emergenze-urgenze endoscopiche: percorsi integrati fra pronto

Transcript

emergenze-urgenze endoscopiche: percorsi integrati fra pronto
AIGO-SIED-SIGE-SIMEU Sezioni regionali Emilia Romagna
Ver. 02.2010
EMERGENZE-URGENZE ENDOSCOPICHE:
PERCORSI INTEGRATI FRA PRONTO
SOCCORSO ED ENDOSCOPIA DIGESTIVA
1
LA NECESSITA’ DI UN PERCORSO
Le urgenze di pertinenza gastroenterologica-endoscopica rappresentano una problematica
rilevante in termini di incidenza, variabilità nei comportamenti professionali, impegno di risorse
umane, tecnologiche ed economiche. Solo una gestione appropriata delle varie fasi del
percorso, a partire dall’accesso del paziente al DEA, puo’ consentire di trasferire nella pratica
quotidiana l’efficacia che la letteratura attribuisce ai trattamenti endoscopici in specifici contesti
clinici. Da ciò la necessità di definire linee di comportamento comuni che consentano l‘efficace
integrazione di professionalità diverse come quella endoscopica digestiva e quella di medicina
d’emergenza-urgenza e quindi la decisione di costituire una task force regionale fra la
trisocietaria SIED-SIGE-AIGO e la SIMEU della regione Emilia Romagna.
OBIETTIVI E DESTINATARI
Obiettivo del presente documento è quello di fornire raccomandazioni chiare, condivise e
basate sulle migliori evidenze scientifiche disponibili riguardo alla gestione del paziente che si
presenta al DEA esibendo una condizione clinica in cui l’esecuzione di un esame endoscopico
sul tratto digestivo in emergenza o urgenza assume un ruolo determinante per la diagnosi e/o
il trattamento. Il documento si rivolge ai medici d’emergenza-urgenza ed agli endoscopisti
digestivi operanti sul territorio della regione Emilia Romagna.
GRUPPO DI LAVORO MULTIDISCIPLINARE INTERSOCIETARIO REGIONALE EMILIA
ROMAGNA (GLIM)
Il gruppo di lavoro intersocietario è stato costituito e si è incontrato la prima volta nell’estate
2009. Esso rappresenta i gruppi regionali emiliano-romagnoli delle seguenti Società:
AIGO – Associaz. Italiana Gastroenterologi Endoscopisti Digestivi Ospedalieri
SIED – Società Italiana di Endoscopia Digestiva
SIGE – Società Italiana di Gastroenterologia
SIMEU – Società Italiana di Medicina d’Emergenza e Urgenza
ed è così composto:
Mario Cavalli (Dir. Presidio e DEA Nuovo Ospedale Civile S.Agostino-Estense Modena)
Stefano De Pietri (DEA Provinciale Reggio Emilia – Coordinatore del gruppo per SIMEU)
Mauro Giovanardi (U.O. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva AUSL Rimini)
Mauro Manno (U.O. Gastroent. Endosc. Digest. Nuovo Osp. Civile S.Agostino-Estense Modena)
Cristina Martuzzi (DEA Ospedale S. Maria delle Croci Ravenna)
Antonfranco Mereu (DEA Provinciale Reggio Emilia)
Alberto Merighi (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena)
Romano Sassatelli (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia –
Coordinatore del gruppo per AIGO, SIED, SIGE)
Omero Triossi (U.O. Endosc. Digestiva Ospedale S.Maria delle Croci Ravenna)
Andrea Vercelli (DEA Ospedale Civile di Piacenza)
METODOLOGIA DI LAVORO
Nel primo incontro del GLIM, svoltosi nell’estate 2009, sono stati definite le finalità, condiviso il
metodo di lavoro e pianificate le fasi successive: (1) revisione sistematica della letteratura
rilevante; (2) condivisione e valutazione critica degli studi reperiti mediante la realizzazione di
un forum accessibile con password a tutti i membri del gruppo di lavoro ed ospitato sul sito
web dell’Azienda Ospedaliera S.Maria Nuova di Reggio Emilia; (3) scomposizione del percorso
in macroaree (emorragia digestiva, ingestione di corpi estranei, ingestione di caustici, impiego
in urgenza dell’ERCP, identificazione di indicatori e progettazione dell’audit clinico) e
suddivisione su tale base del lavoro fra i membri del gruppo; (4) integrazione ed adattamento
delle bozze realizzate, mediante ulteriori ricerche bibliografiche mirate e raggiungimento di un
consenso informale nel corso di tre ulteriori riunioni collegiali del GLIM; (5) progressiva
“raffinazione” delle bozze e successivo loro “assemblaggio” nel documento finale; (6)
presentazione ufficiale del percorso in occasione di un convegno organizzato ad hoc nel mese
di febbraio 2010; (7) implementazione e consensuale inizio dell’attività di auditing; (8)
2
aggiornamento periodico, ogni due anni o prima nel caso in cui l’emergere di nuove evidenze
scientifiche lo giustifichi.
REVISIONE SISTEMATICA E VALUTAZIONE DELLA LETTERATURA RILEVANTE
Sono state interrogate le seguenti banche dati di studi secondari: NGC, CMA Infobase, NZGG,
NLH Guidelines finder, SIGN, NICE, Cochrane Library; come banca dati generale ci si è avvalsi
di Medline, attraverso l’interfaccia Pubmed. Fra i motori di ricerca web generali abbiamo scelto
di avvalerci di Google ed in particolare del nuovo strumento Scholar, accessibile gratuitamente.
Le “stringhe” utilizzate per le singole ricerche bibliografiche su Medline sono disponibili su
richiesta tramite e-mail ([email protected]) e non vengono riportate in questa sede
per ragioni di brevità. Le linee guida, laddove disponibili, sono state valutate in base ai criteri
proposti nello strumento AGREE (Appraisal of Guidelines for Research and Evaluation).
Il GLIM ha tenuto conto del Documento SIED 2007: “La gestione delle emergenze-urgenze in
endoscopia digestiva”, il quale ha rappresentato un’importante base e guida durante tutto il
processo di lavorazione.
FORMATO DEL DOCUMENTO
Il GLIM ha convenuto di adottare come formato del presente documento di percorso quello
dell’algoritmo commentato. Le raccomandazioni sono sintetizzate in forma di algoritmi con
caselle corredate da numeri che rimandano a specifici commenti esplicativi. Il formato suddetto
presenta il principale vantaggio di prestarsi a diverse chiavi di lettura: in particolare, il
professionista può limitarsi a consultare l’algoritmo per rivedere rapidamente le varie fasi del
percorso, oppure può dedicarsi alla una lettura più approfondita comprendente l’esame dei
commenti. La prima modalità di consultazione rende il documento adatto all’impiego come
quick reference guide al letto del malato, la seconda lo pone come riferimento anche per chi
desideri approfondire le proprie conoscenze su specifici aspetti del percorso.
CONFLITTI D’INTERESSE
I membri del gruppo di lavoro che hanno partecipato alla stesura del documento negano
situazioni personali di conflitto d’interesse che possano aver influenzato l’indipendenza del loro
contributo. Il supporto economico nell’organizzazione del meeting di presentazione proviene
dalle Società Scientifiche committenti ed in parte dall’Azienda Ospedaliera S. Maria Nuova di
Reggio Emilia (Osservatorio Ricerca ed Innovazione Aziendale e Dipartimento EmergenzaUrgenza). Le opinioni ed interessi di queste istituzioni non hanno in alcun modo influenzato il
contenuto delle raccomandazioni.
RINGRAZIAMENTI
Il gruppo di lavoro sulle emergenze e urgenze endoscopiche ringrazia per il contributo offerto
nella produzione del presente documento:
Giuliano Bedogni (Direttore U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia),
Valentina Boarino (UO Endoscopia Digestiva Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena), Lorenzo
Camellini (U.O. Endoscopia Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Alessandra
Colantoni (DEA Az. Osp.-Univ. Policlinico di Modena), Rita Conigliaro (Direttore U.O. Gastroent.
Endosc. Digest. Nuovo Osp. Civile S.Agostino-Estense Modena), Viola Damen (Responsabile
Sistema Qualità AUSL Modena), Salvatore De Franco (Direttore Servizio Formazione
Innovazione Clinica e Biblioteca Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Silvio Di Tella
(Direzione Presidio Ospedaliero Provinciale AUSL Modena), Debora Formisano (Direzione
Presidio Ospedaliero Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Annarita Guglielmi (Centro
Formazione ECM Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Veronica Iori (U.O. Endoscopia
Digestiva Az. Osp. S. Maria Nuova Reggio Emilia), Maria Pazzaglia (Direttore DEA Ospedale S.
Maria delle Croci Ravenna), Lidia Scalabrini (Area Comunicazione Aziendale Az. Osp. S. Maria
Nuova Reggio Emilia).
Un ringraziamento particolare va ad Anna Maria Ferrari, Direttore del DEA provinciale di Reggio
Emilia, per il prezioso e paziente sostegno scientifico ed umano offerto durante la stesura del
documento.
3
INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE
DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO
IN EMERGENZA-URGENZA
NELL’EMORRAGIA DIGESTIVA
4
INTRODUZIONE
L’emorragia digestiva rappresenta una problematica di frequentissimo riscontro nella pratica
medica di emergenza-urgenza in tutto il mondo occidentale, giustifica un numero elevatissimo
di ricoveri ospedalieri ed è gravata da un’alta mortalità. Negli ultimi anni gli avanzamenti in
questo campo sono stati numerosi ed importanti, sia sotto il profilo diagnostico che
terapeutico. In particolare le modalità di trattamento intensivo pre-endoscopico del paziente
critico, il progresso delle tecniche diagnostiche e terapeutiche endoscopiche, l’avvento della
radiologia interventistica, l’utilizzo di farmaci antiulcerosi potenti ed efficaci, il ricorso selettivo
ad approcci chirurgici meno invasivi, hanno insieme contribuito a migliorare il percorso
diagnostico ed il trattamento dei pazienti con sanguinamento digestivo superiore) ed inferiore.
Recentemente è stata proposta una classificazione in base alla quale vengono definite superiori
le emorragie originanti a monte della papilla del Vater, medie quelle originanti dalla papilla di
Vater all’ileo terminale, inferiori quelle originanti dall’ileo terminale al retto. Nella stesura di
questo documento abbiamo tuttavia classicamente suddiviso le emorragie digestive in superiori
ed inferiori in base all’origine del sanguinamento da una sede prossimale o distale al
legamento di Treitz. Le emorragia digestive superiori sono poi state ulteriormente classificate
in non varicose e varicose.
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
DEA
Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione
FC
Frequenza cardiaca
PA/PAS
Pressione arteriosa/PA sistolica
Temperatura corporea centrale
Tcentr
DEA
Dipartimento di Emergenza ed Accettazione
SpO2
Saturimetria periferica di ossigeno
EGA
Emogasanalisi arteriosa
UEC
Unità di emazie concentrate
ARDS
Acute respiratory distress syndrome
PFC
Plasma fresco congelato
MOF
Multi Organ Failure
PPI
farmaci inibitori della pompa protonica
Hb
emoglobinemia
EGDS
esofagogastroduodenoscopia
GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA
Le emorragie digestive richiedono un trattamento intensivo pre-endoscopico volto a correggere
le alterazioni fisiopatologiche indotte dal sanguinamento ed a consentire il trasporto del
paziente e l'esecuzione dell'esame endoscopico in condizioni ottimali.
Scopo di questa sezione del documento è di suggerire, sulla scorta delle evidenze scientifiche
disponibili, le raccomandazioni per il trattamento iniziale del paziente con emorragia digestiva:
valuteremo le definizioni di normalità e stabilità emodinamica, emorragia massiva, shock
emorragico, trattamento intensivo, gli obiettivi (end-points) da raggiungere con lo stesso, per
poi affrontare le modalità della resuscitation.
5
ALGORITMO 1: INQUADRAMENTO DELLO STATO EMODINAMICO
Emorragia digestiva
Stato
emodinamico?
1
2
NORMALE
• FC< 100 bpm
• PAS> 90 mmHg
• Diuresi> 0.5 ml/kg/h
• FR< 20 atti/min
• Stato di coscienza integro
• Cute rosea e calda
• Polso periferico pieno
ANORMALE
• Tachicardia> 100 bpm
• Ipotensione< 90 mmHg
• Oliguria< 0.5 ml/kg/h
• Tachipnea> 20 atti/min
• Ansia, agitazione, sopore
• Pallore, cute fredda
• Polso periferico iposfigmico
2
Stabile?
3
STABILITA’ EMODINAMICA:
Il concetto di stabilità emodinamica non è definito da parametri assoluti, ma è relativo alle variazioni
dinamiche del paziente, che può essere classificato come:
• Stabile ab initio
• Momentaneamente stabile in virtù dell’espansione volemica, con successivo deterioramento
• Instabile anche in corso di espansione volemica
Gravità
dell’emorragia?
4
Tabella 1
EMORRAGIA MASSIVA
• Perdita acuta di classe III-IV
• Volume ematico perso> 30%
• In uomo adulto> 1500 ml
5
SHOCK EMORRAGICO
Incapacità di cellule e tessuti di
utilizzare l’ossigeno. Consegue
ad una riduzione acuta del
volume
circolante
e
dei
trasportatori d’ossigeno (Hb).
Ridotto apporto di ossigeno e
wash-out di cataboliti. Alterato
metabolismo
cellulare
e
progressiva
disfunzione
d’organo.
6
6
Tab. 1 Classi dello shock emorragico (perdite stimate di sangue)
CLASSE I
CLASSE II
CLASSE III
CLASSE IV
Perdita di sangue (ml)
Fino a 750
750 - 1500
1500 - 2000
> 2000
Perdita di sangue (% del volume
ematico)
Fino al 15 %
15 – 30 %
30 – 40 %
> 40 %
Frequenza cardiaca
< 100
> 100
> 120
> 140
Pressione arteriosa
Normale
Normale
Ridotta
Ridotta
Pressione differenziale (mm Hg)
Normale o
aumentata
Ridotta
Ridotta
Ridotta
Frequenza respiratoria
14 - 20
20 - 30
30 - 40
> 35
Diuresi oraria (ml/h)
> 30
20 -30
da 5 a 15
Trascurabile
Stato di coscienza
Leggermente
ansioso
Moderatamente
ansioso
Ansioso e
confuso
Confuso e
letargico
Reintegrazione di liquidi (regola 3:1)
Cristalloidi
Cristalloidi
Cristalloidi e
sangue
Cristalloidi e
sangue
ALGORITMO 2: OBIETTIVI SPECIFICI DEL TRATTAMENTO INTENSIVO
TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA
Il trattamento intensivo inizia con la valutazione ed il trattamento delle priorità A, B, C (Airway,
Breathing, Circulation). I punti salienti sono rappresentati da:
1. Espansione volemica con ripristino del volume circolante
2. Ripristino della capacità di trasporto dell’ossigeno mantenendo adeguati livelli di emoglobina
3. Prevenzione/Correzione della coagulopatia, dell’ipotermia e dell’acidosi metabolica (triade letale)
7
A-Airway
OBIETTIVI SPECIFICI
• FC< 100 bpm
• PAS= 80-100 mmHg
• Diuresi> 0.5 ml/kg/h
• Lattati≤ 2 mmol/L
• Eccesso di basi (BE)≤ -5
mmol/L
OBIETTIVI SPECIFICI
• Hb= 7-9 g/dL
B-Breathing
C-Circulation
Ripristino del
volume circolante
8
Mantenimento di
adeguato trasporto
di O2
(ripristino quota
corpuscolata)
9
OBIETTIVI SPECIFICI
• INR≤ 1.5
• Piastrine> 5x109/L
• Lattati≤ 2 mmol/L
• Eccesso di basi (BE)≤ -5
mmol/L
• Tcentr.≥ 35°C.
Prevenzione/correzione
della coagulopatia
10
7
ALGORITMO 3: RIEPILOGO GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA EMORRAGIA DIGESTIVA
Paziente con emorragia
digestiva nel DEA
Stato
emodinamico?
Anormale e/o instabile
e/o ematemesi
Allertamento
endoscopia
digestiva
Normale e stabile
Inizio trattamento
Allertamento
servizio
trasfusionale/
emoteca
Osservazione
Monitoraggio di:
• FC
• PA
• Diuresi oraria
• Emocromo
11
PROVVEDIMENTI
UNIVERSALI
• O2 supplementare
• 2 accessi venosi periferici di
grosso calibro
• Monitor multiparametrico
• Prelievi
per
esami
ematochimici, emogruppo e
prove crociate
• Cateterismo vescicale
15
TRATTAMENTO INTENSIVO
• Ripristino del volume
circolante
(vedi algoritmo 4)
• Mantenimento di adeguato
trasporto di O2 (ripristino
quota corpuscolata)
• Prevenzione/Correzione della
coagulopatia (vedi
algoritmo 5)
12
Risposta a
30-60 minuti?
Nessuna risposta o
risposta transitoria
13
Ripristino stabile
della normalità
emodinamica
14
EGDS – Vedi algoritmi
specifici sul timing
endoscopico”
EGDS appena
possibile
16
17
8
ALGORITMO 4: RIPRISTINO DEL VOLUME CIRCOLANTE
Paziente con
emorragia digestiva
nel DEA
Stato
emodinamico?
A-Airway
B-Breathing
Anormale e/o instabile
Normale e stabile
Gravità
dell’emorragia?
Classe III-IV
Bolo 2000 ml
cristalloidi (Ringer
lattato)
Bolo 2000 ml
cristalloidi (Ringer
lattato) + emazie
concentrate
18
19
15
I° bolo 15 min.
Classe I-II
Osservazione
Monitoraggio di:
• FC
• PA
• Diuresi oraria
• Emocromo
Rivalutazione
emodinamica
Anormale o risposta
transitoria
Infusioni di
mantenimento,
monitoraggio, EGDS
Normale
20
Rivalutazione
emodinamica
II° bolo 15 min.
Bolo 2000 ml
cristalloidi (Ringer
lattato) + emazie
concentrate
Anormale o risposta
transitoria
21
Prosegue infusione di
fluidi + eritrociti
concentrati + plasma
EGDS appena possibile
9
ALGORITMO 5: PREVENZIONE/CORREZIONE DELLA COAGULOPATIA
Paziente con emorragia
digestiva + anormalità e/o
instabilità emodinamica
Politrasfuso?
Si
Plasma fresco
congelato
23
Acidosi?
Si
Correzione
dell’ipoperfusione
24
Ipotermia?
Si
• Prevenzione
• Fluidi riscaldati
• Riscaldamento
attivo esterno
25
10
COMMENTI AGLI ALGORITMI
1. STATO EMODINAMICO?: lo stato emodinamico è influenzato dal volume circolante, dalla
performance cardiaca e dalle resistenze periferiche. Cruciale è la capacità di mantenere
un’adeguata perfusione d’organo, che nel paziente emorragico risulta progressivamente
compromessa a causa dell’ipovolemia acuta (la depressione cardiaca e la vasodilatazione
da esaurimento di amine vasoattive sono fenomeni tardivi, preceduti da fenomeni opposti:
aumentato lavoro cardiaco e vasocostrizione periferica).
2. NORMALITA’ EMODINAMICA: lo stato emodinamico può essere classificato come
normale o non normale in base a parametri clinici (stato di coscienza, irrorazione cutanea,
caratteristiche del polso periferico) e fisiologici (frequenza cardiaca e respiratoria, pressione
arteriosa sisto-diastolica e differenziale, diuresi). L’alterazione di alcuni parametri
emodinamici in risposta all’emorragia, senza ipotensione, indica solo l’efficacia dei
meccanismi di compenso (più efficienti nel giovane e nell’atleta) e non deve indurre a
misconoscere la gravità del sanguinamento.
