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AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 In questo numero: EDITORIALE Un nuovo Simbolo di Thule ARTICOLI Il Simbolismo polare e la Tradizione Artica di Ans (Sodeswa) Pag. 2 Nero,Bianco e Rosso, Le Quattro età del mondo di Ans (Sodeswa) Pag. 9 Thule, Axis Mundi di Janus 77 Pag. 16 In cammino verso il Sole vero di Alain Pag. 19 Aspettando Maitreya di ControCultura Pag. 21 Un'alternativa poco attraente di Achille Pag. 22 Il Cristianesimo: l’Antitradizione di Avatar Pag. 23 Una Nuova Aristocrazia dell’anima di Alchemica Pag. 24 La Colonia: Unico Modello per lo sviluppo dell’Ordine di Alchemica Pag. 25 “L’ARTICOLO” La decadenza europea Il nuovo simbolo di Julius Evola Pag. 27 COMUNICAZIONI Chi ha già visionato il sito della Thule Italia ancor prima della qui ezine ha potuto di già notare l’introduzione di un nuovo simbolo atto ad identificarci la cui composizione non è stata casuale e nemmeno un esclusivo “restyling”. Questo logo inscritto in pianta ottagonale1, in cui l'acronimo di Società Thule Italia è stato ottenuto utilizzando tre rune2, rappresenta una sorta di rivoluzione copernicana per noi. In quanto, come si vede, è stato eliminato del tutto il richiamo al logo della Thule Gesellschaft del 1919. Cioè, in soldoni, non c'è più la croce uncinata con i bracci ricurvi. A chi avesse paura di una svolta badogliana da parte nostra, con l'eliminazione dal logo del nostro simbolo più pregnante, dico subito che questo salto è stato fatto in un'ottica sia tattica che strategica. Tattica, nel Nostro interesse operativo. Non possiamo restare in eterno sempre più o meno gli stessi, con una crescita costante ma del tutto inadeguata alle prove che ci attendono. E siccome la partecipazione è la fase propedeutica ad ogni altro coinvolgimento, è necessario allargare la base di partecipazione. Per allargare la base, cosa per la quale ovviamente ognuno di noi deve darsi da fare in proprio mediante una saggia politica di promozione ed inviti, è inevitabile considerare che un approccio con un logo che, rigirato come si vuole, di fatto si presenta come una SVASTICA, può aprire più facilmente delle porte ma chiuderne pregiudizialmente molte altre. 1 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA Strategica. Le polemiche a distanza degli ultimi giorni, sommate a quanto è similarmente avvenuto in passato con singoli o forum, dimostrano senza tante incertezze che siamo in troppi a navigare nella stessa scarsa acqua, e che prima o poi si finisce per incocciarsi. Perchè ognuno vede nel vicino un rivale ed un avversario, con cui contendersi rabbiosamente l'attenzione dei frequentatori del web. Non importa, che alla fine queste visioni siano del tutto unilaterali (perchè a Thule ragioniamo diversamente), e che si dica secondo il vecchio adagio che "per litigare bisogna essere in due"; quando queste oggettive difficoltà operative DI TUTTI tendono al massimo la molla della sospettosità, dell'accidia e del malanimo, allora basta un niente per dare fuoco alle polveri. E allora, o ci si riduce al silenzio, rinunciando per quieto vivere al diritto di esercitare le doverose ed improcrastinabili analisi critiche in casa propria, oppure ci si deve rassegnare alla lite permanente, la quale provoca il sollazzo dei mediocri e il disgusto delle persone intelligenti. Poichè, come abbiamo riscontrato nei fatti, ultimi quelli dei giorni scorsi, la presenza della croce uncinata a bracci ricurvi induce taluni a ritenere che il perno della nostra presenza ed essenza sia quello di fare ______________________ ANNO 59, NUMERO 5-6 semplicemente dell'agiografia nazi-fascista (e già qui siamo al primo equivoco... nazionalsocialismo e fascismo sono due cose distinte...), al punto che qualcuno ci ha definiti sdegnosamente "fascisti rinnegati", quando in Thule mai nessuno si è definito "comunità di fascisti", beh, allora direi che siamo andati fin troppo in là con gli equivoci. Siamo stati messi in non desiderata concorrenza e relazione con altre realtà presenti sul web in cui si fa sostanzialmente della mera agiografia realtà con le quali rigettiamo ogni somiglianza e parentela, perchè non vogliamo finire anche noi su un binario morto - forse perchè evidentemente nella testa degli altri se non è zuppa, deve essere pan bagnato, e al contempo rischiamo un indesiderabile calo della tensione morale dei partecipanti alla nostra realtà, falsamente appagati dai simboli facciali della loro adesione; allora, per tutti questi motivi, noi intelligentemente la "svastica" cominciamo a toglierla proprio dal simbolismo di primo impatto. Da oggi, pertanto, cambia il logo del forum e per quanto riguarda i siti proseguiremo con la diversificazione simbolica. Per significare a tutti, dentro e fuori Thule, che le identità si costruiscono con l'impegno e la coerenza, non con la facile appropriazione indebita di svastiche, fasci e altri simboli forti, a mo' di coperta di un sostanziale immobilismo. 1 L'ottagono è una figura simbolica importante, perché indica la transizione dal quadrato al cerchio, ossia dalla terra al cielo, simboleggia perciò la risurrezione e la rinascita: esso costituisce la pianta dei battisteri, di molte chiese consacrate al Santo Sepolcro di Cristo e delle cupole romaniche, e si ripete in maniera quasi ossessiva nel misterioso Castel del Monte, in Puglia, presso Andria. Otto punte hanno le croci stellate templari e quelle di Malta. Secondo una leggenda fu l'Arcangelo Michele in persona che ordinò ciò al primo Gran Maestro, Hugues de Payns: "Il vostro simbolo sarà la croce, inserita nell'ottagono". "L'otto, primo cubo di un numero pari e doppio del primo quadrato, bene esprime la potenza di Dio". (PLUTARCO). Senza dimenticare anche il significato esoterico – come indicato tra gli altri da Guenon – dell’ottagono nell’Islam. 2 Le tre rune sono: Sôwulo Teiwaz Îsa Sul cui significato rimandiamo a www.thule-italia.com/rune.htm 2 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 (la terra di Thule e la mitica età dell’oro) I parte Se si volesse rintracciare nella Tradizione un elemento di assoluta sacralità che accomuni le forme spirituali dei popoli indoeuropei non si potrebbe trascurare il mitico continente iperboreo dove, sempre secondo la Tradizione, gli antenati degli indoeuropei vissero quella esistenza in senso superiore che molti autori classici Greci e Romani chiamano “Età dell’Oro”. Questo leggendario continente situato all’estremo Nord del mondo era chiamato terra di Thule ed essa era la patria degli Iperborei, che secondo la leggenda furono dei semi-dei, primi antenati degli indoeuropei. Da Thule deriverebbe secondo la mitologia Greca, Apollo, divinità solare per eccellenza e vedremo che la solarità che deriva da Thule non è per nulla casuale. L’età dell’oro viene descritta, ad esempio da Esiodo e da Virgilio, come un’era in cui i primi uomini vissero un’esistenza di tipo semi-divino, lontana dalle fatiche del lavoro e consacrata ad una esistenza rituale, nel senso che specificheremo in seguito, superiore a qualsiasi civiltà umana venuta in ere successive. La summa delle esperienze che questi iperborei conobbero presso Thule è detta Tradizione e i germi di quest’ultima sarebbero destinati a risiedere addormentati nel sangue dei loro discendenti nei secoli successivi, pronti ad essere risvegliati attraverso il rituale dell’iniziazione. Thule, dopo la fine dell’età dell’oro, diventa irraggiungibile ed introvabile per chi non è degno di arrivarci e inoltre nelle descrizioni mitiche è spesso rappresentata come una montagna in mezzo al mare (si parlerà nei prossimi articoli del simbolismo della montagna). Nelle ere successive a quella dell’oro gli unici che potranno raggiungere Thule saranno i guerrieri attraverso una morte eroica sul campo di battaglia. Negli ultimi due secoli queste antiche leggende, che sarebbe una colpa considerare solo tali, furono esaminate e comparate nelle loro differenti versioni a seconda del ceppo indoeuropeo che le tramandò. In questo senso hanno lavorato autori come G.Dumezil, R. Guenon e J. Evola, scandagliando tradizioni e miti spesso degenerati in forme folkloristiche, in tutte le aree di influenza indoeuropea, riscoprendo analogie linguistiche, culturali e spirituali a tratti sorprendenti tra cui la succitata “Tradizione Artica” che ruota attorno alla leggendaria Thule, la terra degli antenati di tutti gli indoeuropei che vista in chiave moderna, potrebbe essere la “fatherland” di chi oggi, Nobile Europeo, non vuole assoggettarsi all’omologazione della società mondialista e multirazziale. R. Guenon oltre a scrivere numerosi libri di stampo tradizionale con riferimento alle leggende sull’estremo Nord (Il re del mondo, Crisi del mondo moderno) fece conoscere in Europa uno studioso indiano, Tilak, esperto di antichi testi sacri indù che col suo libro “L’origine artica dei veda” confermò la tendenza ad una riscoperta della Thule. I veda sono infatti i più antichi testi sacri indù che riportano la religiosità degli Arii, una popolazione indoeuropea proveniente dal Nord (quindi dalla pelle bianca) che invase la penisola indiana intorno al 1500 a.c. istituendo il sistema delle caste, che anticamente significavano “colore”, riferito al colore della pelle, ponendo ai gradi più bassi gli autoctoni dalla pelle scura e ai gradi più alti (guerrieri e sacerdoti) gli invasori Arii (vedremo come questa divisione non sia una forma di discriminazione razziale ma bensì una sistemazione organica in cui ogni casta incarna la propria funzione in base alle proprie caratteristiche spirituali e materiali, proprie della stirpe di appartenenza). I veda antichi sono quindi la raccolta della “religio” del popolo Ario, una religiosità di tipo uranico ed olimpico (che cioè credeva nell’esistenza di divinità che risiedevano in una realtà posta “fisicamente” al di sopra della terra). Tilak studiando minuziosamente i Veda ritrovò numerosissime descrizioni di fenomeni celesti che si potevano rilevare soltanto all’estremo Nord del mondo. Per esempio in alcuni passi si parla di una notte e di un giorno che durano sei mesi, oppure in altri passi, si parla della posizione di alcune stelle, come la stella polare ma in posizioni che non sono osservabili in India ma solo al Polo nord (la stella polare viene infatti descritta nei Veda posizionata nello zenit “come l’asse del mondo”) oltre che dell’arrivo di un anno il cui inverno dura dieci mesi e la cui estate solo due. Tutte questi esempi non possono essere casuali e provano che effettivamente gli Arii derivassero dall’estremo Nord del mondo, dando così una veste più realistica alla leggenda di Thule. Ma Tilak non si ferma qui e rintraccia analogie di questo genere anche presso la religione Iranica e presso alcuni filosofi presocratici come Anassimene. Un altro studioso, L. Wirth, compie lo 3 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 stesso tipo di indagine analizzando il “Crepuscolo degli Dei” nordico, il “Ragnarokk”, giungendo a conclusioni simili a quelle di Tilak e in Italia Renato del Ponte rintraccia un simbolismo Artico nella religiosità, nelle misurazioni del tempo e nel simbolismo urbano di Roma antica. Si scoprì quindi che il mitico Ragnarokk nordico presentava, come i Veda, descrizioni di fenomeni celesti che si possono rilevare solo al Polo ed inoltre descrive, attraverso il mito del crepuscolo degli Dei l’arrivo dell’ultima glaciazione, ovvero dal nostro punto di vista la fine dell’età dell’oro e l’abbandono della Terra originaria, che costringerà gli indoeuropei a spostarsi in continuazione in cerca di terre ospitali . Una di queste è il Lazio, dove la tribù dei Latini fondò Roma antica. E’ interessante notare come anche nella religione delle origini Romana e nel sistema di misurazione del tempo in vigore nei primissimi periodi emerga un simbolismo polare stupefacente che sarà oggetto di una trattazione specifica in futuro. Possiamo dire in conclusione come anche i Romani, in quanto popolazione indoeuropea, presentino reminiscenze