COMPASSIONE arte.cdr - Campi estivi oratorio per ragazzi Oratori

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COMPASSIONE arte.cdr - Campi estivi oratorio per ragazzi Oratori
LA MISERICORDIA
La misericordia nasce dalla compassione per la miseria altrui (morale o spirituale). È il soccorso
dell'uomo verso il prossimo, l'elemosina disinteressata. Gesù afferma: Beati i misericordiosi perché
otterranno misericordia! (Matteo 5, 7).
La Madonna della Misericordia nell'iconografia dal XIII secolo è rappresentata in piedi, nell'atto di
accogliere sotto il suo ampio manto i fedeli o i religiosi a lei devoti, di solito inginocchiati in preghiera.
Le opere di misericordia sono quelle richieste da Gesù nel Vangelo (Matteo 25) per avere il perdono per i nostri
peccati ed entrare nel suo Regno.La tradizione cattolica elenca sette opere di misericordia corporale:
Dar da mangiare agli affamati.
Visitare gli infermi.
Dar da bere agli assetati.
Visitare i carcerati.
Vestire gli ignudi.
Seppellire i morti.
Alloggiare i pellegrini.
Ritorno del figliol prodigo, Rembrandt Harmenszoon Van Rijn, 1666 circa, Museo
dell'Ermitage, San Pietroburgo.
Il quadro si ispira alla parabola del figlio prodigo contenuta nel Vangelo di Luca (c.15, v.11-32).
Altri commentatori preferirebbero il titolo il padre misericordioso, sottolineando che il vero
protagonista non è tanto il figlio prodigo quanto il padre che aspetta, che accoglie, che fa festa.
La parabola esprime bene la teologia distintiva di Luca dell'amore e della misericordia di Dio: il padre
accoglie il figlio perduto ancor prima che abbia la possibilità di parlare e di esprimere il proprio
pentimento. Il racconto di Luca dice infatti: "Quando era ancora lontano.....gli corse incontro, gli si
gettò al collo e lo baciò " (Luca 15, 20).
La scena raffigura la conclusione della vicenda, ovvero il perdono del padre nei confronti del figlio pentito della propria
condotta. Il giovane, vestito di stracci logori, è in ginocchio dinnanzi al padre, di cui ha sperperato le sostanze. L'anziano
lo accoglie con un gesto amorevole e quasi protettivo. Sulla destra, osserva la scena un personaggio identificato col
figlio maggiore.
La luce si sofferma sulla scena principale e cattura l'attenzione dell'osservatore, che si trova con gli occhi alla stessa
altezza del figlio pentito, come se il pittore volesse suggerire un'identificazione.
Il particolare forse più importante di questo quadro sono le mani del Padre misericordioso: se le si osservano
attentamente possiamo notare che non sono uguali, ma sembrano una maschile ed una femminile.
Altro particolare notevole sono gli occhi del Padre, occhi di cieco; il Padre, Dio che ama l'uomo, ha consumato gli occhi
nel guardare l'orizzonte in attesa del ritorno del figlio.
Il Dio misericordioso, immaginato da Luca e mirabilmente rappresentato in questo capolavoro di Rembrandt,
rappresenta un salto impressionante nella modernità; la loro visione mistica contempla un Dio che perdona chi ha il
coraggio di chiedere perdono, invitando ad una visione più umana della religione. Al figlio maggiore, infatti, non basta
aver "servito" il Padre se non si rende conto di essere veramente "fratello" del peccatore (lo chiama "questo tuo figlio"
nel dialogo col Padre) e se non riesce a cogliere la conversione ed il perdono per quello che è: un'occasione di festa per il
ritorno alla vera vita.
Il buon samaritano, Vincent Willem Van Gogh, 1890, Kröller-Müller Museum, Otterlo.
Figlio di un pastore protestante, il pittore olandese Vincent Willem Van Gogh (Zundert, 1853 Auvers-sur-Oise, 1890) ebbe un'esistenza molto difficile (attacchi di panico e crisi depressive lo
portarono a ripetuti ricoveri in manicomio). Negli anni della giovinezza, la sua vocazione fu quella di
essere vicino ai miseri della terra, i braccianti, i contadini poveri e gli operai, cercò di unire la
solidarietà sociale al messaggio evangelico
Van Gogh usava le intense vibrazioni dei colori puri per dipingere degli uomini e delle donne con un
non so che di eterno.