3. STABILITA’ EMODINAMICA: in virtù dei meccanismi fisiologici (richiamo di liquidi
dall’interstizio, tachicardia) e di fattori iatrogeni (reintegro del volume) il paziente
emorragico può raggiungere uno stato di compenso, suscettibile di variazioni dinamiche: lo
stato emodinamico, nel tempo, può mantenersi stabile oppure modificarsi, configurando un
quadro di instabilità (deterioramento di alcuni o tutti i parametri emodinamici). Il paziente
instabile emodinamicamente non può esibire parametri normali (la variazione di frequenza
sotto la soglia della tachicardia o la riduzione della PA sopra la soglia dell’ipotensione non
configurano instabilità emodinamica), mentre un paziente con parametri non normali può
mantenersi stabile su tali valori.
4. GRAVITA’ DELL’EMORRAGIA?: nelle fasi iniziali della gestione non vi sono parametri
strumentali e di laboratorio che consentano di stratificare in modo attendibile la gravità
dell’emorragia (nelle prime fasi, la perdita simultanea di plasma e quota corpuscolata lascia
inalterato l’ematocrito mentre solo il successivo richiamo di liquidi dall’interstizio rende
evidente l’anemizzazione). Una stima approssimativa delle perdite può inizialmente essere
basata sui parametri clinici e fisiologici (vedi Tab. 1). Occorre far notare a tale riguardo
come la comparsa di ipotensione sia un indicatore tardivo dell’entità del sanguinamento,
potendo mancare anche in presenza di perdite pari al 30 % del volume circolante (1500 ml
di sangue in un uomo adulto e sano di 70 Kg); i primi parametri a modificarsi sono lo stato
di coscienza, la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e la diuresi oraria,
quest’ultimo unico indicatore affidabile della perfusione d’organo. Occorre inoltre ricordare
che pazienti in terapia con beta-bloccanti o portatori di pace-maker non sono in grado di
aumentare la frequenza cardiaca in risposta all’ipovolemia1.
5. EMORRAGIA MASSIVA: è intesa come una perdita acuta del 30-40 % del volume ematico
circolante con conseguenti alterazioni emodinamiche secondarie principalmente
all’ipovolemia (ipoperfusione, ridotto pre-carico, centralizzazione del circolo con ischemia
periferica e splancnica), cui va aggiunta la ridotta capacità del volume circolante di
trasportare ossigeno (con esacerbazione dei fenomeni ischemici dovuti all’ipoperfusione),
alterazioni della coagulazione dovute sia ad emodiluizione (da richiamo di liquidi
dall’interstizio e iatrogena) sia ad alterazioni reologiche, priming dei neutrofili e risposta
infiammatoria sistemica che può evolvere in Multi-Organ Disfunction Syndrome (MODS)2,
3,4
.
6. SHOCK EMORRAGICO: è inteso come la presenza di shock (ovvero incapacità da parte di
cellule e tessuti di utilizzare l’ossigeno) secondario ad emorragia acuta. Lo shock si instaura
allorchè un’ipoperfusione prolungata altera il metabolismo cellulare e determina alterazioni
del microcircolo. Lo shock progredisce per fasi successive che culminano in uno stadio
irreversibile (stadio IV) caratterizzato da un ben preciso quadro di ostruzione progressiva
del microcircolo e necrosi limitrofa5, 6.
7. TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA
DIGESTIVA: le fasi del trattamento intensivo del paziente emorragico (in inglese
resuscitation) sono essenzialmente tre (nella realtà devono essere affrontate
contemporaneamente), ovvero: ripristino del volume circolante, ripristino della quota
corpuscolata e prevenzione/correzione della coagulopatia. Occorre sempre sottolineare che
tutti i pazienti con emorragia massiva sono coagulopatici a causa del “circolo vizioso del
11
sangue”: l’emorragia acuta insieme allo shock cellulare ed a fattori iatrogeni (infusioni e
trasfusioni) favorisce l’instarurarsi di acidosi metabolica, ipotermia centrale e conseguente
coagulopatia (triade letale), con ulteriore aggravamento dell’emorragia stessa6, 7. E’ dunque
scorretto limitarsi a trattare il paziente emorragico con i fluidi per sostenere il circolo e la
pressione arteriosa2, 4.
8. RIPRISTINO DEL VOLUME CIRCOLANTE: l’obiettivo da raggiungere con il ripristino del
volume è l’adeguata perfusione d’organo. A tal fine occorre sostenere il circolo mediante le
infusioni di fluidi ed emocomponenti mirando a ripristinare adeguate frequenza cardiaca e
pressione arteriosa; la ripresa della diuresi oraria a valori ≥ 0.5 ml/Kg è il miglior indicatore
di un’adeguata perfusione periferica1; la conferma di una perfusione adeguata è fornita
dalla riduzione della spinta verso l’acidosi metabolica, desumibile dal dosaggio dei lattati2, 4
e/o dalla valutazione dell’eccesso di basi misurato su sangue arterioso4, 8, 9, 10. Valori
pressori≥ 80 mmHg ma≤ 100 mmHg garantiscono un’adeguata perfusione sistemica senza
incrementare eccessivamente la pressione idrostatica ed il rischio di peggioramento
dell’emorragia e/o destabilizzazione del coagulo2.
9. MANTENIMENTO DI ADEGUATO TRASPORTO DI O2 (ripristino della quota
corpuscolata): il conseguimento di adeguati livelli di emoglobina è fondamentale per
garantire un corretto apporto di ossigeno a cellule e tessuti: le linee guida dell’American
Society of Anesthesiology (ASA) raccomandano il raggiungimento di un livello di 6 g/dL, il
National Institutes of Health (NIH) di 7 g/dL11, 12. Valori eccessivi di ematocrito ed
emoglobina possono rallentare il microcircolo per ragioni reologiche; nel caso di trasfusione
di unità di emazie concentrate a lungo giacenti in emoteca sono poi note l’accentuazione
della risposta pro-infiammatoria sistemica, la depressione immunitaria e la diminuita
deformabilità della membrana eritrocitaria con intasamento del microcircolo ed
esacerbazione del danno da ischemia/riperfusione13. Per contro, nei pazienti con
vasculopatia coronarica e/o sistemica, il danno ischemico d’organo si verifica a livelli più
elevati di emoglobina rispetto alla popolazione normale. Un ematocrito eccessivamente
basso interferisce inoltre con l’emostasi primaria (interazione eritrociti – piastrine ed
aggregazione piastrinica). Appare dunque ragionevole mantenere come obiettivo un livello
di emoglobina compreso nell’intervallo fra 7 e 9 g/dL2.
10. PREVENZIONE/CORREZIONE DELLA COAGULOPATIA: per trattare adeguatamente il
paziente con emorragia in atto e consentire di attuare in sicurezza le successive manovre
finalizzate al raggiungimento dell’emostasi (endoscopica o chirurgica), è fondamentale
mantenere o ripristinare la capacità di coagulazione ed aggregazione piastrinica2, le quali
come anticipato possono essere compromesse a causa dello shock circolatorio oppure a
seguito di patologie preesistenti (in particolare epatopatia avanzata). Laddove vi sia
compromissione emodinamica (e quindi necessità di politrasfusione acuta: ≥ 8 UEC/24 ore)
viene raccomandata la somministrazione di plasma fresco congelato1. L’indicazione alla
somministrazione di PFC riguarda anche i pazienti coagulopatici per epatopatie avanzate
e/o altre condizioni morbose determinanti deficit multipli dei fattori emocoagulativi che
presentino sanguinamento acuto e compromissione emodinamica. Il ripristino della capacità
coagulativa deve includere anche la correzione dell’acidosi metabolica e dell’ipotermia che
pure interferiscono sia con la cinetica enzimatica della cascata coagulativa sia con la
stabilizzazione del coagulo: in tutti i pazienti emorragici acuti deve essere misurata la
temperatura centrale ed eseguita una emogasanalisi arteriosa6, 7. Nei pazienti coagulopatici
per epatopatia avanzata o deficit di vitamina K di altra natura si dovrebbe provvedere
precocemente alla somministrazione di fitomenadione (Konakion®). Il comportamento da
tenere di fronte a pazienti ipocoagulati con warfarin, acenocumarolo, eparine, o affetti da
deficit selettivi dei fattori emocoagulativi sarà trattato specificamente in appendice al
documento.
11. ALLERTAMENTO CENTRO TRASFUSIONALE/EMOTECA: la necessità di reperire
rapidamente ingenti quantità di sangue ed emoderivati, di procedere quando possibile alla
tipizzazione dello stesso (le trasfusioni iniziano con sangue 0 negativo e proseguono,
appena possibile con sangue isogruppo) ed il peso prognosticamente sfavorevole di unità di
emazie concentrate di lunga giacenza, richiedono la stretta collaborazione con il servizio
trasfusionale/emoteca nel paziente con emorragia grave.
12. TRATTAMENTO INTENSIVO: vedi anche punto 8. Non vi sono dati certi17, 18 circa il
timing ideale per iniziare l’espansione volemica. Appare pertanto consigliabile iniziare
12
appena possibile il monitoraggio e trattamento intensivo con gli obiettivi specifici già
esaminati2, 4, 19. Nei pazienti con ipertensione portale nota e segni di emorragia digestiva
superiore (ematemesi, vomito caffeano, melena) è opportuno somministrare 2 mg di
Glipressina® (terlipressina) e.v. ripetibili ogni 4-6 ore, facendo attenzione ai soggetti
coronaropatici, in cui questo farmaco può esacerbare un’ischemia miocardica. Nei pazienti
con segni di emorragia digestiva superiore ed anamnesi positiva per ulcera peptica od uso
di FANS è opportuno somministrare endovena inibitori di pompa protonica, poiché l’elevata
acidità interferisce con la stabilizzazione del coagulo ed alcuni studi hanno dimostrato una
minor incidenza di recidiva del sanguinamento e fabbisogno di emotrasfusioni20.
13. NESSUNA RISPOSTA O RISPOSTA TRANSITORIA: questa conclusione non può essere
tratta in via definitiva prima di 30 minuti circa dall’inizio del trattamento intensivo,
considerando il tempo per la somministrazione dei due boli di fluidi. Nel primo caso
(nessuna risposta) i parametri emodinamici rimangono alterati dopo i due boli, mentre nel
secondo caso (risposta transitoria) si ha un deterioramento dei parametri emodinamici
dopo una momentanea normalizzazione (a seguito del primo o secondo bolo). Dopo un
intervallo massimo di 60 minuti, proseguire solo con il trattamento intensivo appare
inappropriato: nei non-responder occorre procedere ad un tentativo di emostasi
endoscopica appena possibile.
14. RIPRISTINO STABILE DELLA NORMALITA’ EMODINAMICA: il ripristino della
normalità e stabilità emodinamiche può essere conseguito al termine del primo o del
secondo bolo.
15. OSSERVAZIONE: il paziente emodinamicamente normale e stabile ab initio può essere
trasferito dal DEA al reparto (preferibilmente in un ambiente sub-intensivo) prima
dell’esecuzione dell’esame endoscopico. Considerato il rischio di ripresa del sanguinamento,
occorre proseguire con un attento e stretto monitoraggio clinico, dei parametri emodinamici
ed emocromocitometrici21.
16. EGDS APPENA POSSIBILE: il paziente che nonostante un corretto trattamento intensivo
non raggiunga la stabile normalità emodinamica deve comunque essere sottoposto ad
endoscopia per tentare di raggiungere l’emostasi22.
17. EGDS – VEDI ALGORITMO….: nei pazienti emodinamicamente normali e stabili ab initio
ed in quelli in cui la stabile normalità emodinamica viene ripristinata a seguito del reintegro
volemico nella fase di trattamento intensivo, il timing dell’esame endoscopico deve essere
determinato in base agli algoritmi specifici dedicati ai pazienti con emorragia digestiva nei
capitoli successivi.
18. BOLO 2000 ML CRISTALLOIDI (RINGER LATTATO): allo stato attuale non esistono
evidenze scientifiche tali da suggerire un vantaggio derivante dall’impiego di soluzioni
diverse dalle saline isotoniche nell’approccio al reintegro volemico dei pazienti con shock
emorragico1. Fra queste, sia la soluzione di Ringer che la normale fisiologica sono
accettabili, nonostante la tendenza della seconda a provocare un’acidosi metabolica da
ipercloremia4. Una revisione sistematica Cochrane del 2007 non ha confermato significativi
benefici derivanti dall’impiego delle soluzioni colloidi attualmente disponibili in vece delle
saline isotoniche24. Promettenti sono i dati riguardanti le soluzioni cristalloidi ipertoniche25,
13, 26
.
19. BOLO 2000 ML CRISTALLOIDI (RINGER LATTATO) + EMAZIE CONCENTRATE: nel
paziente con emorragia massiva, oltre al ripristino del volume occorre garantire adeguati
livelli di Hb, idonei ad un corretto trasporto d’ossigeno1, 13.
20. INFUSIONI DI MANTENIMENTO, MONITORAGGIO, EGDS: al raggiungimento di
parametri emodinamici normali e stabilità emodinamica le infusioni proseguono a velocità
di mantenimento e non allo scopo di espandere il volume intravascolare; il monitoraggio
clinico ed ematochimico consentono di intercettare i pazienti che riprendono a sanguinare
in modo copioso e si deteriorano dal punto di vista emodinamico.
21. PROSEGUE INFUSIONE DI FLUIDI + ERITROCITI CONCENTRATI + PLASMA
EGDS
APPENA POSSIBILE: il sangue ed il plasma reintegrano la quota corpuscolata ed i fattori
della coagulazione, oltre ad espandere efficacemente
il comparto intravascolare;
l’eccessiva somministrazione di liquidi nelle 24 ore (≥ 10 L cristalloidi o ≥ 10 UEC o ≥ 0.25
L/Kg di cristalloidi) può associarsi a edema viscerale con ipertensione intra-addominale e
sindrome compartimentale addominale secondaria27, 28, polmone da shock (ARDS) ed
edema cerebrale4. Appare dunque ragionevole, dopo i due boli iniziali di cristalloidi,
13
proseguire l’espansione del comparto intravascolare con soluzioni colloidi2, 24, 29. I pazienti
che non rispondono al reintegro volemico con la normalizzazione emodinamica devono
essere sottoposti a EGDS appena possibile.
22. POLITRASFUSO?: i pazienti politrasfusi sono soggetti a diluizione iatrogena dei fattori
della coagulazione ed a chelazione del calcio necessario per la cascata coagulativa e devono
essere considerati coagulopatici4, 6; nei pazienti con emorragia massiva (di classe III e IV)
esiste anche un’alterazione dei fenomeni reologici favorenti l’aggregazione piastrinica per
deplezione della quota corpuscolata2. Nel politrasfuso trattato con emazie a lungo
conservate in emoteca, si verifica inoltre una diminuita perfusione tissutale da ostruzione
del microcircolo secondaria a ridotta deformabilità eritrocitaria4.
23. PLASMA FRESCO CONGELATO: nei pazienti politrasfusi (quindi con emorragia di classe
III e IV ed alterazione dello stato emodinamico) la somministrazione di PFC consente di
ripristinare contemporaneamente sia i fattori della coagulazione sia il volume intravascolare
(il plasma ha un elevato potere oncotico). Nei politrasfusi con fabbisogno≥ 8 UEC in 12 ore,
un elevato rapporto PFC:UEC≥ 1:1.4 riduce la mortalità a 24 ore e quella globale,
l’incidenza di infezioni nosocomiali e MOF, a fronte di una maggior incidenza di ARDS
(indipendentemente dai cristalloidi somministrati)14. L’indicazione alla somministrazione di
PFC riguarda anche i pazienti coagulopatici per epatopatie avanzate e/o altre condizioni
morbose determinanti deficit multipli dei fattori emocoagulativi che presentino
sanguinamento acuto e compromissione emodinamica.
24. CORREZIONE DELL’IPOPERFUSIONE: l’acidosi metabolica è secondaria all’ipoperfusione
dei tessuti periferici durante la centralizzazione del circolo (la vasocostrizione è la prima
risposta all’ipovolemia) ed al conseguente metabolismo anaerobio associato a produzione di
lattati. Il corretto trattamento è quindi il ripristino della volemia e della perfusione
periferica.
25. GESTIONE DELL’IPOTERMIA: la prima terapia dell’ipotermia consiste nel prevenirla,
evitando l’esposizione prolungata del paziente e riscaldando artificialmente l’ambiente.
Poiché il ripristino della volemia può richiedere l’infusione di elevate quantità di fluidi,
occorre prevenire l’ipotermia iatrogena infondendo solo liquidi riscaldati (la fisiologica e la
soluzione di Ringer possono essere riscaldate nel forno a micronde fino a 40 °C)1.
Un’efficace metodica non invasiva di riscaldamento attivo esterno consiste nello scambio
termico convettivo tramite l’applicazione di cuscinetti pneumatici in cui circola aria
riscaldata.
BIBLIOGRAFIA
1. American College of Surgeons. Committe on Trauma. Resources for the Optimal Care of the
Injured Patient. ACS Publication, Chicago, 1998
2. Spahn DR, Cerny V, Coats TJ et al. Management of bleeding following major trauma: a
European guideline. Crit Care 2007; 11: R17
3. Ciesla DJ, Moore EE, Johnson JL, Sauaia A, Cothren CC, Moore JB, Burch JM. Multiple Organ
Dysfunction During Resuscitation Is Not Postinjury Multiple Organ Failure. Arch Surg 2004;
139: 590-5
4. Moore FA, McKinley BA, Moore EE, et al. III.Guidelines for Shock Resuscitation. J Trauma
2006; 61: 82-9
5. McGee J O’D, Isaacson PG, Wright NA. Oxford Textbook of Pathology. Vol 1. Principles of
Pathology. Oxford University Press, 1992
6. Shapiro MB, Jenkins DH, Schwab CW, Rotondo MF. Damage Control: Collective Review. J
Trauma 2000; 49: 969-78
7. Moore EE, Burch JM, Franciose RJ, Offner PJ, Biffl WL. Staged Physiologic Restoration and
Damage Control Surgery. World J Surg 1998; 22: 1184-91
8. Trembley LN, Feliciano DV, Rozycki GS. Are resuscitation and operation justified in injured
patients with estreme base deficits (less than -20)?. Am J Surg 2003; 186: 597-601
9. Davis J, Shackford S, Mackersie R, et al. Base deficit as a guide to volume resuscitation. J
Trauma 1988; 28: 1464-67
10. Rutherford E, Morris J, Reed G, et al. Base deficit stratifies mortality and determines
therapy. J Trauma 1992; 33: 417-23
14
11. Practice guidelines for blood component therapy: a report by the American Society of
Anesthesiologists Task Force on Blood Component Therapy. Anesthesiology 1996; 84: 73247
12. National Institutes of Health Consensus Conference. Perioperative red blood cell
transfusion. JAMA 1988; 260: 2700-03
13. Moore FA, McKinley BA, Moore EE. The next generation in shock resuscitation. Lancet
2004; 363 (12): 1988-96
14. Sperry JL, Ochoa JB and The Inflammation the Host Response to Injury Investigators. An
FFP:PRBC Transfusion Ratio ≥ 1:1.5 Is Associated With A Lower Risk Of Mortality After
Massive Transfusion. J Trauma 2008; 65: 986-93
15. Rosemurgy A, Zervos EE. Management of Variceal Hemorrhage. Curr Probl Surg 2003; 40
(6): 256-343
16. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Management of Acute Upper and Lower
Gastrointestinal bleeding. 2008
17. Hirshberg A, Hoyt DB, Mattox KL. Timing of Fluid Resuscitation Shapes the Hemodynamic
Response to Uncontrolled Hemorrhage: Analysis Using Dynamic Modeling. J Trauma 2006;
60: 1221-7
18. Kwann I, Bunn F Roberts I. Timing and volume of fluid administration for patients with
bleeding. Cochrane Database of Systematic Reviews 2003; 3: 1-18
19. Sebat F, Johnson D, Musthafa AA, Watnik M, Moore S, Henry K, Saari M. A Multidisciplinary
Community Hospital Program for Early and Rapid Resuscitation of Shock in Nontrauma