artiche e quindi legate, dal punto di vista mitico e metastorico, all’età dell’oro e al simbolismo di Thule. Per concludere possiamo affermare di aver tracciato un inquadramento generale in cui inserire in futuro una descrizione sui simboli e sui significati della Tradizione indoeuropea affinché essa ci guidi nell’attuale età di decadenza che stiamo attraversando. Inoltre è importante riscoprire questo tipo di retroterra tradizionale per ricongiungersi a quelle forme di pensiero che più ci avvicinano alle nostre radici etniche e conoscitive per ritrovare una visione del mondo che sia al tempo stesso nuova ma anche antica da contrapporre all’ideologia massificante della globalizzazione e della società multiculturale e multirazziale che per loro stessa natura distruggono le realtà preesistenti per poi ricomporle su base esclusivamente economica e consumistica. (la terra di Thule e la mitica età dell’oro) II parte Nel precedente articolo abbiamo delineato come esistesse presso gli indoeuropei un mito, quello di Thule, collegato ad una più alta forma di esistenza, che rappresenta il ricordo trasposto in chiave mitica della patria originaria degli indoeuropei. Ma la forza di un mito trova sempre una rappresentazione simbolica e in questo caso la simbologia che andiamo prendere in esame è quanto di più evocativo possa esserci per chi come noi voglia creare un movimento di vera destra radicale. Questa simbologia è quella dello swastika, del fyrfos, della ruota del sole e della croce celtica. Mi rendo conto che gli avvenimenti della prima metà del secolo scorso abbiano messo in cattiva luce alcune simbologie, come quella dello swastika, che secondo me andrebbero riproposte nel loro significato originario, così come suggerito dalla Tradizione stessa. Per quanto riguarda gli altri simboli, come la croce celtica, è utile delinearne il vero significato e la sua vera collocazione spirituale dopo che agli occhi dell’opinione pubblica essa è stata associata troppo spesso a fenomeni che con la vera destra tradizionale e radicale nulla hanno a che spartire. Allo swastika sono associati da parte di numerose tradizioni alcuni significati di base che ritengo oltremodo indispensabile esaminare: • CENTRALITA’: Il centro dello swastika è la parte più importante di questo simbolo. Si può pensare ad esso come il popolo Ario stesso. • SOLARITA’ Nel centro molti autori collocano la posizione del sole o per lo meno del principio o motore immobile dell’universo. A mio parere sono gli uncini a possedere il senso di solarità. Vedremo in seguito perché. 4 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 • PREDESTINAZIONE ALLA NOBILTA’ E AL COMANDO Secondo alcune leggende chi vede uno swastika in sogno è predestinato al comando. Inoltre il numero di riferimento dello swastika è il 12+1 ovvero il 13 numero che contraddistingue, e vedremo perché, il prescelto. • FORZA VORTICOSA DI PERENNE RIVOLUZIONE Dal centro si sviluppa una forza di rotazione che il centro stesso (motore immobile) provoca ma di cui non fa parte. Vedremo che da questa si può pensare come trasposizione in chiave meta politica al capo di un popolo che ordina in modo sacro la società che è destinato a comandare senza però che gli umori e le pulsioni inferiori della massa lo possano turbare. Detto ciò bisogna ricollegare la Tradizione e il suo simbolismo alle festività che più di tutte la rappresentano ovvero i riti ancestrali del solstizio celebrati con l’accensione di un falò sacro. I solstizi sono due quello d’estate e quello d’inverno. Gli antichi indoeuropei vedevano nel solstizio d’inverno il momento più tragico nella “vita” del sole poiché la notte era la più lunga dell’anno e quindi il sole sembrava morire senza mai più rinascere. Dalla festività del solstizio d’inverno nasce il Natale. Infatti la data del 25 dicembre è la data approssimativa del solstizio che gli antichi indoeuropei collocavano tra il 21 e il 25 dicembre a seconda del ceppo di appartenenza (la scarsa precisione è imputabile ovviamente alla mancanza di precisi strumenti di misurazione). Un esempio su tutti è la nascita di Mitra dio sole della religione iranica che nasce il 25 dicembre. Anche le usanze dell’albero di Natale e dei doni sono di origine pagana. Il solstizio d’estate era invece il momento del trionfo e dell’apoteosi del sole. Esso veniva festeggiato sempre con l’accensione di un falò (pratica che si può facilmente rintracciare nella festa di S.Giovanni in quel di Torino). La mia personale teoria sullo Swastika parte dalle origini artiche delle stirpi Arie che avrebbero dovuto assistere, alle origini della loro esistenza quando abitavano nella regione artica, quindi dal punto di vista mitico presso la terra di Thule, a fenomeni celesti del tutto particolari come quello del sole che sembra ruotare, senza mai calare, attorno alla testa dell’osservatore che sarebbe così al centro del moto di rivoluzione apparente del sole attorno alla terra. Ho assistito personalmente a questo fenomeno, detto comunemente sole di mezzanotte, in gioventù a capo Nord in Norvegia in occasione del solstizio di estate. In effetti per un osservatore posto nella regione artica il sole, in quel momento, sembra girargli attorno compiendo un moto di rivoluzione apparente. Di qui la mia teoria sul significato dello swastica in cui gli Arii sarebbero il centro della croce e gli uncini sarebbero le varie fasi del sole nel suo moto di rivoluzione apparente attorno al polo. Dalle figura anche se un po’ artigianale, si può appurare come la mia teoria sia facilmente comprensibile. Nella figura tradizionale seguente si può notare ancora meglio l’adattabilità della mia tesi. 5 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Ora mi auguro che il lettore attento possa applicare senza difficoltà allo swastika le caratteristiche enunciate precedentemente (Solarità, Centralità, Forza vorticosa di perenne rivoluzione) Per ciò che riguarda il significato numerico e di predestinazione bisogna ricordare che lo swastika può essere rappresentato da dodici punti più il punto centrale. Il dodici è un numero il cui simbolismo sacro si manifesta nel numero dei mesi dell’anno, nel numero dei segni dello zodiaco, nel numero degli Ansen (gli eroi che siedono accanto a Odino nel Wahlalla), nel numero delle verghe che compongono il fascio, nel numero degli dei Olimpici, nel numero dei cavalieri di Re Artù, nella durata del III Reich e infine nella tradizione cristiana, quindi appartenente a un ciclo già decadente, nel numero degli apostoli. Il punto centrale, il tredicesimo, è quello che contraddistingue il prescelto e/o l’eletto, colui che è destinato a compiere più alte imprese. Basti per tutti l’esempio di Parzival il cavaliere della Tavola Rotonda che sedette nel tredicesimo seggio senza subire disgrazie (al contrario di coloro che vi si erano seduti in precedenza) dimostrando di essere colui in grado di cercare il Santo Graal. Il centro dello swastika è il tredicesimo seggio, quindi il punto più importante in cui si situa il motore immobile, la forza prima della forza di rivoluzione che non viene però coinvolta dal moto stesso. Ora si può capire pensando al tredicesimo, cioè all’eletto, la leggenda orientale in cui chi vede uno swastika fiammeggiante nel cielo durante il sonno, è destinato a comandare. Lo swastika può essere sostituito da figure leggermente diverse dal punto di vista grafico ma equivalenti dal punto di vista simbolico. Queste figure sono la ruota del sole, il Tryfos, la croce uncinata e la croce celtica. 6 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Nelle figure abbiamo rispettivamente una ruota del sole, una celtica e una croce uncinata. La croce celtica assume oltre al significato solare anche un significato di collegamento tra mondo terreno e mondo celeste. Infatti l’asse orizzontale rappresenta il mondo terreno mentre quello verticale il mondo celeste. Inoltre il simbolismo è doppio in quanto il cerchio è tradizionalmente un simbolo di divinità mentre la croce un simbolo di materialità. Per finire ricordiamoci che le croci celtiche venivano scolpite nella pietra e conficcate nella terra creando quindi un asse simbolico terra cielo così come i menhirs preistorici. Parleremo in seguito dei dati archeologici legati a questi simboli. _______________________________________________ Come il simbolismo polare arrivò sino a Noi III parte Sino ad oggi abbiamo descritto significati e origini etniche e tradizionali indoeuropee al di fuori della storia di cui comunemente siamo abituati a parlare. Ovvero l’esperienza di Thule che si colloca prima dell’inizio della storia stessa (per questo parliamo di riferimento mitico) e delle manifestazioni della tradizione nell’ evo antico. Ma ora dobbiamo occuparci di come si è passati dal cosiddetto evo antico al medioevo e quali sconvolgimenti culturali si sono accompagnati a questi fenomeni. Con la diffusione del cristianesimo tra le plebi del mondo conosciuto venne a cadere il principio gerarchico dell’elite pagana soppiantato dalla necessità di abolire qualsiasi differenza tra gli uomini che è uno dei cardini del cristianesimo delle origini. Il cristianesimo che può sembrare un movimento tollerante a prima vista nascondeva invece un intollerante senso di rivalsa nei confronti della cultura che lo aveva preceduto (azzarderei un parallelo col comunismo sovietico) distruggendo interamente la cultura pagana grazie alla sua capacità di conquistare le plebi (con discorsi di facile comprensione e di facile utilizzo per i ceti più poveri) e di sconvolgere il principio aristocratico della superiorità della qualità rispetto al numero (ovvero la superiorità delle imponenti plebi pelagiche e orientali dell’Urbe rispetto alle aristocrazie romane, o per lo meno di quel che ne rimaneva dopo le guerre civili). Contemporaneamente allo sfascio politico, sociale, religioso e quindi culturale della società romana sotto l’impeto fanatico del cristianesimo ( a cui non riuscì di riuscì di ribellarsi neanche Giuliano imperatore che volle ristabilire il tradizionalismo pagano) avveniva lo sfascio militare ad opera delle possenti orde barbariche provenienti dal centro-nord europa. In Italia si riversarono quindi almeno 500.000 tra goti di varie tribù, sassoni, longobardi, franchi e assieme a loro numerose altre piccole tribù di origine germanica. Queste che in parte erano ancora legate al paganesimo o alla eresia Ariana (da non confondersi con la razza Aria o Ariana), con la sola eccezione dei franchi, ristabilirono in forme grezze le aristocrazie militari e le divisioni sociali classiche delle società indoeuropee. Quindi con l’alto medio evo abbiamo un ritorno ad una europa gerarchica il cui ordinamento verrà riconosciuto dal sistema feudale che ordinerà l’impero carolingio. Al di là del grande interesse in noi suscitato dall’ordinamento imperiale non possiamo tacere le stragi che perpetrarono i carolingi sotto la pressione del papato contro chiunque non volesse abbracciare il cristianesimo abiurando le proprie origini pagane. Ora sono d’obbligo due esempi dell’influenza papale sui carolingi e gli effetti devastatori da essi causati. Lo sterminio di gran parte dei Sassoni (compresi donne e bambini) rei di non voler abbandonare Odino e Thor (Donar) e l’invasione della penisola italiana sempre da parte dei franchi e la conseguente distruzione del regno longobardo che avrebbe portato l’Italia sotto un unico regno non fosse stato per la malafede del papato romano. 