Il buon Samaritano è un dipinto il cui soggetto è copiato da una litografia di Delacroix. La parabola,
narrata nel Vangelo secondo Luca 10,25-37, intende spiegare come riconoscere il nostro prossimo. Questa tela (come
altre opere a tema religioso) venne eseguita immediatamente dopo il recupero da una ricaduta della malattia, perciò
può essere visto in essa il desiderio dell'artista di trovare conforto nei pensieri religiosi. La pittura era per lui una forma
di terapia. Quando dipinge questa tela vive una fase difficile della malattia, è solo, abbandonato, si sente in sintonia con
l'uomo ferito della parabola.
Lungo la strada sterrata in mezzo a campi bruciati dal sole, il Samaritano sta cercando di caricare lo sventurato sul suo
cavallo; deve aver soccorso il malcapitato e curato le sue ferite, perché questi porta sulla testa una vistosa benda.
Possiamo immaginare cosa sia accaduto, ricostruendo la scena dagli effetti personali sparsi poco lontano. Accanto e
bene in vista sta il bagaglio, aperto e vuoto; ci ricorda la valigia di cartone degli emigranti che dalla vecchia Europa
andavano a cercar miglior fortuna nel nuovo mondo, il cui ricordo è vivo in Van Gogh nel 1890.
Alcuni commentatori hanno letto le montagne sullo sfondo, con la gola in cui non si vede più la continuazione della
strada, come una rappresentazione delle difficoltà che l'artista sta vivendo: si sente in un vicolo cieco.
Colpiscono due particolari: la somiglianza fra i tratti del samaritano e quelli del pittore e l'impressione visiva che il
soccorritore, più che caricare lo sventurato sul cavallo, se lo stia caricando sulle spalle. Quest'ultimo aspetto sembra
trasmettere l'idea che per aiutare davvero il prossimo è necessario addossarsene il dolore e le difficoltà (sensazione
rafforzata dal contrasto con le due piccole figure, il sacerdote e il levita, che si allontanano sullo sfondo dopo aver
rifiutato di prestare soccorso al ferito).
L'uomo che scende da cavallo e si fa vicino al malcapitato è l'uomo che incarna l'unico umanesimo possibile, quello della
compassione e della pietà.
Madonna della Misericordia, Domenico Ghirlandaio,
1473 circa, Chiesa di Ognissanti, Firenze.
Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio nasce a Firenze nel 1449. Ancora
giovane, l'artista entrò nei favori della ricca famiglia dei Vespucci, alleati dei
Medici, dipingendo per loro una Madonna della Misericordia ed una Pietà, nella
loro cappella nella chiesa di Ognissanti a Firenze.
In queste opere la personalità artistica di Domenico appare già ben definita, soprattutto
riguardo alla sua vivace descrizione dei tratti fisiognomici, indagati con fedeltà, che rendono così diversi i
personaggi l'uno dall'altro. Nel gruppo di personaggi protetti sotto il manto della Vergine si trova anche il giovane
Amerigo Vespucci, celebre navigatore. Il suo schema compositivo è grandioso e decorativo, il suo chiaroscuro
eccellente, in particolare la sua tecnica prospettica che appare molto elaborata.
Le sette opere di misericordia, Pieter Brueghel il Giovane, 1600 circa, Museum der Brotkultur, Ulm.
Pieter Brueghel il Giovane, pittore del Rinascimento Olandese, nasce in una data incerta fra il
1564 e il 1565, figlio maggiore del pittore Bruegel il Vecchio.
Pieter Brueghel il Giovane, fece la sua carriera di pittore ad Anversa: dipinse paesaggi, soggetti
religiosi e quadri di fantasia, nei quali faceva spesso uso di figure grottesche.
