 20. American Society for Gastrointestinal Endoscopy. ASGE Guideline: the role of endoscopy in acute non-variceal upper-GI hemorrhage. Gastrointest Endosc 2004; 60: 497-504 21. Staudacher C, Di Palo S, Mereu A, Orsenigo E. Traumi dell’Addome in Chirurgia d’Urgenza. Masson, Milano, 2005; 241-266 22. Podila PV, Ben-Menachem T, Batra SK et al. Managing patients with acute, non-variceal gastrointestinal hemorrhage: development and effectiveness of a clinical care pathway. Am J Gastroenterol 2001; 96: 208-19 23. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Management of Acute Upper and Lower Gastrointestinal bleeding. 2008 24. Perel P, Roberts I, Pearson M. Colloids versus crystalloids for fluid resuscitation in critically ill patients. Cochrane Database of Systematic Reviews 2007; 3: 1-63 25. Wade CE, Kramer GC, Fabian TC, Younes RN. Efficacy of hypertonic 7.5 % saline and 6 % dextran-70 in treating trauma: a meta-analysis of controlled clinical studies. Surgery 1997; 122 (3): 609-16 26. Bunn F, Roberts I, Tasker R, Trivedi D. Hypertonic versus near isotonic crystalloid for fluid resuscitation in critically ill patients. Cochrane Database of Systematic Reviews 2004; 3: 126 27. Maxwell RA, Fabian TC, Croce MA, Martin A, Davis KA. Secondary Abdominal Compartment Syndrome: Un Underappreciated Manifestation of Severe Hemorrhagic Sock. J Trauma 1999; 47(6): 995-9 28. Ivy ME, Atweh NA, Palmer J et al. Intra-abdominal hypertension and abdominal compartment syndrome in burn patients. J Trauma 2000; 49: 387-91 29. The SAFE Study Investigators. A comparison of albumin and saline for fluid resuscitation in the intensive care unit. NEJM 2004; 350: 2247-54 15 A. EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON VARICOSA INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO EGDS Esofagogastroduodenoscopia PPI Inibitori della pompa protonica HP Helicobacter pylori Hb Concentrazione sierica di emoglobina FC Frequenza cardiaca PAS Pressione arteriosa sistolica SRS Segni di recente sanguinamento MW Mallory Weiss GI Gastro-intestinale BUN Azotemia plasmatica RCTs Studi Randomizzati Controllati (Randomized Controlled Trials) ASA American Association of Anesthesiologists OBI Osservazione Breve Intensiva (VEDI ALGORITMI NELLA PAGINA SUCCESSIVA) 16 ALGORITMO 1: GESTIONE DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON VARICOSA Paziente con sospetta emorragia digestiva superiore non varicosa 1 Tab. 1 Stratificazione del rischio (Score di Blatchford) 2 4 Blatchford score≥ 3 Emodinamicamente normale Blatchford score≤ 2 Emodinamicamente anormale Emodinamicamente anormale Emodinamicamente normale Trattamento intensivo preendoscopico 3 Emodinamica normale? No Si EGDS appena possibile EGDS entro 24 h • EGDS appena possibile e comunque entro 612 h • Monitoraggio intensivo EGDS entro 24-48 h Emostasi? Si No 6 Ritrattamento endoscopico Segni clinici di ripresa del sanguinamento? Emostasi Si Persistenza di sanguinamento 5 Second look endoscopico Angiografia con embolizzazione Trattamento chirurgico Persistenza di sanguinamento 17 ALGORITMO 2: TERAPIA MEDICA E TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON VARICOSA EGDS in paziente con sanguinamento digestivo 7 Tab. 2 Classificazione endoscopica? (Classificazione di Forrest) Forrest I, IIa, IIb 7 Trattamento endoscopico: • Emostasi combinata (adrenalina+clip o adrenalina + terapia termica da contatto) • Monoterapia termica da contatto • Monoterapia clip Terapia medica intensiva: • PPI (omeprazolo o pantoprazolo): bolo 80 mg+infusione continua a 8 mg/h per 72h • Terapia eradicante per HP Forrest IIc, III 8 7 • Nessun trattamento endoscopico • Terapia medica 18 Tab. 1 Score di Blatchford Parametro Punteggio Azotemia (mg/dl) ≥ 18 e < 22 ≥ 22 e < 28 ≥ 28 e < 70 ≥ 70 Hb uomo (g/dl) ≥ 12 e < 13 ≥ 10 e < 12 < 10 Hb donna (g/dl) ≥ 10 e < 12 < 10 Pressione sistolica ≥ 100 e < 109 ≥ 90 e < 99 < 90 Altri markers FC > 100 bpm melena sincope scompenso cardiaco epatopatia 2 3 4 6 1 3 6 1 6 1 2 3 1 1 2 2 2 Tab. 2 Score di Rockall Punteggio 0 1 2 Età Shock FC PAS Comorbidità <60 No <100 >100 Nessuna 60-79 Tachicardia >100 >100 >80 Ipotensione Endoscopia No lesioni, MW, no SRS Tutte le altre SRS* Nessuna o dark spot 3 <100 Cardiaca, polmonare o tumore GI Insufficienza renale, epatica o tumore SCORE CLINICO Tumore Sangue, vaso visibile, coagulo Criteri aggiuntivi per SCORE COMPLETO * Stigmate di recente sanguinamento Tab. 3 Classificazione di Forrest CLASSE Ia Ib IIa IIb IIc III ASPETTO DELLA LESIONE Sanguinamento a getto Sanguinamento a nappo Vaso visibile sul fondo dell’ulcera Coagulo adeso al fondo dell’ulcera Ematina sul fondo dell’ulcera Ulcera con fondo fibrinoso % RISANGUINAMENTO 55 55 43 22 10 5 % MORTALITA’ 11 11 11 7 3 2 19 COMMENTI AGLI ALGORITMI 1. STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO (SCORE DI BLATCHFORD): La valutazione iniziale del paziente con emorragia digestiva superiore deve essere mirata alla stratificazione del rischio, effettuata sulla base di una stima dell’entità del sanguinamento e dell’identificazione dei pazienti con importanti situazioni comorbide, entrambi elementi essenziali per la scelta del corretto atteggiamento terapeutico e del giusto timing per l’esecuzione dell’intervento endoscopico. Un timing appropriato consente, attraverso l’ottimale controllo dell’emorragia, di migliorare indicatori prognostici come la percentuale di recidive del sanguinamento, la morbidità e mortalità1, 2. Nel processo di definizione del rischio devono esser presi in considerazione i seguenti fattori, associati a peggioramento della prognosi: età> 60 anni, presenza di comorbidità (cardiovascolari, respiratorie, renali), epatopatia, emorragia digestiva in pazienti già ricoverati per altra causa, presentazione con segni e sintomi di shock, sanguinamento persistente, ematemesi, ematochezia, incremento dell’azotemia plasmatica (BUN). La presenza di sangue nel sondino naso-gastrico non è un fattore correlato alla prognosi; tuttavia, potrebbe essere espressione di una lesione ad alto rischio3. Al fine di effettuare un rapido e corretto triage sono stati proposti alcuni scores di facile utilizzo, in particolare lo score di Blatchford e quello di Rockall, entrambi basati su variabili clinico-endoscopiche e laboratoristiche4, 5 (Tabelle 1 e 2). Lo score di Blatchford utilizza unicamente variabili cliniche e laboratoristiche ed è in grado di discriminare pazienti ad alto e basso rischio di sanguinamento. Lo score di Rockall è stato concepito per fornire una stima del rischio di morte sulla base di fattori clinici e successivamente dei reperti endoscopici; considerato tuttavia che molti dei fattori di rischio per una recidiva di sanguinamento coincidono con quelli della mortalità e che la recidiva in sè rappresenta un predittore indipendente di mortalità, lo score di Rockall può essere impiegato anche per stimare il rischio di recidiva del sanguinamento4. Il gruppo di lavoro ha raggiunto un consenso circa la raccomandazione dell’impiego dello score di Blatchford, sulla base di: (a) maggiore accuratezza di questo nella stratificazione dei pazienti ad alto rischio (punteggio maggiore o uguale a 3), che richiedono sempre il ricovero e l'esecuzione della EGDS (con tempistica diversificata in funzione delle condizioni emodinamiche alla presentazione e dopo il trattamento intensivo pre-endoscopico, ma comunque entro 24 ore), e a basso rischio (punteggio uguale o minore a 2) che devono essere sottoposti a EGDS con tempistica dipendente dalle condizioni emodinamiche di presentazione e successive al trattamento intensivo pre-endoscopico ed in taluni casi possono essere anche dimessi dal DEA e gestiti ambulatorialmente, oppure richiedere solo un periodo di Osservazione Breve Intensiva (OBI) (b) recentissimi studi scientifici di validazione esterna dello score di Blatchford, che lo hanno comparato prospetticamente allo score di Rockall clinico pre-endoscopico dimostrandone, in maniera statisticamente significativa, la superiorità in termini di specificità, sensibilità, accuratezza6, 7. 2. BLATCHFORD SCORE≥ 3: un paziente con score di Blatchford superiore o uguale a 3 e situazione emodinamica stabilmente normale (in particolare FC< 100 bpm e PAS> 100 mmHg) dovrebbe essere sottoposto ad EGDS entro un intervallo di tempo non superiore a 24 ore. Il paziente con stato emodinamico anormale (vedi anche “Emorragia digestiva superiore (non varicosa e varicosa) – Gestione pre-endoscopica”) dovrebbe essere sottoposto a trattamento intensivo inerente e rivalutato dopo 30-60 minuti. In caso di persistenza dell’anormalità emodinamica (nessuna risposta o risposta temporanea al trattamento intensivo) viene raccomandata l'esecuzione della EGDS appena possibile (fatto salvo il tempo necessario all’attivazione dell’equipe endoscopica ed all’approntamento della sala). In caso di ripristino stabile di una normale situazione emodinamica, l’EGDS dovrebbe comunque essere eseguita entro 6-12 ore, con stretto monitoraggio emodinamico nel frattempo. 3. EMODINAMICA NORMALE?: in letteratura non esistono evidenze di qualità sufficiente a consentire di formulare raccomandazioni forti sui tempi dell’esame endoscopico3, 8, 11. Gli studi sul timing endoscopico sono discordanti e ad oggi le raccomandazioni delle linee guida internazionali suggeriscono genericamente l'esecuzione della EGDS entro 24 ore12. Tuttavia, Il gruppo di lavoro si è speso nello sforzo di stratificare in modo più dettagliato il rischio dei pazienti e adattare di conseguenza le raccomandazioni circa la tempistica 20 dell’esame endoscopico. Su queste basi si è convenuto di raccomandare l'esecuzione dell'esame endoscopico appena possibile in tutti i pazienti che abbiano presentato fasi di anormalità emodinamica lungo il loro decorso iniziale nel DEA, a prescindere dalla risposta al trattamento intensivo. Risultano quindi inclusi anche i pazienti che abbiano raggiunto una stabile normalità emodinamica dopo il trattamento intensivo attuato dal medico di emergenza-urgenza. In questi ultimi può essere accettabile (previo accordo fra i professionisti coinvolti) una dilazione, in ogni caso non superiore alle 6-12 ore dalla presentazione, con stretto monitoraggio emodinamico nel frattempo. L'allocuzione appena possibile, sta pertanto ad indicare in modo preciso che l'esame deve essere effettuato nel minor tempo possibile nello specifico scenario clinico ed organizzativo (fatti salvi i tempi di allestimento della sala endoscopica, ultimazione di esami già in corso, raduno del personale reperibile), mentre gli intervalli specificati (6, 12, 24 ore), identificati sulla base delle scarse evidenze disponibili e del consenso raggiunto nel gruppo di lavoro, rappresentano limiti massimi da rispettare comunque, a prescindere dal contesto in cui si opera. Esistono nella nostra regione soddisfacenti esperienze locali nel trattamento dell’emorragia digestiva superiore non varicosa, fondate sull’implementazione di raccomandazioni simili a quelle formulate nel presente documento, circa il timing dell’esame endoscopico. In alcune di queste esperienze sono stati conseguiti risultati interessanti in termini di miglioramento delle percentuali di recidiva del sanguinamento, mortalità, riduzione del fabbisogno trasfusionale, durata della degenza, riduzione del numero di esami urgenti inappropriati13. 4. BLATCHFORD SCORE ≤ 2: uno score di Blatchford minore o uguale a 2 in presenza di uno stato emodinamico ab initio stabilmente normale ed associato a parametri emodinamici conseguenti (FC< 100 bpm e PAS> 100 mm Hg) identifica uno strato di pazienti con emorragia digestiva acuta gravato da un rischio relativamente basso di mortalità e risanguinamento6, 7. Il gruppo di lavoro ha concordato che in questa popolazione l’EGDS può essere eseguita entro un intervallo di 24-48 ore, prevedendo in taluni casi (Blatchford score≤ 1) anche la gestione in OBI o la dimissione del paziente dal DEA e la programmazione di una EGDS ambulatoriale entro 24-48 ore. Sono esclusi da queste considerazioni i pazienti che presentano fasi di anormalità emodinamica lungo il loro decorso iniziale nel DEA, i quali, a prescindere dalla risposta al trattamento intensivo, dovrebbero essere sottoposti ad EGDS appena possibile (vedi punto 3). 5. SECOND LOOK ENDOSCOPICO: il valore del second look endoscopico è stato esaminato in una revisione sistematica di quattro RCTs: i pazienti sottoposti a nuovo trattamento, quando necessario, presentavano un minor rischio di recidiva del sanguinamento anche se non venivano dimostrati nè una riduzione della mortalità nè un minor ricorso al trattamento chirurgico. Tuttavia, il vantaggio del second look risultava limitato ai pazienti che avevano ricevuto un trattamento iniziale sub-ottimale con monoterapia iniettiva a base di adrenalina, dimostratasi poi inefficace nel prevenire le recidive; inoltre, solo in uno studio i pazienti venivano trattati dopo l’esame endoscopico con terapia infusiva a base di PPI, pure dimostratasi efficace nel ridurre le recidive14. Pertanto, il second look endoscopico viene raccomandato solo in presenza di segni clinici di ripresa del sanguinamento12. Tuttavia, esistono variabili correlate alla recidiva che, se presenti, devono essere prese in considerazione nella valutazione della necessità di esecuzione di una seconda EGDS con eventuale ripetizione del trattamento: • Ulcere di dimensioni superiori a 2 cm • Neoplasie • Trattamento endoscopico sub-ottimale (presenza di ingesti o sangue in cavità, lesione situata lungo la piccola curvatura gastrica o la parete posteriore duodenale, monoterapia con infiltrazione di adrenalina) • Instabilità emodinamica alla presentazione • Comorbidità importante (ASA III e IV) • Tipo di lesione (classe di Forrest) • Somministrazione o meno di PPI e.v. post-endoscopia15, 18. 