7 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Tornando ai nostri argomenti tradizionali possiamo chiederci come e quando il sistema simbolico polare e artico si camuffò per resistere all’inquisitorio sistema d’intolleranza della nuova religione dominante (peraltro di chiara origine semita). I simboli come lo swastika e suoi simili vennero in parte cristianizzati e in parte modificati e inseriti nell’araldica da parte delle gilde dei disegnatori di araldica. Almeno questa è la teoria, a mio giudizio più che accettabile di Guido von List e Lanz von Liebenfels. Il primo fu l’autore di numerosi testi neo pagani tra cui “Il segreto delle Rune” in cui espone chiaramente come lo swastika e altri simboli runici vengano a far parte dell’araldica europea. In particolare ricordiamo la croce di malta come l’insieme di due croci uncinate che si contrappongono, la croce dei cavalieri teutonici come due swastika che si oppongono e di nuovo la croce di altri ordini cavallereschi e religiosi. E’ possibile rintracciare simboli polari nei rosoni degli edifici religiosi medioevali come ad esempio il rosone del duomo di Parma. Molto curioso e interessante è a mio giudizio uno studio approfondito di questi temi e lo consiglio a coloro che sono soliti ammirare araldi o affreschi medioevali come ad esempio gli affreschi del castello di Issogne in Val D’Aosta dosi possono notare alcuni degli araldi con “swastika” camuffati simili a quelli descritti da Von List. Come si vedrà in modo più approfondito nel prossimo articolo “Nero, Bianco e Rosso” le due vie dell’uomo nobile o se si preferisce Ario sono quelle della religiosità o della guerra santa. Due vie che corrispondono a mio giudizio a diverse modalità di Trasmutazione alchemica di passaggio dal nero al bianco o dal nero al rosso. Ciò verrà spiegato meglio in seguito. Il simbolismo polare è sopravvissuto nonostante tutto ma ora tocca a noi farlo sopravvivere e soprattutto rinascere nel suo significato originario legato ai solstizi e alla mitica età dell’oro presso Thule. Incompreso ai più anche nell’antichità il suo significato era compreso, anche allora solo dalle èlite (sacerdoti, scaldi, bardi…) e portato come fregio e simbolo di vittoria dai guerrieri; oggi tutto sembra perso e solo una èlite ancora più ristretta può comprendere certi significati. Ma questa èlite ha il dovere di preservarsi e preservare il proprio sapere così coerentemente con i miei principi, ho cercato di preservare tutto ciò mettendo nero su bianco le mie intuizioni che penso possono interessare anche chi crede di sapere tutto in materia. 8 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 (Dall’età dell’oro al Kaly-Yuga, l’iniziazione alchemica) .i. Introduzione Chiunque avrà pensato una volta almeno nella vita perché molte insegne imperiali o bandiere inneggianti al Terzo Reich o altre bandiere a sfondo politico (croce celtica nera in cerco bianco su sfondo rosso) possiedono questi tre colori fondamentali. Io me lo sono chiesto e ho voluto vederci chiaro. Dopo “Il simbolismo polare e la Tradizione artica” voglio chiarire anche questo aspetto cromatico della Tradizione Aria riscoprendo quegli aspetti per così dire “esoterici” (nel senso che possono essere attualmente capiti da pochi) che stanno dietro a quel che rimane della civiltà di origine Indoeuropea. Vista la vastità dell’argomento trattato e la difficoltà di procedere in maniera sistematica chiedo venia al lettore se sarò costretto ad elencare numerose nozioni nella fase iniziale per poi spiegarle e riunirle alla fine dell’articolo. .ii. Nero, Bianco, Rosso nella tradizione Per iniziare ritengo doveroso ricordare che le iscrizioni su menhir, dolmen e altri monoliti destinati al culto indoeuropeo, molti dei quali ritrovati in Italia, erano dipinte con questi colori. In epoca successiva anche alcune insegne dell’impero romano erano nere bianche e rosse. Ricordo inoltre che in tutte le scuole iniziatiche dell’antichità le vesti di questi colori corrispondono ai gradi di iniziazione e soprattutto il rito di investitura di un cavaliere medioevale (che affonda le proprie radici come ritualità nell’ethos germanico) prevedeva che il cavaliere si cingesse durante la cerimonia di vesti nere, bianche e rosse a seconda se si trattava di una fase di purezza (bianco), una fase legata alla morte (nero) o infine una fase legata al dovere di versare anche il proprio sangue per difendere il proprio signore(rosso). Inoltre pare che alcuni riti di iniziazione e investitura si svolgessero in prossimità del solstizio d’estate, del cui significato abbiamo già discusso nel precedente articolo. Durante il medio evo le famiglie germaniche che spesso giungevano alla consacrazione imperiale possedevano questi colori nel loro araldo. Anche in Italia alcune famiglie nobili ebbero questi tre sacri colori come insegna del loro potere. In epoca più recente sotto questi colori sono sorti il II Reich e il III Reich tedesco. 9 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 .iii. Le quattro età del mondo tradizionale L’esperienza delle origini Arie che possiamo chiamare Età dell’oro si è conclusa migliaia di anni fa e attualmente viviamo l’ultimissima delle età: l’età del ferro o Kali-Yuga. Le ere dell’umanità sono quattro (Oro, Argento, Bronzo e ferro) come anche il numero delle caste di origine indo-aria (sacerdoti, guerrieri, borghesi e lavoratori) più i senza casta, i paria. Ogni età e ogni ciclo tradizionale rappresenta una discesa rispetto a quella precedente così come dall’oro si passa all’argento, al bronzo e al ferro. Inoltre ogni età è a sua volta suddivisa in quattro cicli che corrispondono per quanto riguarda la nostra età del ferro alle quattro caste. Ricordo che tutte le società delle origini di impronta indoeuropea possedevano delle caste: Bramani, guerrieri, borghesi e shudra presso gli Arii dell’India, Patrizi, Pontefici e Plebei a Roma ma anche a Sparta e presso i Celti, i Liguri, e i Germani. Questo ordinamento sociale è detto tripartizione della società indoeuropea. Al concetto base di tripartizione si aggiunge la casta o classe dei borghesi che ha però come ben sappiamo un ruolo antitradizionale per eccellenza. Inoltre alcune società indoeuropee non attribuivano alla borghesia una specifica casta (nell’alto medio evo abbiamo soltanto guerrieri, monaci e lavoratori). Tornando alla dottrina delle origini quando i discendenti dei mitici iperborei dovettero lasciare le terre del nord (terra di Thule) per recarsi in varie ondate in territori più ospitali passarono, almeno dal punto di vista mitico, dall’età dell’oro all’età successiva. Cominciarono quindi a subire le fatiche del lavoro e le peripezie della vita caduca (c.f.r Esiodo). Cominciò così il ciclo dell’autorità spirituale dominato dalla costruzione dei templi dal punto di vista architettonico e dall’autorità e dal rispetto indiscusso per l’autorità spirituale (la casta sacerdotale). In seguito venne l’era dei guerrieri e della nobiltà non più basata sulla spiritualità ma soprattutto sulla forza militare (era dominata dalla costruzione di castelli e opere militari) e sulla casta guerriera. Venne poi una età che di molto differiva- in senso peggiorativo- rispetto alle prime età, quella dell’avvento al potere della borghesia denominato dagli aspetti puramente economici e dalle costruzioni degli apparati produttivi e degli edifici commerciali. Infine anche la casta “oscura e demonica” prese il potere ma non come un popolo, una razza o una stirpe ordinata bensì come una massa informe di bisognosi “posseduta” da falsi miti e obbediente a falsi profeti. Schiavo ormai di tutte le sua pulsioni inferiori, rinchiuso dal punto di vista architettonico in veri e propri alveari di cemento, l’uomo-massa rappresenta la degenerazione massima con le sue perversioni delle verità, la perdita delle identità e delle differenze e l’omologazione etnica e culturale. Il Kaly Yuga si presenta nella sua massima bestialità e informità, un’ era in cui chi rappresenta ancora una qualche forma pura e incontaminata viene tacciato di eresia e pericolosità rispetto alle posizioni dominanti. I ruoli dell’uomo e della donna, che paiono in altre epoche ben definiti, sfumano, scompare in alcuni casi addirittura la 10 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 differenza tra i sessi (per giunta teorizzate dalle massime correnti antitradizionali: femminismo e bolscevismo). .iv. Basi etniche e sociali nella dottrina delle caste indo arie Le caste della tradizione indo aria non sono il riflesso di una distinzione economica o soltanto materiale: sono in realtà il risultato di specifiche qualità spirituali. La casta sacerdotale e la casta guerriera erano dette, nel loro insieme, Arya, che significa in sanscrito “nobile”. Dato che il termine sanscrito per casta era “varna”, colore, e gli Arya erano detti i “bianchi amici degli dei” o descritti dagli altri popoli come “i guerrieri dalla pelle bianca” è stato desunto, anche attraverso altri importanti studi, che le caste erano un sistema socialeorganico che vedeva come guerrieri e come sacerdoti ( gli Arii appunto) i discendenti di un popolo indoeuropeo (quindi dalla pelle bianca) che arrivò nell’area indiana intorno al 1500 a.C. soggiogando e confinando nelle caste inferiori gli autoctoni dalla pelle scura. Dal termine “Arya”, secondo il ragionamento sopra enunciato deriva quindi il famoso termine di razza o stirpe “Aria” o “Ariana”. Ma la semplice discendenza non bastava per essere un “Arya”. Ovvero era necessaria una iniziazione con la quale un giovane nato da genitori appartenenti alle prime due caste divenisse pari ai suoi antenati: senza quella iniziazione il giovane sarebbe stato pari ad uno “shudra” (ovvero un appartenente all’ultima casta detta “oscura”). Quindi l’Ario non è solo colui che è bianco di pelle ma è colui che attraverso l’iniziazione riscopre in sé l’esperienza atavica della divinità e la fa rivivere attraverso questa consacrazione per conoscere la divinità così come la conobbero i suoi antenati durante l’età dell’oro (quando dei e uomini stavano sullo stesso livello). Quindi risveglia in lui (attraverso l’esperienza del divino) quel nume che già i suoi antenati avevano conosciuto così da divenire, se il suo sangue lo consente, un vero e proprio Ariano. Per questo gli Arya erano detti “nati due volte” richiamando appunto la loro doppia nascita (materiale la prima, spirituale la seconda). Inoltre gli Arya erano portatori di una “razza dello spirito” ovvero praticavano un culto Ario e patrizio (simile a quello degli altri popoli indoeuropei) solare e connesso alla “guerra santa” mentre i popoli “oscuri” delle altre due caste praticavano culti ctoni e talvolta demoniaci, pervasi dal caos e dalla bestialità, fomentatori del disordine e della promiscuità. Gli Arii quindi avevano una funzione ordinatrice rispetto ad un sostrato infero: non erano quindi dei tiranni nel senso moderno del termine. .v. L’iniziazione alchemica come ritorno all’età dell’oro e come via esoterica occidentale 11 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 La parola alchimia è di solito associata alla trasmutazione dei metalli meno pregiati in oro, ad essa poi si lega la figura di un “proto chimico” che in un oscuro antro del suo laboratorio tenta esperimenti impossibili. Questo aspetto “romantico” e “goticheggiante” della figura dell’alchimista e quanto mai puerile e privo di fondamento. L’alchimia attraverso una metafora, la trasmutazione dei metalli in oro, si prefiggeva di purificare l’uomo e di fargli raggiungere un più alto livello di spiritualità: una spiritualità non altrimenti raggiungibile nell’era moderna. La fasi dell’alchimia, nella loro formazione spiritualmente più elevata sono rappresentate dai fatidici colori: NERO, BIANCO, ROSSO. Vediamo come. • FASE AL NERO: Questa è la fase basilare detta anche “morte alchemica” che poco però ha a che vedere con la morte profana e materiale. Si tratta invece di una morte degli istinti più bassi dell’uomo, quelli più egoistici che ci portano ad avere paura, a rinnegare gli ideali per pensare a noi stessi, a lasciarci andare a comportamenti turpi e degeneri. In una parola la fase al nero significa smetterla di comportarci come la casta oscura dell’india tradizionale. • FASE AL BIANCO: E’ la fase dell’ascesi e della pura spiritualità: non da intendersi come disprezzo della materialità ma bensì come un “non avere più bisogno della materia e dei piaceri corporei”. E’ il raggiungimento e la conoscenza dell’essenza divina, una forma di Teosofia. La ricerca di un tramite con la divinità è un leitmotiv della aristocrazia Aria poiché un detto nordico dice “chi è capo deve essere ponte”. Di qui il significato di pontefice “facitore del ponte” colui che ricongiunge dopo la fine dell’età dell’oro l’umanità con la superumanità divina ricostruendo quel ponte che si è drammaticamente spezzato con la fine dell’età aurea creando una divisione peraltro non insuperabile tra gli dei e gli uomini. • FASE AL ROSSO: E’ la fase eroica per eccellenza, dominata dal colore del sangue, dalla “Mors Triunphalis” ovvero della morte che deifica e rende immortali. Pensiamo quindi agli eroi nordici che morendo in battaglia vengono accolti da Odino nel Walahalla o in tradizioni più tarde ai cavalieri medioevali che morivano durante una crociata con la speranza di essere accolti in paradiso. Ritornando alle caste indiane possiamo capire come la casta sacerdotale fosse dominata dalla fase al bianco mentre quella guerriera dalla fase al rosso. Ambedue però dovevano aver superato la “demonia” della casta oscura troppo intenta nei propri istinti più terreni per alzare gli occhi verso le forze celesti. Ancora più importante è vedere come la trasmutazione del metallo in oro significa il ripristino dell’età dell’oro e della spiritualità che la contraddistingueva. Passiamo ora a fare qualche esempio. 