Cina: alla corte degli imperatori
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Cina: alla corte degli imperatori
Cina: alla corte degli Imperatori. Capolavori mai visti dalla tradizione Han all’eleganza Tang (25-907) Firenze, Palazzo Strozzi, 7 marzo – 8 giugno 2008 PERCORSO ESPOSITIVO Cina: alla corte degli imperatori. Capolavori mai visti dalla tradizione Han all’eleganza Tang (25907AD) è una spettacolare celebrazione dell’Età d’Oro della Cina. La dinastia Tang (618-907) vide un rinascimento delle arti, dell’artigianato e della letteratura e fu uno dei momenti più alti della civiltà cinese. Li Bai (701-762) e Du Fu (712-770) composero alcuni tra i versi più famosi nella storia della letteratura cinese, e la cultura Tang fu cosmopolita e raffinata, grazie alla sua straordinaria apertura verso le idee e gli influssi stranieri. Il Buddhismo arrivò in Cina dall’India nel I secolo e i modelli delle sculture buddhiste Tang erano indiani. Nell’artigianato cinese confluirono influenze e tecniche persiane e centroasiatiche. Con la sua capitale Chang’an (l’odierna Xi’an) - terminale orientale della Via della Seta e, a quel tempo, la città più grande del mondo - la dinastia Tang prosperò grazie alla tolleranza e alla viva curiosità per le idee straniere. La mostra porta in Europa più di cento capolavori della dinastia Tang, molti dei quali mai visti prima in Occidente. Con testi in italiano, inglese e cinese l’esposizione sottolinea l’importanza centrale della tolleranza in una società cosmopolita – un messaggio importante oggi come 1500 anni fa. Entrando nel Cortile di Palazzo Strozzi il visitatore sarà accolto dalla stupefacente statua di Maitreya, il Buddha del Futuro, (alta 240 cm), la cui esecuzione è direttamente collegata all’unica imperatrice della storia cinese, la formidabile Wu Zetian (r. 690-705). Questo è un esempio dello stile Tang al suo massimo grado di equilibrio ed eleganza, caratteristiche per le quali quest’epoca è stata definita l’Età d’Oro della Cina. La mostra si apre con una spettacolare processione di carri e cavalli di bronzo, che rappresentano la guardia d’onore di un governatore regionale alla fine del periodo Han (III sec.). Questo stupefacente gruppo esprime appieno lo stile classico della tarda dinastia Han rispetto al quale si può apprezzare l’evoluzione dell’arte cinese fino alla grande sintesi dell’epoca Tang. Nella seconda sala il visitatore si trova di fronte ad una serie di sculture del tardo V e VI secolo, che mostrano lo sviluppo della statuaria buddhista di quel periodo e la tolleranza religiosa. Fra le opere più importanti vi è un grande obelisco di pietra, alto oltre 2 metri. È qui che il visitatore inizia a vedere la conversione ai valori estetici cinesi che prediligevano forme lineari e bidimensionali mentre lunetta della porta della tomba del sogdiano An Jia, magnificamente decorata con una scena rituale zoroastriana, testimonia l’apertura verso altre fedi; è stata eccezionalmente concessa dalle autorità cinesi per essere esposta all’estero per la prima volta. La terza sala è una delle più grandi del Palazzo Strozzi ed è dedicata alla scultura buddhista Tang in pietra o argilla: il monumentale Buddha della Medicina dalle grotte di Longmen e i due straordinari bodhisattva dalle grotte di Tiantishan sono esempi perfetti del linguaggio artistico Tang, potente e raffinato. La quarta sala, più piccola e più intima delle precedenti, punta l’attenzione sul Buddhismo esoterico, con un gruppo di divinità – alcune con tracce policrome e d’oro – provenienti dalle rovine del tempio di Da Anguo di Xi’an (Shaanxi), una Guanyin ad undici teste (Ekadasamukha) in bronzo dorato raccolta nel tempio Shuiyue di Tianshui (Gansu) e uno squisito piccolo