Arthur Rimbaud, il “poeta maledetto”
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Arthur Rimbaud, il “poeta maledetto”
Arthur Rimbaud, il “poeta maledetto” di MARIAPIA METALLO Il 20 ottobre 1854 nasceva Arthur Rimbaud, genio ribelle considerato l’incarnazione del poeta ‘maledetto’: “Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa, ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne la quintessenza, ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la sovrumana forza, e dove diventa il gran malato, fra tutti, il gran criminale, il gran maledetto, e il supremo Sapiente! “. Rimbaud percorse come una meteora tutto il cammino che portava da Baudelaire al simbolismo, colto nella sua fase decadente e moribonda, e ai presentimenti del surrealismo. Teorizzò, con coscienza più lucida di ogni altro decadente, la tesi del "poeta veggente", capace di pervenire, per mezzo di uno "sregolamento" di tutti i sensi, a una visione dell'ignoto che è nel contempo visione dell'assoluto. Dove l'arte di Rimbaud coincide con la sua vita è nel "rifiuto dell'Europa", 1/3 Arthur Rimbaud, il “poeta maledetto” nel "disgusto dell'Europa": il rifiuto includeva anche se stesso, la propria formazione ed estrazione, anzi da lì partiva. Coerentemente, la vita di Rimbaud fu una frenetica ricerca del proprio annullamento, perseguito con tutti i mezzi, compresa la non pubblicazione delle proprie opere (lasciate in giro manoscritte e poi raccolte da Verlaine), e forse la soppressione, subito dopo la tiratura, dell'unica opera da lui stampata, "Una stagione all'inferno". Si può dire che Rimbaud è il più grande e integrale interprete poetico della crisi nichilistica; e, come molti autori dei tempi di crisi, è caratterizzato da una potente ambiguità, che permetterà infatti interpretazioni divergenti della sua poesia: basti pensare che Paul Claudel poté leggere nella "Stagione all'inferno" una sorta di inconscio itinerario verso un dio sconosciuto ma necessario, mentre tanti altri vi hanno scorto il supremo momento negativo di tutta una cultura, culminante nella consapevolezza dell'inutilità della tradizione e nel suo radicale ripudio. Fra le più rilevanti e più fertili prove dell'ambiguità della poesia di Rimbaud (e, al limite, di ogni poesia), sta appunto il fatto che quest'opera di distruzione si sia tradotta in una stupenda opera creativa; che la sua istanza di libertà "contro" ogni istituzione (compresa la letteratura) si sia verificata in un grandiosa proposta di liberazione attraverso la letteratura. Egli volle rinnovare la poesia e, con l’audacia dei giovani, fece tabula rasa di tutta la retorica precedente, rinnegando persino Baudelaire, giudicato a suo avviso trop artist, e, poiché non gli restava alcun mezzo che non fosse falsato, non si fidò che della sua sensazione pura. Inventò quindi la poesia della sensazione, traducendo in poesia quello che si potrebbe chiamare lo stato psicologico da cui nascono, senza alcuna interferenza, i nostri atti. Al pensiero puro corrispose un ugual linguaggio ed un ugual ritmo che riassume tutto: profumi, suoni e colori. Rimbaud si trovò così alla punta estrema di ogni audacia letteraria e poetica, dove né i simbolisti né i surrealisti riuscirono a seguirlo. Non ebbe discepoli e neppure imitatori, nondimeno fu allora come oggi il punto di partenza di ogni audacia poetica. Voyelles A noir, E blanc, I rouge, U vert, O bleu : voyelles, Je dirai quelque jour vos naissances latentes : A, noir corset velu des mouches éclatantes Qui bombinent autour des puanteurs cruelles, Golfes d'ombre ; E, candeurs des vapeurs et des tentes, Lances des glaciers fiers, rois blancs, frissons d'ombelles ; I, pourpres, sang craché, rire des lèvres belles Dans la colère ou les ivresses pénitentes ; 2/3 Arthur Rimbaud, il “poeta maledetto” U, cycles, vibrement divins des mers virides, Paix des pâtis semés d'animaux, paix des rides Que l'alchimie imprime aux grands fronts studieux ; O, suprême Clairon plein des strideurs étranges, Silences traversés des Mondes et des Anges : - O l'Oméga, rayon violet de Ses Yeux ! Vocali A nera, E bianca, I rossa, U verde, O blu: vocali, Io dirò un giorno le vostre nascite latenti: A, nero corsetto villoso di mosche splendenti Che ronzano intorno a crudeli fetori, Golfi d'ombra; E, candori di vapori e tende, Lance di fieri ghiacciai, bianchi re, brividi d'umbelle; I, porpora, sangue sputato, risata di belle labbra Nella collera o nelle ubriachezze penitenti; U, cicli, vibrazioni divine dei verdi mari, Pace di pascoli seminati d'animali, pace di rughe Che l'alchimia imprime nelle ampie fronti studiose; O, suprema Tromba piena di strani stridori, Silenzi attraversati da Angeli e Mondi: - O l'Omega, raggio viola dei suoi Occhi! 3/3
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