12 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Nel culto celtico di Cernunno (il dio cervo con i piedi piantati nel terreno e le corna svettanti ne cielo) troviamo un concetto molto simile. Come i nordici “Yggdrasill” (albero secco della vita) e “colonna di Irninsul” (colonna che sostiene il mondo) Cernunno è l’asse tra la terra e il cielo (in questo ricorda i menhir). Funge quindi da collegamento di due mondi (così come la concezione dell’imperatore nel Sacro Romano Impero ghibellino). Con i suoi piedi piantati per terra ci ricorda gli istinti terreni e inferiori che vanno superati (FASE AL NERO) per raggiungere la divinità a cui tendono le corna del cervo (FASE AL BIANCO). Nella leggenda greca di Teseo e del Minotauro dobbiamo registrare il fatto che Teseo rappresenta la Tradizione che uccidendo il Minotauro nel labirinto uccide i propri istinti animaleschi e impuri (FASE AL NERO). Non è casuale che in ambienti di purificazione interiore come chiese e monasteri sia presente il labirinto (come siepe al centro di un chiostro o come elemento decorativo). Inoltre esistono raffigurazioni del labirinto a forma di Swastika di cui abbiamo precedentemente parlato. Nella leggenda di re Artù (nome legato al simbolismo polare secondo Guenon) quest’ultimo rappresenta il potere guerriero (FASE AL ROSSO) , il bardo Merlino rappresenta il potere spirituale (FASE AL BIANCO); Avallon è la trasposizione nordico atlantica della terra di Thule mentre il santo Graal è il mezzo per reintegrare la condizione di età dell’oro. Ci sarebbero ancora migliaia di corrispondenze in questa leggenda celtico-cristiana ma ritengo che questa sarà oggetto di una trattazione futura. Quando ci troviamo di fronte ad un guerriero che uccide un drago ci troviamo in corrispondenza di numerosissimi significati per la dottrina Aria. Il drago come tutte le creature elementari e ctonie rappresenta la spiritualità delle stirpi non bianche, dominate dal caos, che vanno combattute e sconfitte come fecero tutti i popoli indoeuropei; inoltre la sua uccisione può rappresentare una FASE AL NERO (combattere i propri istinti inferiori) seguita da una FASE AL ROSSO (rappresentata dal guerriero che mette a repentaglio la sua stessa vita). Come figure leggendarie dobbiamo pensare a Beoulf (il cui suffisso “ulf” sta per lupo connesso talvolta a simboli solari) che nella tradizione anglo sassone uccide vari mostri, a Sigurd/Siegfried (che significa amico della vittoria) che combatte le forze infere per conto di Odino/Wotan, a Thor (dio protettore dei vichinghi) che con il suo martello Mjollnir distrugge i giganti elementari che vogliono distruggere l’Asgard (la sede degli Dei vista talvolta come la Thule) , a Giove che con l’ascia (connessa al fascio littorio) combatte i giganti, a San Giorgio della tradizione cristiana che uccide il drago e a tanti altri ancora che non ho tempo di elencare. Come figura di alchimista in questo senso possiamo vedere Dante nella “Commedia” che con la sua selva oscura attraversa una FASE AL NERO, e che finirà con il raggiungere nel paradiso la FASE AL BIANCO, dopo un difficile cammino. Potrei poi citare le varie forme di metamorfosi della letteratura antica a cui corrispondono vari cambiamenti di fase e infine si 13 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 può rintracciare qualcosa di simile nell’opera di Tolkien ma sono costretto per motivi di spazio a fermarmi qui. .vi. La riunione dei due poteri, spirituale e guerriero, nell’imperatore Tra gli Arii per occupare i posti più alti della gerarchia vi erano due vie (sacerdotale e guerriera) per raggiungere la pura spiritualità (nella loro massima espressione erano incarnate perfettamente dall’aristocrazia guerriera e sacerdotale al tempo stesso degli imperatori romani) : la via che conduce alla divinità attraverso la spiritualità che oggi definiremmo “religiosa” (FASE AL BIANCO) e la via che conduce alla spiritualità attraverso l’eroismo sul campo di battaglia (FASE AL ROSSO). Nell’antica Roma i pontefici incarnavano la funzione sacerdotale e in quanto “facitori del ponte” (nel senso che abbiamo specificato precedentemente) erano i responsabili di quel ponte che sorgeva sul Tevere e che veniva costruito senza l’uso di strumenti e componenti di ferro ( il ferro probabilmente richiamava l’età del ferro e in generale la degradazione ultima rispetto all’età dell’oro). Con Ottaviano Augusto la funzione di capo sia materiale che spirituale viene a riunirsi nella figura dell’imperatore che è anche pontefice massimo. Ovvero il corpo “sociale” di tipo tradizionale e quindi imperiale tendeva a ricongiungersi nella divinità attraverso le varie fasi alchemiche (nero, bianco, rosso) rappresentate dalle caste. I lavoratori erano l’aspetto tellurico (legato alla terra e al colore nero), i guerrieri divenivano simili agli dei attraverso la morte eroica (il dono del proprio sangue, di colore rosso) mentre i “pontefici”, le caste sacerdotali Arie ricostruivano il ponte che divideva uomini e dei (raggiungendo la purezza del colore bianco). Le due massime funzioni di questo “organismo sociale” erano incarnate contemporaneamente del capo, o dall’imperatore che era al tempo stesso pontefice e guerriero, portatore di pace e di luce ma anche capo supremo degli eserciti. Una concezione simile animava il concetto di imperatore del Sacro Romano Impero per i ghibellini. .vii. Il cerchio si chiude Spero che adesso il lettore possa capire il perché del continuo parlare delle caste indiane come realizzazione delle fasi alchemiche a loro volta rappresentate dai colori fatidici che ci eravamo proposti di spiegare. Possiamo così pensare che l’araldo dell’uomo che ritorna allo stato primordiale di età dell’oro sia NERO, BIANCO e ROSSO coronato magari da un simbolo solare/polare. Inoltre si capirà come le quattro ere di cui parlavo all’inizio fossero varie fasi discendenti e di contro iniziazione: passaggio dall’oro al ferro, dalla casta sacerdotale ai demoni della vita estenuata, dalla FASE AL BIANCO alla FASE AL NERO. 14 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Spero che si possa capire l’esigenza posta in essere dal sapere tradizionale che chi comanda (gli Arii) debbano aver superato l’abbandono del puro istinto che è di per sé egoistico poiché per comandare bisogna prima di tutto essere in grado di comandare se stessi. Inoltre la FASE AL ROSSO fa si che una parte di chi comanda sia disposto a versare il proprio sangue per un ideale superiore ( i cavalieri medioevali ad esempio) e che la struttura sociale così delineata non è una forma di tirannia ma una figura piramidale che si ricongiunge nella divinità magari con la figura dell’imperatore come rappresentante di entrambi i poteri e di tutte le fasi (NERA, BIANCA, ROSSA). 15 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 di Janus77 In diverse occasioni abbiamo letto e sentito analisi sulla Tradizione Primordiale e sul suo dispiegarsi, partendo dal Polo originario, per le più diverse zone geografiche del pianeta, forgiando e creando tradizioni secondarie a sua immagine e somiglianza, traslando in esse dottrine, simboli e miti, adattandosi all’inevitabile involuzione delle ere ed alle diverse popolazioni incontrate. Ogni qualvolta lo sguardo dello studioso si è posato sulla radice prima delle varie manifestazioni tradizionali, esso, di solito, è stato fugace e poco attento, sempre intento nella ricerca di quei rapporti dinamici che ne hanno caratterizzato la fase successiva e regressiva, cioè le varie migrazioni dei popoli indoeuropei e i susseguenti centri iniziatici secondari che con essi si sono venuti a formare. La nostra prospettiva di studio in questo scritto sarà, pertanto, totalmente diversa e si caratterizzerà per la sua determinata e voluta staticità: non approfondiremo la Patria Originaria tramite ciò che il tempo ed il fato hanno modificato, ma cercando di svelare i significati essenziali e costitutivi del propria esistenza archetipale. La dottrina dei cicli cosmici con i suoi vari riferimenti e la sua esposizione esiodea o indù è conosciuta, almeno lo speriamo, ed in essa ritroviamo la nozione di Manvantara ovvero di ciclo di manifestazione, il quale si compone di quattro periodi o ere (yuga in sanscrito) che si susseguono in maniera esponenzialmente regressiva, al cui inizio, nell’Età dell’Oro, nel Satya-yuga, ritroviamo la rivelazione, da parte di Manu, il Legislatore Primordiale, del Logos, del Dharma, della Verità Archetipa: rammentiamo come nella tradizione indù, il Manu del presente Manvantara sia Satyavrata, che significa letteralmente “votato alla Verità”; preso successivamente il nome di Vaivaswata, dopo l’apparizione di Vishnu, egli porta agli uomini il Veda, la Conoscenza Sacra. La localizzazione esoterica di tale “visione” è determinata sul simbolico monte Mèru, cioè l’axis mundi intorno al quale si compiono le rivoluzioni del nostro mondo, la cui designazione è molto vicina alla simbologia del Polo Nord, il Qutb dell’esoterismo islamico, lì dove sono poste le “sette terre” o i regni dei “sette re d’Edom” nella Kabbala ebraica, cioè nella “Terra dei Viventi”, nel centro primordiale, nella “terra del Graal”, a Thule. Il ricordo che il Centro Supremo Primordiale rappresentasse ciò che comunemente s’intende per Paradiso terrestre è un ricorso comune in tutte le tradizioni; infatti, denominazioni come il sanscrito Paradesha, il Pardes dei Caldei, la Tula dei Toltechi o altri appellativi come “Terra dei Viventi”, si riferiscono tutti alla leggendaria isola bianca di Ogigia, dimora d’immortalità, dove l’uomo viveva nel suo puro stato edenico. Importante a tal punto è evidenziare come suddetta condizione ontologica umana sia direttamente collegata al carattere polare e solare che ha sempre caratterizzato questa localizzazione mitica. Si ricordi come simbolicamente l’isola, come spesso è stata descritta Thule, sia in direttissimo rapporto il Polo e come tale assialità sia perfettamente espressa dal simbolo dello swastika, sul quale sarà conveniente esprimere qualche considerazione. Tale simbolo, che spesso è stato associato erroneamente e limitatamente a determinate tradizioni, ha un’origine tipicamente iperborea e proprio tale appartenenza, per le migrazioni di questo popolo in Oriente quanto in Occidente, a Nord come a Sud, ha permesso il suo ritrovamento nelle vestigia di antiche civiltà di luoghi geograficamente lontani: dall’America Centrale all’India, dal Nordafrica alla California,…Di esso si possono analizzare due aspetti essenziali: un aspetto polare ed un solare. Al primo aspetto abbiamo già accennato all’inizio quando parlavamo del Polo, ma sarà bene evidenziare ancora come il suo significato sia associabile all’aristotelico motore immobile, ad un Centro che imprime