6. RITRATTAMENTO ENDOSCOPICO: i pazienti con recidiva di sanguinamento dopo terapia endoscopica esibiscono una mortalità aumentata e richiedono un trattamento d’emergenza. La gestione ottimale è multidisciplinare endoscopica, chirurgica, radiologica interventistica e dipende ovviamente dalle risorse locali. In letteratura esiste un solo studio randomizzato di confronto tra trattamento endoscopico e chirurgico in questa popolazione di pazienti. La 21 mortalità a trenta giorni ed il numero di trasfusioni sono risultate simili nei due gruppi con un eccesso di complicanze nel gruppo dei pazienti trattati chirurgicamente. Pertanto, in caso si recidiva del sanguinamento, il trattamento dovrebbe essere nuovamente endoscopico19. In caso di fallimento del nuovo trattamento endoscopico, un’alternativa è rappresentata dall’angiografia con embolizzazione arteriosa. Due studi hanno dimostrato un’alta percentuale di successo e bassa percentuale di complicanze in pazienti trattati con embolizzazione20, 21. Ad oggi, tuttavia, non esistono RCTs di confronto tra embolizzazione angiografica e trattamento chirurgico come procedura di salvataggio dopo fallimento della terapia endoscopica. Due studi retrospettivi di controllo fra embolizzazione angiografica e trattamento chirurgico non hanno mostrato differenze in termini di ulteriori recidive di sanguinamento e mortalità tra i due gruppi di pazienti22, 23. In conclusione, l’emorragia gastrointestinale non varicosa non controllata endoscopicamente dovrebbe essere trattata con un secondo tentativo endoscopico e, in caso di fallimento, con embolizzazione angiografica o intervento chirurgico in base ad esperienze e risorse locali. In caso di paziente emodinamicamente anormale all’esordio e dopo la fase di trattamento intensivo che non raggiunga l’emostasi dopo il primo tentativo endoscopico, l’opzione rappresentata dal trattamento chirurgico deve essere attentamente considerata e discussa fra medico d’emergenza-urgenza, endoscopista e chirurgo. L’emorragia digestiva acuta da tumore gastrico rappresenta un’indicazione chirurgica. 7. FORREST IIc, III/ FORREST I, IIa, IIb: le ulcere gastro-duodenali vengono descritte secondo la classificazione di Forrest, che assegna ogni tipo di lesione ad una classe cui corrisponde un differente rischio di recidiva del sanguinamento e mortalità. Le ulcere a fondo fibrinoso (Forrest III) o con black-base (fondo di ematina, Forrest IIc) hanno un trascurabile rischio di risanguinamento e mortalità, una prognosi eccellente e non richiedono il trattamento endoscopico. Le ulcere con sanguinamento a getto (di tipo arterioso), a nappo, il vaso visibile sul fondo dell’ulcera ed il coagulo adeso hanno invece un elevato rischio di risanguinamento e mortalità e necessitano pertanto di trattamento endoscopico. 8. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO/TERAPIA MEDICA INTENSIVA: il trattamento endoscopico delle lesioni ulcerose ad alto rischio (Forrest Ia-IIb) può essere: • Combinato, ovvero terapia iniettiva con adrenalina (concentrazione 1:10000, almeno 13 ml) associata a terapia meccanica (posizionamento di clips metalliche) o termica da contatto (heater probe o gold probe) • Monoterapia meccanica (clips metalliche) • Monoterapia termica da contatto (heater probe o gold probe)3, 12. La monoterapia iniettiva con adrenalina si è dimostrata inefficace nel prevenire la recidiva del sanguinamento e pertanto non è più raccomandata12, 21, 23. La terapia medica endovenosa post-endoscopica con PPI ad alte dosi (omeprazolo o pantoprazolo, 80 mg a bolo, seguiti da infusione continua di 8 mg/h per 72 ore) riduce significativamente il rischio di recidiva del sanguinamento, il ricorso al trattamento chirurgico e la necessità di ulteriori sedute endoscopiche. Una revisione sistematica Cochrane di studi su pazienti ad alto rischio (Forrest Ia-IIa) ha riportato anche una riduzione della mortalità3, 27. La presenza di Helicobacter pylori dovrebbe essere testata mediante prelievo bioptico effettuato nel corso dell’esame endoscopico. La terapia eradicante riduce il rischio di recidiva ulcerosa e pertanto viene raccomandata (antibiotici + PPI)12, 28. Non vi sono invece evidenze a supporto di una riduzione del rischio di recidiva del sanguinamento in pazienti con emorragia acuta da ulcera peptica sottoposti ad eradicazione di HP29. 22 BIBLIOGRAFIA 1. Sacks HS et al. Endoscopic hemostasis. An effective therapy for bleeding peptic ulcers. JAMA. 1990 Jul 25;264(4):494-9. 2. Cook DJ et al. Endoscopic therapy for acute nonvariceal upper gastrointestinal hemorrhage: a meta-analysis. Gastroenterology 1992 Jan;102(1):139-48. 3. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. A national clinical guidelines. Scottich Intercollegiate Guidelines Network, September 2008. 4. Rockall TA, Logan RF, Devlin HB, Northfield TC. Risk assessment after acute upper gastrointestinal haemorrhage. Gut 1996;38:316-21. 5. Blatchford O, Murray WR, Blatchford M. A risk score to predict need for treatment for upper-gastrointestinal haemorrhage. Lancet 2000;356:1318-21. 6. Chen IC, Hung MS, Chiu TF, Chen JC, Hsiao CT. Risk scoring systems to predict need for clinical intervention for patients with nonvariceal upper gastrointestinal tract bleeding. Am J Emerg Med. 2007;25:774-9. 7. Stanley AJ, Ashley D, Dalton HR, Mowat C, Gaya DR, Thompson E, et al. Outpatient management of patients with low-risk upper-gastrointestinal haemorrhage: multicentre validation and prospective evaluation. Lancet. 2009; 373:42-7. 8. Lim CH, Vani D, Shah SG, Everett SM, Rembacken BJ. The outcome of suspected upper gastrointestinal bleeding with 24-hour access to upper gastrointestinal endoscopy: a prospective cohort study. Endoscopy 2006;38:581-5. 9. Spiegel BM, Vakil NB, Ofman JJ. Endoscopy for acute nonvariceal upper gastrointestinal tract hemorrhage: is sooner better? A systematic review. Arch Intern Med 2001;161:1393404. 10. Spiegel BMR. Endoscopy for acute upper GI tract hemorrhage: sooner is better. Gastrointest Endosc 2009; 2:236-239. 11. Cooper GS, Kou TD, Wong RCK. Use and impact of early endoscopy in elderly patients with peptic ulcer hemorrhage: a population-based analysis. Gastrointest Endosc 2009;70:22935. 12. Barkun A.N. et al. International consensus recommendations on the management of patients with nonvariceal upper gastrointestinal bleeding. Ann Intern Med. 2010;152:101113. 13. Manno M. et al. Do we always need endoscopist in the middle of the night? Risk stratification and timing for endoscopy in acute upper GI bleeding. Gastrointest Endosc (article in press). 14. Marmo R, Rotondano G, Bianco MA, Piscopo R, Prisco A, Cipolletta L. Outcome of endoscopic treatment for peptic ulcer bleeding: is a second look necessary? A metaanalysis. Gastrointest Endosc 2003;57:62-7. 15. Chung IK, Kim EJ, Lee MS, et al. Endoscopic factors predisposing to rebleeding following endoscopic hemostasis in bleeding peptic ulcers. Endoscopy 2001;33:969- 75. 16. Thomopoulos KC, Theocharis GJ, Vagenas KA, Danikas DD, Vagianos CE, Nikolopoulou VN. Predictors of hemostatic failure after adrenaline injection in patients with peptic ulcers with non-bleeding visible vessel. Scand J Gastroenterol 2004;39:600-4. 17. Thomas F. Imperiale et al. Predicting poor outcome from acute upper gastrointestinal hemorrhage. Arch Intern Med. 2007;167:1291-1296. 18. Ian M. Gralnek, Alan N. Barkun and Marc Bardou. Management of acute bleeding from a peptic ulcer. N Engl J Med 2008;359:92837. 19. Lau JWY, Sung JJY, Lam Y, et al. Endoscopic retreatment compared with surgery in patients with recurrent bleeding after initial endoscopic control of bleeding ulcers. N Engl J Med 1999;340(10):751–6. 20. Rima A, Oliva VLMD, Therasse EMD, Perreault PMD, Bui BTMD, Dufresne M-PMD, et al. Arterial Embolotherapy for Upper Gastrointestinal Hemorrhage: Outcome Assessment. J Vasc Interv Radiol 2001;12(2):195-200. 21. Defreyne L, Vanlangenhove P, De Vos M, Pattyn P, Van Maele G, Decruyenaere j, et al. Embolization as a first approach with endoscopically unmanageable acute nonvariceal gastrointestinal hemorrhage. Radiology 2001;218(3):739-48. 23 22. Ripoll C, Banares R, Beceiro I, Menchen P, Catalina MV, Echenagusia A, et al. Comparison of transcatheter arterial embolization and surgery for treatment of bleeding peptic ulcer after endoscopic treatment failure. J Vasc Interv Radiol 2004;15(5):447-50. 23. Eriksson LG, Ljungdahl M, Sundbom M, et al. Transcatheter arterial embolization versus surgery in the treatment of upper gastrointestinal bleeding after therapeutic endoscopy failure. J Vasc Interv Radiol 2008;19(10):1413–8. 24. Adler DG, Leighton JA, Davila RE, et al. ASGE guideline: the role of endoscopy in acute non-variceal upper-GI hemorrhage. Gastrointest Endosc 2005; 61:356. 25. Calvet X, Vergara M, Brullet E, Gisbert JP, Campo R. Addition of a second endoscopic treatment following epinephrine injection improves outcome in high-risk bleeding ulcers. Gastroenterology 2004; 126:441-50. 26. Marmo R, Rotondano G, Piscopo R, Bianco MA, D’Angella R, Cipolletta L. Dual therapy versus monotherapy in the endoscopic treatment of high-risk bleeding ulcers: a metaanalysis of controlled trials. Am J Gastroenterol 2007;102:279- 89, 469. 27. Leontiadis GI, Sharma VK, Howden CW. Proton pump inhibitor therapy for peptic ulcer bleeding: Cochrane collaboration meta-analysis of randomized controlled trials. Mayo Clin Proc 2007;82(3):286-96. 28. Ford AC, Delaney BC, Forman D, Moayyedi P. Eradication therapy for peptic ulcer disease in Helicobacter pylori positive patients (Cochrane Review). In: The Cochrane Library, Issue 2, 2006. London: john Wiley & Sons Ltd. 29. Schilling D, Demel A, Nusse T, Weidmann E, Riemann jF. Helicobacter pylori infection does not affect the early rebleeding rate in patients with peptic ulcer bleeding after successful endoscopic hemostasis: a prospective single-center trial. Endoscopy 2003;35(5):393-6. 24 B. EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE VARICOSA INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO EGDS Esofagogastroduodenoscopia TIPSS Transjugular intrahepatic portosystemic stent shunt MELD Mayo End-stage Liver Disease PAS Pressione arteriosa sistolica FC Frequenza cardiaca Hb Emoglobina sierica EVL Legatura delle varici esofagee ABRI Adjusted blood requirement index UEC Unità di emazie concentrate Bpm Battiti (cardiaci) per minuto (VEDI ALGORITMI NELLA PAGINA SUCCESSIVA) 25 ALGORITMO 1: EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NEL PAZIENTE AFFETTO DA CIRROSI EPATICA Ematemesi e/o melena in paziente con ipertensione portale (diagnosi nota o sospetta di cirrosi epatica) 1 Inquadramento emodinamico Anormale e/o instabile e/o ematemesi Normale e stabile TERAPIA MEDICA Trattamento intensivo preendoscopico Inquadramento emodinamico Anormale e/o instabile e/o persiste ematemesi 2 3 • Terlipressina, somatostatina o analoghi • Terapia antibiotica: a. Fluorochinolonico b. Ceftriaxone Normale e stabile • Monitoraggio intensivo • EGDS appena possibile e comunque entro 12 ore EGDS appena possibile 4 4 Quadro endoscopico? Varici esofagee Varici gastriche Emorragia non varicosa 5 Vedi Algoritmo 2 Vedi algoritmi specifici 26 ALGORITMO 2: TRATTAMENTO DELL’EMORRAGIA DA VARICI ESOFAGEE Emorragia da varici esofagee Legatura/Scleroterapia Si 6 7 Arresto dell’emorragia? No 8 • Prosecuzione della terapia con farmaci vasoattivi per 3-5 gg. • Terapia medica ed endoscopica di prevenzione del risanguinamento Sengstaken-Blakemore TIPSS 9 11 No Recidiva di sanguinamento? 8 10 Sengstaken-Blakemore Si Trattamento endoscopico urgente Si Arresto dell’emorragia? No 27 COMMENTI AGLI ALGORITMI 1. EMATEMESI E/O MELENA IN PAZIENTE CON IPERTENSIONE PORTALE (DIAGNOSI NOTA O SOSPETTA DI CIRROSI EPATICA): l’emorragia digestiva nel paziente con ipertensione portale è causata da varici esofagee nel 65-70 % dei casi e gastriche nel 1015%; nei restanti casi è determinata da cause più rare correlate all’ipertensione portale (gastropatia congestizia, ectasia vascolare antrale gastrica, varici ectopiche duodenali) oppure da altre lesioni definite come non varicose (ulcere, erosioni, ecc). L’emorragia da varici esofagee o gastriche è caratterizzata dalla rilevante entità del sanguinamento e dal conseguente squilibrio emodinamico. La mortalità, pur essendosi ridotta nelle ultime due decadi grazie ai progressi nel trattamento, resta assai elevata (attualmente 15-20%)1, 2. Il sanguinamento acuto da varici esofago-gastriche richiede una gestione complessa multidisciplinare in un centro di riferimento dotato di terapia intensiva e di appropriate competenze professionali (infermieri, medici d’emergenza-urgenza, epatologi, endoscopisti, radiologi interventisti e chirurghi con adeguata formazione ed esperienza). La cirrosi epatica rappresenta la causa principale di ipertensione portale nei paesi occidentali e nella storia naturale della malattia, la presenza di varici esofago-gastriche e l’emorragia conseguente costituiscono un evento estremamente importante. La prognosi di questi pazienti è correlata alla gravità dell’epatopatia, espressa mediante la classificazione di Child-Pugh e/o il MELD (Mayo End-stage Liver Disease) score sistemi più comunemente utilizzati per identificare i soggetti a maggior rischio di morte e non riportati negli algoritmi in quanto influenti sulle scelte terapeutiche successive (trapianto epatico, scelta del trattamento farmacologico e del posizionamento di TIPSS3, 7) piuttosto che sulla gestione acuta. 2. TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO: scopo del trattamento iniziale è in generale correggere lo shock emorragico (secondo gli obiettivi definiti nel capitolo specifico: GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA) e specificamente prevenire le complicanze associate all’emorragia gastrointestinale acuta nel paziente con epatopatia cronica avanzata (in particolare infezioni batteriche, insufficienza renale, scompenso epatico con ascite ed encefalopatia porto-sistemica) che sono indipendenti dalla causa di emorragia e richiedono un trattamento immediato8, 9. L’emorragia digestiva in un paziente con cirrosi epatica rappresenta un’emergenza che richiede un intervento immediato finalizzato al reintegro volemico (anche tramite trasfusione di emazie concentrate), con l’obiettivo di mantenere livelli di Hb intorno a 8 g/dL10, 11, 12. Sulla base delle evidenze scientifiche attualmente disponibili12, 15 non possono essere formulate raccomandazioni univoche riguardanti il trattamento della coagulopatia e della piastrinopenia. Per l’approfondimento degli aspetti generali riguardanti il trattamento pre-endoscopico, si rimanda alla specifica sezione di questo documento (vedi sopra: GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA). 3. TERAPIA MEDICA: il trattamento con farmaci vasoattivi (somatostatina o analoghi: octreotide e vapreotide; terlipressina) deve essere iniziato appena possibile (prima dell’esecuzione dell’EGDS) quando si sospetta un’emorragia da varici esofago-gastriche e deve essere proseguito per 3-5 giorni dopo la conferma della diagnosi10, 11, 12. Gli schemi terapeutici consigliati sono: • Octreotide: 50 µg a bolo, seguiti da 25-50 µg/h e.v. per 5 giorni • Terlipressina: 2 mg a bolo e.v. ogni 4-6 ore per 48 ore, poi 1 mg a bolo e.v. ogni 4-6 ore fino al 5° giorno • Somatostatina: o a dosaggio standard: 250µg a bolo seguiti da 250 µg/h e.v. per 5 giorni o alte dosi: 250µg a bolo, ripetuto fino a 3 volte nella prima ora, seguiti da 500 µg/h e.v. (in caso di emorragia refrattaria). La profilassi delle infezioni batteriche (peritonite batterica spontanea, infezioni urinarie, polmoniti) con antibiotici somministrati precocemente, si è dimostrata efficace nel ridurre il rischio di recidiva del sanguinamento e la mortalità. La profilassi deve essere proseguita per sette giorni10, 11: • Norfloxacina orale (400 mg, due volte al giorno) o ciprofloxacina e.v. (se non è possibile la somministrazione orale) sono gli antibiotici di scelta10, 11 28 • In pazienti con cirrosi avanzata il ceftriaxone (1 g e.v. al giorno) è preferibile, particolarmente nei centri ad alta prevalenza di organismi resistenti ai fluorochinolonici10, 11 . 4. MONITORAGGIO INTENSIVO/EGDS APPENA POSSIBILE/EGDS APPENA POSSIBILE E COMUNQUE ENTRO 12 ORE: l’EGDS deve essere eseguita appena possibile in tutti i pazienti con emorragia digestiva superiore varicosa, per confermare la diagnosi ed attuare il trattamento dell’emorragia mediante legatura (EVL) o scleroterapia delle varici10, 11. L’esame endoscopico deve essere eseguito subito dopo la stabilizzazione delle condizioni emodinamiche (fatto salvo il tempo necessario all’attivazione dell’equipe endoscopica ed all’approntamento della sala), in particolare nel paziente con persistente anormalità emodinamica e/o altri segni di sanguinamento attivo (ematemesi)12. L'allocuzione appena possibile, sta ad indicare pertanto in modo preciso che l'esame deve essere effettuato nel minor tempo possibile, nello specifico scenario clinico ed organizzativo. Il gruppo di lavoro ha convenuto che anche nei pazienti ab initio stabilmente normali dal punto di vista emodinamico l’esame sia eseguito appena possibile. L’intervallo riportato (12 ore) è quello espresso dalla letteratura12, 14 e rappresenta un limite massimo che dovrebbe essere comunque rispettato, a prescindere dal contesto in cui si opera. In attesa dell’esame, lo stato emodinamico di questi pazienti deve essere monitorato strettamente. Il trattamento endoscopico deve essere associato alla terapia farmacologica, da iniziarsi preferibilmente prima dell’endoscopia stessa12. 5. VARICI GASTRICHE: nelle emorragie da varici del fondo gastrico è preferibile il trattamento endoscopico con adesivi tissutali (es. butil-cianoacrilato o bucrilato, Glubran2®)12. Un’opzione alternativa è rappresentata dalla legatura endoscopica10, 11. Il TIPSS è indicato nei pazienti in cui l’emorragia da varici del fondo gastrico risulta incontrollabile o in caso di recidiva nonostante la terapia combinata farmacologica ed endoscopica10, 11. 6. LEGATURA/SCLEROTERAPIA: La diagnosi endoscopica di emorragia varicosa è definita dal riscontro (1) di sanguinamento da una varice esofagea, (2) dalla presenza di white nipple (segno endoscopico espressione certa del recente sanguinamento di una varice), (3) di un coagulo adeso ad una varice oppure (4) dalla presenza di varici in assenza di altre potenziali fonti emorragipare. La legatura rappresenta il trattamento endoscopico di scelta per l’emorragia da varici esofagee, sebbene la scleroterapia possa essere usata in regime di urgenza qualora la suddetta procedura risulti tecnicamente difficile da eseguire10, 11. 7. ARRESTO DELL’EMORRAGIA?: essendo il sanguinamento da varici esofagee spesso intermittente (40-50% di arresto spontaneo nel gruppo trattato con placebo nei trial clinici) è difficile ottenere conferma dell’efficacia del trattamento. Il mancato arresto del sanguinamento (failure of bleeding control) può essere definito, nelle prime 6 ore dopo il trattamento endoscopico da uno dei seguenti fattori: (1) necessità di trasfusione di≥ 4 UEC, (2) impossibilità di ottenere un incremento della PAS di 20 mmHg oppure una PAS di almeno 70 mmHg, (3) impossibilità di ottenere una riduzione della FC di 20 bpm rispetto all’esordio o impossibilità di ridurla al di sotto di 100 bpm. Oltre le 6 ore, il mancato arresto del sanguinamento può essere annunciato da uno dei seguenti fattori: (1) presenza di ematemesi, (2) riduzione della pressione arteriosa di 20 mmHg rispetto alla sesta ora, (3) aumento della frequenza cardiaca di 20 bpm rispetto alla sesta ora o in due singole consecutive rilevazioni, (4) necessità di trasfusione≥ 2 UEC per incrementare l’ematocrito oltre il 27% o il livello di Hb oltre i 9 g/dL12. 8. SENGSTAKEN-BLAKEMORE: la sonda di Sengstaken-Blakemore deve essere utilizzata come misura temporanea (massimo 24 ore) in pazienti con emorragia incontrollabile, in attesa di una terapia definitiva (TIPSS oppure terapia endoscopica)10, 11. 9. TIPSS: il TIPSS (transjugular intrahepatic portosystemic stent shunt) è indicato nei pazienti in cui l’emorragia da varici esofagee non può essere controllata o in cui l’emorragia recidiva nonostante la terapia combinata farmacologica ed endoscopica10, 11. La recidiva del sanguinamento dopo l’iniziale terapia combinata farmacologica ed endoscopica è gestita mediante un secondo tentativo endoscopico oppure mediante posizionamento di TIPSS12. 10. RECIDIVA DI SANGUINAMENTO?: la recidiva di sanguinamento, in particolare se precoce, è difficilmente distinguibile dal mancato arresto del sanguinamento stesso e secondo il consensus statement di Baveno IV, se verificatasi entro cinque giorni dall’inizio del trattamento rientra nel failure of bleeding control12. Per la definizione è sufficiente uno dei seguenti criteri: (1) ematemesi≥ 2 ore dopo l’inizio di uno specifico trattamento 29 farmacologico o endoscopico, (2) riduzione di 3 g/L del livello di Hb (riduzione di circa 9% dell’ematocrito), (3) decesso, (4) adjusted blood requirement index (ABRI)≥ 0.75 (ABRI= unità di emazie/[Ht finale- Ht iniziale + 0.01]). 11. PROSECUZIONE DELLA TERAPIA…/TERAPIA MEDICA ED ENDOSCOPICA: i pazienti cirrotici che sopravvivono ad un episodio di emorragia varicosa devono essere sottoposti a profilassi secondaria della recidiva10, 11. L’associazione di trattamento con beta-bloccanti non-selettivi e legatura endoscopica è la miglior opzione10, 11. I beta-bloccanti non-selettivi devono essere somministrati alla massima dose tollerata. La legatura endoscopica deve essere ripetuta ogni 2 settimane circa fino all’eradicazione; la prima EGDS di controllo va eseguita da uno a tre mesi dopo l’eradicazione e successivamente ogni sei-dodici mesi10, 11 . BIBLIOGRAFIA 1. G. D’Amico, R. de Franchis. Upper digestive bleeding in cirrhosis. Post-therapeutic outcome and prognostic indicators. Hepatology 2003; 38: 599-612. 2. N. Carbonell, A. Pauwels, L. Serfaty et al. Improved survival after variceal bleeding in patients with cirrhosis over the past two decades. Hepatology 2004; 40: 652-659. 3. R. Pough, I. Murray-lyon, J Dawson et al. Transection of the oesophagus for bleeding oesophageal varices. Br J Surg 1973; 60: 646-649. 4. P.S. Kamath, R.H. Wiesner, M. Malinchoc et al. A Model to predict survival in patients with end-stage liver disease. Hepatology 2001; 33: 464-70. 5. N. Chalasani, C. Kahi, F. Francois et al. Model for end-stage liver disease (MELD) for predicting mortality in patients with acute variceal bleeding. Hepatology 2002; 35: 12821284. 6. L. Amitrano, L.A. Guardascione , N. Bennato et al. MELD score and hepatocellular carcinoma identify patients at different risk of short-term mortality among cirrhotics bleeding from esophageal varices. J Hepatol 2005; 42: 820-825. 7. E. Cholongitas, G.V. Papatheodoridis, M. Vangewli et al. Systematic review: the model for end-stage liver disease – should it replace Child-Pugh’s classification for assessing prognosis in cirrhosis? Aliment Pharmacol Ther 2005; 22: 1079-1089. 8. J.G. Albrades, J. Bosch. The treatment of acute variceal bleeding. J Clin Gastroenterol 2007; 41: s312-s317. 9. F. Bendtsen, A. Krag, S. Moller. Treatment of acute variceal bleeding. Dig Liv Dis 2008; 40: 328-336. 10. G. Garcia-Tsao, A.J. Sanyal, N.D. Grace et al. Prevention and management of gastroesophageal varices and variceal hemorrhage in cirrhosis. AASLD practice guidelines. Hepatology 2007; 46(3): 922-938. 11. G. Garcia-Tsao, A.J. Sanyal, N.D. Grace et al. Prevention and management of gastroesophageal varices and variceal hemorrhage in cirrhosis. ACG practice guidelines. Am J Gastroenterol 2007; 102: 2086-2102. 12. R. de Franchis. Evolving Consensus in portal hypertension: Report of Baveno IV Consensus Workshop on methodology of diagnosis and therapy in portal hypertension. J Hepatol 2005; 43; 167-176. 13. ASGE Guideline: The role of endoscopy in the management of variceal hemorrhage, updated July 2005. Gastrointest Endosc 2005; 62:651-655. 14. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. A national clinical guidelines. Scottich Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) 2008. 15. OMED guidelines 2008: World Gastroenterology Organization practice guideline: Esophageal varices. 30 C. EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE INTRODUZIONE Il sanguinamento gastrointestinale viene classicamente suddiviso in superiore o inferiore qualora origini rispettivamente a monte o a valle del legamento di Treitz. Si parla di emorragia digestiva inferiore acuta se questa è improvvisa, di recente insorgenza (arbitrariamente meno di 3 giorni) e determina instabilità emodinamica, anemia e/o necessità di emotrasfusioni. Il presente documento concerne l’emorragia acuta originante dal tratto digestivo inferiore (colon e ileo terminale), eventualmente raggiungibile nel corso di una pancolonscopia. Le emorragie del tratto digiuno-ileale sono più rare, la gestione è ancora incompletamente definita e le conoscenze sulle tecniche endoscopiche (videocapsula ed enteroscopia) sono recenti ed in rapida evoluzione. EPIDEMIOLOGIA • 20% degli episodi di emorragia gastrointestinale acuta • Mortalità: 2-4% • Incidenza aumenta con l’età • 21 casi/100000 adulti negli USA CAUSE • Diverticoli 40% • Angiodisplasie 11% • Coliti (ischemiche, da radiazioni, IBD) 20% • Neoplasie 1-14% • Post-polipectomia 2-6% • Patologie anorettali 5-10% • Patologie piccolo intestino 5-10% INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO DEA Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione PCS Pancolonscopia VCE Enteroscopia con videocapsula FANS Farmaci antinfiammatori non steroidei IBD Inflammatory Bowel Disease (Malattia Infiammatoria Intestinale) EGDS Esofago-gastro-duodenoscopia (VEDI ALGORITMO NELLA PAGINA SUCCESSIVA) 31 ALGORITMO 1: EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE Paziente con sospetta emorragia digestiva inferiore nel DEA 1 Inquadramento emodinamico? 2 Instabile e/o anormale Escludere e trattare un sanguinamento digestivo superiore (anamnesi, SNG, EGDS) Stabile e normale Trattamento intensivo Inquadramento emodinamico? 