Patients. Chest 2005; 127: 1729-43
20. American Society for Gastrointestinal Endoscopy. ASGE Guideline: the role of endoscopy in
acute non-variceal upper-GI hemorrhage. Gastrointest Endosc 2004; 60: 497-504
21. Staudacher C, Di Palo S, Mereu A, Orsenigo E. Traumi dell’Addome in Chirurgia d’Urgenza.
Masson, Milano, 2005; 241-266
22. Podila PV, Ben-Menachem T, Batra SK et al. Managing patients with acute, non-variceal
gastrointestinal hemorrhage: development and effectiveness of a clinical care pathway. Am
J Gastroenterol 2001; 96: 208-19
23. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Management of Acute Upper and Lower
Gastrointestinal bleeding. 2008
24. Perel P, Roberts I, Pearson M. Colloids versus crystalloids for fluid resuscitation in critically
ill patients. Cochrane Database of Systematic Reviews 2007; 3: 1-63
25. Wade CE, Kramer GC, Fabian TC, Younes RN. Efficacy of hypertonic 7.5 % saline and 6 %
dextran-70 in treating trauma: a meta-analysis of controlled clinical studies. Surgery 1997;
122 (3): 609-16
26. Bunn F, Roberts I, Tasker R, Trivedi D. Hypertonic versus near isotonic crystalloid for fluid
resuscitation in critically ill patients. Cochrane Database of Systematic Reviews 2004; 3: 126
27. Maxwell RA, Fabian TC, Croce MA, Martin A, Davis KA. Secondary Abdominal Compartment
Syndrome: Un Underappreciated Manifestation of Severe Hemorrhagic Sock. J Trauma
1999; 47(6): 995-9
28. Ivy ME, Atweh NA, Palmer J et al. Intra-abdominal hypertension and abdominal
compartment syndrome in burn patients. J Trauma 2000; 49: 387-91
29. The SAFE Study Investigators. A comparison of albumin and saline for fluid resuscitation in
the intensive care unit. NEJM 2004; 350: 2247-54
15
A. EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON VARICOSA
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
EGDS
Esofagogastroduodenoscopia
PPI
Inibitori della pompa protonica
HP
Helicobacter pylori
Hb
Concentrazione sierica di emoglobina
FC
Frequenza cardiaca
PAS
Pressione arteriosa sistolica
SRS
Segni di recente sanguinamento
MW
Mallory Weiss
GI
Gastro-intestinale
BUN
Azotemia plasmatica
RCTs
Studi Randomizzati Controllati (Randomized Controlled Trials)
ASA
American Association of Anesthesiologists
OBI
Osservazione Breve Intensiva
(VEDI ALGORITMI NELLA PAGINA SUCCESSIVA)
16
ALGORITMO 1: GESTIONE DEL PAZIENTE CON EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON
VARICOSA
Paziente con sospetta
emorragia digestiva
superiore non
varicosa
1
Tab. 1
Stratificazione del
rischio
(Score di Blatchford)
2
4
Blatchford score≥ 3
Emodinamicamente
normale
Blatchford score≤ 2
Emodinamicamente
anormale
Emodinamicamente
anormale
Emodinamicamente
normale
Trattamento
intensivo preendoscopico
3
Emodinamica
normale?
No
Si
EGDS appena possibile
EGDS entro 24 h
• EGDS appena possibile
e comunque entro 612 h
• Monitoraggio intensivo
EGDS entro 24-48 h
Emostasi?
Si
No
6
Ritrattamento
endoscopico
Segni clinici di
ripresa del
sanguinamento?
Emostasi
Si
Persistenza di
sanguinamento
5
Second look
endoscopico
Angiografia con
embolizzazione
Trattamento
chirurgico
Persistenza di
sanguinamento
17
ALGORITMO 2: TERAPIA MEDICA E TRATTAMENTO ENDOSCOPICO DEL PAZIENTE CON
EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NON VARICOSA
EGDS in paziente con
sanguinamento digestivo
7
Tab. 2
Classificazione
endoscopica?
(Classificazione
di Forrest)
Forrest I, IIa, IIb
7
Trattamento endoscopico:
• Emostasi combinata (adrenalina+clip
o adrenalina + terapia termica da
contatto)
• Monoterapia termica da contatto
• Monoterapia clip
Terapia medica intensiva:
• PPI (omeprazolo o pantoprazolo): bolo
80 mg+infusione continua a 8 mg/h
per 72h
• Terapia eradicante per HP
Forrest IIc, III
8
7
• Nessun trattamento
endoscopico
• Terapia medica
18
Tab. 1 Score di Blatchford
Parametro
Punteggio
Azotemia (mg/dl)
≥ 18 e < 22
≥ 22 e < 28
≥ 28 e < 70
≥ 70
Hb uomo (g/dl)
≥ 12 e < 13
≥ 10 e < 12
< 10
Hb donna (g/dl)
≥ 10 e < 12
< 10
Pressione sistolica
≥ 100 e < 109
≥ 90 e < 99
< 90
Altri markers
FC > 100 bpm
melena
sincope
scompenso cardiaco
epatopatia
2
3
4
6
1
3
6
1
6
1
2
3
1
1
2
2
2
Tab. 2 Score di Rockall
Punteggio
0
1
2
Età
Shock
FC
PAS
Comorbidità
<60
No
<100
>100
Nessuna
60-79
Tachicardia
>100
>100
>80
Ipotensione
Endoscopia
No lesioni,
MW, no SRS
Tutte le
altre
SRS*
Nessuna o
dark spot
3
<100
Cardiaca,
polmonare
o tumore GI
Insufficienza
renale,
epatica o
tumore
SCORE
CLINICO
Tumore
Sangue,
vaso visibile,
coagulo
Criteri
aggiuntivi
per SCORE
COMPLETO
* Stigmate di recente sanguinamento
Tab. 3 Classificazione di Forrest
CLASSE
Ia
Ib
IIa
IIb
IIc
III
ASPETTO DELLA LESIONE
Sanguinamento a getto
Sanguinamento a nappo
Vaso visibile sul fondo dell’ulcera
Coagulo adeso al fondo dell’ulcera
Ematina sul fondo dell’ulcera
Ulcera con fondo fibrinoso
% RISANGUINAMENTO
55
55
43
22
10
5
% MORTALITA’
11
11
11
7
3
2
19
COMMENTI AGLI ALGORITMI
1. STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO (SCORE DI BLATCHFORD): La valutazione iniziale
del paziente con emorragia digestiva superiore deve essere mirata alla stratificazione del
rischio, effettuata sulla base di una stima dell’entità del sanguinamento e
dell’identificazione dei pazienti con importanti situazioni comorbide, entrambi elementi
essenziali per la scelta del corretto atteggiamento terapeutico e del giusto timing per
l’esecuzione dell’intervento endoscopico. Un timing appropriato consente, attraverso
l’ottimale controllo dell’emorragia, di migliorare indicatori prognostici come la percentuale
di recidive del sanguinamento, la morbidità e mortalità1, 2.
Nel processo di definizione del rischio devono esser presi in considerazione i seguenti
fattori, associati a peggioramento della prognosi: età> 60 anni, presenza di comorbidità
(cardiovascolari, respiratorie, renali), epatopatia, emorragia digestiva in pazienti già
ricoverati per altra causa, presentazione con segni e sintomi di shock, sanguinamento
persistente, ematemesi, ematochezia, incremento dell’azotemia plasmatica (BUN). La
presenza di sangue nel sondino naso-gastrico non è un fattore correlato alla prognosi;
tuttavia, potrebbe essere espressione di una lesione ad alto rischio3.
Al fine di effettuare un rapido e corretto triage sono stati proposti alcuni scores di facile
utilizzo, in particolare lo score di Blatchford e quello di Rockall, entrambi basati su variabili
clinico-endoscopiche e laboratoristiche4, 5 (Tabelle 1 e 2). Lo score di Blatchford utilizza
unicamente variabili cliniche e laboratoristiche ed è in grado di discriminare pazienti ad alto
e basso rischio di sanguinamento. Lo score di Rockall è stato concepito per fornire una
stima del rischio di morte sulla base di fattori clinici e successivamente dei reperti
endoscopici; considerato tuttavia che molti dei fattori di rischio per una recidiva di
sanguinamento coincidono con quelli della mortalità e che la recidiva in sè rappresenta un
predittore indipendente di mortalità, lo score di Rockall può essere impiegato anche per
stimare il rischio di recidiva del sanguinamento4. Il gruppo di lavoro ha raggiunto un
consenso circa la raccomandazione dell’impiego dello score di Blatchford, sulla base di: (a)
maggiore accuratezza di questo nella stratificazione dei pazienti ad alto rischio (punteggio
maggiore o uguale a 3), che richiedono sempre il ricovero e l'esecuzione della EGDS (con
tempistica diversificata in funzione delle condizioni emodinamiche alla presentazione e dopo
il trattamento intensivo pre-endoscopico, ma comunque entro 24 ore), e a basso rischio
(punteggio uguale o minore a 2) che devono essere sottoposti a EGDS con tempistica
dipendente dalle condizioni emodinamiche di presentazione e successive al trattamento
intensivo pre-endoscopico ed in taluni casi possono essere anche dimessi dal DEA e gestiti
ambulatorialmente, oppure richiedere solo un periodo di Osservazione Breve Intensiva
(OBI) (b) recentissimi studi scientifici di validazione esterna dello score di Blatchford, che lo
hanno comparato prospetticamente allo score di Rockall clinico pre-endoscopico
dimostrandone, in maniera statisticamente significativa, la superiorità in termini di
specificità, sensibilità, accuratezza6, 7.
2. BLATCHFORD SCORE≥ 3: un paziente con score di Blatchford superiore o uguale a 3 e
situazione emodinamica stabilmente normale (in particolare FC< 100 bpm e PAS> 100
mmHg) dovrebbe essere sottoposto ad EGDS entro un intervallo di tempo non superiore a
24 ore. Il paziente con stato emodinamico anormale (vedi anche “Emorragia digestiva
superiore (non varicosa e varicosa) – Gestione pre-endoscopica”) dovrebbe essere
sottoposto a trattamento intensivo inerente e rivalutato dopo 30-60 minuti. In caso di
persistenza dell’anormalità emodinamica (nessuna risposta o risposta temporanea al
trattamento intensivo) viene raccomandata l'esecuzione della EGDS appena possibile (fatto
salvo il tempo necessario all’attivazione dell’equipe endoscopica ed all’approntamento della
sala). In caso di ripristino stabile di una normale situazione emodinamica, l’EGDS dovrebbe
comunque essere eseguita entro 6-12 ore, con stretto monitoraggio emodinamico nel
frattempo.
3. EMODINAMICA NORMALE?: in letteratura non esistono evidenze di qualità sufficiente a
consentire di formulare raccomandazioni forti sui tempi dell’esame endoscopico3, 8, 11. Gli
studi sul timing endoscopico sono discordanti e ad oggi le raccomandazioni delle linee guida
internazionali suggeriscono genericamente l'esecuzione della EGDS entro 24 ore12.
Tuttavia, Il gruppo di lavoro si è speso nello sforzo di stratificare in modo più dettagliato il
rischio dei pazienti e adattare di conseguenza le raccomandazioni circa la tempistica
20
dell’esame endoscopico. Su queste basi si è convenuto di raccomandare l'esecuzione
dell'esame endoscopico appena possibile in tutti i pazienti che abbiano presentato fasi di
anormalità emodinamica lungo il loro decorso iniziale nel DEA, a prescindere dalla risposta
al trattamento intensivo. Risultano quindi inclusi anche i pazienti che abbiano raggiunto una
stabile normalità emodinamica dopo il trattamento intensivo attuato dal medico di
emergenza-urgenza. In questi ultimi può essere accettabile (previo accordo fra i
professionisti coinvolti) una dilazione, in ogni caso non superiore alle 6-12 ore dalla
presentazione, con stretto monitoraggio emodinamico nel frattempo. L'allocuzione appena
possibile, sta pertanto ad indicare in modo preciso che l'esame deve essere effettuato nel
minor tempo possibile nello specifico scenario clinico ed organizzativo (fatti salvi i tempi di
allestimento della sala endoscopica, ultimazione di esami già in corso, raduno del personale
reperibile), mentre gli intervalli specificati (6, 12, 24 ore), identificati sulla base delle scarse
evidenze disponibili e del consenso raggiunto nel gruppo di lavoro, rappresentano limiti
massimi da rispettare comunque, a prescindere dal contesto in cui si opera. Esistono nella
nostra regione soddisfacenti esperienze locali nel trattamento dell’emorragia digestiva
superiore non varicosa, fondate sull’implementazione di raccomandazioni simili a quelle
formulate nel presente documento, circa il timing dell’esame endoscopico. In alcune di
queste esperienze sono stati conseguiti risultati interessanti in termini di miglioramento
delle percentuali di recidiva del sanguinamento, mortalità, riduzione del fabbisogno
trasfusionale, durata della degenza, riduzione del numero di esami urgenti inappropriati13.
4. BLATCHFORD SCORE ≤ 2: uno score di Blatchford minore o uguale a 2 in presenza di uno
stato emodinamico ab initio stabilmente normale ed associato a parametri emodinamici
conseguenti (FC< 100 bpm e PAS> 100 mm Hg) identifica uno strato di pazienti con
emorragia digestiva acuta gravato da un rischio relativamente basso di mortalità e
risanguinamento6, 7. Il gruppo di lavoro ha concordato che in questa popolazione l’EGDS
può essere eseguita entro un intervallo di 24-48 ore, prevedendo in taluni casi (Blatchford
score≤ 1) anche la gestione in OBI o la dimissione del paziente dal DEA e la
programmazione di una EGDS ambulatoriale entro 24-48 ore. Sono esclusi da queste
considerazioni i pazienti che presentano fasi di anormalità emodinamica lungo il loro
decorso iniziale nel DEA, i quali, a prescindere dalla risposta al trattamento intensivo,
dovrebbero essere sottoposti ad EGDS appena possibile (vedi punto 3).
5. SECOND LOOK ENDOSCOPICO: il valore del second look endoscopico è stato esaminato
in una revisione sistematica di quattro RCTs: i pazienti sottoposti a nuovo trattamento,
quando necessario, presentavano un minor rischio di recidiva del sanguinamento anche se
non venivano dimostrati nè una riduzione della mortalità nè un minor ricorso al trattamento
chirurgico. Tuttavia, il vantaggio del second look risultava limitato ai pazienti che avevano
ricevuto un trattamento iniziale sub-ottimale con monoterapia iniettiva a base di
adrenalina, dimostratasi poi inefficace nel prevenire le recidive; inoltre, solo in uno studio i
pazienti venivano trattati dopo l’esame endoscopico con terapia infusiva a base di PPI, pure
dimostratasi efficace nel ridurre le recidive14. Pertanto, il second look endoscopico viene
raccomandato solo in presenza di segni clinici di ripresa del sanguinamento12. Tuttavia,
esistono variabili correlate alla recidiva che, se presenti, devono essere prese in
considerazione nella valutazione della necessità di esecuzione di una seconda EGDS con
eventuale ripetizione del trattamento:
• Ulcere di dimensioni superiori a 2 cm
• Neoplasie
• Trattamento endoscopico sub-ottimale (presenza di ingesti o sangue in cavità, lesione
situata lungo la piccola curvatura gastrica o la parete posteriore duodenale, monoterapia
con infiltrazione di adrenalina)
• Instabilità emodinamica alla presentazione
• Comorbidità importante (ASA III e IV)
• Tipo di lesione (classe di Forrest)
• Somministrazione o meno di PPI e.v. post-endoscopia15, 18.
6. RITRATTAMENTO ENDOSCOPICO: i pazienti con recidiva di sanguinamento dopo terapia
endoscopica esibiscono una mortalità aumentata e richiedono un trattamento d’emergenza.
La gestione ottimale è multidisciplinare endoscopica, chirurgica, radiologica interventistica
e dipende ovviamente dalle risorse locali. In letteratura esiste un solo studio randomizzato
di confronto tra trattamento endoscopico e chirurgico in questa popolazione di pazienti. La
21
mortalità a trenta giorni ed il numero di trasfusioni sono risultate simili nei due gruppi con
un eccesso di complicanze nel gruppo dei pazienti trattati chirurgicamente. Pertanto, in
caso si recidiva del sanguinamento, il trattamento dovrebbe essere nuovamente
endoscopico19. In caso di fallimento del nuovo trattamento endoscopico, un’alternativa è
rappresentata dall’angiografia con embolizzazione arteriosa. Due studi hanno dimostrato
un’alta percentuale di successo e bassa percentuale di complicanze in pazienti trattati con
embolizzazione20, 21. Ad oggi, tuttavia, non esistono RCTs di confronto tra embolizzazione
angiografica e trattamento chirurgico come procedura di salvataggio dopo fallimento della
terapia endoscopica. Due studi retrospettivi di controllo fra embolizzazione angiografica e
trattamento chirurgico non hanno mostrato differenze in termini di ulteriori recidive di
sanguinamento e mortalità tra i due gruppi di pazienti22, 23. In conclusione, l’emorragia
gastrointestinale non varicosa non controllata endoscopicamente dovrebbe essere trattata
con un secondo tentativo endoscopico e, in caso di fallimento, con embolizzazione
angiografica o intervento chirurgico in base ad esperienze e risorse locali. In caso di
paziente emodinamicamente anormale all’esordio e dopo la fase di trattamento intensivo
che non raggiunga l’emostasi dopo il primo tentativo endoscopico, l’opzione rappresentata
dal trattamento chirurgico deve essere attentamente considerata e discussa fra medico
d’emergenza-urgenza, endoscopista e chirurgo. L’emorragia digestiva acuta da tumore
gastrico rappresenta un’indicazione chirurgica.
7. FORREST IIc, III/ FORREST I, IIa, IIb: le ulcere gastro-duodenali vengono descritte
secondo la classificazione di Forrest, che assegna ogni tipo di lesione ad una classe cui
corrisponde un differente rischio di recidiva del sanguinamento e mortalità. Le ulcere a
fondo fibrinoso (Forrest III) o con black-base (fondo di ematina, Forrest IIc) hanno un
trascurabile rischio di risanguinamento e mortalità, una prognosi eccellente e non
richiedono il trattamento endoscopico. Le ulcere con sanguinamento a getto (di tipo
arterioso), a nappo, il vaso visibile sul fondo dell’ulcera ed il coagulo adeso hanno invece
un elevato rischio di risanguinamento e mortalità e necessitano pertanto di trattamento
endoscopico.
8. TRATTAMENTO ENDOSCOPICO/TERAPIA MEDICA INTENSIVA: il trattamento
endoscopico delle lesioni ulcerose ad alto rischio (Forrest Ia-IIb) può essere:
• Combinato, ovvero terapia iniettiva con adrenalina (concentrazione 1:10000, almeno 13
ml) associata a terapia meccanica (posizionamento di clips metalliche) o termica da
contatto (heater probe o gold probe)
• Monoterapia meccanica (clips metalliche)
• Monoterapia termica da contatto (heater probe o gold probe)3, 12.