movimento, “l’Attività del Cielo”, la funzione vivificante del Principio in rapporto all’ordine cosmico: a differenza della rotella celtica, con una circonferenza completa ed una croce, lo swastika è raffigurato solo dalle linee aggiunte alle estremità dei bracci della croce stessa; infatti, tali bracci segnano solo il percorso della circonferenza, simbolo del Mondo, senza formarla, esplicitando il suo valore d’orientamento 16 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA assiale e centrale. Tutto ciò va a confermare la perfetta identità tra l’elemento polare e quello d’origine del ceppo iperboreo, la cui spiritualità ha rappresentato l’elemento fondante e primordiale delle più grandi civiltà della storia. Altro simbolo noto che si accosta al Regnum Primordiale, insieme allo swastika, è quello del cinghiale bianco – Thule viene anche denominata “terra del cinghiale” -, stesso colore identificativo dei bramhana e corrispondente ad una costellazione di preciso riferimento polare, assiale, centrale. E’ al sapta-riksha che facciamo riferimento, il nome più consueto dell’Orsa Maggiore, che identificava la dimora simbolica dei sette Rishi, i sette illuminati che ebbero la visione della Sapienza ancestrale. Segnaliamo, poi, come tra i vari significati del termine sanscrito riksha vi sia anche quello di “luce” e come “Terra del Sole” sia l’ennesima denominazione della mitica terra di cui trattiamo: secondo Giuseppe, la capitale della Siria Primitiva era Eliopoli, la “città del Sole”. Sempre rimanendo sulla stessa traccia d’analisi, non possiamo non evidenziare come la sede primordiale degli Iperborei sia intesa nella tradizione indo-iranica come l’airya-waejo, la patria tanto dell’onore solare, hvareno, quanto del re Yima, il “radioso, ricco di onore, colui tra gli uomini che è simile al Sole”. Sempre nella stessa tradizione la Patria Primitiva viene identificata, come nella classicità per Ogigia, con un’isola bianca dell’estremo nord, cveta-dvìpa, “in cui arde in ogni direzione un grande fuoco sfolgorante”, “a sole nomen habens”. Ad essa è stato sempre connesso il culto solare di Apollo, come numen della Luce, del Sacro Fuoco, come si è manifesto Mithra nella tradizione indo-iranica, e la sua denominazione “delfica” non è casuale, se si analizzano le relazioni simboliche tra il delfino ed il mito di Salvatore dalle acque attribuito a Manu, a Vaivaswata. Il culto indoeuropeo del Fuoco, della Luce si manifesta in tutta la sua grandiosità, a testimonianza della “forza regale” che glorificava i signori della razza primordiale, come il fuoco fluido anshù nella regalità del primo Egitto. E’ l’idea della divina stabilità che in questa occasione emerge, della stella ANNO 59, NUMERO 5-6 polare intorno alla quale girano tutte le restanti stelle e, quindi, per la diretta corrispondenza tra microcosmo e macrocosmico, la sede ove alchemicamente, nell’interiorità umana, lo Zolfo primeggia sul Mercurio ed il Sale, cioè vi è la giusta gerarchia spirituale tra noùs, psyche e soma: la scomparsa della terra leggendaria e del suo popolo può significare solo la trasmutazione nell’immanifestato, nell’invisibile; infatti, secondo Esiodo, la divina stirpe sovravviverebbe “invisibile”, come guardiana degli uomini e per conservare la spiritualità non-umana. Riteniamo certe precisazioni di estrema importanza, perché, come sempre accade quando si discerne di Tradizione, il riferimento ad un simbolo, ad un mito ne comporta sempre diversi a realtà simili e corrispondenti: è facilmente comprensibile, perciò, che il nostro scrivere non è indirizzato solamente ad un entità storicogeografica, che i più hanno identificato con l’Artide o con la Groenlandia, rifacendosi alle saghe nordiche che designano l’Asgard, la sede delle divinità, appunto come “isola verde” (nome poi traslato dai mitici Tuatha dè Danann all’Irlanda), se anche Pindaro affermò che la terra degli Iperborei “non può essere trovata né per mare né per terra” e Liezi, parlando delle meravigliose regioni artiche, che “non vi si può andare né con nave, né con carro, ma solo il volo dello spirito le si raggiunge”. A tal punto è nostra intenzione evidenziare come il riferimento al suddetto status ontologico 17 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA primordiale lo si possa rinvenire in alcuni elementi della tradizione romana, che spesso è stata definita “una restaurazione dell’Età dell’Oro”. Inizialmente si noti la stretta identità del termine Satya del primo periodo d’umanità col nome di Saturno, appunto il “reggente dell’età dell’oro”, che secondo il mito viene accolto nel Lazio da Iano Patri. Inoltre, si approfondisca il simbolismo dell’ascia bipenne, di origine iperborea e parte essenziale del Fascio Romano: evidenzieremo solamente come le due lame separate da un’asse verticale rappresentino la condizione spirituale della non-dualità, appunto quella edenicità degli abitanti di Thule, potendo paragonare tale arma al Vajra, che in sanscrito significa sia folgore che diamante, ciò volendo indicare l’essenza purissima, luminosa, indistruttibile, prima e ultima di tutte le cose, che squarcia i vincoli delle Forme e dei Ritmi, per ricondurre l’uomo nel divino Silenzio. Infine, riportiamo il verso con cui il poeta latino Virgilio immortalava nella storia non solo le grandezze del principato di Augusto ma anche la storia di Thule: " Tibi serviat ultima Thyle". Fondamentale, a conclusione del nostro scritto, è sgombrare il campo da arbitrarie interpretazioni, nate soprattutto negli ambienti neospiritualisti ed in ingenui autori come Hermann Wirth, sulla presunta identità tra la sede originaria della Tradizione primordiale ed Atlantide, che altro non è che un centro speculare e ANNO 59, NUMERO 5-6 secondario del Centro Supremo:”Bisogna distinguere la Tula atlantica (luogo d’origine dei Toltechi, probabilmente situata nell’Atlantide settentrionale) dalla Tula iperborea; in realtà è quest’ultima che rappresenta il centro primo e supremo per l’intero Manvantara attuale; essa fu l’ “isola sacra” per eccellenza, e la sua posizione, all’origine, era letteralmente polare. Tutte le altre “isole sacre”, designate dovunque con nomi dal significato identico, furono soltanto delle immagini della Tula iperborea, e questo vale anche per il centro spirituale della tradizione atlantica, che regge soltanto un ciclo storico secondario, subordinato al Manvantara”(Guénon). Concludiamo questo nostro breve ma, speriamo, esauriente scritto con una riflessione strettamente personale: lo studio del simbolismo tradizionale e della dottrina rimangono sempre pura e sterile istruzione accademica ed intelletualistica se l’impulso all’approfondimento, la passione per il dettaglio terminologico o linguistico non procedono da quella “regione del nostro corpo e del nostro spirito” che è il Cuore; senza “l’attività cardiaca”, trattare del mistero di Thule comporterebbe lo stesso sforzo intellettivo di leggere un normale giornaletto da fanciulli. Cosa vogliono intendere le nostre parole? Nel cammino di un combattente del Fronte della Tradizione è uno l’elemento essenziale, oltre la dottrina, la Prassi! 18 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA Quanto sono belle le immagini storiche della Germania, quando con un volo aereo potevi essere certo di sorvolare la “Terra della libertà”, la “Terra dei prescelti”. La storia degli eletti, dei consapevoli della propria grandezza e superiorità rispetto alla gran massa delle persone allo sbando di una quotidianità senza spiegazioni, di una propensione di molti all’accumulazione del denaro e delle ricchezze senza dignità né orgoglio, passa attraverso varie figure e personalità di spicco. Di certo la divinità ha parlato ai suoi figli, gli ariani, sia essa Thor, Dio, Allah o Javé, sempre la fonte della vita nel cosmo e della verità ha consentito ai suoi di esserne illuminati e redenti. Siddharta-Buddha nacque da madre veggente e ottenne l’illuminazione attraverso la meditazione, diventando maestro. I suoi insegnamenti influenzarono anche l’Induismo. Il Profeta Muhammad ebbe la legge di Allah dall’Arcangelo Gabriele e il Corano fu scritto per le sue genti. Lo stesso Mosé l’egiziano fu contattato dalla divinità che gli dettò le regole della vita e lo assistette sempre per guidare il suo popolo verso la Terra promessa, verso la propria libertà, lì dove spesso i duri di cervice e i non vedenti prevalevano e lo mettevano in difficoltà, trovandosi quindi egli spesso a conoscere la via giusta per il suo popolo ma in una posizione di inferiorità e nell’impossibilità di prevalere. Gesù Cristo operava miracoli e guarigioni in continuazione, tutti sapevano. Inoltre insegnava ciò che aveva ricevuto come percezione consapevole del reale e ammoniva da vero profeta, non le masse ma i signori dirigenti del Tempio, affermando anche: “Date a Cesare quello che è di Cesare”. Per il popolo era richiesta la fede in Lui per la salvezza. Disprezzo per le ricchezze e amore fra le persone e per il Generatore della vita erano le indicazioni base. Indicazioni che avrebbero dovuto diventare il documento di riconoscimento dei figli superiori del Dio vero. Inoltre vi sono entità meno importanti che nel corso dei secoli hanno avuto la funzione di portatori di notizie e di indicazioni ANNO 59, NUMERO 5-6 operative per gli uomini: gli angeli, gli spiriti della natura e degli uomini defunti. A metà strada fra gli angeli e gli uomini vi sono gli extraterrestri delle nostre origini ariane terrestri. L’uomo illuminato, il profeta per questi tempi, l’Uomo sole di germanica origine è colui il quale è protagonista di questo dialogo con la divinità; è anche colui il quale ha il dovere di divulgare la sua conoscenza e di guidare quindi i popoli lì dove ragioni di bottega o di mera contabilità disorientano e portano a fare ciò che non va fatto e a non fare ciò che andrebbe fatto. L’uomo-luce è contattato fin da bambino e a volte anche prima di nascere e diviene così vero prescelto per quel tempo. E’ medium e veggente e ha le informazioni per il suo popolo e quindi va tutelato, ascoltato e gli si deve conferire la giusta dignità umana. Non deve quindi essere perseguitato o deriso, pena la sciagura per quel popolo, per quella città. Dall’Induismo noi acquisiamo il metodo spirituale per giungere ad ottenere queste capacità e persino a potenziarle. Il Pranayama, la respirazione, unita alle âsana, le posizioni dell’Atha-yoga, consentono al Prana, l’energia vitale di entrare in noi e di lavorare nel corso del tempo, operando quei cambiamenti che sono necessari per giungere ad essere capaci di percepire la volontà-di-Dio e la voce degli dei, unitamente alle immagini del reale. Bisognerebbe che lo yoga fosse insegnato anche nelle scuole per educare i giovani a prepararsi al senso della vita. C’è chi non riesce o chi ha una volontà debole e si perde spesso nell’area materiale della vita. C’è soprattutto chi ha bisogno di vivere uno spazio materiale, pena lo stare male. Quindi non va mai perso di vista il corpo con le sue esigenze e necessità, anche perché pare proprio che chi più è sensitivo-veggente, più ha bisogno di una sana e piena sessualità. Ancora oltre, si potrà così utilmente avere un rapporto con le vicende della storia visualizzando personaggi ed eventi storici, riuscendo ad essere presenti, pur lontani nel tempo e nello spazio. Ma ancora di più 19 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA si potrà guidare il proprio popolo verso un avvenire felice di giustizia e di amore. In riferimento a tale missione nasce quindi l’esigenza di unirsi e di organizzarsi in modo da costruire un’organizzazione seria, affidabile ed efficiente, primo riferimento per uno Stato sovranazionale giusto ed equo, volto al sociale e al progresso dei singoli popoli nel loro territorio, sapendo valorizzarne cultura e ragioni. Dovremo quindi istituire anche corsi di studio volti a tal fine. Quindi non è sbagliata l’idea di un federalismo planetario dove siano giustamente rappresentate le espressioni di tutti i popoli e dove chi comanda