3 Stabile e normale Instabile e/o anormale 4 PCS entro 48h o ambulatoriale PCS appena possibile e comunque entro 8h PCS entro 24h Fonte di sanguinamento Identificata? Si No 5 Si Arresto della emorragia? Si Sanguinamento persistente? No Monitoraggio, osservazione No Angio-TAC, arteriografia, embolizzazione Ripetizione PCS se incompleta, studio del piccolo intestino (VCE, enteroscopia). Nel frattempo: monitoraggio, osservazione 6 8 Arresto della emorragia? No Trattamento chirurgico Si 7 Monitoraggio, osservazione 32 COMMENTI ALL’ALGORITMO 1. PAZIENTE CON SOSPETTA EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE NEL DEA: le evidenze disponibili sulla valutazione e gestione del paziente con emorragia digestiva inferiore sono limitate. Non disponiamo di modelli predittivi o sistemi a punteggio (score) in grado di fornire stime del rischio in questi pazienti. Le poche evidenze scientifiche disponibili riguardano i seguenti fattori, associati ad un outcome negativo (sanguinamento incontrollabile e/o morte): età, instabilità emodinamica, comorbidità, terapia con aspirina o FANS, pazienti già ospedalizzati per altre cause. Vengono pertanto considerate indicazioni all’attivazione di un percorso diagnostico-terapeutico in urgenza: (1) l’età > di 60 anni, (2) l’instabilità emodinamica, (3) una rettorragia di rilevante entità, (4) l’assunzione di aspirina o FANS, (5) la presenza di significative comorbidità1. Informazioni rilevanti per la gestione successiva del paziente possono derivare dalla disamina delle notizie anamnestiche: recente colonscopia con polipectomia, Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (IBD), pregresse emorragie diverticolari1, 2. 2. ESCLUDERE E TRATTARE UN SANGUINAMENTO DIGESTIVO SUPERIORE: nel 1015% dei casi di rettorragia l’origine del sanguinamento è a livello del tratto gastrointestinale superiore. In particolare nei pazienti con storia di patologia del primo tratto digestivo o di emorragia grave associata ad anormalità emodinamica, può essere consigliabile eseguire preliminarmente un’EGDS2, 7. L’EGDS può essere inoltre indicata nel caso in cui la colonscopia risulti negativa. Alcuni autori consigliano il posizionamento preliminare di un SNG al fine di escludere la presenza di sangue nel tratto gastrointestinale superiore. La presenza di materiale ematico nel sondino naso gastrico è predittiva di emorragia prossimale al Treitz, ma deve essere ricordato che un aspirato negativo non esclude un emorragia superiore3, 4, 6, 7 3. ESECUZIONE DELLA PANCOLONSCOPIA: prima di eseguire la colonscopia è necessaria una preparazione intestinale che, pur richiedendo alcune ore, consente una migliore visualizzazione del viscere, aumentando la performance diagnostica e riducendo il rischio di complicanze. Viene consigliata una preparazione standard con polietilenglicole eventualmente (in caso di scarsa collaborazione del paziente e di necessità di ridurre i tempi) somministrabile attraverso un SNG3, 7. Alcuni autori non reputano sempre necessaria la preparazione in caso di sanguinamento post-polipectomia8. La colonscopia in urgenza è efficace nella diagnosi e nel trattamento ed è raccomandata entro 12-48 ore o appena possibile nel caso di pazienti con emodinamica alterata non responsivi al trattamento intensivo. L’accuratezza diagnostica della colonscopia in caso di sanguinamento inferiore è riportato variare fra il 69% e il 90%1, 7. 4. [PAZIENTE CON EMODINAMICA] INSTABILE E/O ANORMALE: nonostante la colonscopia resti l’esame di scelta in caso di sanguinamento gastrointestinale inferiore, nei rari casi di emorragia massiva associata ad instabilità/anormalità emodinamica, la situazione di emergenza può rendere difficile o impossibile la preparazione intestinale e l’esecuzione in condizioni ottimali della colonscopia. In questi casi l’angiografia con embolizzazione può assumere un ruolo diagnostico e terapeutico predominante2, 6, 7; la valutazione delle risorse disponibili nello specifico scenario clinico deve guidare la scelta di quale sia l’opzione più appropriata. 5. ARRESTO DELL’EMORRAGIA?: diverse opzioni di trattamento endoscopico, a seconda dell’etiologia, possono essere utilizzate per ottenere l’arresto del sanguinamento. Tali modalità si sono dimostrate particolarmente efficaci nel controllo del sanguinamento diverticolare ed in quello post-polipectomia1, 7. 6. ANGIO-TAC, ARTERIOGRAFIA, EMBOLIZZAZIONE: in caso di fallimento del trattamento endoscopico o di persistenza del sanguinamento dopo colonscopia che non abbia evidenziato fonti emorragiche, può essere indicato eseguire un’angiografia. Il potere diagnostico dell’angiografia mesenterica (eventualmente associata ad embolizzazione superselettiva) dipende dall’entità del sanguinamento (>1 mL/min) e pertanto risulta particolarmente elevato in caso di emorragia abbondante. L’angiografia trova indicazione anche in caso di indagini endoscopiche non diagnostiche o di recidiva. La sensibilità riportata è pari al 47%, con una specificità del 100%3, 4, 6, 7. L’angio-TC viene utilizzata nel caso in cui non sia disponibile l’opzione radiologica interventistica, come test di screening 33 nei pazienti da sottoporre ad angiografia, ed inoltre sta guadagnandosi un ruolo come metodica diagnostica complementare o in caso di fallimento delle altre9. 7. TRATTAMENTO CHIRURGICO: il ricorso alla chirurgia è da considerare in caso di insuccesso delle altre metodiche nei pazienti con sanguinamento persistente e può rappresentare un’opzione anche in caso di sanguinamento massivo. La localizzazione preoperatoria della sede emorragipara è importante per evitare un intervento estensivo1, 7. 8. RIPETIZIONE PCS SE INCOMPLETA, STUDIO DEL PICCOLO INTESTINO (VCE, ENTEROSCOPIA). NEL FRATTEMPO: MONITORAGGIO, OSSERVAZIONE: nel caso in cui il sanguinamento si sia arrestato e la colonscopia non abbia individuato la fonte emorragipara, è consigliato lo studio del piccolo intestino con videocapsula endoscopica o enteroscopia a singolo/doppio pallone o spirale2, 5, 7. BIBLIOGRAFIA 1. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. SIGN 2008. 2. L.M.W.K. Song and T.H.Baron. Endoscopic Management of Acute Lower Gastrointestinal Bleeding. Am J Gastroenterol 2008;103:1881-1887. 3. An annotated algorithmic approach to acute lower gastrointestinal bleeding. ASGE. Gastrointest Endosc 2001;Vol 53 (7): 859-863. 4. ASGE Guideline: the role of endoscopy in the patient with lower-GI bleeding. Gastrointest Endosc 2005;Vol 62 (5): 656-660. 5. J.J. Farrell, L.S. Friedman. Review article: the management of lower gastrointestinal bleeding. Aliment Pharmacol Ther 2005;21:1281-1298. 6. B.T. Green, D.C. Rockey. Lower Gastrointestinal Bleeding-Management. Gastroenterol Clin N Am 2005; 34: 665-678. 7. D. A. Edelman, C. Sugawa. Lower gastrointestinal bleeding: a review. Surg Endosc 2007 21: 514-520. 8. K. Saito, M. Inamori, K. Akimoto et al. Mangement of acute lower intestinal bleeding: what bowel preparation should be required for urgent colonoscopy? Hepatogastroenterology 2009;56:1331-1334. 9. H. Stunell, O. Buckley, I.D. Lyburn et al. The role of computerized tomography in the evaluation of gastrointestinal bleeding following negative or failed endoscopy: a review of current status. J Postgrad Med 2008; 54:126-134. 34 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO IN EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CAUSTICI 35 PREMESSA La letteratura internazionale non propone allo stato attuale evidenze scientifiche di alto livello riguardanti la gestione dei pazienti soggetti ad ingestione di un caustico. I principali documenti su cui si fondano le raccomandazioni che seguiranno sono stati prodotti da società scientifiche di ambito gastroenterologico nazionali: - La SIED (Società Italiana di Endoscopia Digestiva) ha pubblicato nel 2008 il documento: “Ingestione di sostanze caustiche: sintesi clinico-patologica e guida al management del paziente in acuto.” - La SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica) ha pubblicato nel 2008 il documento di consenso: “Consensus Statement sulle urgenze non emorragiche in età pediatrica”. INTRODUZIONE L’ingestione di sostanze caustiche configura situazioni di emergenza o urgenza coinvolgenti le competenze di diversi specialisti e necessitanti pertanto di un approccio multidisciplinare condiviso. Sono esposte al rischio sia la popolazione pediatrica che quella adulta, ma con sostanziali differenze fra queste nelle modalità di assunzione e di conseguenza nella presentazione clinica ed approccio alla gestione. Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute e relativi all’anno 2003, su 24363 ricoveri per avvelenamento acuto il 5.35% è stato causato dall’ingestione di caustici, con una mortalità del 1.5%, quasi esclusivamente rappresentata da soggetti adulti. INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO EGDS Esofagogastroduodenoscopia CAV Centro antiveleni RXT Radiografia del torace RXA Radiografia diretta dell’addome GGF Gastrographin TC Tomografia computerizzata Mdc Mezzo di contrasto DEA Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione OBI Osservazione breve intensiva PPI Inibitori della pompa protonica I CAUSTICI1 Le lesioni digestive da caustici sono provocate dall’ingestione di: • Acidi forti (pH≤ 2): ac. cloridrico (muriatico), ac. fluoridrico, ac. fosforico, ac. nitrico, ac. solforico (elementi di batterie, detergenti per WC, detergenti per metalli, antiruggine) • Alcali forti (pH≥ 12): ammoniaca, carbonato di sodio, idrossido di sodio, idrossido di potassio, ossido di calcio (detersivi per lavastoglie e per uso domestico) • Agenti ossidanti : ipoclorito di sodio (candeggina), permanganato di K, perossido di idrogeno. Il contatto col caustico può provocare intensa flogosi chimica a livello delle pareti dei visceri cavi. Gli acidi favoriscono la comparsa di necrosi coagulativa, per disidratazione, denaturazione delle proteine ed agglutinazione del citoplasma cellulare: ne consegue la formazione di escare necrotiche che possono limitare la progressione transmurale del danno. Gli alcali tendono ad una rapida penetrazione nei tessuti con necrosi colliquativa, a seguito della saponificazione della componente lipidica delle membrane cellulari e della denaturazione delle proteine, cui si associa trombosi dei vasi: ne consegue una rapida tendenza alla transmuralizzazione ed alla perforazione. Va poi considerato che alcune sostanze basiche sono caratterizzate da una evolutività fisiopatologica più lenta, con espressività completa del danno, dalle ulcere alla necrosi, che può procedere fino a 5-6 giorni dall’ingestione. Nella quasi totalità dei casi il danno è strettamente locale, limitato alla sede di contatto mucoso, ma alcune sostanze possono avere anche una tossicità sistemica come l’ac. fluoridrico e l’ac. fosforico, che sono in grado di chelare il calcio condizionando una grave ipocalcemia con conseguenti possibili gravi alterazioni del ritmo cardiaco fino alla fibrillazione ventricolare e danni neuromuscolari. 36 Oltre che dalle caratteristiche chimiche della sostanza ingerita il danno è condizionato da: • Stato fisico della sostanza ingerita: prodotti solidi, granulari o con maggiore viscosità, come sono generalmente gli alcali, aderiscono tenacemente alle mucose e provocano più facilmente danni a livello del cavo orale, faringe ed esofago prossimale. Gli acidi, che si presentano generalmente allo stato liquido, scorrono più velocemente e tendono a danneggiare maggiormente il cardias e lo stomaco. In pratica, a parità di concentrazione e di pH, la gravità della lesione aumenta con l’aumentare della viscosità del caustico ingerito. • Concentrazione: la normativa nazionale ed europea ha imposto un abbassamento della concentrazione dei caustici destinati all’uso domestico, con conseguente riduzione del loro potenziale lesivo. Tuttavia il persistere di comportamenti a rischio come il travaso di prodotti per impiego industriale in contenitori di uso quotidiano (bottiglie vuote di acqua minerale) o la disponibilità anche in ambiente domestico di solventi antiruggine, liquidi per batterie, pulitori di metallo, può favorire il contatto con sostanze ad alta concentrazione. • Modalità di assunzione: l’ingestione accidentale è tipica della quasi totalità dei casi pediatrici e di circa il 50% dei casi adulti. Le lesioni sono spesso meno gravi e limitate all’orofaringe perché il paziente tende ad interrompere la deglutizione e ad espellere la sostanza. Nell’ingestione volontaria, l’atto forzato della deglutizione determina passaggio di maggiore quantità di caustico e di conseguenza maggior gravità ed estensione delle lesioni. • Stato di ripienezza gastrica: la presenza di cibo può diluire la sostanza caustica e/o ridurne il contatto con la mucosa gastrica. 37 ALGORITMO 1: RIEPILOGO GESTIONE DELL’INGESTIONE DI CAUSTICI Sospetta ingestione di caustico Valutazione A-B-C Esami ematochimici Percorso rianimatorio 1 Valutazione tossicologica (Consulenza CAV) No 2 Normale dopo trattamento intensivo? Si Segni di shock? Si No Ingestione sospetta in paziente pediatrico asintomatico Ingestione accertata o paziente adulto o paziente sintomatico 3 5 Accidentale Volontaria Osservazione 6 Asintomatico Si Sintomi? No 6a 4 7 • Sintomatico • Grande quantità di caustico • Necessità di decontaminazio ne per tossicità sistemica NO EGDS • RXT+RXA • RX transito GGF • TC con mdc 8 6b 3 No Perforazione? 