La monoterapia iniettiva con adrenalina si è dimostrata inefficace nel prevenire la recidiva
del sanguinamento e pertanto non è più raccomandata12, 21, 23. La terapia medica
endovenosa post-endoscopica con PPI ad alte dosi (omeprazolo o pantoprazolo, 80 mg a
bolo, seguiti da infusione continua di 8 mg/h per 72 ore) riduce significativamente il rischio
di recidiva del sanguinamento, il ricorso al trattamento chirurgico e la necessità di ulteriori
sedute endoscopiche. Una revisione sistematica Cochrane di studi su pazienti ad alto rischio
(Forrest Ia-IIa) ha riportato anche una riduzione della mortalità3, 27. La presenza di
Helicobacter pylori dovrebbe essere testata mediante prelievo bioptico effettuato nel corso
dell’esame endoscopico. La terapia eradicante riduce il rischio di recidiva ulcerosa e
pertanto viene raccomandata (antibiotici + PPI)12, 28. Non vi sono invece evidenze a
supporto di una riduzione del rischio di recidiva del sanguinamento in pazienti con
emorragia acuta da ulcera peptica sottoposti ad eradicazione di HP29.
22
BIBLIOGRAFIA
1. Sacks HS et al. Endoscopic hemostasis. An effective therapy for bleeding peptic ulcers.
JAMA. 1990 Jul 25;264(4):494-9.
2. Cook DJ et al. Endoscopic therapy for acute nonvariceal upper gastrointestinal hemorrhage:
a meta-analysis. Gastroenterology 1992 Jan;102(1):139-48.
3. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. A national clinical
guidelines. Scottich Intercollegiate Guidelines Network, September 2008.
4. Rockall TA, Logan RF, Devlin HB, Northfield TC. Risk assessment after acute upper
gastrointestinal haemorrhage. Gut 1996;38:316-21.
5. Blatchford O, Murray WR, Blatchford M. A risk score to predict need for treatment for
upper-gastrointestinal haemorrhage. Lancet 2000;356:1318-21.
6. Chen IC, Hung MS, Chiu TF, Chen JC, Hsiao CT. Risk scoring systems to predict need for
clinical intervention for patients with nonvariceal upper gastrointestinal tract bleeding. Am J
Emerg Med. 2007;25:774-9.
7. Stanley AJ, Ashley D, Dalton HR, Mowat C, Gaya DR, Thompson E, et al. Outpatient
management of patients with low-risk upper-gastrointestinal haemorrhage: multicentre
validation and prospective evaluation. Lancet. 2009; 373:42-7.
8. Lim CH, Vani D, Shah SG, Everett SM, Rembacken BJ. The outcome of suspected upper
gastrointestinal bleeding with 24-hour access to upper gastrointestinal endoscopy: a
prospective cohort study. Endoscopy 2006;38:581-5.
9. Spiegel BM, Vakil NB, Ofman JJ. Endoscopy for acute nonvariceal upper gastrointestinal
tract hemorrhage: is sooner better? A systematic review. Arch Intern Med 2001;161:1393404.
10. Spiegel BMR. Endoscopy for acute upper GI tract hemorrhage: sooner is better.
Gastrointest Endosc 2009; 2:236-239.
11. Cooper GS, Kou TD, Wong RCK. Use and impact of early endoscopy in elderly patients with
peptic ulcer hemorrhage: a population-based analysis. Gastrointest Endosc 2009;70:22935.
12. Barkun A.N. et al. International consensus recommendations on the management of
patients with nonvariceal upper gastrointestinal bleeding. Ann Intern Med. 2010;152:101113.
13. Manno M. et al. Do we always need endoscopist in the middle of the night? Risk
stratification and timing for endoscopy in acute upper GI bleeding. Gastrointest Endosc
(article in press).
14. Marmo R, Rotondano G, Bianco MA, Piscopo R, Prisco A, Cipolletta L. Outcome of
endoscopic treatment for peptic ulcer bleeding: is a second look necessary? A metaanalysis. Gastrointest Endosc 2003;57:62-7.
15. Chung IK, Kim EJ, Lee MS, et al. Endoscopic factors predisposing to rebleeding following
endoscopic hemostasis in bleeding peptic ulcers. Endoscopy 2001;33:969- 75.
16. Thomopoulos KC, Theocharis GJ, Vagenas KA, Danikas DD, Vagianos CE, Nikolopoulou VN.
Predictors of hemostatic failure after adrenaline injection in patients with peptic ulcers with
non-bleeding visible vessel. Scand J Gastroenterol 2004;39:600-4.
17. Thomas F. Imperiale et al. Predicting poor outcome from acute upper gastrointestinal
hemorrhage. Arch Intern Med. 2007;167:1291-1296.
18. Ian M. Gralnek, Alan N. Barkun and Marc Bardou. Management of acute bleeding from a
peptic ulcer. N Engl J Med 2008;359:92837.
19. Lau JWY, Sung JJY, Lam Y, et al. Endoscopic retreatment compared with surgery in patients
with recurrent bleeding after initial endoscopic control of bleeding ulcers. N Engl J Med
1999;340(10):751–6.
20. Rima A, Oliva VLMD, Therasse EMD, Perreault PMD, Bui BTMD, Dufresne M-PMD, et al.
Arterial Embolotherapy for Upper Gastrointestinal Hemorrhage: Outcome Assessment. J
Vasc Interv Radiol 2001;12(2):195-200.
21. Defreyne L, Vanlangenhove P, De Vos M, Pattyn P, Van Maele G, Decruyenaere j, et al.
Embolization as a first approach with endoscopically unmanageable acute nonvariceal
gastrointestinal hemorrhage. Radiology 2001;218(3):739-48.
23
22. Ripoll C, Banares R, Beceiro I, Menchen P, Catalina MV, Echenagusia A, et al. Comparison
of transcatheter arterial embolization and surgery for treatment of bleeding peptic ulcer
after endoscopic treatment failure. J Vasc Interv Radiol 2004;15(5):447-50.
23. Eriksson LG, Ljungdahl M, Sundbom M, et al. Transcatheter arterial embolization versus
surgery in the treatment of upper gastrointestinal bleeding after therapeutic endoscopy
failure. J Vasc Interv Radiol 2008;19(10):1413–8.
24. Adler DG, Leighton JA, Davila RE, et al. ASGE guideline: the role of endoscopy in acute
non-variceal upper-GI hemorrhage. Gastrointest Endosc 2005; 61:356.
25. Calvet X, Vergara M, Brullet E, Gisbert JP, Campo R. Addition of a second endoscopic
treatment following epinephrine injection improves outcome in high-risk bleeding ulcers.
Gastroenterology 2004; 126:441-50.
26. Marmo R, Rotondano G, Piscopo R, Bianco MA, D’Angella R, Cipolletta L. Dual therapy
versus monotherapy in the endoscopic treatment of high-risk bleeding ulcers: a metaanalysis of controlled trials. Am J Gastroenterol 2007;102:279- 89, 469.
27. Leontiadis GI, Sharma VK, Howden CW. Proton pump inhibitor therapy for peptic ulcer
bleeding: Cochrane collaboration meta-analysis of randomized controlled trials. Mayo Clin
Proc 2007;82(3):286-96.
28. Ford AC, Delaney BC, Forman D, Moayyedi P. Eradication therapy for peptic ulcer disease in
Helicobacter pylori positive patients (Cochrane Review). In: The Cochrane Library, Issue 2,
2006. London: john Wiley & Sons Ltd.
29. Schilling D, Demel A, Nusse T, Weidmann E, Riemann jF. Helicobacter pylori infection does
not affect the early rebleeding rate in patients with peptic ulcer bleeding after successful
endoscopic hemostasis: a prospective single-center trial. Endoscopy 2003;35(5):393-6.
24
B. EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE VARICOSA
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
EGDS
Esofagogastroduodenoscopia
TIPSS
Transjugular intrahepatic portosystemic stent shunt
MELD
Mayo End-stage Liver Disease
PAS
Pressione arteriosa sistolica
FC
Frequenza cardiaca
Hb
Emoglobina sierica
EVL
Legatura delle varici esofagee
ABRI
Adjusted blood requirement index
UEC
Unità di emazie concentrate
Bpm
Battiti (cardiaci) per minuto
(VEDI ALGORITMI NELLA PAGINA SUCCESSIVA)
25
ALGORITMO 1: EMORRAGIA DIGESTIVA SUPERIORE NEL PAZIENTE AFFETTO DA
CIRROSI EPATICA
Ematemesi e/o melena in
paziente con ipertensione
portale
(diagnosi nota o sospetta di
cirrosi epatica)
1
Inquadramento
emodinamico
Anormale e/o instabile
e/o ematemesi
Normale e stabile
TERAPIA MEDICA
Trattamento intensivo preendoscopico
Inquadramento
emodinamico
Anormale e/o instabile
e/o persiste ematemesi
2
3
• Terlipressina,
somatostatina o analoghi
• Terapia antibiotica:
a. Fluorochinolonico
b. Ceftriaxone
Normale e stabile
• Monitoraggio intensivo
• EGDS appena possibile e
comunque entro 12 ore
EGDS appena possibile
4
4
Quadro
endoscopico?
Varici esofagee
Varici gastriche
Emorragia non varicosa
5
Vedi Algoritmo 2
Vedi algoritmi specifici
26
ALGORITMO 2: TRATTAMENTO DELL’EMORRAGIA DA VARICI ESOFAGEE
Emorragia da varici
esofagee
Legatura/Scleroterapia
Si
6
7
Arresto
dell’emorragia?
No
8
• Prosecuzione della
terapia con farmaci
vasoattivi per 3-5 gg.
• Terapia medica ed
endoscopica di
prevenzione del
risanguinamento
Sengstaken-Blakemore
TIPSS
9
11
No
Recidiva di
sanguinamento?
8
10
Sengstaken-Blakemore
Si
Trattamento endoscopico
urgente
Si
Arresto
dell’emorragia?
No
27
COMMENTI AGLI ALGORITMI
1. EMATEMESI E/O MELENA IN PAZIENTE CON IPERTENSIONE PORTALE (DIAGNOSI
NOTA O SOSPETTA DI CIRROSI EPATICA): l’emorragia digestiva nel paziente con
ipertensione portale è causata da varici esofagee nel 65-70 % dei casi e gastriche nel 1015%; nei restanti casi è determinata da cause più rare correlate all’ipertensione portale
(gastropatia congestizia, ectasia vascolare antrale gastrica, varici ectopiche duodenali)
oppure da altre lesioni definite come non varicose (ulcere, erosioni, ecc). L’emorragia da
varici esofagee o gastriche è caratterizzata dalla rilevante entità del sanguinamento e dal
conseguente squilibrio emodinamico. La mortalità, pur essendosi ridotta nelle ultime due
decadi grazie ai progressi nel trattamento, resta assai elevata (attualmente 15-20%)1, 2. Il
sanguinamento acuto da varici esofago-gastriche richiede una gestione complessa
multidisciplinare in un centro di riferimento dotato di terapia intensiva e di appropriate
competenze professionali (infermieri, medici d’emergenza-urgenza, epatologi, endoscopisti,
radiologi interventisti e chirurghi con adeguata formazione ed esperienza). La cirrosi
epatica rappresenta la causa principale di ipertensione portale nei paesi occidentali e nella
storia naturale della malattia, la presenza di varici esofago-gastriche e l’emorragia
conseguente costituiscono un evento estremamente importante. La prognosi di questi
pazienti è correlata alla gravità dell’epatopatia, espressa mediante la classificazione di
Child-Pugh e/o il MELD (Mayo End-stage Liver Disease) score sistemi più comunemente
utilizzati per identificare i soggetti a maggior rischio di morte e non riportati negli algoritmi
in quanto influenti sulle scelte terapeutiche successive (trapianto epatico, scelta del
trattamento farmacologico e del posizionamento di TIPSS3, 7) piuttosto che sulla gestione
acuta.
2. TRATTAMENTO INTENSIVO PRE-ENDOSCOPICO: scopo del trattamento iniziale è in
generale correggere lo shock emorragico (secondo gli obiettivi definiti nel capitolo specifico:
GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA) e specificamente prevenire le complicanze associate
all’emorragia gastrointestinale acuta nel paziente con epatopatia cronica avanzata (in
particolare infezioni batteriche, insufficienza renale, scompenso epatico con ascite ed
encefalopatia porto-sistemica) che sono indipendenti dalla causa di emorragia e richiedono
un trattamento immediato8, 9. L’emorragia digestiva in un paziente con cirrosi epatica
rappresenta un’emergenza che richiede un intervento immediato finalizzato al reintegro
volemico (anche tramite trasfusione di emazie concentrate), con l’obiettivo di mantenere
livelli di Hb intorno a 8 g/dL10, 11, 12. Sulla base delle evidenze scientifiche attualmente
disponibili12, 15 non possono essere formulate raccomandazioni univoche riguardanti il
trattamento della coagulopatia e della piastrinopenia. Per l’approfondimento degli aspetti
generali riguardanti il trattamento pre-endoscopico, si rimanda alla specifica sezione di
questo documento (vedi sopra: GESTIONE PRE-ENDOSCOPICA).
3. TERAPIA MEDICA: il trattamento con farmaci vasoattivi (somatostatina o analoghi:
octreotide e vapreotide; terlipressina) deve essere iniziato appena possibile (prima
dell’esecuzione dell’EGDS) quando si sospetta un’emorragia da varici esofago-gastriche e
deve essere proseguito per 3-5 giorni dopo la conferma della diagnosi10, 11, 12. Gli schemi
terapeutici consigliati sono:
• Octreotide: 50 µg a bolo, seguiti da 25-50 µg/h e.v. per 5 giorni
• Terlipressina: 2 mg a bolo e.v. ogni 4-6 ore per 48 ore, poi 1 mg a bolo e.v. ogni 4-6 ore
fino al 5° giorno
• Somatostatina:
o a dosaggio standard: 250µg a bolo seguiti da 250 µg/h e.v. per 5 giorni
o alte dosi: 250µg a bolo, ripetuto fino a 3 volte nella prima ora, seguiti da 500 µg/h
e.v. (in caso di emorragia refrattaria).
La profilassi delle infezioni batteriche (peritonite batterica spontanea, infezioni urinarie,
polmoniti) con antibiotici somministrati precocemente, si è dimostrata efficace nel ridurre il
rischio di recidiva del sanguinamento e la mortalità. La profilassi deve essere proseguita
per sette giorni10, 11:
• Norfloxacina orale (400 mg, due volte al giorno) o ciprofloxacina e.v. (se non è possibile
la somministrazione orale) sono gli antibiotici di scelta10, 11
28
• In pazienti con cirrosi avanzata il ceftriaxone (1 g e.v. al giorno) è preferibile,
particolarmente nei centri ad alta prevalenza di organismi resistenti ai fluorochinolonici10,
11
.
4. MONITORAGGIO INTENSIVO/EGDS APPENA POSSIBILE/EGDS APPENA POSSIBILE
E COMUNQUE ENTRO 12 ORE: l’EGDS deve essere eseguita appena possibile in tutti i
pazienti con emorragia digestiva superiore varicosa, per confermare la diagnosi ed attuare
il trattamento dell’emorragia mediante legatura (EVL) o scleroterapia delle varici10, 11.
L’esame endoscopico deve essere eseguito subito dopo la stabilizzazione delle condizioni
emodinamiche (fatto salvo il tempo necessario all’attivazione dell’equipe endoscopica ed
all’approntamento della sala), in particolare nel paziente con persistente anormalità
emodinamica e/o altri segni di sanguinamento attivo (ematemesi)12. L'allocuzione appena
possibile, sta ad indicare pertanto in modo preciso che l'esame deve essere effettuato nel
minor tempo possibile, nello specifico scenario clinico ed organizzativo. Il gruppo di lavoro
ha convenuto che anche nei pazienti ab initio stabilmente normali dal punto di vista
emodinamico l’esame sia eseguito appena possibile. L’intervallo riportato (12 ore) è quello
espresso dalla letteratura12, 14 e rappresenta un limite massimo che dovrebbe essere
comunque rispettato, a prescindere dal contesto in cui si opera. In attesa dell’esame, lo
stato emodinamico di questi pazienti deve essere monitorato strettamente. Il trattamento
endoscopico deve essere associato alla terapia farmacologica, da iniziarsi preferibilmente
prima dell’endoscopia stessa12.
5. VARICI GASTRICHE: nelle emorragie da varici del fondo gastrico è preferibile il
trattamento endoscopico con adesivi tissutali (es. butil-cianoacrilato o bucrilato, Glubran2®)12. Un’opzione alternativa è rappresentata dalla legatura endoscopica10, 11. Il TIPSS è
indicato nei pazienti in cui l’emorragia da varici del fondo gastrico risulta incontrollabile o in
caso di recidiva nonostante la terapia combinata farmacologica ed endoscopica10, 11.
6. LEGATURA/SCLEROTERAPIA: La diagnosi endoscopica di emorragia varicosa è definita
dal riscontro (1) di sanguinamento da una varice esofagea, (2) dalla presenza di white
nipple (segno endoscopico espressione certa del recente sanguinamento di una varice), (3)
di un coagulo adeso ad una varice oppure (4) dalla presenza di varici in assenza di altre
potenziali fonti emorragipare. La legatura rappresenta il trattamento endoscopico di scelta
per l’emorragia da varici esofagee, sebbene la scleroterapia possa essere usata in regime di
urgenza qualora la suddetta procedura risulti tecnicamente difficile da eseguire10, 11.
7. ARRESTO DELL’EMORRAGIA?: essendo il sanguinamento da varici esofagee spesso
intermittente (40-50% di arresto spontaneo nel gruppo trattato con placebo nei trial clinici)
è difficile ottenere conferma dell’efficacia del trattamento. Il mancato arresto del
sanguinamento (failure of bleeding control) può essere definito, nelle prime 6 ore dopo il
trattamento endoscopico da uno dei seguenti fattori: (1) necessità di trasfusione di≥ 4
UEC, (2) impossibilità di ottenere un incremento della PAS di 20 mmHg oppure una PAS di
almeno 70 mmHg, (3) impossibilità di ottenere una riduzione della FC di 20 bpm rispetto
all’esordio o impossibilità di ridurla al di sotto di 100 bpm. Oltre le 6 ore, il mancato arresto
del sanguinamento può essere annunciato da uno dei seguenti fattori: (1) presenza di
ematemesi, (2) riduzione della pressione arteriosa di 20 mmHg rispetto alla sesta ora, (3)
aumento della frequenza cardiaca di 20 bpm rispetto alla sesta ora o in due singole
consecutive rilevazioni, (4) necessità di trasfusione≥ 2 UEC per incrementare l’ematocrito
oltre il 27% o il livello di Hb oltre i 9 g/dL12.
8. SENGSTAKEN-BLAKEMORE: la sonda di Sengstaken-Blakemore deve essere utilizzata
come misura temporanea (massimo 24 ore) in pazienti con emorragia incontrollabile, in
attesa di una terapia definitiva (TIPSS oppure terapia endoscopica)10, 11.
9. TIPSS: il TIPSS (transjugular intrahepatic portosystemic stent shunt) è indicato nei
pazienti in cui l’emorragia da varici esofagee non può essere controllata o in cui l’emorragia
recidiva nonostante la terapia combinata farmacologica ed endoscopica10, 11. La recidiva del
sanguinamento dopo l’iniziale terapia combinata farmacologica ed endoscopica è gestita
mediante un secondo tentativo endoscopico oppure mediante posizionamento di TIPSS12.
10. RECIDIVA DI SANGUINAMENTO?: la recidiva di sanguinamento, in particolare se
precoce, è difficilmente distinguibile dal mancato arresto del sanguinamento stesso e
secondo il consensus statement di Baveno IV, se verificatasi entro cinque giorni dall’inizio
del trattamento rientra nel failure of bleeding control12. Per la definizione è sufficiente uno
dei seguenti criteri: (1) ematemesi≥ 2 ore dopo l’inizio di uno specifico trattamento
29
farmacologico o endoscopico, (2) riduzione di 3 g/L del livello di Hb (riduzione di circa 9%
dell’ematocrito), (3) decesso, (4) adjusted blood requirement index (ABRI)≥ 0.75 (ABRI=
unità di emazie/[Ht finale- Ht iniziale + 0.01]).
