`IL ROMA` – 22 Nov 2009

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`IL ROMA` – 22 Nov 2009
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L’INTERVISTA
SPETTACOLI
domenica 22 novembre 2009
L’ATTORE DELLA FICTION “LA NUOVA SQUADRA” RACCONTA LA SUA ESPERIENZA ALL’OMBRA DEL VESUVIO
Tocci, un romano innamorato di Napoli
di Gianni Mattioli
NAPOLI. È l’ispettore che proviene dal freddo nord-est, ma è considerato dai suoi colleghi poliziotti e dal pubblico che segue su Raitre “La nuova Squadra”, tra i più
sanguigni e caldi tra i componenti lo staff del commissariato più famoso d’Italia. L’attore Federico
Tocci (nella foto) che interpreta il
ruolo dell’ispettore Walter Battiston, un personaggio molto amato
dai fans della fiction. Napoletano
di adozione, anche per il suo matrimonio e relativa prole, tutto partenopeo, lui “romano de Roma”,
ama la nostra città dove sono nati i suoi bambini. Ma uno dei suoi
primi amori è il teatro. Proprio in
questi giorni ha calcato le tavole
di un palcoscenico.
Con tua moglie Grazia ti sei
conosciuto sul set: galeotta è
stata “La Squadra”?
«Il 23 ottobre scorso abbiamo compiuto 7 anni di matrimonio, sembra ieri. Quando la vidi per la prima volta sentii una sorta di campanello, fin da subito pensai che
quella che avevo davanti era la
donna con la quale avrei voluto arrivare alla fine dei miei giorni, il più
tardi possibile magari».
Cosa hanno di più le donne
napoletane?
«Uno spiccatissimo senso dello famiglia motivato dal fatto che, forse più delle altre, restano legate ai
valori di una volta».
Come ti trovi a Napoli? Ti senti a casa o senti la nostalgia di
Roma?
«È moltissimo tempo che tornando
a Napoli sento di tornare a casa;
poi l’amore ed il calore che mi ha
dato questa città non hanno prezzo.La nostalgia per Roma non mi
ha mai abbandonato del tutto. Ci
sono nato e cresciuto, quindi è veramente difficile sostituirla nel mio
cuore. C’è da dire che le due città
si somigliano, nel bello e nel brutto».
Cosa pensi dell’eventuale
“chiusura” de “La nuova
Squadra”?
«Da attore dovrei dire che questa
fiction, ovviamente per quel che
mi riguarda, sarebbe dovuta finire già molto tempo fa. Tutti sanno
quanto sia pericoloso e deleterio,
per chi fa il mio mestiere, rimanere legati ad un prodotto per così
tanto tempo. Un po’ come Ubaldo
Lay che faceva il tenente Sheridan
anche quando pubblicizzava i detersivi. Anche se poi nella realtà
dei fatti non lavoro da quasi 8 mesi, pagando la mia ostinazione a
voler rimanere a Napoli. Mentre da
persona e spettatore televisivo dico che sarebbe una gravissima
perdita per il palinsesto di Raitre,
per il Centro di Produzione Rai di
Napoli e, soprattutto, per la zona
di Piscinola che ha bisogno di tutto e anche di studi televisivi che
danno lustro ad un’immagine costantemente schiacciata da quanto di più brutto succede da quelle
parti».
Oltre la fiction quale genere
di film ti interesserebbe fare?
«Vorrei fare il cattivo in un thriller.
Ma forse, visti i tempi, mi piacerebbe fare l’attore in qualsiasi cosa nei limiti della decenza mi si
proponga. Anche se, a dire il vero,
un “sogno” professionale ce l’avrei:
doppiare i cartoni animati. Mi fa
impazzire l’idea di poter prendere
in giro la mia voce per dare vita ad
un personaggio assurdo e buffo».
C’è una fiction che avresti voluto girare?
«Sicuramente “Boris”, la fiction più
geniale, spassosa, divertente, irriverente, caustica e realistica che
sia mai stata concepita, guarda caso, su un canale satellitare».
Quale caratteristica napoletana hai acquisito in pieno? E
cosa conservi della tua romanità?
«Mah, diciamo che sono sempre
stato un po’ napoletano, anche pri-
ma di trasferirmi in città. Dalla preferenza per la pizza alta (cosa che
i romani, per la maggior parte, detestano) alla guida “creativa” su
strada».
Hai da poco iniziato un bel
AL BOLIVAR
progetto che vede tuo fratello
autore di uno spettacolo teatrale: di cosa si tratta?