9 EGDS entro 12-24 ore EGDS appena possibile Si 10 6a Chirurgia Stadiazione di Zargar? 11 Grado 1 Grado 2a 12 Grado 2b 13 Grado 3a 13 Guarigione senza sequele Possibili complicanze (stenosi) Alto rischio di complicanze (emorragia, perforazione, stenosi) Ricovero breve Ricovero in ambiente medico Ricovero in ambiente subintensivo o intensivo Persistenza dei sintomi a 2-3 settimane? No Grado 3b 14 15 Chirurgia Si Complicanze maggiori? 16 EGDS a 2-3 settimane Stenosi? Si Dilatazioni o chirurgia 38 COMMENTI AGLI ALGORITMI 1. VALUTAZIONE A-B-C/ESAMI EMATOCHIMICI: metodo di approccio al paziente tipico dell’emergenza-urgenza, con valutazione sequenziale di vie aeree (Airways), attività respiratoria (Breathing) e circolatoria (Circulation). Alla valutazione segue il trattamento immediato di eventuali problemi immediatamente minacciosi per la sopravvivenza. L’obiettivo di questo metodo è normalizzare i parametri vitali (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, saturazione periferica di O2 dell’emoglobina) e mantenerli stabili nel tempo. Per quanto riguarda gli esami ematochimici: una leucocitosi neutrofila (in particolare se> 2x104/ml) entro le prime 12 ore dall’ingestione sembra essere un fattore prognostico negativo; l’ingestione di caustici può determinare quadri di acidosi metabolica, emolisi, coagulazione intravascolare disseminata (CID), insufficienza renale e insufficienza epatica2. 2. VALUTAZIONE TOSSICOLOGICA: CONSULENZA CENTRO ANTIVELENI (CAV): lo scopo è identificare la sostanza caustica e i fattori che ne possono determinare l’effetto tossico. Del prodotto ingerito sono importanti: il pH (da misurare con una cartina tornasole con spettro di pH da 0 a 14), il principio attivo, la concentrazione, lo stato fisico (solido o liquido), la viscosità (es. crema o gel), la quantità, la modalità di ingestione (accidentale o volontaria), l’eventuale tossicità sistemica. Altri dati anamnestici utili sono: la coassunzione di farmaci o altri prodotti in grado di aumentare la lesività del caustico, il tempo intercorso dall’ingestione, eventuali comorbidità del paziente1 3. INGESTIONE SOSPETTA IN PAZIENTE PEDIATRICO ASINTOMATICO/NO EGDS: la modalità di ingestione del caustico può condizionare la gravità delle lesioni e la decisione di sottoporre o meno il paziente ad indagine endoscopica. In età pediatrica, la quasi totalità delle ingestioni si verifica per cause accidentali.3 Le lesioni sono spesso meno gravi e limitate all’orofaringe perché il paziente tende ad interrompere la deglutizione ed espellere la sostanza. In presenza di assunzione dubbia, in paziente asintomatico di età pediatrica, molti autori sono concordi nel ritener adeguata un’osservazione di 24–36 ore, riservando l’esecuzione della EGDS ai casi che manifestano sintomi.3, 4, 5, 6, 7 In particolare lo studio osservazionale di Betalli e coll. su una popolazione pediatrica ha dimostrato che l’incidenza di lesioni di terzo grado in pazienti con sintomi lievi (lesioni orofaringee, vomito) è molto bassa e ha concluso che l’EGDS è obbligatoria solo nei pazienti sintomatici.5 Lo studio retrospettivo di Gupta e coll. non ha riscontrato lesioni significative nei pazienti asintomatici dopo ingestione accidentale di caustici.7 Va ricordato comunque che l’associazione fra presenza/assenza di sintomi e presenza/assenza di lesioni significative è messa in discussione dal risultato di alcuni studi8, 9, 10 e che pertanto la controversia circa la necessità di sottoporre ad EGDS tutti i pazienti che abbiano ingerito caustici resta aperta. Alla luce di questa considerazione appare raccomandabile che le decisioni sul singolo caso vengano prese al termine di una discussione del caso fra medico d’emergenza-urgenza ed endoscopista. 4. SINTOMI?: La modificazione del quadro clinico con comparsa dei sintomi durante l’osservazione, comporta l’esecuzione dell’indagine endoscopica. I segni e sintomi più frequenti nell’ingestione di caustici sono: dolore urente al cavo orale con iperemia, edema, erosioni o ulcere, scialorrea, faringodinia, odinofagia, disfagia, dolore retrosternale, pirosi, epigastralgia, dolore addominale con o senza peritonismo, vomito, eruttazioni, afonia, raucedine, stridore laringeo, alitosi di prodotto, ematemesi, dispnea da aspirazione. 5. INGESTIONE ACCERTATA O PAZIENTE ADULTO O PAZIENTE SINTOMATICO: tutti i pazienti con ingestione accertata sono candidati ad eseguire l’EGDS, così come i pazienti adulti con ingestione sospetta e i pazienti con ingestione sospetta o accertata che presentino sintomi compatibili. L’EGDS dovrebbe essere eseguita, di principio, il più precocemente possibile.2, 11, 12, 13, 14, 15 6. ACCIDENTALE/6a ASINTOMATICO/6b SINTOMATICO-GRANDE QUANTITA’ DI CAUSTICO-NECESSITA’ DI DECONTAMINAZIONE PER TOSSICITA’ SISTEMICA: l’indagine endoscopica può essere dilazionata solo quando l’ingestione accidentale non si accompagni a sintomi. Anche in questo caso è preferibile però eseguire l’EGDS entro le 12 ore e non oltre le 24 ore.3, 4, 5, 7 Oltre questo limite il rischio di complicanza jatrogena aumenta. Può essere giustificato dilazionare l'esecuzione della EGDS (sempre entro le 12- 24 ore) anche in casi selezionati, quali l'assunzione recente di cibo (rischio di ab ingestis) o quando il caustico ingerito è l'ipoclorito di sodio, che alla lenta espressività patogenetica, con tempo di latenza tra esposizione ed insorgenza delle lesioni1, unisce la peculiarità di poter essere contrastato da un antidoto (tiosolfato di sodio), efficace se somministrato entro 30' dall'ingestione, in dose uguale a quella di ipoclorito presumibilmente ingerita. (6b) Il paziente sintomatico o che abbia presumibilmente ingerito una ingente quantità di caustico segue lo stesso percorso dell’ingestione volontaria. Un recente studio italiano ha introdotto il concetto di assunzione accidentale-deliberata riferita a quei casi, frequenti anche in età pediatrica, in cui il paziente beve una abbondante sorsata scambiando per potabile un caustico travasato in un normale contenitore di acqua o altra bevanda. In questo caso, anche a paziente asintomatico, l’endoscopia è considerata obbligatoria.16 7. VOLONTARIA: Nell’adulto l’ingestione di caustici è volontaria e motivata da un intento autolesivo in una rilevante percentuale di casi, fino a oltre il 50% in alcune casistiche.17, 18, 19 In questi casi la quantità, generalmente maggiore, di caustico ingerito determina quadri clinici più severi e con maggior probabilità di conseguenze gravi o letali. 8. RADIOGRAFIA DEL TORACE+RADIOGRAFIA DELL’ADDOME DIRETTARADIOGRAFIA DEL TUBO DIGERENTE CON GASTROGRAPHIN-TC CON MEZZO DI CONTRASTO: hanno lo scopo di evidenziare i segni di perforazione (pneumomediastino, presenza di aria libera subdiaframmatica o spandimento del mezzo di contrasto dalla cavità viscerale). 9. PERFORAZIONE?: la presenza di segni e sintomi riferibili a perforazione viscerale addominale o mediastinica va sempre sospettata e ricercata nei pazienti che hanno ingerito un caustico a scopo suicida, che presentano anormalità/instabilità emodinamica o nel sospetto di ingestione di abbondanti volumi di caustico. La perforazione in atto rappresenta infatti l’unica controindicazione assoluta alla EGDS20 e rappresenta un’indicazione all’intervento chirurgico urgente.8, 14, 20, 21 In questi casi potrà essere utile eseguire l’endoscopia intraoperatoria per fornire al chirurgo importanti informazioni circa sede ed estensione delle lesioni.11, 21 10. EGDS APPENA POSSIBILE: la maggior parte degli autori è concorde circa la necessità di eseguire l’esame endoscopico il più presto possibile (e comunque entro 6 ore dall’ingestione): il razionale è quello di selezionare i pazienti da avviare alla terapia chirurgica d’urgenza, rispetto a quelli che possono essere trattati, almeno inizialmente, in modo conservativo.4, 21 L’EGDS precoce consente inoltre di eseguire la decontaminazione in caso di ingestione di caustico dotato di tossicità sistemica (la gastrolusi è controindicata, salvo nei casi a limitata tossicità locale ed elevata tossicità sistemica).1 La decontaminazione può essere indicata anche dopo ore dall’ingestione poichè alcuni caustici determinano spasmo pilorico e conseguente persistenza della sostanza nello stomaco anche a distanza di tempo. L’endoscopia nel soggetto causticato richiede assistenza anestesiologica e va eseguita in ambiente che consenta il monitoraggio continuo dei parametri vitali e all’occorrenza, l’effettuazione delle manovre rianimatorie. L’assistenza anestesiologica si rende necessaria per prevenire il danno da opposizione cosciente del paziente, consentire una esplorazione di durata adeguata e per evitare l’inalazione del caustico tramite l’intubazione oro-tracheale, se si sospetta l’ingestione di grandi quantità o nell’ambito di un quadro clinico severo che giustifica l’opportunità di assistenza respiratoria.11, 22 11. STADIAZIONE DI ZARGAR (Tab. 1): la classificazione delle lesioni deve essere affidabile, riproducibile, minimamente soggetta ad interpretazione soggettiva. Fra le varie classificazioni proposte dalla letteratura la classificazione di Zargar e coll.19, risponde ai requisiti ed essendo il riferimento della maggior parte degli studi, consente il confronto con i dati della letteratura internazionale. Altre classificazioni integrano il dato morfologico con dati funzionali relativi alla motilità e al tono degli sfinteri.17, 23 40 Tab. 1 Classificazione endoscopica delle lesioni secondo Zargar et al. 1992 Grado Tipo di lesione Grado 1 Edema e iperemia della mucosa Grado 2 2a Ulcere superficiali, erosioni, friabilità, essudati , emorragie, membrane biancastre 2b Grado 3 3a 3b Come grado 2 + ulcerazioni profonde discrete o interessanti la parete del viscere in modo circonferenziale Aree di necrosi piccole o disseminate Necrosi estesa 12. GRADO 1: i pazienti con lesioni endoscopiche di grado lieve (Grado 1) presentano generalmente un quadro clinico modesto o silente e tendono alla guarigione senza reliquati. In questi pazienti è prevedibile una ripresa precoce dell’alimentazione orale e la dimissione dopo pochi giorni di ricovero. Può essere indicato un controllo endoscopico a distanza di 2-3 settimane in caso di persistenza di sintomi. 13. GRADO 2a/2b: pazienti con lesioni di grado intermedio (Grado 2a e 2b) sono maggiormente esposti al rischio di possibili complicanze. In questi casi è indicato il ricovero in ambiente medico e (in caso di evoluzione clinica peggiorativa durante la degenza), può essere considerata l’eventualità di un “second look” endoscopico, rivalutando l’opportunità di avviare il paziente ad un percorso chirurgico.21 14. GRADO 3a: i pazienti con lesioni endoscopiche di Grado 3a presentano di norma un quadro clinico grave ed un alto rischio di complicanze4: in questi casi è opportuno il ricovero in ambiente semintensivo o intensivo. Può essere giustificato il ricorso alla chirurgia esplorativa (laparoscopia, mediastinoscopia, laparotomia).11 La comparsa di complicanze maggiori (emorragia, perforazione) rende necessario l’intervento chirurgico resettivo. 15. GRADO 3b: i pazienti con lesioni di Grado 3b (necrosi estesa) devono essere avviati tempestivamente al trattamento chirurgico per l’altissimo rischio di perforazione connaturato a questo tipo di lesioni. La perforazione viscerale gastrica o duodenale, ma soprattutto esofagea rappresenta il fattore maggiormente correlato alla mortalità precoce del paziente. In conclusione: “La perforazione deve essere prevista e non attesa”.11 16. EGDS A 2-3 SETTIMANE: mentre le lesioni di Grado 1 guariscono generalmente senza esiti, le lesioni di Grado 2 e 3 trattate conservativamente sono esposte ad un rischio crescente, in proporzione alla gravità, di sviluppare stenosi cicatriziale.20, 24 La stenosi si sviluppa a partire da 2 settimane dopo l’ingestione.4 Questi pazienti dovrebbero pertanto essere sottoposti ad EGDS di controllo a 2-3 settimane dall’evento acuto. In caso di stenosi il trattamento potrà essere endoscopico o chirurgico. 41 BIBLIOGRAFIA 1. Giampreti A, Vecchio S, Bigi S, Petrolini V, Locatelli C. L’ingestione di sostanze caustiche/corrosive dal punto di vista tossicologico: aspetti epidemiologici ed elementi diagnostico-terapeutici. Antidotes in Depth 2008 and chemical emergencies clinical and public health issues, Pavia maggio 2008. 2. Rigo GP, Camellini L, Azzolini F, Guazzetti S, Bedogni G, Merighi A et al. What is the utility of selected clinical and endoscopic parameters in predicting the risk of death after caustic ingestion? Endoscopy 2002;34(4):304-10. 3. AA.VV. Consensus statement sulle urgenze endoscopiche non emorragiche in età pediatrica . SIGENP – Progetto Airone . 2008 4. Cheng HT, Cheng CL, Lin CH. Caustic ingestion in adults: the role of endoscopic classification in predictingoutcome. BMC Gastroenterol 2008;8:31. 5. Betalli P, Falchetti D, Giuliani S, et al. Caustic ingestion in children: is endoscopy always indicated? The results of an Italian multicenter observational study Gastrointestinal Endoscopy. 2008;68:434–439. 6. Lamireau T, Rebouissoux L, Denis D, Lancelin F, Vergnes P, Fayon M. Accidental caustic ingestion in children: is endoscopy always mandatory? J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2001 Jul; 33 (1):81-4. 