11. PROSECUZIONE DELLA TERAPIA…/TERAPIA MEDICA ED ENDOSCOPICA: i pazienti
cirrotici che sopravvivono ad un episodio di emorragia varicosa devono essere sottoposti a
profilassi secondaria della recidiva10, 11. L’associazione di trattamento con beta-bloccanti
non-selettivi e legatura endoscopica è la miglior opzione10, 11. I beta-bloccanti non-selettivi
devono essere somministrati alla massima dose tollerata. La legatura endoscopica deve
essere ripetuta ogni 2 settimane circa fino all’eradicazione; la prima EGDS di controllo va
eseguita da uno a tre mesi dopo l’eradicazione e successivamente ogni sei-dodici mesi10,
11
.
BIBLIOGRAFIA
1. G. D’Amico, R. de Franchis. Upper digestive bleeding in cirrhosis. Post-therapeutic outcome
and prognostic indicators. Hepatology 2003; 38: 599-612.
2. N. Carbonell, A. Pauwels, L. Serfaty et al. Improved survival after variceal bleeding in
patients with cirrhosis over the past two decades. Hepatology 2004; 40: 652-659.
3. R. Pough, I. Murray-lyon, J Dawson et al. Transection of the oesophagus for bleeding
oesophageal varices. Br J Surg 1973; 60: 646-649.
4. P.S. Kamath, R.H. Wiesner, M. Malinchoc et al. A Model to predict survival in patients with
end-stage liver disease. Hepatology 2001; 33: 464-70.
5. N. Chalasani, C. Kahi, F. Francois et al. Model for end-stage liver disease (MELD) for
predicting mortality in patients with acute variceal bleeding. Hepatology 2002; 35: 12821284.
6. L. Amitrano, L.A. Guardascione , N. Bennato et al. MELD score and hepatocellular
carcinoma identify patients at different risk of short-term mortality among cirrhotics
bleeding from esophageal varices. J Hepatol 2005; 42: 820-825.
7. E. Cholongitas, G.V. Papatheodoridis, M. Vangewli et al. Systematic review: the model for
end-stage liver disease – should it replace Child-Pugh’s classification for assessing
prognosis in cirrhosis? Aliment Pharmacol Ther 2005; 22: 1079-1089.
8. J.G. Albrades, J. Bosch. The treatment of acute variceal bleeding. J Clin Gastroenterol
2007; 41: s312-s317.
9. F. Bendtsen, A. Krag, S. Moller. Treatment of acute variceal bleeding. Dig Liv Dis 2008; 40:
328-336.
10. G. Garcia-Tsao, A.J. Sanyal, N.D. Grace et al.
Prevention and management of
gastroesophageal varices and variceal hemorrhage in cirrhosis. AASLD practice guidelines.
Hepatology 2007; 46(3): 922-938.
11. G. Garcia-Tsao, A.J. Sanyal, N.D. Grace et al.
Prevention and management of
gastroesophageal varices and variceal hemorrhage in cirrhosis. ACG practice guidelines.
Am J Gastroenterol 2007; 102: 2086-2102.
12. R. de Franchis. Evolving Consensus in portal hypertension: Report of Baveno IV Consensus
Workshop on methodology of diagnosis and therapy in portal hypertension. J Hepatol
2005; 43; 167-176.
13. ASGE Guideline: The role of endoscopy in the management of variceal hemorrhage,
updated July 2005. Gastrointest Endosc 2005; 62:651-655.
14. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. A national clinical
guidelines. Scottich Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) 2008.
15. OMED guidelines 2008: World Gastroenterology Organization practice guideline:
Esophageal varices.
30
C. EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE
INTRODUZIONE
Il sanguinamento gastrointestinale viene classicamente suddiviso in superiore o inferiore
qualora origini rispettivamente a monte o a valle del legamento di Treitz.
Si parla di emorragia digestiva inferiore acuta se questa è improvvisa, di recente insorgenza
(arbitrariamente meno di 3 giorni) e determina instabilità emodinamica, anemia e/o necessità
di emotrasfusioni. Il presente documento concerne l’emorragia acuta originante dal tratto
digestivo inferiore (colon e ileo terminale), eventualmente raggiungibile nel corso di una
pancolonscopia. Le emorragie del tratto digiuno-ileale sono più rare, la gestione è ancora
incompletamente definita e le conoscenze sulle tecniche endoscopiche (videocapsula ed
enteroscopia) sono recenti ed in rapida evoluzione.
EPIDEMIOLOGIA
• 20% degli episodi di emorragia gastrointestinale acuta
• Mortalità: 2-4%
• Incidenza aumenta con l’età
• 21 casi/100000 adulti negli USA
CAUSE
• Diverticoli 40%
• Angiodisplasie 11%
• Coliti (ischemiche, da radiazioni, IBD) 20%
• Neoplasie 1-14%
• Post-polipectomia 2-6%
• Patologie anorettali 5-10%
• Patologie piccolo intestino 5-10%
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
DEA
Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione
PCS
Pancolonscopia
VCE
Enteroscopia con videocapsula
FANS
Farmaci antinfiammatori non steroidei
IBD
Inflammatory Bowel Disease (Malattia Infiammatoria Intestinale)
EGDS
Esofago-gastro-duodenoscopia
(VEDI ALGORITMO NELLA PAGINA SUCCESSIVA)
31
ALGORITMO 1: EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE
Paziente con sospetta
emorragia digestiva
inferiore nel DEA
1
Inquadramento
emodinamico?
2
Instabile e/o anormale
Escludere e trattare un
sanguinamento digestivo
superiore
(anamnesi, SNG, EGDS)
Stabile e normale
Trattamento intensivo
Inquadramento
emodinamico?
3
Stabile e normale
Instabile e/o anormale
4
PCS entro 48h o
ambulatoriale
PCS appena possibile e
comunque entro 8h
PCS entro 24h
Fonte di
sanguinamento
Identificata?
Si
No
5
Si
Arresto della
emorragia?
Si
Sanguinamento
persistente?
No
Monitoraggio, osservazione
No
Angio-TAC, arteriografia,
embolizzazione
Ripetizione PCS se incompleta,
studio del piccolo intestino (VCE,
enteroscopia). Nel frattempo:
monitoraggio, osservazione
6
8
Arresto della
emorragia?
No
Trattamento chirurgico
Si
7
Monitoraggio, osservazione
32
COMMENTI ALL’ALGORITMO
1. PAZIENTE CON SOSPETTA EMORRAGIA DIGESTIVA INFERIORE NEL DEA: le
evidenze disponibili sulla valutazione e gestione del paziente con emorragia digestiva
inferiore sono limitate. Non disponiamo di modelli predittivi o sistemi a punteggio (score) in
grado di fornire stime del rischio in questi pazienti. Le poche evidenze scientifiche
disponibili riguardano i seguenti fattori, associati ad un outcome negativo (sanguinamento
incontrollabile e/o morte): età, instabilità emodinamica, comorbidità, terapia con aspirina o
FANS, pazienti già ospedalizzati per altre cause. Vengono pertanto considerate indicazioni
all’attivazione di un percorso diagnostico-terapeutico in urgenza: (1) l’età > di 60 anni, (2)
l’instabilità emodinamica, (3) una rettorragia di rilevante entità, (4) l’assunzione di aspirina
o FANS, (5) la presenza di significative comorbidità1. Informazioni rilevanti per la gestione
successiva del paziente possono derivare dalla disamina delle notizie anamnestiche:
recente colonscopia con polipectomia, Malattia Infiammatoria Cronica Intestinale (IBD),
pregresse emorragie diverticolari1, 2.
2. ESCLUDERE E TRATTARE UN SANGUINAMENTO DIGESTIVO SUPERIORE: nel 1015% dei casi di rettorragia l’origine del sanguinamento è a livello del tratto
gastrointestinale superiore. In particolare nei pazienti con storia di patologia del primo
tratto digestivo o di emorragia grave associata ad anormalità emodinamica, può essere
consigliabile eseguire preliminarmente un’EGDS2, 7. L’EGDS può essere inoltre indicata nel
caso in cui la colonscopia risulti negativa. Alcuni autori consigliano il posizionamento
preliminare di un SNG al fine di escludere la presenza di sangue nel tratto gastrointestinale
superiore. La presenza di materiale ematico nel sondino naso gastrico è predittiva di
emorragia prossimale al Treitz, ma deve essere ricordato che un aspirato negativo non
esclude un emorragia superiore3, 4, 6, 7
3. ESECUZIONE DELLA PANCOLONSCOPIA: prima di eseguire la colonscopia è necessaria
una preparazione intestinale che, pur richiedendo alcune ore, consente una migliore
visualizzazione del viscere, aumentando la performance diagnostica e riducendo il rischio di
complicanze. Viene consigliata una preparazione standard con polietilenglicole
eventualmente (in caso di scarsa collaborazione del paziente e di necessità di ridurre i
tempi) somministrabile attraverso un SNG3, 7. Alcuni autori non reputano sempre
necessaria la preparazione in caso di sanguinamento post-polipectomia8. La colonscopia in
urgenza è efficace nella diagnosi e nel trattamento ed è raccomandata entro 12-48 ore o
appena possibile nel caso di pazienti con emodinamica alterata non responsivi al
trattamento intensivo.
L’accuratezza diagnostica della colonscopia in caso di
sanguinamento inferiore è riportato variare fra il 69% e il 90%1, 7.
4. [PAZIENTE CON EMODINAMICA] INSTABILE E/O ANORMALE: nonostante la
colonscopia resti l’esame di scelta in caso di sanguinamento gastrointestinale inferiore, nei
rari casi di emorragia massiva associata ad instabilità/anormalità emodinamica, la
situazione di emergenza può rendere difficile o impossibile la preparazione intestinale e
l’esecuzione in condizioni ottimali della colonscopia. In questi casi l’angiografia con
embolizzazione può assumere un ruolo diagnostico e terapeutico predominante2, 6, 7; la
valutazione delle risorse disponibili nello specifico scenario clinico deve guidare la scelta di
quale sia l’opzione più appropriata.
5. ARRESTO DELL’EMORRAGIA?: diverse opzioni di trattamento endoscopico, a seconda
dell’etiologia, possono essere utilizzate per ottenere l’arresto del sanguinamento. Tali
modalità si sono dimostrate particolarmente efficaci nel controllo del sanguinamento
diverticolare ed in quello post-polipectomia1, 7.
6. ANGIO-TAC, ARTERIOGRAFIA, EMBOLIZZAZIONE: in caso di fallimento del
trattamento endoscopico o di persistenza del sanguinamento dopo colonscopia che non
abbia evidenziato fonti emorragiche, può essere indicato eseguire un’angiografia. Il potere
diagnostico dell’angiografia mesenterica (eventualmente associata ad embolizzazione
superselettiva) dipende dall’entità del sanguinamento (>1 mL/min) e pertanto risulta
particolarmente elevato in caso di emorragia abbondante. L’angiografia trova indicazione
anche in caso di indagini endoscopiche non diagnostiche o di recidiva. La sensibilità
riportata è pari al 47%, con una specificità del 100%3, 4, 6, 7. L’angio-TC viene utilizzata nel
caso in cui non sia disponibile l’opzione radiologica interventistica, come test di screening
33
nei pazienti da sottoporre ad angiografia, ed inoltre sta guadagnandosi un ruolo come
metodica diagnostica complementare o in caso di fallimento delle altre9.
7. TRATTAMENTO CHIRURGICO: il ricorso alla chirurgia è da considerare in caso di
insuccesso delle altre metodiche nei pazienti con sanguinamento persistente e può
rappresentare un’opzione anche in caso di sanguinamento massivo. La localizzazione
preoperatoria della sede emorragipara è importante per evitare un intervento estensivo1, 7.
8. RIPETIZIONE PCS SE INCOMPLETA, STUDIO DEL PICCOLO INTESTINO (VCE,
ENTEROSCOPIA). NEL FRATTEMPO: MONITORAGGIO, OSSERVAZIONE: nel caso in
cui il sanguinamento si sia arrestato e la colonscopia non abbia individuato la fonte
emorragipara, è consigliato lo studio del piccolo intestino con videocapsula endoscopica o
enteroscopia a singolo/doppio pallone o spirale2, 5, 7.
BIBLIOGRAFIA
1. Management of acute upper and lower gastrointestinal bleeding. SIGN 2008.
2. L.M.W.K. Song and T.H.Baron. Endoscopic Management of Acute Lower Gastrointestinal
Bleeding. Am J Gastroenterol 2008;103:1881-1887.
3. An annotated algorithmic approach to acute lower gastrointestinal bleeding. ASGE.
Gastrointest Endosc 2001;Vol 53 (7): 859-863.
4. ASGE Guideline: the role of endoscopy in the patient with lower-GI bleeding. Gastrointest
Endosc 2005;Vol 62 (5): 656-660.
5. J.J. Farrell, L.S. Friedman. Review article: the management of lower gastrointestinal
bleeding. Aliment Pharmacol Ther 2005;21:1281-1298.
6. B.T. Green, D.C. Rockey. Lower Gastrointestinal Bleeding-Management. Gastroenterol Clin
N Am 2005; 34: 665-678.
7. D. A. Edelman, C. Sugawa. Lower gastrointestinal bleeding: a review. Surg Endosc 2007
21: 514-520.
8. K. Saito, M. Inamori, K. Akimoto et al. Mangement of acute lower intestinal bleeding: what
bowel preparation should be required for urgent colonoscopy? Hepatogastroenterology
2009;56:1331-1334.
9. H. Stunell, O. Buckley, I.D. Lyburn et al. The role of computerized tomography in the
evaluation of gastrointestinal bleeding following negative or failed endoscopy: a review of
current status. J Postgrad Med 2008; 54:126-134.
34
INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE
DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO
IN EMERGENZA-URGENZA
NELL’INGESTIONE DI CAUSTICI
35
PREMESSA
La letteratura internazionale non propone allo stato attuale evidenze scientifiche di alto livello
riguardanti la gestione dei pazienti soggetti ad ingestione di un caustico.
I principali documenti su cui si fondano le raccomandazioni che seguiranno sono stati prodotti
da società scientifiche di ambito gastroenterologico nazionali:
- La SIED (Società Italiana di Endoscopia Digestiva) ha pubblicato nel 2008 il documento:
“Ingestione di sostanze caustiche: sintesi clinico-patologica e guida al management del
paziente in acuto.”
- La SIGENP (Società Italiana di Gastroenterologia Epatologia e Nutrizione Pediatrica) ha
pubblicato nel 2008 il documento di consenso: “Consensus Statement sulle urgenze non
emorragiche in età pediatrica”.
INTRODUZIONE
L’ingestione di sostanze caustiche configura situazioni di emergenza o urgenza coinvolgenti le
competenze di diversi specialisti e necessitanti pertanto di un approccio multidisciplinare
condiviso. Sono esposte al rischio sia la popolazione pediatrica che quella adulta, ma con
sostanziali differenze fra queste nelle modalità di assunzione e di conseguenza nella
presentazione clinica ed approccio alla gestione.
Secondo i dati diffusi dal Ministero della Salute e relativi all’anno 2003, su 24363 ricoveri per
avvelenamento acuto il 5.35% è stato causato dall’ingestione di caustici, con una mortalità del
1.5%, quasi esclusivamente rappresentata da soggetti adulti.
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
EGDS
Esofagogastroduodenoscopia
CAV
Centro antiveleni
RXT
Radiografia del torace
RXA
Radiografia diretta dell’addome
GGF
Gastrographin
TC
Tomografia computerizzata
Mdc
Mezzo di contrasto
DEA
Dipartimento di Emergenza-Urgenza ed Accettazione
OBI
Osservazione breve intensiva
PPI
Inibitori della pompa protonica
I CAUSTICI1
Le lesioni digestive da caustici sono provocate dall’ingestione di:
• Acidi forti (pH≤ 2): ac. cloridrico (muriatico), ac. fluoridrico, ac. fosforico, ac. nitrico, ac.
solforico (elementi di batterie, detergenti per WC, detergenti per metalli, antiruggine)
• Alcali forti (pH≥ 12): ammoniaca, carbonato di sodio, idrossido di sodio, idrossido di
potassio, ossido di calcio (detersivi per lavastoglie e per uso domestico)
• Agenti ossidanti : ipoclorito di sodio (candeggina), permanganato di K, perossido di
idrogeno.
Il contatto col caustico può provocare intensa flogosi chimica a livello delle pareti dei visceri
cavi.
Gli acidi favoriscono la comparsa di necrosi coagulativa, per disidratazione, denaturazione
delle proteine ed agglutinazione del citoplasma cellulare: ne consegue la formazione di escare
necrotiche che possono limitare la progressione transmurale del danno.
Gli alcali tendono ad una rapida penetrazione nei tessuti con necrosi colliquativa, a seguito
della saponificazione della componente lipidica delle membrane cellulari e della denaturazione
delle proteine, cui si associa trombosi dei vasi: ne consegue una rapida tendenza alla
transmuralizzazione ed alla perforazione. Va poi considerato che alcune sostanze basiche sono
caratterizzate da una evolutività fisiopatologica più lenta, con espressività completa del danno,
dalle ulcere alla necrosi, che può procedere fino a 5-6 giorni dall’ingestione. Nella quasi totalità
dei casi il danno è strettamente locale, limitato alla sede di contatto mucoso, ma alcune
sostanze possono avere anche una tossicità sistemica come l’ac. fluoridrico e l’ac. fosforico,
che sono in grado di chelare il calcio condizionando una grave ipocalcemia con conseguenti
possibili gravi alterazioni del ritmo cardiaco fino alla fibrillazione ventricolare e danni neuromuscolari.
36
Oltre che dalle caratteristiche chimiche della sostanza ingerita il danno è condizionato da:
• Stato fisico della sostanza ingerita: prodotti solidi, granulari o con maggiore viscosità,
come sono generalmente gli alcali, aderiscono tenacemente alle mucose e provocano più
facilmente danni a livello del cavo orale, faringe ed esofago prossimale. Gli acidi, che si
presentano generalmente allo stato liquido, scorrono più velocemente e tendono a
danneggiare maggiormente il cardias e lo stomaco. In pratica, a parità di concentrazione e di
pH, la gravità della lesione aumenta con l’aumentare della viscosità del caustico ingerito.
• Concentrazione: la normativa nazionale ed europea ha imposto un abbassamento della
concentrazione dei caustici destinati all’uso domestico, con conseguente riduzione del loro
potenziale lesivo. Tuttavia il persistere di comportamenti a rischio come il travaso di prodotti
per impiego industriale in contenitori di uso quotidiano (bottiglie vuote di acqua minerale) o
la disponibilità anche in ambiente domestico di solventi antiruggine, liquidi per batterie,
pulitori di metallo, può favorire il contatto con sostanze ad alta concentrazione.
• Modalità di assunzione: l’ingestione accidentale è tipica della quasi totalità dei casi
pediatrici e di circa il 50% dei casi adulti. Le lesioni sono spesso meno gravi e limitate
all’orofaringe perché il paziente tende ad interrompere la deglutizione e ad espellere la
sostanza. Nell’ingestione volontaria, l’atto forzato della deglutizione determina passaggio di
maggiore quantità di caustico e di conseguenza maggior gravità ed estensione delle lesioni.
• Stato di ripienezza gastrica: la presenza di cibo può diluire la sostanza caustica e/o
ridurne il contatto con la mucosa gastrica.
37
ALGORITMO 1: RIEPILOGO GESTIONE DELL’INGESTIONE DI CAUSTICI
Sospetta ingestione di
caustico
Valutazione A-B-C
Esami ematochimici
Percorso rianimatorio
1
Valutazione tossicologica
(Consulenza CAV)
No
2
Normale
dopo
trattamento
intensivo?
Si
Segni di
shock?