"Le sette opere di misericordia" presenta un vivido scenario con la riproduzione della carità
espressa in vari contesti, come l'aiuto agli affamati, la cura dei malati, l'ospitalità, la
consolazione dei prigionieri, la morte serena, secondo il tema dell'iconografia cristiana dedotto
dal Vangelo di Matteo (Mt 25, 40). Le scene, molto narrative, si svolgono in un luogo vasto,
circondato da numerosi edifici. In primo piano, una folla enorme di persone sta in fila a sinistra
per prendere il pane. Un uomo in piedi al centro, in abito bianco, probabilmente un medico, copre persone svestite con
degli asciugamani per un trattamento medico. Sullo sfondo a destra, dentro un edificio aperto sul fronte, una persona
morente giace nel letto, con accanto a una donna in lutto. Più indietro vediamo dei pellegrini che ricevono ospitalità da
una cappella. Su di un piano rialzato a sinistra si nota una gogna, dove si trova un condannato, bloccato dallo strumento
di legno, confortato da due figure. Al centro del quadro un'anziana donna con un bambino nudo simboleggia forse la
cura degli orfani.
Le sette opere di Carità, Frans Francken II, 1613-1617, Museo statale Ermitage, San
Pietroburgo.
Frans Francken II (Anversa, 1581-Anversa,1642) fu il terzo figlio del pittore olandese Frans
Francken I (1542-1616) e suo allievo; comincia a firmarsi "Il Vecchio Frans Francken" quando il
figlio, chiamato naturalmente come lui (come era l'usanza), intraprende a sua volta la carriera
artistica: così firma le "Sette opere di Carità". La versione proposta è una delle diverse varianti
dipinte dall'autore, forse la seconda.
La carità, Bartolomeo Schedoni, 1611, Galleria di Capodimonte, Napoli.
Lo Schedoni è stato uno dei più accattivanti pittori del primo Seicento, eccentrico esponente della scuola
emiliana. Il carattere violento e rissoso gli creò ripetuti problemi con la giustizia, mentre la passione per
il gioco della pallacorda si spinse al punto di rischiare di compromettere la funzionalità della mano
destra.
"La carità" è una delle opere più note del pittore.
Schedoni conferisce ai personaggi una consistenza impressionante: il giovane cieco che volge verso
l'osservatore gli occhi vuoti, è una delle immagini più forti di tutto il Seicento.
Il pittore offre passaggi di un lirismo toccante, come il bimbetto a destra, ma la vera magia di questo
dipinto è ancora una volta, l'uso personalissimo che il pittore fa della luce, al tempo stesso tagliente e delicata, pronta a
mettere in evidenza stoffe colorate e a nascondere sotto lunghe ombre parti dei visi.
LA CARITÀ DI SAN MARTINO
Martino di Tours, vescovo e confessore, era nato tra il 316 e il 317 a Sabaria
Sicca (l'odierna Szombathely), in Pannonia (oggi Ungheria). Il padre, un ufficiale dell'esercito
dell'Impero Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Con la famiglia, il
giovane Martino si spostò a Pavia, dove trascorse la sua infanzia e dove, contro la volontà dei suoi
genitori, cominciò a frequentare le comunità cristiane. A quindici anni, in quanto figlio di un ufficiale,
dovette entrare nell'esercito e venne inviato in Gallia.
Martino era ancora un militare quando ebbe la visione che divenne l'episodio più narrato della sua vita. Si
trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo; d'impulso tagliò in
due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva
la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: «Ecco qui Martino, il soldato romano che non è
battezzato, egli mi ha vestito». Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro.
Martino venne battezzato la Pasqua seguente e divenne cristiano. Nel 357 si recò nell'Isola Gallinara, in provincia di
Savona, dove condusse quattro anni di vita eremitica. Tornato a Poitiers, divenne monaco, fondando uno dei primi
monasteri d'occidente, a Ligugé.
Nel 371 i cittadini di Tours lo vollero loro vescovo. Martino continuò ad abitare nella sua semplice casa di monaco e
proseguì la sua missione di propagatore della fede, creando sul territorio nuove piccole comunità di monaci. Predicava,
battezzava villaggi, abbatteva templi, alberi sacri e idoli pagani, dimostrando comunque compassione e misericordia
verso chiunque. La sua fama ebbe ampia diffusione nella comunità cristiana dove, oltre ad avere fama di guaritore,
veniva visto come un uomo dotato di carità, giustizia e sobrietà.
San Martino e il povero (San Martino che divide il suo mantello), Anthony van Dyck, 1618,
Chiesa di San Martino, Saventhem.
Il Santo, accompagnato da due cavalieri e rivestito di una brillante armatura, montato su un cavallo
grigio, divide con la sua spada un manto scarlatto tra due uomini poveri; poco distante, una donna con
un bambino in braccio e un altro al suo fianco.