7. Gupta S, Croffie JM, Fitzgerald JF, et al. Is esophagogastroduodenoscopy necessary in all caustic ingestions? Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition. 2001;32:50–53 8. Gorman RL, Khin-Maung-Gyi MT, Klein-Schwartz W, Oderda GM, Benson B, Litovitz T et al. Initial symptoms as predictors of esophageal injury in alkaline corrosive ingestions. Am J Emerg Med 1992;10(3):189-94. 9. Previtera C, Giusti F, Guglielmi M. Predictive value of visible lesions (cheeks, lips, oropharynx) in suspected caustic ingestion: may endoscopy reasonably be omitted in completely negative pediatric patients? Pediatr Emerg Care. 1990;6(3):176-8. 10. Gaudreault P, Parent M, McGuigan MA, Chicoine L, Lovejoy FH Jr. Predictability of esophageal injury from signs and symptoms: a study of caustic ingestion in 378 children. Pediatrics 1983;71(5):767-70. 11. Rossi A. Management dell’ingestione di sostanze caustiche : percorso diagnosticoterapeutico 12. Grosso C. Ingestione di sostanze caustiche: inquadramento clinico ed endoscopia in urgenza nel paziente adulto. Giorn Ital End Dig, 2004;27:45-53. 13. Rossi A. Ingestione di sostanze caustiche: come affrontarla nella attuale realtà sanitaria? Giorn Ital End Dig, 2004;27:9-13. 14. Andreoni B, Marini A, Gavinelli M et al. Emergency management of caustic ingestion in adults. Surg Today 1995:25(2):119-24. 15. Poley JW, Steverberg EV, Kuipers EJ et al. Ingestion of acid and alkaline agents: outcame and prognostic value of early upper endoscopy. Gastrointest Endosc 2004 Sep;60(3):372-7 16. Betalli P, Rossi A, Bini M et al. Update on management of caustic and foreign body ingestion in children. Diagn Ther Endosc. 2009: 969868. Published online 2009 November 8. 17. Rigo Gp et al (1979) Problemi diagnostici e terapeutici nelle gravi causticazioni del primo tratto del tubo digerente.7°Congresso SIED, Palermo: pp 1-8 18. Garcia Diaz E, Castro Fernàndez M, Romero Gòmez M, Castilla Higuero L. Upper gastrointestinal tract injury caused by ingestion of caustic substances Gastroenterol Hepatol 2001 Apr;24(4):191-5 19. Tohda G, Sugawa C, Gayer C, Chino A, McGuire TW, Lucas CE. Clinical evalutation and management of caustic iniury in the upper gastrointestinal tract in 95 adult patients in an urban medical ceter. Surg. Endosc. 2008 Apr;22(4):1119-25 Epub 2007 Oct 27 20. Zargar SA, Kochhar R, Mehta S, Mehta SK. The role of fiberoptic endoscopy in the management of corrosive ingestion and modified endoscopic classification of burns. Gastrointest Endosc. 1991;37(2):165-9. 21. Rossi A, Grosso C, Bini M, Zanasi G. Raccomandazioni SIED: “ Ingestione di sostanze caustiche: sintesi clinico-patologica e guida al management del paziente in acuto”. Febbraio 2008 42 22. Linee Guida della Federazione AIGO-SIED-SIGE. Lesioni da caustici del tratto digestivo superiore. A cura del consiglio direttivo SIED con la collaborazione di G. Rigo (novembre 1997) 23. Arcidiacono R., Rossi A., Grosso C. et al.: Proposal of a new endoscopic classification of lesions from caustic ingestion. Acta Endosc., (1992); 22(4): 413-418. 24. Zargar SA, Kochhar R, Nagi B, Mehta S, Mehta SK. Ingestion of strong corrosive alkalis: spectrum of injury to upper gastrointestinal tract and natural history. Am J Gastroenterol. 1992;87:337–41. 43 ALGORITMO 2: GESTIONE POST-ENDOSCOPICA DEL PAZIENTE CAUSTICATO EGDS Assenza di lesioni Lesioni di Grado 1 Lesioni di Grado 2 Lesioni di Grado 3 Dimissione dal DEA/OBI Ricovero breve in ambiente medico Ricovero in ambiente medico Ricovero in ambiente subintensivo o intensivo 2 1 3 5 Complicanze maggiori (emorragia, perforazione)? No Terapia sintomatica (alginati) Terapia medica (PPI, alginati) Terapia medica (antibiotica, PPI, cortisonici) Si Trattamento chirurgico Terapia medica (antibiotica, PPI) 4 6 COMMENTI ALL’ ALGORITMO 1. ASSENZA DI LESIONI/TERAPIA SINTOMATICA: se il paziente è asintomatico non necessita di alcun trattamento; se è sintomatico può eseguire trattamento con alginati. 2. LESIONI GRADO 1 – RICOVERO BREVE IN AMBIENTE MEDICO: il paziente può essere dimesso dopo un breve ricovero; si può alimentare precocemente; viene trattato con inibitori di pompa protonica e alginati. 3. LESIONI GRADO 2: è indicato il ricovero in ambiente medico per la possibile insorgenza di complicanze a breve termine. E’ neccessario prestare grande attenzione alla comparsa di: segni di sanguinamento, sepsi, acidosi metabolica, altri fattori prognosticamente sfavorevoli (leucocitosi, coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale o epatica). Il trattamento medico ha lo scopo di favorire la cicatrizzazione delle lesioni e di ridurre l’incidenza delle stenosi cicatriziali. Per mettere a riposo il viscere leso, viene temporaneamente sospesa l’alimentazione orale, sostituita dalla somministrazione di fluidi per via endovenosa o dalla nutrizione parenterale totale. 4. TERAPIA MEDICA: a. PPI/alginati: un reflusso gastroesageo è presente in circa l’80-100% dei pazienti con lesioni esofagee da caustici. In considerazione della apparente correlazione diretta tra reflusso gastroesofageo, acidità gastrica basale e severità delle lesioni esofagee, la terapia antisecretiva gastrica è raccomandata.1 In letteratura è riportato un unico studio randomizzato riguardante l’utilizzo di farmaci antisecretori nella prevenzione delle recidiva di stenosi di stent esofagei in pazienti soggetti a causticazione; in questo studio su una popolazione di 100 pazienti, il trattamento con omeprazolo 20 mg/die, ma non con ranitidina, per 12 mesi dopo l’ingestione, riduceva significativamente la necessità di rimpiazzo dello stent.2 L’omeprazolo è risultato efficace, in associazione con la vitamina 44 E, nel ridurre i segni istopatologici e biochimici di danno esofageo anche in uno studio sperimentale condotto su ratti.3 In un altro studio sperimentale sempre su ratti, anche il sucralfato è risultato efficace nel ridurre l’incidenza di stenosi esofagee e nell’accelerare la guarigione delle lesioni mucose.4 b. Cortisonici: nel 2006 è stata pubblicata una metanalisi riguardante l’efficacia degli steroidi versus trattamento non steroideo nel prevenire le stenosi esofagee nelle lesioni da caustici di grado 2. Tra gli altri lo studio includeva 2 trial randomizzati. Il tipo di steroide era diverso nei vari studi considerati (desametasone, prednisone, metilprednisolone, idrocortisone, etc) e la durata del trattamento variabile. Nonostante i limiti metodologici legati alla eterogeneità degli studi, i dati disponibili non dimostravano un’efficacia significativa degli steroidi nel prevenire le stenosi esofagee (12.3% vs 19%). In pratica, allo stato attuale, considerata l’assenza di sufficienti prove di efficacia del trattamento steroideo e tenendo presenti i rischi ad esso associati (infezioni in particolare), non è consigliabile l’uso routinario degli steroidi nelle lesioni esofagee da caustici.5 c. Antibiotici: non è consigliabile impiegarli a scopo profilattico in tutti i casi; in genere vengono utilizzati in associazione alla terapia steroidea, in considerazione dell’incremento del rischio di infezioni, o in caso di comparsa di segni di infezione. 5. RICOVERO IN AMBIENTE SUBINTENSIVO O INTENSIVO: i pazienti con lesioni endoscopiche di grado 3a presentano un quadro clinico grave e ad alto rischio di complicanze: è necessario pertanto il ricovero in ambiente subintensivo/intensivo. La comparsa di complicanze maggiori (in particolare emorragia o perforazione) impone il trattamento chirurgico. I pazienti con lesioni di grado 3b (necrosi estesa) vengono avviati direttamente al trattamento chirurgico. 6. TERAPIA MEDICA: rispetto alle lesioni di grado 2, nelle lesioni di grado 3 non è prevista la somministrazione di steroidi5, mentre può essere indicata la profilassi antibiotica. BIBLIOGRAFIA 1. Abakumov MM, Pinchuk TP, ll'iashenko LG. Is antisecretory therapy of patients with chemical burn of the esophagus mandatory? Khirurgiia (Mosk). 2007;(1):20-4. 2. Allakhverdian AS, Mazurin VS, Morozov SV, Isakov VA. Antisecretory therapy for prevention of stenoses of bougienage after-burn of esophageal strictures. Eksp Klin Gastroenterol. 2003;4:36-9. 3. Topaloglu B, Bicakci U, Tander B, Ariturk E, Kilicoglu-Aydin B, Aydin O et al. Biochemical and histopathologic effects of omeprazole and vitamin E in rats with corrosive esophageal burns. Pediatr Surg Int. 2008;24(5):555-60. 4. Temir ZG, Karkiner A, Karaca I, Ortaç R, Ozdamar A. The effectiveness of sucralfate against stricture formation in experimental corrosive esophageal burns. Surg Today. 2005;35(8):617-22. 5. Fulton JA, Hoffman RS. Steroids in second degree caustic burns of the esophagus. A systematic pooled analysis of fifty years of human data: 1956-2006. Clinical Toxicology 2007;45(4):402-408. 45 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO IN EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI 46 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELL’ESAME ENDOSCOPICO EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI DIGESTIVO IN INTRODUZIONE L’impatto di un corpo estraneo ingerito a livello del tratto digestivo superiore rappresenta una evenienza frequente. Nella maggioranza dei casi il corpo estraneo viene spontaneamente espulso, ma nel 10-20% dei casi si rende necessaria la sua asportazione endoscopica e in meno dell’1% dei casi l’asportazione chirurgica. L’ingestione è quasi sempre accidentale (oltre 90% dei casi) ad eccezione di pazienti con problematiche neuropsichiatriche o di categorie particolari come i carcerati. Particolarmente a rischio sono i bambini di età compresa fra 6 mesi e 6 anni, gli adulti con patologie neurologiche e gli anziani edentuli. Nei ragazzi e negli adulti collaboranti l’ingestione del corpo estraneo viene percepita con esattezza nel momento in cui avviene e viene riferita con precisione la natura del corpo estraneo; nei bambini piccoli e negli adulti con deficit cognitivi l’ingestione del corpo estraneo può rimanere misconosciuta anche per molti giorni. La gestione del paziente che ha ingerito un corpo estraneo è sempre multidisciplinare e richiede una attenta valutazione di ogni singolo caso. Non viene affrontato in questa sede il trattamento del corpo estraneo collocato in ampolla rettale in quanto questo è di prevalente pertinenza chirurgica. INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO CE Corpo estraneo RX Radiografia TC Tomografia Computerizzata PPI Inibitori della pompa protonica CAV Centro anti-veleni ANAMNESI Raccolta dai genitori, famigliari o direttamente dal paziente è mirata ad ottenere alcune informazioni essenziali: • Volontarietà o meno dell’ingestione (ad esempio spesso un carcerato ingerisce una lametta da barba dopo averla “protetta” con nastro adesivo o altro materiale • Natura del corpo estraneo (quando possibile è utile disporre di un oggetto uguale o simile, sul quale eseguire prove finalizzate alla scelta dell’accessorio più adatto al recupero) • Tempo intercorso dall’ingestione (una batteria a disco ingerita da oltre 48 ore ed ancora posizionata nello stomaco deve essere ad esempio prontamente rimossa) • Tempo intercorso dall’ultimo pasto (ad esempio, in uno stomaco pieno di ingesti è spesso impossibile visualizzare corpi estranei di dimensioni anche superiori ai 2 cm) • Patologie pre-esistenti (in particolare stenosi esofagee, precedenti interventi chirurgici che abbiano alterato l’anatomia del tubo digerente). ESAME OBIETTIVO Un corpo estraneo posizionato in esofago solitamente determina sintomi quali: disfagia, odinofagia, rifiuto del cibo, dolore al collo, gola o torace, scialorrea, tosse, striature ematiche della saliva. Sintomi quali ematemesi, dispnea, cianosi o segni quali crepitazioni o edema del collo configurano sempre situazioni di allarme. Un corpo estraneo posizionato nello stomaco è solitamente asintomatico, ma può determinare conati di vomito, anche ripetuti. Le eventuali complicanze, possono manifestarsi con diversi quadri clinici, in particolare mediastinite, peritonite, emorragia, avvelenamento. SEDAZIONE Nel caso di adulti collaboranti la procedura può essere condotta in sedazione conscia; nei bambini e negli adulti non collaboranti è necessaria l’assistenza anestesiologica in sala valutando l’opportunità della intubazione oro-tracheale. Quello che segue rappresenta l’algoritmo proposto per la gestione dei pazienti con ingestione delle più frequenti forme di corpo estraneo; casi particolari quali l’ingestione di magneti, corpi estranei contenenti piombo 47 o contenitori di stupefacenti sono stati trattati separatamente. I numeri presenti sull’algoritmo rimandano a specifici commenti. 