«È una frizzante commedia musicale,ambientata nel ‘98, anno in
cui è morto “the voice” Frank Sinatra in un ipotetico locale del centro di Roma, il “Voice” appunto.
Qui vengono a contatto personaggi diversi. Paolo e Banny (rispettivamente pianista e barman
del locale) alias Gianluca Tocci e
Giovanni Bussi. I due lavorano nel
“Voice” interrogandosi sovente sul
grande, irrisolto problema dell’umanità: il rapporto di coppia.
Paolo in odore di matrimonio con la
sua fidanzata Nadia (Angela Di
Sante) viene sconvolto dall’arrivo
di una giovane cantante, Lara
(Mariagrazia Di Valentino) non sapendo che la ragazza è “pedinata”
sia dal suo ex, Romolo Proietti, detto “romoletto er fantasma”, uno
straripante Massimo Bonetti, sia
dall’ispettore capo Wolfango Wargass del quale vesto io i panni. Che
dire, se ne vedranno davvero delle belle...».
KERMESSE INTERNAZIONALE EMERGENTE DI ROMA
Alla band aversana Sha’ Dong
la finale del “Tour Music Fest”
CASERTA. I pluripremiati Sha’
Dong continuano la loro serie
positiva conquistando il primo
posto per la categoria “Original
Band” alla finale del “Tour
Music Fest 2009”, Festival
Internazionale della musica
emergente. La kermesse ha
avuto luogo a Roma in un
“Piper Club” gremito, Quindici
finalisti, scelti tra 3.100
partecipanti, selezionati
nell’arco di tutto l’anno su e giù
per l’Italia, si sono “scontrati” a
suon di note. Gruppi desiderosi
di calcare il palco del locale
romano per un festival che
vanta come membri della
commissione artistica nomi
altisonanti, presieduti da Giulio
Rapetti, in arte Mogol. Gli
aversani Sha’ Dong - al secolo
Paolo Di Ronza “Ryo”, leader e
IN SCENA “VULCANO METROPOLITANO”
Un Novecento da... delirio
di Margherita Gargano
NAPOLI. Pittore, regista, animatore culturale e promotore di giovani talenti del palcoscenico. Così Pasquale della Monaco attraversa le vita culturale della nostra
città con uno sguardo rivolto alle
nuove generazioni e al futuro del
teatro partenopeo. E lo fa attraverso la formazione di giovani attori, riuniti in “Vulcano metropolitano” nel suo laboratorio “Centro incontro tra le arti” a Pizzofalcone. La fresca compagnia, venerdì scorso ha debuttato al teatro Bolivar nello scherzoso spettacolo dal titolo “900 in delirio. La
rivoluzione oggi no, domani forse, ma dopodomani sicuramente”, scritto e girato da della Monaco; una girandola di comicità
su macchiette, numeri da varietà
e gags linguistiche che simpaticamente riscrivevano pezzi storici del teatro del primo Novecento.
Si omaggiano le sciantose del ca-
baret, circondate e mantenute da
guappi di cartone, baronetti scioperati e simili; le scandalose serate futuriste, dove si urlavano
proclami antipassatisti e si dileggiava il pubblico (cui sono stati
lanciati finti pacchetti regalo) e
un ostentato piacere per il gioco
linguistico, un po’ vuoto in alcuni momenti ma sicuramente adatto allo scopo di mettere fuori il
mestiere, ovvero le capacità attoriali dei giovani artisti. La scuola
c’è e si vede bene anche se i tempi, a volte, sono un po’ affrettati.
La confusione linguistica, che
sembra essere il filo rosso di un
testo diviso in tanti episodi, è segno del delirio del secolo appena
trascorso e si traduce nel gioco di
parole spinto fino al nonsense,
nella confusione di voci prive di
carattere, nella confusione ideologica. La parabola sul comunismo parla delle diverse anime di
una corrente politica nata in opposizione ai “governi corrotti” sul-
la scena italiana, e che sembra
frantumarsi in mille voci prive di
identità: “C’era chi era comunista perché Berlinguer era una persona per bene, chi era comunista
perché era moda, perché voleva
essere operaio o era stanco di essere operaio”. La politica diventa
un bla bla bla come lo sono i noti
proclami futuristi: “Noi vogliamo
distruggere tutti i musei, abolire
tutti i maestri”. I giovani artisti divertono e si divertono muovendosi vorticosamente lungo tutto
lo spazio del Bolivar, platea compresa. Sull’entusiasmo dei giovani dice della Monaco: «Sono contento che giovani e maestri abbiano occasione di lavorare insieme. Noi maestri guardiamo alla città del futuro, quella che vogliamo e che verrà grazie soprattutto a questi ragazzi. Bisogna seminare per far sì che dal nostro
campo nasca un altro campo».