Si
No
Ingestione sospetta in
paziente pediatrico
asintomatico
Ingestione accertata o
paziente adulto o paziente
sintomatico
3
5
Accidentale
Volontaria
Osservazione
6
Asintomatico
Si
Sintomi?
No
6a
4
7
• Sintomatico
• Grande quantità
di caustico
• Necessità di
decontaminazio
ne per tossicità
sistemica
NO EGDS
• RXT+RXA
• RX transito GGF
• TC con mdc
8
6b
3
No
Perforazione?
9
EGDS entro 12-24
ore
EGDS appena
possibile
Si
10
6a
Chirurgia
Stadiazione di
Zargar?
11
Grado 1
Grado 2a
12
Grado 2b
13
Grado 3a
13
Guarigione senza
sequele
Possibili
complicanze
(stenosi)
Alto rischio di
complicanze
(emorragia,
perforazione,
stenosi)
Ricovero breve
Ricovero in
ambiente medico
Ricovero in
ambiente
subintensivo o
intensivo
Persistenza
dei sintomi a
2-3
settimane?
No
Grado 3b
14
15
Chirurgia
Si
Complicanze
maggiori?
16
EGDS a 2-3
settimane
Stenosi?
Si
Dilatazioni o
chirurgia
38
COMMENTI AGLI ALGORITMI
1. VALUTAZIONE A-B-C/ESAMI EMATOCHIMICI: metodo di approccio al paziente tipico
dell’emergenza-urgenza, con valutazione sequenziale di vie aeree (Airways), attività
respiratoria (Breathing) e circolatoria (Circulation). Alla valutazione segue il trattamento
immediato di eventuali problemi immediatamente minacciosi per la sopravvivenza.
L’obiettivo di questo metodo è normalizzare i parametri vitali (pressione arteriosa,
frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, saturazione periferica di O2 dell’emoglobina) e
mantenerli stabili nel tempo. Per quanto riguarda gli esami ematochimici: una leucocitosi
neutrofila (in particolare se> 2x104/ml) entro le prime 12 ore dall’ingestione sembra essere
un fattore prognostico negativo; l’ingestione di caustici può determinare quadri di acidosi
metabolica, emolisi, coagulazione intravascolare disseminata (CID), insufficienza renale e
insufficienza epatica2.
2. VALUTAZIONE TOSSICOLOGICA: CONSULENZA CENTRO ANTIVELENI (CAV): lo
scopo è identificare la sostanza caustica e i fattori che ne possono determinare l’effetto
tossico. Del prodotto ingerito sono importanti: il pH (da misurare con una cartina tornasole
con spettro di pH da 0 a 14), il principio attivo, la concentrazione, lo stato fisico (solido o
liquido), la viscosità (es. crema o gel), la quantità, la modalità di ingestione (accidentale o
volontaria), l’eventuale tossicità sistemica. Altri dati anamnestici utili sono: la coassunzione
di farmaci o altri prodotti in grado di aumentare la lesività del caustico, il tempo intercorso
dall’ingestione, eventuali comorbidità del paziente1
3. INGESTIONE SOSPETTA IN PAZIENTE PEDIATRICO ASINTOMATICO/NO EGDS: la
modalità di ingestione del caustico può condizionare la gravità delle lesioni e la decisione
di sottoporre o meno il paziente ad indagine endoscopica. In età pediatrica, la quasi totalità
delle ingestioni si verifica per cause accidentali.3
Le lesioni sono spesso meno gravi e limitate all’orofaringe perché il paziente tende ad
interrompere la deglutizione ed espellere la sostanza.
In presenza di assunzione dubbia, in paziente asintomatico di età pediatrica, molti autori
sono concordi nel ritener adeguata un’osservazione di 24–36 ore, riservando l’esecuzione
della EGDS ai casi che manifestano sintomi.3, 4, 5, 6, 7 In particolare lo studio osservazionale
di Betalli e coll. su una popolazione pediatrica ha dimostrato che l’incidenza di lesioni di
terzo grado in pazienti con sintomi lievi (lesioni orofaringee, vomito) è molto bassa e ha
concluso che l’EGDS è obbligatoria solo nei pazienti sintomatici.5 Lo studio retrospettivo di
Gupta e coll. non ha riscontrato lesioni significative nei pazienti asintomatici dopo
ingestione accidentale di caustici.7 Va ricordato comunque che l’associazione fra
presenza/assenza di sintomi e presenza/assenza di lesioni significative è messa in
discussione dal risultato di alcuni studi8, 9, 10 e che pertanto la controversia circa la necessità
di sottoporre ad EGDS tutti i pazienti che abbiano ingerito caustici resta aperta. Alla luce di
questa considerazione appare raccomandabile che le decisioni sul singolo caso vengano
prese al termine di una discussione del caso fra medico d’emergenza-urgenza ed
endoscopista.
4. SINTOMI?: La modificazione del quadro clinico con comparsa dei sintomi durante
l’osservazione, comporta l’esecuzione dell’indagine endoscopica. I segni e sintomi più
frequenti nell’ingestione di caustici sono: dolore urente al cavo orale con iperemia, edema,
erosioni o ulcere, scialorrea, faringodinia, odinofagia, disfagia, dolore retrosternale, pirosi,
epigastralgia, dolore addominale con o senza peritonismo, vomito, eruttazioni, afonia,
raucedine, stridore laringeo, alitosi di prodotto, ematemesi, dispnea da aspirazione.
5. INGESTIONE ACCERTATA O PAZIENTE ADULTO O PAZIENTE SINTOMATICO: tutti i
pazienti con ingestione accertata sono candidati ad eseguire l’EGDS, così come i pazienti
adulti con ingestione sospetta e i pazienti con ingestione sospetta o accertata che
presentino sintomi compatibili. L’EGDS dovrebbe essere eseguita, di principio, il più
precocemente possibile.2, 11, 12, 13, 14, 15
6. ACCIDENTALE/6a ASINTOMATICO/6b SINTOMATICO-GRANDE QUANTITA’ DI
CAUSTICO-NECESSITA’ DI DECONTAMINAZIONE PER TOSSICITA’ SISTEMICA:
l’indagine endoscopica può essere dilazionata solo quando l’ingestione accidentale non si
accompagni a sintomi. Anche in questo caso è preferibile però eseguire l’EGDS entro le 12
ore e non oltre le 24 ore.3, 4, 5, 7 Oltre questo limite il rischio di complicanza jatrogena
aumenta. Può essere giustificato dilazionare l'esecuzione della EGDS (sempre entro le 12-
24 ore) anche in casi selezionati, quali l'assunzione recente di cibo (rischio di ab ingestis) o
quando il caustico ingerito è l'ipoclorito di sodio, che alla lenta espressività patogenetica,
con tempo di latenza tra esposizione ed insorgenza delle lesioni1, unisce la peculiarità di
poter essere contrastato da un antidoto (tiosolfato di sodio), efficace se somministrato
entro 30' dall'ingestione, in dose uguale a quella di ipoclorito presumibilmente ingerita.
(6b) Il paziente sintomatico o che abbia presumibilmente ingerito una ingente quantità di
caustico segue lo stesso percorso dell’ingestione volontaria. Un recente studio italiano ha
introdotto il concetto di assunzione accidentale-deliberata riferita a quei casi, frequenti
anche in età pediatrica, in cui il paziente beve una abbondante sorsata scambiando per
potabile un caustico travasato in un normale contenitore di acqua o altra bevanda. In
questo caso, anche a paziente asintomatico, l’endoscopia è considerata obbligatoria.16
7. VOLONTARIA: Nell’adulto l’ingestione di caustici è volontaria e motivata da un intento
autolesivo in una rilevante percentuale di casi, fino a oltre il 50% in alcune casistiche.17, 18,
19
In questi casi la quantità, generalmente maggiore, di caustico ingerito determina quadri
clinici più severi e con maggior probabilità di conseguenze gravi o letali.
8. RADIOGRAFIA
DEL
TORACE+RADIOGRAFIA
DELL’ADDOME
DIRETTARADIOGRAFIA DEL TUBO DIGERENTE CON GASTROGRAPHIN-TC CON MEZZO DI
CONTRASTO: hanno lo scopo di evidenziare i segni di perforazione (pneumomediastino,
presenza di aria libera subdiaframmatica o spandimento del mezzo di contrasto dalla cavità
viscerale).
9. PERFORAZIONE?: la presenza di segni e sintomi riferibili a perforazione viscerale
addominale o mediastinica va sempre sospettata e ricercata nei pazienti che hanno ingerito
un caustico a scopo suicida, che presentano anormalità/instabilità emodinamica o nel
sospetto di ingestione di abbondanti volumi di caustico. La perforazione in atto rappresenta
infatti l’unica controindicazione assoluta alla EGDS20 e rappresenta un’indicazione
all’intervento chirurgico urgente.8, 14, 20, 21 In questi casi potrà essere utile eseguire
l’endoscopia intraoperatoria per fornire al chirurgo importanti informazioni circa sede ed
estensione delle lesioni.11, 21
10. EGDS APPENA POSSIBILE: la maggior parte degli autori è concorde circa la necessità di
eseguire l’esame endoscopico il più presto possibile (e comunque entro 6 ore
dall’ingestione): il razionale è quello di selezionare i pazienti da avviare alla terapia
chirurgica d’urgenza, rispetto a quelli che possono essere trattati, almeno inizialmente, in
modo conservativo.4, 21 L’EGDS precoce consente inoltre di eseguire la decontaminazione in
caso di ingestione di caustico dotato di tossicità sistemica (la gastrolusi è controindicata,
salvo nei casi a limitata tossicità locale ed elevata tossicità sistemica).1 La
decontaminazione può essere indicata anche dopo ore dall’ingestione poichè alcuni caustici
determinano spasmo pilorico e conseguente persistenza della sostanza nello stomaco anche
a distanza di tempo. L’endoscopia nel soggetto causticato richiede assistenza
anestesiologica e va eseguita in ambiente che consenta il monitoraggio continuo dei
parametri vitali e all’occorrenza, l’effettuazione delle manovre rianimatorie. L’assistenza
anestesiologica si rende necessaria per prevenire il danno da opposizione cosciente del
paziente, consentire una esplorazione di durata adeguata e per evitare l’inalazione del
caustico tramite l’intubazione oro-tracheale, se si sospetta l’ingestione di grandi quantità o
nell’ambito di un quadro clinico severo che giustifica l’opportunità di assistenza
respiratoria.11, 22
11. STADIAZIONE DI ZARGAR (Tab. 1): la classificazione delle lesioni deve essere
affidabile, riproducibile, minimamente soggetta ad interpretazione soggettiva. Fra le varie
classificazioni proposte dalla letteratura la classificazione di Zargar e coll.19, risponde ai
requisiti ed essendo il riferimento della maggior parte degli studi, consente il confronto con
i dati della letteratura internazionale. Altre classificazioni integrano il dato morfologico con
dati funzionali relativi alla motilità e al tono degli sfinteri.17, 23
40
Tab. 1 Classificazione endoscopica delle lesioni secondo Zargar et al. 1992
Grado
Tipo di lesione
Grado 1
Edema e iperemia della mucosa
Grado 2
2a
Ulcere superficiali, erosioni, friabilità, essudati , emorragie, membrane biancastre
2b
Grado 3
3a
3b
Come grado 2 + ulcerazioni profonde discrete o interessanti la parete del viscere in
modo circonferenziale
Aree di necrosi piccole o disseminate
Necrosi estesa
12. GRADO 1: i pazienti con lesioni endoscopiche di grado lieve (Grado 1) presentano
generalmente un quadro clinico modesto o silente e tendono alla guarigione senza
reliquati. In questi pazienti è prevedibile una ripresa precoce dell’alimentazione orale e la
dimissione dopo pochi giorni di ricovero. Può essere indicato un controllo endoscopico a
distanza di 2-3 settimane in caso di persistenza di sintomi.
13. GRADO 2a/2b: pazienti con lesioni di grado intermedio (Grado 2a e 2b) sono
maggiormente esposti al rischio di possibili complicanze. In questi casi è indicato il ricovero
in ambiente medico e (in caso di evoluzione clinica peggiorativa durante la degenza), può
essere considerata l’eventualità di un “second look” endoscopico, rivalutando l’opportunità
di avviare il paziente ad un percorso chirurgico.21
14. GRADO 3a: i pazienti con lesioni endoscopiche di Grado 3a presentano di norma un
quadro clinico grave ed un alto rischio di complicanze4: in questi casi è opportuno il
ricovero in ambiente semintensivo o intensivo. Può essere giustificato il ricorso alla
chirurgia esplorativa (laparoscopia, mediastinoscopia, laparotomia).11 La comparsa di
complicanze maggiori (emorragia, perforazione) rende necessario l’intervento chirurgico
resettivo.
15. GRADO 3b: i pazienti con lesioni di Grado 3b (necrosi estesa) devono essere avviati
tempestivamente al trattamento chirurgico per l’altissimo rischio di perforazione
connaturato a questo tipo di lesioni. La perforazione viscerale gastrica o duodenale, ma
soprattutto esofagea rappresenta il fattore maggiormente correlato alla mortalità precoce
del paziente. In conclusione: “La perforazione deve essere prevista e non attesa”.11
16. EGDS A 2-3 SETTIMANE: mentre le lesioni di Grado 1 guariscono generalmente senza
esiti, le lesioni di Grado 2 e 3 trattate conservativamente sono esposte ad un rischio
crescente, in proporzione alla gravità, di sviluppare stenosi cicatriziale.20, 24 La stenosi si
sviluppa a partire da 2 settimane dopo l’ingestione.4 Questi pazienti dovrebbero pertanto
essere sottoposti ad EGDS di controllo a 2-3 settimane dall’evento acuto. In caso di stenosi
il trattamento potrà essere endoscopico o chirurgico.
41
BIBLIOGRAFIA
1. Giampreti A, Vecchio S, Bigi S, Petrolini V, Locatelli C. L’ingestione di
sostanze
caustiche/corrosive dal punto di vista tossicologico: aspetti epidemiologici ed elementi
diagnostico-terapeutici. Antidotes in Depth 2008 and chemical emergencies clinical and
public health issues, Pavia maggio 2008.
2. Rigo GP, Camellini L, Azzolini F, Guazzetti S, Bedogni G, Merighi A et al. What is the utility
of selected clinical and endoscopic parameters in predicting the risk of death after
caustic ingestion? Endoscopy 2002;34(4):304-10.
3. AA.VV.
Consensus statement sulle urgenze endoscopiche non emorragiche in
età
pediatrica . SIGENP – Progetto Airone . 2008
4. Cheng HT, Cheng CL, Lin CH. Caustic ingestion in adults: the role of endoscopic
classification in predictingoutcome. BMC Gastroenterol 2008;8:31.
5. Betalli P, Falchetti D, Giuliani S, et al. Caustic ingestion in children: is endoscopy always
indicated? The results of
an Italian multicenter observational study Gastrointestinal
Endoscopy. 2008;68:434–439.
6. Lamireau T, Rebouissoux L, Denis D, Lancelin F, Vergnes P, Fayon M. Accidental caustic
ingestion in children: is endoscopy always mandatory? J Pediatr Gastroenterol Nutr. 2001
Jul; 33 (1):81-4.
7. Gupta S, Croffie JM, Fitzgerald JF, et al. Is esophagogastroduodenoscopy necessary in all
caustic ingestions? Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition. 2001;32:50–53
8. Gorman RL, Khin-Maung-Gyi MT, Klein-Schwartz W, Oderda GM, Benson B, Litovitz T et al.
Initial symptoms as predictors of esophageal injury in alkaline corrosive ingestions. Am J
Emerg Med 1992;10(3):189-94.
9. Previtera C, Giusti F, Guglielmi M. Predictive value of visible lesions (cheeks, lips,
oropharynx) in suspected caustic ingestion: may endoscopy reasonably be omitted in
completely negative pediatric patients? Pediatr Emerg Care. 1990;6(3):176-8.
10. Gaudreault P, Parent M, McGuigan MA, Chicoine L, Lovejoy FH Jr. Predictability of
esophageal injury from signs and symptoms: a study of caustic ingestion in 378 children.
Pediatrics 1983;71(5):767-70.
11. Rossi A. Management dell’ingestione di sostanze caustiche : percorso diagnosticoterapeutico
12. Grosso C. Ingestione di sostanze caustiche: inquadramento clinico ed endoscopia in
urgenza nel paziente adulto. Giorn Ital End Dig, 2004;27:45-53.
13. Rossi A. Ingestione di sostanze caustiche: come affrontarla nella attuale realtà sanitaria?
Giorn Ital End Dig, 2004;27:9-13.
14. Andreoni B, Marini A, Gavinelli M et al. Emergency management of caustic ingestion in
adults. Surg Today 1995:25(2):119-24.
15. Poley JW, Steverberg EV, Kuipers EJ et al. Ingestion of acid and alkaline agents: outcame
and prognostic value of early upper endoscopy. Gastrointest Endosc 2004 Sep;60(3):372-7
16. Betalli P, Rossi A, Bini M et al. Update on management of caustic and foreign body
ingestion in children. Diagn Ther Endosc. 2009: 969868. Published online 2009 November
8.
17. Rigo Gp et al (1979) Problemi diagnostici e terapeutici nelle gravi causticazioni del primo
tratto del tubo digerente.7°Congresso SIED, Palermo: pp 1-8
18. Garcia Diaz E, Castro Fernàndez M, Romero Gòmez M, Castilla Higuero L. Upper
gastrointestinal tract injury caused by ingestion of caustic substances Gastroenterol
Hepatol 2001 Apr;24(4):191-5
19. Tohda G, Sugawa C, Gayer C, Chino A, McGuire TW, Lucas CE. Clinical evalutation and
management of caustic iniury in the upper gastrointestinal tract in 95 adult patients in an
urban medical ceter. Surg. Endosc. 2008 Apr;22(4):1119-25 Epub 2007 Oct 27
20. Zargar SA, Kochhar R, Mehta S, Mehta SK. The role of fiberoptic endoscopy in the
management of corrosive ingestion and modified endoscopic classification of burns.
Gastrointest Endosc. 1991;37(2):165-9.
21. Rossi A, Grosso C, Bini M, Zanasi G. Raccomandazioni SIED: “ Ingestione di sostanze
caustiche: sintesi clinico-patologica e guida al management del paziente in acuto”. Febbraio
2008
42
22. Linee Guida della Federazione AIGO-SIED-SIGE. Lesioni da caustici del tratto digestivo
superiore. A cura del consiglio direttivo SIED con la collaborazione di G. Rigo (novembre
1997)
23. Arcidiacono R., Rossi A., Grosso C. et al.: Proposal of a new endoscopic classification of
lesions from caustic ingestion. Acta Endosc., (1992); 22(4): 413-418.
24. Zargar SA, Kochhar R, Nagi B, Mehta S, Mehta SK. Ingestion of strong corrosive alkalis:
spectrum of injury to upper gastrointestinal tract and natural history. Am J Gastroenterol.
1992;87:337–41.
43
ALGORITMO 2: GESTIONE POST-ENDOSCOPICA DEL PAZIENTE CAUSTICATO
EGDS
Assenza di
lesioni
Lesioni di Grado 1
Lesioni di Grado 2
Lesioni di Grado 3
Dimissione dal
DEA/OBI
Ricovero breve in
ambiente medico
Ricovero in
ambiente medico
Ricovero in
ambiente
subintensivo o
intensivo
2
1
3
5
Complicanze
maggiori
(emorragia,
perforazione)?
No
Terapia
sintomatica
(alginati)
Terapia medica
(PPI, alginati)
Terapia medica
(antibiotica, PPI,
cortisonici)
Si
Trattamento
chirurgico
Terapia medica
(antibiotica, PPI)
4
6
COMMENTI ALL’ ALGORITMO
1. ASSENZA DI LESIONI/TERAPIA SINTOMATICA: se il paziente è asintomatico non
necessita di alcun trattamento; se è sintomatico può eseguire trattamento con alginati.