48 ALGORITMO 1: INDICAZIONI ALL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO IN EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI Anamnesi e/o esame obiettivo compatibili con ingestione di CE RX del collo, torace, addome 1 CE in esofago ATTENZIONE: nei rari casi di pazienti sintomatici con CE nello stomaco, i tempi e le modalità della rimozione dovranno essere definiti caso per caso CE oltre l’esofago 2 Rimozione endoscopica appena possibile CE smusso < 2.5-3 cm CE allungato • Adulto 6-10 cm • Neonato 2-3 cm • Bambino 3-5 cm CE vulnerante Batterie 4 Stilo-corazzate Nello stomaco • RX settimanale • Rimuovere se non progredisce dopo 3-4 settimane Nello stomaco: rimuovere dopo circa 6 ore (tempo utile per svuotamento gastrico) Nello stomaco: rimuovere dopo circa 6 ore (tempo utile per svuotamento gastrico) Oltre lo stomaco • RX settimanale • Rimuovere se non progredisce per 1 settimana Oltre lo stomaco • RX giornaliero • Rimuovere se non progredisce per 3 giorni A disco/bottone Come CE smusso 3 Oltre lo stomaco • RX settimanale • Rimuovere se non progredisce per 1 settimana Nello stomaco: rimuovere dopo circa 6 ore (tempo utile per svuotamento gastrico) Oltre lo stomaco • RX ogni 3-4 giorni 49 COMMENTI ALL’ALGORITMO 1. RX DEL COLLO, TORACE, ADDOME1, 2, 3: consentono la precisa localizzazione di corpi estranei radio-opachi, forniscono indicazioni sul grado di ripienezza gastrica, mostrano l’eventuale presenza di aria libera nel collo-mediastino-addome. Nel caso di corpi estranei radiotrasparenti non è opportuno ricorrere a studi radiografici con mezzi di contrasto per confermarne la presenza e localizzazione ed è preferibile procedere direttamente all’esame endoscopico. Le radiografie devono essere effettuate nei trenta minuti che precedono l’esame endoscopico al fine di ridurre al minimo la possibilità che il corpo estraneo progredisca oltre la seconda porzione duodenale. Nel caso di sospetto clinico-radiologico di perforazione è indicata l’esecuzione di una TC. 2. CE IN ESOFAGO1, 2, 3, 4: la presenza di un corpo estraneo in esofago, qualunque sia la sua natura, rappresenta un’urgenza indipendentemente dallo stato di ripienezza gastrica. Tuttavia, nel caso di piccoli oggetti smussi (es. monete o sfere) in un paziente completamente asintomatico, è accettabile una osservazione fino ad un massimo di 24 ore, data la probabilità di un passaggio spontaneo nello stomaco. 3. NELLO STOMACO [RX SETTIMANALE; RIMUOVERE SE NON PROGREDISCE DOPO 34 SETTIMANE]1, 2, 3, 4: il paziente viene dimesso col consiglio di ripresentarsi prontamente al DEA in caso di comparsa di vomito alimentare; la dieta è libera; la somministrazione di soluzioni di macrogol (es. SELG®) può favorire l’espulsione del corpo estraneo, una volta che questo sia transitato oltre il piloro. La rimozione entro poche ore dall’ingestione può essere indicata qualora siano note condizioni anatomiche in grado di ostacolare l’eliminazione del corpo estraneo: stenosi, malattia di Crohn diffusa ecc. 4. BATTERIE1, 2, 3, 4: la somministrazione di PPI, anche se non supportata da evidenze di qualità elevata, è giustificata in caso di batterie localizzate nello stomaco, in quanto l’ambiente acido favorisce la corrosione della batteria. SITUAZIONI PARTICOLARI Ingestione di magneti1 L’ingestione di un magnete singolo viene gestita in base alla sua forma, dimensione e sede nel tubo digerente. L’ingestione di magneti multipli può causare gravi danni (perforazioni, necrosi, emorragie, occlusioni) a causa dell’adesione fra i magneti stessi e della conseguente compressione di anse intestinali interposte. Si raccomanda pertanto in questi casi di: - rimuovere rapidamente tutti i magneti ingeriti presenti nello stomaco - ricovero del paziente e stretto monitoraggio clinico e radiologico dei magneti transitati oltre il duodeno - rapido consulto chirurgico in caso di sintomi di allarme Corpi estranei contenenti piombo1 Dato il rischio di grave tossicità si raccomanda: - rapida rimozione endoscopica - determinazione basale della piombemia - somministrazione di PPI e.v. al fine di rallentare la liberazione di piombo a livello gastrico - eventuale terapia chelante, sulla scorta delle indicazioni fornite dal CAV Corpi estranei contenenti stupefacenti – “narcotic packets” 2, 6, 7 Questo genere di CE non dovrebbe in genere essere rimosso endoscopicamente per l’elevato rischio di rottura o danneggiamento del contenitore, con conseguente tossicità acuta sistemica legata alla sostanza stupefacente. Assunzione di grande quantita’ di farmaci in pillole o compresse5 In questi casi è raccomandato rivolgersi al CAV di riferimento e seguirne le indicazioni. A volte le compresse si compattano fra loro condizionando una riduzione dell’assorbimento del farmaco; la loro rimozione endoscopica può quindi ridurre la tossicità. 50 BIBLIOGRAFIA 1. Consensus statement sulle urgenze endoscopiche non emorragiche in età pediatrica. SIGENP 2008. 2. ASGE. Guideline for the management of ingested foreign bodies. Gastrointest Endosc 2002; 55 (7): 802-806. 3. Raccomandazioni SIED: rimozione endoscopica dei corpi estranei. 2008 4. UpTodate: “Button battery ingestion” – “ Foreign bodies of the esophagus and gastrointestinal tract in children” – “Foreign bodies in the esophagus in adults”. 2009 5. Kupferschmidt, H. Place for Endoscopy in Gastrointestinal Decontamination. Clinical Toxicology 2007; 45 (4): 356-357. 6. Veyrie N, Servajean S, Aissat A, Corigliano N, Angelakov C, Bouillot JL. Value of a Systematic Operative Protocol for Cocaine Body Packers. World J Surg 2008; 32 (7):1432-7 7. Quaglio G, Lugoboni F, Mezzelani P. La sindrome dei Body Packer e dei Body Stuffer. Boll. Farmacodip. E Alcoolis. XXIV (2) 2001. 51 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELLA ERCP IN EMERGENZA-URGENZA 52 INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELLA ERCP IN EMERGENZA E URGENZA INTRODUZIONE Gli ultimi 30 anni hanno visto sviluppi fondamentali nella gestione della calcolosi biliare e delle sue complicanze, patologie caratterizzate nell’insieme da elevatissimo costo sociale (nei soli USA, 6 miliardi di dollari l’anno). La Colangiopancreatografia Endoscopica Retrograda (ERCP) è una procedura ormai ampiamente disponibile nella routine diagnostica e nel trattamento di queste condizioni. Nell’ultimo decennio essa è stata affiancata da nuove tecniche d’immagine come l’ecografia endoscopica (EUS), in grado di offrire la possibilità di visualizzare accuratamente l’albero biliare senza la necessità di incannularlo, abbattendo in tal modo il rischio di complicanze. Ciò ha condotto ad una graduale riduzione delle indicazioni diagnostiche della ERCP, che tuttavia mantiene un ruolo chiave nel trattamento di alcune condizioni. Il presente capitolo ha la finalità di fornire raccomandazioni circa l’impiego della ERCP in emergenza-urgenza nelle due principali complicanze acute della calcolosi della via biliare principale: pancreatite acuta biliare e colangite acuta. Di seguito vengono esposti gli algoritmi riassuntivi seguiti dai commenti esplicativi. Le varie caselle degli algoritmi sono facilmente correlabili ai relativi commenti tramite la numerazione di rimando. All’interno degli algoritmi, i tempi di esecuzione raccomandati per l’esame endoscopico fanno riferimento come tempo “zero” all’esordio dei sintomi. INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO ERCP PA OVBP EUS SE TC BISAP APACHE SIRS VBP RMN CBDS Endoscopic Retrograde Cholangiopancreatography Pancreatite acuta Ostruzione della via biliare principale Endoscopic ultrasonography (ecoendoscopia) Sfinterotomia endoscopica Tomografia computerizzata Bedside index of severity in acute pancreatitis Acute physiology and chronic health examination Systemic Inflammatory Response Syndrome Via biliare principale Risonanza magnetica nucleare Common bile duct stones (litiasi della via biliare principale) 53 ALGORITMO 1: ERCP NELLA PANCREATITE ACUTA GRAVE Pancreatite acuta 1 Biliare? 2 Si Non grave Gravità? Algoritmo 2 3 Grave No Segni di OVBP? Colangite o sepsi? 4 5 Si EUS o colangiografiaRMN entro 24-48 ore No Si ERCP+SE appena possibile e comunque entro 24 ore ERCP+SE entro 48-72 ore 7 6 Litiasi della VBP? Si No No ERCP urgente 8 54 7 ALGORITMO 2: ERCP NELLA PANCREATITE ACUTA NON GRAVE Pancreatite acuta 1 Biliare? 2 Si Gravità? Grave Algoritmo 1 3 Non Grave No Segni di OVBP? Colangite o sepsi? 4 5 Si No ERCP urgente EUS differibile 8 No Si ERCP+SE entro 48-72 ore 7 ERCP+SE appena possibile e comunque entro 24 ore 7 55 ALGORITMO 3: ERCP NELLA COLANGITE ACUTA (SU LITIASI DELLA VIA BILIARE PRINCIPALE) NON ASSOCIATA A PANCREATITE Colangite acuta 4 Inizio terapia medica Grave? (Grado III) Vedi Tab. 3 No Si 9 Risposta alla terapia a 24 ore? ERCP+SE appena possibile e comunque entro 24 ore Si (Grado I) No (Grado II) ERCP+SE entro 48-72 ore COMMENTI AGLI ALGORITMI 1. PANCREATITE ACUTA: la diagnosi di PA dovrebbe essere conseguita entro 48 ore dal momento dell’accesso all’ospedale e basarsi sull’analisi delle informazioni cliniche (caratteristiche del dolore, storia di colelitiasi, etilismo, etc.) e dei dati di laboratorio (in particolare i livelli di amilasi e lipasi sieriche, incrementati di almeno tre volte il livello massimo normale). Il sospetto clinico dovrebbe essere confermato mediante studi d’immagine, in particolare l’ecografia addominale e/o la TC dell’addome con mezzo di contrasto venoso (tenendo presente che se quest’ultimo esame viene effettuato prima di 72 ore potrebbe sottostimare in modo sostanziale l’entità della necrosi) 1, 2. 2. [pancreatite acuta] BILIARE?: nel mondo occidentale le malattie del tratto biliare e l’alcoolismo sono responsabili della maggior parte dei casi di PA. In Italia le patologie biliari sono responsabili nel 69.3% dei casi1. La PA biliare è causata per lo più da calcoli che migrando attraverso la via biliare principale si incuneano a livello dello sfintere di Oddi3, ostruendo la via biliare stessa e i dotti pancreatici. Il sospetto clinico di PA biliare dovrebbe essere evocato dall’analisi dei dati anamnestici (es. storia di colelitiasi, precedenti episodi di PA biliare, assenza di altre possibili cause di PA), obiettivi (ittero) e di laboratorio (elevazione di transaminasi, fosfatasi alcalina, bilirubinemia). L’ecografia transaddominale dovrebbe essere eseguita il prima possibile alla ricerca di calcoli nella colecisti e/o dilatazione o calcoli della via biliare principale. Un recente position statement dell’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas1 ha riportato una sensibilità del 95% circa dell’ecografia addominale associata ad alterazioni bioumorali compatibili, nell’identificare le forme di PA a patogenesi biliare. 3. GRAVITA’?[pancreatite acuta]: i criteri standard per identificare un attacco grave di PA sono stati definiti nel corso di un simposio tenutosi ad Atlanta nel 1992 e vengono esemplificati nella Tab. 14. Numerosi autori hanno evidenziato recentemente il 56 4. 5. 6. 7. disomogeneo utilizzo dei Criteri di Atlanta ed evidenziato la necessità di un loro aggiornamento5. La valutazione clinica nelle prime 24 ore dalla presentazione, sebbene specifica, manca di sensibilità e deve pertanto essere supportata da strumenti decisionali che forniscano stime oggettive della gravità. Numerosi sistemi a punteggio (scores) per la stratificazione di gravità della pancreatite acuta sono stati proposti nel tempo, ma nessuno di questi si è dimostrato così affidabile da poter essere raccomandato con forza in alternativa agli altri. Lo score di riferimento proposto dalle principali linee guida internazionali nelle prime 24 ore dalla presentazione resta l’APACHE II (cut-off per pancreatite acuta grave≥ 8), il cui principale limite è rappresentato dalla complessità, solo in parte mitigata dall’ampia disponibilità di clinical calculators sul web (es.: http://www.mdcalc.com/apache-II-score-for-icu-mortality). Recenti studi di buona qualità hanno derivato retrospettivamente e validato a seguire in modo prospettico6, 7, 8 un nuovo punteggio (BISAP score: Bedside Index For Severity In Acute Pancreatitis), per la stratificazione del rischio dei pazienti con PA nelle prime 24 ore dalla presentazione. L’accuratezza prognostica di questo strumento è risultata paragonabile8 a quella di altri sistemi con cui è stato confrontato (APACHE II, Computed Tomography Severity Index, Ranson’s Score) e per la sua semplicità ed immediatezza, esso appare potenzialmente utile per l’impiego nello scenario spesso concitato del DEA (Tab. 2), in alternativa ad esempio al Ranson’s Score o al Glasgow Score, che offrono la miglior performance solo dopo le 24 ore. In ogni caso, la stratificazione iniziale di gravità della pancreatite acuta (predicted severity) dovrebbe fondarsi sull’impiego di un sistema a punti (APACHE II, eventualmente sostituito da uno score validato più maneggevole, nello scenario del DEA), abbinato ad una continua rivalutazione clinica, bioumorale e strumentale finalizzata in particolare alla precoce identificazione di complicanze sistemiche e locali (actual severity)30. COLANGITE [acuta] O SEPSI?: la colangite acuta è una condizione caratterizzata da infiammazione ed infezione nella via biliare; i principali elementi clinici utili alla diagnosi coincidono con la classica triade di Charcot: dolore a carico del quadrante addominale superiore destro, febbre (elevata) associata a brivido, ittero (iperbilirubinemia, alterazione di altri indici di colestasi). Lo sviluppo della colangite acuta richiede la presenza di: (1) ostruzione biliare, (2) proliferazione batterica nella bile. La causa più frequente di ostruzione biliare è rappresentata dalla coledocolitiasi. Per sepsi si intende la presenza di uno stato infiammatorio generalizzato dell’organismo (SIRS, vedi criteri diagnostici in Tab. 2) associato alla presenza (o al forte sospetto) di un’infezione. Si parla di sepsi grave quando a ciò si aggiunge una disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale e di shock settico quando sia presente anche una forma di ipotensione non responsiva ad un adeguato riempimento volemico25. SEGNI DI OVBP [ostruzione della via biliare principale]?: un ostruzione della VBP deve essere sospettata in presenza di compatibili elementi anamnestici, obiettivi (presenza di ittero), bioumorali (elevazione degli indici epatici di colestasi), strumentali (ecografia transaddominale o endoscopica, TC, RMN). EUS O COLANGIOGRAFIA-RMN ENTRO 24-48 ORE: l’ecografia endoscopica (endoscopic ultrasonography – EUS) è una tecnica non invasiva ormai diffusa per la visualizzazione delle vie biliari10. La sua accuratezza diagnostica11, semplicità, sicurezza ed i costi contenuti sono stati suggeriti già oltre dieci anni fa12 da Canto e coll.. Una recente revisione sistematica di Petrov e coll.13 ha mostrato come, in pazienti con sospetta coledocolitiasi, l’EUS consenta di evitare nei due terzi dei casi l’esecuzione della ERCP, riducendo in questo modo l’incidenza delle complicanze che inevitabilmente gravano su quest’ultima metodica. Le recenti linee guida della British Society of Gastroenterology10 sulla gestione della coledocolitiasi riportano che l’EUS, insieme alla colangiografia-RMN: “…are both recommended as being highly effective at confirming the presence of CBDS [common bile duct stones n.d.r.]