può pure rimanere chi sia (anche se noi abbiamo il nostro metodo di scelta), ma dove non si può prescindere dal ruolo delle vere guide ariane per i nostri tempi. Non c’è tempo da perdere, segnali di ammonimento ci fanno pensare che la catastrofe è ormai imminente se non si corre subito ai ripari, correggendo gli errori di omissione e di ANNO 59, NUMERO 5-6 persecuzione dei giusti, di elusione e disprezzo del ruolo delle vere guide e di loro stesse, compiuti dai dirigenti statali mondiali attuali. E non si tratta di portarli in televisione a fare cabaret, ma di dare loro (cioè a noi), la possibilità di esercitare il proprio lavoro e conferire loro una giusta considerazione umana, sociale, politica ed economica. Una vera guida quindi non può e non deve essere messa in condizione di scannarsi con gli altri per conquistarsi un pezzo di pane che non gli verrà comunque dato. Non è dignitoso! Sappiamo bene che ogni persona ha suoi limiti ben precisi, ma anche determinate virtù, va vista e presa quindi nel suo insieme ed in tutti i suoi lati. Venga dunque il mondo della giustizia e della forza, insieme alla vera pace, lì dove non comanderanno più i ciechi, i rubagalline e i truffatori. ALAIN 20 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA Sono tempi molto difficili, per chi non vuole vivere nel proprio particolare aspettando passivamente il destino, ma giocando invece un ruolo attivo. La confusa percezione dell’incombenza di fatti importanti, decisivi, si unisce alla sgradevole sensazione di un tempo troppo breve per muoversi, per organizzarsi, per farsi trovare preparati dagli eventi. Abbiamo vissuto, è bene dircelo e prenderne atto, una confortevole Era di Mezzo nella quale ci siamo cullati per mezzo secolo, Era di guerre che è riuscita a spacciarsi per Era della Pace Definitiva, Era del Progresso in cui abbiamo inferto colpi mortali al nostro pianeta; un’Era che, percepiamo, sta finendo e i dadi vengono nuovamente gettati sul tavolo per ridefinire vincenti e perdenti. Millenaristi di ogni sorta si scatenano, danzando come corvi sulle nostre teste, legittimati dal marasma generale a proporre nuovamente le loro profezie e le conseguenti vie di salvezza; e ognuno di noi, col fardello della propria fede in spalla, attende gli eventi chiedendosi se essa sarà sufficiente a salvarlo. E chi una fede non ce l’ha, comunque si attende una resa dei conti finale tra Poteri Occulti per la spartizione finale delle risorse del pianeta, che santifichi perfezionandolo quel principio d’iniquità che finora ci ha visti avvantaggiati, in quanto sudditi di una provincia dell’Impero, ma che presto, montando la penuria di risorse naturali, potrebbe lasciare il posto ad un indiscriminato cannibalismo economico. Non è iniziata ancora l’epoca dei falsi profeti, del misticismo salvifico a buon mercato, del “si salvi chi può”, ma è certo che i fenomeni degenerativi si manifesteranno con impressionante virulenza, secondo quelle logiche che ben conosciamo associate ai periodi di pesante torbido sociale e politico. Di fronte a queste prospettive certamente non esaltanti, che non ci compete ed anzi ci dispiacerebbe esemplificare in questa sede, assistiamo, come purtroppo prevedibile e naturale, ad un fenomeno di estraniazione e di rimozione della realtà che assume i ANNO 59, NUMERO 5-6 grotteschi connotati di una narcosi collettiva. Fenomeno esaltato e giubilato da un contesto, quello estivo, che è da sempre il palcoscenico naturale per il cretinismo di massa e per il culto dell’effimero, ma di questi tempi assume i connotati di un lugubre scenario. Pertanto non ci devono stupire più di tanto le esasperazioni nei riti dell’esodo di massa, le trasgressioni a tutti i costi, le morti inutili, il telecretinismo spinto agli eccessi, il clima da “party” permanente come se vivessimo veramente le situazioni di uno spot della telefonia mobile; sono semplicemente le ovvie manifestazioni di un’incapacità ad affrontare la realtà, che si traducono nel netto ed ostinato rifiuto di questa. Rifiuto che, badiamo bene, può spingersi a forme di reazione scomposta se si insiste troppo a sollecitare la presa di coscienza di chi cosciente non vuole essere. Pertanto, chi come noi lavora onestamente per coagulare le forze sane della società intorno a progetti di aggregazione e di partecipazione attiva per la sopravvivenza morale e spirituale del Paese, dovrà affrontare questa situazione come una formidabile opportunità per scremare i soggetti su cui si può intervenire con possibilità di successo, da quelli su cui l’intervento per suonare la sveglia è purtroppo inutile. Siamo all’interno di una lunga estate, estate che molti cercheranno di prolungare ben al di là della sua naturale componente climatica (già essa significativamente stravolta), come esorcismo nei confronti del futuro, per tentare vanamente di spostare in avanti l’orizzonte degli eventi. Un’estate che quindi sarà in definitiva per voi un periodo di duro impegno, per non perdere le posizioni acquisite precedentemente allo scatenarsi del cretismo di massa, ma anzi ampliare il vostro raggio d’azione. A voi tutti, pertanto, anzichè l’augurio di buone ferie, i miei migliori auguri di buon lavoro. Controcultura 21 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA In Occidente si ha ormai la tendenza a percepire delle influenze provenienti dalle alte sfere sulla politica internazionale.Ad un occhio non superficiale non può sfuggire come; lo smantellamento progressivo del tessuto sociale,la fornitura di manodopera a basso costo tramite un'immigrazioone incontollata o comunque con maglie molto penetrabili,ma anche la sempre maggior specializzazione dell'istruzione;corrisponda a delle logiche comuni. Anche le continue aggressioni nelle zone di fonti combustibili fossili,fanno ormai ritenere plausibile la presenza di interessi superiori,dietro le parole democrazia e libertà.Questo sarebbe già chiaro da un pezzo,credo,se pensassimo alla strategia Atlantica in maniera altrettanto globale. Quello che ci frega invece è una visione manichea,imposta,diciamo insita,nella democrazia.E parlo appunto della dicotomia destra/sinistra. Retaggio della rivoluzione industriale,questo modusvivendi,ormai condiziona profondamente la vita dell'uomo moderno. Ecco allora che si inaspriscono le acredini e si dispongono fazioni l'una contro l'altra;e noi,popolo bue,che ci schieriamo a fianco dell'uno o dell'altro alla ricerca di ANNO 59, NUMERO 5-6 un'identità, di un gruppo coeso che ci rappresenti. Soprattutto in Italia, terra vissuta dalla caduta dell'Impero Romano tra continui particolarismi e cambi di bandiera, il gioco si fa più serrato che mai e l'Italiano può esprimere tutto il suo essre tifoso.E sì perchè,per quanto Patria di fini pensatori,la nostra indole non si esurisce allo stadio,per una squadra di calcio,ma si riperquote spesso anche in politica. E allora, ecco la fiducia per i tradizionali partiti che abbiamo sempre votato, confermata di volta in volta ,nonostante le capriole pirotecniche da loro effettuate sui loro programmi iniziali.Non guardiamo più al prodotto,compriamo a scatola chiusa. Questo ormai è constatabile in tutti i campi e le persone più furbe se ne sono accorte già da tempo.Ecco allora aumentare gli specchietti per le allodole,le frasi ad effetto senza contenuto,i proclami altisonanti e l'ostentazione esponenziale dell'opulenza. E,sotto,il popolo,ammirato,vede solo la facciata che risplende e non si accorge che,all'interno e nelle fondanenta, è tutto marcio. Achille 22 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 "CIO'CHE DI TRADIZIONALE SI TROVA NEL CATTOLICESIMO, NON è CRISTIANO,E CIO' CHE VI SI TROVA DI CRISTIANO, NON E' TRADIZONALE" Julius Evola "IL CRISTIANESIMO E' STATO IL BOLSCEVISMO DELL'ANTICHITA'" Adolf Hitler La Sovversione, la Modernità, l'Antitradizione,si afferma in europa prima della rivoluzione francese,prima della rivoluzione industriale, prima di quella marxista, essa nasce con il cristianesimo Paolino. Nei tempi precristiani si viveva nel mondo della Tradizione: la Sacralità del potere, la Gerarchia,(da ieros),l'organicità erano fermi valori cardini dell'esistenza dell'uomo bianco. Essi non venivano imposti, ma nascevano dalla volontà irrazionale del sangue. Erano i valori del Sangue e del Suolo, si difendeva per prima cosa la stirpe, la Razza. I popoli Germani,maestri della storia,furono da sempre legati al proprio sangue, ossia alla loro ascendenza e discendenza, al suo senso mistico, metafisico, non-razionale, vi avevano una venerazione religiosa. Era sacra la rassomiglianza tra padre e figlio. Il PATER FAMILIAS romano era il custode della discendenza, permetteva che il sangue scorresse nel tempo. Gli dei erano coloro che lottavano a fianco di un popolo per la sua vittoria. Venivano rappresentati con caratteri etnici ben evidenti che erano quelli considerati più belli dai loro fedeli, e questo permetteva di distinguerli dalle divinità straniere o dei popoli sottomessi. Al proposito si veda il popolo Dorico. Quella di allora era insomma una religiosità razziale. Per cui la religione di una razza non poteva essere quella di un altra,non esisteva l'universalismo religioso quindi non vi poteva essere l'intolleranza. Era un rapporto diretto con le divinità nella vita quotidiana, nell'eterno ciclo della natura,nel quale l'uomo era componente attivo. La Sovversione è la distruzione della Tradizione, la principale caratteristica è quella di negare il concetto metafisico di razza, questa è la prerogativa base del cristianesimo di Saul-paolo.Esso fu il primo a divulgarlo e quella dottrina fu la prima a svegliare il caos in europa.Questa è la Modernità, rifiutata dagli uomini Differenziati. "Nell'ordine gerarchico che va dall'Essere alle specie, alle stirpi, agli individui-come ciò che ha maggior valore a ciò che ne ha meno-l'individuo è l'inessenziale",ci dice Freda, "L'appartenenza alla comunità dovrà suscitarci la serena sicurezza che il nostro rilievo impersonale,nell'adempiere la nostra missione,sta nell'essere fungibili,mentre il nostro orgoglio individuale consiste nel dimostrarsi funzionali":Un concetto totalmente estraneo al cristianesimo, anzi, esso ha fatto di tutto perchè si cancellasse la visione della persona appartenente alla COMUNITA' DI SANGUE,ormai totalmente scomparso. La visione razzista dell'esistenza è stata cancellata dall'universalismo religioso quindi etnico, nato con esso e propagatosi in seguito sotto diversa forma. L'uguaglianza, la negazione delle diverse nature umane, negazione della gerarchia, tradottasi in demolizione delle caste, e nell'erezione di muri sociali!. La guida da parte di una elite aristocratica, viene sostituita dal dominio di un unica casta sacerdotale su un unica umanità appiatita che smette di essere diversificata.Questa diversificazione è un diretto grado che va dall'essere all'individuo, in questo senso si è espressa la tradizione sul piano sociale. Ecco come il cristianesimo è antitradizionale, esso fu il demolitore del mito, sostituito dal dogma e con esso nasce il caos etnico. Seguiranno dall'affermazione della chiesa secoli di intolleranza e massacri, guerre fratricide, genocidi e crimini che in gran parte ancora non si conoscono completamente, ciò è stato fatto dalla "religione dell'umanità",che ha abolito la libertà dei popoli per creare "l'uomo massa", lo stesso tipo di "uomo" voluto secoli dopo da una dottrina altrettanto intollerante e folle, il marxismo. AVATAR 23 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 di Alchemica Il compito decisivo e centrale che darà un significato alla nostra lotta è quello di arrivare a formare una nuova aristocrazia dell’ anima. Più specificatamente, non a creare ex nihilo tale aristocrazia, cosa questa impensabile, ma a fornire il rifugio e la base nella quale rafforzarsi per poi spiccare il volo a coloro i quali abbiano già e conservino orgogliosamente una tale disposizione. Emerge chiaramente che solo chi ha già in se il grano d’ oro della rigenerazione, che sarà a un tempo spirituale e