Il volto di San Martino è un autoritratto di Van Dyck.
Antonie o Anthonis Van Dyck (Anversa 1599 -Londra 1641) è stato un pittore fiammingo dal talento
precoce: già nel 1615, a soli 17 anni, apriva una bottega; nel 1618 era maestro nella gilda e
collaboratore di Rubens. Durante i primi anni di Anversa, la composizione di Van Dyck è pienamente rubensiana: a
distinguere l'allievo dal maestro è solo una pennellata più nervosa e densa, tendente al virtuosismo.
San Martino, Jacob van Oost il Vecchio, prima metà del XVII secolo, Groeningemuseum,
Bruges.
Jacob I van Oost il Vecchio (Bruges, 603-1671) è stato un pittore fiammingo.
Visse in Italia dal 1621 al 1628: per questo la sua opera fu fortemente influenzato da Caravaggio e dai
maestri italiani. Le sue opere principali furono ritratti e scene religiose. I suoi dipinti sono caratterizzati da
interessanti effetti di chiaro-scuro, dalla rappresentazione realistica delle figure, dall'uso di una
personalissima tavolozza colori e dalla presenza di elementi da natura morta.
LA MALATTIA
Bacchino malato, Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1593-1594, Galleria Borghese, Roma.
Alcuni studiosi hanno teorizzato che il Bacchino sia un autoritratto del pittore, dal momento che è stato
dipinto dopo la sua guarigione da una malattia (era stato curato all'ospedale della Consolazione). Il
quadro è stato così intitolato per via del colorito della pelle del soggetto.
Probabilmente Caravaggio eseguì il dipinto osservando se stesso allo specchio per analizzare e
riprodurre al meglio la realtà naturale. Le imperfezioni del corpo umano non sono per nulla attenuate,
anzi Caravaggio sottolinea col pallore del volto e il colore bluastro delle labbra, la malattia.
Alcuni studiosi hanno individuato in Bacco una prefigurazione di Cristo, in quanto l'uva rimanderebbe
alla Passione. La gamba sinistra alzata sembra voler fare riferimento alla Resurrezione, quasi come ad
uscire dal sepolcro: Caravaggio è memore della lezione michelangiolesca, ove la gamba alzata o divaricata assume il
significato di rinascita, ma anche di vittoria, trionfo, in questo caso, sulla malattia e la morte. Si può forse leggere
l'opera come la "resurrezione" del pittore stesso dalla malattia che lo aveva portato ad un passo dalla morte.
Il bambino malato, Gabriel Metsu, 1660 circa, Rijksmuseum, Amsterdam.
Una madre seduta con un bambino in grembo, a sinistra una pentola con un cucchiaio, su una sedia; a
destra, vestiti e un cappello. Sulla parete sono appese una mappa del paese e un dipinto con la
crocifissione di Cristo.
Gabriel Metsu (Leida, 1629 - Amsterdam, 1667) è stato un pittore olandese, famoso per scene di genere,
soprattutto di interni, scene di vita signorile della classe media.
La pietà filiale, Jean-Baptiste Greuze, 1763, Museo statale Ermitage,
San Pietroburgo.
Jean-Baptiste Greuze (Tournus, 1725 - Parigi, 1805), figlio di un conciatetti, si trasferì a Parigi nel
1750. La sua popolarità è dovuta a tele dalle forti tinte sentimentali e melodrammatiche, consone al
gusto del suo tempo; il filosofo illuminista Diderot lo elogiò per la moralità dei suoi soggetti.
Questo dipinto è conosciuto con vari nomi (pietà filiale, il paralitico e la sua
famiglia, I benefici di una buona educazione) e mostra un uomo paralizzato, invecchiato,
circondato e accudito dalla sua amorevole famiglia. Il quadro fu acquistato da Caterina II,
imperatrice di Russia, grazie alla mediazione di Diderot, dando grande fama all'autore. L'artista
ha concepito il suo dipinto come un bassorilievo antico, dividendolo in spazi chiari e precisi. Allo
stesso tempo, rivela un grande talento per la rappresentazione realistica nella sua capacità di
catturare pose espressive e gesti, per i quali fece molti disegni preliminari.