…” e raccomandano che la scelta fra le due metodiche (EUS e colangiografia-RMN) sia fatta principalmente sulla base delle caratteristiche del paziente, dell’accessibilità ed esperienza locali. ERCP+SE ENTRO 48-72 ORE/APPENA POSSIBILE E COMUNQUE ENTRO 24 ORE: il ruolo della ERCP nella PA biliare appare oggi indebolito (sul versante diagnostico) alla luce della disponibilità di metodiche d’indagine altrettanto accurate ma meno invasive e gravate da un minor rischio di complicanze, in primis l’EUS (vedi punto 6 di questo algoritmo)13, 14, 15 . Numerosi studi primari e secondari hanno indagato negli ultimi anni indicazioni e timing 57 della ERCP nella pancreatite acuta biliare1, 9, 16, 17, 18, 19, 20, 21, fornendo risultati a supporto del suo impiego in caso di pancreatite acuta biliare associata ad ostruzione persistente della VBP (presenza di ittero, VBP dilatata, calcolo visibile nella VBP, alterazione degli indici bioumorali epatici persistenti a 48 ore dall’esordio dei sintomi) o a colangite acuta/sepsi biliare. Sebbene la questione del timing sia ancora dibattuta9, la maggioranza degli Autori è concorde nel raccomandare l’esecuzione della ERCP entro le 24 ore dall’esordio dei sintomi in caso di sepsi biliare o colangite acuta ed entro 48-72 ore dall’esordio dei sintomi quando l’indicazione è rappresentata da ostruzione persistente della VBP1, 9, 18, 19, 20, 22, 23. 8. NO ERCP URGENTE: l’indicazione alla ERCP urgente in caso di PA biliare grave (stimata o attuale) in assenza di colangite acuta/sepsi biliare o segni di persistente ostruzione della VBP è tuttora controversa1, 9, 16, 17, 18, 20, 23. Una revisione sistematica Cochrane24 ha dimostrato la riduzione significativa delle complicanze ma non della mortalità generale nei pazienti con PA biliare grave (stimata o attuale) trattati con ERCP+SE. La stessa revisione sistematica non ha evidenziato benefici né in termini di riduzione del tasso di complicanze né tantomeno in termini di riduzione del tasso di mortalità nei pazienti affetti da PA biliare di grado lieve. In questi casi l’indicazione deve pertanto essere valutata, considerando potenziali benefici e rischi della procedura, caso per caso e concordata fra medico d’urgenza ed endoscopista. 9. GRAVITA’? [colangite acuta non associata a pancreatite acuta]: Un set di criteri per la stratificazione della gravità nella colangite acuta e le inerenti implicazioni e ricadute di questo sulla scelta delle indagini e trattamenti successivi sono stati definiti, sulla base di una rigorosa revisione delle evidenze scientifiche disponibili al tempo, nelle Tokyo Guidelines for the management of acute cholangitis and cholecystitis26, 29 nel 2007. Il nostro gruppo di lavoro ritiene, in sostanziale aderenza con lo studio suddetto27, che i pazienti affetti da colangite acuta debbano essere in ogni caso sottoposti a drenaggio biliare endoscopico mediante ERCP+ES. L’inquadramento in differenti strati di gravità (vedi Tab. 3) può essere utile nel decidere il timing dell’intervento, almeno nelle forme lievi, ove lo stesso può ragionevolmente essere differito in assenza di peggioramento dello stato del paziente28 e nelle forme gravi, in cui vi è ampio consenso nel ritenere indicato un approccio in emergenza. Il gruppo di lavoro ha convenuto di raccomandare lo stesso approccio (in emergenza) anche nei pazienti con forme di moderata gravità (per definizione non responsive alla terapia medica). 58 Tab. 1 Criteri di Atlanta di gravità per la pancreatite acuta4 Criteri di gravità Definizioni Sistemi a punteggio (score systems) • Ranson • APACHE II ≥3 ≥8 Complicanze sistemiche o disfunzione d’organo • Respiratoria • Renale • Cardiovascolare • Emocoagulativa • • Emorragia gastrointestinale Alterazioni metaboliche PaO2< 60 mmHg (8kPa) Creatinina sierica> 2 mg/dL dopo il reintegro volemico PA< 90 mmHg dopo la fase di stabilizzazione Conta piastrinica< 100x109/L o fibrinogenemia< 1 g/L > 500 ml/24H • Calcemia sierica (corretta)< 7.5 mg/dL • Livelli sierici di lattato> 5 mmol/L Complicanze locali • Raccolta liquida acuta • Pseudocisti • Ascesso pancreatico • Necrosi pancreatica Si manifesta precocemente nella storia della PA e manca di capsula fibrosa Si manifesta dopo non meno di 4 settimane dall’esordio dei sintomi ed è dotata di capsula fibrosa Raccolta circoscritta di pus non contenente o contenente poco materiale necrotico pancreatico • Caratteristiche anatomopatologiche: aree delimitate o diffuse di pancreas non vitale che possono essere associate a necrosi del tessuto diposo peripancreatico • Aspetto TAC: area di parenchima non captante il mezzo di contrasto di diametro≥ 3 cm o interessante almeno 30% del tessuto pancreatico La presenza di uno qualunque dei criteri elencati configura una pancreatite acuta grave 59 Tab. 2 Componenti individuali del BISAP Score7 BUN> 25 mg/dL Alterazione dello stato mentale (Glasgow Coma Score< 15/15) SIRS • La SIRS viene definita come presenza di due o più dei seguenti criteri o Temperatura corporea< 36 o > 38°C. o Frequenza respiratoria> 20 atti/min o PaCO2< 32 mmHg o Frequenza cardiaca> 90 bpm o Leucociti< 4000 o > 12000/mm3 o > 10% di neutrofili immaturi Età> 60 anni Versamento pleurico agli studi d’immagine N.B.: viene assegnato un punto per ogni criterio presente (range variabile da un minimo di 0 ad un massimo di 5 punti). Un punteggio ≥3 comporta un incremento di mortalità di 10 volte rispetto al punteggio <3. BISAP: Bedside Index for Severity in Acute Pancreatitis. SIRS: Systemic Inflammatory Response Syndrome Tab. 3 Stratificazione di gravità della colangite acuta secondo le Tokyo Guidelines Gravità Risposta alla terapia medica iniziale Segni di disfunzione d’organo* Lieve (Grado I) Si No Moderata (Grado II) No No Grave (Grado III) No Si *Si intendono per “disfunzione d’organo”: (1) apparato cardiovascolare: ipotensione che richiede somministrazione di amine vasoattive (dopamina, dobutamina); (2) sistema nervoso: disturbi della coscienza; (3) sistema respiratorio: PaO2/FiO2< 300; (4) sistema uropoietico: creatinina sierica> 2 mg/dL; (5) fegato: INR> 1.5; (6) sistema emopoietico: conta piastrinica< 100.000/µL. 60 BIBLIOGRAFIA 1. Pezzilli R, Uomo G, Zerbi A et al. Diagnosis and treatment of acute pancreatitis: the positiom statement of the italian association for the study of the pancreas. Digestive and Liver Disease 2008 (40): 803-808 2. United Kingdom Working Party on Acute Pancreatitis. UK guidelines for the management of acute pancreatitis. Gut 2005 (54): 1-9 3. Tonsi A, Bacchion M, Crippa S et al. Acute pancreatitis at the beginning of the 21st century: the state of the art. World J Gastroenterol 2009 (15): 2945-2959 4. Bradley EL III. A clinically based classification system for acute pancreatitis. Summary of the International Symposium on Acute Pancreatitis, Atlanta, GA, Sept 11 through 13, 1992. Arch Surg 1993 (128): 586-590 5. Bollen T, van Santvoort H, Besselink M et al. The Atlanta classification of acute pancreatitis revisited. Br J Surg 2008 (95): 6-21 6. Wu B, Johannes R, Sun X et al. The early prediction of mortality in acute pancreatitis: a large population-based study. Gut 2008 (57): 1698-1703 7. Singh V, Wu B, Bollen T et al. A prospective evaluation of the bedside index for severity in acute pancreatitis score in assessing mortality and intermediate markers of severity in acute pancreatitis. Am J Gastroenterol 2009 (104): 966-971 8. Papachristou G, Muddana V, Yadav D et al. Comparison of BISAP, Ranson’s, APACHE-II, and CTSI scores in predicting organ failure, complications, and mortality in acute pancreatitis. Am J Gastroenterol advance online publication, 27 October 2009. 9. Orìa A, Cimmino D, Ocampo C et al. Early endoscopic intervention versus early conservative management in patients with acute gallstone pancreatitis and biliopancreatic obstruction. A randomized clinical trial. Ann Surg 2007 (245): 10-17 10. Williams EJ, Green J, Beckingham I et al. Guidelines on the management of common bile duct stones (CBDS). Gut 2008 (57): 1004-1021 11. US National Institutes of Health. NIH State-of-the-science statement on endoscopic retrograde cholangiopancreatography (ERCP) for diagnosis and therapy. NIH consensus and state-of-the-science statements. Volume 19, Number 1, January 14-16, 2002 12. Canto M, Chak A, Stellato T et al. Endoscopic ultrasonography versus cholangiography for the diagnosis of choledocolithiasis. Gastr Endosc 1998 (47): 439-448 13. Petrov M and Savides TJ. Systematic review of endoscopic ultrasonography versus endoscopic retrograde cholangiopancreatography for suspected choledocolithiasis. Br J Surg 2009 (96): 967-974 14. Materne R, Van Beers BE, Gigot JF et al. Extrahepatic biliry obstruction: magnetic resonance imaging compared with endoscopic ultrasonography. Endoscopy 2000 (32): 3-9 15. Liu CL, Lo CM, Chan JK et al. Detection of choledocolithiasis by EUS in acute pancreatitis: a prospective evaluation in 100 consecutive patients. Gastrointest Endosc 2001 (54): 325330 16. Uy MC, Daez ML, Sy P et al. Early ERCP in acute gallstone pancreatitis without cholangitis: a meta-analysis. JOP 2008 (10): 299-305 17. Petrov M, Santvoort H, Besselink M et al. Early endoscopic retrograde cholangiopancreatography versus conservative management in acute biliary pancreatitis without cholangitis: a meta-analysis of randomized trials. Ann Surg 2008 (247): 250-257 18. Santvoort H, Besselink M, Vries A et al. Early endoscopic retrograde cholangiopancreatography in predicted severe acute biliary pancreatitis: a prospective multicenter study. Ann Surg 2009 (250): 68-75 19. Acosta J, Katkhouda M, Debian K et al. Early ductal decompression versus conservative management for gallstone pancreatitis with ampullary obstruction: a prospective randomized clinical trial. Ann Surg 2006 (243): 33-40 20. Chair, clinical practice and economics committee of the American Gastroenterological Association. AGA institute medical position statement on acute pancreatitis. Gastroenterology 2007 (132): 2019-2021 21. Folsch U, Nitsche R, Ludtke R et al. Early ERCP and papillotomy compared with conservative treatment for acute biliary pancreatitis. N Engl J Med 1997 (336): 237-242 61 22. Kimura Y, Takada T, Kawarada Y et al. JPN guidelines for the management of acute pancreatitis: treatment of gallstone-induced acute pancreatitis. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2006 (13): 56-60 23. Chair, clinical practice and economics committee of the American Gastroenterological Association. AGA institute technical review on acute pancreatitis. Gastroenterology 2007 (132): 2022-2044 24. Ayub K, Slavin J, Imada R et al. Endoscopic retrograde cholangiopancreatography in gallstone-associated acute pancreatitis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2004, Issue 3. Art No.: CD003630. DOI: 10.1002/14651858.CD003630.pub2 25. Dellinger LP, Mitchell ML, Carlet JM et al. Surviving sepsis campaign: international guidelines for management of severe sepsis and septic shock: 2008. Crit Care Med 2008 Reprint. DOI: 10.1097/01.CCM.0000298158.12101.41 26. Takada T, Kawarada Y, Nimura Y et al. Background: Tokyo Guidelines for the management of acute cholangitis and cholecystitis. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 1-10 27. Miura F, Takada T, Kawarada Y et al. Flowcharts for the diagnosis and treatment of acute cholangitis and cholecystitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 27-34 28. Nagino M, Takada T, Kawarada Y et al. Methods and timing of biliary drainage for acute cholangitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 68-77 29. Wada K, Takada T, Kawarada Y et al. Diagnostic criteria and severity assessment of acute cholangitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 52-58 30. Gravante G, Garcea G, Ong SL et al. Prediction of mortality in acute pancreatitis: a systematic review of the published evidence. Pancreatology 2009 (9): 601-614 62