stupa di marmo con divinità esoteriche. In contrasto con le sculture sta un gruppo di oggetti d’oro e d’argento estremamente preziosi donati dalla famiglia imperiale come omaggio ai resti di Buddha sepolti nella cripta della pagoda del monastero di Famen nello Shaanxi. Questa parte include inoltre uno spettacolare gruppo di cinque reliquiari, originariamente inseriti l’uno dentro l’altro, provenienti dal tempio della Grande Nube di Jingchuan (Gansu), costruito per volere dell’imperatrice Wu Zetian, e bastonala staffa di un monaco, trovato nella cripta della pagoda del monastero di Qingshan a Lintong (Shaanxi). La quinta e la sesta sala ospitano il messaggio più importante della mostra: la dinastia Tang fu l’Età d’Oro della storia cinese in virtù della sua grande apertura alle influenze straniere e dell’inarrivabile capacità di assimilarle in uno stile assolutamente unico e inconfondibile. Al culmine della dinastia Tang nell’VIII secolo la capitale Chang’an era la città più grande del mondo, con una popolazione stimata di oltre 2 milioni di persone (in quegli stessi anni la popolazione di Firenze era inferiore ai 50.000 abitanti). Qui il visitatore può trovare un’ampia varietà di opere che parlano della presenza di stranieri nella dinastia Tang: le vivaci statuette di terracotta, fra cui spicca il gruppo emerso da una tomba datata 730, presentano ciascuna una precisa fisiognomica straniera, spesso caricaturale, che rivela la maestria dei ceramisti-scultori nonché il loro senso dell’umorismo. Stranieri sono anche i re guardiani delle tombe con le loro espressioni minacciose e i gesti aggressivi, mentre il vasellame di ceramica e di vetro importato o di manifattura cinese rivela il gusto per l’esotico coltivato dall’alta società. Nelle ultime due sale il visitatore incontrerà altri tesori dell’esposizione, che mostrano vari aspetti della vita di corte, come il monumentale dipinto parietale della presentazione di un focoso cavallo rinvenuto nella tombe della preziosa consorte Wei. Tali cavalli – un’altra importazione straniera – erano molto apprezzati dall’aristocrazia Tang che aveva il privilegio esclusivo di cavalcarli; in alcune occasioni gruppi di cavalli arabi furono donati come omaggio all’imperatore. Altri affreschi mostrano la stupefacente bellezza delle dame di corte, vestite con abiti impudichi e rilucenti della particolare bellezza della dinastia Tang, con il volto “rotondo come una perla e umido come giada”, secondo le parole di un proverbio cinese. Qui sono esposti anche oggetti che ci parlano dell’opulenza della corte, come la magnifica scatola d’argento dorato decorata con coppie di fenici in volo o, l’eccezionale tartaruga che porta sul dorso un cilindro contenente strisce d’argento su cui sono incise citazioni tratte dai Dialoghi di Confucio: i partecipanti a questo elegante gioco estraevano una striscia, leggevano la citazione e bevevano la quantità di liquore prescritta. Il visitatore lascia la mostra con un nuovo apprezzamento dell’arte cinese, avendo potuto ammirare testimonianze della nascita di un nuovo stile, di una nuova civiltà e di un nuovo classicismo. Dal rigido stile formale della processione Han nella prima sala, attraverso l’assimilazione di influenze, religioni e stili stranieri, il visitatore della mostra può ammirare come venne forgiato uno stile nuovo e vitale, che sarebbe stato visto come il vertice della cultura cinese – lo stile della dinastia Tang, l’Età d’Oro della Cina. L’allestimento della mostra è opera dello stilista italiano Romeo Gigli, che colloca le opere in un morbido paesaggio di dune color ocra per rievocare i luoghi in cui le opere sono state originariamente scoperte.
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