2. LESIONI GRADO 1 – RICOVERO BREVE IN AMBIENTE MEDICO: il paziente può essere
dimesso dopo un breve ricovero; si può alimentare precocemente; viene trattato con
inibitori di pompa protonica e alginati.
3. LESIONI GRADO 2: è indicato il ricovero in ambiente medico per la possibile insorgenza di
complicanze a breve termine. E’ neccessario prestare grande attenzione alla comparsa di:
segni di sanguinamento, sepsi, acidosi metabolica, altri fattori prognosticamente
sfavorevoli (leucocitosi, coagulazione intravascolare disseminata, insufficienza renale o
epatica). Il trattamento medico ha lo scopo di favorire la cicatrizzazione delle lesioni e di
ridurre l’incidenza delle stenosi cicatriziali. Per mettere a riposo il viscere leso, viene
temporaneamente sospesa l’alimentazione orale, sostituita dalla somministrazione di fluidi
per via endovenosa o dalla nutrizione parenterale totale.
4. TERAPIA MEDICA:
a. PPI/alginati: un reflusso gastroesageo è presente in circa l’80-100% dei pazienti con
lesioni esofagee da caustici. In considerazione della apparente correlazione diretta tra
reflusso gastroesofageo, acidità gastrica basale e severità delle lesioni esofagee, la
terapia antisecretiva gastrica è raccomandata.1 In letteratura è riportato un unico studio
randomizzato riguardante l’utilizzo di farmaci antisecretori nella prevenzione delle
recidiva di stenosi di stent esofagei in pazienti soggetti a causticazione; in questo studio
su una popolazione di 100 pazienti, il trattamento con omeprazolo 20 mg/die, ma non
con ranitidina, per 12 mesi dopo l’ingestione, riduceva significativamente la necessità di
rimpiazzo dello stent.2 L’omeprazolo è risultato efficace, in associazione con la vitamina
44
E, nel ridurre i segni istopatologici e biochimici di danno esofageo anche in uno studio
sperimentale condotto su ratti.3 In un altro studio sperimentale sempre su ratti, anche il
sucralfato è risultato efficace nel ridurre l’incidenza di stenosi esofagee e nell’accelerare
la guarigione delle lesioni mucose.4
b. Cortisonici: nel 2006 è stata pubblicata una metanalisi riguardante l’efficacia degli
steroidi versus trattamento non steroideo nel prevenire le stenosi esofagee nelle lesioni
da caustici di grado 2. Tra gli altri lo studio includeva 2 trial randomizzati. Il tipo di
steroide era diverso nei vari studi considerati (desametasone, prednisone,
metilprednisolone, idrocortisone, etc) e la durata del trattamento variabile. Nonostante i
limiti metodologici legati alla eterogeneità degli studi, i dati disponibili non
dimostravano un’efficacia significativa degli steroidi nel prevenire le stenosi esofagee
(12.3% vs 19%). In pratica, allo stato attuale, considerata l’assenza di sufficienti prove
di efficacia del trattamento steroideo e tenendo presenti i rischi ad esso associati
(infezioni in particolare), non è consigliabile l’uso routinario degli steroidi nelle lesioni
esofagee da caustici.5
c. Antibiotici: non è consigliabile impiegarli a scopo profilattico in tutti i casi; in genere
vengono utilizzati in associazione alla terapia steroidea, in considerazione
dell’incremento del rischio di infezioni, o in caso di comparsa di segni di infezione.
5. RICOVERO IN AMBIENTE SUBINTENSIVO O INTENSIVO: i pazienti con lesioni
endoscopiche di grado 3a presentano un quadro clinico grave e ad alto rischio di
complicanze: è necessario pertanto il ricovero in ambiente subintensivo/intensivo. La
comparsa di complicanze maggiori (in particolare emorragia o perforazione) impone il
trattamento chirurgico. I pazienti con lesioni di grado 3b (necrosi estesa) vengono avviati
direttamente al trattamento chirurgico.
6. TERAPIA MEDICA: rispetto alle lesioni di grado 2, nelle lesioni di grado 3 non è prevista la
somministrazione di steroidi5, mentre può essere indicata la profilassi antibiotica.
BIBLIOGRAFIA
1. Abakumov MM, Pinchuk TP, ll'iashenko LG. Is antisecretory therapy of patients with
chemical burn of the esophagus mandatory? Khirurgiia (Mosk). 2007;(1):20-4.
2. Allakhverdian AS, Mazurin VS, Morozov SV, Isakov VA. Antisecretory therapy for prevention
of stenoses of bougienage after-burn of esophageal strictures. Eksp Klin Gastroenterol.
2003;4:36-9.
3. Topaloglu B, Bicakci U, Tander B, Ariturk E, Kilicoglu-Aydin B, Aydin O et al. Biochemical
and histopathologic effects of omeprazole and vitamin E in rats with corrosive esophageal
burns. Pediatr Surg Int. 2008;24(5):555-60.
4. Temir ZG, Karkiner A, Karaca I, Ortaç R, Ozdamar A. The effectiveness of sucralfate
against stricture formation in experimental corrosive esophageal burns. Surg Today.
2005;35(8):617-22.
5. Fulton JA, Hoffman RS. Steroids in second degree caustic burns of the esophagus. A
systematic pooled analysis of fifty years of human data: 1956-2006. Clinical Toxicology
2007;45(4):402-408.
45
INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE
DELL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO
IN EMERGENZA-URGENZA
NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI
46
INDICAZIONI
ALL’ESECUZIONE
DELL’ESAME
ENDOSCOPICO
EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI
DIGESTIVO
IN
INTRODUZIONE
L’impatto di un corpo estraneo ingerito a livello del tratto digestivo superiore rappresenta una
evenienza frequente. Nella maggioranza dei casi il corpo estraneo viene spontaneamente
espulso, ma nel 10-20% dei casi si rende necessaria la sua asportazione endoscopica e in
meno dell’1% dei casi l’asportazione chirurgica.
L’ingestione è quasi sempre accidentale (oltre 90% dei casi) ad eccezione di pazienti con
problematiche neuropsichiatriche o di categorie particolari come i carcerati. Particolarmente a
rischio sono i bambini di età compresa fra 6 mesi e 6 anni, gli adulti con patologie neurologiche
e gli anziani edentuli.
Nei ragazzi e negli adulti collaboranti l’ingestione del corpo estraneo viene percepita con
esattezza nel momento in cui avviene e viene riferita con precisione la natura del corpo
estraneo; nei bambini piccoli e negli adulti con deficit cognitivi l’ingestione del corpo estraneo
può rimanere misconosciuta anche per molti giorni.
La gestione del paziente che ha ingerito un corpo estraneo è sempre multidisciplinare e
richiede una attenta valutazione di ogni singolo caso. Non viene affrontato in questa sede il
trattamento del corpo estraneo collocato in ampolla rettale in quanto questo è di prevalente
pertinenza chirurgica.
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
CE
Corpo estraneo
RX
Radiografia
TC
Tomografia Computerizzata
PPI
Inibitori della pompa protonica
CAV
Centro anti-veleni
ANAMNESI
Raccolta dai genitori, famigliari o direttamente dal paziente è mirata ad ottenere alcune
informazioni essenziali:
• Volontarietà o meno dell’ingestione (ad esempio spesso un carcerato ingerisce una
lametta da barba dopo averla “protetta” con nastro adesivo o altro materiale
• Natura del corpo estraneo (quando possibile è utile disporre di un oggetto uguale o
simile, sul quale eseguire prove finalizzate alla scelta dell’accessorio più adatto al recupero)
• Tempo intercorso dall’ingestione (una batteria a disco ingerita da oltre 48 ore ed
ancora posizionata nello stomaco deve essere ad esempio prontamente rimossa)
• Tempo intercorso dall’ultimo pasto (ad esempio, in uno stomaco pieno di ingesti è
spesso impossibile visualizzare corpi estranei di dimensioni anche superiori ai 2 cm)
• Patologie pre-esistenti (in particolare stenosi esofagee, precedenti interventi chirurgici
che abbiano alterato l’anatomia del tubo digerente).
ESAME OBIETTIVO
Un corpo estraneo posizionato in esofago solitamente determina sintomi quali: disfagia,
odinofagia, rifiuto del cibo, dolore al collo, gola o torace, scialorrea, tosse, striature ematiche
della saliva. Sintomi quali ematemesi, dispnea, cianosi o segni quali crepitazioni o edema del
collo configurano sempre situazioni di allarme.
Un corpo estraneo posizionato nello stomaco è solitamente asintomatico, ma può determinare
conati di vomito, anche ripetuti.
Le eventuali complicanze, possono manifestarsi con diversi quadri clinici, in particolare
mediastinite, peritonite, emorragia, avvelenamento.
SEDAZIONE
Nel caso di adulti collaboranti la procedura può essere condotta in sedazione conscia; nei
bambini e negli adulti non collaboranti è necessaria l’assistenza anestesiologica in sala
valutando l’opportunità della intubazione oro-tracheale. Quello che segue rappresenta
l’algoritmo proposto per la gestione dei pazienti con ingestione delle più frequenti forme di
corpo estraneo; casi particolari quali l’ingestione di magneti, corpi estranei contenenti piombo
47
o contenitori di stupefacenti sono stati trattati separatamente. I numeri presenti sull’algoritmo
rimandano
a
specifici
commenti.
48
ALGORITMO 1: INDICAZIONI ALL’ESAME ENDOSCOPICO DIGESTIVO IN EMERGENZA-URGENZA NELL’INGESTIONE DI CORPI ESTRANEI
Anamnesi e/o esame obiettivo
compatibili con ingestione di
CE
RX del collo, torace, addome
1
CE in esofago
ATTENZIONE: nei rari
casi di pazienti sintomatici
con CE nello stomaco, i
tempi e le modalità della
rimozione dovranno essere
definiti caso per caso
CE oltre l’esofago
2
Rimozione
endoscopica
appena possibile
CE smusso
< 2.5-3 cm
CE allungato
• Adulto 6-10 cm
• Neonato 2-3 cm
• Bambino 3-5 cm
CE vulnerante
Batterie
4
Stilo-corazzate
Nello stomaco
• RX settimanale
• Rimuovere se non
progredisce dopo 3-4
settimane
Nello stomaco:
rimuovere dopo circa 6
ore (tempo utile per
svuotamento gastrico)
Nello stomaco:
rimuovere dopo circa
6 ore (tempo utile per
svuotamento gastrico)
Oltre lo stomaco
• RX settimanale
• Rimuovere se non
progredisce per 1
settimana
Oltre lo stomaco
• RX giornaliero
• Rimuovere se non
progredisce per 3
giorni
A disco/bottone
Come CE smusso
3
Oltre lo stomaco
• RX settimanale
• Rimuovere se non
progredisce per 1
settimana
Nello stomaco:
rimuovere dopo circa
6 ore (tempo utile per
svuotamento gastrico)
Oltre lo stomaco
• RX ogni 3-4 giorni
49
COMMENTI ALL’ALGORITMO
1. RX DEL COLLO, TORACE, ADDOME1, 2, 3: consentono la precisa localizzazione di corpi
estranei radio-opachi, forniscono indicazioni sul grado di ripienezza gastrica, mostrano
l’eventuale presenza di aria libera nel collo-mediastino-addome. Nel caso di corpi estranei
radiotrasparenti non è opportuno ricorrere a studi radiografici con mezzi di contrasto per
confermarne la presenza e localizzazione ed è preferibile procedere direttamente all’esame
endoscopico. Le radiografie devono essere effettuate nei trenta minuti che precedono
l’esame endoscopico al fine di ridurre al minimo la possibilità che il corpo estraneo
progredisca oltre la seconda porzione duodenale. Nel caso di sospetto clinico-radiologico di
perforazione è indicata l’esecuzione di una TC.
2. CE IN ESOFAGO1, 2, 3, 4: la presenza di un corpo estraneo in esofago, qualunque sia la sua
natura, rappresenta un’urgenza indipendentemente dallo stato di ripienezza gastrica.
Tuttavia, nel caso di piccoli oggetti smussi (es. monete o sfere) in un paziente
completamente asintomatico, è accettabile una osservazione fino ad un massimo di 24 ore,
data la probabilità di un passaggio spontaneo nello stomaco.
3. NELLO STOMACO [RX SETTIMANALE; RIMUOVERE SE NON PROGREDISCE DOPO 34 SETTIMANE]1, 2, 3, 4: il paziente viene dimesso col consiglio di ripresentarsi prontamente
al DEA in caso di comparsa di vomito alimentare; la dieta è libera; la somministrazione di
soluzioni di macrogol (es. SELG®) può favorire l’espulsione del corpo estraneo, una volta
che questo sia transitato oltre il piloro. La rimozione entro poche ore dall’ingestione può
essere indicata qualora siano note condizioni anatomiche in grado di ostacolare
l’eliminazione del corpo estraneo: stenosi, malattia di Crohn diffusa ecc.
4. BATTERIE1, 2, 3, 4: la somministrazione di PPI, anche se non supportata da evidenze di
qualità elevata, è giustificata in caso di batterie localizzate nello stomaco, in quanto
l’ambiente acido favorisce la corrosione della batteria.
SITUAZIONI PARTICOLARI
Ingestione di magneti1
L’ingestione di un magnete singolo viene gestita in base alla sua forma, dimensione e sede nel
tubo digerente.
L’ingestione di magneti multipli può causare gravi danni (perforazioni, necrosi, emorragie,
occlusioni) a causa dell’adesione fra i magneti stessi e della conseguente compressione di anse
intestinali interposte.
Si raccomanda pertanto in questi casi di:
- rimuovere rapidamente tutti i magneti ingeriti presenti nello stomaco
- ricovero del paziente e stretto monitoraggio clinico e radiologico dei magneti transitati
oltre il duodeno
- rapido consulto chirurgico in caso di sintomi di allarme
Corpi estranei contenenti piombo1
Dato il rischio di grave tossicità si raccomanda:
- rapida rimozione endoscopica
- determinazione basale della piombemia
- somministrazione di PPI e.v. al fine di rallentare la liberazione di piombo a livello
gastrico
- eventuale terapia chelante, sulla scorta delle indicazioni fornite dal CAV
Corpi estranei contenenti stupefacenti – “narcotic packets” 2, 6, 7
Questo genere di CE non dovrebbe in genere essere rimosso endoscopicamente per l’elevato
rischio di rottura o danneggiamento del contenitore, con conseguente tossicità acuta sistemica
legata alla sostanza stupefacente.
Assunzione di grande quantita’ di farmaci in pillole o compresse5
In questi casi è raccomandato rivolgersi al CAV di riferimento e seguirne le indicazioni. A volte
le compresse si compattano fra loro condizionando una riduzione dell’assorbimento del
farmaco; la loro rimozione endoscopica può quindi ridurre la tossicità.
50
BIBLIOGRAFIA
1. Consensus statement sulle urgenze endoscopiche non emorragiche in età pediatrica.
SIGENP 2008.
2. ASGE. Guideline for the management of ingested foreign bodies. Gastrointest Endosc
2002; 55 (7): 802-806.
3. Raccomandazioni SIED: rimozione endoscopica dei corpi estranei. 2008
4. UpTodate: “Button battery ingestion” – “ Foreign bodies of the esophagus and
gastrointestinal tract in children” – “Foreign bodies in the esophagus in adults”. 2009
5. Kupferschmidt, H. Place for Endoscopy in Gastrointestinal Decontamination. Clinical
Toxicology 2007; 45 (4): 356-357.
6. Veyrie N, Servajean S, Aissat A, Corigliano N, Angelakov C, Bouillot JL. Value of a
Systematic Operative Protocol for Cocaine Body Packers. World J Surg 2008; 32
(7):1432-7
7. Quaglio G, Lugoboni F, Mezzelani P. La sindrome dei Body Packer e dei Body Stuffer.
Boll. Farmacodip. E Alcoolis. XXIV (2) 2001.
51
INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELLA
ERCP IN EMERGENZA-URGENZA
52
INDICAZIONI ALL’ESECUZIONE DELLA ERCP IN EMERGENZA E URGENZA
INTRODUZIONE
Gli ultimi 30 anni hanno visto sviluppi fondamentali nella gestione della calcolosi biliare e delle
sue complicanze, patologie caratterizzate nell’insieme da elevatissimo costo sociale (nei soli
USA, 6 miliardi di dollari l’anno). La Colangiopancreatografia Endoscopica Retrograda (ERCP) è
una procedura ormai ampiamente disponibile nella routine diagnostica e nel trattamento di
queste condizioni. Nell’ultimo decennio essa è stata affiancata da nuove tecniche d’immagine
come l’ecografia endoscopica (EUS), in grado di offrire la possibilità di visualizzare
accuratamente l’albero biliare senza la necessità di incannularlo, abbattendo in tal modo il
rischio di complicanze. Ciò ha condotto ad una graduale riduzione delle indicazioni diagnostiche
della ERCP, che tuttavia mantiene un ruolo chiave nel trattamento di alcune condizioni.
Il presente capitolo ha la finalità di fornire raccomandazioni circa l’impiego della ERCP in
emergenza-urgenza nelle due principali complicanze acute della calcolosi della via biliare
principale: pancreatite acuta biliare e colangite acuta.
Di seguito vengono esposti gli algoritmi riassuntivi seguiti dai commenti esplicativi. Le varie
caselle degli algoritmi sono facilmente correlabili ai relativi commenti tramite la numerazione di
rimando. All’interno degli algoritmi, i tempi di esecuzione raccomandati per l’esame
endoscopico fanno riferimento come tempo “zero” all’esordio dei sintomi.
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE NEL TESTO
ERCP
PA
OVBP
EUS
SE
TC
BISAP
APACHE
SIRS
VBP
RMN
CBDS
Endoscopic Retrograde Cholangiopancreatography
Pancreatite acuta
Ostruzione della via biliare principale
Endoscopic ultrasonography (ecoendoscopia)
Sfinterotomia endoscopica
Tomografia computerizzata
Bedside index of severity in acute pancreatitis
Acute physiology and chronic health examination
Systemic Inflammatory Response Syndrome
Via biliare principale
Risonanza magnetica nucleare
Common bile duct stones (litiasi della via biliare principale)
53
ALGORITMO 1: ERCP NELLA PANCREATITE ACUTA GRAVE
Pancreatite acuta
1
Biliare?
2
Si
Non grave
Gravità?
Algoritmo 2
3
Grave
No
Segni di
OVBP?
Colangite
o sepsi?
4
5
Si
EUS o
colangiografiaRMN entro 24-48
ore
No
Si
ERCP+SE appena
possibile e
comunque entro
24 ore
ERCP+SE entro
48-72 ore
7
6
Litiasi
della VBP?
Si
No
No ERCP urgente
8
54
7
ALGORITMO 2: ERCP NELLA PANCREATITE ACUTA NON GRAVE
Pancreatite acuta
1
Biliare?
2
Si
Gravità?
Grave
Algoritmo 1
3
Non Grave
No
Segni di
OVBP?
Colangite
o sepsi?
4
5
Si
No ERCP urgente
EUS differibile
8
No
Si
ERCP+SE entro
48-72 ore
7
ERCP+SE appena
possibile e
comunque entro
24 ore
7
55
ALGORITMO 3: ERCP NELLA COLANGITE ACUTA (SU LITIASI DELLA VIA BILIARE PRINCIPALE)
NON ASSOCIATA A PANCREATITE
Colangite acuta
4
Inizio terapia
medica
Grave?
(Grado III)
Vedi Tab. 3
No
Si
9
Risposta
alla terapia
a 24 ore?