politica, possa far parte di questo disegno. Aristocrazia dell’ anima significa volontà purificata nel fuoco del sacrificio. Alcuni segni rivelatori di una tale vocazione sono il disprezzo per l’ attuale sistema democratico occidentale e per le sue dirette conseguenze nei costumi del popolo, la ripugnanza per il materialismo ateo e le dottrine plebee e umaniste, il disprezzo per l’ economia assurta a giudice incontrastato dello Stato, per l’ individualismo egoistico, il rispetto per la natura e l’ ecosistema, l’ amore per la verità, una condotta di vita morigerata, la coerenza interiore. Lungo è sicuramente il cammino per arrivare a formare una vera elite di valore ma questa causa è senza dubbio impellente e da abbracciare senza remore. Il futuro Ordine d’ Europa dovrà essere unito nelle fondamenta da un tipo umano trasparente, solare, assolutamente luminoso. Si richiederà ai futuri camerati un impegno radicale che li ponga a un bivio: scegliere se continuare con la propria esistenza regolare o tagliare ogni legame con essa il che equivarrà simbolicamente a morire alla società odierna per rinascere al punto zero di una nuova società. All’ interno dell’ Ordine dovrà vigere la gerarchia, la responsabilizzazione massima, il giuramento difronte a Dio. Essere condotti davanti alla bandiera dell’ Ordine sarà come essere condotti di fronte a uno specchio. E’ con se stessi in primo luogo che si prende l’ impegno sacro di costruire un’ esistenza diversa, superiore. Una volta stabiliti i confini dell’ impegno personale e prese in esame le proprie motivazioni il camerata deve divenire un elemento essenziale dell’ Ordine, un atomo cosciente e senziente all’ interno di un meraviglioso organismo. Nel rispetto delle regole egli riconoscerà una più alta libertà, quella di chi ha assunto volontariamente il difficile compito di essere tra i migliori, tra gli aristocrati dell’ anima. Infatti si può individuare con certezza nell’ assenza di veri uomini il più grande ostacolo a che giustissime rivendicazioni e legittimi progetti politici attuali vadano in porto. Chi apparentemente governa le nazioni alla luce del sole ha più o meno il ruolo di un fantoccio ed è, al medesimo tempo, il riflesso incarnato della coscienza politica della massa governata. Il fatto ad esempio che un George W. Bush possieda formalmente un vasto potere decisionale e che sia considerato in quanto presidente degli Stati Uniti, l’ uomo più potente al mondo, non può che strappare un amaro sorriso. Per prima cosa non spetta di certo a lui studiare le mosse strategiche da compiere sullo scacchiere mondiale e, seconda cosa non meno importante, la sua scarsa qualità di guida politica e di essere umano non è altro che quella di centinaia di migliaia di esseri sparsi in ogni angolo del suo paese che “democraticamente” tramite il potere economico e lobbistico possono sperare di rivestire un incarico così vitale per la sanità di una nazione. Egli è, se vogliamo, la prima vittima di un sistema iniquo e grottesco che ha fatto del sovvertimento di tutti i più nobili valori una delle ragioni della sua esistenza. Quindi possiamo concludere che è una sana materia umana a mancare e senza di questa, non si va lontano. Bisogna partire appunto dall’ unità del singolo individuo per arrivare ad abbracciare in un secondo tempo la quantità, il numero. Un singolo camerata dell’ Ordine pronto e addestrato varrà, sotto tutti i punti di vista, non dieci, ma cento membri di qualsiasi partito attuale. Egli sarà difatti un soldato politico, un milite integrale. In lui si riassumerà per forza di cose tutto il potenziale e la presenza spirituale dell’ Ordine. Quando parlerà, sarà 24 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA come la voce di tutti i suoi camerati a risuonare e quanto tutti loro si troveranno insieme, uniti, parleranno come un solo uomo. Questa è l’ unità assoluta che bisogna realizzare. Per giungere a formare questa aristocrazia dell’ anima si dovrà necessariamente dividere il cammino in tappe successive, consequenziali, da cui si evince la struttura gerarchica di un vero Ordine. Ogni singolo combattente che giungerà nelle nostre schiere deve infatti venir considerato essere di uguale valore umano “potenziale” ma presso un differente grado di maturazione personale. Lo stadio finale di questo sviluppo dovrà corrispondere ad una fratellanza di eroi pronti a tutto, i cui diritti saranno esattamente commisurati all’ assolvimento dei loro doveri, uguali tra loro ANNO 59, NUMERO 5-6 all’ ultimo grado di ascesi: senza caste né circoli nè gruppi privilegiati o distinzioni di sorta. Un’ elite forgiata da una vita in comune di sudore e sangue, di vittorie e sconfitte fino alla consumazione finale del compito da loro assunto. Quello della fondazione di un’ Europa libera, forte, che marci a testa alta con onore. In un mondo decadente in cui i falsi valori della democrazia e del consumismo hanno ridotto la gioventù a una massa inerte di molluschi e degenerati restituiremo la spina dorsale all’ Uomo e lo faremo camminare fieramente sulle gambe che Dio gli ha dato. Abbandonate le stampelle morali e ideologiche contemplerà il sole alto nel cielo sulla sua terra. di Alchemica L’ unica possibilità che ci è data per tentare la costituzione di un vero ordine che posa essere testimonianza attiva contro il degrado del sistema occidentale, è quella di fondare una colonia agreste. Il riappropriarsi innanzitutto di sé stessi, del proprio retaggio spirituale è strettamente connesso con un processo di purificazione psci-fisica che solo in un contesto naturalmente sano e lontano dal ritmo frenetico dell’ urbanizzazione selvaggia può svolgersi adeguatamente. Sia detto anche che la missione alla quale siamo chiamati implica un coinvolgimento totale delle nostre energie e il cui perseguimento non può essere relegato a ritagli di tempo più o meno estesi nell’ arco della nostra vita. L’ immersione consapevole in un ambiente nuovo, rurale, regolato secondo i ritmi naturali delle stagioni è un fattore fondamentale nell’ opera di trasmutazione necessaria a che emerga quel “milite integrale” che sarà unità fondante dell’ Ordine. Questa colonia deve essere immaginata come una dimensione il più possibile autonoma dall’ esterno, un campo vibrazionale alieno alla società moderna con tutti i suoi nefasti influssi. La sua costituzione sarà il nostro tentativo di recuperare il ricordo ancestrale delle stirpi indoeuropee e l’ ultima roccaforte per la preservazione identitaria nel vortice della dissoluzione mondialista. Il progetto inizialmente potrà essere avviato qui in Italia prendendo come punti di riferimento quelle magnifiche regioni collinari e boschive non ancora totalmente intaccate dall’ espansione urbana e industriale. E’ importante che vengano eseguiti varii e ripetuti sopralluoghi nelle aree suscettibili ad essere elette come estensione per la colonia. Lo stato del terreno, delle falde acquifere, della flora e della fauna dovranno essere oggetto di preliminari esami e analisi accurate. L’ ambiziosità del piano richiede anche una sana dose di realismo e per non compromettere la sua realizzazione sarà necessaria anche una certa adattabilità alle condizioni effettive che si incontreranno durante questa fase. Del resto, ciò che in un primo tempo potrebbe non esser concretamente presente sul territorio prescelto, lo potrebbe esser successivamente grazie all’ azione rettificatrice e simbiotica degli elementi della Colonia. Per quanto riguarda le strutture edilizie la parte iniziale sarà costituita da un edificio centrale che servirà alle esigenze abitative e di sostentamento basilari. Questo edificio dovrà rispondere ad alcuni parametri inderogabili che verranno 25 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA illustrati successivamente. Esso come abbiamo detto darà alloggio ai primi membri della Colonia e rappresenterà il punto d’ appoggio per ogni eventuale ulteriore espansione. La collocazione geografica di una comunità è di importanza assoluta per le sue capacità di sviluppo, una scelta saggia quindi presa all’ origine produrrà necessariamente una serie di effetti benefici nell’ arco del tempo. In riferimento al perimetro iniziale della Colonia si dovranno tenere in considerazione istanze di natura geomantica. L’ assetto politico e sociale odierno si caratterizza per il suo pervasivo culto della sfera economica e finanziaria. Ridotto già da tempo l’ orizzonte esistenziale di ogni uomo ad un mero conseguimento di beni materiali il paesaggio che si presenta ai nostri sguardi è desolante. Sovversione di ogni valore tradizionale europeo e avidità sfrenata sono infusi negli animi della maggioranza. La scienza economica è emersa come uno strumento di morte, un’ invenzione perversa, l’ ennesima svendita della bellezza del Creato. Dunque per uscire da questa situazione immonda l’ economia deve tornare ad essere unicamente un sistema di condivisione di mezzi e infrastrutture spontaneamente generato e totalmente subordinato al raggiungimento di un obiettivo più alto che non il mero “utile”, sistema che dovrà essere estraneo a concetti come rendimento, potere d’ acquisto, speculazione, margine di profitto o capitale. L’ Ordine dovrà istituire un quadro produttivo che non ammetta la proprietà privata dei beni di prima necessità né di quel patrimonio naturale che ogni mente sana rifiuta considerare soggetto al capriccio del mercato. Ciò cui i combattenti devono tendere fin dal primo istante della loro chiamata è l’ emancipazione dal dio denaro, emancipazione che nasce dall’ estirpamento dell’ impulso consumista e che potrà mantenersi fattiva e vigorosa nella comunione delle strutture della colonia. L’ unica realtà che in altri tempi ANNO 59, NUMERO 5-6 ebbe importanza e avrebbe dovuto continuare ad averne è il lavoro ben svolto unito alla creatività dell’ essere umano. Le opere giornaliere come l’ allevamento e l’ agricoltura, una sana mensa per il giusto sostentamento del corpo, l’ accesso a luoghi di riposo e di allenamento: una comunità organica. Né più né meno che questo. Uno dei veleni che ci ha inquinato negli ultimi secoli consiste nell’ aver cercato il benessere e la gioia nell’ accumulo di strumenti e oggetti totalmente superflui. Questi ultimi, come in un perverso meccanismo, a loro volta hanno generato bisogni ed impulsi estranei alla crescita qualitativa delle nature umane e delle aspirazioni dei popoli. Il nostro progetto, sia ben chiaro, non ha nulla a che vedere con ricette di sapore comunista perché è totalmente svincolato dalla visione economicista del mondo. Ciò che l’ Ordine deve delineare per le future generazioni si tratta di qualcosa che a ben vedere oltrepassa di gran lunga la sfera sociale e quella economica per attestarsi nei territori della vera evoluzione di una civiltà. Bisogna difatti tener conto di un “progresso verticale” lì dove la scienza odierna sa solo figurarsi ciecamente un “progresso orizzontale”. La piattaforma dalla quale bisogna partire non è di riforma strutturale ma di alterità sostanziale al paradigma vigente. I camerati del futuro Ordine dovrebbero riconoscere che l’ abbondanza di ricchezze esteriori non ha mai reso l’ uomo migliore, tutt’ altro: dall’ accumulo materiale ossessivo è nata la sfrenatezza del lusso, la frenesia del possesso. Chi invece è in grado di interiorizzare i propri desideri e risolverli nell’ ambito dell’ Io ottiene un senso profondo di appagamento e assume il controllo dei suoi sensi uscendo di fatto dallo status di animalità nel quale la maggior parte degli uomini si trova oggi relegata. Chi è in grado di far ciò educa così la propria anima alla generosità, dei cui frutti può beneficiare l’ intera comunità. Nei tempi antichi ciò fu maggiormente palese e nel nostro futuro lo sarà nuovamente. (gli interventi di Alchemica precedenti sono nel numero uno e due della e-zine) 26 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Quando ho deciso di inserire questi due brevi passi tratti da “Heidnischer Imperialismus” non avevo ancora ricevuto l’articolo di