Cameo di Angela Prota, mezzosoprano del San Carlo.
vocalist della band, Andrea
Abbate “Zebra” - basso
elettrico, Paolo Convertito
“Lovekey” - sintetizzatori e
chitarra elettrica e Gianluca
Borrelli “Ynno” - batteria, si
sono imposti grazie al loro
accattivante misto di rock ed
elettronica, al loro look
squisitamente glamour, ma
soprattutto grazie alla loro
esplosiva carica emotiva sul
palco. Il gruppo ha vinto diversi
concorsi musicali nazionali; il
brano “AnemiA” oltre ad essere
quello vincitore nella finale del
“Piper” è valso alla band la
vittoria al “Festival Pub Italia
2008”; la canzone “Continuare”
è entrato nella classifica
speciale “Best of Demo 2006”,
organizzata da Radio 1 Rai,
“Metamorfosi” vince nel 2008 il
“Note Nuove Festival” ed è
finalista al “Pop Rock Contest”.
Gli Sha’ Dong hanno anche uno
street team chiamato
“PanDemonio”: una sorta di
fans club allargato presente in
diverse città, non solo in
Campania. Molti fans degli Sha’
Dong hanno, infatti, raggiunto i
loro beniamini a Roma, per
l’occasione, con il “Fluobus”, un
autobus a tema. Fluo, per il
gruppo, non è solo qualcosa di
esterno, che si esprime anche in
volti truccati o
nell’abbigliamento (almeno un
capo indossato dai componenti
dev’essere fluorescente).
“Fluorescenza” è anche un
principio seguito nelle
esibizioni dal vivo: «Così come
in natura alcune sostanze sono
in grado di emanare la luce
ultravioletta ricevuta - spiega
Paolo “Ryo” - le persone sono in
grado di rimandare le emozioni
che ricevono. Se le emozioni che
esprimiamo dal vivo sono
abbastanza forti, di
conseguenza chi è sintonizzato
su quella frequenza le vivrà
quasi come se fossero sue, e
risponderà rimandando queste
emozioni in un grado
proporzionale alla sua
fluorescenza».
IL LAVORO DISCOGRAFICO DI RACCANELLO
AL “PENGUIN CAFÈ” TANTI AMICI HANNO RICORDATO IL REGISTA A TRENT’ANNI DALLA SCOMPARSA
“Ferrari”, una grande passione
trasportata in un compact disc
L’estro creativo e generoso di Ruccello
NAPOLI. La passione è un senti-
di Giuliana Loperto
mento straordinario, che ci permette di fare e realizzare cose incredibili, un sentimento che nella
maggior parte dei casi proviamo
nei confronti di un altra persona, o
di qualcosa che ci rappresenta che
ci unisce, ad esempio lo sport, o
ancora per qualcosa attraverso la
quale possiamo esprimerci, come
l’arte, ma a volte proviamo passione anche per un oggetto, come nel
caso delle automobili Ferrari. Nata dalla passione di un uomo, Enzo Ferrari, il quale ha realizzato un
simbolo, materializzato in un auto,
che ha appassionato milioni di persone, compreso un certo Mauro
Raccanello, la cui passione per le
auto del cavallino, lo ha portato a
vederle come persone, e non come
oggetti, fino al punto da dedicargli un lavoro discofrafico. Appassionato, titolare di un assistenza
ufficiale Ferrari, scrittore, attore ed
ora cantante sempre nel segno della Ferrari, Mauro Raccanello (nella
foto), ha voluto dedicare questo disco, dal semplice titolo “Ferrari”, al
suo fondatore. Un brano costruito
ed elaborato dai massimi protagonisti della musica Italiana, come il
produttore Philippe Leon compositore di canzoni per ben quarantaquattro big come Fausto Leali,
Celentano, Spagna, Bertè, Renato
NAPOLI. Ad oltre trent’anni dalla
Zero, Zucchero, Giorgia, Pausini e
molti altri; gli arrangiamenti sono
di Max Marcolini, in voce c’è anche la corista Sara Grimaldi, che
insieme a Marcolini ha collaborato
nella band di Zucchero Fornaciari. Il disco, ormai già super ricercato, verrà poi cantato in diverse
lingue, con la partecipazione di
cantanti di fama internazionale. All’interno dellla copertina del disco
si trova un mini-book, contenente
foto delle persone più rappresentative per la Ferrari, e si chiude con
un pensiero che Raccanello rivolge a suo figlio ma anche a tutti i
bambini italiani: “caro Marco, papà ha sognato, vissuto e realizzato
progetti difficili ed impensabili. Ti
auguro di fare altrettanto ma sopratutto di seguire e coltivare le
tue passioni, ti porteranno dove
vuoi tu!”.