ERCP+SE appena
possibile e
comunque entro
24 ore
Si (Grado I)
No (Grado II)
ERCP+SE entro
48-72 ore
COMMENTI AGLI ALGORITMI
1. PANCREATITE ACUTA: la diagnosi di PA dovrebbe essere conseguita entro 48 ore dal
momento dell’accesso all’ospedale e basarsi sull’analisi delle informazioni cliniche
(caratteristiche del dolore, storia di colelitiasi, etilismo, etc.) e dei dati di laboratorio (in
particolare i livelli di amilasi e lipasi sieriche, incrementati di almeno tre volte il livello
massimo normale). Il sospetto clinico dovrebbe essere confermato mediante studi
d’immagine, in particolare l’ecografia addominale e/o la TC dell’addome con mezzo di
contrasto venoso (tenendo presente che se quest’ultimo esame viene effettuato prima di
72 ore potrebbe sottostimare in modo sostanziale l’entità della necrosi) 1, 2.
2. [pancreatite acuta] BILIARE?: nel mondo occidentale le malattie del tratto biliare e
l’alcoolismo sono responsabili della maggior parte dei casi di PA. In Italia le patologie biliari
sono responsabili nel 69.3% dei casi1. La PA biliare è causata per lo più da calcoli che
migrando attraverso la via biliare principale si incuneano a livello dello sfintere di Oddi3,
ostruendo la via biliare stessa e i dotti pancreatici. Il sospetto clinico di PA biliare dovrebbe
essere evocato dall’analisi dei dati anamnestici (es. storia di colelitiasi, precedenti episodi di
PA biliare, assenza di altre possibili cause di PA), obiettivi (ittero) e di laboratorio
(elevazione di transaminasi, fosfatasi alcalina, bilirubinemia). L’ecografia transaddominale
dovrebbe essere eseguita il prima possibile alla ricerca di calcoli nella colecisti e/o
dilatazione o calcoli della via biliare principale. Un recente position statement
dell’Associazione Italiana per lo Studio del Pancreas1 ha riportato una sensibilità del 95%
circa dell’ecografia addominale associata ad alterazioni bioumorali compatibili,
nell’identificare le forme di PA a patogenesi biliare.
3. GRAVITA’?[pancreatite acuta]: i criteri standard per identificare un attacco grave di PA
sono stati definiti nel corso di un simposio tenutosi ad Atlanta nel 1992 e vengono
esemplificati nella Tab. 14. Numerosi autori hanno evidenziato recentemente il
56
4.
5.
6.
7.
disomogeneo utilizzo dei Criteri di Atlanta ed evidenziato la necessità di un loro
aggiornamento5. La valutazione clinica nelle prime 24 ore dalla presentazione, sebbene
specifica, manca di sensibilità e deve pertanto essere supportata da strumenti decisionali
che forniscano stime oggettive della gravità. Numerosi sistemi a punteggio (scores) per la
stratificazione di gravità della pancreatite acuta sono stati proposti nel tempo, ma nessuno
di questi si è dimostrato così affidabile da poter essere raccomandato con forza in
alternativa agli altri. Lo score di riferimento proposto dalle principali linee guida
internazionali nelle prime 24 ore dalla presentazione resta l’APACHE II (cut-off per
pancreatite acuta grave≥ 8), il cui principale limite è rappresentato dalla complessità, solo
in parte mitigata dall’ampia disponibilità di clinical calculators sul web (es.:
http://www.mdcalc.com/apache-II-score-for-icu-mortality). Recenti studi di buona qualità
hanno derivato retrospettivamente e validato a seguire in modo prospettico6, 7, 8 un nuovo
punteggio (BISAP score: Bedside Index For Severity In Acute Pancreatitis), per la
stratificazione del rischio dei pazienti con PA nelle prime 24 ore dalla presentazione.
L’accuratezza prognostica di questo strumento è risultata paragonabile8 a quella di altri
sistemi con cui è stato confrontato (APACHE II, Computed Tomography Severity Index,
Ranson’s Score) e per la sua semplicità ed immediatezza, esso appare potenzialmente utile
per l’impiego nello scenario spesso concitato del DEA (Tab. 2), in alternativa ad esempio al
Ranson’s Score o al Glasgow Score, che offrono la miglior performance solo dopo le 24 ore.
In ogni caso, la stratificazione iniziale di gravità della pancreatite acuta (predicted severity)
dovrebbe fondarsi sull’impiego di un sistema a punti (APACHE II, eventualmente sostituito
da uno score validato più maneggevole, nello scenario del DEA), abbinato ad una continua
rivalutazione clinica, bioumorale e strumentale finalizzata in particolare alla precoce
identificazione di complicanze sistemiche e locali (actual severity)30.
COLANGITE [acuta] O SEPSI?: la colangite acuta è una condizione caratterizzata da
infiammazione ed infezione nella via biliare; i principali elementi clinici utili alla diagnosi
coincidono con la classica triade di Charcot: dolore a carico del quadrante addominale
superiore destro, febbre (elevata) associata a brivido, ittero (iperbilirubinemia, alterazione
di altri indici di colestasi). Lo sviluppo della colangite acuta richiede la presenza di: (1)
ostruzione biliare, (2) proliferazione batterica nella bile. La causa più frequente di
ostruzione biliare è rappresentata dalla coledocolitiasi. Per sepsi si intende la presenza di
uno stato infiammatorio generalizzato dell’organismo (SIRS, vedi criteri diagnostici in Tab.
2) associato alla presenza (o al forte sospetto) di un’infezione. Si parla di sepsi grave
quando a ciò si aggiunge una disfunzione d’organo o ipoperfusione tissutale e di shock
settico quando sia presente anche una forma di ipotensione non responsiva ad un adeguato
riempimento volemico25.
SEGNI DI OVBP [ostruzione della via biliare principale]?: un ostruzione della VBP
deve essere sospettata in presenza di compatibili elementi anamnestici, obiettivi (presenza
di ittero), bioumorali (elevazione degli indici epatici di colestasi), strumentali (ecografia
transaddominale o endoscopica, TC, RMN).
EUS O COLANGIOGRAFIA-RMN ENTRO 24-48 ORE: l’ecografia endoscopica
(endoscopic ultrasonography – EUS) è una tecnica non invasiva ormai diffusa per la
visualizzazione delle vie biliari10. La sua accuratezza diagnostica11, semplicità, sicurezza ed i
costi contenuti sono stati suggeriti già oltre dieci anni fa12 da Canto e coll.. Una recente
revisione sistematica di Petrov e coll.13 ha mostrato come, in pazienti con sospetta
coledocolitiasi, l’EUS consenta di evitare nei due terzi dei casi l’esecuzione della ERCP,
riducendo in questo modo l’incidenza delle complicanze che inevitabilmente gravano su
quest’ultima metodica. Le recenti linee guida della British Society of Gastroenterology10
sulla gestione della coledocolitiasi riportano che l’EUS, insieme alla colangiografia-RMN:
“…are both recommended as being highly effective at confirming the presence of CBDS
[common bile duct stones n.d.r.]…” e raccomandano che la scelta fra le due metodiche
(EUS e colangiografia-RMN) sia fatta principalmente sulla base delle caratteristiche del
paziente, dell’accessibilità ed esperienza locali.
ERCP+SE ENTRO 48-72 ORE/APPENA POSSIBILE E COMUNQUE ENTRO 24 ORE: il
ruolo della ERCP nella PA biliare appare oggi indebolito (sul versante diagnostico) alla luce
della disponibilità di metodiche d’indagine altrettanto accurate ma meno invasive e gravate
da un minor rischio di complicanze, in primis l’EUS (vedi punto 6 di questo algoritmo)13, 14,
15
. Numerosi studi primari e secondari hanno indagato negli ultimi anni indicazioni e timing
57
della ERCP nella pancreatite acuta biliare1, 9, 16, 17, 18, 19, 20, 21, fornendo risultati a supporto
del suo impiego in caso di pancreatite acuta biliare associata ad ostruzione persistente della
VBP (presenza di ittero, VBP dilatata, calcolo visibile nella VBP, alterazione degli indici
bioumorali epatici persistenti a 48 ore dall’esordio dei sintomi) o a colangite acuta/sepsi
biliare. Sebbene la questione del timing sia ancora dibattuta9, la maggioranza degli Autori è
concorde nel raccomandare l’esecuzione della ERCP entro le 24 ore dall’esordio dei sintomi
in caso di sepsi biliare o colangite acuta ed entro 48-72 ore dall’esordio dei sintomi quando
l’indicazione è rappresentata da ostruzione persistente della VBP1, 9, 18, 19, 20, 22, 23.
8. NO ERCP URGENTE: l’indicazione alla ERCP urgente in caso di PA biliare grave (stimata o
attuale) in assenza di colangite acuta/sepsi biliare o segni di persistente ostruzione della
VBP è tuttora controversa1, 9, 16, 17, 18, 20, 23. Una revisione sistematica Cochrane24 ha
dimostrato la riduzione significativa delle complicanze ma non della mortalità generale nei
pazienti con PA biliare grave (stimata o attuale) trattati con ERCP+SE. La stessa revisione
sistematica non ha evidenziato benefici né in termini di riduzione del tasso di complicanze
né tantomeno in termini di riduzione del tasso di mortalità nei pazienti affetti da PA biliare
di grado lieve. In questi casi l’indicazione deve pertanto essere valutata, considerando
potenziali benefici e rischi della procedura, caso per caso e concordata fra medico
d’urgenza ed endoscopista.
9. GRAVITA’? [colangite acuta non associata a pancreatite acuta]: Un set di criteri per
la stratificazione della gravità nella colangite acuta e le inerenti implicazioni e ricadute di
questo sulla scelta delle indagini e trattamenti successivi sono stati definiti, sulla base di
una rigorosa revisione delle evidenze scientifiche disponibili al tempo, nelle Tokyo
Guidelines for the management of acute cholangitis and cholecystitis26, 29 nel 2007. Il
nostro gruppo di lavoro ritiene, in sostanziale aderenza con lo studio suddetto27, che i
pazienti affetti da colangite acuta debbano essere in ogni caso sottoposti a drenaggio
biliare endoscopico mediante ERCP+ES. L’inquadramento in differenti strati di gravità (vedi
Tab. 3) può essere utile nel decidere il timing dell’intervento, almeno nelle forme lievi, ove
lo stesso può ragionevolmente essere differito in assenza di peggioramento dello stato del
paziente28 e nelle forme gravi, in cui vi è ampio consenso nel ritenere indicato un approccio
in emergenza. Il gruppo di lavoro ha convenuto di raccomandare lo stesso approccio (in
emergenza) anche nei pazienti con forme di moderata gravità (per definizione non
responsive alla terapia medica).
58
Tab. 1 Criteri di Atlanta di gravità per la pancreatite acuta4
Criteri di gravità
Definizioni
Sistemi a punteggio (score systems)
• Ranson
• APACHE II
≥3
≥8
Complicanze sistemiche o disfunzione
d’organo
• Respiratoria
• Renale
•
Cardiovascolare
•
Emocoagulativa
•
•
Emorragia gastrointestinale
Alterazioni metaboliche
PaO2< 60 mmHg (8kPa)
Creatinina sierica> 2 mg/dL dopo il
reintegro volemico
PA< 90 mmHg dopo la fase di
stabilizzazione
Conta piastrinica< 100x109/L o
fibrinogenemia< 1 g/L
> 500 ml/24H
• Calcemia sierica (corretta)< 7.5
mg/dL
• Livelli sierici di lattato> 5 mmol/L
Complicanze locali
• Raccolta liquida acuta
•
Pseudocisti
•
Ascesso pancreatico
•
Necrosi pancreatica
Si manifesta precocemente nella storia
della PA e manca di capsula fibrosa
Si manifesta dopo non meno di 4
settimane dall’esordio dei sintomi ed è
dotata di capsula fibrosa
Raccolta circoscritta di pus non
contenente o contenente poco materiale
necrotico pancreatico
• Caratteristiche anatomopatologiche: aree delimitate o
diffuse di pancreas non vitale che
possono essere associate a
necrosi del tessuto diposo
peripancreatico
• Aspetto TAC: area di parenchima
non captante il mezzo di
contrasto di diametro≥ 3 cm o
interessante almeno 30% del
tessuto pancreatico
La presenza di uno qualunque dei criteri elencati configura una pancreatite acuta grave
59
Tab. 2 Componenti individuali del BISAP Score7
BUN> 25 mg/dL
Alterazione dello stato mentale (Glasgow Coma Score< 15/15)
SIRS
• La SIRS viene definita come presenza di due o più dei seguenti criteri
o Temperatura corporea< 36 o > 38°C.
o Frequenza respiratoria> 20 atti/min o PaCO2< 32 mmHg
o Frequenza cardiaca> 90 bpm
o Leucociti< 4000 o > 12000/mm3 o > 10% di neutrofili immaturi
Età> 60 anni
Versamento pleurico agli studi d’immagine
N.B.: viene assegnato un punto per ogni criterio presente (range variabile da un minimo di 0
ad un massimo di 5 punti). Un punteggio ≥3 comporta un incremento di mortalità di 10 volte
rispetto al punteggio <3. BISAP: Bedside Index for Severity in Acute Pancreatitis. SIRS:
Systemic Inflammatory Response Syndrome
Tab. 3 Stratificazione di gravità della colangite acuta secondo le Tokyo Guidelines
Gravità
Risposta alla terapia medica
iniziale
Segni di disfunzione
d’organo*
Lieve (Grado I)
Si
No
Moderata (Grado II)
No
No
Grave (Grado III)
No
Si
*Si intendono per “disfunzione d’organo”: (1) apparato cardiovascolare: ipotensione che
richiede somministrazione di amine vasoattive (dopamina, dobutamina); (2) sistema nervoso:
disturbi della coscienza; (3) sistema respiratorio: PaO2/FiO2< 300; (4) sistema uropoietico:
creatinina sierica> 2 mg/dL; (5) fegato: INR> 1.5; (6) sistema emopoietico: conta piastrinica<
100.000/µL.
60
BIBLIOGRAFIA
1. Pezzilli R, Uomo G, Zerbi A et al. Diagnosis and treatment of acute pancreatitis: the
positiom statement of the italian association for the study of the pancreas. Digestive and
Liver Disease 2008 (40): 803-808
2. United Kingdom Working Party on Acute Pancreatitis. UK guidelines for the management of
acute pancreatitis. Gut 2005 (54): 1-9
3. Tonsi A, Bacchion M, Crippa S et al. Acute pancreatitis at the beginning of the 21st
century: the state of the art. World J Gastroenterol 2009 (15): 2945-2959
4. Bradley EL III. A clinically based classification system for acute pancreatitis. Summary of
the International Symposium on Acute Pancreatitis, Atlanta, GA, Sept 11 through 13, 1992.
Arch Surg 1993 (128): 586-590
5. Bollen T, van Santvoort H, Besselink M et al. The Atlanta classification of acute pancreatitis
revisited. Br J Surg 2008 (95): 6-21
6. Wu B, Johannes R, Sun X et al. The early prediction of mortality in acute pancreatitis: a
large population-based study. Gut 2008 (57): 1698-1703
7. Singh V, Wu B, Bollen T et al. A prospective evaluation of the bedside index for severity in
acute pancreatitis score in assessing mortality and intermediate markers of severity in
acute pancreatitis. Am J Gastroenterol 2009 (104): 966-971
8. Papachristou G, Muddana V, Yadav D et al. Comparison of BISAP, Ranson’s, APACHE-II,
and CTSI scores in predicting organ failure, complications, and mortality in acute
pancreatitis. Am J Gastroenterol advance online publication, 27 October 2009.
9. Orìa A, Cimmino D, Ocampo C et al. Early endoscopic intervention versus early
conservative management in patients with acute gallstone pancreatitis and biliopancreatic
obstruction. A randomized clinical trial. Ann Surg 2007 (245): 10-17
10. Williams EJ, Green J, Beckingham I et al. Guidelines on the management of common bile
duct stones (CBDS). Gut 2008 (57): 1004-1021
11. US National Institutes of Health. NIH State-of-the-science statement on endoscopic
retrograde cholangiopancreatography (ERCP) for diagnosis and therapy. NIH consensus
and state-of-the-science statements. Volume 19, Number 1, January 14-16, 2002
12. Canto M, Chak A, Stellato T et al. Endoscopic ultrasonography versus cholangiography for
the diagnosis of choledocolithiasis. Gastr Endosc 1998 (47): 439-448
13. Petrov M and Savides TJ. Systematic review of endoscopic ultrasonography versus
endoscopic retrograde cholangiopancreatography for suspected choledocolithiasis. Br J
Surg 2009 (96): 967-974
14. Materne R, Van Beers BE, Gigot JF et al. Extrahepatic biliry obstruction: magnetic
resonance imaging compared with endoscopic ultrasonography. Endoscopy 2000 (32): 3-9
15. Liu CL, Lo CM, Chan JK et al. Detection of choledocolithiasis by EUS in acute pancreatitis: a
prospective evaluation in 100 consecutive patients. Gastrointest Endosc 2001 (54): 325330
16. Uy MC, Daez ML, Sy P et al. Early ERCP in acute gallstone pancreatitis without cholangitis:
a meta-analysis. JOP 2008 (10): 299-305
17. Petrov M, Santvoort H, Besselink M et al. Early endoscopic retrograde
cholangiopancreatography versus conservative management in acute biliary pancreatitis
without cholangitis: a meta-analysis of randomized trials. Ann Surg 2008 (247): 250-257
18. Santvoort
H,
Besselink
M,
Vries
A
et
al.
Early
endoscopic
retrograde
cholangiopancreatography in predicted severe acute biliary pancreatitis: a prospective
multicenter study. Ann Surg 2009 (250): 68-75
19. Acosta J, Katkhouda M, Debian K et al. Early ductal decompression versus conservative
management for gallstone pancreatitis with ampullary obstruction: a prospective
randomized clinical trial. Ann Surg 2006 (243): 33-40
20. Chair, clinical practice and economics committee of the American Gastroenterological
Association. AGA institute medical position statement on acute pancreatitis.
Gastroenterology 2007 (132): 2019-2021
21. Folsch U, Nitsche R, Ludtke R et al. Early ERCP and papillotomy compared with
conservative treatment for acute biliary pancreatitis. N Engl J Med 1997 (336): 237-242
61
22. Kimura Y, Takada T, Kawarada Y et al. JPN guidelines for the management of acute
pancreatitis: treatment of gallstone-induced acute pancreatitis. J Hepatobiliary Pancreat
Surg 2006 (13): 56-60
23. Chair, clinical practice and economics committee of the American Gastroenterological
Association. AGA institute technical review on acute pancreatitis. Gastroenterology 2007
(132): 2022-2044
24. Ayub K, Slavin J, Imada R et al. Endoscopic retrograde cholangiopancreatography in
gallstone-associated acute pancreatitis. Cochrane Database of Systematic Reviews 2004,
Issue 3. Art No.: CD003630. DOI: 10.1002/14651858.CD003630.pub2
25. Dellinger LP, Mitchell ML, Carlet JM et al. Surviving sepsis campaign: international
guidelines for management of severe sepsis and septic shock: 2008. Crit Care Med 2008
Reprint. DOI: 10.1097/01.CCM.0000298158.12101.41
26. Takada T, Kawarada Y, Nimura Y et al. Background: Tokyo Guidelines for the management
of acute cholangitis and cholecystitis. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 1-10
27. Miura F, Takada T, Kawarada Y et al. Flowcharts for the diagnosis and treatment of acute
cholangitis and cholecystitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14):
27-34
28. Nagino M, Takada T, Kawarada Y et al. Methods and timing of biliary drainage for acute
cholangitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 68-77
29. Wada K, Takada T, Kawarada Y et al. Diagnostic criteria and severity assessment of acute
cholangitis: Tokyo Guidelines. J Hepatobiliary Pancreat Surg 2007 (14): 52-58
30. Gravante G, Garcea G, Ong SL et al. Prediction of mortality in acute pancreatitis: a
systematic review of the published evidence. Pancreatology 2009 (9): 601-614
62