Avatar che veniva a toccare con sue parole il medesimo punto. Avrei potuto decidere di evitare quindi di inserire il testo di Evola qui di seguito. Tuttavia il fatto che da stesse persone facenti farte di una Comunità Virtuale si palesi una così chiara sintonia di idee ha invece spinto nella direzione opposta. E’ ovvio che non tutti i simpatizzanti della Thule possono esser in accordo sul ruolo “nefasto” del Cristianesimo e anzi approfitto per chiedere a chi dissente di far sentire la sua voce nei prossimi numeri. Thule di Julius Evola L'attuale «civilizzazione» d'Occidente è in attesa di un rivolgimento sostanziale senza il quale essa è destinata, prima o dopo, a crollare. Essa ha realizzato la perversione più completa di ogni ordine razionale della cose. Regno della materia, dell'oro, della macchina, del numero, in essa non vi è più respiro, né libertà, né luce. L'Occidente ha perso il senso del comandare e dell'obbedire. Ha perso il senso dell'Azione e della Contemplazione. Ha perso il senso della gerarchla, della potenza spirituale, degli uomini-iddii. Non conosce più la natura. Questa non è più, per l'uomo occidentale, un corpo vivente fatto di simboli, di Dei e di gesti rituali – un cosmos splendido, in cui l'uomo si muova libero, come «un regno in un regno»: essa è invece decaduta in una esteriorità opaca e fatale, di cui le scienze profane cercano di ignorare il mistero con piccole leggi e piccole ipotesi. L'Occidente non conosce più la Sapienza: non conosce più il silenzio maestoso dei dominatori di sé, la calma illuminata dei Veggenti, la superba realtà «solare» di coloro in cui l'idea si è fatta sangue, vita e potenza. Alla Sapienza sono subentrati la retorica della «filosofia» e della «cultura», il regno dei professori, dei giornalisti, degli sportsmen — lo schema, il programma, il proclama. Ad essa sono subentrate la contaminazione sentimentale, religiosa, umanitaria, e la razza dei parolai che si agitano e corrono ebbri esaltando il «divenire» e la «pratica», perché il silenzio e la contemplazione fanno loro paura. L'Occidente non conosce più lo Stato. Lo Stato-valore, l’Imperium, come sintesi di spiritualità e di regalità, come via al «sovramondo», quale è stato conosciuto dalle grandi civiltà antiche dalla Cina all'Egitto, dalla Persia a Roma e al Sacro Romano Impero della Nazione Tedesca -è stato sommerso nella miseria borghese di un trust di schiavi e di trafficanti. Che cosa sia la guerra, la guerra voluta in sé, come un valore superiore sia al vincere che al perdere, come quella via sacra di realizzazione spirituale - per cui la sede celeste di Odino, il Walhalla, è privilegio degli eroi caduti sul campo di battaglia; per cui nell'Isiàm la «guerra santa», jihàd, è sinonimo di «via di Dio»; per cui nell'India ariana il guerriero appare al fianco degli asceti e nell'antichità classica la mors triumphalis viene concepita come vittoria sulla morte - che cosa sia una tale guerra, non lo sanno più questi formidabili «attivisti» d'Europa, che non conoscono più guerrieri ma soltanto soldati, e che una guerricciola è bastata per terrorizzare e per far ricadere nella retorica dell'umanitarismo, del pacifismo e del sentimentalismo. L'Europa ha perduto la semplicità, ha perduto la centralità, ha perduto la vita. Il male democratico e il veleno semitico la corrodono in tutte le sue radici - sin nel diritto, sin nelle scienze, sin nella speculazione. Capi - esseri che spicchino non per violenza, non per avidità di lucro, non per abilità di sfruttatori di schiavi, ma invece per irreducibili e trascendenti qualità di vita - non ve ne sono. L'Europa è un grande corpo anodino, posseduto e scosso da un'angoscia che nessuno osa esprimere, che ha oro per sangue, macchine e fabbriche per carne, carta di giornali per cervello - un corpo informe che si rivolta inquieto, spinto da forze oscure e imprevedibili, che schiacciano implacabilmente chiunque tenti di opporsi o anche soltanto di sottrarsi all'ingranaggio. Tutto ciò ha potuto la decantata «civilizzazione» d'Occidente. Questo è il vantato risultato della superstizione del «Progresso» - di là dal-l'imperialità romana, di là dall'Ellade dorica, di là da tutte le altre forme esemplari delle grandi civiltà ariane primordiali. E il cerchio si serra ognor di più intorno ai pochi che siano ancora capaci del grande disgusto e della grande rivolta. 27 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 di Julius Evola Sono ancora possibili una liberazione ed un rinnovamento in questo mondo al crepuscolo? Vi è in Europa ancora tanta forza da poter assumere la coscienza e la volontà di un tale compito? Non ci si illuda: soltanto dopo aver capito ciò si potrà agire. Va riconosciuta la minacciosa realtà di un processo distruttivo spirituale, le cui radici risalgono sin quasi al terreno della preistoria; le cui fasi culminanti coincidono con ciò che gli uomini contemporanei esaltano come i loro valori essenziali di civiltà; i cui influssi ormai si manifestano in ogni ambito del pensiero e dell'azione. Non si tratta di compromessi. Non di adattamenti. Occorre la potenza di un nuovo Medioevo. Occorre un rivolgimento radicale e profondo - una rivolta di barbarica purezza, interiore come esteriore. Filosofìa, «cultura», politica quotidiana: nulla di tutto ciò. Non si tratta di girarsi dall'altra parte in questo letto di agonia. Si tratta di destarsi finalmente, e di levarsi in piedi. Qua e là esistono ancora uomini, memori di una antica nobiltà, che ora, come singoli, avvertono il disagio divenuto insopportabile e si sentono spinti a reazioni ora nell'uno, ora nell'altro dominio culturale. Prima che sia troppo tardi, vanno richiamate alla coscienza di questi dispersi le linee di vetta - di là da tutti i limiti e da tutti gli interessi particolari, che oggi logorano le loro forze. Un'azione implacabile deve far sì che la loro forza più pura giunga a dischiudersi, come un qualcosa di invincibile, pronto a frantumare la sporca crosta di retorica, di sentimentalismi, di moralismi e di ipocrita religiosità, con cui l'Occidente ha tutto ricoperto e umanizzato. Chi penetra nel tempio - e sia pur esso un barbaro - ha l'innegabile dovere di cacciare come corruttori tutti coloro che nell'Europa «civilizzata» hanno fatto monopolio dello «Spirito», del Bene e del Male, della Scienza e del Divino e ne traggono vantaggio professandosene banditori, mentre in verità, tutti costoro non conoscono che la materia e ciò che le parole, la paura e la superstizione degli uomini hanno stratificato sulla materia. A tutto questo sia detto - basta ! - affinchè alcuni uomini siano restituiti ai lunghi cammini, al lungo pericolo, al lungo sguardo e al lungo silenzio; affinchè il vento del largo soffi di nuovo - il vento della tradizione nordica primordiale-e desti i dormenti d'Occidente. Antifilosofia, antiumanitarismo, antiletteratura, anti-«religione» - questo è il presupposto. Basta! va detto agli estetismi e agli idealismi; basta! alla sete dell'anima che si crea un Dio semitico da adorare ed implorare: basta ! al «bisogno» che lega insieme uomini-mendicanti al vincolo comune, per dar loro, nel reciproco dipendere, quella consistenza di cui ognuno manca. Si deve passare al di là, al disopra di tutto ciò, con delle forze pure. Alle quali, allora, si porrà dinanzi un compito, che trascende la «politica», che trascende il pregiudizio sociale, che ignora il gesto clamoroso e la risuonanza esteriore, che è tale, che a nulla può più giovare la forza materiale vibrata su cose e su persone. Nel silenzio, per disciplina dura, per dominio e superamento di sé, noi dobbiamo creare con uno sforzo tenace e alacre di individui una élite, in cui riviva la Sapienza «solare»: quella virtus che non si lascia parlare, che sorge dal profondo dei sensi e dell'anima e non si testimonia con argomenti e libri, ma con atti creativi. Noi dobbiamo ridestarci ad una rinnovata, spiritualizzata e austera sensazione del mondo, non come un concetto filosofìco, ma come qualcosa che vibri nel nostro stesso sangue: alla sensazione del mondo come potenza, alla sensazione del mondo come ritmo, alla sensazione del mondo come atto sacrificale. Questa sensazione creerà figure dure, forti e attive, esseri fatti di forza e poi soltanto di forza, dischiusi a quel senso di ibertà e di nobiltà, a quel respiro cosmico di cui i «morti» che in Europa ne hanno balbettato non hanno sentito nemmeno un soffio. Di contro alla scienza profana, democratica e materiale, sempre relativa e condizionata, schiava di fenomeni e di leggi incomprensibili, sorda alla più profonda realtà dell'uomo, dobbiamo ridestare - in questa élite - la scienza sacra, intcriore, segreta e creatrice, la scienza della realizzazione e della «dignifìcazione» di sé; la scienza che conduce alle forze occulte che reggono il nostro organismo e si congiungono con le invisibili radici della razza e delle cose stesse, e che su queste forze crea dominio; onde, non come un mito, ma come la più positiva 28 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 delle realtà, degli uomini rinascano, quali esseri non appartenenti più alla «vita», ma ormai al «più che vita» e capaci di un'azione trascendente. Vi saranno allora dei Capi, una razza di Capi. Capi invisibili che non parlano e non si mostrano, ma la cui azione non conosce resistenza e che tutto possono. Ed allora un centro esisterà di nuovo in Occidente - nell'Occidente senza centro. E assolutamente un errore pensare di poter giungere ad un rinnovamento, se non sì ristabilisce una gerarchla,cioè se non si pone di là dalle forme inferiori, legate alla terra e alla materia, all'uomo e all'umano, una legge più alta, un diritto più alto, un ordine superiore, che possano trovare conferma soltanto nella realtà viva dei Capi. È assolutamente un errore credere che lo Stato possa essere qualcos'altro che una civitas diaboli, se non risorge come Imperium: ed è anche un errore voler costruire l’Imperium sulla base di fattori economici, militareschi, industriali, o anche «ideali» o nazionalistici. L’lmperium - secondo la concezione primordiale radicata nella Tradizione - è qualcosa di trascendente,e lo realizza soltanto chi abbia la forza di trascendere la piccola vita dei piccoli uomini, con i loro appetiti e sentimentalismi, con i loro gretti orgogli nazionali, con i loro «valori», «non valori» e Dèi. Ciò compresero gli Antichi quando, al culmine della loro gerarchla, veneravano esseri la cui natura regale si univa a quella sacrale, in cui la potenza temporale si permeava dell'autorità spirituale di nature «non più , umane», portatori di una forza segreta e» invincibile di «vittoria» e di «fortuna»; quando vivevano in ogni guerra una sorta di «guerra santa», un qualcosa di universale, di sconvolgente, che tutto rivolgeva e riorganizzava -con la purità e la fatalità delle grandi forze della natura. Comprenderanno ciò anche coloro che ancora possono o vogliono opporre resistenza? Comprenderanno che non esiste un'altra alternativa? Che non vi è nessun altro spirito che - sia pure in altre forme e in altre figure - debba essere risvegliato? Che questa è la condizione per cui una qualsiasi loro «rivoluzione» possa non essere soltanto una piccola contingenza di una singola nazione, ma divenire un concetto universale, un primo raggio di luce nella nebbia fìtta dell'«età oscura» - del kali-yuga occidentale? Il principio della vera restaurazione, dell’unica possibile guarigione? 29 AGOSTO - SETTEMBRE 2004 MENSILE THULE ITALIA ANNO 59, NUMERO 5-6 Hanno collaborato alla stesura di questo numero : CENTRO STUDI TRADIZIONALI http://groups.msn.com/CuibMikisMantakas/home http://www.geocities.com/societathule Studi e approfondimenti sulla Tradizione Primordiale http://www. alchemica.it Per articoli, commenti, informazioni, scambi, collaborazioni e varie scrivere a [email protected] SOSTIENI LA CAUSA DELLA TRADIZIONE DIFFONDENDO QUESTA PUBBLICAZIONE! Dal 1 Ottobre l’uscita tornerà ad essere mensile – Buone Vacanze - Thule 30
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