Andrea Cimmino
morte del drammaturgo, regista e
artista napoletano Annibale Ruccello (nella foto), il Penguin Cafè di
Napoli, ha voluto dedicare una serata all’istrionico artista; protagonisti dell’evento, alcuni tra i suoi
collaboratori, amici e colleghi più
cari, che attraverso testimonianze
dirette, spaccati di vita vissuta e
alcune scene dei suoi capolavori,
hanno tentato di dipingere i tratti
salienti dello straordinario estro
creativo e della generosa e sensibile personalità di questo poliedrico personaggio. Ad inaugurare la
serata sul filo del recupero memoriale, è stata l’amica e collega di
Ruccello, Igina Di Napoli, direttrice artistica del “Teatro Nuovo”, assieme alla quale il giovane artista
condivise «quel postmoderno pieno di fermento e innovazione, dove si andavano delineando due diverse “fazioni” teatrali: il teatro “di
parola” e quello “di immagini”».
Membro di spicco del primo filone
teatrale, Ruccello approdò al teatro Nuovo «quasi per necessaria
ovvietà» dichiara la Di Napoli, «essendo quello spazio nato proprio
dall’esigenza di creare una casa
comune per questi artisti figli del
terromoto e dell’innovazione». Ini-
zia così la feconda collaborazione
tra Ruccello e la Di Napoli nonché
il connubio artistico tra “Il Carro”,
la compagnia di Annibale Ruccello, e il teatro Nuovo; «ricordo quegli anni con gioia perché erano anni bui a causa del terremoto, ma
anche ricchi di fermento e cambiamenti» afferma Igina Di Napoli,
e proseguendo svela aneddoti curiosi e singolari, come il fatto che
«nonostante Annibale avesse paura dei viaggi in barca e del mare,
le più importanti decisioni nella
sua carriera artistica le aveva prese in spiaggia vicino Castellamare o Capri». Uomo colto, allegro e
socievole anche con il suo pubblico, il drammaturgo napoletano era
anche molto autocritico e dotato
come tutti i veri artisti, di quell’innato senso di insoddisfazione per
le sue opere che, per la prima volta in teatro, analizzavano tematiche marginali e scomode indagando sul mondo degli emarginati e sul degrado psicofisico dei suoi
personaggi prestando sempre molta attenzione alla rappresentazione, alla scena e alle dinamiche
drammaturgiche. Colpito e affascinato dalla sua regia e dai suoi
testi fu anche Fortunato Calvino,
giovane autore e regista partenopeo presente alla serata; nel 1992
infatti, Calvino mise in scena per
la prima volta “Anna Cappelli”, noto testo di Ruccello, al Sancarluccio di Napoli con la splendida interpretazione di Paola Fulciniti, per
riprenderlo poi varie volte in Italia
e nel 2008 anche a Londra. Il regista si è dichiarato «un vero e proprio ammiratore di Annibale e del
suo modo di fare regia, affrontando con umanità tematiche scottanti e nuove»; oltre al dramma di
Anna Cappelli infatti, numerose
sono le storie complesse e tormentate che popolano i testi di
Ruccello, come “Le cinque rose di
Jennifer”, “Weekend”, “Mamma” o
“Notturno di donna con ospiti”. Di
quest’ultima opera durante la serata, è stato riprodotto un frammento del 1983 per la regia di Enrico Maria Lamanna, con la splen-
dida interpretazione di Giuliana De
Sio, mentre l’attore Alfonso Paola
ha declamato in dialetto l’esilarante “favola dei piriti”, omaggio a
quella tradizione su cui Ruccello
ha sempre indagato cercandone di
riportare alla luce tutto il vigore.
Dopo un toccante ricordo legato al
fatale incidente d’auto nel quale
l’artista perse la vita nel 1986, narrato con affetto e partecipazione
da Igina Di Napoli, l’attore Adriano Mottola, interprete nel 1995 del
“Ferdinando” di Ruccello, ha concluso la serata con la proiezione di
un frammento della sua performance, narrando quell’esperienza
unica e comunicando la sua profonda ammirazione per questo
grande artista che rivive nel genio
delle sue opere.