Le suore della Misericordia, Henriette Browne, 1859, Hamburger Kunsthalle, Amburgo.
Sophie de Bouteiller (Parigi, 1829 1901), meglio conosciuta con lo pseudonimo di Henriette Browne, è
stata una pittrice francese. Era la moglie del diplomatico Henry Jules de Saux, segretario del conte
Walewksi.È considerata una pioniera nella pittura orientalista
La fanciulla malata, Edvard Munch, 1885-1886, Galleria nazionale, Oslo
La bambina malata rappresenta per Edvard Munch l'angoscia della morte.
La scena rappresenta una ragazza dai capelli rossi a letto, con le spalle appoggiate a un enorme
cuscino bianco. L'unica luminosità proviene dal cuscino e dal volto pallido della ragazza, come se la
federa e la pelle emanassero una loro luminosità spettrale. La fanciulla spalanca un occhio vitreo,
allucinato presagio di sventura.
Accanto, inginocchiata, vi è una figura femminile dal capo reclinato. L'intreccio delle mani è
delineato da pochi colpi di colore e ricade perfettamente nel centro geometrico del dipinto. Vicine,
parallele, quelle mani sembrano sfiorarsi, eppure non lo fanno, ma in questi pochi centimetri che le
separano è svelata la componente emotiva del dipinto: sembrerebbe che le mani si siano appena
lasciate.
Un altro elemento-chiave dell'opera è il silenzio: una tranquillità spaventosa, inquietante annuncio di morte.
Paradossalmente, l'elemento più vivo nella tela sembra essere il bicchiere d'acqua nell'angolo, che risplende della luce
che entra dalla finestra, la cui esistenza è indicata dalla tenda.
Al posto della descrizione naturale dei corpi, l'artista usa dei semplici abbozzi di colori: tutte le convenzioni del disegno
accademico vengono trasgredite. Munch vuole trasformare i personaggi in involucri di passioni e angosce. L'artista
dipingeva non ciò che vedeva ma ciò che provava. In questa tela l'artista risveglia il doloroso ricordo della malattia
fatale della sorella Sofie, morta di tubercolosi quando il pittore aveva solamente quattordici anni. Secondo Munch
stesso, sulla tela sarebbero anche presenti il ricordo della madre morente e la sua angoscia da bambino nei confronti
dell'immagine della morte.
La donna malata, Jan Havickszoon Steen, 1665 circa, Rijksmuseum, Amsterdam.
Jan Havickszoon Steen (Leida, 1626 - Leida, 1679) è stato un pittore olandese.
L'introspezione psicologica, l'ironia e l'abbondanza di colore sono le caratteristiche che
contraddistinguono il suo stile. Il tema preferito da Jan Steen è la vita di tutti i giorni. Molti dei lavori
del pittore fanno riferimento a vecchi proverbi olandesi e alla letteratura del Paesi Bassi.
Una giovane donna sta debolmente sdraiata sulla sua sedia, con la testa appoggiata su un cuscino. Il
dottore sta misurando il suo battito, ma probabilmente la donna non è malata, piuttosto perdutamente innamorata. Lei è 'malata d'amore', il suo cuore è infranto. Jan Steen, l'artista che ha dipinto la
scena, la raffigura con le guance arrossate e un sorriso sulle labbra. I contemporanei di Jan Steen si
sarebbero subito accorti che questa non era una vera e propria emergenza. Il dottore indossa vestiti
vecchio stile, come quelli che i drammaturghi usavano per deridere i ciarlatani incompetenti.
ALTRE OPERE
Ghost Child (Spirito bambino), Lina Scarfi, pittrice contemporanea.
Lina Scarfi è nata a Torre Faro, in Sicilia. La sua famiglia si trasferì in America a metà degli anni '50,
stabilendosi a Westchester, N.Y. Lina iniziò ad appassionarsi all'arte all'età di 5 anni: invece di
andare fuori a giocare, si dedicava a carta e matite. Lina ha uno stile solido, sinuoso e sensuale,
ma niente affatto morbido: il suo stile urla ed è disordinato, proprio come la vita. Quello che Lina
sta cercando di trasmettere nel suo lavoro è la storia della sua vita.
In quest'opera una figura rossa abbraccia e protegge dal male (rappresentato sotto forma di spilli
che lo trafiggono) una figura più piccola.